La paura

Non voglio dare troppi dettagli, ma in questi giorni ho visto montare una paura collettiva che fa paura anche a me.

Un piccolo episodio, un equivoco, una sciocchezza ingenua commessa da una persona che vive in una dimensione tutta sua… e improvvisamente la paura si diffonde di persona in persona.

Una famiglia diventa oggetto di ogni sospetto, e ognuno ricorda di aver colto una frase, visto  un movimento sospetto. Si creano collegamenti di ogni sorta, una donna bionda viene confusa con una dai capelli neri, una stanza con un’altra, ma poco importa.

Quando avvengono queste cose, ogni mattone aiuta a costruire il castello, ma non è mai possibile togliere nulla: non è nemmeno possibile opporsi, perché la paura si diffonde ovunque, e tu stesso rientri subito tra i sospettati se dici qualcosa in contrario.

Quelli che mi portano i loro sospetti-diventati-certezza, sono in gran parte persone davvero belle, che cercano di essere oneste fino in fondo, non hanno mai deliberatamente fatto male a nessuno, magari insegnano ai loro figli che è meglio fare la fame che cercare il successo a tutti i costi.

La paura è una reazione primordiale, ed è sempre moralmente giusta: voglio salvare me stesso, le persone che mi sono care, da ladri, sfruttatori, pedofili, satanisti…

La famiglia presa di mira in questo caso è extracomunitaria, e gli impauriti sono tutti italiani, ma sarebbe troppo facile parlare di razzismo. Lo stesso meccanismo avrebbe potuto colpire chiunque, ad esempio le bidelle assai autoctone di un asilo laziale (anche se qui il panico riguarda tutt’altro).

No, è assolutamente sbagliato fare come chi cerca di combattere queste cose, insegnando che gli ebrei, o i neri, o gli omosessuali o i richiedenti asilo o chi volete, siano tutti santi: sarebbe una palese menzogna. Infatti, la logica dell’antirazzismo è sempre la logica del branco: invece di linciare l’ebreo, linciate l’antisemita: sempre linciaggio è.

Poi, inventando il mitico cattivo prepotente che odia tanto per odiare, l’antirazzismo dimentica la paura dietro tutti coloro che etichetta come “razzisti”. Se in Bosnia, i croati hanno ammazzato musulmani e serbi, i musulmani hanno ammazzato croati e serbi, i serbi hanno ammazzato croati e musulmani, era prima di ogni cosa, per difendersi dai cattivi prepotenti che ci odiano tanto per odiare.

Un lavoro molto, molto più difficile: insegnare a diffidare di qualunque cosa venga detta da tutti, imparare a non correre mai dietro alle correnti. Ricordare di quando ciascuno di noi è stato oggetto di false accuse, e saperlo applicare a chi viene oggi accusato.

Saper essere scettici, trovare gli errori logici, diffidare delle certezze, non farsi mai complici di alcuna ondata di massa. Anche se quell’ondata girasse dalla parte mia, sempre ondata è.

Sapere che i cattivi prepotenti da demonizzare spesso costituiscono un capro espiatorio.

“I figli ripetono i crimini dei loro padri proprio perché si credono moralmente superiori a loro.”

René Girard, Vedo Satana cadere come la folgore, Adelphi, pp. 40-41

E capire che il nemico più grande non sono il bullismo, la aggressività, la prepotenza.

Il vero nemico è la nostra sana, indispensabile antica paura.

Che ci evita di saltare giù dal burrone, e ci fa ammazzare gli innocenti.

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26 risposte a La paura

  1. Ugo Bardi scrive:

    Miguel, nel tuo articolo sul caso Rignano, si cita un blog

    http://giustiziaintelligente.blogspot.com/

    che sembra aver deciso di sparire dalla vista pubblica. Ti arriva un messaggio: “This blog is open to invited readers only”. Ne sai nulla? E’ già tempo di darsi alla carboneria?

  2. Peucezio scrive:

    Splendido post!

  3. Z. scrive:

    Dici cose molto giuste: semmai direi che la paura non è “moralmente giusta” come non è “moralmente sbagliata”, ma piuttosto è al di là di ciò che è giusto e sbagliato. Anzi, al di qua più che al di là. Ma è una precisazione pedante e forse ben poco necessaria.

    Su una cosa però non sono d’accordo.

    La paura non è nostra nemica, anzi. Spesso è desiderabile, e anzi sono sempre più convinto che se certa gente avesse un po’ di paura, che poi significa “consapevolezza dei gravi rischi insiti in ciò che faccio”, sarebbe ottima cosa per lui e per gli altri.

    La paura ci serve. L’aggressività, a volte, pure. Il bullismo e la prepotenza no, mai.

    • Carlo scrive:

      Sul fatto che la paura a volte serva credo che Miguel sia d’accordo con te, visto che la definisce “indispensabile” e dice che ci impedisce di buttarci nel burrone; il problema è che a volte la paura ti induce a buttarti dentro nel burrone stesso mentre fuggi da nemici immaginari (creati dalla paura stessa).

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Carlo

        ” il problema è che a volte la paura ti induce a buttarti dentro nel burrone stesso mentre fuggi da nemici immaginari”

        Di cosa fosse la paura, mi sono accorto oltre vent’anni fa, nell’ex-Jugoslavia.

        La motivazione fondamentale dei massacri, ovunque, era sempre questa, dove i singoli termini etnici sono del tutto intercambiabili:

        “guarda che noi serbi fino a qualche anno fa non avevamo problemi con nessuno, avevo amici albanesi come avevo amici croati, poi però gli albanesi, quelli cattivi che non sono tutti mica uguali, hanno cominciato a violentare le donne solo perché erano serbe, rubavano nelle case, sputavano dentro le chiese, e allora abbiamo avuto paura e ci siamo difesi”.

        Dietro ogni guerra etnica, c’è un ragionamento simile.

        Poi noi attribuiamo agli altri cose che invece gli altri non pensano tipo, “noi serbi siamo superiori e ci divertiamo a picchiare gli albanesi perché ci piace quando strillano”.

        • Peucezio scrive:

          Sai che però questo mi suona strano?
          Insomma, l’uomo in fondo è fondamentalmente vigliacco e ragiona per rapporti di forza: rispetta chi teme e prende a calci chi non teme.

          Io stesso, pur rispettando il prossimo e non esercitando soprusi di sorta, mi rendo conto che tendo o sono tentato di trattare più disinvoltamente chi so che non può farmi alcun male: è un meccanismo che non amo di me e cerco di contrastare, ma che al tempo stesso non possono negare.

          Insomma, verso chi può farci danni tendiamo a cercare il compromesso, l’accodomodamento, a evitare lo scontro.

          • Francesco scrive:

            Beh, Peucezio, se hai paura del tuo vicino, puoi sempre pugnalarlo alle spalle o aspettare che abbassi la guardia.

            Non è detto che sempre abbasserai la testa e spererai che non ti faccia male.

            Soprattutto se ha tanta paura e lui è forte più o meno come te.

            • Peucezio scrive:

              Ma si ha paura del più forte, non del forte uguale.

            • Francesco scrive:

              Questo lo dici tu: se uno è forte uguale a me, basta che mi colga con la guardia abbassata e sono fottuto.

              Se è più forte, posso solo consegnarmi a lui – che mi sfrutterà piuttosto di uccidermi

              Pensa ai cristiani deboli all’interno dell’Impero Ottomano: li hanno massacrati o cacciati quando loro sono diventati deboli, non quando erano forti.

              Ciao

    • Miguel Martinez scrive:

      per Z

      ” anzi sono sempre più convinto che se certa gente avesse un po’ di paura, che poi significa “consapevolezza dei gravi rischi insiti in ciò che faccio””

      Certo, il problema è quando si pensa solo ai gravi rischi (forse) insiti in ciò che fanno gli altri…

  4. Carlo scrive:

    Comunque una cosa che in effetti mi ha sempre colpito, al di là della paura, è l’incredibile trasversalità e diffusione dello schema “ci sono dei cattivoni che odiano per il gusto di odiare o che sono cattivi perché sono cattivi”: lo si ritrova nei neo-nazisti e nei paranoici anti-ebraici in genere che attribuiscono agli ebrei qualunque nefandezza solo perché odierebbero i gentili, lo si ritrova pari pari nei leghisti e negli islamofobi con l’unica differenza che agli ebrei si sostituiscono i musulmani, ma lo si ritrova anche nelle femministe secondo cui i maschilisti sono così perché “odiano le donne” senza alcun motivo, negli attivisti LGBT la cui espressione più tipica è “il tizio X (che può essere Putin, Trump o Barilla) odia i gay”. In tutti questi casi le azioni dei propri avversari veri o presunti non vengono spiegate in altri modi che con la loro cattiveria, una specie di idealismo del male.

    • Peucezio scrive:

      Ciò che è sbagliato secondo me non è tanto fare la metafisica di un gruppo, quanto applicare questo criterio con i singoli, nei rapporti personali.
      Ci sono una serie di categorie per cui io non stravedo, ma non mi farei mai condizionare dal pregiudizio nel trattare o giudicare una singola persona che non rispondesse allo stereotipo (magari statisticamente fondato) sul suo gruppo.

      • Carlo scrive:

        Sì però se si fa “metafisica di un gruppo” si condanna all’impossibilità di comprenderlo in qualche modo.

        • Moi scrive:

          facciamo qualche esempio facile:

          – è “irricevibile” (parola ultimamente di moda …) discriminare le persone per “razza”,e va bene. Ma se passiamo ai Segni Zodiacali è molto più “ricevibile” 😉 ; eppure ridurre una persona al giorno e ora in cui nasce NON è da meno che ridurla al proprio “fenotipo”, giusto ?

          – sarebbe “irricevibile” uno stilista che volesse modelle solo di una “razza” (specie se bianche 😉 …) , ma tutti (o quasi, ma sono di solito iniziative di beneficenza) gli stilisti discriminano qualunque donna di corporatura NON ectomorfa e longilinea … Eppure anche “quella roba lì” dipende dai geni proprio come la “razza” … o no ? 😉

        • Peucezio scrive:

          Carlo,
          anche la metafisica è una forma di comprensione.
          Purché non ci si fermi lì o non si neghi l’evidenza in nome di essa.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Carlo

      “Comunque una cosa che in effetti mi ha sempre colpito, al di là della paura, è l’incredibile trasversalità e diffusione dello schema “ci sono dei cattivoni che odiano per il gusto di odiare o che sono cattivi perché sono cattivi”

      Esatto.

      Dire che gli altri sono cattivi-perché-sono-cattivi permette di non immaginarsi mai le loro possibili ragioni.

      • Davide Troiano aka daouda scrive:

        Ciò non toglie che casi del genete possano aversi

      • Peucezio scrive:

        Migue,
        “Dire che gli altri sono cattivi-perché-sono-cattivi permette di non immaginarsi mai le loro possibili ragioni.”

        Quanto hai ragione! Mi ci metto io per primo…

  5. Moi scrive:

    L’ Infanzia Difficile è un “Trope” intramontabile (!) di ogni forma di affabulazione … in pratica o la Vittima diventa almeno (!) come il Carnefice o muore (spesso per suicidio) !

  6. Francesco scrive:

    Miguel

    questo post è degno di Alessandro Manzoni, quasi quasi ti iscrivo ai liberali prudenti

    😀

    ed è pure molto triste, in quanto vero

    🙁

    ciao

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Francesco

      “questo post è degno di Alessandro Manzoni, quasi quasi ti iscrivo ai liberali prudenti”

      Ti ringrazio.

      Infatti, su questi temi sono decisamente più vicino ai “veri liberali”.

  7. Val scrive:

    Era da un po’ che non facevo un salto qui, che fortuna essere capitato in un post così lucido, così necessario.

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