Siamo tutti Fischer

L’altro giorno, il Comune di Firenze si è accorto di una scritta sul ponticello che collega l’Isolotto alle Cascine, che per chi non conosce Firenze, diciamo sbrigativamente, è lontano e non se ne accorge nessuno.

Credo che siamo tutti d’accordo che, per quanto irrilevante, non sia esattamente un’opera d’arte.

E infatti è arrivata l’assessora all’ambiente in persona, per aiutare a cancellare la schifezzuola:

Sicuramente saremo tutti d’accordo anche che abbia fatto bene. Nessuno sa chi sia il cretino imbrattatore, per cui certamente è un nessuno, e i nessuni è bene cancellarli da piccoli.

Più o meno nello stesso periodo, il superiore diretto della signora con la giacca segnaletica ha accolto con entusiasmo proprio in Piazza della Signoria (che sta al Ponte dell’Isolotto come Roma sta ad Agnone nel Molise, per capirci), una scultura alta dodici metri, opera del signor Urs Fischer, svizzero di nascita e statunitense di adozione.

Un’opera intitolata Big Clay #4 (il # che indica quanto sia contemporanea è proprio ciò che permetterà tra pochi anni di dire quanto sia datata).

E qui è sorto un interessante dibattito interculturale.

Infatti, la totalità della popolazione fiorentina è d’acccordo su un concetto molto semplice: sembra cacca. Ma concetto è una parola sbagliata: è una sensazione immediata. Lo sembra a me, lo sembra a tutte le persone che ho incontrato.

Tipo, vedo una roba con quattro zampe, pelosa, che scodinzola e abbaia e dico, toh, un cane!

Come nel racconto dei vestiti nuovi dell’imperatore, noi ci poniamo tantissime domande, che spero interessino, oltre al nostro piccolo mondo fiorentino. Perché toccano l’essenza del rapporto tra politica e arte ai nostri tempi.

La prima è, se qualcuno lo abbia detto anche al sindaco, che sembra cacca (siamo buoni e partiamo dal presupposto che il povero sindaco non se ne sia accorto da solo).

La seconda è, se il signor Fischer – che deve godere di notevoli capacità manageriali, tecniche e altro per non essere rimasto un qualunque signor Fischer – abbia capito che somiglia alla cacca.

E qui entriamo in una stimolante questione di multiculturalità: la cacca svizzera si distingue profondamente, anche come immaginario, da quella fiorentina?

Abbiamo già parlato del signor Ai Wei Wei, dissidente fiscale cinese, che ha lavorato per anni distruggendo antichi vasi cinesi, cui hanno regalato per un breve periodo uno dei palazzi più belli del centro storico di Firenze: prima che mi accusiate di essere come la Fallaci, preciso che il palazzo degli Strozzi (nomen omen) è stato costruito sui ruderi di innumerevoli casupole di poveracci, abbattuti senza alcuna remora.

Allora, viene da sospettare una cosa.

Che gli Artisti Moderni si divertano a prendere in giro.

Una cosa forse infantile, ma un po’ li capisco anch’io. Anzi, li capisco parecchio.

Solo che è troppo facile, se dall’altra parte le autorità fanno a gara a farsi prendere in giro. Come scappare dal carcere, con il custode premuroso che non solo ti apre le manette, ma ti paga pure il biglietto del treno e ti compra un panino.

Ultima questione.

Se io prendo in giro qualcuno che prende in giro gli altri, che succede?

L’altro giorno, un anonimo “cinquantenne originario della Repubblica Ceca, residente a Firenze” ha spruzzato con vernice arancione la scultura del signor Fischer:
Uno splendido tocco di colore, inatteso, nel grigiore dell’opera di Fischer. Genio puro.

Sono arrivati i vigili.

Lui ha detto, “Io sono Fischer”.

Denunciato per imbrattamento, perché se non sei Fischer, non sei Fischer.

Mica si fanno fregare, i vigili.

Ma se fossimo tutti Fischer?

Questa voce è stata pubblicata in Firenze, mundus imaginalis e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.

30 risposte a Siamo tutti Fischer

  1. PinoMamet scrive:

    Io proporrei la prova del nove.

    Se spruzzi di arancione la faccia del David, lo rovini;
    se spruzzi di arancione lo stronzo di Fischer, lo migliori.

  2. Miguel Martinez scrive:

    Io farei una distinzione radicale tra due tipi di “artisti moderni”.

    Fischer vuole prendere in giro la culla del Rinascimento, cioè il simbolo dell’arte stessa.

