Due buone notizie

La prima Buona Notizia mi arriva appena scarico la posta stamattina.

Un certo Dr. Joe Simon mi annuncia che “in ricordo del nostro ex-presidente Nelson Mandela (icona e leggenda)”, la mia email ha vinto “il Premio Sony Afri Mandela Sharing Happiness”, per l’importo di 900,000.00 dollari.

Devo solo mandargli i miei dati personali, ed è fatto, se volete gli mando anche i vostri.

La seconda buona notizia arriva subito dopo, quando leggo su Internet qualcosa che viene presentata tipicamente in questo modo:

Mentre chi esulta per l’invito a dedurre (si chiama così) della Corte dei Conti dorme beato dopo una notte di festeggiamenti, chiariamoci bene le idee.

Uno, non si tratta di una sentenza, ma appunto di un invito a dedurre, come spiega bene il commentatore Roberto:

“il pubblico ministero finisce le indagini, ma prima di decidere se archiviare il caso o citare in giudizio, dice agli indagati “siete accusati di questo, queste sono le prove che ho raccolto contro di voi, avete qualcosa da dire?”
quindi l’invito è rivolto agli accusati o, leggo ora nel codice di giustizia contabile, ai “presunti responsabili”

quindi si tratta di un atto di parte, cioè di un atto dell’accusa”

Insomma, la Corte non ha condannato nessuno: ha semplicemente elencato le accuse.

Secondo, la Corte dei Conti del Lazio non parla affatto di Casa Pound, per ovvi motivi:

“Nella vicenda non è coinvolto Casapound in quanto soggetto privato su cui la Corte dei Conti non può intervenire.”

Quindi, qualunque cosa pensiate di Casapound, mettetela da parte per un momento: questioni tipo apologia di fascismo, immigrazione e altro sono totalmente irrilevanti alla decisione della Corte dei Conti.

La Corte dei Conti parla di una questione completamente diversa: il rapporto tra cittadini, funzionari e beni del demanio in generale. Ripeto, è un atto di parte, ma è comunque interessante esplorare il modo di pensare sottostante.

Come ho raccontato, vengo da un breve viaggio in un altro paese europeo, l’Olanda, dove ho visto in atto alcuni principi, tra cui ne segnalo tre:

  • esiste il Right to Challenge, di origine britannica, cioè il diritto delle comunità di proporre un utilizzo diverso di qualunque servizio pubblico;
  • i beni pubblici esistono… per il bene pubblico, quindi il loro valore non va calcolato sul valore di mercato, ma (anche) su quello sociale;
  • le comunità attive hanno il Right to Bid, cioè una sorta di diritto di prelazione sui beni pubblici, prima dei semplici imprenditori privati

Il documento della Corte dei Conti del Lazio ci riporta a una visione opposta.

Secondo l’accusa, la vicenda

“”manifesta, con tutta l’evidenza della semplice narrazione dei fatti, la gravissima negligenza e la scarsissima cura (mala gestio) che l’amministrazione pubblica ha mostrato nei confronti di un intero edificio di proprietà pubblica di ben sei piani che per oltre 15 anni è stato sottratto allo Stato ed alle finalità pubbliche in palese violazione delle più elementari regole della (sana) gestione della cosa pubblica e in contrasto con il particolare regime vincolato cui sono soggetti i beni del patrimonio indisponibile dello Stato.”

Da non giurista, vedo una parte di ragione: per quindici anni, i funzionari dello Stato hanno lasciato correre questa, come hanno lasciato correre circa cinquantamila altre occupazioni in tutta Italia (non so quante di beni pubblici e quante di beni privati).

Però forse i funzionari correi di occupazioni abusive nel nostro paese hanno lasciato correre perché altrimenti avrebbbero dovuto caricassero della responsabilità di una violenta cacciata a manganellate degli occupanti, seguita da anni di abbandono di palazzi sigillati e inutili, dove possono davvero succedere cose brutte, e con famiglie intere abbandonate per strada.

