Sessantotto Immaginario

Siccome qui si parla spesso di Sessantotto, cui si attribuiscono tutta una serie di fenomeni degli ultimi anni, vorrei sottoporre alla vostra attenzione l’Inno di Potere Operaio (ammetto di barare sulla cronologia, visto che Potere Operaio nasce nel 1969).

Non rappresenta il Sessantotto anglosassone; e nemmeno tutto il Sessantotto italiano, ovviamente: oltre a Potere Operaio c’erano altri gruppi, e oltre ai gruppi c’erano altre realtà, molto delle quali sarebbero emerse in modo esplosivo nel 1977. Ma rappresenta molto bene uno degli elementi più profondi e intensi di quegli anni.

Il testo, a quanto ne so, è anonimo, la musica è semplicemente ricopiata da un canto della guerra civile spagnola, che a sua volta ricopiava un canto dell’Armata Rossa: l’insieme è quindi anonimo, corale, militare e non originale: aggettivi che non si addicono certo al narcisismo individualista diffuso dei nostri tempi.


Noi al passato attribuiamo sempre un’attualità che non ha: il fascismo – che ormai ha novantanove anni suonati – è sempre dietro l’angolo e pronto a saltarci alla gola, e allo stesso modo, i comunisti del Sessantotto (cioè di cinquanta lunghi anni fa) stanno sempre lì a distruggere la civiltà.

Per cui è un utile esercizio di liberazione dalle nostre proiezioni sul passato, ascoltare questo disco graffiato che ci propone una serie di parole chiave per cui tanta gente allora era disposta a uccidere e morire, o comunque a entusiasmarsi.

Provate a isolarle, ripeterle e chiedetevi che impressione vi fanno oggi:

classe operaia – attacco – Stato – padroni – lavoro salariato – comunismo – programma –  Partito – potere – insurrezione – bandiere rosse – fucili –  lotta armata –  conquista –  dittatura operaia –  guerra civile – piombo

La classe operaia, compagni, è all’attacco,
Stato e padroni non la possono fermare,
niente operai più curvi a lavorare
ma tutti uniti siamo pronti a lottare.
No al lavoro salariato,
unità di tutti gli operai
Il comunismo è il nostro programma,
con il Partito conquistiamo il potere.

Stato e padroni, fate attenzione,
nasce il Partito dell’insurrezione;
Potere operaio e rivoluzione,
bandiere rosse e comunismo sarà.

Nessuno o tutti, o tutto o niente,
è solo insieme che dobbiamo lottare,
o i fucili o le catene:
questa è la scelta che ci resta da fare.
Compagni, avanti per il Partito,
contro lo Stato lotta armata sarà;
con la conquista di tutto il potere
la dittatura operaia sarà.

Stato e padroni, fate attenzione,
nasce il Partito dell’insurrezione;
Potere operaio e rivoluzione,
bandiere rosse e comunismo sarà.

I proletari son pronti alla lotta,
pane e lavoro non vogliono più,
non c’è da perdere che le catene
e c’è un intero mondo da guadagnare.
Via dalle linee, prendiamo il fucile,
forza compagni, alla guerra civile!
Agnelli, Pirelli, Restivo, Colombo,
non più parole, ma piogge di piombo!

Stato e padroni, fate attenzione,
nasce il Partito dell’insurrezione;
Potere operaio e rivoluzione,
bandiere rosse e comunismo sarà.

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397 risposte a Sessantotto Immaginario

  1. Peucezio scrive:

    Se non fosse per i cognimi della sestultima riga, sembrerebbe un canto dell”800 o del primo ‘900.
    Secondo me i giovani di quegli anni ascoltavano tutt’altra roba, in inglese, molto meno archeologica.
    Ma se non fosse appunto per il sapore molto archeologico, oggi un inno del genere suonerebbe vagamente filo-grillino e scandalizzerebbe i bempensanti europeisti, quelli che dobbiamo stringere la cinghia, altrimenti siamo reprobi populisti-sorvanisti-razzisti-omofobi.

  2. Peucezio scrive:

    Circa la foto di sopra,
    ma perché cavolo le ragazze nelle foto avònn’a strènge u musse, che è una cosa che fa un effetto orribile???

  3. MOI scrive:

    Ah … bella Miguel: un po’ di sana “Paleontologia della Sx” ! 😉

  4. MOI scrive:

    Indubbiamente, nel frattempo, è cambiata l’ Italica concezione di Esercito, dal Surf :

    https://www.youtube.com/watch?v=Ch0jybMaBvQ

    al Selfie :

    https://www.youtube.com/watch?v=FQkaH5ppFek

    Ma la Musica come “Il Linguaggio” per antonomasia dei Giovani, resta inalterato !

    • Zhong scrive:

      Io ci vedo piu’ un’ alternanza tra decenni (sempre in chiave pop):

      anni 60: fantasia al potere
      anni 70: terrorismo, guerre, rock pesante tipo Black Sabbath
      anni 80: in America Reagan, in EU l’italo dance, Sabrina etc..
      anni 90: grunge, droga, Kurt Cobain muore di overdose nel 94.
      anni 00: in America le pop-star del club di Topolino, in Europa le t.A.T.u. rappresentano in buoni rapporti tra Russia e EU,
      anni 10: in America e poi in Europa la Trap individualista e cattiva, le serie buie di Netflix, i rapporti con la Russia sono orribili,
      anni 20: …

      Zhong

      • PinoMamet scrive:

        Mi sembra una buona descrizione…

      • Peucezio scrive:

        Mah, degli anni ’90 e ’00 mi sono rimaste impresse altre cose.

        Io direi (ovviamente non è “più giusto”, è solo cosa abbiamo percepito di più):

        ’80: reaganismo-tatcherismo (d’accordo), commedia all’italiana, Lino Banfi, Guido Nicheli, paninari, ma anche eroina e onda lunga di anni di piombo, punk, ecc.
        ’90: caduta delle ideologie, ma anche riemersione della sinistra: distinguerei i primi dai secondi:
        ’90-’94: berlusconismo, riflusso, gioventù discotecara e destrorsa (ma anche riemersione delle zecche), era dell’acquario, new age;
        ’95-’99: sinistra al potere, clintonismo violento, ulivo internazionale.
        ’00: 11 settmebre, scontro di viciltà, neo-con, cristianisti, rompicoglioni.
        ’10: crisi indotta dalla globalizzazione, Monti, sinistra affamatrice e, per reazione, populismo-sovranismo.

  5. PinoMamet scrive:

    Preferivo i fricchettoni col sitar!

    • Miguel Martinez scrive:

      Per PinoMamet

      “Preferivo i fricchettoni col sitar!”

      Una prima differenza mi sembra evidente: puoi venire da esperienze di vita molto diverse da quelle di un fricchettone scozzese di mezzo secolo fa, eppure sentire profondamente il senso della loro canzone, se conosci bene la lingua.

      Mentre la canzone di Potere Operaio è tutta culturale: se, per esperienze personali, parole come “programma”, l'”insurrezione” e “partito” ti esaltano, bene, se no, boh…

      E’ un po’ come il limite intrinseco della retorica del jihadismo: se non sei cresciuto con il linguaggio teologico islamico,non ti dice molto.

    • PinoMamet scrive:

      è vero! Mi sembra che quei musicisti stessero tentando di fare qualcosa che avesse un valore universale, che può piacere o meno, naturalmente, ma che punta proprio ad elevarsi al di sopra della contingenza;
      invece l’inno sovietoide di Potere Operaio è tutto interamente e completamente dentro la contingenza pratica e politica, con tanto di cognomi (come fa notare Peucezio) che si vuole inondare di piombo.

    • rossana scrive:

      Sì, anch’io…Li preferisco tutt’oggi: forse figli di quelli, li trovi in versione più glamour a gestire centri yoga o Ananda qualcosa a insegnare naturalismi e vita agreste smart ed ecologica, ma nella sostanza sono decisamente meno tediosi dei figli dei poteri operai vari, tediosissimi cervellotci convinti che la “Sovranità” usurpata si possa recuperare “democraticamente” alle urne (i padri, da bravi ex comunisti, hanno insegnato loro non l’uso dei fucili, ma quello in cui eccellono da sempre: la burocrazia! Gratta un potere operaio e avrai un sindacalista, un dirigente di qualche ministero o un politico ancora attivo nelle retrovie del potere. Se gratti un ex figlio dei fiori troverai quasi sempre un insegnante o, se gli è andata meglio, un venditore di carabattole esotiche nei mercatini (considera un tono ironico, e forse amaro, su tutto)

    • PinoMamet scrive:

      In effetti gli ex figli dei fiori o simili che ho conosciuto erano quasi tutti persone interessanti, con delle storie da raccontare, e in molti casi, anagrafe a parte, molto più “giovani” di tanti coetanei miei.

      Mentre i tizi “sinistra al potere”, anche miei coetanei, erano già insoffribili ai tempi dell’università…

      • Peucezio scrive:

        Sull’umanità che c’è dietro penso che mi troverei d’accordo: gente inquadrata…
        Ma da un punto di vista meramente estetico, preferisco di gran lunga l’inno di Potere Operaio: solenne, cadenzato, sembra veramente una cosa ottocentesca.

        • PinoMamet scrive:

          Ma la musica non l’ha mica composta Potere Operaio…
          😉
          ho provato ad ascoltare su Youtube qualche marcia del repertorio del Coro dell’Armata Rossa: non ho trovato esattamente questa, ma si somigliano un po’ tutte…

  6. Pierluigi scrive:

    triste ma bella, mi ricorda un tempo in cui la gente aveva ancora un sogno collettivo da realizzare, erano tempi pieni di speranze

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Pierluigi

      “triste ma bella”

      Già nel 1976, otto anni dopo, si coglie la scomparsa di quel mondo:

      Gianfranco Manfredi: AGENDA ’68

      C’è finalmente un’ora in cui non ho da fare
      ma la bottiglia è vuota e son stanco di pensare
      vorrei leggere un libro, un Tex, un Topolino…
      ma la mia mano cade su un vecchio taccuino.
      È una vecchia agenda dell’anno ‘68
      adesso mi rileggo tutto quello che ho fatto
      vediamo se ritrovo la prima occupazione
      non mi ricordo il giorno e non ricordo come.
      Telefonare a Paola… ma chi sarà costei?
      Mi sembrano lontani persino i fatti miei
      Ah! Questo lo so bene che cosa vuole dire:
      SPETTACOLO-ASSEMBLEA… e sempre meno lire.
      E quante sigle strane e quanti appuntamenti
      promesse andate a rane idee finite in niente
      la fonte del potere sta sempre nel fucile
      ma tra le ragnatele io non voglio più finire
      Agenda un po’ invecchiata dell’anno ‘68
      i poster di Guevara son finiti nel salotto
      e Mao sulle magliette e la falce e il martello
      assieme al crocefisso qualcuno ha messo al collo.
      L’agenda di quest’anno sarà meno serena
      però d’appuntamenti sarà altrettanto piena
      eppure certe volte io me ne vorrei andare
      a correre da solo in macchina sul mare.
      Viaggiare senza orari e senza taccuini
      portarsi in un cartoccio la birra coi panini
      non serve più la radio per sentirsi cantare
      così non serve strada in macchina sul mare.
      Ma è già finita l’ora suona il campanello
      già squilla il mio telefono c’è questo poi c’è quello
      continuo a inseguire cose che non so fare
      mentre potrei partire in macchina sul mare.

      • Z. scrive:

        Otto anni sono parecchi, per un ragazzo. Tra venti anni e ventotto ne passa.

        Ma c’è già un testo del 1971 in cui ci si lamenta che lo spirito del Sessantotto non c’è più.

  7. Roberto scrive:

    Direi che con “no al lavoro salariato” sono stati accontentati 🙁

    • Miguel Martinez scrive:

      Per roberto

      “Direi che con “no al lavoro salariato” sono stati accontentati ?”

      Infatti, è interessante, perché fu la base dell’operaismo (e anche del conflitto con il sindacalismo filo-PCI).

      Sono stati processi mondiali, ma sicuramente in Italia, il famoso sabotaggio delle linee di produzione della FIAT promosso da Lotta Continua ha portato indirettamente proprio all’abolizione del lavoro salariato 🙂

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Il lavoro salariato non è finito: le imprese hanno solo imparato a dissimulato.

      • Z. scrive:

        Non è finito, ma ce n’è sempre di meno, comunque lo si voglia chiamare. E pare che la situazione peggiorerà.

        Prima o poi si farà il reddito di cittadinanza (quello vero), e Miguel dovrà rassegnarsi a contribuire anche a Manuel e al di lui fratello Eleazar 🙂

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Z

          “Miguel dovrà rassegnarsi a contribuire anche a Manuel e al di lui fratello Eleazar”

          No.

          Io devo fare il blog, e quindi mi devono mantenere Manuel ed Eleazar.

          Tutti e due.

          • Z. scrive:

            Tu saprai tradurre anche tra dieci anni, e anche tra dieci anni serviranno traduttori.

            Ma i fratelli Mijares, che non hanno studiato, e che hanno fatto lavori che non esisteranno più?

            Dovrai contribuire anche tu a mantenerli, e mi auguro anch’io. Magari in misura minore, per quanto poco potrò fare, ma anch’io.

            Lo auguro anche a te, altrimenti ti ritroverai pure me sul groppone 🙂

            • Francesco scrive:

              non metterei la mano sul fuoco per il lavoro di traduttore di testi non letterari

              non più che sul mio lavoro di centro studi di medio livello

  8. Z. scrive:

    Qua oltre a PotOp avevamo il CoCoBo e il CoCoRi. Davvero, non è uno scherzo.

  9. Z. scrive:

    In topic – anni Settanta immaginari e fantasia al potere.

    http://ildubbio.news/ildubbio/2018/12/14/la-lega-chiede-che-sofri-sia-estradato-dal-brasile-se-questo-e-un-senato/

    Non riesco a commentare. È un po’ come se, scrivendolo, quel che penso si corrompesse, diventasse per ciò stesso meno vero.

    • izzaldin scrive:

      beh se se la prendono con Battisti io riaprirei anche il caso Sofri no? pensa quanti talk show.

      @Miguel
      Provate a isolarle, ripeterle e chiedetevi che impressione vi fanno oggi:

      classe operaia – attacco – Stato – padroni – lavoro salariato – comunismo – programma – Partito – potere – insurrezione – bandiere rosse – fucili – lotta armata – conquista – dittatura operaia – guerra civile – piombo

      proprio in questo periodo sto leggendo giornali dell’epoca, letteralmente del 1968, e la stragrande maggioranza anche a sinistra si lamenta che queste parole siano ormai vuote. già nel 1968 molti facevano il discorso che fai tu nel 2018, e questi che elenchi per molti sembravano concetti vuoti e artificiali e addirittura antichi. cioè al di là dei comunisti non le usava nessuno già allora e anzi venivano ascoltate con fastidio, come testimonia la canzone che hia postato di appena otto anni dopo

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Izzaldin

        “beh se se la prendono con Battisti io riaprirei anche il caso Sofri no? pensa quanti talk show.”

        Di Battisti non so praticamente nulla.

        A pelle, la mia sensazione potrebbe però essere del tutto errata:

        1) rompere le scatole alla gente per cose successe decenni fa è sbagliato, oltre tutto quando le circostanze sono totalmente cambiate. Non penso che nemmeno nella Nuova Spagna, i conquistatori abbiano istituito tribunali per appurare se quindici anni prima del loro arrivo, qualcuno avesse venerato un idolo o si fosse mangiato un nemico.

        2) capisco, ma non mi piace molto, la complicità tra reduci sessantottini che si esaltano e difendono a vicenda anche loro decenni dopo, definendosi le migliori menti e le più innocenti vittime di tutti i tempi.

        Questi due elementi si annulla a vicenda, per cui ritorniamo a zero punto di vista sul caso Battisti 🙂

    • PinoMamet scrive:

      Non mi si apre!
      che dice?

    • Peucezio scrive:

      Neanche a me.

  10. laverdure scrive:

    La melodia è quella della Varsovienne.

  11. Mario scrive:

    L’altra volta, a lezione, facemmo voto di spiegare la gloriosa Rivoluzione bolscevica; ma poi, inconsapevolmente, deviammo verso i siderei paesaggi teoretico-sapienziali delle rivoluzioni nazionali: autentiche reversioni dell’iter diacronico e fatui lampeggiamenti del mito. Liturgie della potenza, diremmo, innervate da una sana inquietudine europoide.

  12. Francesco scrive:

    A me viene il solito attacco di bile. Voglio la testa di tutti i politici democristiani che hanno reso possibile che nel 1968 qualcuno sparasse ancora simili cazzate!

    Basta dare tutta la colpa al PCI, se questi non sono stati sommersi di risate ma hanno insanguinato l’Italia (e conto anche quelli che hanno menato, non solo quelli assassinati poi).

    Se nel ’68 un simile inno fosse stato seriamente proposto in qualsiasi paese dell’Est europeo, posso presumere che i colpevoli sarebbero stati giudicati dei leccaculo carrieristi dai loro concittadini?

    PS di tutti i cognomi citati, mi pare non ne sia rimasto più nessuno, con il prevedibile danno per l’Italia

    PPS almeno quelli di PotOp sono finiti tutti malissimo o qualcuno adesso sta in RAI o al Corriere?

    • Z. scrive:

      Credo che tu sappia che nessun partito ha operato contro l’estrema sinistra quanto il PCI. In compenso, molti movimentisti finirono nel PSI prima e, di conseguenza, in Forza Italia poi…

      • Francesco scrive:

        sì ma è il PCI che ha importato e tenuto in vita la sovrastruttura ideologica o narrazione o marea di cazzate che sono state la base ideale del ’68 politico e del terrorismo

        come pare siano stati i partigiani comunisti a tenere da parte qualche ferro del mestiere e qualche racconto, a cui si sono abbeverati Curcio e soci

        non basta il cinismo di Togliatti ad assolvere quell’esperienza

        ciao

        • Z. scrive:

          Francesco,

          — sì ma è il PCI che ha importato e tenuto in vita la sovrastruttura —

          No, il PCI era estraneo a quella “sovrastruttura” – e detestato dagli estremisti – sin da quando celebrava ancora Stalin.

          A meno che tu non intenda qualsiasi cosa che abbia a che fare col socialismo, nel qual caso puoi dare direttamente la colpa ad Andrea Costa e ai socialisti dell’Ottocento.

          • Francesco scrive:

            la mitologia della Resistenza, che è l’antenato ideologico diretto del terrorismo italiano?

            il PCI ci sguazzava dentro ancora ai tempi di Berlusconi, dopo che era già morto da tempo!

            • Z. scrive:

              Ah, allora stai descrivendo un’area più ampia ancora, che comprende direttamente – oltre ai socialisti – anche i repubblicani e parte della sinistra DC.

              Peraltro, mi risulta che altri Paesi europei usciti da regimi autoritari abbiano conosciuto – a differenza dell’Italia – epurazioni su larga scala e un trattamento molto meno morbido e perdonista verso i criminali politici.

              Invece in Italia persino nella giustizia e nell’amministrazione vi fu continuità pressoché totale, specie ai vertici: nel 1960, 62 prefetti su 64 erano stati funzionari del regime fascista…

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “nvece in Italia persino nella giustizia e nell’amministrazione vi fu continuità pressoché totale, specie ai vertici: nel 1960, 62 prefetti su 64 erano stati funzionari del regime fascista…”

                Sonon interessanti anche le altre continuità: tra la “casta” pre e quella post-risorgimentale, tra quella “giolittiana” (come pura indicazione cronologica) e quella “fascista”, e tra quella “arcocostituzionalista” e quella attuale.

                Probabilmente con il fascismo avviene una maggiore separazione tra la “casta” vera e i “politici”: immagino che i dirigenti del PNF fossero in buona parte “gente nuova”, che poi è sparita dopo il 1945, e anche da noi i politici di Tangentopoli, almeno quelli in prima fila, sono scomparsi dopo il 1991.

                Ma quelli che hanno un vero potere decisionale restano immutati attraverso tutti i regimi, anzi sono loro che comandano ai politici.

                Un bell’esempio: Orazio Emilio Maria Pucci, caro alla corte del Granduca di Toscana, poi “Maire” di Firenze per il governo napoleonico il tempo di chiudere i conventi di Firenze, comprandone alcuni per se stesso, poi riammesso alla corte dopo la Restaurazione, quando il Papa vendeva i perdoni per gli acquirenti di beni ecclesiastici che non avevano intenzione di restituirli alla Chiesa.

                E oggi i Pucci ci sono ancora: senza dimenticare l’Emilio Pucci aviatore che assieme alla Luftwaffe bombardava le navi alleate nel Mediterraneo, poi nascose i diari della sua amica Edda Ciano, organizzò nel 1951 la prima sfilata di moda di Firenze presso la Villa Torrigiani (i quali erano Priori a Firenze nel Trecento, sindaci nel 1900 e gran maestri della Massoneria).

                I Pucci di Barsento hanno oggi dimora in Palazzo Pucci, in Via Pucci.

                Se non è continuità questa…

              • Miguel Martinez scrive:

                Oppure pensiamo ai Corsini, che hanno la cappella di famiglia proprio dietro al nostro giardino – banchieri già nel 1300, esponenti politici della Firenze repubblicana, vescovi della città, gestori della filiale romana della Banca dei Medici,

                hanno pure un santo e un papa in famiglia,

                Neri Corsini fu di seguito un importante uomo politico sotto i Lorena, sotto Napoleone, di nuovo sotto i Lorena, ministro plenipotenziario per la Toscana al Congresso di Vienna; scivolano nel Risorgimento come niente fosse,

                Tommaso Corsini diventa senatore a vita e sindaco e fonda la Fondiaria Assicurazioni e la Cassa di Risparmio di Firenze che ancora decide le sorti della città,

                suo nipote Tommaso pure lui sotto il fascismo trasforma l’agricoltura nella Maremma e poi come niente diventa deputato dell’Assemblea Costituente che fonda la Repubblica Democratica e Antifascista.

                Oggi hanno uno dei più bei palazzi di Firenze e terre su terre dove cresce il loro vino.

                Quando si dice continuità…

              • Miguel Martinez scrive:

                Ah, dimenticavo di aggiungere che Sant’Andrea Corsini morì e fu sepolto a Fiesole, città di cui era vescovo; ma una notte i carmelitani fiorentini trafugarono la salma che ancora oggi riposa in una scatolina nella Cappella Corsini.

              • Miguel Martinez scrive:

                Sempre a proposito di continuità, la Fondiaria del Principe Corsini si è fusa con l’Unipol, fondata con i soldi sovietici:

                http://www.italian-samizdat.com/2013/01/unipol-la-cassaforte-del-pci.html

                La continuità è anche questo…

              • Miguel Martinez scrive:

                E poi la continuità è anche Giannozzo Pucci, che ha lo stesso cognome del suo avo del Quattrocento per cui Lorenzo il Magnifico commissionò a Botticelli un quadro con la terrificante storia di Nastagio degli Onesti (che è troppo politicamente scorretta pure per me!).

                E che sempre a Palazzo Pucci – a due passi dalla Cassa di Risparmio fondata dal Principe Corsini – tiene aperta una libreria (nata attorno a Don Milani e La Pira) che raccoglie i luddisti della città e della campagna, onore a lui!

                https://digilander.libero.it/cccbaripoli/giannozzo_pucci.htm

              • Roberto scrive:

                Penso alla mia famiglia materna: due ufficiali della marina borbonica, uno dei quali ha bombardato Garibaldi a Palermo

                Con l’unità d’Italia uno finisce in prigione e più o meno se ne perdono le tracce, l’altro diventa ufficiale nella marina del regno d’Italia, e da quel ramo della famiglia discendono una serie di alti funzionari (un console, un capo gabinetto di un primo ministro, un prefetto). Poi con la fine del fascismo finisce tutto, visto che quel ramo rimane fedele fino all’ultimo al regime. La morale mi sembra chiara: chi è fedele scompare, chi pensa a se stesso rimane

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                ” La morale mi sembra chiara: chi è fedele scompare, chi pensa a se stesso rimane”

                E’ interessante vedere la fine che hanno fatto i vari segretari del PNF dopo la guerra:

                https://it.wikipedia.org/wiki/Partito_Nazionale_Fascista#Segretari_del_PNF

                a parte Francesco Giunta, segretario per pochi mesi tra il 1923 e il 1924, tutti scompaiono praticamente nel dopoguerra.

                Mentre, come sottolinea Z, i prefetti (nonché i presidenti delle banche presumo) sopravvivono, a patto ovviamente di pensare a se stessi, come dice Roberto 🙂

              • Z. scrive:

                Miguel,

                credo che qui “pensare a se stessi” c’entri poco.

                Tra quei funzionari ci saranno stati ferventi fascisti, altri più tiepidi, altri ancora indifferenti.

                Negli altri Paesi c’è stata epurazione. In Italia, perdonismo.

  13. Miguel Martinez scrive:

    Scenari mediorientali…

    Il governo turco ha annunciato un’imminente operazione militare a est dell’Eufrate (a quanto pare con bombardamenti mirati, non con truppe di terra), contro i curdi del PKK/YPG, i quali godono di aiuti militari e non americani e sauditi.

    Erdogan ha promesso che non colpirà i soldati americani.

    https://www.yenisafak.com/en/columns/mehmetacet/understanding-the-upcoming-operation-east-of-the-euphrates-in-syria-2046816

    Questo mentre il sovrano del Bahrain annuncia il suo sostegno al trasferimento dell’ambasciata australiana in Israele a Gerusalemme, ed Erdogan chiede l’estradizione in Turchia dei colpevoli dell’omicidio di Khashoggi, per colpire l’Arabia Saudita.

    • Peucezio scrive:

      Magari a Cristo cominciassero a litigare le due maggiori potenze sunnite…

      • Francesco scrive:

        Turchia e Pakistan? e perchè dovrebbero litigare?