    Solo che “prendere in giro” non è la stessa cosa di “arte”.

    E’ un’altra cosa, che magari ha un proprio valore e un proprio senso.

    Poi, a Firenze, ci sono diversi artisti che fanno “cose strane”. Però sono belle, per quanto strane. Non sono prese in giro.

    • PinoMamet scrive:

      Sono assolutamente d’accordo.

      Prendere in giro ha la sua dignità e importanza; ma non è “l’arte”, appunto.
      Semmai può essere “un’arte”.

  3. Z. scrive:

    Sono dalla parte dell’arte moderna, purché senza oneri per la finanza pubblica!

    • Peucezio scrive:

      Io invece sono contro l’arte.
      Mi spiego meglio: si riuscivano a fare cose belle fino a quando avevano una funzione e l’artista non era un personaggio cui era data totale libertà creativa, ma quasi una sorta di artigiano molto bravo, che doveva costruire case, castelli, chiese, affrescarle, ecc.
      Ora che invece c’è l’artista, è un signore che lascia una grossa cacca in una piazza bellissima.

      Esagero un po’ ovviamente: non è che nel Rinascimento (nel medioevo in parte già è diverso il discorso) non si avesse percezione della grandezza di certi particolari individui.
      Ma, insomma, non c’era l’arte per l’arte, c’era sempre il senso di una funzionalità.
      E, per inciso, veniva pagata profumatamente, altro che senza oneri!

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Peucezio

        “Io invece sono contro l’arte.”

        La vecchia tesi di Ruskin e Morris, contro Walter Pater e Vernon Lee!

        Come sempre, hanno entrambi ragione.

        Il problema è quando i poli diventano l’arte “utile” dei poster maoisti contro l’arte-cacca.

        Che poi non è che io sia contrario a una scultura di cacca.

        Fa parte della vita, ci potrebbe pure stare: teorizzare che ogni cosa esistente abbia una propria bellezza, ad esempio, senza eccezione alcuna, o roba del genere.

        Ma qui la cacca serve per fare un banale scherzo di cattivo gusto. Noi tutti lo sappiamo che sta dicendo “cacca, cacca!” alla mamma.

        Semplicemente dico che lo scherzo non vale, se è avallato dalla stessa mamma contro cui dovrebbe essere rivolto.

        E’ come prendere a frustate un masochista, insomma.

      • Francesco scrive:

        OMDAP!!!

        ma accordo pienissimo: l’artista libero è un male in sè, come evidente dal confronto tra quelli che produce l’artista libero e quello che produce chi deve soddisfare un committente

  4. PinoMamet scrive:

    Comunque il cinquantenne ceco è il vero artista della situazione (situazionista?) perché artista al quadrato: “arta” l’arte di Fischer, scherza il suo scherzo, prende in giro la sua presa in giro, e ne svela l’implicita falsità, smascherata anche da Miguel qua sopra.

    Infatti il cinquantenne ceco ha preso la multa (come capita a chi dice “cacca”), Fischer ha preso la paghetta (come capita al bravo bambino che dire ciò che l’istituzione vuol sentirsi dire).

    Perciò, quale novello Sgarbi, ma che Sgarbi! Daverio! Ma quale Daverio! Quale nuovo Giulio Carlo Argan, sostengo:

    venga lasciata la cacca di Fischer a Firenze, MA con la macchia arancione e con targa che attribuisca l’opera al cinquantenne ceco.

  5. Moi scrive:

    Da noi ‘ste Installazioni Artistiche strambe le mettono al centro delle rotonde … in prossimità di autostrade (o “avtostrade” , come dicono a Ravenna) e/o “tangenze” 😉 …

    • roberto scrive:

      stavo pensando la stessa cosa.

      vuoi fare la statua alla cacca? perché no, ma magari non in una piazza dove la statua non ha niente da dire

      è una cosa che mi aveva raccontato un amico che è assessore alla cultura in una cittadina (francese) qui vicino, famosa per avere un centro storico bellissimo. lui adora l’arte moderna (la cacca) e il suo comune organizza una marea di cose come quella (in genere un po’ più carine della cacca di fischer a dire il vero), solo che lo fanno cercando di aggiungere arte dove non ce n’è, non nascondendo il bello che hanno

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        “vuoi fare la statua alla cacca? perché no, ma magari non in una piazza dove la statua non ha niente da dire”

        Ma aggiungiamo anche l’accordo tacito a non dire che si tratta di una statua alla cacca, anche se lo sanno tutti.