A Firenze, Dario Nardella è stato incalzato dalla Destra perché facesse sgombrare la storica (ed efficientissima) occupazione del CPA. E ha risposto:

“Ne parlerò con il prefetto e i rappresentanti delle forze dell’ordine, perchè evidentemente si tratta di un’operazione di ordine pubblico. Ed è un’operazione complessa, se fosse stato facile l’avrebbero sgomberato da 20 anni. Invece è sempre lì.“

Era il 26 marzo del 2018, e l’occupazione è ancora lì, come è normale che sia.

Le parole del pubblico ministero presentano un concetto preciso dello Stato,  che poi alla fine è quello dei giacobini e della cultura dei prefetti: un ente unico, esclusivamente in mano ai funzionari stipendiati, che deve avere “finalità pubbliche”, e che affronta e dirige i “privati”, cioè individui o organizzazioni che si fanno gli interessi propri dentro le loro (appunto) proprietà.

Non si parla giustamente di Casapound; ma proprio nel non prenderla in considerazione, l’accusa esclude una rivendicazione cruciale – che il palazzo in questione è sede di molte “attività sociali” ed è abitato da diciotto famiglie di senzatetto.

Come ci ricorda un commentatore, un dirigente di Casapound ha dichiarato:

“Via Napoleone III è un’occupazione a scopo abitativo che rientra tra le occupazioni storiche di Roma riconosciute dal Comune e dall’allora sindaco Walter Veltroni con la delibera 206/2007. È uno spazio conquistato nove anni fa da un nucleo di famiglie che lo ha sottratto all’abbandono, lo ha riqualificato, e lo ha trasformato in un luogo di cultura e di aggregazione, e, a quelle famiglie e alla città, nessuno potrà mai toglierlo, a prescindere dalla titolarità dell’immobile”.

Qualcuno potrebbe dire che sono dei falsi senzatetto, che non è giusto che vengano ammessi solo italiani, o che il doposcuola per i bambini è demagogia, o che le attività sportive abbiano un’impostazione troppo marziale.

Insomma che la funzione sociale dell’occupazione sarebbe pretesa. Ma è un argomento che sembra non venga accennato nemmeno per smontarlo; staremo a vedere come risponde la difesa.

La “finalità pubblica” del palazzo viene definita nel calcolo del danno:

“il cespite non è stato proficuamente utilizzato per oltre 15 anni (e non lo è tuttora) – da calcolarsi, in base al criterio reddituale, in via equitativa ex art. 1226 c.c., ricorrendo al parametro costituito dall’indennità di occupazione sine titulo che si sarebbe dovuto richiedere agli occupanti, ovvero, in alternativa, al risarcimento dei danni che, in via autonoma o nell’ambito di azioni penali o civili mai intentate o mai coltivate, sarebbero state liquidate in sede giudiziaria (in entrambi i casi si tratta di ‘importi commisurati al canone di locazione non percepito)”.

Insomma, il criterio per stabilire il danno è la mancata messa a reddito del palazzo per quindici anni.

Il palazzo – sede di uffici dismessi del Ministero delle Finanze, passata al MIUR – era vuoto al momento dell’occupazione, come innumerevoli altri palazzi in Italia. Non era “proficuamente utilizzato” probabilmente molto prima dell’occupazione.

Quindi l’occupazione non avrà di per sé comportato un calo di reddito per la pubblica amministrazione. Casomai, un vero calo di reddito avrebbe potuto scattare dal momento in cui qualcuno avesse fatto richiesta di affittare il palazzo, e tale richiesta fosse stata respinta “perché andava salvaguardata l’occupazione”.

Si potrebbe dire che l’occupazione avrebbe potuto scoraggiare eventuali acquirenti/affittuari, ma non è successo a Firenze, dove il Comune ha venduto recentemente una casa occupata nel nostro quartiere, trovando subito un’immobiliare che l’ha comprata (e senza nemmeno cacciarne gli occupanti, incombenza lasciata al privato quando vorrà).