        😀

        • Peucezio scrive:

          Pensavo all’Arabia Saudita ovviamente.
          Però, certo, il Pakistan non è un boccone da poco. E purtroppo ha dietro i cinesi.
          Tu guarda un po’ se tutti i non mussulmani-sunniti al mondo, che sono una maggioranza soverchiante, devono stare sotto scacco di questi quattro straccioni…
          E’ difficile non pensare che ci sia qualcos’altro sotto gli equilibri geopolitici.

          • PinoMamet scrive:

            …tipo??

            • Peucezio scrive:

              Per esempio che i tuoi correligionari (e i loro amici anglosassoni evangelici ebrei d’elezione) vedano nell’Islam sunnita l’espressione più perfetta e compiuta dell’ebraismo adattato ai gentili e vogliano imporlo al mondo (col bolscevismo non gli è andata benissimo alla fine; poi oggi la religione è tornata di moda).

              • MOI scrive:

                Il Filoislamismo più o meno latente degli AntiClericali non lo cede solo chi non vuol vederlo … ma è cosa avveduta come curarsi un’ emicrania sparandosi a una tempia ! 😉

              • MOI scrive:

                non lo “vede” … e.c.

              • PinoMamet scrive:

                questa Peucè, lascialo dire, è una delle teorie più fantasiose che abbia sentito!

              • mirkhond scrive:

                Così come la sessuofobia di sinistra! 🙂

              • Peucezio scrive:

                L’antiberlusconismo l’ho inventato io…

              • Z. scrive:

                E la macchina a vapore? pure quella l’hai inventata tu?

                ti credevo meno anziano 😀

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Ma i palestinesi non sono in maggioranza sunniti? E gli israeliani vogliono palestinesizzare il mondo?

              • Z. scrive:

                Beh, se i comunisti vogliono diffondere il capitalismo…

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                diciamo il letteralismo sunnita integralista.

                Ad ogni modo i Palestinesi mica sono un problema di per sé per gli Israeliani. Se li sono trovati di mezzo e li hanno cacciati a calci dalle loro terre. Capirai che problema…
                Ma certo non sono ostili alla religiosità sunnita dei Palestinesi.
                Ma, soprattutto, non sono ostili all’Arabia Saudita, all’ISIS, ad Al Quaeda, ai wahabiti e Salfiti, mentre a chi sono ostili? A Hezbollah, ad Assad, al regime iraniano.
                L’unica eccezione che concedo è Saddam, ma Saddam era un laicista, non certo uno statista islamista sunnita: era questo il problema.

                Ma il punto non è nemmeno tanto l’affinità teologica in sé fra Sunna ed ebraismo, che comunque pesa molto.
                E’ che l’integralismo sunnita contemporaneo (non certo l’Islam sunnita nella storia) è una concezione sradicante, che vuole un mondo di plastica stile Arabia Saudita, vuole trasformare tutto in un immenso centro commerciale, dove non ci sono più popoli, storia, rapporti con i luoghi, comunità, cose sacre.
                Ed è esattamente ciò che perseguoo gli ebrei da sempre.

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                parla uno che vota da sempre i post-comunisti, proprio in quanto neoliberisti e sostenitori del mercato e della finanza.
                Mica ti voglio meno bene per questo, ma non venirmi a negare che voi comunisti siete filocapitalisti, se noi sei un mistificatore matricolato! 🙂
                Poi sono io quello che non parla del mondo reale…

              • Z. scrive:

                Quindi il comunismo e il capitalismo sono la stessa cosa.

                E vabbè 🙂

              • Peucezio scrive:

                A livello teorico no, ma le idee camminano sulle gambe degli uomini.

                E comunque fanno sempre parte della parabola borghese, rivoluzionaria, giacobina. Sono solo due facce della dissoluzione.

              • PinoMamet scrive:

                Peucè, da dentro, mi pare che le cose stiano proprio all’opposto di come le dici tu.

                I palestinesi sono un problema per gli israeliani proprio in quanto palestinesi cioè abitanti e rivendicatori della stessa terra.
                La religione c’entra fino a là, e in ogni caso gli israeliani stanno sostenendo le minoranze cristiane (da poco), druse e baha’i (da sempre) insomma tutti tranne i sunniti.

                Gli israeliani poi vedono da sempre come il fumo negli occhi i paesi arabi a maggioranza sunnita, e sono tuttora convintissimi che il Qatar sia uno dei grandi finanziatori di Hamas, movimento sunnita altrettanto odiato di Hezbollah.

                Invece dell’Iran sciita si pensava un gran bene finché c’era lo shah, e in fondo il mondo persiano, sin dai tempi di Ciro il Grande, è un grande sostegno per gli ebrei;
                mentre il rapporto con i fratelli di lingua semitica è assai più burrascoso…

                e tuttora gli israeliani pensano (se devo semplificare riportando il pensiero dell’uomo della strada, per quanto mi risulta parlando con amici e conoscenti9 che i persiani siano in fondo un popolo progredito e studioso, che farebbe grandi cose se non avessero lo sfiga di un regime integralista;
                e che, liberatosi di questo, diventerebbero amiconi di Israele;

                invece degli arabi, specialmente di quelli della penisola arabica, pensano che sono dei sottosviluppati (questo lo pensava anche un conoscente arabo iracheno, a dire il vero).

              • Miguel Martinez scrive:

                Per pinomamet

                “Peucè, da dentro, mi pare che le cose stiano proprio all’opposto di come le dici tu.”

                Immagino che tu abbia ragione.

                Colpisce però l’accanimento del governo israeliano contro l’Iran.

                Che certo fa una retorica antisraeliana dal 1979, ma non più di qualunque altro paese islamico; e nei fatti è infinitamente più flessibile e diplomatico dei paesi arabi.

                Inoltre, l’Iran è pure di un’altra lingua e di un’altra mezza religione dai palestinesi, per cui li può influenzare fino a un certo punto.

                E oggettivamente, in Siria, Israele sostiene i fondamentalisti sunniti e comunque impedisce al governo siriano di attaccare l’ultima fortezza dell’Isis verso il Golan, mentre sono anni che intesse rapporti diplomatici con l’Arabia Saudita.

                Non condivido le motivazioni astratte che Peucezio attribuisce a questa strategia, ma è difficile negare che nei fatti esista.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                ma non è che magari ti riferisci più all’uomo comune che hai decisori israeliani?
                Insomma, sul piano geopolitico ammetterai che è come dico io, cioè è in atto uno scontro fra il mondo sunnita (essenzialmente Arabia Saudita, monarchie del Golfo e Turchia) e quello sciita (Iran, Hezbollah, Assad) ed è chiarissima la posizione di Israele in merito.
                Che poi tanta gente comune non sia stupida e capisca che l’Arabia Saudita è una merda e l’Iran un paese di gente colta ed evoluta è un altro conto.

              • PinoMamet scrive:

                “Insomma, sul piano geopolitico ammetterai che è come dico io, cioè è in atto uno scontro fra il mondo sunnita…”

                Ma questo è un punto di vista puramente strategico, contingente.

                Israele non ha alcuna preferenza ideologica per il mondo sunnita rispetto a quello sciita;
                tantomeno rispetto a quello europeo/cristiano…

                semplicemente, nel gioco delle alleanze e degli equilibri mediorentali, l’Arabia Saudita e altri paesi dell’area si stanno muovendo verso l’apertura a Israele (mentre la Turchia, parimenti a maggioranza sunnita, si è spostata su posizioni anti-israeliane abbastanza nettamente).

                Da un punto di vista della pratica religiosa, è vero che l’Islam (non sottilizzerei troppo tra le varie correnti…) assomiglia all’Ebraismo forse più che il Cristianesimo;
                mentre dal punto di vista culturale, della visione del mondo, sociale ecc. gli ebrei di oggi sono assolutamente allineati con i cristiani.

                Che i rabbini, o Israele (che già sono due realtà diverse) vogliano che il resto del mondo si adegui a una visione “sunnita” è una pura e semplice fantasia.

              • PinoMamet scrive:

                “Colpisce però l’accanimento del governo israeliano contro l’Iran.”

                è vero, ma l’Iran è un paese che da solo o quasi potrebbe avere la bomba nucleare;
                non è detto che sia veramente a un passo dall’averla come sostiene Netanyahu ogni tre per due; ma potrebbe esserci.
                ha degli ingegneri capaci, ha una tradizione di potenza, ha una profondità strategica di territorio che manca completamente a Israele, è l’unico competitore serio all’Arabia Saudita nel controllo “religioso” dei luoghi islamici, arma e sostiene Hezbollah e la Siria…

                è una potenza storica, mentre le dinastie arabe sono tutte più o meno dei cammellai miracolati dagli inglesi e dal petrolio.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per PinoMamet

                “è una potenza storica, mentre le dinastie arabe sono tutte più o meno dei cammellai miracolati dagli inglesi e dal petrolio.”

                Sì, questo ci sta… infatti Israele è stato molto ostile all’Iraq, paese arabo “non cammellaio”, tanto che mi ricordo di aver letto molti anni fa un libro di uno scrittore arabo, credo algerino, che sosteneva che ci fosse una segreta alleanza israelo-iraniana antiaraba.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                “Ma questo è un punto di vista puramente strategico, contingente.”

                Ma la mia sfida è proprio questa. Far notare come nulla sia causale e a delle posizioni apparentemente contingenti legate a ragioni tattiche, corrispondano delle affinità metastoriche e spirituali.
                Potrei chiederti, invertendo lo schema, ma la sostanza non cambia, perché i Sauditi vanno così d’accordo con Israele, cioè con quelli che dovrebbero essere gli odiati oppressori dei correligionari (e connazionali: sempre arabofoni sono) palestinesi.

                “[…] dal punto di vista culturale, della visione del mondo, sociale ecc. gli ebrei di oggi sono assolutamente allineati con i cristiani.”

                Per forza, perché i cristiani non sono più cristiani. Altrimenti col cavolo che sarebbe possibile (tranne coi fondamentalisti evangelici)!
                Immaginati Israele che va d’accordo con teocrazie cattoliche, con papi crociati.

                “Che i rabbini, o Israele (che già sono due realtà diverse) vogliano che il resto del mondo si adegui a una visione “sunnita” è una pura e semplice fantasia.”

                Beh, non ce lo vengono mica a dire.
                Poi ci sono correnti quasi inconsce, affinità profonde, che trascendono le volontà esplicite e chiare degli individui, ma che agiscono a livelli istintivi, come quando ci si innamora di una donna senza sapere perché (ma il perché c’è sempre).

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Far notare come nulla sia causale e a delle posizioni apparentemente contingenti legate a ragioni tattiche, corrispondano delle affinità metastoriche e spirituali.”

                Vediamo…

                I nemici dei turchi sono:

                veneziani, greci, bulgari, serbi, russi, georgiani, armeni, curdi, iraniani, arabi, israeliani, americani.

                Gli amici dei turchi sono… boh… i kosovari, i ceceni, gli uighuri (che significa farsi nemici un miliardo e passa di cinesi) e secondo i turchi, i sioux.

                Quindi, alleanza metafisica di Serbia, Stati Uniti, Arabia Saudita e centri sociali italici filocurdi.

              • PinoMamet scrive:

                Le tette, Peucè, le tette 😉

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                ma la Turchia è collaterale in questo, non è espressione del letteralismo sunnita: la Turchia è molto spregiudicata, fa la sua politica nazionalista-imperialista, con continui cambiamenti di fronti e qualche costante.

                Io parlo soprattutto dell’amore assoluto che hanno gli strateghi e i decisori occidentali verso l’Arabia Saudita.

                (E lì credo che le tette non c’entrino 😛
                Scherzi a parte, Pino, cosa, più delle tette, esprime metafisicamente l’essenza della femminilità? Vedi che ci ho ragione? :-P)

              • PinoMamet scrive:

                Peucè, col tuo metodo si può semplicemente attribuire qualunque cosa a chiunque 😉

                quanto a quello che ci dicono i rabbini, a me dicono gli orari di quando comincia e finisce Shabbat e quale marca di biscotti ha ricevuto o perso la certificazione kasher;

                e queste interessano a loro molto di più di una improbabile diffusione della mentalità wahabita in Europa…
                😉

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                il mio non è un metodo, sono intuizioni e collegamenti empirici semplici.
                L’alleanza geopolitica di cui ti ho detto non l’hai negata. Tu gli dai una spiegazione, io un’altra. Sono entrambe petizioni di principio indimostrabili.

                Io non ho mai parlato di rabbini.
                Ho parlato di decisori. Di centrali di potere. Sarebbe come confondere i Rothschild con l’ultimo predicatore evangelico del Wisconsin o il rabbino ucraino di provincia.

                Però a me pare evidente che i centri di potere statunitensi (ed ebraici, strettamente collegati) abbiano un’avversione per le realtà comunitarie, radicate, con una loro fisionomia storica.
                Cercano ovunque di sconvolgere assetti con una loro struttura, di destrutturarli.
                Ma d’altronde è insito nel modello consumista: come fai a vendere merce standardizzata a villaggi con una loro economia di sussistenza relativamente autonoma o a città dove un forte retroterra culturale fa sì che la gente distingua, abbia gusti ricercati, legati anche alla propra storia, ecc.

                In tutto ciò c’è sicuramente una dinamica interna delle società semitiche, in cui si continuano a creare organizzazioni e strutture stanziali con un loro radicamento e una loro complessità nei territori fluviali più irrigabili e arrivano continuamente i beduini del deserto a buttare tutto per aria violentemente, livellare tutto, con loro trascendentismo astratto e, alla lunga, creano strutture accentrate, omologanti: l’hanno fatto gli accadici, i babilonesi, gli assiri, i neobabilonesi, gli arabi, oggi lo fanno gli integralisti sunniti, finanziati guardacaso dallo scatolone di sabbia rappresentato dall’Arabia Saudita (che non ha mai prodotto nulla nella storia), destrutturando realtà di cultura plurimillenaria e plurale come l’Iraq e la Siria.

                Ma in questa dialettica l’Occidente di oggi si inserisce perfettamente, alleandosi organicamente con i distruttori.

              • Peucezio scrive:

                Deserto contro fiumi.
                E’ lì la chiave
                E mari (che sono deserti liquidi) contro masse continentali (Cartagine contro Roma).
                Nomadismo contro stanzialità, destrutturazione contro struttura, omologazione contro pluralismo, trascendentismo astratto contro immanentismo e senso del sacro.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Nomadismo contro stanzialità, destrutturazione contro struttura, omologazione contro pluralismo, trascendentismo astratto contro immanentismo e senso del sacro.”

                Bisognerebbe studiare casi al di fuori del “nostro” mondo con le sue passioni: cominci a tirare in ballo ebrei, Attila, i saraceni, non sai dove vai a finire 🙂

                Pensiamo ad esempio, invece al rapporto tra Mexica e Chichimeca nel Messico precolombiano; o tra pastori e contadini in Sicilia nell’Ottocento.

                Poi è facile girare i discorsi verso qualunque cosa faccia comodo alla nostra tesi.

                Ad esempio, la Bibbia esalta Abele il pastore contro Caino il Cittadino. Però è anche vero che il giudaismo nasce tra villaggi di contadini molto stanziali, terrorizzati dai nomadi, con un tempio che è quanto di più stanziale ci possa essere. Poi è vero che gli ebrei si “disperdono”, ma si disperdono sempre nelle città. Però è anche vero che ci fu una regina berbera ebrea. Però è anche vero che…

                Poi il grado di “struttura” cresce certamente, dal deserto ai campi alla città: cioè dalla tenda alla pieve al duomo.

                Però come la mettiamo con i tempi? Il nomadismo in Medio Oriente almeno è successivo all’agricoltura, il cammello è l’ultimo animale a essere addomesticato.

                E poi, è dalla città, la forma suprema di struttura e di pluralismo, che nasce la “modernità”.

              • Peucezio scrive:

                Diciamo pure: paleolitico contro neolitico.

              • PinoMamet scrive:

                Guarda, Peucè, ti ripeto:

                secondo me, se proprio vogliamo parlare di “grandi manovre” storiche (dico così per brevità), le cose sono proprio all’opposto. Deserti e mari non c’entrano niente.

                L’ossessione in positivo o in negativo di Israele antico e moderno per i Persiani, antichi e moderni, è facilissima da spiegarsi:
                i Persiani erano e in buona misura sono ancora l’unico grande superpotere locale, economico, politico e culturale.

                Gli Achemenidi agiscono da protettori degli Ebrei e li liberano dalla “schiavitù babilonese”, permettendo la ricostruzione del Tempio
                (o la sua costruzione, secondo alcuni).
                Ma gli Ebrei non se ne vanno mica dall’area babilonese e dall’area persiana:
                e infatti li troviamo stanziati lì ancora ben dopo, e ci rimangono.

                (Io ritengo anche che l’Ebraismo abbia preso, ssst, qualcosina dallo Zoroastrianesimo)

                Ogni tanto qualche sovrano, come il primo dei Sasanidi che riscopre l’antico nome di Artaserse (ora pronunciato Ardashir) se la prende con le altre religioni;
                ma nel complesso gli ebrei vivono con i persiani assai bene, e ci deve essere stato un interscambio proficuo di idee e di popolazioni, di cui resta qualche traccia nella letteratura ebraica (in quella persiana non saprei).
                Alcuni regali personaggi persiani nelle leggende ebraiche, altri sicuramente nella storia, hanno origini o parentele ebraiche.

                Il Talmud del resto appare in due versioni, una compilata nella Palestina bizantina, l’altra, la più completa e prestigiosa, nell’Iraq dominato dai Sasanidi e di cultura ormai “persizzata”:

                un passo che sanno tutti: è proibito occuparsi di materie profane, a maggior ragione sacre, nei bagni;
                fanno eccezione i “bagni persiani” perché particolarmente puliti.

                Insomma, la Persia e immediata adiacenze è un’area culturalmente significativa e importante per gli ebrei;

                l’Arabia molto meno: la penisola araba è fondamentalmente un grosso deserto in cui vivono i disprezzati parenti poveri e ignoranti, i discendenti di Ismaele.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                ogni schema ovviamente va complessizzato enormemente perché dia conto della varietà del reale.

                Sulle città, va chiarito che non necessariamente le contrappongo ai nomadi, anzi, le megalopoli accentrate e alienanti (e c’erano anche nell’antichità) sono più simili in un certo senso al mondo nomadico che a quello stanziale di villaggio.

                “Però come la mettiamo con i tempi? Il nomadismo in Medio Oriente almeno è successivo all’agricoltura, il cammello è l’ultimo animale a essere addomesticato.”

                Questo però proprio non mi risulta.
                Gli stessi semiti accadici e poi gli amorrei (cioè i cosiddetti babilonesi e assiri), se in origine, almeno nella Mesopotamia meridionale c’erano i Sumeri, vuol dire che lì ci sono arrivati, quindi si muovevano.
                In generale la struttura gentilizia delle popolazioni semitiche, diversa da quella più accentrata e vagamente teocratica delle città-stato sumere, è compatibile con una società di pastori nomadi, non certo di contadini stanziali.
                E non è che senza cammello non ci si possa spostare: i Germani mica avevano i cammelli! 🙂
                Ma nemmeno i paleolitici, che pure non avevano addomesticato il cavallo.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “E non è che senza cammello non ci si possa spostare: i Germani mica avevano i cammelli!”

                Veramente i grandi nomadi erano gli indoeuropei, con i loro buffi carretti di legno tirati da cavalli che andavano su e giù per la steppa e poi cominciavano a coltivare i campi (https://vucedol.hr/).

                Ma i cavalli in Medio Oriente ci campavano male; e i cammelli – pur addomesticati attorno al 2000 a.C. per la prima volta – divennero numerosi solo attorno al 700 a.C., quindi molto dopo la nascita delle grandi culture semitiche.

                Quindi abbiamo PRIMA culture semitiche sedentarie (pensiamo allo Yemen ad esempio), POI roba nomade.

              • Miguel Martinez scrive:

                Mi colpisce quanto poco ci si interessi, in genere, degli indoeuropei.

                Sono proprio rimossi: quelli “di sinistra” (scusate la semplificazione assurda) apprezzano gli ebrei, tollerano i musulmani, ce l’hanno con i nazisti che parlavano degli “ariani” che non si sa cosa voglia dire.

                Quelli “di destra” ce l’hanno con i semiti (ebrei, musulmani…), sono vagamente “cristiani”, al massimo filo-impero romano.

                E quasi nessuno pensa all’immenso, affascinante, mondo degli antichi indoeuropei, che pure sono alla radice (come dice il nome) dell’Europa e dell’India.

                Non so nemmeno se vengono citati a scuola.

                Esiste uno straordinario studio di David W. Anthony The Horse, The Wheel and Language, che non è nemmeno stato tradotto in italiano, mi pare.

                Cioè, zero libri in italiano (recenti e scientificamente attendibili) sugli indoeuropei… quanti libri ci sono sul Medio Oriente, sugli ebrei, sui semiti?

              • PinoMamet scrive:

                I Sumeri Peucè non erano semiti e non si sa neanche bene come siano arrivati in quella zona, come altri popoli, tipo gli Elamiti…

                spostarsi, ci si può spostare in tanti modi… pensa a certi nativi nord-americani e ai loro travois tirati dai cani… 😉

              • PinoMamet scrive:

                “Non so nemmeno se vengono citati a scuola.”

                Per essere citati lo sono; poco e male.

                Qualche libro di Storia li presenta, in prima, per dire che le teorie dei nazisti erano sbagliate;
                poi, la pagina dopo, le ripropone più o meno uguali 😉

                tra tutti i libri di Storia- Italiano- Latino_Greco che li citano a proposito del gruppo linguistico o dell’origine di vari popoli, direi che pochissimi evitano di fare confusione tra i concetti di popolo, di lingua, e di “razza” o di genetica che è la versione moderna.

                In generale dal pochissimo che si legge se ne ricava l’idea di un popolo di conquistatori nobili;

                o perlomeno la si ricaverebbe, ma gli studenti per fortuna la dimenticano il giorno dopo 😉

                esattamente la stessa cosa di quanto avviene per le caste in India: praticamente tutti i libri di scuola che ho letto presentano i quattro Varna, che non sono le caste.

                Penso che chi scrive i libri di Storia, invece di copiare gli altri libri sugli argomenti che non conosce (“tanto sono popoli strani, vaffa”) dovrebbe chiedere agli specialisti dei vari settori, ogni tanto 😉

                Gli indoeuropei più indoeuropei secondo me sono i Tocarii, almeno come habitat e forse come abitudini di vita;
                totalmente ignorati dai libri di scuola, direi.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                mah, non so, ci sono tanti fascisti iperborei vagamente evoliani che degli indoeuropei parlano eccome. Però, sì, sono finomeni minoritari, un po’ alla Sizzi.
                Sai, hanno paura di essere presi per nazisti.
                Comunque qualcosa c’è: non hai letto il bellissimo

                Villar,
                Gli indoeuropei e le origini dell’Europa: lingua e storia
                Einaudi
                (tradotto dall’orginale spagnolo)
                ?

                Se non l’hai fatto, vallo immediatamente a comprare! 🙂
                Lo trovi in qualsiasi libreria.
                Anche lì parla diffusamente del cavallo.

                Ovviamente ho ben presente le cose di cui parli (tranne alcuni dettagli, ma neanche tanto dettagli), come la storia dello Yemen.
                Ma, insomma, se allevi ovicaprini nel deserto, che sia con gli onagri, a piedi o come cacchio vuoi tu, che fai, non ti sposti? Io mica pensavo appunto alle impetuose migrazioni degli indoeuropei sui loro cavalli, ma anche a forme di nomadismo più lento.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “non hai letto il bellissimo

                Villar,
                Gli indoeuropei e le origini dell’Europa: lingua e storia
                Einaudi”

                Certo che me lo sono letto 🙂 Avrei dovuto citarlo.

                E adesso tu leggiti David Anthony. In anglo-indoeuropeo 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Ma, insomma, se allevi ovicaprini nel deserto, che sia con gli onagri, a piedi o come cacchio vuoi tu, che fai, non ti sposti? Io mica pensavo appunto alle impetuose migrazioni degli indoeuropei sui loro cavalli, ma anche a forme di nomadismo più lento.”

                Guarda che non sto negando il senso fondamentale di ciò che dici.

                Ad esempio, condivido in pieno la distinzione tra pluralismo e omologazione, tra trascendenza (“Geist”) e sacro (“Seele”).

                E’ una riflessione profonda, che se portata sino in fondo ci porterebbe a delegittimare l’intero sistema in cui viviamo.

                Ma credo che i singoli esempi che citi a sostegno di questa tesi andrebbero riveduti radicalmente: li trovo esempi di pigrizia mentale, di ripetizione di vecchi stereotipi, perdonabili perché sono “cattivi” e politicamente scorretti, ma non per questo esatti storicamente.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                grazie, lo so benissimo che i Sumeri non erano semiti: sta proprio lì la base del mio discorso.
                L’idea è che su un fondo culturale ed etnico di agricoltori, originariamente non semiti, si sono innestate via via ondate di pastori nomadi semiti, che si sono ogni volta stanzializzati, per essere ritravolti da altri semiti rimasti ancora nomadi e così via, in un ciclo che si è ripetuto svariate volte.

                Due domande invece:
                – mi chiarisci il punto delle caste? Anch’io pensavo che fossero le quattro famose (sacerdoti, guerrieri, lavoratori e paria, che però sono fuori casta, quindi sarebbero tre in realtà).

                – Perché i Tocari? Ne sappiamo così tanto di loro? Io credevo si sapesse solo che erano buddisti…

              • PinoMamet scrive:

                Le caste:
                in origine non c’erano.

                Cioè, beh, c’era la solita struttura tripartita di diversi popoli indo-europei, applicata poi a una popolazione pre-esistente non indoeuropea.

                I viaggiatori greci già notano che la società indiana tende a essere divisa in gruppi semirigidi, ma quelli che descrivono hanno ben poco a che fare con i quattro Varna che conosciamo tutti.

                Questi nascono- probabilmente anzi sicuramente ripescando idee precedenti- in una forma ideale come reazione alla diffusione del Buddhismo come “religione di Stato”:
                i brahmani, riacquistato il potere, si trovano nella situazione di dover regolare una società profondamente cambiata, nella quale molti gruppi (come i famosi Kshatryia) erano semplicemente estinti, mescolati o sostituiti da altri.

                Se ne escono con una visione rigida, ma teorica, quella dei Varna appunto, che tentano di applicare poi ai veri gruppi etno-socio-linguistici dell’India.

                La distinzione tra i Varna comunque all’inizio sembra essere stata confinata più che altro ai trattati teologici e ai miti, e con una certa elasticità.

                Poi opgnuno dei vari gruppi sociali, variabili da luogo a luogo, riesce a inserirsi in un “varna” (non è detto che gli altri gruppi sociali siano d’accordo) e queste sarebbero le famose “caste”…

              • PinoMamet scrive:

                Nell’India del Sud, per dire, esisterebbero stretto rigore solo due “Varna”, brahmani (in oparte originari del Nord) e “sudra”;
                ma in realtà ci sono gruppi che reclamano di essere Kshatrya, Vaishyai ecc.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                “Guarda che non sto negando il senso fondamentale di ciò che dici. ”

                D’accordo, ma dovresti entrare nel merito.
                Io ho letto Liverani, ma, insomma, non è che sono uno storico dell’antico Vicino Oriente.
                Ma ti ri-chiedo: tu dici che i pastori del deserto erano stanziali? Non sono un antropologo, ma mi chedo che senso abbia restare stanziale nel deserto con le capre.

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                — A livello teorico no, ma le idee camminano sulle gambe degli uomini. —

                Ed erano uomini profondamente diversi, ancora più di quanto le ideologie lo fossero tra loro. Almeno in Italia (nel senso che in Italia il termine “comunista” ha assunto un significato diverso che nel resto del mondo occidentale, e a questo si limita la mia esperienza diretta).

                — E comunque fanno sempre parte della parabola borghese, rivoluzionaria, giacobina. Sono solo due facce della dissoluzione. —

                Beh, il socialismo nasce certamente come reazione alla borghesia, così come il fascismo nasce come reazione al movimento socialista (intendo reazione in senso letterale, nel senso di risposta energica).

                Ma questo non ne fa due facce della stessa medaglia: al massimo, ne fa due delle facce dell’Ottocento e del Novecento, rispettivamente, tra molte altre facce.

              • PinoMamet scrive:

                A proposito di ebrei:

                un mio amico ebreo (da Israele) si premura di fotografare il suo albero di Natale, il giorno 24, e di augurare Merry Christmas (il perché mi sfugge, ma ok), e un altro, da New York, mi manda gli auguri di Natale con un filmatino di Lino Banfi che si abbuffa…
                😉

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                che c’entra, ma sempre all’interno del paradigma borghese.
                Mica vorrai sostenere che Marx, Lucács, ecc. fossero degli operai.
                E comuque sono espressione della modernità rivoluzionaria e giacobina, della sovversione della religione e dell’ordine d’Ancien Régime (in Russia poi è stato esattamente questo: non è stata certo una reazione alla borghesia, ma allo zar, all’aristocrazia e, aggiungo, alla Russia popolare coi suoi pregiudizi antisemiti, la sua religiosità ortodossa, ecc.).

                Ti posso dare una parte di ragione per l’Italia, dove il comunismo si è innestato in certe tradizioni comunitarie tradizionali, specialmente nell’Italia centrale.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Peucezio, Marx si inserisce (razionalizzando) in una corrente di pensiero nata con il sindacalismo. Ed i sindacalisti non erano (e non sono) propriamente borghesi. Fare come fai tu, cioè teorizzare sulla storia della sinistra prescindendo dalla componente sindacale, è come scrivere un trattato sulla panetteria prescindendo dall’esistenza della farina.

              • Peucezio scrive:

                A parte che bisogna vedere quanto i sindacalisti non fossero borghesi.
                Ma poi solo i borghesi avevano gli strumenti culturali per sviluppare sistemi di pensiero, teorie, ideologie…
                Il sindacalista operaio al massimo è un tipo pratico, che capisce che i lavoratori, organizzandosi, possono fare pressione sul datore di lavoro. E se impara un po’ di teoria, è leggendola su libri, scritti da gente istruita, cioè, per l’appunto, borghese.

              • Peucezio scrive:

                L’essenza del marxismo sta nella sovversione ebraica. La difesa dei lavoratori è un pretesto.
                E l’appartenenza etnica di tutti i più importanti capi e teorici del marxismo sta a testimoniarlo. Il comunismo è un’emanazione dello spirito ebraico, il resto sono dettagli, aspetti secondari.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “E l’appartenenza etnica di tutti i più importanti capi e teorici del marxismo sta a testimoniarlo.”

                Direi che testimonia uno stato di profonda agitazione tra gli intellettuali nati in famiglie ebraiche tra la Russia e la Germania (con qualche ricaduta nell’emigrazione negli Stati Uniti e in Argentina),nel periodo 1880-1930.

                Non penso che il comunismo inglese, italiano, cinese, sudanese, francese, spagnolo, greco, jugoslavo, vietnamita, iracheno, iraniano, cambogiano, turco o mongolo abbiano avuto particolari influenze ebraiche.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                che poi certe riflessioni sulla componente ebraica del movimento rivoluzionario del primo Novecento sarebbero anche interessanti, se venissero fatte in manier bilanciata. La percentuale di persone di origine ebraica nel movimento comunista dell’Europa orientale (ex-Russia, ex-Austro-Ungheria, Germania), nei decenni fino al 1940 circa, è talmente alta da non poter essere casuale.

                Negare questo semplice fatto porta alla semplice censura, che non fa bene a nessuno.

                Molto più interessante è cercare di capire le vere dimensioni, i limiti e le cause del fenomeno, come ha fatto Johannes Rogalla von Bieberstein nel suo libro “Jüdischer Bolschewismus”, che metterei accanto al saggio di Amy Chua, “L’età dell’odio”, sul rapporto tra etnicità cinese e rivoluzioni nel sudest asiatico.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Negare questo semplice fatto porta alla semplice censura, che non fa bene a nessuno.”

                Un esempio interessante è il nostro quartiere. Interessante perché ci permette il distacco intellettuale: parliamo di un secolo fa, e oggi nessuno ce l’ha con gli oltrarnini.

                Devo controllare le statistiche, comunque cent’anni fa erano all’incirca queste: un abitante su cinque era pregiudicato. Visto che i bambini erano tanto e non imputabili e le donne tiravano la carretta per tutti, possiamo tranquillamente dire che quasi tutti i maschi adulti del quartiere erano pregiudicati.

                Era il principale problema di Firenze, e infatti tutti i riformatori liberali poi diventati fascisti avevano il progetto di sventrare questo quartiere, di distruggere le casette che producevano solo tubercolosi e delinquenza.

                Per fortuna l’incompetenza burocratica ha impedito ai riformatori di fare alcunché, ma questa è un’altra storia: ciò che mi interessa nel nostro contesto è come un fatto statisticamente reale non possa essere semplicemente nascosto sotto il tappeto, gli oltrarnini erano davvero un branco di violatori della legge.

                E su questo, potremmo fare un sacco di teorie: magari erano così perché erano discendenti di immigrati, o perché erano discendenti dei poliamori di Boccaccio e Dante, o perché erano i primi cristiani di Firenze, o perché erano poveri, o perché erano devoti di San Rocco, ma tutte le singole teorie possono essere facilmente messe in crisi facendo confronti con altre realtà.

                Fatto sta che i pochi oltrarnini autoctoni ancora in giro, sono effettivamente più o meno tutti pregiudicati, a differenza degli immigrati 🙂

              • Z. scrive:

                Peucè,

                pressoché ogni idea, nell’ultimo secolo e mezzo, è nata dalla “borghesia”.

                Il marxismo sovietico, il nazismo, il liberalismo contemporaneo, il leghismo, il grillismo, lo yippismo, lo yuppismo, il socialismo democratico…

                Ma anche qualsiasi altro tipo di produzione culturale

                Tu sei un borghese, lo è Miguel, e nel mio piccolo lo sono persino io. O almeno vorrei esserlo 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “Tu sei un borghese, lo è Miguel, e nel mio piccolo lo sono persino io. O almeno vorrei esserlo ?”

                Riflessione molto profonda e interessante, grazie!

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                “Non penso che il comunismo inglese, italiano, cinese, sudanese, francese, spagnolo, greco, jugoslavo, vietnamita, iracheno, iraniano, cambogiano, turco o mongolo abbiano avuto particolari influenze ebraiche.”

                Questo sostanzialmente è vero (poi bisognerebbe vedere i singoli casi).
                Io credo che sia stato ebraico soprattutto il marxismo originario, quello dalla portata più rivoluzionaria. Poi è chiaro che Mao non c’entra nulla con gli ebrei.
                Io credo comunque non si sia trattato di un fenomeno contingente: la tendenza all’astrattezza, al trascendentismo, insomma, a rafforzare tutto ciò che va nel senso dello sradicamento, dell’anticomunitarismo, del superamento delle tradizioni, di un razionalismo astratto, anonimo, è in qualche modo tipica della maggior parte delle dottrine ebraiche; per meglio spiegarmi, di quelle che intellettuali ebrei hanno sviluppato per i gentili, non come dottrine interne alla comunità ebraica, spesso in totale buona fede.
                Tali tratti accomunano cristianesimo, capitalismo borghese (lì è ebraica non l’elaborazione teorica, ma la pratica), marxismo, psicoanalisi, scuola di Francoforte, cc. ecc., fino al liberalismo radicalmente anticomunitarista di Popper, di cui Soros è l’erede.
                E comunque ci sono molti ebrei, indipendentemente dall’aver elaborato sistemi di pensiero organici, come autori, giornalisti, pubblicisti, studiosi operano nel senso sempre di sovvertire i valori e le tradizioni delle società e diffondere idee materialiste, progressiste e nichiliste (ovviamente non tutti gli ebrei operano in questa direzione).
                Insomma, tutto questo indica, se non un progetto (il progetto, se mai c’è stato, e in qualche frangente credo di sì, è una conseguenza), un’indole ancestrale, plurimillenaria.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                sull’Oltrarno,
                beh, ma si sa che in non pochi casi i quartieri oltrefiume sono i più popolari, socialmente marginali, quindi anche quelli in cui può allignare la devianza sociale e la criminalità.
                Trastevere è un quartiere popolare, a Siviglia addirittura Triana è il quartiere gitano…

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “beh, ma si sa che in non pochi casi i quartieri oltrefiume sono i più popolari”

                Infatti, per questo cito Amy Chua.

                Riuscire ad applicare modelli antropologici anziché moralistici ai rapporti tra comunità è molto utile.

                Tra l’altro, un caso mi ha sempre colpito fu la guerra civile malesiana, 1948-1960, e il ruolo dei cinesi.

              • Z. scrive:

                (non so perché “yippismo” anziche “hippismo”. Boh. Chissà come mi è uscito!)

  14. mirkhond scrive:

    A proposito di rivoluzione

    Perchè in Italia la rivoluzione non si farà mai, di Massimo Fini:

    L’eterno generone romano

    Basta entrare in un “salotto” romano per rendersi conto che in Italia non si farà mai la Rivoluzione. Né le riforme. Né nulla di serio. Basta entrare in una di quelle stupende case –belle come solo a Roma possono essere- e vedervi prestigiosi uomini politici variamente intrecciati con palazzinari, mafiosi d’alto bordo, giornalisti dall’aria di manutengoli, cocottes, scrittorucoli del Corriere della Sera, fotografi alla moda, pubblicitari e parassiti di tutte le risme, per capire com’è conciata l’Italia. Quando vedi il parlamentare che, appena lanciate durissime accuse contro la mafia, ammicca complice al palazzinaro notoriamente legato ad ambienti mafiosi, ti rendi conto che le polemiche, gli attacchi, i furibondi scontri, gli scazzi ideologici di cui i giornali quotidianamente ci informano, non sono che lo spettacolo della democrazia, la commedia della democrazia, ma che la realtà è qui: nel salotto.

    Ci sono qui, nel salotto, una complicità, uno sbraco, una mancanza di tensione morale e ideale, così veri, così evidenti, così sinceri che non è proprio possibile farsi illusioni. Qui, nel salotto, parole come classe operaia, lotte, giustizia, uguaglianza, libertà perdono ogni senso e quando vengono dette –perché, pur spudoratamente, vengono dette- acquistano un significato grottesco e di scherno.

    E’ l’eterno “generone” romano, quello che si abboffava intorno a Ciano, che eternamente si riproduce e che adesso si abboffa intorno alla democrazia. Ai simulacri della democrazia. Nulla è cambiato. Se non il segno con cui questa gente giustifica i propri privilegi e la propria pochezza.

    Forse la storia d’Italia sarebbe stata diversa se la capitale fosse rimasta a Firenze. Forse, a Firenze, avremmo avuto una leadership più seria. Ma, purtroppo, la capitale è Roma. E Roma corrompe. Corrompe anche chi non lo vuole. E’ irresistibile Roma, in questo. E, quel che è peggio, da qualche anno Roma sta fagocitando tutto: la vita intellettuale, la finanza, le banche, il management industriale, perfino i giornali e le case editrici. Questo cancro enorme sta terzomondizzando l’Italia. E le sue metastasi, che si chiamano clientelismo, burocratismo, parassitismo, mentalità mafiosa, corruzione, si diramano ormai ovunque e raggiungono Milano e Torino e Genova. Tutti hanno un’aria beata: l’importante è partecipare.

    Il lettore penserà che questo articolo io l’abbia scritto oggi. Invece fu pubblicato l’11 ottobre 1979 su Il Lavoro di Genova col titolo “Un salotto sinistro”. In quarant’anni nulla è cambiato. Se non in peggio. Come ci dicono anche le cronache recentissime che, come è stato riportato dal Fatto del 12/12/2018, coinvolgono l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, il Direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza Alessandro Pansa e l’ex premier Paolo Gentiloni.

    Massimo Fini

    Il Fatto Quotidiano, 16 dicembre 2018

    http://www.massimofini.it/articoli-recenti/1811-l-eterno-generone-romano

    • PinoMamet scrive:

      Non condivido l’opinione di Massimo Fini…

      l’articolo sarà stato “a fuoco” nel ’79, quando uscì per la prima volta, ma ora mi pare che siano accaduti un bel po’ di scombussolamenti, e Roma è eterna soprattutto nella fantasia di grandeur di certi romani…

  15. mirkhond scrive:

    Ho sbagliato nel copincollare l’articolo.

  16. MOI scrive:

    E’ un po’ come il limite intrinseco della retorica del jihadismo: se non sei cresciuto con il linguaggio teologico islamico,non ti dice molto.

    [cit.]

    —————————-

    Be’, ma quelo Ebraico micaè poi così diverso … Antico Testamento o Corano, sempre di Anunnaki che si fanno dei Partitoni a Risiko! con gli Umani trattano ! 😉

  17. MOI scrive:

    Gli Elohim biblici non erano Dio e tanto meno un essere unico, ma una pluralità di individui in carne e ossa; una molteplicità chiaramente e inequivocabilmente evidenziata in numerosissimi passi nell’Antico Testamento (Esodo 3, 12 e segg.; Esodo 15, 3 e segg.; Esodo 18, 11 e segg.; Deuteronomio 6,14 e segg.; Deuteronomio 13, 7 e segg.; Deuteronomio 32, 17 e segg.; Geremia 7, 18). Avevano addirittura degli accampamenti nelle zone di confine che presidiavano con le loro schiere (Genesi 32, 1 e segg.). Godevano di una vita molto lunga, ma erano mortali (Salmo 82). Erano sul nostro pianeta per conseguire obiettivi molto concreti: ricavarne materiali necessari al loro sviluppo tecnologico e forse anche alla sopravvivenza della loro civiltà nel pianeta di origine.
    Forse alcuni di loro intesero rimanere sulla Terra anche in via permanente, o furono costretti a farlo.

    https://www.macrolibrarsi.it/speciali/gli-elohim.php

    • PinoMamet scrive:

      Tranne l’ultima cosa dello sviluppo tecnologico, mi sembrano affermazioni abbastanza assodate come “storia della formazione delle religioni”;
      non nascono mica già bell’e pronte come le conosciamo.

      Comunque in molti casi Elohim viene usato come sinonimo di una qualche carica cittadina (tipo giudici, ma probabilmente più di giudici normali) e i commentatori ebrei antichi (Rashi di sicuro) “normalizzava” gli altri passi strani in questo senso
      (tipo quello dei “figli degli Elohim che trovarono belle le figlie dell’uomo”)

    • MOI scrive:

      Sì, lo so: in teoria “gli Altri” sono solo Idoli … ma sembrano godere dello stesso “prestigio sociale” … anzi, considerando la “Potenza dei Popoli” : addirittura di più !

  18. MOI scrive:

    La parola Allah non è proprietà dell’islam

    https://www.avvenire.it/mondo/pagine/la-parola-allah-non-e-proprieta-dell-islam

    Camille Eid martedì 15 ottobre 2013

  19. MOI scrive:

    Ah … e per i Copti il “proibiterrimo” 😉 Libro di Enoch (che sarebbe stracolmo di “archeo-abductions” 😉 … ), è da canonizzarsi come vero !

    • PinoMamet scrive:

      Credo per i copti sia un libro canonico in effetti… ma mi pare che ci siano in realtà due (o forse più, boh) libri di Enoch, che non è detto dicano le stesse cose.

    • habsburgicus scrive:

      mi pare ci sia pure il IV Enoch 😀
      della serie, crescete e moltiplicatevi 😀

      P.S
      il Canone dell’AT (ma anche del NT in misura minore) di copti ed etiopi é molto più vasto di quello ortodosso (un po’ più largo su AT, eguale al nostro su NT), del nostro (“in medio stat virtus”) e dei protestanti (seguono quello ebraico su AT, il nostro su NT anche se Lutero.ma non Calvino che per una volta più a destra di Lutero !- butta la Lettera di Giacomo, quella delle opere, al fondo)

      • Francesco scrive:

        e con quale giustificazione rinnega una scelta di 1.000 anni prima?

        • habsburgicus scrive:

          nessuna…salvo il suo umore 😀 (gli dava fastidio poiché parlava expressis verbis della necessità delle buone opere)
          però voleva toglierla, ma non la tolse..si limitò a metterla al fondo e svalutarla

  20. mirkhond scrive:

    Infatti il Libro di Enoch intero ci è giunto nella versione abissina, proprio perché considerato canonico dai Copti.

  21. MOI scrive:

    A ri-proposito di Sessantotto : forse non tutti sanno che in Giappone (una delle poche pagine visibili in chiaro) …

    https://www.facebook.com/cannibaliere/posts/non-voglio-fare-come-tanti-che-se-ne-restano-a-bruciare-senza-fiamma-di-una-comb/1599705333481267/

    Cannibali e Re

    27 marzo ·

    “Non voglio fare come tanti che se ne restano a bruciare senza fiamma, di una combustione incompleta.
    Anche se solo per un secondo… voglio bruciare con una fiamma rossa e accecante!
    E poi… quello che resta è solo cenere bianchissima… nessun residuo… solo cenere bianca”

    Ormai siamo al terzo “fuori campo”, e forse sarà l’ultimo.

    Rocky Joe è un manga pubblicato dal 1968 al 1973, scritto da Asao Takamori (meglio noto come Ikki Kajiwara, tra l’altro autore dell’Uomo Tigre) e disegnato da Tetsuya Chiba. In seguito dal fumetto sarà tratto un anime, trasmesso in Italia a partire dal 1982, prima su Rete4 e poi su reti minori.

    L’ambientazione è quella del Giappone negli anni del dopoguerra. Un paese in crescita ma pieno di contraddizioni. Nei quartieri popolari, tra le baracche e i poveri, comincia la storia di Joe Yabuki, un ragazzo ribelle e testardo, che ha conosciuto solo gli
    orfanotrofi come casa e la marginalità sociale come condizione di vita.

    Un giovane difficile che lungo la sua strada incontra Danpei Tange, vecchio pugile alcolizzato, che si convince delle potenzialità di Joe e vuole a tutti i costi diventare suo allenatore e mentore. Quando dopo alterne vicende i due sembrano incontrarsi, il ragazzo tradisce le promesse fatte al vecchio e a capo di una gang di ragazzini ordisce una truffa, che lo porta diritto al riformatorio. Qui, una serie di vicissitudini, tra cui l’incontro con il campione Tooru Rikishi, portano Joe a riflettere sulla sua condizione e a comprendere che la scelta del ring può condurlo verso l’emancipazione individuale e sociale. Attraverso le lezioni a distanza impartite da Danpei, per cui Joe ormai è un figlio, il ragazzo diventerà un abile boxeur capace di affrontare e battere gli avversari più temibili.

    Sicuramente il manga si caratterizza per la presenza di alcuni valori tipici della società giapponese, su tutti l’estremo sacrificio che porta non solo Joe, ma anche altri personaggi, a dare tutto per realizzare i propri obiettivi in campo sportivo. D’altro canto però sono evidenti anche gli aspetti conflittuali rispetto ad alcuni principi etici di cui è imbevuta la cultura nipponica. In particolare il rifiuto dell’autorità, il ribellismo, lo scontro con le istituzioni, il desiderio di rivalsa sociale che animano Joe rappresentano chiari segni di rottura rispetto alla tradizione.

    Tanto che il manga diventerà un simbolo per i giovani che daranno vita al sessantotto giapponese.

  22. habsburgicus scrive:

    @Miguel
    a me ha colpito l’ASSENZA di una parola, “fascismo”
    oggi sarebbe impensabile…i residui “sinistri” dei giorni attuali la hanno sempre in bocca (magari con “anti”, ok, ci capiamo :D)
    e basterebbe quello per comprendere che SONO DIVERSI

  23. habsburgicus scrive:

    a proposito di marxismi…
    40 anni fa in questi giorni uno dei più grandi uomini del XX secolo, Deng Xiaoping, iniziava la sua rivoluzione (famoso plenum del CC del PCC)*
    Deng capì l’uovo di Colombo
    cioè che il marxismo-.leninismo, per tacere del maoismo, é follia irrazionale 😀 e va contro ogni legge economica
    ma che non se ne può uscire, pena rischiare di far la fine che farà Gorbaciov (disastro completo..in parte rimediato solo con l’ascesa al potere di Putin nel 1999)
    Deng allora ebbe una soluzione semplice quanto geniale
    i.restaurare il capitalismo in economia “non importa che il gatto sia bianco o sia nero, purché prenda topi” disse, con sapienza confuciana 😀
    ii.mantenere il PCC al potere in politica*, senza cedimenti se da lui ritenuto necessario con brutalità (Tiananmen !)
    e oggi la Cina è potentissima
    domani dominerà il mondo
    Deng ha capito un ‘ovvietà..ma l’averla compresa fa di lui una figura di importanza storica

    *nel linguaggio immaginafico, buono per i gonzi di PotOp et similia :D, Deng disse che 4 cose sarebbero state intangibili
    1.marxismo-leninismo
    2.Mao-Tse-tung pensiero
    3.ruolo dirigente del Partito
    4.dittatura del proletariato
    di queste 1 e 2, più 4 servono a nascondere l’unica vera, la 3 😀
    quella sì. Deng non ha voluto abbandonarla
    chiamatelo fesso 😀
    oggi il compagno Xi Jinping continua nella sua linea ad maiorem Sinorum et Sinarum gloriam

    • habsburgicus scrive:

      @Miguel @Z @Moi @tutti
      vi dirò
      credo che Beria nel 1953 avesse capito qualcosa del genere per l’URSS,
      cioè che il marxismo son tutte balle 😀 e che bisognava uscirne finché se ne era ancora in tempo
      Beria conosceva le segrete cose, sapeva che le statistiche che credevano i buoni compagni a BO e RE erano farlocche 😀 e che vi erano enormi problemi
      Beria iniziò una politica liberalizzatrice, soprattutto nel campo nazionale
      sappiamo che era disposto ad abbandonare la “DDR” (riunificazione tedesca 36 nni prma !) Gromyko lo attacca con violenza per questo, ancora negli 1980′
      pare fosse disposto a dare ai Baltici uno status speciale
      si dice che avrebbe voluto ridare legalità alla Chiesa unita, forse a liberare Slipyj 9 anni prima ”
      fu Beria che impose il “liberale” Nagy in Ungheria
      dunque era “liberale”, non un liberalismo ideologico ma uno nato dalla constatazione del fallimento della politica staliniana che lui stesso aveva seguito, dunque lo sapeva bene (in alcuni documenti segreti del 1953, Beria parla, in tono di quasi condanna, delle deportazioni di milioni di persone..lo sapeva perché le aveva eseguite lui ! parla dello scontento nel Baltico e in Ucraina occidentale, della lotta sorda alla collettivizzazione..anche lì era lui a sapere i dati, quelli veri !)
      con prudenza, però..salvaguardando la polizia segreta 😀
      purtroppo Beria verrà eliminato il 26 giugno 1953
      e Nikita, che a Marx e Lenin credeva ! (non per nulla riprenderà la lotta antireligiosa), rovinò tutto !
      secondo me,. se Beria e Malenkov rstavano amici, l’URSS poteva evitare molti mali
      sarebbe uscito dal comunismo, ma in modo lento, senza i diaastri della perestrojka

      • habsburgicus scrive:

        se non fosse chiaro
        io da storico (qui non c’entra il mio non troppo velato anticomunismo :D) ritengo una catastrofe per l’entità governata da Mosca (URSS, oggi Federazione Russa)
        i.il XX Congresso (1956)
        ii.la perestrojka (che ne fu la figlia)
        freddamente…posso avere simpatia per ambedue le cose , ma i fatti mi inducono a valutare entrambi gli atti molto negativamente da un punto di vista politico e storico

        • habsburgicus scrive:

          che poi, se è lecito,
          sono in ambito laico gli stessi motivi che mi spingono a criticare, storicamente, il Concilio 😀

        • roberto scrive:

          tutto molto interessante.

          puoi spiegare meglio perché il XX congresso è padre della perestrojika (30 anni dopo)?

