“Sulla terra, comune a tutti prima, come la luce del sole o l’aria, il geometra tracciò con cura lunghi confini”

Circa duecento anni fa, oppure l’altro ieri, mi sono diplomato al liceo classico.

Mi rendo conto solo adesso di quante cose straordinarie mi sfuggirono allora.

Oggi do un’occhiata al blog del mio amico irlandese Caoimhghin Ó Croidheáin. Poi se ci incontriamo di persona, vi spiego come si pronuncia, è meno traumatico di quanto sembri, basta stare attenti alle consonanti morbide e a quelle dure.

Inizio a leggere il suo post.

Premetto che non sono necessariamente d’accordo con tutto ciò che lui ipotizza sugli antichi indoeuropei, ma non importa.

Il pugno allo stomaco me le danno le parole di Ovidio che lui cita e che sicuramente me le avrà raccontate la professoressa di latino, mentre a diciassette cretini anni dormicchiavo.

Ovidio spiega a noi di duemila anni dopo, perché rischiamo di scomparire dalla faccia della terra. Senza alcun bisogno di climatologi, di polemiche su ragazzine svedesi, niente… aveva colto l’essenza di tutto.

Il mio amico mette il testo in inglese, e mi sembra troppo vero per essere vero.

Allora vado a cercare sia il testo latino, sia una traduzione in italiano.

Scopro una bella traduzione, che una certa professoressa Orrù ha messo in rete per i suoi alunni (mi viene in mente una piccola, splendida donna di mezza età che ha una biblioteca sterminata dei suoi poeti greci, che per lei sono la vita, che dona ai suoi alunni).

Il mio amico, traducendo dall’inglese, attribuisce a Ovidio una frase che riassume tutto ciò che diciamo qui:

“Sulla terra, comune a tutti prima, come la luce del sole o l’aria, il geometra tracciò con cura lunghi confini”

Ma vedo che nella traduzione italiana, la parola chiave, che dà il senso a tutto nella versione inglese, surveyor, è tradotta invece con “contadino“.

Sto per maledire l’irlandese che avrebbe modernizzato un po’ troppo, ma decido di fare un ultimo tentativo.

Vado a cercare il testo latino, e trovo che Caoimhghin Ó Croidheáin aveva invece ragione: c’è scritto proprio mensor, che Columella, nella res rustica, distingue nettamente dal contadino:

“Quod ego non agricolae sed mensoris officium esse dicebam”.

Quindi mi permetto qui di cambiare la parola contadino nel testo che segue con geometra. Agrimensore forse sarebbe storicamente più preciso, ma mi interessa cogliere la continuità che ritroveremo poi nel Cinquecento in Inghilterra con il ruolo del surveyor, che diventa poi il nostro “geometra”.

Ah, Astraea, Donna di Notte Stellata, è stata l’ultima degli immortali a rinunciare a sperare in noi.

I geometri l’hanno cacciata lontana, ma dicono che sarà la prima a volere tornare, forse quando avremo finito di rendere invisibili le stelle. E proprio per questo rifiuto di vendicarsi, me la sento molto vicina.

All’inizio di tutto, ancor prima del geometra, c’è il marinaio, che senza conoscerli bene, vele ai venti.

E alla fine, in viscera terrae, Ovidio sapeva che c’era qualcosa di più terribile del ferro, cioè l’oro; ma non poteva immaginarsi che ci fossero anche il carbone e poi le innumerevoli piccole, sconosciute, insostituibili vite tramontate centinaia di milioni di anni fa, che chiamiamo petrolio.

Io sono stato ferito, per sempre, da Firenze, e quindi non posso evitare di chiedermi piccole cose da artigiani. Classicisti, aiutatemi a immaginare fisicamente come Ovidio potesse prendere inchiostro (fatto come?) e pergamena per avvertire noi, sordi e ciechi, duemila anni dopo:

L’ultima [era] fu quella ingrata del ferro.

E subito, in quest’epoca di natura peggiore, irruppe ogni empietà;

si persero lealtà, sincerità e pudore, e al posto loro prevalsero frodi e inganni, insidie, violenza e smania infame di possedere.

Senza conoscerli bene, il marinaio diede le vele ai venti, e le carene, che un tempo stavano in cima ai monti, si misero a battere flutti sconosciuti.

Sulla terra, comune a tutti prima, come la luce del sole o l’aria, il geometra tracciò con cura lunghi confini.

E non si pretese solo che questa, nella sua ricchezza, desse messi e alimenti, ma si penetrò nelle sue viscere a scavare i tesori che nasconde vicino alle ombre dello Stige e che sono stimolo ai delitti.

Così fu estratto il ferro nocivo e più nocivo ancora l’oro:

e comparve la guerra, che si combatte con entrambi e scaglia armi di schianto con mani insanguinate.