Ma la cosa interessante è la base del calcolo economico. Rainews ci informa che

“la cifra del risarcimento è stata stabilita “in particolare in base al canone aggiornato alla media Omi (Osservatorio Mercato Immobiliare) per la destinazione d’uso residenziale nella zona Esquilino”, dove si trova il palazzo occupato.”

Cioè il valore di un bene pubblico è semplicemente il suo valore sul mercato immobiliare.

Non si dice che per colpa di funzionari negligenti, l’edificio non sarebbe stato usato come asilo o come case popolari.

No, avrebbero omesso di venderlo sul mercato residenziale di un quartiere di prestigio.

Ne consegue che i funzionari che non hanno mandato i carabinieri a cacciare gli occupanti quindici anni fa vengono condannati a risarcire il danno allo Stato, valutato nell’iperbolico importo di 4,6 milioni di euro.

Precisamente, i colpevoli sono dodici dirigenti dell’Agenzia del Demanio e del Miur, di cui però ben tre già deceduti.

Non so bene come funzioni l’assicurazione per i dirigenti, ma (forse) gli assicuratori esiteranno prima di risarcire un danno dovuto alla “palese violazione delle più elementari regole della (sana) gestione della cosa pubblica“; i giuristi qui mi diranno se i funzionari potranno rivalersi a loro volta su Casapound, che dubito possa coprire anche una minima parte della cifra in questione.

Non so nulla della prassi legale, e quindi non ho idea né di come deciderà la corte, né di quanto la futura decisione della Corte di Cassazione possa influire come precedente.

Ma se io fossi un dirigente pubblico, in qualunque angolo d’Italia, inizierei seriamente a preoccuparmi.

Chiamerei subito i carabinieri per cacciare chiunque, svuotare campi Rom e baracche sui fiumi e quant’altro.

Ma un conto è ciò che non ho contrastato; ancora più pericoloso per me sarebbe ciò che potrei aver attivamente favorito.

Mi preoccuperei delle attività sociali legali che potrei aver autorizzato, firmando convenzioni o patti che permettono ai cittadini di praticare le bocce o di leggere il giornale in pace o di fare teatro: pensate al mancato reddito, in riferimento al valore del mercato immobiliare.

 

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41 risposte a Due buone notizie

  1. Daouda scrive:

    Bah che ciavete la mania de Ca$$a B@u ???

    Eppure molte vostre esistenze hanno senso ( sostanziale e sensibile ) proprio grazie ai dicotomismi, che poi, sono dicotomiami vostri visto che quelli sò na manica de traditori COMUNISTI.

    Tralasciando le stecche sui poracci ( in basso ) e le bustarelle ( dall’alto ) sia loro che di Nunzio o cose similari il tema di quel che scrivi non è certo il danaro, ma il fatto che tu sei in fin dei conti un aspirante burocrate, e con l’Oltrarno lo hai evidenziato.
    È abbastanza palese cbe dunque devi osteggiare il collasso del riutilizzo -in-utile almeno per la cittadinanza. E qualche d’uno dirà bravo, mentre è solo scusa.

    D’altronde sono anni che si ciancia sui beni pubblici ( possibilmente confusi coi beni comuni ) a vanvera.
    Ed infatti credo che , per un teorico prasseologico , della realtà statuale, si sia infondo rimasti ancora alla domanda che fece sorgere l’anarchismo da quando la sacralità non ha più impermeato il diritto.

    Di conseguenza il tutto è molto banale: perché Ca$$a B@u od i centri sociali? O cos’altro? Perché ora? Perciò dunque?