          • habsburgicus scrive:

            perché, ritengo, che senza la demolizione esplicita del culto di Stalin in 1956 (e 1961, XXII Congresso), la perestrojka non sarebbe stata possibile…del resto la perestrojka in 1986-1987 iniziò con una ripresa della destalinizzazione, denunciandone l’arresto durante la “stagnazione” brezhneviana..poi, già entro 1987 o comunque inizio 1988, andò molto oltre

      • habsburgicus scrive:

        @Peucezio
        Beria ti sarà simpatico, perché a lui piaceva moltissimo la f…
        la libido di Beria era leggendaria..e le voleva giovani 😀
        pure il giorno in cui Stalin stava crepando (1 marzo 1953), Beria* non poté essere trovato subito, in quanto stava in luogo segreto con una diciannovenne 😀
        e Malenkov non riuscì ad avvertirlo se non ore dopo 😀

        *la notte del 28/2/1953 andarono nella dacia di Stalin Beria e Malenkov (su una macchina in quanto “amici”) e Nikita e Bulganin (su un’altra macchina perché “amici”..Bulganin sarà P.M di Nikita dal 1955 al 1958); Molotov, in disgrazia, non era più invitato a quei convivi..lui stesso dirà anni dopo “se Stalin fosse rimasto in vita,io non sarei sopravvissuto”
        dopo abbondanti libagioni di vodka dal vecchio Capo georgiano, i 4 se ne andarono verso le 5.00 del 1/3/1953…sempre in 2 macchine diverse
        fu l’ultima volta che videro Stalin vivo
        il colpo che abbatté Stalin avvenne in ora imprecisabile, fra le 6.00 diciamo e le 13.00/15.00 di quel 1 marzo 1953

      • Miguel Martinez scrive:

        Per habs

        “fu Beria che impose il “liberale” Nagy in Ungheria
        dunque era “liberale”, non un liberalismo ideologico”

        Molto interessante

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Habs

      ” 40 anni fa in questi giorni uno dei più grandi uomini del XX secolo, Deng Xiaoping, iniziava la sua rivoluzione (famoso plenum del CC del PCC)*”

      Grande Habs!

      Sono questi i momenti in cui ti rendi conto dell’incredibile provincialismo narcisista dell’Occidente.

      • Francesco scrive:

        veramente pure i media main stream hanno celebrato la cosa

        e notato la totale chiusura di Xi sulla democrazia, a differenza di Deng

        peccato che pure la Cina stia accumulando inefficienze “brezneviane” o “demitiane” e reagisca falsificando le statistiche e con la una politica di potenza

        mi chiedo chi fallirà prima tra PRC e USA, ora che la prima si è legata a un solo uomo, errore fatale

      • Peucezio scrive:

        Non ricordatemi di Deng, che ogni volta mi commuovo…

  24. MOI scrive:

    @ PINO (metto qui, sennò chissà dove lo piazza …)

    Si può certo dire che gli Arabi (specie Wahabiti e dintorni) siano socio-culturalmente (!) sottosviluppati; inevitabile però aggiungere quanto siano miracolati in termini di Petrolio per condurre un’esistenza edonistica imponendo il più rigoroso Islam da tenda beduina a chi sfruttano.

    E in teoria dovrebbero dirlo per primi coloro che non lo diranno mai, per terrore di sembrare di “Destra”: Atei, Femministe, Animalisti, LGBTQUAA+, Hipster, EcoLesboVegan, Fattoni e Indignados vari e avariati 😉 ecc … e altra Fauna da SuperAttico di Fligli/e/* di Papà Socialmente Disadattati/e/* in fissa unicamente Vs la Chiesa Cattolica !

  25. mirkhond scrive:

    (Io ritengo anche che l’Ebraismo abbia preso, ssst, qualcosina dallo Zoroastrianesimo)

    Lo credo anch’io.

  26. Peucezio scrive:

    Pino,
    ti rispondo qui per praticità.
    Hai fatto una ricostruzione molto interessante e non ne respingo, anzi, ne condivido la tesi di fondo.
    Ma io parlo di una tendenza recentissima, legata al ruolo geopolitico e spirituale del regime degli Ayatollah.
    Quello che voglio dire è che, se fino a qualche decennio fa essenzialmente gli ebrei e i poteri dominanti dell’Occidente puntavano sul materialismo e sull’atesimo, ora, constatanto un ritorno di religiosità anche in Occidente (non foss’altro in virtù dell’immigrazione) e dovendosi comunque confrontare con un mondo islamico permeato di forte sentimento religioso (ma negli stessi Stati Uniti c’è un risveglio, anche proprio nel discorso pubblico, come in fondo anche in Europa, in misura minore), puntano anche sulla religione, nella sua forma però più compatibile coi progetti di omologazione.
    Per cui, fermo restando il tuo excursus storico, andava benissimo l’Iran dello Scià, perché era nichilista e materialista, ma va molto male quello islamista sciita, perché non solo ha una base religiosa, ma di una religiosità pluralista, non iper-trascendentista e letteralista.

  27. Miguel Martinez scrive:

    LA GRANDE TEORIA DI PEUCEZIO

    Ragionamoci un attimo.

    Peucezio sostiene una teoria molto forte, “la chiave” presumo della realtà che stiamo vivendo:

    “Deserto contro fiumi.
    E’ lì la chiave
    E mari (che sono deserti liquidi) contro masse continentali (Cartagine contro Roma).
    Nomadismo contro stanzialità, destrutturazione contro struttura, omologazione contro pluralismo, trascendentismo astratto contro immanentismo e senso del sacro.”

    Purtroppo per lui, non si trova in un normale posto dove gli rispondono con due like o quattro parolacce o una denuncia per avere offeso la sensibilità di qualcuno.

    Gli chiedono di dimostrare in qualche modo la sua tesi.

    Ovviamente si sta parlando di una tesi di “scienze umane”, non di “scienze esatte”, per cui i criteri sono piuttosto elastici.

    Però richiede quanto meno la presentazione di almeno DUE attori.

    Ad esempio, “i nabatei” per la parte deserto/nomadismo/destrutturazione/omologazione/trascendentismo astratto contro, poniamo, “i toscani”.

    Perché se si presenta un solo attore, è facile dimostrare che un singolo nabateo era omologato o destrutturato o aveva le pecore; e certamente questo lo rende un po’ nomade, destrutturato, omologo e astratto.

    Ma una “chiave della storia” ha bisogno di prove ben più robuste.

    Poi costruiremo pian piano insieme le regole per una dimostrazione: ma la prima è questa, trovare un esempio contrario e vedere se l’esempio contrario sta in piedi oppure no.

    • Miguel Martinez scrive:

      Preciso, non sto cercando di contrastare la tesi di Peucezio.

      Sto cercando di vedere se ha un minimo di consistenza.

      Quella consistenza però non posso dargliela io: gliela deve dare il suo autore.

    • Peucezio scrive:

      Ma esattamente qual è la parte su cui vorresti delle prove storiche?
      Tieni conto che il mio è un modello interpretativo, non una versione sugli eventi storici.
      L’idea cioè è la riconduzione della modernità al nomadismo, all’attività predatoria contrapposta all’attività produttiva e pianificata degli agricoltori.
      E l’idea è che i semiti in questo avrebbero avuto un ruolo basilare, perché sarebbero “barbari” molto più intelligenti e organizzati, in quanto vicini per millenni a civiltà evolutissime.
      Sarebbe da capire quali sono i singoli punti (cioè dati storici) che potrebbero confermare o smentire quest’ipotesi.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Peucezio

        “L’idea cioè è la riconduzione della modernità al nomadismo, all’attività predatoria contrapposta all’attività produttiva e pianificata degli agricoltori.”

        Bene.

        1) occorre definire, almeno genericamente, nomadismo: le migrazioni stagionali degli indoeuropei, che erano agricoltori in perenne movimento, costituiscono o no “nomadismo”?

        2) per essere “nomadi”, basta avere una pecora (ma quelle ce l’hanno da sempre anche gli agricoltori) o è necessario avere mezzi di locomozione più potenti? In questo caso, possiamo parlare di “nomadismo” prima dell’uso massiccio del cammello (700 a.C.)?

        3) I tre grandi poli “nomadi” sono la steppa dell’Asia Centrale, il Sahara e il deserto arabo. Bene, le ideologie pre-monoteiste di queste tre regioni avevano qualcosa in comune? Lo sciamanesimo siberiano è confrontabile con la religiosità degli antichi berberi? Hanno qualcosa in comune con il monoteismo successivo?

        4) Il monoteismo nasce nel deserto tra i nomadi, oppure nei villaggi contadini della Giudea, zona di antichissima civiltà agricola?

        5) La modernità è “attività predatoria” oppure è “produzione e pianificazione”? E se è una combinazione delle due, quale prevale? Credo che la risposta sia ovvia se pensiamo che la modernità ha prodotto la scuola dell’obbligo, le comunicazioni in contemporanea, regolamenti minuziosi e la stessa idea di un “futuro” da “progettare” e “costruire”, oltre ad aver santificato la proprietà privata.

        • Peucezio scrive:

          Miguel,
          tutte questioni interessantissime, che meriterebbero degli studi e delle riflessioni approfondite.

          Circa modernità e pianificazione, c’è chi dice che vivremmo un una sorta di neolitico infinitamente potenziato e non posso dire che abbia completamente torto. Ma c’è il dinamismo, la competizione continua, lo sconvolgere continuamente gli assetti precedenti.

      • PinoMamet scrive:

        Anche gli antichi avevano i loro antichi; e io sono convinto che gli Ebrei di epoca ellenistica, e forse anche prima, non avessero genuinamente idea di dove provenisse il loro Monoteismo;
        A differenza di altri popoli politeisti, che davano i loro culti per scontati, se lo chiedevano.
        Per cui misero insieme una serie di racconti diversi per origine geografica e protagonisti.

    • PinoMamet scrive:

      Devo dire che la tesi del “monoteismo desertico” è molto suggestiva e mi sembrava credibile, fino a non troppo tempo fa;

      ma in effetti molti popoli che vivevano nel deserto, o con uno stile di vita nomadico, non erano affatto monoteisti, e gli stessi Arabi sono stati politeisti sino all’epoca di Maometto, cioè ieri.

      Attualmente credo che il Monoteismo sia invece un’idea abbastanza evoluta, frutto di una elaborazione intellettuale, magari davvero di un solo individuo (o di tanti indipendenti tra loro), che può essere chiamato Abramo come Zarathustra o Akhenaton.

      • Peucezio scrive:

        Mah,
        io direi più semplicemente che il deserto è una condizione necessaria non sufficiente del monoteismo.

        Poi c’è anche quello che dici tu.
        Ma per i persiani, gli egizi o altri si trattava più di un concetto filosofico, intellettualistico per l’appunto. Non c’era l’idea di un dio geloso, esclusivista, di una divinità personale anche un po’ mal mostosa e vendicativa (che di per sé mal si coniugherebbe con quest’idea un po’ astratta e intellettuale).

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Peucezio

          “io direi più semplicemente che il deserto è una condizione necessaria non sufficiente del monoteismo.”

          Ma non saprei.

          Nei primi anni, l’Islam sicuramente si afferma come città contro il deserto; che infatti i nomadi seguono Muhammad solo per la sua prodezza militare, tanto che alla sua morte si sentono sciolti dal loro legame personale con lui e quindi mandano a quel paese l’Islam.

          E da allora, i beduini sono sempre l’immagine dell’islamicamente ingovernabile, tanto che fino al Novecento, le donne beduine (come anche le berbere) non portavano nemmeno il velo.

          I wahhabiti domarono i nomadi solo grazie agli aerei.

          • mirkhond scrive:

            “tanto che fino al Novecento, le donne beduine (come anche le berbere) non portavano nemmeno il velo.”

            Ti riferisci al velo sul volto o anche a quello sul capo?

          • Peucezio scrive:

            Miguel,
            interessante.
            però non trascurerei che parliamo di culture che hanno il deserto per sostrato.
            Certe realtà esprimono le loro tendenze più forti quando vengono meno certi fattori estremi che impediscono loro di esplicarli.
            Insomma, senza una società postindustriale, quale la società agreste e pastorale calabrese di suo non avrebbe prodotto, la ‘Ndrangheta non sarebbe diventata una potenzia economica mondiale.

            • PinoMamet scrive:

              Mahh..
              Posso arrivare a credere che il deserto, espressamente richiamato nel titolo ebraico di uno dei libri del Pentateuco, abbia fornito delle suggestioni di “austerità monoteistica”, spinto alla ascesi e alla meditazione singole persone, in un singolo popolo.

              Che poi si è dovuto impegnare a estirpare culti della fecondità e divinità attraenti e variegate, in una terra più fertile.
              La tesi dell’antireligione, insomma, che poi è più o meno il dettato biblico.

              Non credo invece che sia una cosa sistematica, cioè che “deserto” significhi automaticamente un sistema teologico o di valori del tipo degli Ebrei antichi…

              • Miguel Martinez scrive:

                Per PinoMamet

                “Posso arrivare a credere che il deserto, espressamente richiamato nel titolo ebraico di uno dei libri del Pentateuco, abbia fornito delle suggestioni di “austerità monoteistica”, spinto alla ascesi e alla meditazione singole persone,”

                Se ben ricordo, gli ebrei mitologicamente:

                1) vengono dalla città di Ur

                2) si prendono della fertile terra in Palestina

                3) per liti da contadini, finiscono a fare i contadini in Egitto

                4) scappano per andare in una terra dove scorrono latte e miele, e per arrivarci purtroppo devono attraversare un orribile deserto

                5) poi costituiscono regni con città e campi.

                I primi che io sappia che vanno nel deserto perché gli piace, sono i monaci cristiani d’Egitto.

              • PinoMamet scrive:

                Ma infatti non penso che andarono nel desrto perché gli piaceva…

                la Bibbia è abbastanza esplicita, agli Ebrei piace la terra dove scorre latte e miele, e quando non ci scorre, se ne vanno nel più fertile Egitto (che nel mondo antico indicava esclusivamente la valle del Nilo…)

                anche le descrizioni di vita pastorale (sono quelle di un popolo tutto sommato stanziale, che va a prendersi moglie nel paese degli antenati).

                Ci sono altresì nella Bibbia e nei Midrashim delle scene “cammellate”, che Mirkhond ci insegna essere posteriori;
                comunque, ahò, è sempre una zona abbastanza arida, e il cammello ci sta.

            • Peucezio scrive:

              Ah, no, ma questo non lo penso neanch’io.
              Altrimenti sarebbe dovuto succedere in tutti i deserti del mondo.

            • Z. scrive:

              Caso mai non lo sarebbe diventata senza il proibizionismo su certuni stupefacenti…

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Peucezio

          “Ma per i persiani, gli egizi o altri si trattava più di un concetto filosofico, intellettualistico”

          Su questo sono d’accordo.

          Lo spiega molto bene Assmann, quando dice che la caratteristica fondamentale di ciò che lui chiama la “distinzione mosaica” consiste, non nel dire che “dietro la pluralità c’è l’unità”, ma nel costituirsi come antireligione, come un dio che fa la guerra a tutti gli altri.

          YHWH si presenta come nemico della religione e degli dèi.

          E in questo sono un po’ “peuceziano”, perché credo che la retorica della Distinzione Mosaica, una volta immortalata nel Libro, sia diventata un elemento devastante di divisione del mondo in bianco e nero, di sterminio, di incapacità di cogliere la pluralità della vita.

          Incolpo il libro e non “gli ebrei”: il cristianesimo è uscito dal giudaismo e ha fatto per conto proprio, e fino alla rivoluzione bolscevica, gli ebrei non hanno inciso sulla storia ideologica euroamericana, se evitiamo di confondere testi di origine ebraica con gli ebrei stessi.

          • habsburgicus scrive:

            non hanno inciso sulla storia ideologica euroamericana

            si, come al solita in fundamentalibus siamo d’accordo, Miguel
            forse si potrebbe discutere sulla cronologia
            applicando il metodo spesso usato negli studi di storia antica, ad esempio per avvicinarsi alla datazione più plausibile di un console suffetto imperiale o di una pretura tardo-repubblicana potremmo dire:
            i.la rivoluzione franco-giacobina fu ancora del tutto indipendente dal quel particolare “popolo del Libro”
            ii.nella rivoluzione bolscevica (e dopo), come hai appena rammentato tu stesso, furono magna pars
            dunque l’inizio della loro influenza é posteriore al 1789 e anteriore al 1917
            in età napoleonica e sino al 1848, direi nulla (é interessante notare che gli autori “reazionari” di quest’epoca c’e l’hanno con i “massoni” ma non menzionano quasi mai gli “eletti” o presunti tali)
            dunque possiamo restringerci all’arco temporale 1848-1917…non cambia molto, filosoficamente, alla tua ipotesi
            io punterei però a retrodatare la loro influenza sino a metà ‘800 (PRIMA no, la ribadisco..è astorico) e sarà un caso che gli autori ultra-cattolici, dai 1860’* e soprattutto dopo il 1870, iniziano a collegarli sistematicamente con i “massoni”, cosa che ripeto é ignota, per dire, a un Barruel (pur fiero nemico dei “figli della Vedova)” e financo a un Solaro della Margarita (scrisse nei 1850′ e nei 1860′, fu Min Esteri di Carlo Alberto dal 1835 al 1847) che pure cita a iosa i “settari” ?

            *il primo, per il poco che posso sapere fu Gougenot des Mousseaux (Le juifs, le judaisme et la judaisation des peuples chrétiens, mi pare 1869, regnando ancora Napoleone III), se facciamo astrazione in età più arcaica ma sempre nei 1830′-1840’ dal Crétineau-Joly, rarissima avis e del tutto isolato sul tema, autore di un’opera che fa pensare sul programma di infiltrazione delle sette nella Chiesa vaticinando financo un Papa al servizio dei “fratelli” 😀
            egli parla di documenti segretissimo di un certo Nibbius che gli avrebbe rivelato che questi erano gli obiettivi delle sette per il lontano futuro; la sua opera, ne ha scritte molte ma quella più in tema si chiamava se non erro L’Eglise romaine face à la révolution (quasi presagì il Concilio 120 anni prima, vero Peucezio e Moi ? :D)

  28. mirkhond scrive:

    “Attualmente credo che il Monoteismo sia invece un’idea abbastanza evoluta, frutto di una elaborazione intellettuale”

    Elaborazione intellettuale che si chiama Rivelazione agli occhi della Fede.

  29. MOI scrive:

    @ MIGUEL

    Senza petrolio però i Wahabiti dovre li avrebbero trovati i soldi per passare dalle Truppe Cammellate 😉 all’ Aviazione ? 😉

  30. MOI scrive:

    Be’ sì, ma … non dimentichiamoci che il motore a scoppio è un brevetto di fine Ottocento, epoca in cui il petrolio serviva soprattutto per illuminazione e riscaldamento,per quanto “lussi” élitari.

    • MOI scrive:

      Sarà poi la II GM , in termini “Maristeggianti”, a cambiare il paradigma economico da carbone a petrolio … come già abbiamo visto.

      • paniscus scrive:

        “redimere le Questioni Teologiche, nella Umma sidocute poco e si smitraglia à7 esplode molto … che è un linguaggio facilmente ”
        —————————

        Bevuto pesante al cenone? 🙂

        Auguri a tutti!

        • Peucezio scrive:

          Ma il cenone una volta non era quello di Capodanno?

          • Z. scrive:

            Non si fa il cenone il 24 sera da voi?

            (da noi effettivamente no)

          • PinoMamet scrive:

            L’uso locale di qua è cena di magro (cioè pesce) per la vigilia di Natale
            (che è quello che tutti identificano con “il Natale”) e poi un buon pranzo il giorno dopo. Il cenone è quello di Capodanno.

          • Roberto scrive:

            Cena di magro alla napoletana il 24 (quindi ottima, anche se quest’anno eccezionalmente e per la prima volta in 45 anni non avevamo nulla di napoletano) e tortellini e bollito il 25

            Cenone per me è quello del 31

            • MOI scrive:

              La Tradizione Tortellinaria 😉 prevede il brodo di cappone !

              PS

              Per chi non lo sapesse, rattasi di un gallo castrato (nome tecnicochirurgico 😉 “ai chèv fòra i fasuléin” 😉 …) che diventa poi così più grosso.

              • MOI scrive:

                Ah, si usava ago e filo da cucito e ne si mangiava le gonadi asportate, dette “i marunz’éin dal capån” … figurarsi cosa direbbero oggi gli Animalisti.

                Dubito che in Italia (non solo Emilia Romagna) si faccia ancora … ma sicuramente in tante parti del Mondo “in via di sviluppo” si praticherà ancora questa “chirurgia fatta in casa” sul pollame.

              • Roberto scrive:

                Cappone non l’ho trovato, vado di gallina che per il brodo va benissimo (ma è meno buona per il bollito)

            • Peucezio scrive:

              Roberto,
              “anche se quest’anno eccezionalmente e per la prima volta in 45 anni non avevamo nulla di napoletano”

              Vergogna!! 😀

              • Roberto scrive:

                In effetti….
                Non ho trovato vongole il 24, e mi sono scordato di comprare il baccalà per tempo, quando ci ho pensato non c’era più tempo per dissalarlo
                Gli struffoli li stiamo facendo ora per domani che abbiamo ospiti

              • Roberto scrive:

                In genere facciamo l’insalata di polipo in antipasto e stavolta i miei genitori volevano frutti di mare alla francese, questa è stata l’unica scelta fatta, il resto circostanze sfortunate
                🙂

              • Peucezio scrive:

                Vabbè, per questa volta sei perdonato 😀 😀

  31. MOI scrive:

    “MarXisteggianti” e.c.

    .—————-

    Stando a “certi siti” 😉 negli Emirati EAU ci sarebbe una specie di “Shariah Inversa” 😉 per quanto riguarda il secondo 😉 business dopo il petrolio : non le armi, ma l’ altro 😉 che pur non facendo tutti quei morti è molto più tabù. Sì: prostituzione !

    In pratica, l’ attività è islamicamente illegale MA ovviamente se gli Sceicchi non esentassero sé stessi dalla Shariah … che se ne farebberodi tutti quei petrodollari ?!

    Inoltre, tollerano (sempre in nome di “Mammona” 😉 …) la prostituzione per turisti “Kuffar” in viaggio d’affari / di diletto e per immigrati non-Musulmani (spesso in “circuiti separati” …) Evidentemente nonc’è Shariah più proibizionista “in materia” di quella del Femmministan 😉 !

    • MOI scrive:

      A quanto pare, la “formula” più Halal di Tolleranza (dovuta a convenienza) del Fenomeno sia “la Russa che chiede un drink alla Hall dell’ Hotel” … dubito però che si tratti delle “aranciate” alluse a suo tempo dal Divo Giulio.

      PS

      Roba da “Munafiq” … in teoria, giusto ? Ma si sa : negli ultimi decenni, per redimere le Questioni Teologiche, nella Umma sidocute poco e si smitraglia à7 esplode molto … che è un linguaggio facilmente comprensibile anche a gente poco istruita 😉 !

    • MOI scrive:

      In pratica è solo la “Umma Poraccia”, tutta immigrata edi cui non frega un cazzo a nessun Bardo Cosmopolita ArciSorosiano [come direbbe Dego Fusaro], a venire pesantemente perseguita se usufruisce di certuni servizi.

  32. MOI scrive:

    Buon Natale a chiunque NON se ne offenda (anche perché è un racconto ambientato più vicino a Dubai che a Buxelles, eh ! 😉 …)

  33. MOI scrive:

    scusate i refusi … tastiera vecchia

  34. Mauricius Tarvisii scrive:

    @Peucezio

    Su sindacato, borghesia e strumenti culturali, ti invito veramente a conoscere meglio il fenomeno sindacale: secondo me sta lì la confutazione di tutta la teoria sull’essenza della sinistra che va fortissima qui dentro, con un inquietante parallelo in tutta la teorizzazione mainstream della sinistra liberale.
    Il sindacalismo nasce proprio come fenomeno associativo spontaneo tra lavoratori (in primis, operai) e quel carattere non lo ha mai veramente perso: prendi un campione di sindacalisti di oggi e vedi in che percentuale si sono iscritti al sindacato come operai.

    • Peucezio scrive:

      Mauricius,
      “e vedi in che percentuale si sono iscritti al sindacato come operai.”

      Sarò prevenuto, ma ho la percezione che siano eterodiretti.

      Comunque è interessante ciò che dici: hai dei testi da propormi in merito?

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Ne parlano gli stessi Marx ed Engels, quindi mi chiedo come faccia a sfuggire a chi commenta il loro pensiero.

        • Peucezio scrive:

          Sì, vabbè, mo’ mi metto a leggere Marx ed Engels… A malapena ho letto il Manifesto.
          Intendevo saggistica contemporanea.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Non ho una storia organica del sindacalismo: me ne sono sempre occupato sul piano giuridico.
            Comunque è interessante questo: parli di sinistra, Marx, ebrei, distruzione del mondo e tutto il resto senza neppure sapere che Marx aderì ad una associazione chiamata “Lega dei Giusti” (che esisteva da molto prima di lui) e che il movimento operaio nacque nelle fabbriche e si diffuse grazie ai fogli di via dei governi della Restaurazione. Poi magari non hai idea nemmeno di quali fossero gli obiettivi del primo sindacalismo e di come si siano evoluti in seguito.
            Non ti sembrano dei vuoti importanti da colmare prima di lanciarti in teorie escatologiche del socialismo o anche solo prima di dire che il fascismo avesse degli elementi socialisti?

            • Peucezio scrive:

              Francamente no.

              O, meglio, mi pare un argomento molto interessante da approfondire (ma tu continui a non fornirmi una bibliografia minimamente aggiornata), ma non è che bisogna sapere tutto.
              Mi basta sapere che il marxismo riprende la dialettica hegeliana (e questo è il suo lato nobile), ma la capovolge in senso materialista (e lì sta il danno; e l’elemento ebraico). Alla fine qui sta l’essenza della questione.
              Poi si può approfondire all’infinito ed è sempre tempo ben speso.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Il socialismo non nasce con la dialettica marxista. E l’argomento del “io non so, ma tu neppure” mi sembra fallace, dal momento che io non sto proponendo una teoria metafisica del socialismo.