Si vive di rapina: l’ospite è alla mercé di chi l’ospita, il suocero del genero, e concordia tra fratelli è rara.

Trama l’uomo la morte della moglie e lei quella del coniuge; terribili matrigne mestano veleni lividi; il figlio scruta anzitempo gli anni del padre.

Vinta giace la pietà, e la vergine Astrea, ultima degli dei, lascia la terra madida di sangue.”

 de duro est ultima ferro.
protinus inrupit venae peioris in aevum
omne nefas: fugere pudor verumque fidesque;
in quorum subiere locum fraudesque dolusque
insidiaeque et vis et amor sceleratus habendi.
vela dabant ventis nec adhuc bene noverat illos
navita, quaeque prius steterant in montibus altis,
fluctibus ignotis insultavere carinae,
communemque prius ceu lumina solis et auras
cautus humum longo signavit limite mensor.
nec tantum segetes alimentaque debita dives
poscebatur humus, sed itum est in viscera terrae,
quasque recondiderat Stygiisque admoverat umbris,
effodiuntur opes, inritamenta malorum.
iamque nocens ferrum ferroque nocentius aurum
prodierat, prodit bellum, quod pugnat utroque,
sanguineaque manu crepitantia concutit arma.
vivitur ex rapto: non hospes ab hospite tutus,
non socer a genero, fratrum quoque gratia rara est;
inminet exitio vir coniugis, illa mariti,
lurida terribiles miscent aconita novercae,
filius ante diem patrios inquirit in annos:
victa iacet pietas, et virgo caede madentis
ultima caelestum terras Astraea reliquit.

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86 risposte a “Sulla terra, comune a tutti prima, come la luce del sole o l’aria, il geometra tracciò con cura lunghi confini”

  1. Z. scrive:

    …ma è nei Frammenti Perduti (loci derelicti) di Ovidio in cui si parla della metamorfosi definitiva del consesso umano, conseguente alla genesi della professione d’avvocato.

    E da quel giorno il figlio scrutatore gode della presunzione di non colpevolezza (nonché, come ogni scrutatore, di un piccolo onorario esentasse) e le terribili matrigne sono protette dal ragionevole dubbio.

    Lo stesso dubbio che si nasconde nell’abbraccio tra moglie e marito, ormai dissimulante null’altro che una spira soffocante e letale.

    Una doccia finale di splatter, disse un critico un tempo reso celebre: occhi infilzati, carne martoriata. L’abominio.

  2. Esiste il vocabolo agrimensore, che indica con precisione la professionalità del misuratore di campi.

    • Z. scrive:

      Credo che con “geometra” Miguel si riferisca a un soggetto che oltre a misurare progetta, riforma, predispone quanto serve a edificare…

    • Miguel Martinez scrive:

      “Agrimensore” certo. Ma geo-metra vuol dire la stessa cosa, e fa cogliere – come sottolinea Z – un senso più ampio e attuale.

      • Moi scrive:

        Veramente IN iTALIA il “Geometra” per antonomasia è Lui …

        https://www.youtube.com/watch?v=gTRkXArWAH0

        😉 😀

        • MOI scrive:

          … Breve : in Italiano “geometra” è un titoletto impiegatizio del cazzo che NON mette soggezione a nessuno ! 😉

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Moi

            “in Italiano “geometra” è un titoletto impiegatizio del cazzo che NON mette soggezione a nessuno ! ?”

            Senza offesa a eventuali diplomati in materia, sono proprio piccoli impiegati del c… che hanno sbucaltato il mondo 🙂

            • MOI scrive:

              Già, il mio “preferito” è quel Ferdinand de Lesseps … con i noti effetti “IttioKalergici” 😉 che riflettono quelli successivamente “AntropoKalergici” 😉 !

              PS

              Sì, bon : scusino eventualmente … MA ho assistito più volte a imbarazzanti “teatrini” in cui c’è quello con il titolo di studio che si offende (!) e corregge (!) chi lo definisce “signor” … manco fosse il titolo nobiliare nell’ Ottocento !

  3. werner scrive:

    Mi pare, ma potrei sbagliare, che i geometri siano solo una conseguenza della fine dell’età dell’oro.
    Allora non era necessario violare la terra per trarne i frutti , non esistevano guerre, e tutti godevano della concordia e dell’abbondanza. Ora però dobbiamo farlo ed ecco i geometri, i guerrieri, i contadini, i pescatori, i boscaioli, e via dicendo. In pratica la fine dell’era dell’oro ci ha costretto ad assumere buona parte delle caratteristiche che ci rendono uomini e ci differenziano dagli animali.

    A Ovidio, come ad altri prima e dopo di lui, non sfuggiva la componente di violenza implicita nell’affermazione dell’uomo come specie dominante, socialmente organizzata e culturalmente sviluppata. Quello che Ovidio non coglie è che senza quella “violenza” saremmo rimasti più bestie che esseri umani, altro che età dell’oro.