    Se vonno fa li sordi fanno bene, anche se te rubbano casa tua. È veramente biasimevole che si pretenda giustizia da un apparato ingiusto.
    Perché infondo , e magari si ha il culo parato, è ipocrita oltre che connivente

  2. izzaldin scrive:

    “Via Napoleone III è un’occupazione a scopo abitativo che rientra tra le occupazioni storiche di Roma riconosciute dal Comune e dall’allora sindaco Walter Veltroni con la delibera 206/2007. E’ una spazio conquistato nove anni fa da un nucleo di .famiglie che lo ha sottratto all’abbandono, lo ha riqualificato, e lo ha trasformato in un luogo di cultura e di aggregazione, e, a quelle famiglie e alla città, nessuno potrà mai toglierlo, a prescindere dalla titolarità dell’immobile”. lo afferma in una nota il leader di Casapound Gianluca Iannone. (2012)

    • Daouda scrive:

      Sappiamo tutti che CP ospita ex comunisti ed anche sionisti. Quindi quando parlate di CP parlate della vostra infamità ed iniquità aldilà della vernice conflittuale strategica che il sistema vuole che abbiate.

      Fate schifo

  3. Peucezio scrive:

    Intervento affascinante.
    Perché fa riferimento a una dicotomia fondamentale interna all’Occidente liberale contemporaneo:

    “Le parole della decisione della Corte dei Conti presentano un concetto preciso dello Stato, che poi alla fine è quello dei giacobini e della cultura dei prefetti: un ente unico, esclusivamente in mano ai funzionari stipendiati, che deve avere “finalità pubbliche”, e che affronta e dirige i “privati”, cioè individui o organizzazioni che si fanno gli interessi propri dentro le loro (appunto) proprietà.”.

    In fondo non sono sistemi diversissimi: si tratta sempre di sistema liberale, basato sui diritti degli individui, sulla proprietà privata, il dritto d’impresa e la finanza, le garanzie giuridiche di individui e imprese, la democrazia rappresentativa, ecc.

    Ma c’è un curioso paradosso: i sistemi “statalisti” (chiamiamoli così per semplicità; o “giacobini”, se preferite) in questo schema sono quelli meno attenti alle esigenze sociali e comunitarie, mentre quegli altri sì (ciò che hai illustrato sull’Olanda docet).
    Il paradosso si spiega probabilmente nella dicotomia stato – comunità:
    una concezione comunitaria del pubblico tende a riassegnare i beni comuni alle famiglie, alla comunità locale, concreta, ecc., mentre una concezione statalista la assegna allo stato che quindi, dall’alto, redistribuisce.

    E’ anche vero però, che al di là dell’esempio italiano (Casapound ci avrebbe impedito di affittare o vendere a prezzi di mercato: lo scopo degli immobili pubblici e far fare speculazioni allo stato, non di usarli come asili, ecc.; in Olanda i beni pubblici vengono usati per la comunità), in generale i sistemi “comunitaristi” sono anche invece quelli che più sottomettono lo stato a grossi interessi di carattere privato, menre i sistemi “giacobini” in genere hanno uno stato sociale più forte, ecc.
    L’Olanda, da come la descrivi tu, sembrerebbe aver declinato in senso davvero sociale il modello comunitarista anglosassone e sarebbe quindi un’anomalia (ma è d’altronde il sistema normale in cui dovrebbe funzionare una società contemporanea e mi chiedo se non sia tipico di quell’Europa settentrionale che ha lo stesso sostrato germanico (e meno statalista romano) di quella anglosassone, ma senza quella componente aggressiva che vuole realizzare profitti immensi a ogni costo. Sarebbe da capire.

    Certo che è veramente triste che l’Italia, che ha sviluppato la civiltà comunale, che è un unicum nell’Europa medievale (i comuni tedeschi erano molto meno forti e più sottomessi all’impero), abbia, secoli dopo, recepito acriticamente il modello accentrato e statalista francese. Anche la radice di questo fenomeno sarebbe da capire.

    • Daouda scrive:

      A Peucè te co sta sbobba sulla comunità nun te rendi conto de quanto sei femmineo?
      Parla de civiltà semmai, se sei masculo, e fondi le due istanze semmai.