        Questo è un elemento chiave.

      • Peucezio scrive:

        D’accordo con Moi e Roberto.
        Nei posti di cacca la cacca ci sta bene e può pure essere bella (si fa per dire).

        Miguel,
        tu sottolinei molto l’aspetto semiotico della situazione.
        Ed è molto interessante.
        Io penso più all’aspetto estetico, perché le cose più belle che ci circondano non vogliono dir nulla: qual è il messaggio di Palazzo Veccho o di Firenze in genere o delle colline toscane?
        Forse allora il problema non sta nel contenuto del messaggio – lo scherzo pagato dal destinatario dello scherzo – ma nel fatto in sé di lanciare messaggi, nel paesaggio (urbano o rurale, non importa) trasformato in bacheca dei messaggi.

      • Peucezio scrive:

        In questo senso il gesto del cinquantenne ceco non può non suscitare la nostra simpatia, ma non è certo la soluzione (d’altronde non possiamo chiederla a lui).

  6. Francesco scrive:

    Ah, Miguel, hai pienamente ragione: poichè nessuno dice che il re è nudo, sia l’artista che il politico la fanno franca ogni volta

  7. izzaldin scrive:

    guardate che il Museo della Merda esiste, ed è anche abbastanza vicino a voi utenti appenninici:
    http://www.museodellamerda.org/about/

    GENESI

    Il Museo della Merda è nato in Lombardia nel 2015 su iniziativa dell’imprenditore agricolo Gianantonio Locatelli e di un gruppo di sodali: Luca Cipelletti, che ne cura progetti e prodotti, Gaspare Luigi Marcone e Massimo Valsecchi.

    L’idea è stata concepita a Castelbosco, in provincia di Piacenza. Una realtà industriale che produce latte per il Grana Padano e comprende sette unità produttive. Qui ogni giorno 3.500 bovini di razza selezionata producono circa 500 quintali di latte e 1.500 di sterco. Una quantità di deiezioni la cui gestione Locatelli ha deciso di trasformare in un progetto ecologico, produttivo e culturale avveniristico. Ha cominciato ricavando, con sistemi innovativi, elettricità dallo sterco. Oggi ne ottiene fino a 3 megawatt all’ora. Riscalda gli edifici e gli uffici dell’azienda con la temperatura sviluppata dai digestori quando scambiano il letame in energia. Produce concime. Attività che gli sono valse l’attenzione di istituzioni internazionali dedicate a ecologia e innovazione, riconoscimenti e premi; e che fanno di Castelbosco un punto di riferimento.

    • Peucezio scrive:

      Questo mi piace però!

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Izzaldin

      “guardate che il Museo della Merda esiste, ed è anche abbastanza vicino a voi utenti appenninici”

      Bellissimo.

      E il sindaco che ha inaugurato il museo, non avrà finta che fosse altro che ciò che è.

      • Francesco scrive:

        dici che non ha coniugato Tradizione e Modernità, in quanto la merda è un evergreen?

        • Peucezio scrive:

          Piucchealtro everbrown.

          Comunque voi dovete imparare ad attingere dalla cultura lombarda, che da secoli ha sviluppato l’estetica escrementizia (non è uno scherzo).

          • Francesco scrive:

            preferisco limitarmi all’estetica delle grandi chiese di Milano e a chiedermi se San Siro è orrendo o bellissimo

            ciao

            • Peucezio scrive:

              Ma ti perdi una parte essenziale dello spirito milanese.

              https://www.youtube.com/watch?v=EPWT5yyFT5Y

              https://www.youtube.com/watch?v=AHUYaD29BSA

              Non ho trovato il link, ma ti segnalo anche “Passeggiando per i laghi”, cantata da Roberto Brivio.
              Una versione breviori di Svampa recita:

              L’altro giorno andando a spasso
              in su i riv del Lag Maggior,
              respirando l’aria pura
              cont i sò graditi odor,
              m’è vegnuu l’ispirazion
              ma de lassà giò i calzon,
              o che gioia, o che piacere o che cuccagna
              cagà in campagna!
              O che gioia, o che piacere o che cuccagna
              cagà in campagna!

  8. Moi scrive:

    @ IZZALDIN (In Topic perché Settima Arte ! 😉 …)

    Tu che da bravo “Millennial” sei tanto “Cultural Appopriation Sensitive” … che ne pensi dell’ ultimo film d’ animazione “Coco” ?