  4. Luca scrive:

    Mi sembra che, nelle pieghe del discorso poetico, si possa intravvedere qualcos’altro, di più difficile da cogliere, ma più attuale: la rigidità. Rigidità e durezza suggerita dall’immagine del ferro, rigidità nella divisione e separazione delle cose, dei ruoli e delle competenze. E il male di un mondo sempre più soggetto ad una follia di regole e di rapporti, basati non sulla conoscenza e sul reciproco riconoscimento, ma sulla volontà di possedere e di controllare che è volontà di potenza: fugere pudor verumque fidesque; in quorum subiere locum fraudesque dolusque insidiaeque et vis et amor sceleratus habendi. L’idea di un processo tecnologico basato su una conoscenza superficiale e artificiale del mondo (vela dabant ventis nec adhuc bene noverat illos
    navita,) mi sembra descrivere meglio di molte analisi recenti la tecnologia moderna.

    • Z. scrive:

      Benvenuto!

      Rigidità… uhm, il ferro però all’occorrenza è duttile e malleabile, ed è questo che lo ha reso un materiale di ampio impiego. Anche dopo essersi solidificato può essere nuovamente fuso e ri-solidificato.

      L’oro ancora più del ferro!

      Credo fossero molto più rigide – e senza geometri, naturalmente – le società dell’età della pietra…

      • Moi scrive:

        Secondo Certi Storici 😉 l’ Oro Terrestre serviva agli Anunnaki (che evidentemente “sottocasa” 😉 non ne avevano più …) per scopi tecnologici di telecomunicazioni e per riparare il Buco nell’ Ozono su Nibiru … poi è rimasto sino a oggi “prezioso”, iniziando come Simbolo dei Sovrani ! 😉

  5. PinoMamet scrive:

    “del mio amico irlandese Caoimhghin Ó Croidheáin. Poi se ci incontriamo di persona, vi spiego come si pronuncia”

    Butto lì con quello che mi ricordo: Kevin O’ Crigan

    più o meno c’ho preso?

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Pino Mamet

      “Butto lì con quello che mi ricordo: Kevin O’ Crigan

      più o meno c’ho preso?”

      Quasi!

    • Moi scrive:

      Kevin O’ CrEEgan ?

      • Miguel Martinez scrive:

        “Kevin” è con la “e” chiusa, non come in inglese

        il cognome si pronuncia più o meno krìan, in teoria con la “n” finale leggermente palatalizzata, un po come l’italiano “gn”.

        • Peucezio scrive:

          Quindi Kevin è nome celtico?

          • PinoMamet scrive:

            E che ha da essere, calabrese? 😉

            • Peucezio scrive:

              Boh, pensavo che i nomi anglosassoni fossero tutti veterotestamentari 🙂

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Non è un nome anglosassone, infatti, ma irlandese!

              • Peucezio scrive:

                Sì, ma è diffuso nel mondo anglosassone, quindi direi che rientra nell’inventario, di varie origini, dell’antroponimia anglosassone.

              • Z. scrive:

                Io sarei per chiamare anglosassoni gli ANGLOSASSONI…

                e quindi ormai più nessuno 😀

              • PinoMamet scrive:

                Devo dire che Z. mi ha convinto.

                Non so perché (forse dal Fascismo??) in Italia ci sia questo vezzo di chiamare gli inglesi con il nome dei loro antenati…

                vabbè che questo è il blog dei Khazari 😉

                ma insomma, chiamassimo le cose col loro nome, sarebbe più semplice 😉

                PS
                Poi compri un giornale greco e ci trovi scritto che Macron è il presidente della Gallia, ok, ma paese che vai, usanza che trovi
                (loro per esempio non hanno sergenti, capitani ecc. ma “locaghi” e “tassiarchi”: da noi manco la furia latinizzatrice del Fascismo arrivò a tanto- anche se usò manipoli, centurie ecc. nella sua Milizia).

              • mirkhond scrive:

                “Poi compri un giornale greco”

                O meglio un giornale romeo. 😉

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                anglosassone è chi è parlante nativo della lingua inglese, quale sia la sua origine razziale.

                Sei diventato razzista-etnicista-genetista-suprematista? 😀

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                se mi trovi un altro termine comodo per mettere insieme inglesi, americani, australiani, ecc., ti do ragione.

                Eviterie però di chiamare inglesi gli americani: potrebbero risentirsi gli uni e gli altri 🙂
                Il che è un male minore. Ma quel che è peggio, non ci intenderemmo più, perché sono due nazioni diverse.

              • Z. scrive:

                Negli Stati Uniti si usava – credo oggi sia meno diffuso – soprattutto nell’acronimo WASP, che però aveva (e ha) connotazioni etniche oltre che culturali.