      E per lo stato il discorso è e rimane la questione della burocrazia che ha svincolato l’esercizio del governo dal personalismo.

      E poi smettetela di considerare i beni pubblici come dei beni comuni. È falso

  4. Francesco scrive:

    Scusate ma legalmente è irrilevante se prima dell’occupazione il palazzo fosse abbandonato o meno e cosa se ne è fatto dopo l’occupazione?

    Insomma, se Francesco assolda un pò di bravi, caccia gli impiegati dell’Ente Pubblico Colonie ed Esplorazioni coloniali da un palazzo, lo trasforma in un B&B di lusso e ci fa u sacco di soldi, è una cosa.

    Se Robeluxe e i suoi amici entrano in un palazzo di proprietà pubblica ma abbandonato l’8 settembre del 1943 e ci fanno una trentina di appartamenti che affidano poi a famiglie con ISEE bassissimo, una biblioteca rionale e magari una palestra gratuita per i ragazzi del quartiere, potrebbe mica essere un’altra cosa?

    Diversa ancora da quella volta che Pino l’assessore regalò al suo amico e sodale di vacanze in ioct Maurizio un palazzo del ‘400 progettato da Pico della Mirandola, permettendogli di appropriarsene in violazione di ogni norma e di farne la residenza sua e del suo Partito dei Lavoratori Sottopagati e Rivoluzionari …

    oppure no?

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Francesco

      “oppure no?”

      Esatto.

      Ora, la Corte dei Conti non deve valutare gli occupanti in sé; ma dovrebbe valutare il tipo di danno “reddituale” creato dalla tolleranza verso l’occupazione.

      Che cambia completamente se tra i fattori (nel caso Robeluxe) calcoli il risparmio in contributi per l’affitto o in costruzione di case popolari, il risparmio delle famiglie per una palestra gratuita, ecc.

      Non è solo che l’occupazione di Robeluxe è più “simpatica”; è che assolve gratuitamente a numerose funzioni sociali che altrimenti sarebbero costate allo Stato.

      • Francesco scrive:

        Ah, Roberto, sono disponibile come allenatore di basket nel tuo palazzo occupato ma solo la sera o il sabato. e se non ne hai di bravi!

        😉

        • roberto scrive:

          se te la cavi con l’inglese e hai un briciolo di esperienza (ma ci basta saper impostare due difese e due giochi in attacco), il posto è tuo!

          • Francesco scrive:

            ottimo, grazie! senti, possiamo occuparlo in un posto caldo il palazzo? Roma, Napoli, Bari, insomma vicino al mare e lontano dalla Padania!

            😀

  5. Francesco scrive:

    OT
    >> The Soviet nationalization of women was central to the plot of The New Moon, in which women between the ages of 23 and 32 are the property of the state and the heroine, Norma Talmadge, is a Russian princess posing as a peasant during the Russian Revolution.

    ecco, adesso sapete cosa regalarmi per Natale! anche se credo che sia totalmente impossibile da recuperare

    peccato!

  6. Z. scrive:

    Ragazzi, che vi è successo in questi giorni? Basta che io mi assenti per mezza giornata e vi date al delirio? Che è tutta questa fantasia al potere? 😀

  7. roberto scrive:

    miguel,
    stiamo parlando di questo immobile?
    http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/02/27/news/i-camerati-abusivi-di-casapound-parenti-e-amici-vivono-gratis-nel-centro-di-roma-1.318675

    vorrei comunque approfittarne per una parola sui beni comuni.
    in effetti questo caso è esemplare per dimostrare che occupare un bene non vuol dire automaticamente trasformarlo in bene comune. qui il bene del demanio è stato evidentemente privatizzato, tant’è che non credo che le “famiglie di senzatetto” (uso questa espressione con un moderato scetticismo) siano state scelte esclusivamente in base ai bisogni reali

    • Miguel Martinez scrive:

      Per roberto

      “in effetti questo caso è esemplare per dimostrare che occupare un bene non vuol dire automaticamente trasformarlo in bene comune. qui il bene del demanio è stato evidentemente privatizzato, tant’è che non credo che le “famiglie di senzatetto” (uso questa espressione con un moderato scetticismo) siano state scelte esclusivamente in base ai bisogni reali”

      Il titolo “parenti e amici” mi sembra impreciso: dice che ci abitano (o dichiarano lì la propria residenza) due noti esponenti di Casapound, gli altri non si sa chi siano, non essendo stato fatto alcun censimento.

      Comunque immagino che siano tutte persone con idee simili tra di loro, e che sia il criterio fondamentale.

      Lo stesso però avviene in altre occupazioni, che si muovono per canali ideologici (di sinistra) o etnici (eritrei, pakistani, ecc.).

      Difficile immaginare un “italiano” in mezzo a un campo Rom “abusivo” solo perché ha una situazione economica analoga.

      • Daouda scrive:

        Un bene ( semmai proprietà ) pubblico(a) non è né può divenire un bene comune.

        Non mi pare difficile da vedere. Poi è chiaro se si preferisce seguire la didattica odierna supinamente senza ragionare e riflettere, si può anche dar retta al fatto che dopo il 10% ( od il 5% od il 20% od il 40% ) si abbia l’usura sul prestito ammettendo difatto l’arbitrarietà del parametro. E non sto mettendo in disxussione l’interesse, cosa che non c’entra. È solo per far vedere che certe differenze sono artate mentre certe identificazioni mistificate.

        D’altronde la cosa più idiota ma anche più disonorevole ( fatta salva la difficoltà in cui spero di non trovarmi mai , e di cui posso solo immaginare il peso ) è avere una casa tramite pubblico…cosa che in definitiva palesa l’atto di schiavismo a cui si acconsente.

        Lo so che scrivo a perdita però che cazzo

      • Miguel Martinez scrive:

        Il problema dei beni comuni è che, se si parte dall’idea che esistono solo i Beni Statali e quelli Privati, qualunque cosa che non parta dall’iniziativa e sotto la direzione di un funzionario dello Stato è “privata”, ma fuori dalla sfera privata, e quindi è illegale.

        E quando è illegale è necessariamente fatta da persone che hanno legami affettivi o ideologici forti tra di loro.

        Quindi, o avremo degli uffici pubblici sfitti dove entrano ed escono per anni dei tossici, o avremo appartamentini sfiziosi per ricconi.

        Se invece si partisse dall’idea che esiste un’altra possibilità, la si potrebbe regolamentare in partenza, in maniera variabile secondo la natura del “bene comune”: ad esempio, credo che si potrebbe negare la concessione di spazi abitativi riservati solo a “cittadini italiani” (o solo a Rom o solo a militanti di sinistra).

        • Francesco scrive:

          però la tendenza in atto da molti decenni è proprio quella della ghettizzazione … senza che io sia in grado di capirne le cause

          mi aspetterei più una ghettizzazione economica – e anche quella è relativamente recente, direi

          cercasi esperti

        • Miguel Martinez scrive:

          Il bene comune è un bene (anche immateriale) gestito da una comunità, con l’idea della lunga durata (che è la vera “sostenibilità”) invece del profitto a breve termine.

          Il grado di apertura è un grosso problema: perché deve essere abbastanza aperto da non diventare “privato”, ma anche abbastanza protetto da permettere un investimento attivo e personale.

          Pensiamo al Bene Comune come a un giardino, dove io pianto dei semi. Non sono solo per me, e non sono solo per i miei figli, ma anche per i figli di tutti gli altri che ne hanno piantati, e per altri che verranno in futuro a piantare semi.

          Ma se tra sei mesi arrivano diecimila sconosciuti per farci la rave party e distruggono tutto perché “è di tutti”, che li pianto a fare?

        • Peucezio scrive:

          Miguel,
          ma così si impone dall’alto una regola scavalcando magari meccanismi comunitari dal basso che agiscono in maniera selettiva.
          In pratica è come voler inflitrare per forza un gagiò nel campo rom. Perché mai?
          Un conto è non favorire in modo attivo o imporre ghetti, un conto è imporre l’antighetto ex auctoritate, in modo artificioso.

          L’altro giorno parlavo con un mio amico americano: mi diceva che lì i quartieri etnici (nati come tali; arrivavano cioè i francesi dalla Francia nell”800 e costruivano le case dove non c’era nulla) sono stati smantellati con la forza dallo stato, che vietava per esempio di vendere tramite un’agenzia imponendo il vincolo che il compratore fosse uno dello stesso gruppo etnico.
          Ora, perché se io, francese, voglio vendere solo ad altri francesi, per avere un vicino francese e francofono come me, non devo potere?
          Il risultato è stato tra l’altro un incremento di omologazione linguistica: i francofoni, sparsi in giro in varie quartieri e città, hanno perso il francese. E lo stesso vale per tutte le altre minoranze.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Peucezio

            “In pratica è come voler inflitrare per forza un gagiò nel campo rom. Perché mai?”

            Ma io sono anche d’accordo con le femministe che non vogliono i maschi (o le “trans che hanno ancora il pisello”, che ce ne sono) nei loro bagni.

            Però se la legge italiana stabilisce che in un giardino di proprietà pubblica possono entrare “tutti” (comunisti, ultradestri, cittadini italiani e stranieri, normodotati e handicappati, cattolici e giudei), probabilmente una specifica e dichiarata esclusione sarebbe inaccettabile.

            poi è chiaro e naturale che il simile attiri il simile.

            Infatti, stiamo cercando di definire le regole possibili, non è facile.

        • Peucezio scrive:

          Mi riferivo a
          “ad esempio, credo che si potrebbe negare la concessione di spazi abitativi riservati solo a “cittadini italiani” (o solo a Rom o solo a militanti di sinistra).”

        • Daouda scrive:

          Se immetti come discrimine la durata stai cedendo ad una retorica inestricabile.

          Il bene comune è un usufrutto. Ed infondo la questione pubblico/ partitico-associativo / privato non dipende dalla apertura o chiusura, può valere oggi ma è alla luce della conformazione patologica dello stato.

          L’esempio poi che fai è illogico perché te che metti dei semi in un giardino per farlo divenire un campo non sei diverso dai ravers che lo distruggeranno.

      • roberto scrive:

        miguel
        “Comunque immagino che siano tutte persone con idee simili tra di loro, e che sia il criterio fondamentale.”

        ne sono sicuro. ed è questo il punto. come si può parlare di “bene comune” in una situazione del genere? non è piuttosto una proprietà privata in cui il proprietario non è tizio o caio ma l’associazione, o il gruppo, o la comunità pincopallo?

  8. Miguel Martinez scrive:

    Comunque io vorrei chiedere un parere ai giuristi.

    Casapound mi fa comodo perché è uno di quei temi che eccitano gli animi; ma in realtà Casapound non c’entra nulla, e infatti esclude esplicitamente Casapound.

    La decisione della Corte dei Conti sarebbe stata identica nei confronti del Centro Partigiano per il Kurdistan e le Canne 🙂 o verso l’ex-stazione ferroviaria occupata dai Rom.

    • Roberto scrive:

      Il giurista ti dirà che senza leggere la sentenza non può rispondere alla domanda

      • Z. scrive:

        Come siete noiosi voi giuristi… niente voli pindarici, niente pensiero magico, niente minibot… poi ovvio che vince Salvini…

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “Il giurista ti dirà che senza leggere la sentenza non può rispondere alla domanda”

        Mi sembra giusto: infatti ho messo sul blog i pochi estratti della sentenza che ho trovato.