              • Peucezio scrive:

                Non ho mai pensato che tu ne sapessi poco, volevo davvero della bibliografia!

                Sul socialismo d’accordo. Io parlavo del comunismo/marxismo o come lo vuoi chiamare.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Il marxismo era la veste teorica che assunse il movimento operaio nella seconda metà dell’Ottocento.

              • Peucezio scrive:

                E ti pare poco la veste teorica?
                Con quello scherzetto ha mobilitato milioni di persone, organizzato rivoluzioni… I socialisti precedenti mica ci erano riusciti.

              • Peucezio scrive:

                Io ho l’impressione che tu sopravvaluti il ruolo degli operai nella storia del marxismo e delle sue rivoluzioni.
                Tra l’altro spesso i sindacalisti erano ebrei inflitrati, sobillatori ad arte, lo racconta bene anche il Führer nel “Mein Leben”.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Ma neanche i marxisti hanno combinato un bel niente fino al 1917.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Ah, e allora se lo diceva Hitler, un tizio che una fabbrica l’aveva forse vista in fotografia…

              • Peucezio scrive:

                Marx invece ci lavorava…

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Engels fu il primo a studiare scientificamente le condizioni di vita del proletariato inglese, in realtà.

              • Peucezio scrive:

                Non mi sorprende.
                E’ molto diverso essere parte di qualcosa e studiarla come un entomologo.
                Poi c’è anche gente che ha studiato un gruppo umano facendone parte, ma non credo fosse il caso di Engels.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Hitler, invece, di cosa faceva parte? Un borghesuccio decadente che si riempiva la bocca di teorie autoconsolatorie?

                Come ti ho detto prima, Marx ed Engels aderirono alla Lega dei Giusti, che esisteva da ben prima di loro e che con gli ebrei non c’entrava proprio niente.

              • Peucezio scrive:

                Hitler aderì al DAP, che esisteva da prima di lui 🙂 Da non molto prima di lui, certo, ma s’inseriva pur sempre nel filone dei socialismi operai europei.

                Comunque ho sempre preferito mille volte i piccolo-borghesi agli alto-borghesi, che sono i borghesi veri.
                Non ho mai capito perché invece un finto sentimento antiborghese di sinistra un tempo si accanisse contro la piccola borghesia, anziché contro quella alta, del grande capitale.
                O, meglio, in realtà l’ho capito benissimo: perché percepivano che la piccola borghesia era più vincolata ai valori popolari (in fondo era un popolo leggermente più benestante), come la famiglia, la religione, la Patria, ecc. e non potevano prendersela direttamente col popolo, se no cadeva l’inganno (adesso lo fanno senza più nessun pudore: fra un po’ il politicamente corretto stabilirà la liceità della schiavitù per debiti e della decadenza dei diritti politici sotto un certo reddito), quindi la piccola borghesia diventavano i Kulaki contro cui accanirsi.
                W i borghesucci! 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                ” quindi la piccola borghesia diventavano i Kulaki contro cui accanirsi.”

                Hai spesso delle interessanti intuizioni, attento però a non giocartele esagerando.

                I Kulaki sono effettivamente un buon esempio di piccola borghesia perseguitata; ma non è che i sovietici fossero teneri con l’alta borghesia.

                E certamente in tutta Europa, fu l’alta borghesia, spaventata dal destino dei loro con-cetuali (?) russi, a promuovere la reazione del 1919-1922.

              • Z. scrive:

                Il DAP è stato fondato da un militare il cui mentore era membro della Società Thule.

                Era un gruppetto di quattro nazionalisti esaltati che c’entrava col “filone socialista”, Peucezio, più o meno come tu c’entri con Rocco Siffredi 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “Il DAP è stato fondato da un militare il cui mentore era membro della Società Thule. ”

                Infatti, c’entra poco con il movimento operaio.

                Credo che il movimento che più ha cercato di mettere insieme fascismo e movimento operaio sia stato il PPF di Doriot in Francia.

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                e che ne sai tu? Magari incontro Rocco Siffredi tutte le sere, ci andiamo a mangiare un boccone insieme… 😀

              • habsburgicus scrive:

                il PPF di Doriot in Francia

                non a caso ex-comunista, e anzi altissimi del PCF (uno dei 4-5 capi….forse la defezione più alta mai avvenuta nel comunismo*)

                *in Occidente
                in Cina Chen Gongbo, uno dei VERI 12 fondatori del PCC il 1 luglio 1921=anno 10 minguo (ci fu Mao ? mah, tutti i documenti sono stati purgati e né Deng né ora Xi avevano/hanno interesse a distruggere troppo il Grande Timoniere :D) passerà poi a Wang Jingwei, filo-nipponico ed ecumenicamente vilipeso a Beijing e a Taibei 😀
                anzi, essendo Wang morto in Giappone il 10/11/1944=33 minguo, Cheng Gongbo divenne Capo della Cina nazionale a Nanjing ! (la terza Cina, quella “fascista” alleata del Giappone; la prima era quella di Chiang “capitalista”, allora a Chongqing, che continua a Taiwan, la seconda quella “marxista”, all’epoca a Yan’an in Shaanxi, che é oggi la RPC)
                Chen verrà fucilato per ordine di Chiang nel 1946 !
                la bandiera della sua Cina era eguale a quella di Chiang ma vi era la scritta, almeno all’inizio, in cinese “Heping, Fangong, Jianguo” cioé Pace [con il Giappone], Anticomunismo [gong=comunismo, in vietnamita cong; fan=contro, si veda il manifesto “sanfan”, dei Tre Conto, una purga proto-maoista del 1951, gli anni folli che piacciono al nostro Z :D], Ricostruzione dello Stato [guo= Stato; Zhonghua Renmin Gongheguo, Repubblica popolare cinese, ove Renmin=popolare e Zhonghua=Cina]

            • Peucezio scrive:

              A proposito, come facevi a sapere che avrei parlato di “distruzione del mondo” pochi minuti prima che lo facessi (prima di aver letto il tuo intervento)? 😮 🙂

  35. MOI scrive:

    Il Comunismo, secondo la provocazione-battuta di non ricordo chi (Messori ?) è un “Monoteismo” con una Weltanschauung (indi una retorica) “del Riscatto” (ma cambia il “Chi” riscattare …) molto simile a quella dell’ Ebraismo (il primo, eppure il più complesso) , del Cristianesimo e dell’ Islam … solo che il Comunismo è “Ateo”, attuando nel proprio Ateismo quella DeSacralizzazione Definitiva della Natura alla quale, prima o poi, il Monoteismo avrebbe ineluttabilmente condotto.

  36. MOI scrive:

    A ben oensarci, aggiungerei che il Comunismo invera in sé il “Riscatto” Ebraico, il “Messianesimo” Cristiano e il “Ritorno dell’Umanità all’ Unica Verità Primigenia” Islamico !

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Moi

      “A ben oensarci, aggiungerei che il Comunismo invera in sé il “Riscatto” Ebraico, il “Messianesimo” Cristiano e il “Ritorno dell’Umanità all’ Unica Verità Primigenia” Islamico !”

      Poareti tutti!

      Cristiani, comunisti, ebrei, islamici, e mettiamoci pure liberali, nazisti, nazionalisti, anarchici… gli si possono attribuire mille colpe, ma a vederli tutti che cadono giù per l’abisso mentre si sputano ancora addosso a vicenda, fanno tutti tenerezza

      • Z. scrive:

        I nazionalisti mi sembrano in ottima forma, in realtà…

        • Miguel Martinez scrive:

          per Z

          “I nazionalisti mi sembrano in ottima forma, in realtà…”

          Centotre anni fa, Vernon Lee notò come nulla rende più identici della guerra: le divise dei soldati si distinguono appena.

          Quasi un secolo dopo, me ne accorsi, guardando (in televisione confesso) i soldati cubani che accoglievano il Papa in visita all’Avana. Assolutamente identici a tutti i soldati del mondo.

          • Miguel Martinez scrive:

            Sempre per Z sui nazionalisti

            Comunque credo che tu confonda il nazionalismo con il fatto che oggi gli anziani con poca prospettiva di pensione abbiano paura del temporale in arrivo e chiedono che si chiudano le finestre, qualunque siano.

            Il nazionalismo vero esiste solo in Turchia, un po’ in Russia e in Francia, e richiede un forte indottrinamento scolastico sulla propria gloriosa storia, giovani disciplinati ed entusiasti, e la speranza di un futuro anch’esso glorioso.

            Un sistema tenuto in piedi da una serie di tabù riguardanti la bandiera, l’esercito, gli eroi del passato che non si possono denigrare.

            E uno Stato onnipresente, ma anche remoto, fatto di grandi palazzi un po’ misteriosi, vialoni, un capo di stato che sfugge alla quotidianità.

            • Peucezio scrive:

              Anche in Grecia e in Spagna. E in forme a tratti parossistiche.

            • Roberto scrive:

              Dimentichiamo il nazionalismo UK? I polacchi? I portoghesi? Ovviamente gli Yankees? I croati? I lituani?
              Per tutto questi vale la tua concezione di nazionalismo che condivido

              No miguel, valà che il tempo dell’internazionalismo è proprio agli sgoccioli, se non finito.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “No miguel, valà che il tempo dell’internazionalismo è proprio agli sgoccioli, se non finito.”

                Sui croati sono d’accordo, gli altri che citi ci sarebbe da rifletterci.

                Invece concordo in pieno che stia finendo il tempo dell’internazionalismo. Solo che non credo che l’alternativa sia necessariamente il nazionalismo: sarebbe un po’ come pensare che l’unica alternativa al Sacro Romano Imperatore sia il Papa: la storia a volte prende nuove strade.

              • PinoMamet scrive:

                Beh mi sa che gli statunitensi abbiano davvero quei tabù sull’esercito, la bandiera, gli eroi del passato che dici;

                una delle critiche più frequenti a Trump è una critica da destra , cioè di essersi mostrato sprezzante e insofferente verso l’intoccabile categoria dei veterani di guerra…

                e sicuramente gli USA vivono o hanno vissuto fino a cinque minuti fa, direi, nella convinzione di essere in pratica l’unica nazione buona e giusta del mondo intero, di cui le altre possono al massimo essere imitazioni meglio o peggio riuscite, e non solo nel sistema politico ed economico, ma anche negli usi costumi abitudini gusti… tutto. American way of life.
                Non conosco la situazione di lituani croati ed estoni, ma nell’europa occidentale gli unici che gli assomigliano parecchio credo siano appunto i francesi.

          • Z. scrive:

            Miguel,

            — Comunque credo che tu confonda il nazionalismo con il fatto che oggi gli anziani —

            A dire il vero gli anziani, in Italia, votano altrove.

            Quella che tu descrivi è una delle forme di manifestazione del nazionalismo, forse piuttosto desueta. Non l’unica possibile.

            • Peucezio scrive:

              Sì, però non basta che stia sul cazzo l’immigrato o che si tema per il proprio portafoglio per essere nazionalisti.
              E l’italiano che vota Lega è questo, non è uno che si è ricordato dell’amore per il sacro suolo italico e per il paese di santi, poeti e navigatori.
              Anche perché sono gli stessi sentimenti che animavano il leghista settentrionalista prima maniera (solo che si sono estesi al sud), che non si può certo accusare di nazionalismo.

              Semmai può essere che una classe dirigente più nazionalista resusciti sentimenti nazionalisti. Ma il motore originario c’entra poco col nazionalismo e moltissimo con la difesa del benessere raggiunto col consumismo anni ’80.

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                — Sì, però non basta che stia sul cazzo l’immigrato o che si tema per il proprio portafoglio per essere nazionalisti. —

                Nei fatti le preoccupazioni per il proprio portafogli e l’avversione per gli stranieri sono proprio una forma di manifestazione, molto frequente, del nazionalismo nel nostro tempo.

                Diversi chelebecchiani, per esempio (mi pare Miguel e Roberto), hanno descritto più o meno in questi termini il nazionalismo catalano.

                Del resto, tu stesso osservi:

                — sono gli stessi sentimenti che animavano il leghista settentrionalista prima maniera (solo che si sono estesi al sud), che non si può certo accusare di nazionalismo. —

                Non è un’accusa, infatti, è una banale constatazione: i leghisti dell’epoca di Boosi erano nazionalisti eccome. Forse ancor più di quelli di oggi, o comunque in modo più marcatamente evidente.

                La loro nazione – dal loro punto di vista, naturalmente! – era la Padania, di cui chiedevano l’indipendenza e la sovranità, quando ancora il termine “sovranismo” non esisteva. Bandiere, monete, guardie padane e miss Padania a Marina di Ravenna 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “Diversi chelebecchiani, per esempio (mi pare Miguel e Roberto), hanno descritto più o meno in questi termini il nazionalismo catalano.”

                Il nazionalismo catalano è sì attento al portafoglio, ma non è xenofobo: casomai sono gli immigrati ad averlo in antipatia, perché rischia di separarli dal più vasto mondo ispanofono.

                Alla fine, è una questione di terminologia: per me il “nazionalismo” richiede la subordinazione della società alle istituzioni (e quindi un grande ruolo per la scuola, l’esercito, le partecipate statali, ecc.) e soprattutto un forte sostegno pubblico alle grandi imprese private.

                Salvini per la TAV, Trump che chiede investimenti enormi per fare il Muro, questo sì, in effetti è nazionalismo per me.

              • Mauritius Tarvisii scrive:

                Vorrei proprio capire chi avrebbe tirato fuori la storia dei catalani xenofobi.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Sono sempre io, col nome cambiato dal correttore!

              • Miguel Martinez scrive:

                Per MT

                “Sono sempre io, col nome cambiato dal correttore!”

                infatti, il tuo commento è stato respinto, ho dovuto approvarlo dopo aver controllato la tua mail (che vedo solo io).

              • Z. scrive:

                Mi sa che era proprio Roberto.

                Non parlava proprio di xenofobia. Però, ecco, hai presente quando uno delle sue dimensioni ti chiede: mi scusi, mi spiega gentilmente quel cartello contro gli stranieri?

                🙂

              • Z. scrive:

                (tranquillo, non pensavamo che le isole omonime fossero state rimorchiate sino in Veneto!)

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                però il nazionalismo è una cosa specifica, storicamente definita, non è un vago sentimento di appartenenza adattabile a tutto.
                Il nazionalismo è legato all’Ottocento, agli stati nazionali, alla modernità romantico-risorgimentale e borghese.

                Poi è sopravvissuto a tutte queste cose: paarli con un greco e ti rompe l’anima con la Grecia, con un turco e ti fa una capa tanta con la Turchia, ecc. ecc.
                Che in fondo sono identità per molti versi fittizie, essenzialmente linguistiche.

                Ma in Italia tu NON trovi il tipo che ti fa una testa così con l’Italia, gli italiani che hanno inventato tutto, l’arte che si concentra tutta in Italia, la cucina (forse questa un pochino sì), eppure ne avrebbe molti titoli. Molti di più degli spagnoli, che credo che in sostanza la civiltà occidentale sia una loro creazione.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                ” parli con un greco e ti rompe l’anima con la Grecia, con un turco e ti fa una capa tanta con la Turchia, ecc. ecc.”

                Concordo in pieno.

                Infatti, avere paura che con l’euro i tedeschi stiano cercando di fregarti, o non apprezzare il fatto che ci siano spacciatori gambiani a ogni fermata del tram può portare a “scelte nazionali” (lira, espulsione di stranieri delinquenti, ecc.) ma non somiglia per nulla a quello spirito che Peucezio descrive molto bene.

                Interessante la nota della cucina: non a caso Salvini, che effettivamente sta cercando di creare un “nazionalismo italiano”, ha capito perfettamente che la cucina è l’unica, fragile leva:

                https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/12/29/matteo-salvini-oltre-alla-nutella-ce-di-piu-ecco-le-sue-uscite-social-da-food-blogger-non-salutista-tra-pan-di-stelle-e-focaccine/4862987/

              • Roberto scrive:

                Peccato che poi pubblica un orripilante piatto di tortellini al ragù suscitando il sacrosanto sdegno delle persone civili

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                ci sono, appunto, tante forme di manifestazione del nazionalismo.

                Quello balcanico cui fai cenno immagino non sia identico a quello dell’Ottocento tedesco, per dire.

                Ogni Paese e ogni epoca ha il suo nazionalismo, immagino. L’Ottocento produceva Mazzini, il Duemila produce Salvini.

              • Peucezio scrive:

                Ma è proprio la sostanza che è diversa.
                Salvini a suo modo è un nazionalista (molto a suo modo: ha capito che il nazionalismo in questo momento funziona di più, perché salvaguarda il prtafoglio degli italiani).
                Ma gli italiani non lo sono. Neanche gli elettori di Salvini.
                Poi si può dare qualunque nome a qualunque cosa.

              • Z. scrive:

                Peucè,

                non penso che gli italiani siano particolarmente nazionalisti, infatti.

                Penso, come dicevo, che questo sia un momento politicamente favorevole al nazionalismo. Non solo in Italia, in generale.

              • Peucezio scrive:

                Sì, in questo c’è del vero.
                Probabilmente è un momento favorevole a tutte le strutture intermedie, non internazionali, non globali.

              • Roberto scrive:

                Sulla Catalogna,

                Non dico, non credo affatto, che sia un indipendentismo xenofobo, ma è:
                – chiarissimamente costruito in odium castillanorum
                – ha delle venature di “noi contro tutti” e “noi siamo i migliori del mondo” che sono francamente antipatiche (un po’ come nelle fiandre ma, secondo me, peggio visto che gli spagnoli sono più teatrali dei fiamminghi)

                immagino che sia un po’ che Miguel è Mauricius non vadano in Catalogna. quando avrete visto il 3564esimo cartello “sem catalans” o “parlem Catalan” vi verrà qualche dubbio….

                Aggiungo, e forse è questo che si ricorda Z, che l’indipendentismo di mischia (e qui direi che è una cosa abbastanza casuale) con un forte movimento anti turisti che piacerebbe moltissimo a Miguel, il che aumenta di molto la sensazione di antipatia che può avvertire l’incauto straniero che decide assurdamente di passare qualche giorno a Barcellona. Mangiare sotto ad uno striscione che dice “turisti fuori” non è piacevole, non mi era mai capitato e spero non mi capiti più

              • Roberto scrive:

                Peucezio

                “Ma in Italia tu NON trovi il tipo che ti fa una testa così con l’Italia, gli italiani che hanno inventato tutto, l’arte che si concentra tutta in Italia, la cucina (forse questa un pochino sì),”

                I miei figli ti direbbero “peucé, ma stai descrivendo papà!” (non parlo mai male dell’Italia con gli stranieri 😉 )

                🙂

  37. MOI scrive:

    a ben “pensarci” … uffa !

  38. Peucezio scrive:

    Z.,
    “Peucè,

    pressoché ogni idea, nell’ultimo secolo e mezzo, è nata dalla “borghesia”.

    Il marxismo sovietico, il nazismo, il liberalismo contemporaneo, il leghismo, il grillismo, lo yippismo, lo yuppismo, il socialismo democratico…

    Ma anche qualsiasi altro tipo di produzione culturale

    Tu sei un borghese, lo è Miguel, e nel mio piccolo lo sono persino io. O almeno vorrei esserlo ?”

    Appunto!
    Esattamente!
    Oddio, forse sul leghismo avrei qualche riserva, ma per il resto…
    Compreso il fascismo, beninteso!
    Io ritengo che, al contrario del marxismo, che infatti ci si è alleato, il fascismo abbia davvero cercato di superare la civiltà borghese, ma comunque da lì nasce e, stringi stringi, è sempre rimasto interno ad essa (anche se ha avuto un consenso generale, anche popolare), pur non essendo riducibile ad essa.
    Lo spartiacque è la Rivoluzione Francese, non c’è nulla da fare. Preparata da rivoluzione industriale e illuminismo. E, in ultima analisi, dal protestantesimo.

    • Z. scrive:

      Peucè,

      siamo tutti borghesi!

      Nessuno vuole “superare la civiltà borghese”, oggi. Proprio nessuno.

      Fino a qualche decennio fa, c’era qualche regime che raccontava di volerlo fare, e naturalmente raccontava balle.

      Parlare di “borghesia” oggi non ha nessun senso, e pian piano il termine sparirà anche dal lessico dei cosplayer che impersonano i cosplayer degli anni Settanta.

      • Peucezio scrive:

        Mah… Salvini non è borghese. E’ ruspante.

        • Z. scrive:

          Salvini è “borghese” né più né meno che tutti i suoi colleghi di ogni partito, al di là delle differenti strategie adottate dai rispettivi staff.

          Non credo che il termine “borghese” abbia conservato capacità di definire qualcosa o qualcuno da qualcos’altro o qualcun altro.

          • Peucezio scrive:

            Z.,
            però bisogna che vi mettiate d’accordo con voi stessi 🙂
            Il “governo del cambiamento” è fatto di ignoranti semianalfabeti o di gente istruita? Il borghese non è un signore ricco (un ricco può rappresentare la quintessenza della cozzalaggine); il borghese è un signore educato in un certo modo. E istruito: laureato o, quantomeno con un liceo alle spalle…

            Poi c’è un’antropologia: Berlusconi, Trump, ma anche lo stesso Salvini (che certo non avrà fatto l’istituto tecnico) corrisponderebbero a questo modello, ma io avrei molta difficoltà a considerarli borghesi. La borghesia è anche un codice comportamentale, uno stile, un’etica. Un borghese non è un tizio che spara su twitter tutto quello che gli salta in testa.
            Borghese è Letta, è Gentiloni (anzi, quello mi pare che è pure nobile), è Mattarella, è Saviano. E’ a suo modo anche Conte.
            Avrei qualche esitazione a considerare borghese persino Renzi: troppo italiano istrionico. Non dimentichiamoci che il vero borghese in fondo non è italiano: l’Italia nella sua essenza NON è una nazione borghese.

            • Roberto scrive:

              Mi sa che hai ragione

            • Z. scrive:

              Peucezio,

              — però bisogna che vi mettiate d’accordo con voi stessi —

              Puoi darmi del tu, e sono profondamente d’accordo con me stesso 🙂

              — Il “governo del cambiamento” è fatto di ignoranti semianalfabeti o di gente istruita? —

              Di sicuro non è fatto né di sottoproletari né di alti aristocratici. Gira e rigira, il concetto resta: il termine “borghese” è quasi sempre privo di senso, se applicato all’attualità.

              — Poi c’è un’antropologia: —

              Aah, c’è un’antropologia! Capisco 🙂

              — La borghesia è anche un codice comportamentale, uno stile, un’etica. —

              “Borghesia” è una parola vuota, che non ha più significato da molto tempo. Da molto tempo non esiste più un modello “borghese” di cultura, di società, di politica da contrapporre ad altro.

              Esistono tanti tipi di comunicazione politica e commerciale, così come esistono esche per catturare tanti tipi diversi di pesci.

              — l’Italia nella sua essenza —

              Ahh, l’essenza. A-ri-capisco 🙂

              • Peucezio scrive:

                Vabbè, allora dobbiamo metterci d’accordo sui termini.
                In pratica stai dicendo contemporaneamente che siamo tutti borghesi e che non esiste più la borghesia (poi o torto a darti del “voi” e a dirti che sei in contraddizione con te stesso 😛 ).

                Ma, seriamente, è chiaro che la mentalità borghese non è quella dell’Ottocento e neanche degli anni ’50.
                Però io un’Italia borghese e un’Italia popolare oggi ce le vedo.
                E, d’accordo, anche il popolo è cambiato moltissimo.
                Ma, insomma, c’è un mondo di gente più internazionale, dal modo di pensare più filtrato dalla scuola, dall’università e dalle idee correnti fra le élite occidentali e un mondo di gente meno “presentabile”, con idee formatesi forse guardando il Grande Fratello e X Factor, ma comunque non elaborate dalle centrali che istituzionalmente diffondono la cultura (appunto scuola, università, giornalismo mainstream, editoria… che poi sia cultura del cazzo, fatta da pennivendoli mediamente ignoranti è un altro paio di maniche; ma una borghesia degradata e culturalmente decaduta è ancora una borghesia, semmai solo più mediocre e conformista).

                Se poi quello che vuoi dire è che anche Salvini o il suo elettorato ha quelle cose che negli anni ’50 avevano solo i borghesi (automobile, appartamento di proprietà, ecc.) e che quindi gli italiani sono quasi tutti borghesi, d’accordo, ma secondo me la borghesia non è solo quello, ma è soprattutto quello che ho detto prima.
                Ma, ripeto, basta intendersi sulle etichette da dare alle cose.

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                — In pratica stai dicendo contemporaneamente che siamo tutti borghesi e che non esiste più la borghesia —

                Proprio così: siccome siamo tutti borghesi, non ha senso parlare di borghesia.

                — Però io un’Italia borghese e un’Italia popolare oggi ce le vedo. —

                Io no, a meno di non decidere – del tutto arbitrariamente – che “borghese” vale “istruito” o “ricco” o “beneducato”.

                “Borghese” è un termine che ormai anche i cosplayer delle mie parti hanno abbandonato. Aveva un senso nell’Ottocento, quando fu scritto il Manifesto; ne aveva meno nel Novecento, dove già era usato in senso più confuso.

                Oggi non ne ha nessuno.

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                tu stai dicendo che oggi non c’è più nessuno che si definisca antiborghese. Io lo faccio, ma sono un’eccezione.

                Ma questo mica significa che non ci siano più i borghesi. Purché teniamo in considerazione che sono borghesi del 2018, non dell’Ottocento.

              • Z. scrive:

                No, io sto dicendo che “borghese” (e quindi “antiborghese”) non significa più niente, e da molti anni.

                Non esiste più una borghesia contrapposta alla nobilità o al clero. Non esistono, se mai sono davvero esistiti, valori tradizionali del proletariato contrapposti ai valori tradizionali della borghesia.

                Esistono, come sempre, i ricchi e i poveri, e tutte le sfumature intermedie.

              • Peucezio scrive:

                Vabbè, ripeto, bisogna mettersi d’accordo sui termini.

                Così il Devoto-Oli:
                “Classe sociale costituita di individui che vivono esercitando il commercio, l’industria o una professione libera, oppure svolgono mansioni direttive in enti pubblici e privati: contrapposta in origine all’aristocrazia e ora spec. alla classe operaia e al proletariato, nei suoi atteggiamenti mentali e morali si ispira al culto di una serietà e solidità politica, economica e sociale, mirando da posizioni più o meno conservatrici, sempre comunque ostili a mutamenti radicali, alla difesa e al potenziamento delle proprie conquiste sociali”

                In questa definizione la borghesia attuale più o meno ci sta, se si toglie l’ultima parte (però i cambiamenti bisogna vedere a che lasso di tempo li riferisci, perché il governo del cambiamento perlappunto vuole cambiare le cose rispetto circa all’ultimo decennio, sia pure per ropirtarle a poco prima).

                Dalla Treccani:
                “borgheṡìa s. f. [der. di borghese]. – 1. Il ceto intermedio tra la nobiltà terriera e il nascente proletariato, che già sul finire del medioevo esercitava nelle città arti e mestieri, professioni, attività commerciali e produttive, e la cui ascesa si sviluppò di pari passo con il declino della società feudale, fino alle grandi rivoluzioni industriali e politiche del ’600 e del ’700 delle quali fu promotore e protagonista. 2. La classe sociale che dal 19° sec. detiene il potere economico e politico nelle società democratico-capitalistiche e che, soprattutto nella fase della sua stabilizzazione e grazie alle istituzioni politiche da essa promosse (tra cui il regime parlamentare), basate sull’uguaglianza formale, è riuscita ad esprimere istanze, bisogni e tendenze dell’intera società, pur nei conflitti con le altre classi sociali e nell’antagonismo con il proletariato. Nonostante esistano marcate differenze tra le varie borghesie nazionali e pur avendo, nel corso di più di due secoli, subìto profonde trasformazioni, la b. capitalistica (o industriale) può essere definita come la classe sociale che ha promosso e generalizzato l’impresa privata, il libero mercato e la libera concorrenza, la mobilità dei capitali, la produzione industriale e il lavoro operaio salariato, le innovazioni tecniche e il progresso scientifico (aspetti positivi, cui la critica socialista e marxista contrappone valutazioni negative soprattutto sul piano sociale, economico e dei rapporti umani). Può essere variamente denominata in base alle diverse funzioni e caratteri: b. commerciale, b. finanziaria; b. degli affari, in senso polemico, i gruppi impegnati in attività finanziarie e speculative; b. intellettuale, b. delle professioni, ecc.; inoltre, alta, piccola, media b., distinzioni che, a partire dal tipo e dall’entità del reddito, discriminano le relative ideologie, credenze, atteggiamenti, gusti, modi di vita. Attualmente, anche per le caratteristiche multinazionali della produzione e del mercato, la borghesia come classe ha cessato di essere una categoria sociologica riconoscibile ed efficace, per cui espressioni come b. multinazionale si riferiscono più a gruppi di potere economico e finanziario che non a una vera e propria classe con una sua specifica cultura, ideologia, ecc. 3. estens. Classe sociale tradizionalista e moderata. 4. non com. La vita civile, o l’insieme dei civili, in contrapp. alla vita militare e ai militari.”

                Questi sono un po’ più d’accordo con te, nel senso che effettivamente oggi le acque sono un po’ più mischiate. Però anche loro danno definizioni che possono in parte applicarsi alla borghesia attuale, anche se fanno un discorso prevalentemente storico.

                Io, se devo sbilanciarmi, direi che ciò che definisce la borghesia, oggi come ieri, è un principio di rispettabilità esteriore e di conseguente tendenza allo scandalo rispetto a ciò che non vi si conforma.
                Salvini non si preoccupa di fare la figura dell’uomo rispettabile. E neanche i suoi elettori.

              • Z. scrive:

                Ma sì, Peucè: se decidi che “borghesia” vuol dire “bianco” allora sono “borghesi” il latte, il muro e il Pignoletto e “antiborghesi” la notte, il petrolio e il Chianti 🙂

              • Peucezio scrive:

                Appunto.
                La cosa vale specularmente 😛

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                — Appunto.
                La cosa vale specularmente —

                Ma certo, vale per tutti.

                Per questo non cerco di attaccare etichette prestampate tipo “borghese”, per poi dar loro il significato che più mi piace…

              • Peucezio scrive:

                Vabbè, non ne verremo mai a capo.

                Insomma, per te noi e il tamarro discotecaro di periferia che ha fatto l’istituto tecnico siamo tutti borghesi, oppure non lo siamo nessuno dei tre?
                Cioè non è che le acque si sono un po’ mischiate, le differenze annacquate rispetto a qualche generazione fa; per te si sono proprio azzerate?
                Che ti devo dire… interpretazioni sociologiche.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Cioè non è che le acque si sono un po’ mischiate, le differenze annacquate rispetto a qualche generazione fa; per te si sono proprio azzerate?”

                Sarà che a Firenze vedo ancora una discreta “borghesia”, peraltro inseparabile da un’aristocrazia di origine comunque “borghese” anche se nel Trecento non si usava questo termine.

                Ma un mondo di gente che vive in splendidi palazzi, che manda i figli a studiare all’estero da generazioni, che da una parte è gentile e ospitale, ma dall’altra non riesce proprio a capire i problemi della “piccola gente”, che incroci alla Soprintendenza perché devono sistemare chi sa quale bega della loro ennesima villa in campagna… beh, questa gente esiste eccome.

                Non sono i tamarri, ma non sono nemmeno gli intellettuali di sinistra di cui parla Peucezio.

              • Z. scrive:

                Peucè, quello che hai descritto è un ragazzo, adolescente o al più adultolescente 🙂

                Quando avrà trenta, quarant’anni chissà.

                La mia impressione è che la società si sia molto confusa e amalgamata sul piano culturale, senza per questo diventare meno classista, anzi.

              • Peucezio scrive:

                Quando avrà quarant’anni sarà un cozzalo di quarant’anni.
                Pieno di tatuaggi, con un italiano povero, ecc., come ce ne sono tanti già adesso.

              • Zhong scrive:

                Una domanda:

                Quelli che Miguel chiama “ceto intellettuale subalterno” farebbero parte della borghesia?

                Immagino dipenda dalla posizione che hanno, ovviamente c’e’ differenza tra un prof ordinario della sapienza, e un docente delle scuole elementari di un paese di provincia…

              • Peucezio scrive:

                Zhong,
                “Quelli che Miguel chiama “ceto intellettuale subalterno” farebbero parte della borghesia? ”

                Io direi che SONO la borghesia.
                Poi bisogna vedere se il maestro elementare di provincia sia davvero ceto intellettuale, o non sia solo una specie di funzionario pubblico, come l’impiegato delle poste. Ma su professori di scuola superiore e soprattutto tutto il mondo dell’università, del giornalismo, ecc., non avrei dubbi.

                Comunque io direi che il discrimine è il liceo e la laurea (forse più il primo che la seconda, perché in genere uno che ha fatto l’istituto tecnico e poi si è laureato si nota che non è colto – con tutte le eccezioni del caso – mentre uno che ha fatto il classico o anche lo scientifico e non ha fatto l’università in genere si nota che ha un retroterra abbastanza solido).

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                ““Quelli che Miguel chiama “ceto intellettuale subalterno” farebbero parte della borghesia? ”

                Io direi che SONO la borghesia.”

                Insomma, significa ciò che vogliamo che significhi, ma forse è meglio mettersi d’accordo prima.

                Per un marxista, “borghese” significa chi controlla i mezzi di produzione.

                Per Peucezio, “borghese” significa persona economicamente subalterna che campa precariamente di chiacchiere (tipo me, per capirci, ma mettiamo anche quello su un milione tra di noi che ogni tanto riesce a fare un po’ di soldi, tipo Vittorio Sgarbi).

                Io personalmente scelgo di usare “borghese” per indicare uno stile di vita, ampiamente diffuso a cavallo tra ottocento e primo novecento, che comprende endogamia (con possibilità di poligamia non ufficializzata ma rispetttata, talvolta concessa anche alle signore), adesione a istituzioni ecclesiastiche o logge massoniche, un’ottima dizione e studi tanto duri quanto inutili, la conoscenza di varie lingue (a partire dal latino) e un comportamento corretto e attento con basso tasso di bestemmie e parolacce.

                Ovviamente tutte queste definizioni sono incompatibili tra di loro, e questo crea il piccolo problema che quando io dico “borghese” Peucezio pensa all’assistente universitaria precaria quarantaquattrenne calabrese che attualmente gode di una borsa di studio di 800 euro al mese in Finlandia, ma spera un giorno di poter mettere su casa con il suo compagno di lungo corso, che si trova a Boston perché l’università gli ha pagato il solo biglietto e soggiorno per un seminario.

                Magari sarebbe meglio negoziarle prima le definizioni, in modo che ci capiamo tutti.

              • PinoMamet scrive:

                “Poi bisogna vedere se il maestro elementare di provincia”

                quanto si vede che sei milanese, Peucè..

                i maestri elementari, a dire il vero, credo siano una delle categorie più motivate e più efficienti del “corpo docenti”.

                è alle Medie che disimparano tutto… (e non per colpa dei professori, che poi hanno fatto la stessa identica trafila dei colleghi delle Superiori e vengono, per così dire, pescati dallo stesso vivaio).

                Quanto alla “provincia”, a dire il vero a me pare che in Italia, di solito, sia la riserva delle cose che funzionano e del buon senso.
                Comunque gli Uffici scolastici, ex Provveditorati agli Studi, non è che fanno selezioni genetiche per vedere se sei della provincia o no… c’è una graduatoria ecc.

                nella stessa scuola di provincia, anche di provincia isolata, può finirci l’insegnante neo assunto senza esperienza, per sfortuna, o quello espertissimo che ha finalmente ottenuto il posto sotto casa.
                E non è detto poi che quello senza esperienza sia il peggiore…
                non c’è una regola.

              • PinoMamet scrive:

                Invece concordo sulla Laurea…

                se uno ha fatto una scuola tecnica o professionale, e poi si laurea in Scienze dell’alimentazione o in Marketing o che se io, esiterei molto a definirlo “ceto intellettuale”.
                Se ha fatto Lettere o Giurisprudenza o Medicina…. non dovrebbe averla fatta, prima di tutto, e vada ad accendere un cero a chi crede lui.
                Ma non provi a spacciarsi per intellettuale…

              • Francesco scrive:

                Miguel

                credo che il “borghese secondo Marx” si possa tranquilla definire come “capitalista”

                mentre la caratteristica del borghese credo dovrebbe essere culturale prima che economica, molto prima

                uno borghese può ammazzare un uomo ma non un congiuntivo: ti va bene?

                ciao

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “uno borghese può ammazzare un uomo ma non un congiuntivo: ti va bene?”

                OMDAF!

                Chi non ammazza congiuntivi, è probabile che si dedichi al Diritto, o diventi Notaio; ma è anche possibile che si dedichi a leggere Derrida, ovviamente in francese, e in questo caso, diventa il borghese di Peucezio.

                Ma sospetto che sia un caso minoritario.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “credo che il “borghese secondo Marx” si possa tranquilla definire come “capitalista””

                Mi dicono che “capitalismo” e “capitalista” fossero due parole che Marx evitava di usare. Non so se sia vero, non ho la minima intenzione di leggermi l’Opera Omnia del tizio per appurarlo.

                Se proprio devo leggere testi dell’Ottocento, preferisco le geniali fantasie di Thackeray, o le riflessioni di Vernon Lee o di Ruskin.

                Vernon Lee aveva in grande antipatia Ruskin e le sue idee (e su alcuni punti le do anche ragione), ma Ruskin era dotato di uno splendido sense of humour, per cui è un godimento leggere le sue riflessioni.

                Marx era una palla, anche se ogni tanto si resta sbigottiti di fronte a quante cose lui, che viveva in fondo ancora nel Medioevo, aveva intuito di ciò che stava per succedere.

              • Zhong scrive:

                Solo per chiarire la definizione, per come l’ho capita io.

                Il “ceto intellettuale subalterno”, e’ composto da tutti coloro che:
                1) usano l’intelletto in maniera creativa, ma
                2) sono dipendenti e possono essere licenziati (cosa che li differenzia dagli artisti, e dai traduttori freelance 😀 ).

                E’ una definizione geniale che andrebbe studiata a scuola.

                Indipendente dall’appartenenza alla borghesia, mi piacerebbe poterne capire di piu’: quanti sono costoro? chi li rappresenta (cinque stelle? il PD???)? quali sono le classi nemiche?

                Zhong

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                c’è stato un fraintendimento.
                Io l’ho paragonato al funzionario non perché non glie ne frega niente ed è poco motivato e incompetente, ma perché non ha un vero ruolo nel diffondere le idee e non ha forse neanche la preparazione per farlo.
                Non è un operatore culturale, in sostanza, ma uno che insegna ai bambini le lettere dell’alfabero e le quattro operazioni. Poi magari lo fa benissimo, con dedizione e competenza: non ho motivo di dubitarne.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                mah, secondo me non parliamo di cose in fondo diversissime.
                E’ un po’ quello che dicevi tu quando contrapponevi noi con le pile di libri sulle spalle agli zingari o agli analfabeti in genere.
                Solo che io credo che, oltre al dualismo fra culture orali e basate sulla scrittura, che resta la divisione antropologica fondamentale, anche all’interno delle società con la scritura ci siano sfumature interne.
                Insomma, ci sono ceti e ambienti dove trovi gente che si capisce che fa fatica a concentrarsi su un libro, mentre si guarda un film d’azione o una serie con disinvoltura e gusto. Che se parli con un lessico di più di mille parole, non capisce nemmeno cosa dici. E dietro tutto ciò va un tipo di gusto nel vestire, nell’arredare la casa, nel tipo di automobile, nelle idee politiche, nelle scelte lavorative, familiari, di vita, nel modo di esprimersi e di gestire, ecc. ecc.
                Insomma, non vorrai mica dirmi che i tuoi amici calcianti sono come la ricercatrice precaria con tutti i suoi trimoni mentali.
                E’ evidente che, per quanto profondamente diversa sia la ricercatrice precaria dal borghese ottocentesco, insomma, a me pare evidente che entrambi hanno una capacità di accostarsi in modo mediato e critico a una serie di cose, che il calciante non ha (ma in compenso ha molto più senso pratico e sa risolvere una serie di situazioni rispetto alle quali l’una e l’altro non saprebbero come sbrigarsela).

                Ti ho già parlato di quella mia amica educatrice/assistente sociale di Bari cui una sua assistita sulla ventina d’anni, già madre di tre figli, quando lei le aveva illustrato i vantaggi del prendere il diploma di scuola media, le aveva risposto: “ce i a fà la sscenziàte iì??” (trad.: “Che, devo fare la scenziata io??”).
                Ecco, qui siamo fuori da un orizzonte borghese (o comunque lo vuoi chiamare) che accomuna il signore dell’Ottocento coi baffi a manubrio (come dice non ricordo se Pino o Moi o entrambi) e la ricercatrice precaria.
                Non trovi?

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “mah, secondo me non parliamo di cose in fondo diversissime.
                E’ un po’ quello che dicevi tu quando contrapponevi noi con le pile di libri sulle spalle agli zingari o agli analfabeti in genere.”

                Ma infatti se trovassimo delle definizioni concordate, il novanta per cento dei nostri disaccordi svanirebbe nel nulla.

                E su alcune cose, come quelle che citi, siamo profondamente d’accordo.

                Come sono ovviamente d’accordo sul fatto che esista un diffuso modo di pensare narcistista, vittimista, individualista, autoreferenziale, “psicologico” nel senso deteriore della parola, che mina ogni senso sociale o comunitario – su questo, da leggere Richard Sennett, “The Fall of Public Man”.

                Solo che io (come Sennett) non guardiamo tanto il topo delle maestre precarie sinistre-subalterne-buonista, ma la montagna.

                Prendiamo solo un aspetto:

                l’esistenza di innumerevoli individui di specie umani, abituati come se fosse una cosa ovvia, a entrare dentro corazze di una tonnellata di acciaio, riempite di quanto ci resta di milioni di animaletti di tempi andati, a chiudere la chiave e partire per un viaggio da A a B che considera ogni punto intermedio solo un ostacolo fastidioso.

                Queste folli corazze di una tonnellata di acciaio hanno cambiato la testa della gente in un modo che tutte le maestrine del pianeta non avrebbero mai potuto fare.

              • Peucezio scrive:

                Zhong,
                secondo me l’essere dipendenti non c’entra, c’entra lo studio.

                E’ borghese sia l’insegnante che il grosso imprenditore, purché sia il tipico imprenditore laureato (probabilmente in economia, ecc.).

                Non ci metto dentro l’imprenditore fattosi da sé, con la Terza Media o diplomatosi alla meno peggio in un istituto tecnico.

              • Zhong scrive:

                @Peucezio

                Io parlavo del “ceto intellettuale subalterno”non della borghesia. Essere licenziabili, o comunque avere poco potere sulla propria condizione, e’ indicato dal termine “subalterno”.

  39. Peucezio scrive:

    Però suona bene yippy, yuppy. 🙂

  40. Z. scrive:

    Grazie Martínez.

    Sapevo di poter contare su di te.

    https://www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/26-12-2018/inter-napoli-1-0-gol-lautaro-koulibaly-insigne-espulsi-3101565049455.shtml

    E la Gioventù bianconera prosegue la sua incessante marcia trionfale.

  41. PinoMamet scrive:

    “Era il principale problema di Firenze, e infatti tutti i riformatori liberali poi diventati fascisti avevano il progetto di sventrare questo quartiere, di distruggere le casette che producevano solo tubercolosi e delinquenza.”

    proprio stamattina sentivo un’anziana usare l’arcaico termine parmigiano “capannone!” per etichettare una persona come “coatta” o “sguaiata”.
    Che poi l’etimologia di “coatto” c’entra, come anche i pregiudicati d’Oltrarno.

    “Capannoni” erano infatti gli abitanti dei quartieri poveri e malsani dell’Oltretorrente; il quartiere (che esiste ancora ed è ancora popolare e multietnico) fu in effetti sventrato e parzialmente ricostruito in epoca fascista, e molti abitanti furono trasferiti nell’immediato fuori città (di allora) in costruzioni di edilizia popolare forse altrettanto fatiscenti dei quartieri distrutti, i famosi “capannoni” appunto;

    il termine passò in un attimo a indicarne gli abitanti, e quindi il modo di fare rozzo, rumoroso, e volgare associato a loro.

  42. PinoMamet scrive:

    Cito Peucezio che dice:

    “L’essenza del marxismo sta nella sovversione ebraica. La difesa dei lavoratori è un pretesto.”

    Senza polemiche: ma cos’è la “sovversione ebraica”?? Proprio come concetto, mi riesce difficile da concepire. Non dico di dimostrarmi che esista (tranquillo, Peucè: non esiste) ma almeno di spiegarmelo.

    Dirmi “tanti comunisti russi erano ebrei” non è una risposta: non spiega niente, semmai pone delle altre domande; e sicuramente non è una definizione di “sovversione ebraica”, cioè di cosa gli ebrei vogliano sovvertire; in quanto ebrei, e perché.

    • Peucezio scrive:

      Beh, ma l’ho spiegato nella risposta a Miguel più sopra:

      “Miguel,
      “Non penso che il comunismo inglese, italiano, cinese, sudanese, francese, spagnolo, greco, jugoslavo, vietnamita, iracheno, iraniano, cambogiano, turco o mongolo abbiano avuto particolari influenze ebraiche.”

      Questo sostanzialmente è vero[..]”

    • PinoMamet scrive:

      L’ho letta ora (la discussione comincia a diventare un po’ lunga, è difficile raccapezzarsi);

      ma a dire il vero non è che mi sia chiarissima.
      Cioè tu dici, in sintesi, che gli ebrei avrebbero sviluppato delle dottrine ad usum gentilium che mirano a sovvertire le tradizioni;
      immagino per imporre poi un loro dominio, altrimenti non ne vedo uno scopo.

      L’idea mi pare avere delle aporie così evidenti che ci vuole molta… buona volontà 😉 per non vederle.

      La più evidente: non esistono “gliebrei” come blocco unico, e se già si fa fatica a trovare dei punti in comune tra il pensiero razionalista di Maimonide e quello mistico-esoterico dei seguaci della Cabbala lurianica- entrambi tradizionali e religiosi- figuriamoci Marx…
      l’idea che poi Marx abbia creato la sua dottrina per permettere agli ebrei religiosi (che credo odiasse) di imporre la loro visione del mondo (che sicuramente odiava) agli ebrei; e un dominio sugli altri popoli (mentre il marxismo sostiene l’esatto contrario);
      e che questo si sia avverato nella Russia sovietica, nella quale gli ebrei religiosi e quelli nazionalisti furono parimenti discriminati e deportati in Siberia;
      e che ha importato il suo sistema di pensiero in nazioni dove di ebrei non c’era ombra;
      e ha poi sostenuto con soldi, armi, bagagli, jet, piloti, missili… i paesi che hanno militarmente attaccato Israele…

      ecco, mi apre che ci voglia molta, molta, molta buona volontà 😉 per crederci.

      Si fa prima a credere che questa ennesima versione del complotto ebraico sia semplicemente una balla, Peucè.

      • Miguel Martinez scrive:

        Per PinoMamet

        “immagino per imporre poi un loro dominio, altrimenti non ne vedo uno scopo.”

        “Dominare” è un’intenzione positiva.

        Calcola che in genere chi è contro qualcuno, pensa che quel qualcuno sia necessariamente mosso da obiettivi negativi.

        Questo complica la faccenda: il centrosocialista crede davvero che i giovani di Casa Pound siano mossi da un puro e quasi idealistico odio per omosessuali, neri e “diversi”. E il giovane di Casa Pound è altrettanto convinto che il centrosocialista agisca solo per diffondere droga e far stuprare donne italiane da immigrati.

        Quindi chi si preoccupa dell’azione sovversiva degli ebrei, non credo che tema tanto il “dominio” (qualcuno deve pur “dominare” visto che l’umanità è gerarchica), quando proprio la “sovversione”, l’odio eterno che si presume gli ebrei provino nei “nostri” confronti.

        • Z. scrive:

          Il giovane centrosocialista pensa che quelli di CPI siano feccia con ideali odiosi. È un pensiero ampiamente condiviso, in realtà.

          Cosa pensino a CPI non saprei, né mi sembra particolarmente importante.

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Z

            “Il giovane centrosocialista pensa che quelli di CPI siano feccia con ideali odiosi. È un pensiero ampiamente condiviso, in realtà.

            Cosa pensino a CPI non saprei, né mi sembra particolarmente importante.”

            Il giovane di CPI pensa che quelli del Gambia siano feccia con ideali fondati sul sacrificio umano, arrivati qui per stuprare le donne e spacciare droga. È un pensiero ampiamente condiviso, in realtà.

            Cosa pensino i gambiani non saprei, né mi sembra particolarmente importante.

          • Z. scrive:

            Miguel,

            — Il giovane di CPI pensa che quelli del Gambia —

            “Quelli del Gambia” non sono un gruppo ristretto e omogeneo di militanti politici, ma cittadini di un intero Paese che ne conta oltre due milioni.

            Presumo pensino cose molto diverse tra loro, gli uni rispetto agli altri.

            Penso anche che gran parte degli italiani non sappia dove sia il Gambia, e che molti di loro neppure sappiano che esista. Dubito che abbiano particolari teorie sui gambiani.

            Il mondo è asimmetrico, e se tenti di raffrontare diversi movimenti politici probabilmente non vi trovi simmetria. Figurati a raffrontare un piccolo movimento politico e un pur piccolo Stato sovrano 🙂

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Z

              “Il mondo è asimmetrico, e se tenti di raffrontare diversi movimenti politici probabilmente non vi trovi simmetria. ”

              Ma infatti.

              Dove trovo sempre però la simmetria è nella visione positiva che abbiamo delle intenzioni dei “nostri” (comunque definiti) e negativa che abbiamo delle intenzioni dei “loro”.

              Ma se tutti i “noi” – comunque definiti – hanno sempre le migliori intenzioni, dove sono quelli con le cattive intenzioni?

              Poi le “buone intenzioni” possono essere di ogni tipo, dall’aiutare le donne a decidere del proprio corpo al salvare le vite dei feti che si vorrebbero abortire, dal aiutare le vecchiette a sentirsi sicure con uno spray al peperoncino, ad aiutare chi sbaglia a non andare alla “scuola di delinquenza” che sarebbe il carcere.

              • Z. scrive:

                Miguel,

                — Dove trovo sempre però la simmetria è nella visione positiva che abbiamo delle intenzioni dei “nostri” (comunque definiti) e negativa che abbiamo delle intenzioni dei “loro”. —

                No, non sono d’accordo nemmeno questo 🙂

                A molti fascisti – sostituisci pure col sinonimo che meglio credi, non mi interessa la nomenclatura – le “buone intenzioni” non interessano affatto: gli interessa soprattutto menare. Lo dicono loro stessi, e lo dicono spesso. Infatti tra i picchiatori da stadio è più facile trovare tifosi di estrema destra che non tifosi di estrema sinistra.

                Non c’è simmetria: dalla parte opposta certe cose non si dicono. Ma alle volte si fanno: anche dalla parte opposta, infatti, si trovano alcune persone interessate soprattutto a menare.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “A molti fascisti – sostituisci pure col sinonimo che meglio credi, non mi interessa la nomenclatura – le “buone intenzioni” non interessano affatto: gli interessa soprattutto menare.”

                Ma ogni ambiente ha delle proprie patologie, non necessariamente simmetriche: conosco gente di sinistra cui interessa soltanto farsi di varie sostanze e rubacchiare perché così si vendicano dei torti che dicono di aver subito dalla società. E probabilmente a destra non c’è un equivalente, perché il vittimismo, anche quando diventa vendicativo, è mal visto.