                In Italia di norma reca seco (eh? mica brustulli!) una connotazione più marcatamente culturale: ad es., per “diritto anglosassone” si intende di norma il diritto tipico dei Paesi dove si parla inglese.

                Ora, nel caso del diritto, vabbè, è difficile che con “diritto anglosassone” sorgano equivoci. L’ordinamento vigente all’epoca di re Harald Godwinson non mi risulta particolarmente diffuso, oggi, come argomento di studi…

                Ma quando si parla di “cultura anglosassone”, che esiste davvero e che costituisce una parte (non so in che esatta misura, ma distinta dal totale) della cultura storica inglese, si sta parlando di qualcosa che invece ha rilevanza, ed è qualcosa di distinto dalla cultura dei Paesi di lingua inglese.

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                — Ma quel che è peggio, non ci intenderemmo più, perché sono due nazioni diverse. —

                Perché invece gli anglosassoni e gli australiani i è e propi e stess quel…

                Ezio Ezio 😀

              • Z. scrive:

                (la prima e è di troppo)

                Comunque è vero, non c’è una parola italiana per indicare tutti i Paesi di lingua inglese (oltre ad “anglosassoni” usato in quella curiosa accezione).

                Non so se ci sia neppure in inglese. Credo che loro dicano “English-speaking countries”.

              • mirkhond scrive:

                Si potrebbe utilizzare il termine “anglofono” per indicare i paesi di lingua e cultura inglese.
                Che sarebbe più filologicamente corretto di anglosassone.

              • PinoMamet scrive:

                Anglofono mi sembra la scelta migliore, o “cultura di matrice britannica” o “di lingua inglese”.

                Comunque ho un’amica che fa un dottorato a Dublino, o l’ha finito, non ho capito; comunque ha degli studenti, e molti di questi hanno dei nomi irlandesi scritti con grafia irlandese.

                Mi diceva che lei non riesce mai a capire come si pronuncino e chiede agli studenti di avere pazienza…

                in realtà poi il gaelico ha differenza dell’inglese ha delle regole di scrittura fisse, quindi una volta capito il sistema basta applicarlo.
                Al netto delle piccole differenze dialettali, o del fatto che gli irlandesi stessi non sempre le padroneggino
                (in un corso online di gaelico un ragazzo italiano diceva di aver ricevuto dei complimenti in Irlanda, perché parlava il gaelico da italiano, cioè… bene! senza accento inglese).

              • PinoMamet scrive:

                C’è un’acca di troppo 😉

              • Peucezio scrive:

                Immaginavo che mi avreste proposto l’uso del termine “anglofono”.

                Ma a mio avviso è inadeguato, perché specialistico e poco adatto all’uso corrente (anche perché “anglosassone” non è riferito sempre e solo alle persone, ma a tutto l’insieme della cultura e del mondo di lingua inglese: come si potrebbe parlare per esempio di usanze “anglofone”? Le usanze non parlano.
                Inoltre il suffisso -fono non si riferisce tassativamente a una competenza nativa: un italiano che parli perfettamente l’inglese, avendolo studiato e avendo frequentato parlanti nativi, si può definire anglofono (questo dovrei verificarlo, per sicurezza, ma a naso non mi pare un uso peregrino), ma non certo anglosassone.

                Andrebbe stigmatizzato semmai l’uso che fanno alcuni di “anglosassone” in luogo di “germanico”, per cui scopriamo essere anglosassoni, chessò, svizzeri tedeschi, norvegesi, ecc. (sic! è più diffuso di quanto non crediate).

                Circa il gaelico, ricordo che anni fa, ascoltando canzoni in gaelico di cui avevo anche i testi, ero riuscito a ricostruire buona parte delle corrispondenze fra grafemi (e soprattutto di-, tri- e poligrammi) e relativi fonemi e in effetti mi ricordo che erano abbastanza rigorose e stabili.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Vedi la leggenda di San Kevin.

  6. mirkhond scrive:

    “Comunque ho un’amica che fa un dottorato a Dublino, o l’ha finito, non ho capito; comunque ha degli studenti, e molti di questi hanno dei nomi irlandesi scritti con grafia irlandese.

    Mi diceva che lei non riesce mai a capire come si pronuncino e chiede agli studenti di avere pazienza…”

    Se non sbaglio, oggi il Gaelico in Irlanda non è parlato da più di 60.000 persone residenti sulla costa atlantica.
    La maggiorparte degli irlandesi è da metà ‘800, ormai anglofona.

    • PinoMamet scrive:

      Sì però mi pare che ci sia una discreta rinascita di tipo “identitario” nell’attribuzione dei nomi, e mi pare che anche molti cognomi scritti “all’inglese” siano stati ritrascritti alla maniera gaelica originale…

    • PinoMamet scrive:

      Una ragazza irlandese che ho conosciuto per esempio si chiama Ailbhe, che si pronuncia “Alva” e “significa alba”, mi ha detto lei (in inglese; perché non parla gaelico per niente).

      • mirkhond scrive:

        Sì, si sentono irlandesi nel senso di celti e ne sono fieri.
        Ma nonostante il Gaelico sia una delle due lingue ufficiali, la stragrande maggioranza degli Irlandesi di oggi è anglofona.

  7. mirkhond scrive:

    maggior parte

  8. mirkhond scrive:

    “Andrebbe stigmatizzato semmai l’uso che fanno alcuni di “anglosassone” in luogo di “germanico”, per cui scopriamo essere anglosassoni, chessò, svizzeri tedeschi, norvegesi, ecc. (sic! è più diffuso di quanto non crediate).”

    E’ la prima volta che lo leggo.

    • Peucezio scrive:

      Forse era più diffuso tempo fa.

      • Z. scrive:

        Gli anglosassoni sono, ehm, gli anglosassoni! O meglio, lo erano..

        Non sono i tedeschi, non sono i germanici, ma non sono neppure gli australiani né i neozelandesi.

        🙂

        • Peucezio scrive:

          Z., aridaje.
          Poi siamo io o Mirkhond quelli che vogliono usare un linguaggio loro.
          Il linguaggio serve per capirsi e ha una funzione pratica.
          Apri qualunque dizionario e scoprirai che i neozelandesi sono anglosassoni!
          Non sono perché parlano inglese, ma avranno le villette simili a quelle inglesi e americane e mille altre cose.

          Semmai, se proprio vogliamo sofisticare e farci le nostre solite seghe mentali storiche, dovremmo chiederci perché parliamo di inglese e Inghilterra, visto che la base etnica dei germani che hanno invaso l’isola portando la lingua e la cultura che chiamiamo inglese erano Angli, Sassoni, Juti e Frisoni, che hanno contribuito tutti più o meno nella stessa misura, più o meno secondo le aree (Sassoni a sud-ovest, Angli a nord-est, Juti e Frisoni a sud-est).
          Per parlare di inglese e Inghilterra dovremmo riferirci solo alle aree centro-settentrionali dell’Inghilterra (a malapena ci entrerebbe Londra, di straforo). Sempre ammesso che lì ci siano andati Angli puri, che è tutto da vedere.

          • Z. scrive:

            Peucezio,

            — Poi siamo io o Mirkhond quelli che vogliono usare un linguaggio loro. —

            Beh, sì, voi ci tenete particolarmente.

            — Il linguaggio serve per capirsi e ha una funzione pratica. —

            Certo, e tra l’altro anche a me è capitato di usare “anglosassone” in questa accezione, utile a designare assieme Inghilterra ed ex-colonie inglesi.

            Ma che si tratti di un uso curioso mi pare difficile negarlo 🙂

    • Peucezio scrive:

      Ovviamente parlo di un uso erroneo della lingua orale (o di quella scritta, ma da parte di gente non solo non specialista, ma dalla cultura approssimativa).

    • habsburgicus scrive:

      anch’io non l’ho mai letto….almeno in ambiti “seri”
      invece è d’uso (deplorevole ma deploro innanzitutto me stesso poiché lo faccio spesso :D) è chiamare “anglo-sassoni” tutti i “whites” parlanti inglese (americani, australiani, neozelndesi, irlandesi :D) o meglio i loro Stati “le Potenze anglosassoni, le Nazioni anglosassoni ecc”

  9. mirkhond scrive:

    Quando penso ad Ovidio, mi viene in mente il luogo del suo esilio e in cui visse gli ultimi dieci anni della sua vita e dove morì.
    E cioé Tomi, oggi Costanza in Dobrugia, Romania, allora città greca della Scizia minore, estremo limbo orientale della provincia romana della Mesia ed uno degli avamposti più remoti dell’Impero Romano, una sorta di Fortezza Bastiani dell’epoca.
    A Tomi, Ovidio avrebbe imparato la lingua dei Geti o Daci, popolazione di ceppo trace abitante a nord e a sud del Danubio.
    Nel descriverci la vita a Tomi, e che da poeta gaudente e raffinato qual’era non poteva che trovare deprimente, Ovidio dice che persino i Greci della cittadina indossavano i pantaloni e vestivano alla maniera dei barbari Geti/Daci, per via degli inverni rigidi.

  10. Moi scrive:

    Ecco un esempio in fieri di quel che Miguel ha definito i “Simbionti Nemici” :

    https://bloggolo.it/2019/03/19/greta-thunberg-e-gretina-tu-sei-un-idiota/

    Gretismo Vs AntiGret(in)ismo … l’ esempio più recente e forse il più massificato in tempi praticamente istantanei.