      • roberto scrive:

        my bad!
        avevo letto distrattamente e non mi ero accorto che non c’è nessuna sentenza!
        come giustamente dici, siamo alla fase “dell’invito a dedurre”, quindi non c’è una “decisione della corte”, ma un pubblico ministero che presenta i risultati dell’istruzione alle parti.

        un po’ come se un pm ti accusa di aver addestrato paramilitari in sudamerica, non c’è una decisione del tribunale di firenze

        riserviamoci la domanda per quando la corte deciderà

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Roberto

          “avevo letto distrattamente e non mi ero accorto che non c’è nessuna sentenza!
          come giustamente dici, siamo alla fase “dell’invito a dedurre”, quindi non c’è una “decisione della corte”, ma un pubblico ministero che presenta i risultati dell’istruzione alle parti.”

          Non mi è chiaro, perché non so come opera la Corte dei Conti; cioè a chi si rivolge “l’invito a dedurre”.

          Almeno dal tono dei media, pensavo che quella fosse la decisione della Corte dei Conti, che poi invita qualcun altro (?) a metterne in pratica le conclusioni.

          Invece pensi che sia il “PM” (o equivalente) della Corte dei Conti che si rivolge a un “giudice” (o equivalente) della Corte, che dovrà decidere?

          In questo caso, ovviamente, si tratta di un documento meno preoccupante di ciò che sembra.

          • roberto scrive:

            il pubblico ministero finisce le indagini, ma prima di decidere se archiviare il caso o citare in giudizio, dice agli indagati “siete accusati di questo, queste sono le prove che ho raccolto contro di voi, avete qualcosa da dire?”
            quindi l’invito è rivolto agli accusati o, leggo ora nel codice di giustizia contabile, ai “presunti responsabili”

            quindi si tratta di un atto di parte, cioè di un atto dell’accusa

      • roberto scrive:

        la domanda potrebbe essere: il procuratore avrebbe fatto lo stesso se l’immobile fosse stato occupato da un altro ente?

        credo che sia impossibile rispondere senza una dose robusta di dietrologia. all’osservazione “perché l’immobile di casapound si e altri no” risponderei “come fai a sapere che ‘altri no’ e perché l’immobile di ‘casapound no’ per i precedenti 15 anni”….ma è una discussione che si basa su pure speculazioni e come sai non è il mio campo

  9. Mauricius Tarvisii scrive:

    “Cioè il valore di un bene pubblico è semplicemente il suo valore sul mercato immobiliare”

    Questa te la contesto.
    Quello che citi è il parametro sulla base del quale si determina l’indennità che il privato deve pagare all’ente pubblico di cui occupa i beni. Si tratta di un’indennità, appunto, e non di un risarcimento in senso stretto: il risarcimento richiede un danno concreto (anche come lucro cessante) e il pubblico, per definizione, non utilizza i propri beni in vista di un profitto economico, ma per perseguire altre finalità. Paradossalmente, un bene pubblico potrebbe comportare una perdita secca: le utenze, i costi del personale, ecc. sono perdite, non guadagni per l’ente. E questo è proprio ciò che succede nella stragrande maggioranza dei casi.

  10. MOI scrive:

    … Bah ! … Il Libero Mercato come Grande Panacea Sociale dato per Ideale di Sx è il Grande Paradosso che ha aperto il XXI Secolo !

    • Francesco scrive:

      perchè paradosso? lo statalismo aveva fatto tali danni e si era rivelato così facilmente piegabile a interessi privati che la sinistra più intelligente si era resa conto di quanto meglio – per i poveri prima di tutto – avrebbe fatto il mercato

      solo dei fessi come i 5 stelle sarebbero rimasti all’ideologia pura e dura del “solo lo Stato, sempre lo Stato, nulla fuori dallo Stato”. e i cattolici progressisti, ca va sans dire

  11. Francesco scrive:

    IT

    Miguel non fare lo gnorri: la grande festa dei 900,00.00 USD quando la fai?

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