                Ma tu hai parlato degli ideali, e non esiste movimento ideologico che non ne abbia.

                A volte sono espressi in forme complesse e astratte, come gli ideali del PMLI o dei cattolici sedevacantisti; a volte in forme immaginifiche e poetiche, come gli anarchici o Casa Pound, a volte in “pillole di positività”, come Salvini o Bergoglio.

                Gli ideali poi sono una cosa complessa: sono quasi sempre autentici, ma intrecciati con tante altre cose, da diventare quasi sempre almeno in buona parte in malafede – pensiamo a tutto il mondo del volontariato, che se non credesse di fare una cosa buona, si troverebbe disoccupato da un giorno all’altro.

                Ma ripeto, gli ideali sono per definizione positivi, anche quando poi non sono conciliabili con gli interessi degli altri – citavo il caso dell’antiabortista di Forza Nuova che vuole salvare “le vittime più indifese di tutte”, contro la femminista che difende il diritto delle donne a non farsi comandare nel potere sul proprio corpo.

                Poi ti arriva la coppia omosessuale maschia ricca che per definizione non abortisce, compra il corpo di una donna per nove mesi per farci dentro un bambino che poi si portano via e chi si è visto si è visto… E qui di nuovo, la coppia dice, “ma noi abbiamo il diritto di essere genitori come tutti gli altri, e comunque la donna di cui abbiamo comprato il corpo era consenziente e ha firmato pure un contratto”. E anche in questo caso, abbiamo un ideale positivo, che pure sembra mostruoso tanto al forzanovista quanto alla femminista.

              • Peucezio scrive:

                Sì, come no!
                Io poi più di tutti.
                Se ogni giorno non esco di casa e non meno almeno una decina di persone, la sera vado a letto scontento, come se avessi buttato via la giornata.
                E i camerati che ho conosciuto negli anni, stessa cosa.

              • Z. scrive:

                Peucè, tu non sei un camerata.

                Sei un borghese a cui piace spiazzare gli altri borghesi, come si usava nel Sessantotto!

                Sei solo un po’ fuori dalla tua epoca, ma non sei un fascista 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “Sei solo un po’ fuori dalla tua epoca, ma non sei un fascista ?”

                Mi poni un problema drammatico: io credo al diritto all’autocertificazione.

                Come non accetto il diritto dell’Isis di dire che “gli sciiti non sono veri musulmani”, non accetto il diritto degli sciiti (o della Boldrini :-)) di dire che quelli dell’Isis “non sono veri musulmani”.

                Salvo nel caso in cui esista un’organizzazione centrale, con un sistema giuridico tale da decidere chi “è dentro e chi è fuori”.

                Se io dicessi, “sono del PD!” direi il falso, e basterebbe il segretario della sezione Oltrarno del PD a smentirmi (vabbe’, ha lasciato anche lui il partito, e la sede l’hanno chiusa).

                Insomma, se Peucezio si dichiara fascista, lasciamo che lo sia.

                Casomai, il problema sorge quando Tizio dichiara che Caio – che nega di esserlo – è “fascista”.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                “Casomai, il problema sorge quando Tizio dichiara che Caio – che nega di esserlo – è “fascista”.”

                Vuol dire che non lo è. Per lo stesso motivo.

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                ““pillole di positività”, come Salvini o Bergoglio.”

                Bellissimo l’accostamento!
                Alla fine parlano entrambi per slogan in effetti e cercano di piacere e di applicare i buoni sentimenti.
                Salvini però non l’hanno fatto papa…

              • Z. scrive:

                Miguel,

                — Insomma, se Peucezio si dichiara fascista, lasciamo che lo sia. —

                Ma sì, ma sì…

                Intendo dire che come “fascista” è molto irrituale, e probabilmente il fascista medio non lo prenderebbe sul serio.

                Poi ognuno può definirsi come crede, mica è un problema per me 🙂

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                ahah, come se non l’avessi frequentato e vissuto dall’interno quell’ambiente. 🙂

                Seriamente, ho conosciuto gente di Forza Nuova, della Fiamma Tricolore, dell’allora incipiente Casapound, gente di formazioni più piccole e marginali, Skinhead, cani sciolti vari, ho fatto pure la guardia d’onore a Predappio…
                Ricordo quando venne il nostro vescovo sedevacantista a Milano per amministrare le cresime e vennero dal Veneto dei ragazzi del Veneto Fronte Skin; ce n’era uno che era un fascio di muscoli dalla testa ai piedi.

                Esistono certe caratteristiche che distinguono il camerata dal “kompagno”: è mediamente un po’ più ingenuo, meno smaliziato, meno scaltro.
                Poi chiaramente c’è un po’ di tutto anche lì: gente infida, gente violenta, col pelo sullo stomaco, poi i soliti millantatori, i ducetti che vorrebbero comandare su altri due o tre sfigati…
                Ma, insomma, il tipo medio mi sembra mediamente più pulito, più sincero del tipico rosso da centro sociale, meno violento (psicologicamente, poi magari in palestra ci va di più, quindi se si incontrano, il rosso le piglia) e meno giudicante.
                Dà più l’idea insomma di una persona comune, malgrado sia molto marginalizzato. Invece la zecca dà l’idea di uno che si sente dalla parte della ragione in un mondo che considera sporco e da depurare (ovviamente in base al suo capriccio, al suo personalissimo senso etico) e che quindi, per fare questo, è capace di qualunque nefandezza. Poi forse non è così (negli anni ’70 i morti li hanno fatti davvero, ma oggi non ammazzano nessuno), ma in ogni caso io sento una paura fisica nei confronti di quella gente, come avrei paura di una belva feroce, mentre i camerati non mi hanno mai suscitano nessuna inquietudine, nemmeno quelli stra-palestrati, pelati, iper-tatuati.
                Dice: vabbè, ma tu sei uno di loro, per forza. sarà anche… Ma l’appartenenza ideologica non mi impedirebbe di sentirmi a disagio in un ambiente che percepissi come ostile o comunque violento (la violenza è una cosa sottile, non sempre esercitata o esibita materialmente).

              • PinoMamet scrive:

                Mah…
                nella mia esperienza universitaria, direi che i politicizzati di destra estrema- i fasci, insomma- erano sicuramente più sfigati, nel senso di marginalizzati e ridicolizzati; erano, a volte, anche dei bersagli facili, con i loro vezzi demodè e le loro esternazioni di un’ingenuità disarmante.

                Invece i politicizzati di sinistra contenevano un’indubbia percentuale di stronzi.

              • PinoMamet scrive:

                C’erano anche quelli della formazione vicina a CL, che erano sfigati e stronzi;

                e quelli della formazione vicina al PD o come si chiamava allora, che erano…
                beh, piddini.

              • Peucezio scrive:

                In forma meno edulcorata, ma in pratica hai avuto la stessa esperienza mia.
                Beh, quelli che ho conosciuto io a dire il vero non erano i tipici sfigati; magari qualcuno sì, ma la maggior parte erano persone normali, nella media. Qualche pazzo un po’ esaltato, questo sì…
                Non erano neanche i tipici tipi “fighi”, questo neanche.

        • Peucezio scrive:

          Miguel e Pino,

          Miguel, hai colto il punto, ma devo comunque farti un rilievo 🙂
          Non si tratta dell’odio dell’ebreo per il gentile, ma dell’odio dell’ebreo per l’ordine in sé, infatti poi le conseguenze ricadono anche sull’ebreo stesso.

          Pino,
          ma infatti on devi pensare a gente tutta con lo stesso programma, che si mette a tavolino, tutti d’accordo fra loro, e attuano il piano punto per punto. Forse questo in certe fasi è davvero avvenuto, ma ha un ruolo del tutto secondario: la storia funziona in base a dinamiche spontanee.
          Marx non era uno che attuava un piano degli ebrei religiosi per garantire ai suoi correligionari il dominio del mondo.
          Marx aveva un’indole ebraica e come tale operava, seguendo la sua intrinseca natura, per la sovversione e la dissoluzione. E gli altri ebrei marxisti si sentivano in sintonia con lui e organizzavano rivoluzioni marxiste per lo stesso motivo.
          Poi è vero che gli ebrei sono una minoranza che tende spesso a coordinarsi o quantomeno a sostenersi recuprocamente (ma non sempre, anzi, non di rado entrano in conflitto fra loro). Ma non si deve pensare appunto a un piano creato a tavolino di cui tutti gli erbei con qualche ruolo pubblico importante si mettono ad attuare, in perfetto accordo fra loro.
          Tra l’altro io credo che l’essenza ebraica della nostra civiltà dipenda fondamentalmente dai gentili, cioè dalla Riforma Protestante, che, recuperando l’Antico Testamento, ha giudaizzato l’Occidente. In quello gli ebrei dell’epoca non hanno avuto nessun ruolo o minimo, almeno in origine (Lutero li odiava, anche se il loro libro a quanto pare non gli faceva certo schifo). Ma ciò non toglie un principio di responsabilità (il monoteismo l’hanno inventato loro, la Bibbia l’hanno scritta loro, ecc.).

          Comunque la cosa che apprezzo moltissimo di te, fra le altre, è che tu in queste discussioni ti astrai completamente dalla tua appartenenza religiosa e analizzi le questioni con spirito del tutto obiettivo, razionale e spassionato, come potrebbe fare chiunque sia totalmente estraneo al mondo ebraico.

    • PinoMamet scrive:

      In ogni caso vale la stessa risposta che si usava dare, temporibus illis, agli anti-islamisti.

      Parlare di “pensiero ebraico” o “islamico” equivale a parlare di “pensiero cristiano” mettendoci dentro tutto quello che va da San Paolo a Jung passando per Benetton e Walt Disney e Rousseau.

      Poi uno si immagina un complotto dei “cristiani”, così definiti, per dominare il mondo…

      • Peucezio scrive:

        No, però è vero che il cristianesimo, persino nei più laicisti, dà il segno della nostra civiltà.
        Anzi, non ci sarebbe stato Voltaire, ma nemmeno la Bonino, senza Cristo.

      • PinoMamet scrive:

        Va bene, ma allora, come dire, “vale tutto”;
        e si può dire tranquillamente che il “complotto cristiano per dominare il mondo” sia perfettamente riuscito:

        viviamo in un mondo decisamente cristiano, assai più di quanto sia ebraico: milioni di giapponesi e di indiani, che pensano magari che Babbo Natale sia il papà di Gesù, fanno foto ai loro alberi di Natale e si augurano Merry Christmas in inglese (davvero!).

        • Peucezio scrive:

          Io però non ho mai parlato di complotto. Poi penso ci siano anche quelli, ma non bisogna né negarli, né sopravvalutarli.

          Io ho parlato di sovversione ebraica. Potremmo formulare così: la nostra civiltà è informata di cristianesimo in senso indiretto (in senso diretto non più, anzi, è orientata in senso anticristiano), quindi, indirettamente (e direttamente tramite le nuove dottrine degli ebrei: marxismo, ecc.) di spirito ebraico.

          Semmai ciò cui non è più informata è il cattolicesimo, questo no: in un certo senso è informata al cristianesimo primitivo e al protestantesimo.

        • PinoMamet scrive:

          “Io però non ho mai parlato di complotto.”

          Sì, lo so, è un’esagerazione a scopo di comprensione 😉

          Ma a maggior ragione: non c’è un complotto cristiano come non c’è un complotto ebraico.
          Ci sono invece idee cristiane (molte) e ebraiche (più di qualcuna) che hanno dato forma alla nostra società-
          ma detto così, ammetterai, suona diverso che parlare di “sovversione ebraica”.
          In effetti non mi pare che la sovversione sia un’idea particolarmente ebraica, a meno di fare lunghi giri di idee blondettistici.

          Invece mi pare che nel mare magnum dell’Ebraismo ci sia anche una certa visione, come dire, smitizzante, spoetizzante della realtà, che viene privata di tutto il “divino” pagano, inerente agli oggetti stessi (astri, animali, natura…) perché in contrasto con il divino di provenienza trascendente.

          C’era una cantante russa-newyorkese che citai anni fa, ebrea: Regina Spektor. Da piccola è stata educata proprio nelle scuole ebraiche. Fa una canzone su Sansone, che nella sua versione si mette insieme a Dalila e non ci pensa più, e non viene più citato (notare l’accoppiata, così americana ma anche così ebraica) “nella Bibbia e nei libri di Storia”.

          Bene, nella sua canzone Sansone e Dalila guardano le stelle, ma “they’re just old lights”, sono solo vecchie luci.

          Ecco, una visione così spoetizzante, così quasi scientifica, credo sarebbe difficile trovarla in una canzone di un cantante, che so, italiano cattolico (o anche agnostico).

          Questa sì mi pare una caratteristica molto ebraica.

          • Peucezio scrive:

            E ti pare poco?
            Questa è proprio la radice della distruzione del mondo.
            Perché se il mondo non è sacro, lo si può distruggere.

          • PinoMamet scrive:

            Sì, beh, non è che sei obbligato a distruggerlo però! 😉

            Logicamente intervengono molti altri fattori (l’ebreo sarebbe chiamato ad elevare il mondo…)

            però in effetti il mondo ebraico ortodosso- un po’ come quello musulmano- dà quest’idea: il locale può essere spoglio e brutto, perché la parte importante è il Libro che c’è dentro- anzi, meglio che sia spoglio, basta che sia pulito.

            Forse, e sottolineo forse, ancora più dell’Islam l’ebraismo ortodosso trasmette questa idea quasi- uso una parola un po’ a sproposito- di schizofrenia dei gusti:
            l’ebreo ortodosso non si cura di apparire come un figuro piuttosto triste, esile, chiuso in una cupa palandrana, chino tutto il giorno sui libri, perché nel mondo vero (il futuro, l’aldilà, o il tempo messianico- oppure itempi biblici o, più ancora, dei saggi del Talmud) sa di essere un ghibbòr, un eroe guerriero, un re.

            • Peucezio scrive:

              Certo.
              Ma poi arriva ‘sto tempo vero?
              E soprattutto arriva anche per i gentili?

            • PinoMamet scrive:

              E che ne so? 😀

              A parte gli scherzi, tieni presente che sto parlando di una parte esigua del mondo ebraico odierno;

              lontana anni luce non solo dagli amici israeliani che mandano auguri di Natale e mangiano spaghetti alle vongole, ma anche dagli ebrei italiani, ortodossi praticanti, che scrivono acute recensioni di film o libri sui media ebraici, o articoli informatissimi di lode o di opposizione a Salvini sui medesimi…

              ma, in qualche misura, quella piccola parte (non so se nei secoli passati molto più estesa percentualmente) rappresenta un po’ l’ebreo vero, ideale. Almeno secondo loro! 😀

              Ecco, l’impressione è che questi dei non ebrei parlino pochissimo, sia in positivo che in negativo. Non ne sono particolarmente interessati, punto.

              Si tratta di un mondo esegetico tutto intra-biblico, dove non ci si riferisce mai ai musulmani (le rarissime volte in cui ci si debba riferire a loro) ma ad “Ismaele”, e non ai cristiani, ma ad “Esaù”, per capirci…

  43. PinoMamet scrive:

    Una nota sul Fascismo: leggo le varie vite dei personaggi linkati da Miguel, e mi capita quella di Ettore Muti.

    E mi stupisce la diversità del tipo umano (che doveva essere molto diffuso in Italia all’epoca, dopo, ma anche prima della Grande Guerra) con quelle che vengono presentate come caratteristiche tipicamente italiane a partire dal Secondo Dopoguerra
    (la furbizia smaliziata, un certo pacifismo sempre “equidistante” o “equivicino” come diceva qualcuno, il familismo con il nucelo famigliare posto al di sopra di tutto, lo stare lontano dai guai e dai pericoli “mica come gli americani” ecc.)

    Si potrebbe anche credere che il Fascismo abbia imposto (per risuscitare una vecchia discussione) queste caratteristiche di ardimento, sfacciatezza, avventurismo ecc. a un popolo che la pensava molto diversamente;
    ma non lo credo, perché queste cose si leggono nella letteratura deteriore e popolare (la più interessante…) già ben prima della Prima Guerra, e probabilmente influiscono anzi sulla decisione di parteciparvi;

    oppure che fossero caratteristiche di un’elite, che ripercorreva vecchie idee nobiliari: ma anche questo non è vero, perché i vari “arditi” corpo militare (come il mio parente) e poi gli “arditi” rossi e neri del dopoguerra erano di ogni estrazione sociale, anche molto bassa
    (ricordo il parente della mia amica, “Donnino (nome proprio locale maschile) fascista, che era entrato nei fascisti perché non aveva voglia di lavorare”).

    Insomma, la mia tesi è che “italiani si diventa”, e che certe caratteristiche, pregi e difetti, dell’ “italiano” a cui tutti pensano oggi, siano in realtà almeno in parte piuttosto recenti, e oserei dire di conio democristiano
    (e, un po’ più tardi, anche del PCI insofferente agli avventurismi, di scuola sovietica).

    • PinoMamet scrive:

      Un esempio:
      mi capita di leggere un articolo su un personaggio del Riminese, citato in un film di Fellini e realmente esistito.
      Un tizio della campagna, apostrofato in malo modo in una sua visita in città, che decide di vendicarsi degli odiati “seppiolini” (riminesi di città) comprando una moto dismessa dall’esercito, preparandola in modo che fosse il più rumorosa possibile, e scorrazzando di notte nella città…
      il gusto per i motori, la velocità, il rumore, la sfacciataggine, il fai-da-te, una certa rivalsa sociale…
      credo che non vadano sottovalutate le radici romagnole (e anche se è tabù dirlo, penso anche emiliane) del Fascismo.

      • Peucezio scrive:

        Molto interessante.

        Non penso però che certe tendenze siano cose recenti. Forse semmai sono l’adattamento recente di tendenze ancestrali.
        Insomma, non credo che i contadini meridionali dell’Italia preunitaria fossero come gli arditi rossi e neri di cui parli.

        Però secondo me qui entrano in gioco due fattori distinti, che si combinano.
        La società del benessere contemporanea (da dopo il boom) e la tendenza di sempre dell’italiano a vivacchiare con una certa scaltrezza e cinismo.
        Bisogna anche dire che l’aggressività in Italia spesso è introflessa: l’italiano non sarebbe tanto imbelle (oggi sì, un po’ come tutto l’Occidente ricco), quanto impegnato a scannarsi con l’altro italiano di fazione opposta, del quartiere o del paese vicino, ecc.
        Certo è che la durezza del mondo contadino (e anche urbano preindustriale) sicuramente produceva gente più coraggiosa degli italiani di oggi. Ma un sentimento di patria nel senso in cui ce l’hanno francesi o spagnoli qui non so se si sia mai radicato a livello popolare, se non nella parentesi dal risorgimento al fascismo e solo come ricezione popolare di valori borghesi in un’epoca in cui, mai come prima o dopo, vi era una capacità mobilitante da parte dello stato (le famose società d’acciaio di cui parla Miguel).
        In generale comunque l’italiano è legato a piccole comunità, corpi intermedi, borghi, quartieri, corporazioni, la stessa famiglia (in senso patriarcale esteso o nucleare), insomma, difficilmente lo mobiliti per conquistare il mondo in nomi dei destini gloriosi della Stirpe Italica.
        E ha visto anche troppa storia per non guardare al mondo e agli eventi con un certo distacco disincantato e un po’ cinico.

    • Z. scrive:

      Pino,

      — Insomma, la mia tesi è che “italiani si diventa”, e che certe caratteristiche, pregi e difetti, dell’ “italiano” a cui tutti pensano oggi, siano in realtà almeno in parte piuttosto recenti —

      Probabilmente è davvero così, e aggiungo che si diventa anche francesi, tedeschi, americani (l’esempio dell’anello di fidanzamento è molto interessante).

  44. Peucezio scrive:

    O.T.
    su una vexata quaestio di questo blog: quanto gli albanesi siano somaticamente diversi da noi italiani.
    Una mia amica albanese, ne parlavo oggi al telefono (ma mi ricordo che già lo diceva quando ci conoscemmo) dice che lei percepisce differenze evidentissime.
    E in questi giorni ha conosciuto una ragazza che non ha accento, perché è venuta da piccola, ma che lei sospettava essere albanese dai tratti somatici e infatti poi si è rivelata tale.
    La mia amica è venuta qua da adolescente e ci torna, sia pure raramente: insomma, conosce bene sia l’Italia che l’Albania.

    • PinoMamet scrive:

      Boh, io ho avuto e ho diversi studenti albanesi: alcuni hanno dei visi un po’ particolari, che guardandoli un paio di volte diresti “to’, secondo me è albanese” anche senza saperlo;
      alcuni proprio no, sono perfettamente identici all’italiano tipo. Non saprei fare medie.

      Non credo c’entri neppure la provenienza: ho due studentesse le cui famiglie vengono (mi dicono) dalla stessa cittadina, dalla stessa strada addirittura!
      Una è una morettina assolutamente uguale a qualunque morettina italiana, l’altra è una castana con uno di quei visi un po’ particolari (ma il padre molto di più…)

      Ho avuto anche due studentesse dotate di nomi “ambigui”, cioè cognomi che suonavano come cognomi italiani e nomi propri italiani, e fisionomie insospettabili, e sono arrivato alla fine dell’anno col dubbio se fossero davvero albanesi (lo erano).

      Invece gli albanesi/italiani, gli arbereshe, mi sembrano completamente italiani come fisionomie (come anche i greci italiani- ma anche quelli greci a dire il vero, quasi).

      • paniscus scrive:

        Ho avuto anche due studentesse dotate di nomi “ambigui”, cioè cognomi che suonavano come cognomi italiani e nomi propri italiani, e fisionomie insospettabili, e sono arrivato alla fine dell’anno col dubbio se fossero davvero albanesi (lo erano).
        —————————

        A un mio studente, con parlata italiana da madrelingua perfetto, nome scritto all’italiana, e cognome terminante per -U e contenente doppie e dittonghi apparentemente tipici, ho chiesto se aveva i nonni sardi, e mi ha risposto che no, erano albanesi 🙂

      • Peucezio scrive:

        Pino,
        “Invece gli albanesi/italiani, gli arbereshe, mi sembrano completamente italiani come fisionomie (come anche i greci italiani- ma anche quelli greci a dire il vero, quasi).”

        Questo lo diceva anche Biasutti.

      • PinoMamet scrive:

        Per inciso ieri sera ero in pizzeria con amici, , tra gli altri, un amico albanese (del tipo che sembra italiano).

        Nel tavolo vicino, c’era una compagnia/famiglia allargata piuttosto rumorosa, che parlava in una lingua diversa dall’italiano; ma, nel casino generale (la pizzeria era piena) non ero in grado di distinguerla.

        Forse perché il più vecchio della compagnia somigliava in modo impressionante ad Aznavour, che è armeno 😀 , mi ero fatto l’idea, dalle facce, che fossero francesi!
        Poi, ascoltando meglio, ho pensato “no, saranno romeni”;
        il mio amico albanese, che era più vicino a loro, mi ha invece assicurato: erano albanesi.

        Credo peraltro di non essere il primo ad aver notato una somiglianza di certi tipi albanesi o balcanici con certi tipi francesi…
        penso che le misteriose migrazioni dei popoli antichi, specialmente di quelli che gli antichi buttavano tutti sotto l’ampia etichetta di Celti, forse c’entrino qualcosa.

        • mirkhond scrive:

          Non a caso gli studiosi parlano di Celto-Illiri, per indicare un’ampia area balcanica corrispondente alle attuali Austria meridionale e gran parte della ex Jugoslavia.

        • Peucezio scrive:

          Uhm…
          Anche la mia amica albanese all’inizio pensavo fosse francese, ma non credo c’entrino i Celti.
          A parte che i Celti non c’entrano mai 🙂 : se uno applicasse questa semplice regoletta, capirebbe l’80% dell’antichità e della protostoria.
          Probabilmente è la particolare combinazione di tipi razziali francesi (alpini, mediterranei e nordici), e di quelli balcanici meridionali (adriatici e mediterranei) che crea questo effetto, che credo sia un po’ casuale, all’interno dell’escursione somatica dei tipi europoidi.

        • PinoMamet scrive:

          Ma infatti sarebbe interessante fare una controstoria dei Celti- io la farei parallela alla controstoria dei Romani-

          credo che fosse una specie di parola in codice per “europei indistinti” 😉

          sicuramente è esistito un ceppo linguistico celtico, e un continuum di popoli, abbastanza flessibile, che si identificavano o erano identificati come tali;

          curiosamente, anche come “parzialmente tali”, anche nell’antichità
          (mentre non si sente parlare di “mezzi greci” , per esempio, come popolo- al massimo come individui).

          Ho sentito un brevissimo intervento su youtube della curatrice del British Museum che si occupa dei Celti, e dice, suppergiù: mentre in Gran Bretagna tutti si immagino i Celti come un popolo guerriero che ha conquistato gran parte dell’Europa e poi ha finito per rimanere confinato nell’estremità occidentale della Gran Bretagna, in realtà non è mai esistito un “DNA celtico” e neanche una cultura unica, ma un insieme di popoli che in varie epoche e in varie misure si sono identificati con aspetti di questa cultura.

          • Peucezio scrive:

            Pino,
            “credo che fosse una specie di parola in codice per “europei indistinti” ? ”

            Mi pare un’ottima definizione!
            D’accordo totalmente anche sul resto.

  45. MOI scrive:

    Sono sconfondibili 😉 anche cognomi Rumeni e Sardi, soprattutto in “u” (non c’è solo ladesinenza “escu”) …

    Inoltre ce ne sono di Arabi “chiaramente tali” e altri più “a taqiya fonetica” 😉 tipo “Amari” e non è stranamente rarissmo il nome “Yahud” 😉 di “Sara”, o “Nadia” …

    che, a quanto pare, per pura casualità di assonanze, in Arabo è derivato da “Nadir” (termine da “Bussolino Qibla / Mecca Orienteering” 😉 …) mentre in Russo è derivato da”Nadezhda” (Speranza).

    PS

    Secondo non poche persone “Slave”, gli Albanesi sono “già Zingari” … detto non senza 🙂 un certo spregio, ma non credo che abbiano tanto in mente un immaginario alla Sizzi.

    • Peucezio scrive:

      No, credo c’entri molto l’Islam. I russi sono molto più anti-islamici (e anche un po’ anti-semiti) di quanto non facciano trasparire di primo acchito.

    • PinoMamet scrive:

      Di Nadie e Sare nordafricane ce ne sono, tra le mie studentesse.

      Una nuova arrivata, tunisina, ha anche un cognome che suona molto ebraico (non lo scrivo per riservatezza), ma lei nega decisamente.

    • PinoMamet scrive:

      Interessante: non ne so niente e nessuno degli ebrei italiani o israeliani che conosco (che sono un discreto numero…) pare averne sentito il bisogno di parlarne.

      Ho fatto una brevissima ricerca e questo rabbino Hillel Weiss pare noto per due cose:
      -è uno studioso dell’opera dello scrittore Shmuel Agnon (diciamo un Manzoni israeliano)
      -è un esponente dell’ultradestra religiosa, sostiene la “Grande Israele” e ha criticato Netanyahu perché secondo lui troppo di sinistra e “forse non ebreo”.

      Direi da catalogare tra i fenomeni folkloristici.

      Per ora alla sua rievocazione o cosplay, per dirla alla Z., del Sinedrio, alla quale avrebbero dovuto partecipare i rappresentanti delle “70 nazioni”, si è presentato solo un rappresentante del Gautemala, che ha pronunciato, leggo, un breve ma ispirato discorso.

  46. Peucezio scrive:

    Invece, Pino,
    toglimi una curiosità.
    Tu a cosa ascriveresti il gusto degli ebrei (intendo gli ebrei religosi) per la moda e l’estetica dell”800? Le giacche, i cappelli, le cravatte…
    Un popolo così antico, che si tramanda modi di vestire, fogge, ma in qualche misura anche moduli architettonici, così recenti.
    Il discorso si può estendere a massoni (ma la massoneria speculativa è settecentesca, prima non esiste) e soprattutto ai protestanti americani (mormoni, amish, ecc.), ma lì la cosa si capisce: sono tutte realtà ottocentesche o comunque recenti.

    • PinoMamet scrive:

      Semplice conservatorismo, ma anche la tendenza crescente in certi gruppi a considerare usi e costumi come norme inderogabili.
      Se guardi vecchie foto di ebrei ortodossi noti per esempio che erano vestiti in modo assai meno omogeneo e rigoroso di oggi.

      La tendenza non riguarda solo l’abbigliamento, ed è tipica degli haredim originari dell’Europa orientale, che però hanno l’abitudine di ritenersi- a torto- i detentori della verità assoluta e fanno un po’ di propagandismo intra-ebraico. Con il risultato di imporre il loro modo di vivere come “ebraico” a persone di tutt’altra tradizione, come se le altre tradizioni fossero meno ortodosse… Un po’ sgradevole.

      • Peucezio scrive:

        Sì, ma è proprio questo il punto.

        La Chiesa Cattolica, almeno finché era una cosa seria, usava vesti liturgiche di origine più o meno cinquecentesca, che a loro volta erano l’evoluzione di indumenti di età antica passati attraverso il medioevo. E non solo per la liturgia, si pensi ai monaci, alla talare dei preti, che, col fatto di essere a “gonna”, riprende le vesti dell’antichità, che non conoscevano il pantalone.
        Oggi la talare non usa più, ma la Chiesa postconciliare, in modo piuttosto archeologico, ha recuperato per la liturgia la casula medievale, pre-tridentina.
        Insomma, è un’istituzione bimillenaria e usa simboli e indumenti di conseguenza.
        Non parliamo poi degli ortodossi, che fanno ancora le chiese come le facevano nel Medioevo…

        Invece gli ebrei, che ci sono da più di tremila anni, usano abiti e altri segni… ottocenteschi! Questo non è conservatorismo, è attualismo spostato appena un po’ indietro.

      • PinoMamet scrive:

        Ma quelle dei cattolici che dici tu sono vesti liturgiche, o almeno clericali.
        Invece gli ebrei si sono sempre vestiti, a quanto pare, suppergiù come i popoli presso i quali stavano (apposta gli facevano mettere dei segni distintivi…)
        C’è anzi una regola (questa sì vera, ma non delle più stringenti) che dice che non bisogna dare nell’occhio, ma neppure imitare scioccamente gli usi altrui
        (l’esempio, per far capire l’antichità, parla di “concittadini che esco di casa con l’elmo in testa”).

        Un’interpretazione ultraletterale di questa regola, porta esattamente al risultato opposto:
        l’imitazione pedissequa e inutile dell’abbigliamento di fine Ottocento-inizio Novecento, e dare nell’occhio ai non-ebrei 🙂

        Ovviamente lo stile di abbigliamento scelto non rispetta altro che la data in cui questi gruppi hanno iniziato a prendere la regola alla lettera…

      • PinoMamet scrive:

        A proposito di talari e di usi imposti da fuori:

        l’altro giorno avvisto per strada un pretone sui due metri, un armadio, con una tonaca nera lunga fino ai piedi e una fascia nera lucida che la stringeva.
        Parlava con un accento straniero, e lì per lì ho pensato all’ennesimo polacco, vista la taglia; oppure, che ne so, un siriano (era bruno, con un po’ di barba).

        Bene: parlo con una mia amica, e salta fuori che è un veneto, ma nato e cresciuto negli USA e diventato prete cattolico laggiù.

        Mi dice che ha litigato con il vecchio prete della parrocchia e con i catechisti, perché sta tentando di imporre degli usi americani.

        Per esempio ha tentato di cacciare dalla sala adibita alla catechismo, in malo modo, tutti i giochi, “perché qui si viene solo per pregare!”
        Pazientemente, le catechiste gli hanno fatto capire che senza giochi l’oratorio sarebbe stato semplicemente vuoto, nessuno sarebbe venuto più, e che in Italia il catechismo funziona in modo un po’ diverso…

        alla sua prima messa, dice “andate in pace”, bon, tutti si alzano, e lui arrabbiatissimo li fulmina:
        ma che usi sono questi? secondo lui, “andate in pace” significa che i fedeli devono aspettare che lui, con suo comodo, raggiunga la porta della chiesa, indi alzarsi e uscire salutandolo uno per uno.
        Come nei film americani, appunto.
        Inoltre, pare che nella “sua” liturgia non esista il “segno di pace” (immagino sostituito dal saluto finale).

        Non saprei come definirlo… certamenmte non è “vecchio ordinamento”, ma non è neppure il solito cattolicesimo italiano che tutti conoscono. Credo sia cattolicesimo americano, appunto.

        Ecco, in Italia i Lubavitcher sono visti esattamente come quel prete americano, dagli altri ebrei.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per PinoMamet

          “A proposito di talari e di usi imposti da fuori:”

          Molto interessante.

          E’ esattamente la modalità che caratterizza gli americani che ho conosciuto che hanno preso codici antichi carichi di una complessa storia, per farne regole assolute da imporre con americana volontà.

          Ho conosciuto incredibili americani induisti, cattolici tradizionalisti, trotzkisti, stalinisti tutti con la stessa identica idea di applicare al 100% il Manuale.

          In questo senso, gli americani sono sicuramente il popolo più spiritualista del mondo: la Materia si deve sempre adeguare alla Volontà/Spirito, il fallimento indica mancanza di fede.

          • Peucezio scrive:

            Molto interessante.

            In ogni caso credo che mediamente i preti cattolici americani siano più conservatori di quelli italiani.
            O forse, più in generale, i preti extraeuropei sono più conservatori di quelli europei. Anche se bisognerebbe vedere l’America Latina, che è un gran bordello.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Quella di aspettare l’uscita del prete sarebbe buona norma anche in Italia. Anzi, ci sono preti che hanno iniziato una propria battaglia personale perché i fedeli restino fino alla fine del canto finale, ma chiaramente è una battaglia persa.

          • PinoMamet scrive:

            Il canto finale??

            Le messe che ricordo io finivano con “la messa è finita, andate in pace”, dopodichè tutti si alzavano e chi s’è visto s’è visto.

            Mi sono perso dei passaggi, mi sa…

          • Peucezio scrive:

            Pensare che nella messa tridentina non esiste lontanamente una cosa del genere.
            Dopo l’ite, missa est (o del procedamus cum pace nel rito ambrosiano) c’è la benedizione, poi c’è l’inizio del Vangelo di San Giovanni, poi, se è una messa letta, ci sono le preci leonine, e infine capita che si canti dopo la messa e spesso il sacerdote coi ministri esce proprio durante quel canto e andare via prima sarebbe maleducazione (anche se in teoria uno potrebbe andarsene dopo le preci leonine), poi capita che ci si metta anche dell’altro, chessò, l’Angelus e/o preghiere speciali secondo le occasioni.

            Poi capita anche ci sia la comunione post missam per quelli arrivati tardi, che non hanno fatto in tempo a confessarsi, ma lì non serve che siano presenti gli altri fedeli (e di solito non lo fanno).

            Insomma, non bisogna prendere certi inviti troppo alla lettera 🙂

            • PinoMamet scrive:

              Ma allora cosa dite “ite” a fare??

              poi gli strani sono gli ebrei… 😉

              • Peucezio scrive:

                Fa parte del rito 🙂
                Beh, interpretato come un’esortazione per il futuro.
                Sai bene che l’imperativo futuro ha un’altra funzione, esorta ad atti abituali, non una tantum.
                Certo, tu dirai che allora bisognava specificare: ite fra una decina di minuti. O, per non sbilancarsi, ite fra un pochino, non subito. In effetti… 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Sai bene che l’imperativo futuro ha un’altra funzione, esorta ad atti abituali, non una tantum.”

                Perché imperativo futuro? Allora non dovrebbe essere “itote”?

              • Roberto scrive:

                Ma in italiano è chiarissimo: la messa è finita, and…..poi non so come continua perché sono già fuori 😉

              • Peucezio scrive:

                Ma il “missa est” latino nessuno ha mai capito cosa significhi esattamente.
                La messa prende il nome da lì, non viceversa.

              • PinoMamet scrive:

                Leggo che le preci leonine- non avevo idea di cosa fossero- sono state inserite appunto da Leone XIII, cioè…. ieri, e sono preghgiere per la situazione di Roma alla sua epoca, prima dei Patti Lateranensi; in seguito a questi, convertite in preghiere per la libertà di culto in Russia(altrettanto anacronistiche oggi) e finalmente abolite negli anni Sessanta, ma mai inserite nel Messale.

                A quanto mi risulta, comunque, leggendo, dopo l’ “ite” il fedele è libero di andarsene, appunto.

              • Peucezio scrive:

                Uhm, credo che sia dopo l’inizio del Vangelo di Giovanni.
                Ma non l’ho visto fare mai da nessuno.
                Non so come si regolassero un tempo i fedeli.

              • Peucezio scrive:

                Comunque, certo, sono cose recenti: se ci fosse una vera autorità non ci sarebbe nulla di scandaloso se decidesse di abolirle (ma non ne vedrei la ragione) o di sostituirle con qualcosa di diverso: ciò non intaccherebbe certo la liturgia.

              • PinoMamet scrive:

                “Ma non l’ho visto fare mai da nessuno.”

                Beh, hai un campione un po’ singolare eh?

                è come se io ti dicessi quello che fa tutti i giorni l’ebreo medio, citando quello che fanno i Lubavitcher, mutatis mutandis.

              • Peucezio scrive:

                Questo è vero!

                In effetti, seriamente, i fedeli sedevacantisti e anche quelli del motu proprio o della fraternità sono fedeli molto motivati.
                Un tempo la gente doveva essere molto più trascurata.

              • PinoMamet scrive:

                Ora dico una cosa un po’ strana…

                da non prendere alla lettera.

                Secondo me la religione vera è quella dei tizi che anni fa (e credo ancora oggi) dicevano “sono stato in Duomo, ho sentito un pezzo di messa , e poi sono venuto a casa, c’era pieno di gente non mi andava di rimanere…”

                sono contrario alle “religioni fai da te” nel senso di “domani mattina mi sveglio e mi invento che Mazinga ha creato il mondo di Btorr” o “mi proclamo Papa Leone XIV e dichiaro eretico il mio vicino di casa che mi ruba il parcheggio”;

                ma sono favorevole alla “religiosità fai da te”, nel senso della religiosità popolare, magari non conforme al 100 per cento con quanto scritto nel catechismo della religione ufficiale, ma vissuta con semplicità, con moderazione, con quel minimo di distacco che poi trovo una caratteristica molto italica.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per PinoMamet

                “ma sono favorevole alla “religiosità fai da te”, nel senso della religiosità popolare […], con quel minimo di distacco che poi trovo una caratteristica molto italica.”

                Ma infatti, è sostanzialmente anche la mia scommessa politica.

                L’Italia è debolissima quando “vuole” qualcosa, quando si struttura: la fine che ha fatto non solo il fascismo, ma ogni velleità di cambiare questo paese lo dimostra.

                Ma l’Italia è fortissima, insuperabile, quando si tratta di darsi una mano a costruire insieme un campanile, fosse solo per fare dispetto a quelli della parrocchia accanto.

                Il tutto con una dose di ironia e un tocco di cinismo, ma con una sviluppatissima sensibilità microsociale, un’attenzione anche agli scambi, ai doni a buon rendere.

                Il confine tra questo e il “familismo amorale” è sottile, e qui rientra la volontà “politica”: si tratta di stare ogni giorno a sistemare le piccole divergenze, a riflettere insieme su come l’unione faccia la forza, a incoraggiarsi a vicenda, a lasciare che le chiacchiere e i sospetti facciano il loro corso e si dissolvano.

                Ecco perché i “beni comuni” sono insieme “socialisti” e “tradizionali”, ma non possono essere “nazionalisti” o “statalisti”.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                d’accordissimo!

                Tra l’altro gli uomini bazzicavano poco la chiesa, molto più le donne.
                Una cosa simpatica (che potrebbe far storcere il naso ad alcuni): mi diceva il mio amico medievista che una situazione tipica è che molti uomini rimanessero fuori dalla chiesa per cazzeggiare per conto loro, poi si affacciavano solo un attimo, per l’elevazione, per poi uscire di nuovo.

                A me la liturgia piace proprio, mi piace assistervi con estrema compostezza, ecc. E probabilmente ci sono sempre state minoranze di gente molto pia che la viveva così.
                Inoltre io ho una mia consapevolezza culturale, estetica, quindi me la vivo in modo più strutturato e attento.

                Ma, insomma, comunemente si viveva come dici tu e secondo me andava benissimo così.

              • PinoMamet scrive:

                Confermo, era così anche qua…

  47. MOI scrive:

    @ PINO

    Ma c’è anche una specie di “Feng Shui” Ebraico (per gli Haredim, o almeno chi arriva al livello dei due frighi separati per latte e carne …) su come disporre e orientare cosa di “arredamento” in casa che quanto a complessità non ha nulla da invidiare a quello Cinese … giusto ?

    ————-

    Ad esempio, per poter fare calcoli con cifre piccole … in Cina hanno “strolgato” 😉 ben 24 sotto-punti cardinali,uno per ogni ora del giorno; però, a differenza (!) delle prassi Ebraiche e Islamiche … come ben sappiamo, quelle Buddhiste, Taoiste, Zen (ma anche PreColombiane / Pellerossa o quel che ne rimarrebbe) sono state sputtanatissime dalle “Fricchettonerie” 🙂 Occidentali da Borghesucoli Annoiati e tuttosommato un po’ ingenui.

    • Moi scrive:

      Meno male che la Prof. Paniscus non mi aveva ancora brozzato 😉 in “Errore di Sbaglio” [cit.] :

      Pardon : “numeri”,non “cifre” … anche se spesso si sente usare la parola “cifra” (Giornalisti Indiziati N° 1 … come sempre !) erroneamente (!) in contesti di soldi, argomento abbastanza 🙂 sensibile in materia ! 😉

  48. Peucezio scrive:

    Miguel,
    “I Kulaki sono effettivamente un buon esempio di piccola borghesia perseguitata; ma non è che i sovietici fossero teneri con l’alta borghesia. ”

    Interessante.
    Ma i quadri del partito allora da dove li hanno presi, oltreché dall’ambiente ebraico?
    Insomma, tutti i funzionari, ecc.? Non ha avuto nessun ruolo in questo il ceto dei vari nichilisti, sovversivi e studenti (a quell’epoca ormai non più tali) descritti a suo tempo da Dostoevskij?

  49. MOI scrive:

    Poiché ormai ne state parlando 😉 … segnalo :

    ————————-

    Come vengono visti gli ebrei ortodossi in Israele?

    https://it.quora.com/Come-vengono-visti-gli-ebrei-ortodossi-in-Israele

  50. MOI scrive:

    Visto che insistete sulle “particolarità” Ebraiche …

    SE Ha-Shèm è l’ Unico Vero Essere Spirituale fra gli “Elohim” , com’ è possibile che degli Autori Biblici (!) gli attribuiscano robe “fisicissime” tipo :

    ———

    Adirarsi con i Propri Soldati ordinando di sotterrarne gli escrementi, ch’ era stufo di pestarne passando in mezzo a loro.

    Calmarsi solo annusando grasso surrenale bruciato (analogia universale con tutti gli idoletti di pietra dei Pagani del resto del mondo, che nella vicinissima Babilonia calcolavano perfettamente gli spostamenti orbitali di Giove con la trigonometria trapezoidale ma poi eran talmente fessi da pregare statuine insulse senza che dietro ci fosse nessuno …)

    Adirarsi con il Sacerdote che si teneva per sé i pezzi di carne migliori …

    —–

    Ma è vero o no che “Servizio Militare / Sacerdozio / Prostituzione Sacra (… attività NON esclusivamente Pagana !) ” sono azioni Biblicamente espresse con il medesimo lessico ?!

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Moi

      “SE Ha-Shèm è l’ Unico Vero Essere Spirituale fra gli “Elohim” , com’ è possibile che degli Autori Biblici (!) gli attribuiscano robe “fisicissime” tipo :”

      Non è una domanda insensata.

      Il Gran Capo è infatti sostanzialmente un dio come gli altri; ma diventa “geloso”, che non è la stessa cosa che negarne l’esistenza, il marito geloso mica nega che esistono altri maschi, anzi!

      Ma dal divieto del culto degli altri, si finisce per negare l’esistenza degli altri: da lì la “distinzione mosaica” di Assmann.

      Va ad onore delle generazioni successive non aver operato una censura all’indietro – non hanno cancellato cioè le tracce della visione precedente, descritta da Moi.

      Almeno questa è la mia lettura.

  51. Moi scrive:

    @ MAURICIUS / HABSBURGICUS / MIRKHOND / PEUCEZIO … Tutti 😉

    ———–

    Icché ne pens-i/ate della mossa di nettissimo cambiamento dei Veskovonen 😉 sulla Profezia d’ Isaia della Vergine Che Sta Per Partorire, nelle nuove Bibbie in lingua Tedesca stampate a partire dal 2017 ?!

    … Ma non dovrebbe essere roba da Scisma Automatico ?!

  52. Moi scrive:

    Bisogna dargli atto che “sta sul pezzo” :

    ——————————————————————–

    https://maurobiglino.it/2017/09/nulla-a-che-vedere-con-la-madonna-vergine-e-gesu/

    Ora che la conferma è su carta, azzardo una profezia: in futuro vedremo scomparire altri concetti, come “creazione dal nulla, onnipotenza di Dio, eternità…” vedremo finalmente tradotti al plurale i verbi collegati al termine Elohim (plurale) che ora vengono falsamente resi al singolare in Italiano per far credere che la Bibbia parli degli Elohim della famiglia abramitica al singolare: Gen 20,13; 35,7…

    Piano piano l’Antico testamento tornerà ad essere ciò che era in origine: un testo che documentava l’alleanza militare tra un individuo di nome Yahweh e una famiglia, quella di Giacobbe/Israele, che gli viene assegnata e della quale lui si occupa “da solo” senza farsi alutare da altri suoi colleghi Elohim (Dt 32,8-12).

    —————————

    http://www.libreidee.org/2018/02/biglino-elohim-biblici-yahve-e-soci-oggi-hanno-paura-di-noi/

    Un errore tenuto in vita per oltre duemila anni, che annulla il collegamento tra Vecchio e Nuovo Testamento? Colpa della traduzione, sostiene Biglino: il libro fu tradotto in latino attraverso un passaggio intermedio, in lingua greca. E il greco ha un unico termine, “pàrthenos”, che significa sia “ragazza” che “vergine”. «Quella di Isaia è solo una “almà”, una fanciulla. L’ebraico infatti ce l’ha, la parola che designa una vergine: ed è “betullah”, che però in Isaia non c’è». In più, il libro tradizionalmente attribuito al profeta biblico non usa nemmeno il verbo “concepire”: «Compare solo l’aggettivo “incinta”, dunque significa che quella ragazza – non vergine, tantomeno Maria – aveva già concepito: ovviamente non Gesù, ma il futuro figlio del re Achaz». Ne tengono conto, nella loro nuova Bibbia, i vescovi tedeschi. In Italia, per ora, silenzio. Fino a quando?

    • PinoMamet scrive:

      Una domanda e una considerazione.

      La domanda:
      Moi, ma a te, che cazzo te ne frega?

      La considerazione:
      vabbè, i vescovi tedeschi optano per una traduzione più filologica, con “fanciulla” al posto di “vergine”. Il valore profetico, per chi la ritiene una profezia, mi pare pressoché immutato.
      Quanto alla profezia di Biglino… forse dovrebbe lasciar lavorare i profeti veri.

      • Moi scrive:

        Be’, se in base ai cazzi che mi si fregano fossi statisticamente (!) rientrante nella norma … m’interesserei su Facebook di Campionato di Calcio e di Grande Fratello VIP e altre robe e robazze simili !

        … invece, per fortuna, esistete Voi ! 😉

        • Z. scrive:

          Poi è la sinistra che disprezza il popolo 😉

        • Francesco scrive:

          ma scusa come spiega Biglino che gli Ebrei, che l’ebraico lo capivano, hanno creduto male per migliaia di anni e poi arriva lui e zac sistema tutto?

          mi par poco credibile

          ciao

        • PinoMamet scrive:

          Beh, non è proprio così…
          è discutibile se l’ebraico fosse ancora parlato all’epoca di Gesù, o già soppiantato completamente dall’aramaico;
          comunque di certo gli Ebrei dei primi secoli dell’epoca volgare, per capire bene il testo, si basavano sulla traduzione aramaica
          (fatta da un greco, a quanto parrebbe…), il Targum. Che poi vuol dire traduzione.

          In questa traduzione alcuni termini ebraici arcaici e non più compresi vengono spiegati in qualche modo
          (non è niente di strano, pensa ai Lessici bizantini per esempio) che qualche volta lascia un po’ a desiderare.

          Nell’ebraico moderno alcuni termini un po’ strani vengono poi riutilizzati in altro modo: per esempio “Chashmal”, che indica forse una qualche specie di energia o di aura celeste (appare nella visione di un profeta) diventa “elettricità” nell’ebraico moderno…

          voglio dire, volendo volendo volendo, un piccolo spazio per i biglinismi c’è.

          E guarda, se uno mi dicesse “in realtà Ezechiele ha visto un UFO”, potrei anche starci: perché no?

          Ma spiegare tutta la Bibbia come una storia di UFO e di invasioni alieni, ecco, è proprio una gigantesca idiozia.

  53. Moi scrive:

    Ricordiamoci che, a netta differenza del Musulmano e del Cristiano, l’ Ebreo … ci si crogiola, invece, in uno studio radicalmente critico (!!!) con Leopardiana 😉 costanza e dedizione dei propri Testi Sacri/Identitarii in prospettiva sia diacronica che sincronica …

  54. daouda scrive:

    L’operazione Biglino è molto interessante ma porta a dover ridimesionare di un po’ la prossimità della fine, che già mi era evidente non potesse essere così prossima
    ( intendo la fine del mondo, i 3 mondi, ma volendo anche la fine di qualsivoglia normalità umana ).
    Non credevo al progetto Blue Beam, ma stando al flusso che sta iniziando ad incrementare, mi sembra perlomeno plausibile.

    Ragazzi ahahahahahahahhaha NON E’ FACILE.
    Hanno passato anni a denigrare chi aveva gli scolapasta o la stagnola in testa!

    Ma tanto l’importante è continuare a vivere off corz.

  55. Francesco scrive:

    “Il marxismo era la veste teorica che assunse il movimento operaio nella seconda metà dell’Ottocento”

    mi permetto di dissentire, questo è … materialismo marxista volgare!

    ma ammetto che il mio dissenso ha radici idealistiche, per cui non voglio infierire sulla vostra pazienza.

    comunque, dove ci furono sindacati senza marxismo il mondo fu diverso, per cui i fatti mi paiono cosare le mie idee (cit.)

  56. Miguel Martinez scrive:

    Sulla tematica “Peucezio, gli ebrei e la modernità” su cui si ritorna spesso qui…

    Forse l’equivoco nasce qui:

    Lutero conosce un solo Libro. E dice che per salvarsi, bisogna “crederci”.

    Questo effettivamente dà vita a un’intera cultura di matrice protestante, che sostiene che tutto dipende dalla nostra “fede”, poi dalla nostra “volontà”, la nostra “autenticità”.

    Un concetto che potremmo riassumere come, “lo Spirito, se è intenso, vince sempre sulla Materia”. Anzi, forse la “Materia” nemmeno esiste.

    Questa è la base della cultura statunitense attraverso i secoli, ed è anche più in generale la base di cose diverse come il capitalismo (“ho fede nel mio investimento”), la psicoterapia all’americana (“io voglio essere felice e quindi lo sarò!”) e il transessualismo (“io voglio essere donna e lo sarò!”).

    Tutto questo ha sicuramente qualche ancoraggio nell’Antico Testamento.

    Ma non mi sembra che il giudaismo reale, dalla caduta del Tempio fino a oggi, abbia coltivato un’idea del genere.

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