  11. maffeia scrive:

    A me questo brano di Ovidio, e tanti simili in tutte le letterature, fa venire in mente una cosa sola. Che sempre c’è stata nostalgia dei “bei tempi andati”.
    Non solo in periodi di crisi come il nostro, in cui vi sono diversi buoni motivi che ci portano a supporre che i nostri figli staranno peggio di noi. Anche quando i vagheggiati “bei tempi andati” erano quelli in cui l’uomo, come dice werner, assomigliava alle bestie.
    Senza saper coltivare, senza animali addomesticati. Si soffriva la fame, si moriva presto. Bei tempi!
    È una costante umana, le cui componenti psicologiche mi piacerebbe capire meglio. Credo c’entri in qualche modo la nostalgia della giovinezza.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per maffeia

      “A me questo brano di Ovidio, e tanti simili in tutte le letterature, fa venire in mente una cosa sola. Che sempre c’è stata nostalgia dei “bei tempi andati”.”

      Probabilmente c’è anche questo, però trovo notevole la lucidità con cui si analizza il rapporto tra il “marinaio che conosce poco”, la proprietà privata e lo svisceramento della terra.

    • Roberto scrive:

      Sono d’accordo con maffeia

    • Peucezio scrive:

      Non sono d’aaccordo.
      Direi semmai che c’è nostalgia dei tempi andati nelle epoche che producono letteratura importante, perché sono epoche evolute, ricche, dinamiche, con i contraccolpi e gli squilibri che questo comporta.

      Non so se un antropologo è mai andato a a chiedere, in società dalla cultura puramente orale, cosa ne pensano dei tempi passati.
      Se anche lì gli hanno risposto che prima si stava meglio, allora sono pronto ad ammettere che è una sorta di universale.

      Io comunque ho notato che la gente che ha vissuto l’infanzia in una situazione di maggiore semplicità e scarsità, ma senza indigenza, con l’essenziale, ha un ricordo grato dell’infanzia, mentre quelli cresciuti in situazioni di vera indgienza (che in Italia fino a tre o quattro generazioni fa c’erano ancora) dicono che oggi si vive molto meglio.

      Inoltre distinguerei le testimonianze autobiografiche dal pensiero mitico sulle quattro età, che è una cosa ancora diversa, perché fa parte di tutta una simbologia che non è certo riducibile al “ai miei tempi si stava meglio”.

      • PinoMamet scrive:

        Credo di essere d’accordo con Peucezio.

      • Z. scrive:

        Peucezio,

        non so chi abbia detto cosa agli antropologi, onestamente, ma direi che una volta si stava meglio quasi per definizione.

        “Things always seem fairer when we look back at them, and it is out of that inaccessible tower of the past that Longing leans and beckons.”

        e mi perdonerai se non sono in grado di tradurre questa frase, ma non conosco una parola italiana in grado di rendere “longing”. Né qui, né in Yesterday 🙂

    • Z. scrive:

      Credo che lì i manganelli li avesse solo la polizia. Anche i bei tempi degli operai Amga sono passati.

      Proibire ai politici l’uso dei videogiochi sociali, comunque.

    • Z. scrive:

      Detto questo, e fermo restando la mia convinzione che i social videogames andrebbero interdetti ai politici (e non solo), credo che sarebbero in pochi al suo posto a dispiacersi per quella carica.

      Immagina come può averla vissuta.

      Sta partecipando ad una manifestazione istituzionale, assieme al suo partito, con altri partiti che hanno posizioni diverse. Così hanno trovato un compromesso – salomonico, se vuoi – per evitare striscioni su temi su cui siete in conflitto.

      Si presenta nel corteo un altro gruppo che non solo non intende sottoscrivere né onorare questi accordi (e fin qui vabbè) ma il cui fine principale – e dichiarato – è quello di estromettere non-consensualmente dal corteo lui e quelli che la pensano come lui, Che poi è quello che è successo in molte altre occasioni, dagli anni Settanta ad oggi, e che – cambiate le mutande – è la stessa cosa che è successa in Bolognina, ieri, dalle mie parti (qui non c’erano bambini, ma anziani sì: probabilmente i militanti PD qui erano soprattutto anziani).

      Dopo i consueti insulti, sputazzi in faccia e lanci di oggetti, l’altro gruppo – in buona parte composto, diciamo, da non-gandhiani – entra in contatto con lui e i suoi compagni per mettere in atto i propositi dichiarati: cacciarli dal corteo.

      Tu al suo posto non avresti dato sfoggio di incontinenza, ne sono certo. Non solo non useresti quel linguaggio: non rilasceresti proprio dichiarazioni simili, anche con altro linguaggio, pur non essendo un dirigente politico.

      Ma sinceramente, pur essendo persona educata e mite, ti dispiaceresti per la carica? Non penseresti “ben gli sta”?

      Non so chi sia quel dirigente, magari ha altre colpe…

    • Francesco scrive:

      adesso ordine, civiltà, rispetto e persino educazione sono Valori di Destra?

      neppure io oserei una simile appropriazione!

      è così difficile riconoscere che quelli si sono comportati da stronzi?

    • PinoMamet scrive:

      Non c’entra niente, ma visto che Z. cita i gandhiani:

      un contatto, sul noto videogioco sociale, accusa un tal Ghandi, altrimenti ignoto alle cronache, di essere stato un razzista e un pedofilo.
      Speriamo nessuno lo scambi per il più famoso Gandhi 😉

  12. Moi scrive:

    SEGNALAZIONE

    https://www.huffingtonpost.it/2019/04/05/sara-pure-coraggioso-ma-non-sa-parlare-italiano-elena-stancanelli-nella-bufera-per-un-commento-su-simone-di-torre-maura_a_23707094/

    “Sarà pure coraggioso, ma non sa parlare italiano”. Elena Stancanelli nella bufera per un commento su Simone di Torre Maura
    Il post della scrittrice accende le polemiche: tante le critiche e gli insulti. Ma c’è anche chi ricorda il suo impegno con Piccoli Maestri

    • Roberto scrive:

      Per fortuna che la stancanelli interviene a salvare il mondo ed il buon gusto

      (Magari il ragazzino parlava così per farsi capire da quei barbari)

      • Moi scrive:

        No … è che esprimersi in Italiano come “Conquista Sociale” è stato un fenomeno tipico o delle grandi città del Nord-Nord 😉 o dell’ Emilia Romagna in cui è stato considerato addirittura “emancipatorio” poiché Lingua Istituzionale !

        Invece è ovvio che laddove il Familismo Amorale prevale di gran lunga sul Senso Istituzionale (e su questo l’ Emilia Romagna da sempre primeggia senza rivali !) , l’ Italiano come “idioma orale” è visto addirittura con diffiidenza e sospetto !

        • Moi scrive:

          e su questo “Senso Istituzionale” , ovviamente …

        • PinoMamet scrive:

          Sarà, Moi…

          a me sembra semplicemente che la Stancanelli abbia fatto il solito vecchio trucco di “io la so più lunga” e “io sono originale”.

          • Z. scrive:

            Che poi è l’unica cosa che a molti interessa scrivere sul web, a ben vedere.

            La forma espressiva varia, ma il contenuto equivale spesso a “oh, come sono originale!”.

            Ma sono in troppi a sgomitare per mostrare quanto sono originali, e così sono in pochi a riuscirci…

        • Z. scrive:

          Uhm… l’Emilia-Romagna primeggia senza rivali nella prevalenza del familismo amorale sul senso istituzionale? davvero lo pensi?

  13. Moi scrive:

    Personalmente l’ uso “universalistico” del Romanesco (ad esempio, foneticamente [!] Marco Damilano è addirittura molto più marcato di Simone Cicalone !) mi ha stufato … “ma da mo’” ! 😉 … Oppure il trailer dell’ ultimo film con la Cortellesi in cui (almeno) un paio di scene dovrebbero essere comiche solo perché recitate in Romanesco !

    • PinoMamet scrive:

      Mah, è un po’ il problema di tutti i dialetti…

      ed esattamente il punto che dimostra che sono dialetti e non lingue.

      Certo, dal punto di vista strettamente linguistico, ogni parlata può essere considerata a buon diritto una lingua a sé stante, con pari dignità delle altre- dignità di essere studiata, da un glottologo o linguista con i controcazzi: da Peucezio per esempio.
      😉

      Ma quando il solito appassionato di dialetto locale, immancabile in tutt’Italia, vi dice “in realtà il dialetto di qua è una lingua…”, e sta per tirare fuori l’esempio della freddura (sempre “intraducibile in italiano”) tenete per fermo che è proprio allora che si sbaglia.

      Il fatto che il dialetto, da solo, basti o dovrebbe bastare a far ridere; serva insomma come segno famigliare, amicale, intimo (e perciò ironico, sdrammatizzante ecc.) è proprio la prova che non si tratti di una lingua , cioè di un mezzo di comunicazione dotato di tutti i registri e utilizzabile in tutti gli ambiti, ma di un codice da iniziati, di un gergo di gruppo, di un’abitudine famigliare, di un segno di riconoscimento.

      Tutte cose bellissime
      (a meno che non siano imposte ad altri:
      a me piace sentirmi parte di un gruppo, non escluso da un altro o incluso a forza…)
      ma non “una lingua”.

  14. Moi scrive:

    @ MIRKHOND

    *** Islamòffobbbia *** :

    Politically Correct Retroattivo (20 anni , post del 2014 )

    Is Disney’s The Lion King Anti-Islamic and Advocates that America Needs to Save Africa?

    https://natesut.tumblr.com/post/86538851987/is-disneys-the-lion-king-anti-islamic-and

    Quando il Politically Correct NON c’era … o meglio, era appunto ben “freezato” dalla Guerra Fredda :

    https://www.youtube.com/watch?v=cQEDbCtbkVM

    Abdul Fakkadi Is A Very Real Person (Transformers)

    • Moi scrive:

      Pazzesco il presunto “razzismo umano” per via della “razza” dei doppiatori e doppiatrici di animali (!) della stessa specie …

  15. Dear Miguel – thank you for a fascinating discussion on Ovid. I am, of course, reading a Google translation of your blog from Italian so you will have to forgive any mistakes.

    The Ovid quote I took from a fascinating book called Memories and Visions of Paradise: Exploring the Universal Myth of a Lost Golden Age by Richard Heinberg (1989). Heinberg takes his Ovid quotes from an equally fascinating book called Primitivism and Related Ideas in Antiquity by Prof Arthur O. Lovejoy and Prof George Boas. Apparently “Primitivism and Related Ideas in Antiquity” was intended to be the first volume of a four-part series of books covering the history of primitivism and related ideas, but the outbreak of World War II, and, later, Lovejoy’s death, prevented the other books from being published”(Amazon). This book I do not have nor have I read but am certainly looking into it now.

    I liked the quote, as I wrote in my article, because “The privatisation of property, extractivism, the necessity for food-producing slaves and a warrior class to sustain and further extend the aims of the elites are all neatly summed up in this quote from Ovid. What is noticeable and notable is that over the millennia very little has changed in substance. We still have today wage slaves, standing armies, extractivism and industrialised agriculture that is oriented and controlled according to the aims and agendas of a warmongering elite.” It implies a long history of slavery which we have not yet ended but also suggests ideas regarding how it may have started.

    The discussion around my name is also fascinating. Even in Ireland using your name in Gaelic produces discussion and even difficulties of pronunciation despite the fact that Gaelic is compulsory in Irish schools, both primary and secondary levels. One reason is that Gaelic spelling was modernised in the 1940s and 1950s. As an example, I like to say that Gaelic now has a more modern spelling than English, as the many extra consonants in Gaelic were reduced by using an accent. For example, ‘oidhche’ (night) was changed to ‘oíche’ (unlike in English where the extra consonants were not changed from ‘night’ to ‘nite’ as the Americans use).

    In my surname ‘croidhe’ was changed to ‘croí’ but like in many Gaelic surnames the old spelling is retained. So Croidheáin is believed to be ‘croidhe’ (heart) and ‘áin’ (noble), (noble heart)and is a word still used in Donegal Gaelic-speaking areas for a gallant or a suitor. It is pronounced ‘kree-an’. In other words, like in ‘night’ most consonants are not pronounced or at least have a different sound to English. For example ‘mh’ is pronounced with a ‘v’ sound so you get ‘caoimh’ pronounced ‘keev’. Caoimhghin is ‘caoimh’ (fair/gentle) and g(h)in is ‘birth’ similar to the Greek ‘gen’ (birth) and pronounced in Gaelic as ‘keeveen’. I have seen on an old map from the 1800s a church rendered ‘Kilkeevin’ (church of St Kevin) showing that the phonetical link between caoimhghin and kevin was retained until it lost an ‘e’ and became kevin.

    My father was Kevin Cryan (like me) but Gaelic speakers in Ireland use their names in Gaelic unlike most of the population who have Gaelic names (and learned Gaelic in school) but speak in English (like my father). The phonetical spelling of Irish names and places was carried out by an English colonial administration who spoke no Gaelic and wrote down what they heard. As a result, for example, with my surname I have found three phonetical variations (Crean, Cryan and Crehan depending on local accents) and over 40 different spellings.

    Ireland is a mainly Anglophone population today and with Brexit will become (ironically) the only English native-speaking population in the EU. There are Anglo-Saxon elements alright in Ireland but like Scotland, Wales and Cornwall (all Celtic areas) were invaded by the Normans and Anglo-Saxons.

    It is true that Gaelic is one of two official languages and legally Gaelic takes precedence over English which means I can use the original Gaelic version of my name (even on my passport) without having to legally change it. For those who come to Ireland to learn English, be warned – Irish people speak Hiberno-English which means that our English retains some words, syntax and expressions from the Gaelic language. For those interested in this see How the Irish Invented Slang: The Secret Language of the Crossroads by Daniel Cassidy which may be a bit over the top but not fully contradicted either. There are even dictionaries of Hiberno-English.

    The struggle to make Gaelic the common language in Ireland is still ongoing, and, indeed I have Irish Gaelic-speaking friends who refuse to speak to me in English. As a minority language Gaelic is not in a bad shape with Gaelic-medium schools, television, radio, press, websites and even Google translate.

    The word Irish is generally used in Ireland for the Gaelic language to distinguish it from Scottish Gaelic, its linguistic sister (“Scotland” comes from Scotti, the Latin name for the Gaels).

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