    Per me, se Halloween “prendesse su” (“assimilasse”) qualcosa dal Dia de Los Muertos … avrebbe solo da guadagnarci ! 😉 Inoltre quelle atmosfere Messicane mi hanno suggerito l’ idea di quello che Luciano De Crescenzo ha definito a suo tempo “Mediterraneo Ipertrofico” 😉 …

    • PinoMamet scrive:

      Non sono Izzaldin ovviamente 😉 e attendo la sua risposta;

      io non l’ho visto; amici bambinati mi dicono che l’hanno trovato bello e anche commovente (?) e mi fido, però boh, i trailer non mi ispiravano.

      Bisognerebbe girare la domanda a Miguel, ma credo che se fossi messicano, almeno a vedere i trailer, mi sentirei come un italiano che vede un film ambientato in Italia dove gli italiani hanno tutti folti baffoni neri, mangiano esclusivamente spaghetti e suonano tutti il mandolino.

      Più che cultural appropriation, mi pare cultural sputtanation, ma magari mi sbaglio non a

      • PinoMamet scrive:

        non avendolo visto

        • izzaldin scrive:

          millennial sarai tu 🙂
          un amico lo ha visto e gli è piaciuto.
          dopo l’uscita nel 2015 di Inside Out, il film cognitivo-comportamentale della Pixar, su internet la battuta sui film Pixar che sostanzialmente si limitano a immaginare come sarebbero determinate cose se avessero sentimenti umani:

          Pixar, 1995: What if toys had feelings (Toy Story)
          Pixar, 1998: What if bugs had feelings
          Pixar, 2001: What if monsters had feelings
          Pixar, 2003: What if fish had feelings (Nemo)
          Pixar, 2004: What if superheroes had feelings
          Pixar, 2006: What if cars had feelings
          Pixar, 2007: What if rats had feelings
          Pixar, 2008: What if robots had feelings
          Pixar, 2009: What if dogs had feelings
          Pixar, 2012: What if Scotland had feelings
          Pixar, 2015: WHAT IF FEELINGS HAD FEELINGS
          e qualcuno oggi su Coco scherza: “What if Mexicans had feelings?” 🙂

          in fondo però Moi devi pensare che la Pixar si rivolge ad un mercato globale fortemente influenzato dalla cultura americana, e la cultura americana e quella messicana si stanno mescolando sempre di più. Il Cinco de Mayo credo sia vacanza negli USA.
          (@Habs sarebbe bello sapere cosa ne pensano i cattolici alla Pat Buchanan del fatto che in moltissime città lo spagnolo sia la prima lingua).
          inoltre la iconografia de los muertos si presta molto ad una rivisitazione animata in quello stile.
          dubito che lo vedrò in ogni caso, ma chi lo ha visto dice che è carino

  9. Moi scrive:

    Be’ … non facendo “spoiler” mi ha piacevolmente confermato quel che già sospettavo:

    sanno godersi il Mondo meglio i Messicani da morti che gli Statunitensi da vivi ! 😉

    • izzaldin scrive:

      bellissima questa! 🙂

      è come la battuta di Luttazzi su Torino che è grande quanto il cimitero di Vienna ma ci si diverte la metà 😉

  10. Moi scrive:

    A proposito: si dice che il Cinema è la Settima Arte … le Altre 6 ? 😉

  11. mirkhond scrive:

    A proposito della scultura a forma di merda a Firenze:

    SEZIONE KAKATE. C’E’ IL LIETO FINE!

    Però, finalmente, dulcis in fundo. Anzi, Nuntio vobis gaudium magnum. Di più: Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus. L’incubo kakoalluminiko è finito: il cilindro fecale (molto imperfetto anche in quanto tale) impostoci alcune settimane fa da alcuni Grandi Artisti spalleggiati da Illustri Critici d’Arte e sostenuti da alcuni altri Illuminati Amministratori è stato rimosso dalla fiorentina Piazza della Signoria. Ora, noialtri ignoranti superficiali conformisti che non siamo altro possiamo tornare in pace a goderci la Giuditta di Donatello, il Perseo del Cellini e perfino il granduca Cosimo del Giambologna. Ci vergogniamo della nostra banalità, del nostro gusto mediocre, della nostra prevedibilità. Ma, incorreggibili, supplichiamo i beati Giovanni Battista, Zanobi, Reparata, Miniato e tutti gli altri copatroni della Città del Fiore affinché tengano lontani da essa, in futuro, altri capolavori postmoderni.

    http://www.francocardini.it/minima-cardiniana-198/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *