Che fare, che non fare?

Spesso qui parliamo di “grandi questioni”, cose come il riscaldamento globale, l’inquinamento, le migrazioni, la gentrificazione delle città, la fine della biodiversità, la crisi della scuola…

A un certo punto, Roberto, che è una persona pratica, giustamente commenta:

“Tutto ciò è molto interessante ma evita accuratamente la sola cosa che secondo me conta veramente e cioè la risposta alla domanda: che fare?

Fuori c’è un uragano apocalittico e noi stiamo in casa ad aspettare che tutto crolli leggendo su una enciclopedia quali sono le cause degli uragani.”

Roberto mi ha dato così un ottimo pretesto per mettere in ordine le mie riflessioni, che vi do, per quello che valgono:

Concordo.

Però quello che possiamo fare, cambia secondo che ci sia o no un uragano apocalittico lì fuori.

Se pensiamo che esistono semplicemente “tanti problemi”, prenderemo decisioni di un certo tipo:

– in Africa sono poveri, mandiamoci gli aiuti oppure investiamoci;

– troppe auto sotto casa mia, costruiamo più parcheggi sotterranei;

– in Italia per rispondere alla perdita di competitività, facciamo un aeroporto e un ponte sullo Stretto di Messina;

– in Arabistan ci sono i cattivi dittatori, abbattiamoli con il libero mercato e il libero bombardamento…

Ciascuna di queste proposte di azione si può sostenere con ragionamenti, e criticare con altri ragionamenti.

Ma se l’uragano apocalittico non fosse fatto di tante piccole cose distinte?

Se tutto fosse abbastanza collegato?

E se alla fine, semplificando un po’, potessimo dire che i singoli problemi di questo tipo hanno alla fine in comune il meccanismo per cui si cercano infiniti profitti da un pianeta finito, a velocità sempre crescente, e facendosi pure concorrenza per farli

… a quel punto capiremmo perché ciascuno dei rimedi proposti da chi vede “piccoli problemi isolati” peggiorerà la situazione.

Leggere l’enciclopedia sulle cause degli uragani ci aiuta quindi a evitare di accendere il fornello o camminare sotto i cornicioni mentre arriva la tempesta, e questo già mi sembra importante.

Per quel poco che contiamo, noi uraganologi cercheremo anche di opporci a progetti tipo costruire un palazzo di cartone di trenta piani esattamente sulla traiettoria dell’uragano. Quindi cercheremo logicamente anche di fare qualcosa contro bombardamenti, nuovi aeroporti, trattati internazionali che accelerano il flusso globale e insomma tutto ciò che ingrandisce l’uragano.

Se guardiamo le cose in questo modo, cambia il concetto stesso di “fare”: siamo arrivati a questo punto, proprio perché si è fatto troppo, e a ogni disastro che si combina, si pensa di dover “fare” ancora di più per rimediare.

A questo punto, abbiamo però anche una chiave per capire noi cosa possiamo davvero fare. Dove però il pronome “noi” non ha affatto lo stesso significato che ha, quando si dice, “noi dobbiamo costruire più centrali atomiche”.

E’ il noi vero, quello che dice, “stasera facciamo una frittata e si apre il Chianti”.

In un uragano, la prima cosa che dobbiamo fare è costruirci una casa resiliente, cioè che sappia piegarsi come il giunco quando passa la piena (càlati juncu ca passa a china), di pochi piani e dove si trovi un po’ di tutto quello che serve davvero.

Deve essere il più possibile indipendente dai grandi sistemi di fornitura di servizi e dal denaro che li mantiene in vita. Senza fare follie, si tratta semplicemente di una direzione da seguire.

Adesso si capisce anche perché non ci possa essere un modello generale, un vi dico io che fare: una casa così deve essere adatto al luogo in cui si trova, e tutte le case create con un simile principio saranno per definizione diverse.

A questo punto sappiamo benissimo cosa fare.

Anzi lo stiamo facendo già, e ci divertiamo pure, che non è male quando tutti fanno la faccia lunga perché c’è la Crisi.

nidiaci-foto-bambini

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1.081 risposte a Che fare, che non fare?

  1. mirkhond scrive:

    Come porre termine all’avidità umana?
    Come contrastare interessi colossali e suicidi nello stesso tempo?

    Auguri per Francesco!

    • Miguel Martinez scrive:

      Basta ricordare a Francesco l’eptalogo dei Valori Occidentali/Moderni, le fondamenta psico-ideologiche del capitalismo, come elencate da teologi cattolici in tempi non sospetti (copincolla da Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Vizi_capitali ). Guardate che l’elenco è talmente preciso, che si fa fatica ad aggiungere qualcosa:

      superbia (radicata convinzione della propria superiorità, reale o presunta, che si traduce in atteggiamento di altezzoso distacco o anche di ostentato disprezzo verso gli altri, e di disprezzo di norme, leggi, rispetto altrui);

      avarizia, più precisamente l’etimologia latina “avaritia”, anziché l’avarizia nella sua accezione moderna; (cupidigia, avidità, costante senso di insoddisfazione per ciò che si ha già e bisogno sfrenato di ottenere sempre di più);

      lussuria (incontrollata sensualità, irrefrenabile desiderio del piacere sessuale fine a se stesso, concupiscenza, carnalità, eccessivo attaccamento ai beni terreni ed eccessiva reticenza nel separarsi da essi);

      invidia (tristezza per il bene altrui percepito come male proprio);

      gola (meglio conosciuta come ingordigia, abbandono ed esagerazione nei piaceri della tavola, perdita totale del senso della misura e quindi della capacità di provare piacere reale per ciò che si sta gustando);

      ira (eccessivo senso di giustizia, che degenera in giustizia personale, nonché in desiderio di vendicare violentemente un torto subito);
      accidia (torpore malinconico, inerzia nel vivere e nel compiere opere di bene, pigrizia, indolenza, infingardaggine, svogliatezza, abulia).

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Questa è stata la grandezza (demoniaca) di Steve Jobs: siate pazzi, abbiate fame. La follia di una delirante fame senza fine che fagociterà il mondo.

        • Francesco scrive:

          essere vivi, insomma, e costruire monasteri anche se verranno i vichinchi e distruggeranno tutto

          e ricostruirli dopo, e di nuovo, e con chiese sempre più belle ogni volta

          • mirkhond scrive:

            Qui concordo con Francesco.
            Il problema è che l’uomo ha perso l’Ispirazione della Bellezza Divina, ed è capace di costruire solo croste.
            Vedasi cubonazzi, chiese goldrake, chiese sputnik (la mia parrocchia), o astronavi alla enterprise a San Giovanni Rotondo……

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Ciao Steve <3 costruiva monasteri?

        • izzaldin scrive:

          d’accordissimo con Mauricius

      • Z. scrive:

        Solo io penso che, in qualche modo, l’accidia sia un vizio che si oppone a tutti gli altri, e contribuisce a moderarli? 🙂

        • Miguel Martinez scrive:

          “Solo io penso che, in qualche modo, l’accidia sia un vizio che si oppone a tutti gli altri, e contribuisce a moderarli?”

          In teoria è vero.

          Pensiamo però a quella lista come l’eptalogo del pubblicitario.

          Per spacciare la moto ci mette l’ira, per spacciare il divano, ci mette l’accidia.

      • Francesco scrive:

        secondo me mica tutto va bene per il capitalismo però

        Ira no, è una visione di brevissimo periodo
        Accidia poi è l’opposto di ogni istinto sviluppista
        Invidia è pericolosa, di solito porta al progressismo e alle tasse
        Lussuria deve essere ben controllata

        il resto direi che è OK

        😀

        • Miguel Martinez scrive:

          “Invidia”

          Ieri criticavi i miei amici indiani proprio esaltando l’invidia, a quanto ho capito.

          “Come, invece di essere contenti di essere diversi, perché non ci invidiate e non volete avere anche voi l’ultimo iphone?”

          La lussuria poi è un ingrediente cruciale di tutto il dispositivo pubblicitario. Guardati attorno…

          • Francesco scrive:

            appunto ho detto che è pericolosa: c’è chi per invidia dell’aifon nuovo lavora e produce e chi per lo stesso motivo diventa comunista!

            la lussuria “vera” è scopare, non farsi mezza sega guardando la pubblicità. siamo un’epoca di pervertiti impotenti, non di scopatori

            • Miguel Martinez scrive:

              “appunto ho detto che è pericolosa: c’è chi per invidia dell’aifon nuovo lavora e produce e chi per lo stesso motivo diventa comunista!”

              Esatto.

              Per questo non ho l’aifon,

              non invidio chi ce l’ha,

              non mi sforzo per lavorarprodurlo

              e nemmeno mi infurio perché lo Stato non dà un aifon a tutti.

              Ecco perché non sono né di destra né di sinistra 🙂

            • Miguel Martinez scrive:

              “siamo un’epoca di pervertiti impotenti, non di scopatori”

              Concordo.

              E’ l’esito inevitabile delle cose che tu predichi 🙂

            • Francesco scrive:

              scusa ma non ne sono convinti

              sono un grandissimo sostenitore del sano sesso coniugale, fedele e godereccio

              nessuno mi da retta, compresa la moglie …

              ciao

    • Francesco scrive:

      grazie degli auguri Duca! ho capito adesso che ti riferisci al 4 ottobre!!! scusami

  2. Miguel Martinez scrive:

    Comunque noi non possiamo e non dobbiamo porre termine a niente.

    A volte possiamo rendere difficile qualche schifezza – come i nostri amici della Piana che ricorrono al TAR contro l’aeroporto e l’inceneritore; ma soprattutto dobbiamo costruire. Come i nostri amici della Piana che stanno facendo un parco esattamente dove dovrebbe passare la pista dell’aeroporto.

    Il resto è nelle mani di Dio o degli dèi, no?

  3. mirkhond scrive:

    Ho l’impressione, come dice Massimo Fini, che il meccanismo turbocapitalista, sia sfuggito di mano agli stessi demiurghi.
    Penso a Taranto, dove la mortalità di cancro è più alta che in altre aree pugliesi, e pure tra i bambini, però non si riesce a far chiudere il maledetto tumorificio ilva, e a bonificare un territorio contaminato.
    Il guaio che è difficile bonificare cuori e cervelli umani, inesorabilmente incamminati verso il baratro…..

    • Francesco scrive:

      Duca

      cosa c’entra il turbocapitalismo finanziario con le acciaierie? roba più concreta e lenta di quelle non ne conosco

      ciao

  4. mirkhond scrive:

    “accidia (torpore malinconico, inerzia nel vivere e nel compiere opere di bene, pigrizia, indolenza, infingardaggine, svogliatezza, abulia).”

    Non si salva nessuno, a parte pochi santi!

  5. habsburgicus scrive:

    la domanda posta da Roberto, fu già formulata dal signor Ul’janov nel 1903 😀
    e lui, complice la Grande Guerra e le debolezze della Moanrchia oltre a cospicui finanziamenti dei (presuntissimi) “nemici di classe”, alla fine riuscì a FARE
    se per il bene del popolo della sventurata Russia, è un altro paio di maniche 😀

  6. habsburgicus scrive:

    concordo con Miguel che il capitalismo è male, il peggio mai visto !
    quindi bisognerebbe uscirne
    ma come ?
    1.con il marxismo-leninismo ? strada fallace perché le fonti sono inquinate ab ovo (io, lo ribadisco, credo alla buonissima fede dei comunisti che Mirkhond ha avuto in famiglia e ne ho incontrati anch’io così, in gioventù; ma Marx fece il “doppio gioco”, se non si capisce che il suo obiettivo era sovvertire la civiltà cristiana e NON il benessere del proletariato di cui allegramente si fotteva vivendo lui nel lusso :D, non si va da nessuna parte; Lenin, con i suoi finanziamenti spuri e tenuti segreti al PMLI e gente di tal fatta :D, ancor di più; in un certo senso, il vero marxismo si ha oggi !..i matrimoni gay e il sesso estremo sono l’essenza del marxismo rettamente inteso perché colpiscono alla radice la civiltà cristiana..in questo senso è ingeneroso accusare l’attuale sinsitra..la sx attuale, fregandosene dei poveri di etnia europea e pensando solo a diritti LGBT, misure anticattoliche ecc, ha COMPRESO l’essenza di Marx mille volte meglio del comunista trinariciuto di Guareschi..ed è meno ipocrita ! già Pannella marxisticamente è stato un rivoluzionario mille volte superiore e soprattutto più efficiente di Che Guevara e Pietro secchia !)
    2.la visione “nazionale e sociale” fu tentava nei ’30 oggi è stata fatta uscire dalla Storia per essere ascritta alla demonologia improponibile, per definizione
    3.il ritorno al vecchio mondo anteriore al capitalismo, come piacerebbe a me impossibile, temo
    4,l’Islam ma il wahabismo, il peggiore, può essere capitalistizzato e già lo è ! estraneo all’Europa storica e difficilmente proponibile (sarebbe una sciagura !)
    dunque al capitalismo non c’è alternativa razionale…mi spiace
    e da lì nasce il mio sconforto 😀 ed il mio epicureismo 😀

    • Peucezio scrive:

      Si può sperare in una radicalizzazione del populismo contemporaneo.
      Che ha preso dal marxismo (o, meglio, da ciò che il marixsmo voleva far credere di essere), diciamo meglio, dal socialismo, la vocazione popolare, ma senza il dirigismo, rendendo finalmente (nel suo progetto) egemoni i vaolri popolari, anziché pretendere di riscattare il popolo grazie all’assimilazione di valori borghesi, e realizzando davvero quindi (se s’imponesse) quell’egemonia culturale che in Gramsci era in fondo egemonia borghese, mentre ha preso dalla destra l’ideologia nazionale e antiprogressista, quindi fonde il meglio delle due tradizioni, superandole entrambe.
      Se, come dicevo, si radicalizzasse, potrebbe evolvere in una forma di comunitarismo realmente anticapitalista.

      • habsburgicus scrive:

        si… è difficile, mancano gli uomini, lo combatterebbero in ogni modo ecc
        ma può essere come dici tu !
        e dunque, ne converrai, anche la mia teoria de facto una variante del “tanto peggio tanto meglio” applicata in primis alla politica estera, potrebbe fungere da catalizzatore per tale rdicalizzazione
        o forse è solo una razionalizzazione inocscia per farmi “accettare” e vedere come non tropo “negativa” l’elezione ormai, temo certo di Hillary
        ma un’Hillary fanaticamente anti-russa potrebbe aiutare a “radicalizzare” Putin, il quale a sua volta E PER GLI INTERESSI SUOI, potrebbe favorire la radicalizzazione populista da noi ! e con un appoggio del genere sarebbe meno difficile..anche se rimarrebbe arduo !
        lo so, son sogni 😀

      • roberto scrive:

        peucezio

        ma che sono “i valori popolari”?

        a parte omofobia, razzismo e maschilismo che mi sembrano in effetti dei valori popolari universalmente diffusi e accettati

        • Miguel Martinez scrive:

          “ma che sono “i valori popolari”?

          a parte omofobia, razzismo e maschilismo che mi sembrano in effetti dei valori popolari universalmente diffusi e accettati”

          Roberto ha tanti aspetti.

          Questo è un aspetto da liberalprogressista, diciamo, e voglio polemizzare con il liberalprogressista, non con Roberto.

          Mi colpisce come il liberalprogressista parta spesso da un’antipatia freudiana per l’essere umano così com’è: una specie di mostro da domare e civilizzare. Se non li ficchi nelle scuole, se non li alfabetizzi, se non li legalizzi, se non li istituzionalizzi, gli esseri umani fanno un po’ schifo.

          Tra l’essere umano e la sua capacità di decidere della propria vita, bisogna sempre metterci un deputato, un professore e un poliziotto.

          E fin qui mi andrebbe bene, è un’ipotesi antropologica; se non si sposasse a un sentimentalismo, per cui il mostro-da-civilizzare viene contrapposto, come se fosse un’altra specie… al povero lavoratore sfruttato, alla vittima del bullismo, al profugo, a tutti quelli che suscitano la Bontà dell’Occidentale che dall’alto della sua potenza concede amore e protezione.

          Questa preoccupazione per la povera umanità si accompagna in modo fantastico al disprezzo per l’umanità vera.

          Le “vittime” vengono così trasformate in una specie diversa da quella degli “umani descolarizzati”.

          E in questo Moi, con cui spesso polemizzo, ha ragione confusa e creativa da vendere.

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Martinez

            Concordo in pieno, solo che per me ha ragione Roberto.

            Già Popper diceva che l’essere umano che vive in una società o è uno schiavo o esce da qualche scuola.

            E la scuola è dove si smette di correre per i prati e di ascoltare le fiabe della nonna e dove si sta seduti e composti a sentire di tabelline, di Giulio Cesare e di congiuntivi,

            In altre parole, la scuola è dove si entra a fare parte di una gerarchia.

            Senza la quale nessuna civiltà è impossibile, e con la quale l’amore universale è utopico, o ultraterreno, perché non si ha gerarchia senza qualcuno da disprezzare.

            Si riducono irrimediabilmente le risorse ambientali?

            Sopravviveranno le società più strutturate e tecnologiche, non quelle vicine allo stato di natura.

            Le quali -è cronaca di oggi- periscono scannandosi per l’acqua, e affollano di barconi i nostri mari coi loro migranti.

            Le comuni autogestite sarebbero le prime ad essere travolte, all’arrivo dell’uragano. Sono i costruttori di piramidi che erediteranno la terra, non i miti e i puri di cuore.

            Le armi di oggi si accatastano per l’acqua dolce di domani.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            “Se non li ficchi nelle scuole, se non li alfabetizzi, se non li legalizzi, se non li istituzionalizzi, gli esseri umani fanno un po’ schifo.”

            Tradotto in sintesi, se non limiti la loro libertà tendono a fare un po’ schifo.
            Il che è comprensibile, data la definizione di libertà come possibilità di perseguire il proprio interesse a prescindere da quello altrui.

            • Miguel Martinez scrive:

              “Tradotto in sintesi, se non limiti la loro libertà tendono a fare un po’ schifo.”

              Non esattamente, perché ovunque la libertà degli uomini è limitata.

              Non è mica la scuola a impedirmi di sposarmi con mia sorella o lo stato a dire che non devo fare lo sbruffone; e appena ci mettiamo a lavorare alla pari con altri, ci limitiamo a vicenda – per questo Ali Shari’ati diceva che l’unica libertà vera di cui gode l’uomo è quella spirituale, perché non è frenata dagli altri.

              I Rom sono gli esseri meno scolarizzati, istituzionalizzati e legalizzati che io conosca; e sono anche tra i meno liberi, nel senso che intendi tu (solo chi non li conosce può dire “libero come uno zingaro”).

            • Abd al-Jabbar Ibn Hamdis (già "Andrea") scrive:

              @ Miguel

              Ali Shariati mi sembra una figura molto interessante, di cui mi piacerebbe sapere di più. Teorizzatore di un’interpretazione egualitaria e “socialista” dell’Islam, in contrasto stridente – va detto – con le ingiustizie, le disuguaglianze e le sacche di povertà e di abbandono della Persia contemporanea.

            • Z. scrive:

              Miguel,

              ovunque gli uomini hannno conoscenze e sanno medicarsi, ma sappiamo tutti che di norma a scuola si apprendono più cose che nei campi e in ospedale si viene medicati meglio che per strada.

              Del resto, stono stati uomini già abituati a collaborare che hanno messo per iscritto i primi codici.

              • Miguel Martinez scrive:

                “ovunque gli uomini hannno conoscenze e sanno medicarsi, ma sappiamo tutti che di norma a scuola si apprendono più cose che nei campi e in ospedale si viene medicati meglio che per strada.”

                Credo che siano due faccende diverse.

                In ospedale indubbiamente si viene medicati meglio che per strada, e questo richiede studio.

                Ma non so se si “apprendono più cose” a scuola che nei campi.

                Sicuramente si apprendono più “cose scritte”, su questo non ci piove.

            • Z. scrive:

              Occhio, se la metti cososì non è nemmeno sicuro che in ospedale si venga curati meglio che in strada.

              Dipende da come si definisce “cura” e da quelle che chiamiamo “medicine”.

              Se chiamiamo “medicina” il rituale magico, la benedizione religiosa, la danza sciamanica e cose simili, allora l’ospedale non offre medicine di sorta e non cura nessuno.

          • Francesco scrive:

            Andrea, ti mancano un pò di lettura di fantascienza catastrofica e un minimo di sano realismo sull’utilità effettiva delle armi.

            Sistemi complessi che smetteranno di funzionare 5 minuti dopo la catastrofe.

            QUELLE guerre si combatteranno con sbarre di ferro prelevate da strutture tecnologiche morte.

            • Andrea Di Vita scrive:

              @ francesco

              Ma si combatteranno.

              Il che richiede una mentalità gerarchica, visto che le bande disorganizzate vengono regolarmente sconfitte da eserciti strutturati (Little Big Horn è l’eccezione che conferma la regola).

              La prima arma è la mente umana.

              In uno delle centinaia di racconti di fantascienza che tengo in casa (per la disperazione di mia moglie) si narra di un marmittone yankee e nerd durante un’improbabile guerra dove gli USA hanno ristabilito l’obbligo di leva.

              Costui inventa un marchingegno che polverizza in un colpo solo tutti gli oggetti metallici, disintegrando così carri armati, aerei, pistole, fucili, baionette e coltelli su tutto il fronte.

              Il racconto finisce col comandante del reparto che insegue il protagonista con un nodoso bastone di legno in mano.

              Ciao!

              Andrea Di Vita

            • Z. scrive:

              Bastoni, fionde, balestre a pietra e tutte le macchine da assedio senza propulsione chimica.

              E poi armi di ossidiana all’uso precolombiano.

              Le giunture non terranno benissimo ma credo che risultati non tarderebbero…

              E poi si può sempre estrarre altro minerale di ferro 😀

            • Francesco scrive:

              x ADV

              Medioevo prossimo venturo, di tale Vacca?

        • roberto scrive:

          un po’ hai ragione, ma un po’ avrei dovuto precisare: cosa sono i valori popolari oggi e in europa?

          la domanda me la faccio perché ogni volta che sento qualcuno riempirsi la bocca con i Nostri Valori (mi raccomando sempre la maiuscola), vedo sempre e solo usare delle pseudo fregnacce come randelli da dare in testa a della povera gente.

          inizio con un esempio lontano da voi ma vicinissimo a me.
          in francia il front national fa da anni una battaglia durissima, isterica, cieca a favore…..del maiale! ci sono stati casi in cui la mensa dei poveri di comuni amministrati dal FN ha iniziato a servire solo e sempre maiale, al grido “questi sono i Nostri Valori”. e intendiamoci, io adoro il maiale, ma se dovessi organizzare una mensa dei poveri dove la metà degli assistiti guarda il maiale come io guardo il tofu (orrore & ribbbrezzo), probabilmente cercherei di non proporlo tutti i giorni ed il giorno che ho le salsicce (che piacciono all’altra metà) non le mettereri a forza nelle verdure giusto per rompere le palle a qualcuno in nome dei Nostri Valori. semplice e liberalprogressista, no? invece no, ci sono i “Nostri Valori”.

          ieri, io ateo e lontanissimo da preti e affini, facevo notare che un sentimento popolare potrebbe benissimo stare in certi valori cristiani, quali carità, rispetto per il prossimo, e cose così. invece no, in nome dei Nostri Valori, ecco tanti allegri costruttori di muri, o picchiatori volontari, o giornalisti sgambettanti, pronti a scagliarsi contro gente che ha avuto tutte le sfighe del mondo, a difesa, eh si, l’avete capito, dei Nostri Valori.

          quest’estate abbiamo visto donne umiliate pubblicamente perché troppo vestite in spiaggia, tutto giustificato da cosa? i Nostri Valori

          e da li nasce la mia domanda.
          cosa sono sti benedetti valori? perché se sono quelli che vedo, beh, ci hanno trasformati in mostri, tutti noi, occidentali scolarizzati in primis

          • Z. scrive:

            Non propro tutti, dai. Diciamo pure, e senza offesa, che hanno trasformato alcuni più che altri.

          • Miguel Martinez scrive:

            “cosa sono sti benedetti valori? perché se sono quelli che vedo, beh, ci hanno trasformati in mostri, tutti noi, occidentali scolarizzati in primis”

            Ma infatti, anche il concetto di Peucezio dei “valori popolari” è abbastanza vago.

            Però ci sono delle cose “popolari” in cui mi ritrovo profondamente. Di cui la prima è il ruolo superficiale che giocano le categorie e la facilità con cui si superano.

            Vi ricordate delle due popolane di San Frediano che si devono sposare?

            Per l’intellettuale di sinistra, sono delle eroiche sostenitrici dei Diritti Civili, roba che secondo me nemmeno esiste.

            Per l’intellettuale di destra o cattolico, sono agenti della sovversione islamica per farci mettere il burqa a tutti.

            Per il popolo di San Frediano, sono due tipe simpatiche e un po’ buffe.

            • Francesco scrive:

              infatti ogni comunità ha bisogno di un Anziano o un Iman che la guidi, per non perdere la retta via

              come ogni fanciullo ha bisogno di essere educato per diventare libero e non licenzioso

              siamo all’ABC del “cattolicesimo” o sbaglio?

        • Peucezio scrive:

          Roberto,
          “a parte omofobia, razzismo e maschilismo che mi sembrano in effetti dei valori popolari universalmente diffusi e accettati”

          E non ti pare abbastanza? Ti sei risposto da solo 🙂

          A parte questo, bellissima l’analisi di Miguel sul liberalprogressista: da incorniciare!

        • roberto scrive:

          poi, giusto perché non sono pessimista di natura, hai esempi contrari

          proprio oggi, chiacchieravo con dei greci fra i quali una tipa di lesvos, la quale prima fa un quadro abbastanza orrendo della situazione da quelle parti (tutti vivono solo di tursmo e quest’anno è stato catastrofico) e poi mi dice “e che ci vuoi fare, la metà delle famiglie di qui sono arrivate come rifugiati dell’epoca dello scambio con i turchi, sappiamo cosa sta passando quella gente e non ci lamentiamo”

        • Peucezio scrive:

          Roberto,
          vabbè, tu sei un progressista buono (lo dico davvero senza ironia, ma con sincera stima).

          • Z. scrive:

            Ci sono anche quelli. Mica come a destra che siete tutti cattivi 😛

            • Peucezio scrive:

              Eheh, vero. Non mangiamo i bambini come voialtri, ma gli adulti sì 🙂

              Comunque Roberto ha ragione sull’egoismo e tutti gli altri difetti del “popolo” com’è diventato oggi, grazie al benessere, che significa individualismo, egoismo, grettezza, gelosia del proprio e dei propri spazi.
              Il punto è che per conto mio la borghesia è infinitamente peggio, perché è avulsa da ogni bisogno pratico, quindi progetta la sua distopia mostruosa come una sorta di gioco da tavolo, sradica milioni di persone dalle loro terre desertificandole e immiserendole e le riversa in Europa destabilizzandola.
              E va da sé che, diversamente da Roberto, che è animato da sentimenti sinceri, la solidarietà del progressista medio è quanto di più ipocrita e fittizio ci sia, perché è una pura costruzione intellettuale.

            • Roberto scrive:

              Peucezio

              “borghesia è infinitamente peggio,”

              Ragioniamo su questo punto cercando di vedere cosa è borghesia perché, anticipo le mie conclusioni, quello che dici è vero per una fascia di popolazione ristrettissima. Un politico anche di primissimo piano può perdere tutto dall’oggi al domani, un professore universitario rischia di faticare ad arrivare a fine mese, persino i mandarini eurocratici possono vivere con la paura di perdere tutto (chiedere ai miei colleghi inglesi). Se quindi il discrimine fra popolo e borghesia sta nell’essere avulsi dal bisogno pratico,beh questa cosa riguarda veramente pochi

              • Miguel Martinez scrive:

                “Un politico anche di primissimo piano può perdere tutto dall’oggi al domani, un professore universitario rischia di faticare ad arrivare a fine mese, persino i mandarini eurocratici possono vivere con la paura di perdere tutto”

                Proprio l’altro giorno, si ragionava del crollo delle grandi famiglie del Veneto.

                Magari nel 2645, incontreremo persino dei Frescobaldi mendicanti…

            • Peucezio scrive:

              Roberto,
              quella di borghese non è una condizione reversibile.
              E comunque conta poco la tua condizione economica, conta il milieu in cui sei cresciuto.
              Un ragazzo meridionale di famiglia contadina che vince un posto fisso in comune grazie all’appoggio di qualche mammasantissima locale mica è un borghese.
              Ora vuoi vedere che tutti i laureati precari non sono borghesi?
              Non ho mai detto che la borghesia sia legata al reddito o al tipo di contratto di lavoro.
              Il cozzalo milanese pieno di soldi col suv sempre cozzalo è.

            • roberto scrive:

              scusa peucezio,
              sarà che non ho ancora preso il secondo caffé ma come coordini

              “perché è avulsa da ogni bisogno pratico”
              e
              “conta poco la tua condizione economica,” ?

              • Miguel Martinez scrive:

                “sarà che non ho ancora preso il secondo caffé ma come coordini

                “perché è avulsa da ogni bisogno pratico”
                e
                “conta poco la tua condizione economica,” ?

                La domanda è buona.

                Ma forse “l’intellettuale borghese” può anche essere povero in canna, però ha sempre un approccio alfabetizzato (cioè per astrazioni) alla realtà materiale. Mentre si trova sommerso nella melma, si chiede l’etimologia della parola melma.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Forse Peucezio per “borghesia” intende semplicemente la classe colta (che è una classe trasversale tra le classi, per così dire).

              • Miguel Martinez scrive:

                Ma in genere gli intellettuali marxisti non erano una “classe trasversale tra le classi”.

                Erano quasi sempre di famiglia benestante (a differenza di molti leader militanti) e spesso ebrei o comunque cresciuti in famiglie non legate alla religione tradizionale.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Ma mi pare che per “borghesi” Peucezio non intenda soltanto gli intellettuali marxisti.

            • habsburgicus scrive:

              Erano quasi sempre di famiglia benestante (a differenza di molti leader militanti)

              anche in Cina, Miguel
              quel libro di cui ti ho vagamente accennato e che tratta la lotta politica entro il PCC dal 1930 al 1945, descrive anche la provenienza sociale dei “28 bolscevichi” che studiarono a Mosca dal 1925 al 1930 nell’effimera Università Sun Yat-Sen (fra cui Wang Ming, Zhang Wentian, Wang Jiaxiang e le donne Ming Qinshi amante di Wang Ming e Zhang Qinqiu che fu sposa successivamente di 2 “bolscevichi”) e si trova che molti erano addirittura di famiglia mandarinale ! o comunque ricca e istruita
              è inutile, i rivoluzionari romantici alla Mauricius si mettano il cuore in pace, le rivoluzioni le fanno solo i benestanti (colti) !..così fu con quella giacobina [in Italia se non eri un riccastro istruito, non eri giacobino :D]
              oggi, se mai ci sarà una rivoluzione, la faranno i boiardi nullafacenti tessera PD e SEL, quelli che navigano nell’oro con super-stipendi alla faccia degli italici nelle imprese (ex-)-pubbliche e negli Enti parastatali 😀
              vi è però una differenza…oggi i ricchi, anche quelli ben sistemati nello Stato e nel parastato e con curricula apparentemente imposants, sono in molti casi semi-analfabeti o comunque non dottissimi 😀 e ho detto prima che per fare la rivoluzione ci vogliono sì’ persone che stiano bene MA colte (Zhou Enlai, ad esempio..un mandarino al cubo..coltissimo e astuto…che ovviamente degli operai cinesi e dei contadini se ne fregava una cippa 😀 perché il bello del comunismo é questo, fare la rivoluzione in nome del popolo ad opera di chi il popolo concreto lo disprezza o comunque lo tiene a debita distanza, vero Moi ? :D)

              • Miguel Martinez scrive:

                “anche in Cina, Miguel”

                riflessione interessante.

                Nella nostra epoca post-libraria, è difficile fare un parallelo.

                Lasciamo perdere il PD, che ha altre basi assai più pratiche…

                direi che la Sinistra oggi, almeno in Italia, stia facendo la stessa lenta fine della Chiesa cattolica, con la differenza che la Chiesa almeno ha qualche base materiale tipo edifici.

                La Sinistra ha una vaga base identitaria negativa (ieri, “abbasso Berlusconi”, oggi “abbasso Renzi”, sempre “abbasso i fascisti”); ha alcuni individui intelligenti (penso ai redattori di Contropiano ad esempio); produce una sottocultura minoritaria giovanile abbastanza marginale… insomma, hanno perso da tempo la nave, il treno e pure la bicicletta.

                Molto più interessante è un altro mondo – quello delle migliaia e migliaia di comitati che nascono attorno a cose vere, di quelli che si occupano del proprio ambiente, della gente che prende una zappa e cura un orto oppure scende in piazza con i bambini e i nonni per fermare dei progetti infami, senza retorica o gergo, e ormai sentendosi “né di destra né di sinistra”, rifiutano istintivamente partiti e politici.

                Questo mondo è certamente confuso, mancherà di grandi visioni e quando le ha, saranno un po’ semplicistiche; ma credo che se nel futuro vedremo qualcosa di buono.

                Difficilissimo metterli insieme: al massimo, si rivolgono a un deputato Cinque Stelle per presentare richieste o proposte specifiche, ma senza lasciarsi inquadrare e senza diventare seguaci di nessuno.

                Però è proprio questo il bello del localismo.

            • Z. scrive:

              Secondo me oggi “borghese” è parola priva di qualsiasi significato.

              Se non come accusa generica all’interlocutore. Un po’ come “di sinistra” è quella cosa che si accusa l’interlocutore di non essere.

              • Miguel Martinez scrive:

                “Secondo me oggi “borghese” è parola priva di qualsiasi significato.”

                Concordo. Infatti, quando ho descritto gli intellettuali marxisti, ho messo tutti i verbi al passato 🙂

                Però per me, borghese è un complimento.

            • Z. scrive:

              Un complimento? cioè? come lo intendi?

              • Miguel Martinez scrive:

                “Un complimento? cioè? come lo intendi?”

                Per me, borghese significa un tipo umano particolare, con un’etica forte, molti libri, capace di parlare un latino corretto, la barba ben curata, la schiena rigida, crede che il lavoro che sta facendo per rendere più moderna la sua ditta sia anche un modo per rendere migliore il mondo, evita attentamente la volgarità e l’ostentazione e se la Patria lo richiede, parte volontario.

                Un’illusione spaventosa, forse la più disastrosa dai tempi dei dinosauri, ma spesso vissuta in buona fede.

                Anche per questo, credo che sia una razza quasi estinta.

            • Z. scrive:

              Allora tu sei sostanzialmente un borghese!

              – hai un’etica forte, anche se atipica;
              – hai molti libri;
              – sai parlare latino correttamente;
              – vabbè, niente barba, ma ti sbarbi con cura;
              – hai la schiena dritta;
              – eviti accuratamente volgarità e ostentazione;
              – se l’Oltrarno lo chiede, parti volontario!

              Del lavoro non credo si possa dire lo stesso. Ma nessuno è perfetto, sicché nessuno è un borghese perfetto.

              Al contrario, io:

              – ho un’etica abbastanza forte ma:
              – libri nzomm;
              – cara grazia se capisco i latinetti;
              – la barba dipende;
              – soffro di scoliosi sin da ragazzo;
              – se la patria abbisogna di volontari, beh, parliamone, mica è Cuperlo 😀

              Però sul lavoro sì, ci sono.

              Del resto, se non si può essere perfettamente borghesi non si può nemmeno essere perfettamente cafoni!

            • Peucezio scrive:

              Avete messo molta carne al fuoco e non riesco a starvi dietro 🙂

              Roberto,
              sì, effettivamente suona un po’ contraddittorio.
              Diciamo che un po’ è vero quello che ha detto Miguel sull’astrazione, un po’ c’è il fatto che probabilmente anche il precario laureato ha comunque un retroterra familiare che gli assicura qualche risorsa in più, perché una famiglia sottoproletaria in genere non ti manda all’università (un mio amico di famiglia così si è comunque laureato in lettere con 110 e lode, per totale merito suo – non l’hanno osteggiato, ma certo non incoraggiato o spinto – ma infatti è un fascistone e, pur essendo molto colto, ha il tipico carattere solido e deciso del ragazzo cresciuto nel quartiere popolare); probabilmente poi lo stato di necessità è anche una conzione interiore, non solo una questione di conto in banca: la respiri in famiglia, ci cresci o meno.
              Tutte queste ovviamente sono tendenze, come qualunque discorso sociologico, non leggi universali.

              Semmai (non ne avevo il tempo stamattina) vorrei un po’ sfumare il giudizio morale.
              Fra questi intellettuali fancazzisti internazionalizzati, erasmizzati, anglofonizzati, sinistroidi, amici degli omosessuali e degli immigrati ho conosciuto persone splendide. Il problema è il borghese archetipico, non i singoli borghesi, quello che assomma tutte le caratteristiche e che tra l’altro ha anche del potere, quindi il suo assenso a quei valori ha conseguenze vere.

              Miguel,
              circa la borghesia,
              tu fai la descrizione perfetta della borghesia classica, ottocentesca, che esisteva ancora più o meno fino al ’68. Usi la parola “borghese” nell’accezione ristretta in cui la usava per esempio Preve. E’ un uso molto pertinente sul piano storico.
              E’ chiaro che io mi riferisco a qualcosa di molto più ampio (che non ti spiego, perché ti è chiarissimo).

              Circa il tuo discorso sull’estinzione della sinistra e sullo sviluppo delle realtà dal basso, dei comitati, disegni un quadro paradisiaco che non posso escludere ci troveremo di fronte fra qualche decennio, magari prima di quanto immaginiamo, ma ora come ora la realtà di cui parli mi pare ancora marginale, mentre la borghesia progressista (sempre nella mia accezione) mi sembra ancora dilagante.

              • Miguel Martinez scrive:

                “Circa il tuo discorso sull’estinzione della sinistra e sullo sviluppo delle realtà dal basso, dei comitati, disegni un quadro paradisiaco che non posso escludere ci troveremo di fronte fra qualche decennio”

                E’ una cosa difficile da valutare statisticamente.

                Ma credo che si possa fare un calcolo molto, molto approssimativo dei due mondi, confrontando i risultati elettorali della “estrema sinistra” (SEL ecc.) con quelli del Movimento Cinque Stelle.

                Chiaro che il M5S raccoglie anche tanti individui arrabbiati, del tipo più vario; e non è detto che tutti quelli che fanno parte dei “comitati” votino M5S. Anzi, nemmeno tutti coloro che si prendono cura di qualcosa si sentono “in conflitto”, magari votano pure PD.

                Però queste cifre ci danno già un’idea.

            • Peucezio scrive:

              Per inciso, Roberto, dove trovi ‘sti professori universitari che fanno fatica ad arrivare a fine mese? Dipende dal tenore di vita che conducono.
              Io conosco diversi ricercatori (quindi il gradino più basso), non sono certo ricchi, ma chi non vorrebbe avere uno stipendio di milecinquecento/duemila euro al mese garantito, per quello che lavorano poi? Un corso all’anno, che significa al massimo che tre volte alla settimana per due o tre mesi sei impegnato per un’ora e mezza; aggiungici gli esami e qualche altra rottura di palle… insomma, molto lontano dalle 8 ore dell’impiegato. Il resto è ricerca, se e quando la fanno. Ma quello dovrebbe essere un divertimento, se no mica scegli di fare l’accademico.

            • roberto scrive:

              peucezio

              “dove trovi ‘sti professori universitari che fanno fatica ad arrivare a fine mese? ”

              ho scritto un po’ di getto e pensavo a me stesso, professore a contratto a 4.500 euro all’anno, per due corsi, (9.000 in tutto quindi) per un’attività che mi assorbiva la vita. per il mio minimonolocale bolognese ne spendevo 7000 all’anno…quell’anno ho mangiato molta pasta in bianco, e poi come sai ho cambiato vita 🙂

              però, mi correggerai se sbaglio, mi risulta che un associato (o seconda fascia) prenda intorno ai 2200 euro (netti) all’assunzione. certo non fa la fame, ma se ha un mini appartamento in una città cara e magari una famiglia non ha molto da scialare
              (e sarà un caso ma l’università di lussemburgo inizia a riempirsi di italiani che lasciano l’università italiana)

            • roberto scrive:

              ” [..] borghese significa un tipo umano particolare, con un’etica forte, molti libri, capace di parlare un latino corretto, la barba ben curata, la schiena rigida, crede che il lavoro che sta facendo […] sia anche un modo per rendere migliore il mondo, evita attentamente la volgarità e l’ostentazione e se la Patria lo richiede, parte volontario.”

              ce le ho tutte a parte il latino.
              per i libri ne ho una marea, ma è mia moglie quella che li legge 😉

            • Peucezio scrive:

              Roberto,
              in effetti mi riferivo ai professori assunti in modo definitivo.
              Comunque, sì, effettivamente se non hai una casa di proprietà può essere un po’ difficoltoso.

              Miguel,
              “Ma credo che si possa fare un calcolo molto, molto approssimativo dei due mondi, confrontando i risultati elettorali della “estrema sinistra” (SEL ecc.) con quelli del Movimento Cinque Stelle. ”

              Scusami, ma qui mi sembra proprio che il discorso fili poco.
              Probabilmente la totalità o quasi del tipo di umanità di cui parli o non vota o vota i 5 stelle, ma credo che fra i votanti 5 stelle questi siano una minoranza.
              I 5 stelle (non ho letto analisi sociopolitiche, vado a spanne) comprendono:
              1) sinistroidi progressisti poco dogmatico-marxisti ma molto moralisti-travaglisti-dipietristi (in genere ecologisti e di solito filo-omosessuali, filo-femministi, filo-immigrati),
              2) gente ex di destra anch’essa poco ideologizzata o dogmatica, ma piuttosto incazzata.
              3) gente poco ideologizzata in generale, qualunquista (che io intendo in senso sempre positivo: viva Giannini!), molti complottisti, ecc. All’interno di quest’ultimo gruppo si possono annoverare quelli cui ti riferisci tu.

              Ma credo di averli detti in ordine di peso numerico, quindi il terzo gruppo è il meno numeroso.

              • Miguel Martinez scrive:

                “Probabilmente la totalità o quasi del tipo di umanità di cui parli o non vota o vota i 5 stelle, ma credo che fra i votanti 5 stelle questi siano una minoranza.”

                Chiaramente, in mancanza di dati certi, ci basiamo entrambi sulle realtà che conosciamo.

                A mia difesa, dico che la realtà che chiamerò dei “comitatini” (per citare lo sprezzante Renzi) è molto più grande di quello che sembra, e come al solito provo a spiegartelo con la nostra goccia d’acqua, cui però corrispondono tante altre gocce d’acqua in giro per l’Italia.

                Qui, noi teniamo aperto un giardino, come forse saprai 🙂

                I frequentatori saranno un centinaio al giorno (sommando genitori a bambini), ma il nucleo è costituito da una decina di persone che si sentono tra di loro tutti i giorni, organizzano turni di apertura, infestano il quartiere con manifesti, si inventano attività continue, fanno mercatini per raccogliere soldi, preparano cibi, seguono i problemi e i disastri dei singoli frequentatori del giardino e complottano.

                Quando si scende in piazza, arriviamo anche a essere seicento; e comunque tutti i giorni interagiamo con decine e decine di persone, e abbiamo la capacità di sapere subito tutto ciò che si muove nel quartiere: c’è sempre la nonna appostata sulla terrazza pronta a chiamarci e riferire 🙂

                A duecento metri dal nostro giardino, c’è la sezione del PD. Tra l’altro, sono tutti più o meno amici nostri, che ci-vorrebbero-aiutare-ma-non-possono e che si lamentano più di noi dell’andazzo del mondo.

                Negli ultimi due anni, hanno fatto, credo, tre riunioni in tutto. Poi li vota mezzo quartiere (una cifra scandalosamente sotto la media fiorentina), ma la cosa finisce lì.

                C’è poi l’occupazione, ragazzi di “estrema sinistra” molto in gamba e a cui siamo profondamente affezionati. Come numero di persone attive, saranno una decina anche loro, ma finisce lì, se hanno un rapporto con il quartiere è in buona parte grazie a noi.

                A parte me che sono un caso patologico, le cose che scriviamo noi sono sul tipo “venite mamme che c’è la megafesta delle torte!!!!! 🙂 🙂

                Mentre i ragazzi dell’occupazione scrivono documenti seri (peraltro chiari, poco gergali e abbastanza condivisibili); e a differenza di noi, le cose che loro scrivono vengono riprese e diffuse da tutto un circuito di amici, anche loro appassionati di scrittura.

                Cosa si può dedurre da tutto questo?

                Che il PD si fa sentire con tutta la potenza che può avere chi ha il controllo della città.

                Che i ragazzi di sinistra (che sono i primi nemici del PD, sia chiaro) si fanno sentire su Internet dieci volte più di noi.

                Ma che quando si tratta di esserci, come persone, il nostro “comitatino” è molte volte più grande, radicato, presente, di entrambi, ed è anche capace di durare di più.

            • Peucezio scrive:

              Miguel,
              ma sei sicuro che il vostro sia, se non un caso unico, quantomeno raro?

              • Miguel Martinez scrive:

                “ma sei sicuro che il vostro sia, se non un caso unico, quantomeno raro?”

                No, scopriamo continuamente realtà analoghe in tutta Italia, e sono sempre di più.

  7. Z. scrive:

    Sai Miguel,

    ci pensavo ieri e direi che la comunità che hai in mente non assomiglia a qualcosa che si piega come il giunco. Il lavoratore precario sballottato da un posto all’altro, da una città all’altra – questo assomiglia al giunco, e finché ci assomiglia tiene duro, anzi finché tiene morbido.

    La comunità che hai in mente, dove ognuno è titolare del diritto assoluto di morire nella prima casa dove si è stabilito, è qualcosa che appare invece molto più rigido.

    Ed è parte del suo fascino, perché è vero che assai spesso a forza di flettersi, di essere flessibili, si fa una brutta fine. Non è solo una questione economica: tutti noi abbiamo bisogno di certezze, di solidità e a mio avviso anche di rigidità. Su questo so di essere di parte – io non ho mai avuto il problema di “avere qualcosa da fare” e anzi a mancarmi è il tempo per farlo – ma ne resto convinto.

    • Miguel Martinez scrive:

      “La comunità che hai in mente, dove ognuno è titolare del diritto assoluto di morire nella prima casa dove si è stabilito, è qualcosa che appare invece molto più rigido.”

      Perché tu la metti così.

      Io non credo che nessuno abbia “diritto” a niente, figuriamoci un “diritto assoluto”.

      Per questo, non ho mai espresso una sola critica ai sacrifici umani, ad esempio.

      Viviamo, siamo complessi e mortali, abbiamo la possibilità di combattere per cose che ci sembrano belle, prima ancora che giuste.

      • Z. scrive:

        D’accordo, chiedo venia ma non fissiamoci troppo sulle parole, non mi aiuta a capire!

        Ora, ognuno di noi ha opinioni e gusti diversi, ma un gruppo che prende decisioni – anche una compagnia di amici che vanno a bere la sera – si trova talvolta di fronte a dover decidere come regolare un conflitto tra due o più pretese: se mediare, come mediare oppure quale pretesa deve prevalere e quali soccombere

        Quel che intendo dire è che per te la pretesa di conservare la propria dimora lì dov’era è molto importante, e merita maggior considerazione di quanta gliene si attribuisce comunemente.

        All’inizio mi sembrava una prospettiva molto aliena.

        Poi mi sono accorto che fore non mi è così aliena. Un po’ perché mi affeziono ai luoghi e alle cose, un po’ perché una persona non è la stessa senza i suoi rapporti quotidiani con gli altri, e un po’ perché i nostri rapporti quotidiani con gli altri sono tra le poche reti di sicurezza che esistono in un mondo così volatile.

        E poi mi sono chiesto: come si mette insieme questo con tutto il resto, ossia con il favore per la circolazione delle persone, della ricchezza e dei beni che informa tutto il mondo che chiamiamo occidentale?

        E a proposito di conflitti tra la comunità il e favore per la circolazione, ho trovato interessante il caso del referendum in Svizzera. A differenza di come talvolta è riportata la notizia, a quanto ho capito i votanti non si sono espressi contro “gli stranieri”, ma contro i lavoratori che non risiedono sul territorio, svizzeri e non.

        • Miguel Martinez scrive:

          “E poi mi sono chiesto: come si mette insieme questo con tutto il resto, ossia con il favore per la circolazione delle persone, della ricchezza e dei beni che informa tutto il mondo che chiamiamo occidentale?”

          Su questo hai ragione.

          E’ naturale che partiamo da esperienze diverse; farei fatica a riconoscere me stesso in ciò che pensavo nemmeno tanti anni fa.

          Quello che resta sono alcuni impulsi di fondo, che non cambiano forse mai; ma se non ci fossilizziamo, questi impulsi rimangono vivi, però si adattano alle cose che viviamo e vediamo nella vita reale.

          Come puoi immaginare, il 90% della mia vita è altrove, nelle azioni che facciamo. Però proprio per questo, è una boccata di ossigeno per me discutere ogni giorno con chi non la pensa come me, non dare per scontato niente.

          Per questo sono molto grato per tutte le pulci che mi si fanno, e non ve la prendete se ogni tanto reagisco con un po’ di stizza.

          In fondo ci conosciamo da tanto tempo, che possiamo anche accettare questo.

  8. Miguel Martinez scrive:

    “concordo con Miguel che il capitalismo è male, il peggio mai visto !
    quindi bisognerebbe uscirne
    ma come ?”

    A parte il 3, tutte le cose di cui parli, sono progetti, piani, roba faustiana e da supereroi che fanno supererrori.

    Il mondo va sturato, io sono il suo idraulico!” strilla la zanzara all’elefante.

    Rilassiamoci.

    Il mondo uscirà dal capitalismo, perché annegherà in un mare uniforme di plastica surriscaldata e cadaveri, e poi tra mille anni rinascerà qualcosa di decente, forse.

    Ma è solo una supposizione, non sappiamo, a me non piace parlare sempre in termini di futuro, che è un’altra fissazione dei faustiani. Il presente è osceno, non il futuro.

    E l’alternativa è proprio l’epicureismo:

    “Quando diciamo che il piacere è il nostro fine ultimo, noi non intendiamo con ciò i piaceri sfrenati, e nemmeno quelli che hanno a che fare con il godimento materiale, come dicono coloro che ignorano la nostra dottrina. La saggezza è principio di tutte le altre virtù e ci insegna che non si può essere felici, senza essere saggi, onesti e giusti. Le virtù in realtà sono un’unica cosa con la vita felice e questa è inseparabile da essi.”

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      “A parte il 3, tutte le cose di cui parli, sono progetti, piani, roba faustiana”

      Ma pure il 3: grazie a Dio Habsburgicus non ha la possibilità di reintrodurre la servitù della gleba e di proclamarsi Sacro Romano Imperatore 😀

      • habsburgicus scrive:

        e di proclamarsi Sacro Romano Imperatore 😀

        in realtà a me non è mai piaciuto il supremo potere 😀 ciascuno ha la sua natura e la mia non è quella del Capo 😀 seriamente, ne rifuggirei ! molto meglio, e più confacente alle mie inclinazioni :D, quella di un Ministro di un Sovrano potente, giusto e cristiano, magari ascoltato, magari no (non sarebbe entusiasmante, ma capita !), però dietro le quinte e senza accollarsi in prima persona il Potere che non ambirei ! Metternich per dire, non Luigi XIV
        😀

    • habsburgicus scrive:

      @Miguel
      io, te e ADV se non altro concordiamo nella stima per il filosofo del Giardino 😀 e nel ritenere il suo pensiero più che mai attuale !

    • PinoMamet scrive:

      “Rilassiamoci.

      Il mondo uscirà dal capitalismo, perché annegherà in un mare uniforme di plastica surriscaldata e cadaveri”

      Ecco, proprio la visione giusta per rilassarsi 😉

      • Miguel Martinez scrive:

        “Ecco, proprio la visione giusta per rilassarsi ;)”

        Beh, sì… è più rilassante che stare lì a Salvare il Pianeta, che sarebbe una fatica mostruosa e pure vana.

        • Francesco scrive:

          toh, per una volta concordo

          preoccuparsi per un meteorite che sta distruggere la terra è sbagliato, non solo inutile

          a meno di avere costruito negli anni una base spaziale orbitante dotata di mezzi atti a distruggere il meteorite

          Roberto, ne sai qualcosa?

          😉

          • roberto scrive:

            c’è in effetti una proiposta della commissione ma:

            gli inglesi dicono no

            gli svedesi dicono si a condizione che l’equipaggio sia composto da uomini e donni in numero uguale

            gli olandesi e i danesi dicono no perché costa troppo

            i francesi dicono si a condizione che sia costruito in francia

            i tedeschi dicono si a condizione che sia progettato in germania

            il delegato italiano non ha votato perché era a pranzo con il greco e lo spagnolo

            i portoghesi sono d’accordo ma vogliono fornire gli omini che puliscono l’astronave

            i polacchi potrebbero accettare se in cambio gli finanziamo la ricostruzione della flotta navale

            i baltici non lo sanno perché devono prima chiedere a washington se sono d’accordo

            stiamo discutendo….

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ martinez

      “essi”

      Musica per le mie orecchie 🙂

      Quando si dimentica che ‘il piacere’ in Epicuro è quella che noi chiamiamo “l’assenza del bisogno” si pensa che Epicuro sia pilastro di quella civiltà sazia e disperata favoleggiata dall’atroce cardinal Biffi. Si dimentica che la razionalità in Epicuro serve innanzitutto a capire cosa per ciascuno di noi sono i piaceri naturali e necessari, naturali e non necessari, non naturali e non necessari – ossia, quali sono i bisogni che intendiamo soddisfare che sono naturali e necessari, naturali e non necessari, non naturali e non necessari. Tranne una lista ristretta, come respirare e bere un bicchiere d’acqua, comuni a tutti gli esseri umani e appartenenti alla categoria dei naturali e necessari, la lista degli altri varia da persona a persona.

      La comunanza di alcuni bisogni a tutti gli esseri umani rende possibile l’amicizia, in cui l’interesse egoistico e il puro disinteresse si uniscono. E’ la storiella Cinese del paradiso e dell’inferno che raccontavo qualche giorno fa: vivere in cooperazione è immensamente meglio che vivere in competizione, non devi guardarti sempre le spalle.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Andrea Di Vita

        condivido la tua bella analisi di Epicuro. “Bisogni naturali e necessari, naturali e non necessari, non naturali e non necessari.”

        Non rimane davvero molto da aggiungere.

        • Z. scrive:

          Allora una cosa l’aggiungo io 🙂

          Secondo me nel discorso di Epicuro c’è del vero, ma l’idea che basta collaborare con gli altri e si è felici ha poco riscontro nella realtà.

          Penso ad un esperimento degli anarchici che dalle mie parti avevano aperto una specie di osteria anarchica: ognuno si serviva e pagava, senza controllo e senza regole. Non ci ha messo molto a chiudere.

          E’ anche l’illusione del mondo senza guerre che sarebbe nato dal socialismo. Il problema – in questo caso – non è il socialismo, è che ognuno vuole imporre la sua volontà, e di norma nemmeno se ne rende conto.

          E’ più giusto che Tizio resti a casa di Caio a sbafo o è più giusto che Caio sbatta Tizio in mezzo alla strada come un cane? La vita è fatta anche di conflitti dove ognuno la vede diversamente, e la molto novecentesca idea della collaborazione che porterà la pace nel mondo si è rivelata illusoria e velleitaria.

          Chi tenta di costruire il mondo perfetto, dove tutti si tengono per mano e gli avvocati non servono più, alla fin fine sta costruendo l’Inferno in terra. Un posto dove si vive come nella spaventosa Utopia di Tommaso Moro, e dove la colonna sonora trasmessa dagli altoparlanti in istrada è Imagine di John Lennon 😀

          “Ma se leggi i libri di filosofia per calmarti, perché sei sempre così arrabbiato?”
          “Eh, perché bisognerebbe che li leggessero anche gli altri”.

          (il dialogo non è inventato!)

          • Miguel Martinez scrive:

            “Secondo me nel discorso di Epicuro c’è del vero, ma l’idea che basta collaborare con gli altri e si è felici ha poco riscontro nella realtà.”

            Tocchi un punto importante, e sono d’accordo su buona parte.

            L’essere umano, semplicemente, è sia buono che cattivo (torniamo ai vizi e alle virtù dei teologi). Tutto è quindi provvisorio, e non esistono “soluzioni” a lungo termine a nulla.

            Però ci sono alcune riflessioni da fare.

            Un’osteria che fallisce, fa meno danno di uno stato che fallisce.

            E si fa prima a far cambiare percorso a un’osteria, che a far cambiare percorso a uno Stato che sta andando a male.

            Quindi, più osterie e meno Stato 🙂

            Per lo stesso motivo, è pericoloso voler costruire un “mondo” migliore – qui concordo in pieno con te.

            Il mondo, grazie a Dio, fa da sé e non si lascerà mai costruire.

            Tutta la modernità è un tentativo di “costruire il mondo”, con geometri, legislatori, ideologi, investitori, invasati, inventori, educatori, ingegneri al lavoro per “farlo perfetto”.

            E il risultato lo vediamo: se qualcuno di noi ne uscirà vivo, ci sarà da dirci fortunati.

            • Z. scrive:

              Beh, il concetto si può estendere. Tipo, trafficante di schiavi che fallisce fa ancora meno danni di un’osteria che fallisce. Quindi più trafficanti di schiavi e meno osterie 😀

              Sia chiaro, io sono molto novecentoso. Mi vanno benissimo ingegneri, geometri, educatori, traduttori, professori, medici e compagnia cantante. Senza di loro vivremmo come cavernicoli e moriremmo entro i trent’anni (io sarei morto molto, ma molto prima).

              Ma con la consapevolezza, che forse al Novecento mancava, che nessuna istituzione – non lo Stato, ma nemmeno la UE, l’Internazionale Socialista, il comitato di quartiere, il Partito – è sufficiente a risolvere i nostri problemi.

              All in all you’re just another brick in the wall, cantavano i Fluidi Rosa, e ogni cosa che costruiamo unirà alcune persone e ne separerà altre.

            • Abd al-Jabbar Ibn Hamdis (già "Andrea") scrive:

              Molto bello l’intervento di Z.

            • Roberto scrive:

              “All in all you’re just another brick in the wall, cantavano i Fluidi Rosa, e ogni cosa che costruiamo unirà alcune persone e ne separerà altre.”

              Molto ben detto

      • Francesco scrive:

        Ciao Andrea

        naturalmente hai torto al 100%

        la cooperazione è la madre della mafia, del “siamo tutti fratelli quindi tu tira la carretta e io mangio tranquillo”.

        almeno con la competizione devi pagarmi, se vuoi che tiri la carretta

        e la distinzione tra bisogni necessari e bisogni non necessari è la madre dei totalitarismi perchè cazzo ne sa Epicuro dei miei bisogni? niente

        ciao

        • Z. scrive:

          Francè,

          — e la distinzione tra bisogni necessari e bisogni non necessari è la madre dei totalitarismi —

          Sostanzialmente ineccepibile, mi sa.

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Z , Martinez e Francesco

            Z e Francesco, voi avreste ragione se la distinzione fra necessario e non necessario la facesse una autorità unica per tutti, una Chiesa, un partito o uno Stato.

            Ma l’essenza del pensiero di Epicuro, credo, sta proprio nel rivendicare all’individuo l’ultima parola su quanto lo riguarda. E’ l’individuo che decide, per sè e solo per sè, quale bisogno è necessario soddisfare e quale no. ragionare su qyesta decisione, ed essere sempre pronti a rivederla criticamente, è il ‘filosofare’ di cui ‘nè giovani nè vecchi devono stancarsi ogni giorno’.

            Quanto al fatto, Francesco, che la cooperazione sia madre della mafia, è vero che mafiosi (e democristiani) si chiama(va)no l’un l’altro ‘amici’.

            Ma è anche vero che è sicuramente meglio passare la vita senza guardarsi continuamente le spalle: il che esclude precisamente mafiosi (e democristiani) che la vita la passa(va)no a evitare le reciproche pugnalate alla schiena.

            E il modo migliore, cioè il più semplice, per evitare di doversi guardare sempre le spalle e’ di comportarsi in modo amichevole e disinteressato con tutti. E’ il rovescio del proverbio ‘chi la fa l’aspetti’: ‘male non fare paura non avere’, o, nella versione più positiva dei Russi, ‘meglio avere cento amici che cento rubli’.

            Il sommo disinteresse finisce così con l’essere proprio il comportamento più vantaggioso, perché se è vero che un disinteressato può essere tradito in ogni momento, è anche vero che non passa certo la vita a guardarsi le spalle.

            E se c’è solo una ciotola da cui poter mangiare con lunghissimi bastoncini come posate, come nel paradiso e l’inferno della favola Cinese, allora si sta decisamente meglio là dove per mangiare le persone si aiutano imboccandosi l’un l’altra che là dove le persone sgomitano e si infilzano negli occhi le bacchette l’un l’altra.

            Tutta questa manfrina è resa concretamente possibile dal fatto che esistono bisogni naturali e necessari comuni indistintamente ad ogni essere umano, come appunto il mangiare. Cooperazione e competizione nel soddisfare questi bisogni sono allora gli estremi descritti nella favola.

            Ovviamente – e qui ha ragione Martinez – ciò è possibile solo fra persone che fisicamente si guadano negli occhi, si conoscono e interagiscono, il ‘prossimo’ dei Vangeli. Infatti ogni morale, sia quella evangelica sia quella buddhista sia quella epicurea, tratta solo dell’interazione col nostro prossimo.

            Come nella favola Cinese dove la gente poteva mangiare solo da una ciotola, la morale esalta certi comportamenti interpersonali (diciamo ‘cooperativi’, o ‘altruistici’) in risposta a difficoltà esterne (è facile essere generosi a pancia piena): nell’Etica Nicomachea si fa riferimento ai marinai di una nave in tempesta, con pochi posti sulle scialuppe (la ciotola della favola) e su come si consideri malvagio non chi non ha potuto evitare che la nave incappasse nella tempesta ma chi nega ad altri la salvezza sulla scialuppa a tempesta in corso.

            Al contrario, la politica tratta dell’interazione con ‘le cose comuni della pòlis’, come diceva Aristotele. E a questa le leggi morali spesso non si applicano, come dimostra Machiavelli ma come hanno già intuito il Vangelo (‘Date a Cesare quel che è di Cesare’) e ancora prima Epicuro (‘Vivi nascosto’). Chi ha visto lo splendido Benedict Cumberbatch in “The Imitation Game” ne ha avuto un’eccellente spiegazione.

            Come si vede, non è mai necessario ricorrere a una qualche Verità Assoluta o a qualche Valore Trascendente.

            Concludo con le immortali parole delle Massime
            Capitali:

            “La giustizia fondata sulla natura è l’espressione dell’utilità che consiste nel non recare ne ricevere reciprocamente danno. Per tutti quegli esseri viventi che non ebbero la capacità di stringere patti reciproci circa il non recare ne ricevere danno, non esiste ne il giusto ne l’ingiusto; e altrettanto si deve dire per quei popoli che non poterono o non vollero
            stringere patti per non recare e non ricevere danno. La giustizia non esiste di per sé, ma solo nei rapporti reciproci, e in quei luoghi nei quali si sia stretto un patto circa il non recare ne ricevere danno. L’ingiustizia non è di per sé un male, ma consiste nel timore che sorge dal sospetto di non poter sfuggire a coloro che
            sono stati preposti a punirlo.”

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            • Francesco scrive:

              questo Massimo Capitali mi pare uno che si arrampica sugli specchi per difendere l’idea che Dike non sia una Dea

              con esiti trascurabili, a dirla tutta

              🙂

            • Francesco scrive:

              PS senza l’Autorità esterna che stabilisce beni necessari e beni voluttuari, siamo al tiepido e inane moralismo.

              come ben sai, non sono i parroci a reggere le città proprio per questo motivo

            • Andrea Di Vita scrive:

              @ Francesco

              “inane”

              Basterebbe che si rispettasse la regola che la libertà di ciascuno finisce dove comincia la libertà degli altri, e ciascuno sarebbe libero senza inani moralismi.

              Ma ne abbiamo già parlato a lungo in passato, temo 🙂

              Ciao!

              Andrea Di Vita

            • Francesco scrive:

              ti pare l’uomo una specie di animali che rispetta le regole morali e utili?

              e allora di cosa stiamo parlando?

            • Z. scrive:

              Scusa ADV,

              ma a me insegnarono che Epicuro li classificava, i bisogni, tra quelle tre categorie, non che diceva “vedete voi”.

              Tra l’altro, cosa sarebbe il “patto circa non recare né ricevere danno” ad esempio, non mi è molto chiaro. Né su cosa sarebbe questo “patto”, né su cosa si intende per danno.

            • Z. scrive:

              ADV,

              — Basterebbe che si rispettasse la regola che la libertà di ciascuno finisce dove comincia la libertà degli altri —

              In realtà Francesco ti ha già risposto, citando a suo modo Coase.

              Perché la tua frase non dice, e nemmeno può dire, dove la tua libertà finisce e dove inizia la mia.

              Quindi è una regola che, messa così, non può essere rispettata da alcuno.

            • Francesco scrive:

              le persone colte e sagge parlano di limiti alla possibilità di far realizzare il Bene allo Stato o al Contratto Sociale, mi pare

              per cui servono sia le regole esterne e formali, sia l’azione personale che nasce solo dalla convinzione

              sapendo che entrambe sono insufficienti da sole e che anche insieme non realizzeranno mai un mondo perfetto

            • Z. scrive:

              Le persone ragionevoli sanno anche che un contratto sociale c’entra con lo stato come l’anatocismo con i cocomeri 🙂

            • Francesco scrive:

              ma il contratto sociale non è il babbo dello Stato?

              in senso lato ma direi che è proprio così

  9. mirkhond scrive:

    “Per questo, non ho mai espresso una sola critica ai sacrifici umani, ad esempio.”

    L’importante è non trovarci noi ad essere sgozzati su un altare sacrificale. 🙂

    • Peucezio scrive:

      Vabbè, se proprio dovesse capitare, ce ne faremmo una ragione. 🙂

    • Z. scrive:

      E’ come il bullismo: è persino divertente, quando lo subiscono gli altri.

      Quando lo subisce tuo figlio, oops, ecco che diventa bruttino bruttino…

      • Peucezio scrive:

        Diglielo ad Abramo…

        • mirkhond scrive:

          Un Angelo, inviato da Dio però fermò Abramo prima che sgozzasse Isacco, sostituito da una capra sull’altare sacrificale.
          Con questa storia, i teologi giudaici del VII-V secolo a.C., volevano prendere le distanze dai sacrifici umani, praticati dai Cananei, con l’offerta agli dèi, Yahweh incluso, dei propri primogeniti.
          Cananei comprendenti anche Israeliti e Giudei.
          Del resto, ancora nell’VIII secolo a.C., un re giudeo offrì in olocausto il proprio primogenito a Dio.
          Dio che, rivelandoSI gradualmente, aiutò i Giudei a capire che LUI non voleva i sacrifici umani, ma AMORE…..

    • Francesco scrive:

      no guarda, se ho capito bene l’importante è essere sgozzati sull’altare del tuo quartiere natio e non in posti che non conosci

      😀

  10. Moi scrive:

    @ HABSBURGICUS

    Interessante: quindii veri (!) Marxisti, sono sempre stati i Liberal Statunitensi relativamente (… visto che dagli Anni Sessanta in poi hanno reso possibile, in un modo o nell’ altro, la più grande trasformazione antropologica di massa della Storia !) perseguitati dal Maccartismo ?

    • habsburgicus scrive:

      @Moi
      sai, che forse è proprio così
      i veri marxisti forse sono i liberals, e già in parte Gramsci interpretabile però in due mani (uno “ortodosso” e lì ha fallito; uno “liberale” e lì ha vinto, e infatti oggi lo riscoprono pure gli anglosassoni ! Gramsci is cool°)
      e oggi, loro stesso lo rivendicano, perché parlano di “marxismo culturale” (dove si intende appunto questo..gender, self-hate, ultralicismo..no, gli operai non c’entrano proprio nulla :D)

      *invece chessò pensiamo al compagno Gottwald (per non citare sempre i soliti), nella Cecosovacchia popolare (pres Rep 1948-ob. 1953)..dimenticato da tutti..é un fossile archeologico !

      • habsburgicus scrive:

        @Moi e anche Miguel (qui rivedi il Novecento)

        https://youtu.be/aVI5prjsEnA

        funerali del presidente cecoslovacco Klement Gottwald in marzo 1953 (pochi giorni dopo la morte di Stalin) Gottwald, capo del KSČ fu Primo Ministro in 1946-1948 (sino al feb 1948 alla testa di un governo di coalizione che comprendeva molti non-comunisti inclusi degli anti-comunisti), poi successe a Beneš come Presidente dela Repubblica..la Cecoslovacchia conservò il nome di “Repubblica cecoslovacca”, ČSR come in epoca “borghese” (caso unico all’Est..ma avverrà lo stesso a Cuba, tuttora), però si parlava di “democrazia popolare” e talora ufficiosamente era definita “Cecoslovacchia popolare” (sino al 1960 quando divenne de iure Repubblica socialista cioè ČSSR)
        si noti al min 12 il nome di “Lenin e Stalin” (allora uniti)
        si notino al min 13 i giornali stranieri comunisti (ma non “L’Unità”..noi italiani eravamo snobbati già allora..con Matteo continua solo la tradizione, in Slovacchia però non a Praga 😀
        da min 15 i capi stranieri, il polacco Bierut ad esempio

      • Miguel Martinez scrive:

        “i veri marxisti forse sono i liberals”

        Marx non è una ginnastica né una cosa che si mangia e nemmeno un corteo.

        E’ una serie di libri densi, che richiedono tempo e riflessione: sono una delle vette della morente Civiltà del Libro.

        Quindi per essere un vero “marxista”, dovevi essere un intellettuale.

        Anche se c’era un numero sorprendentemente alto di operai che si sono dedicati a leggere con grande attenzione le sue opere (contrariamente alla solita battuta sui comunisti che non leggevano i testi sacri), gli intellettuali nella grande maggioranza dei casi appartenevano al ceto borghese (termine che allora aveva anche un senso).

        Quindi c’era molto spesso un elemento di astrazione, di lontananza “alfabetizzata” dalla vita, di interessi concreti diversi da quelli proletari.

        Questa forma di vita passa facilmente di astrazione in astrazione, e oggi l’operaio astratto è spesso sostituito dal genderone astratto :-), dalle infinite chiacchiere sulla razza, come nella cultura intellettuale statunitense di sinistra che Naomi Klein ha ottimamente criticato.

        Ma appunto Naomi Klein stessa indica che non tutti gli intellettuali devono finire male per forza.

  11. Moi scrive:

    @ HABS

    A proposito del “Vero Marx”, che comunque NON era Marxista 🙂 …

    Stando a una citazione (purtroppo poco accurata: quando si va controcorrente, bisogna documentare ogni virgola … è chi rappresenta il main stream che le può sparare a raglio !) di Theodor Adorno riferita da Don Curzio Nitoglia :

    “Un cervello spento è più pronto a ricevere il Comunismo di un ventre vuoto !”
    [cit.]

    inverosimile (ovviamente intesa come “iniziatica”, non certo per pivellini ingenui entusiasti …) NON mi sembra 😀 !

    PS

    Però NON credo che la Bimbaminkia Stagionata 😉 o il Marpione da Poltrona 🙂 di turno di questo governo (o similari) abbia “compreso” chissà quanto questo Marxismo Iniziatico mediante un atto consapevole di intelletto … lo ha invece “assorbito” per modus vivendi, per immaginario infuso, tipo la spugna impregnata d’acqua che poi si strizza ma essa NON ha la benché minima nozione di acqua in alcuna disciplina … chiaro, no ?

  12. mirkhond scrive:

    “direi che la Sinistra oggi, almeno in Italia, stia facendo la stessa lenta fine della Chiesa cattolica, con la differenza che la Chiesa almeno ha qualche base materiale tipo edifici.”

    Che si dissolverà in cosa?

  13. mirkhond scrive:

    Riferito alla dissoluzione eventuale della Chiesa Cattolica.

    • Miguel Martinez scrive:

      “Riferito alla dissoluzione eventuale della Chiesa Cattolica.”

      Non lo so.

      Da laico, mi preoccupa soprattutto il destino delle immense proprietà ecclesiastiche, tanto criticate, ma che sono anche polmoni di ossigeno, di sano abbandono, di silenzio in mezzo alle nostre città.

      • Peucezio scrive:

        La Chiesa Cattolica non si dissolve, si trasforma in un’altra cosa.
        Ormai ha due funzioni: una di intervento sociale, di sostengo, nei quartieri, fra i poveri e una di supporto psicologico nella confusione e nel disagio endemico in cui ci troviamo. Le due funzioni si mischiano e si compenetrano.
        Ditemi se non sono due esigenze sentite.
        In qualche misura c’è anche un residuo (anche più di un residuo) di spiritualità, vagamente evangelica, non un evangelismo puritano, avido e aggressivo, ma un evangelismo socialista e irenista.
        In tutto questo ovviamente il cattolicesimo è scomparso da quel dì, ma l’istituzione è decisamente vitale.

  14. mirkhond scrive:

    Priamm’ O’ Pataterno ca nun debba succedere…….

  15. mirkhond scrive:

    Altrimenti dovrei passare sotto il Patriarcato di Antiochia (se esiste ancora) oppure sotto quello di Costantinopoli (massonizzato?) o di Mosca……

    • Peucezio scrive:

      Quello di Mosca è molto più in salute e non rischia l’estinzione o la persecuzione.
      Ma, ahimè per te, ci sono le belle ragazze bionde e flessuose. 🙁

  16. mirkhond scrive:

    Stamattina con la mia psicoterapeuta, si parlava del viaggio a Ragusa di Dalmazia, consigliatomi dal buon Di Vita.
    Ebbene, lei che ci è stata, ha confermato che le donne sono alte, mazze e bionde, e la gente fa finta di non capirti se parli in Inglese e/o in Italiano.
    Inoltre più ci si addentra nelle periferie di Ragusa, è più l’ambiente è INOSPITE verso lo straniero, non solo italiano.
    Mi ha confermato del nazionalismo esasperato dei Croati.

    • roberto scrive:

      avrai trovato una psicoterapeuta serba….

      scherzi a parte anche io trovo i croati antipaticamente nazionalisti, ma se devi andarci per turismo e per vedere i luoghi che hanno ispirato i tuoi studi che ti frega? mica devi abitarci….

      • mirkhond scrive:

        E i Serbi e i Montenegrini come sono con noi?

        • Roberto scrive:

          Mirkhond, in generale non ho mai incontrato popoli che trattano male gli italiani per partito preso.
          Personalmente ho sentito un po’ di antipatia in Svizzera ed Austria, ma magari sono sfortunato io che becco svizzeri ed austriaci antipatici.
          Per il resto a me sembra che gli italiani siano benvoluti dappertutto

          • Miguel Martinez scrive:

            “Mirkhond, in generale non ho mai incontrato popoli che trattano male gli italiani per partito preso.”

            La gente ce l’ha, in genere, con i prepotenti e con gli sfigati.

            1) Gli italiani nel Sudtirolo degli anni Sessanta (poi le cose sono cambiate in meglio) era l’impiegato delle poste che ti abbaiava in napoletano stretto, i carabinieri che perquisivano le case e picchiavano la gente, i magistrati che se ti beccavano a dipingere le imposte di rosso e bianco, ti mettevano in galera, quelli che ti offrivano soldi se facevi il delatore contro il tuo vicino di casa.

            E quindi non dubito che lì e allora, ci fosse qualcuno che si lasciasse andare a qualche piccola vendetta, tipo rispondere in tedesco all’italiano che ti chiedeva dov’era il comando dei carabinieri.

            2) Quando il quarto nigeriano del giorno prova a vendermi fazzoletti che non mi servono, anch’io faccio finta di non sentirlo, per stanchezza, perché ho già dato tanto a tanta gente, quindi mi immagino che persone meno tolleranti di me si stufino anche prima.

            Il turista italiano in Dalmazia oggi non c’entra nulla con queste due problematiche.

          • PinoMamet scrive:

            In Svizzera un amico (tra l’altro lombardo) che ci lavora, e non avendo accenti particolari viene di solito preso per svizzero italiano, sente a volte discorsi di questo tipo:
            “bisogna stare attenti perché di notte circola brutta gente: zingari, albanesei… italiani!”

            che detto da uno svizzero-italiano, poi…
            😉

            In Austria andai in gita scolastica, e nonostante fossimo in gita scolastica, quindi con tutte le prevenzioni possibili e immaginabili contro di noi, fummo trattati sempre con grande simpatia…
            anche se di tutto il viaggio ricordo solo la conversazione in italiano con un venditore iraniano di roba orientale, da cui comprai un berreto simil-fez 😉

            ci sono passato altre volte per lavoro, e sempre trattato bene.

            Amici che d’estate ci vanno per portare i bambini in luoghi “a misura di bambino”, natura pulita ordinata attrezzatissima, dicono che a volte gli austriaci sono un po’ insofferenti degli atteggiamenti neanche invadenti o rumorosi, ma semplicemente normalmente “da bambino” dei bambini italiani.
            Si aspettano, a quanto pare, dei piccoli robot, e qualunque deviazione dalla norma cause sguradi ostili e commentini sottovoce tipo “ecco i soliti italiani maleducati”.

          • Roberto scrive:

            Guarda i commenti sui bambini sono capitati ai miei solo che
            1. sono dei bambini tranquillissimi
            2. sono mezzi tedeschini
            3. La grande (che allora non aveva manco quattro anni e parlava italiano con me) a sentire il commentino acido “ah i soliti bambini italiani maleducati” ha risposto “ich bin aber deutsch” zittendo la coppia di vecchietti seccatori

          • Peucezio scrive:

            “Mirkhond, in generale non ho mai incontrato popoli che trattano male gli italiani per partito preso.”

            Io ho notato che ci sono i posti dove la gente è stronza, indistintamente, e dove è gentile, indistintamente.
            A Milano, come a Parigi, in genere è stronza.
            In Austria, nella Svizzera italiana (in quella tedesca non lo so), nella maggior parte dell’Italia rurale, è gentile. In Russia è gentile ma informale.
            In Spagna è gentile, ma un po’ troppo rigida, un po’ ottusa.

            • roberto scrive:

              “Io ho notato che ci sono i posti dove la gente è stronza, indistintamente, e dove è gentile, indistintamente”

              esatto!
              e ad esempio trovo i greci, i tedeschi, gli irlandesi e gli americani in generale gentili, mentre, come dicevo, non sono convinto di austria e svizzera (e aggiungerei olanda e danimarca)

              • Miguel Martinez scrive:

                “e ad esempio trovo i greci, i tedeschi, gli irlandesi e gli americani in generale gentili, mentre, come dicevo, non sono convinto di austria e svizzera (e aggiungerei olanda e danimarca)”

                Vediamo, vediamo…

                Gentili: serbi, romeni, albanesi; abbastanza gentili: tedeschi, austriaci; fondoscala: francesi 🙂

            • Peucezio scrive:

              Questa cosa degli austriaci comunque è un mistero: ognuno che ci va ha un’impressione diversa.
              Mia madre c’è stata e mi ha raccontato episodi di maleducazione verso gli italiani ai limiti del grottesco.
              Poi ci sono andato io con una coppia di amici e li abbiamo trovati di una gentilezza squisita.

              Comunque, finora, per quello che mi riguarda, vincono i Ticinesi.
              Ve l’ho raccontato del negoziante di CD che sono entrato chiedendo musica popolare locale e mi ha voluto per forza regalare un CD (non in più, come omaggio per acquisti fatti: sono proprio uscito con gli stessi soldi che avevo e un CD nuovo)?

            • Peucezio scrive:

              Miguel, sei mai stato in Russia?

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              fondoscala: francesi

              Ma quelli del Sud o quelli del Nord? Sul Sud e Parigi concordo abbastanza, mentre sul Nord non sono sicuro.

              • Miguel Martinez scrive:

                “Ma quelli del Sud o quelli del Nord?”

                Ma in realtà scherzo,la varietà individuale è tale e tanta.

                Solo che magari io ho incontrato più gente simpatica in Serbia (o in Bosnia) che in Croazia; e poi non è che i francesi siano antipatici, solo sono più freddini, in stile inglese.

            • roberto scrive:

              sui francesi,

              a parte i parigini che sono veramente antipatici, quelli del sud odiosi, e quelli del nord pure, e gli alsaziani peggio mi sento, resta un’isola di gentilezza che è il centro (auvergne, limousin, touraine).

              però se parlate francese sono in generale un filo meno antipatici

            • roberto scrive:

              sugli irlandesi, ho mille episodi di gentilezza e simpatia, ma uno in particolare.

              prendiamo un taxi per andare in un posto vicino all’aeroporto per mangiare (eravamo un gruppo di sei amici), ed una volta arrivati chiediamo al tassista se ci viene a riprendere 3 ore dopo. il tipo fa “ho un’idea migliore” si mette “off duty”, ci accompagna in un pub e resta a bere con noi, accompagnandoci poi gratis all’aeroporto

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Ma Roberto è in una situazione particolare: al Sud i francesi odiano gli italiani, mentre al Nord odiano i tedeschi 😀

              • Miguel Martinez scrive:

                “Ma Roberto è in una situazione particolare: al Sud i francesi odiano gli italiani, mentre al Nord odiano i tedeschi :D”

                Più che altro, “il popolo” non mi sembra che si interessi in genere all’etnia degli altri.

                Tende a generalizzare su tutto un gruppo etnico qualche brutta esperienza personale: dopo aver visto sotto casa vari spacciatori marocchini, diffida ad esempio di tutti gli arabi; dopo aver sentito che gli zingari rubano i bambini, e dopo essere stato importunato tante volte da mendicanti, si tiene alla larga dai Roma.

                Ma non è la stessa cosa che avercela con gli italiani come sono oggi: nessuno ha paura dell’italiano che ti scippa la borsa o mette le mani adosso a tua moglie.

            • PinoMamet scrive:

              Vediamo la mia classifica:

              -statunitensi (fuori dalle grandi città dove sono stressati): gentilissimi

              -cinesi, giapponesi (purtroppo visti solo in Italia): gentilissimi

              -romeni: a volte molto gentili, spesso con quello strano modo di essere scostanti dell’Europa dell’Est, un po’ cameratesco e un po’ “zingaresco”;

              -tedescofoni: gentili, a volte sembra un po’ per dovere; quando sono convinti di avere ragione possono anche essere canaglie;

              -spagnoli: mmmmm boh, so’ come gli italiani, anzi come gli italiani degli anni Ottanta, quindi abbastanza insopportabili quando fanno i fighetti (ma nel fondo dell’animo bravi guaglioni)

              -cubani e sudamericani vari (purtroppo visti solo in Italia): invadenti, caciaroni

              -argentini (idem): pesanti!!

              -greci: gentili, riservati, orgogliosi; abbastanza lontani dal modello dell’italiano meridionale nonostante la Magna Grecia;

              -israeliani: in media gentili (non nel senso di goyim 😉 ) in parte rovinati dall’idea di essere “intelligenti”

              -russi, bielorussi, ucraini (conosciuti in Italia e mezzi parenti, nel senso di famigliari di un praticamente parente): caciara! festa! passami la vodka! forza cantiamo insieme!

              -francesi rurali (paesi baschi, Pirenei): molto gentili e disponibili, davvero “civili”, nel senso che un francese educato darebbe a questa parola;

              -indiani (conosciuti in Italia e USA): strani!! per essere gentili sono gentili ma davvero un altro universo mentale (compresa la loro strana convinzione di essere inglesi)

              -marchigiani!! il top della gentilezza ed educazione finora incontrato (dico davvero).

            • PinoMamet scrive:

              Dimenticavo:

              -iraniani: con quelli che ho conosciuto… pareva di essere tra compaesani! a me paiono identici agli italiani per carattere, impossibile trovarcisi male

              -cecoslovacchi e polacchi: vedere alla voce russi, ucraini ecc., con un po’ più di rigore tedesco (ma i cecoslovacchi- sì, vabbè, lo so…- i cecoslovacchi hanno stranamente anche un po’ di “civiltà francese”)

      • Peucezio scrive:

        Posso capire che per Mirkhond l’aspetto umano sia fondamentale.
        Bisognerebbe capire qual è un posto dove lui sentirebbe un’atmosfera bella, dove si sentirebbe ben accolto.
        Io lo manderei subito in America latina, che là sono simpatici, calorosi, ospitali, la lingua è simile e loro certo si sforzano di capirti anche se non la sai, solo che bisognerebbe scegliere una zona tranquilla, senza delinquenza.
        Poi secondo me lì troverebbe molte donne aderenti al suo gusto estetico, scure, un po’ tracagnotte ma dolci, femminili.

        • mirkhond scrive:

          E in Portogallo?

          • Peucezio scrive:

            Mah, lascia stare la penisola iberica: sono come noi italiani, solo un po’ più poveri e un po’ più nazionalisti.
            In Portogallo non ci sono stato, ma tanto l’Occidente è tutto uguale: fa un po’ schifo. Almeno in Italia si mangia da cristiani.

        • roberto scrive:

          allora lo manderei nel wyoming

          paesaggi di una bellezza da far vacillare anche un ateo come me, un’infinità di chiattone che però spesso hanno dei visi molto aggraziati, gente semplice (sono contadini o allevatori), estetica da cow boy che dovrebbe piacergli, molto ospitali (basta che non sei negro) e simpatici ma non invadenti.

          • Peucezio scrive:

            Mirkhond, leggi e applica.
            E’ già il secondo che ti propone di andare negli Stati Uniti (te l’avevo già detto io poco tempo fa).

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Ma se gli dite di andare negli USA è ovvio che non ci va. Sarebbe come se veniste da me e mi invitaste ad andare, che ne so… negli USA!
              😉

            • Roberto scrive:

              Ma certo che non ci va! È giusto che ogni tanto gironzolando in giro mi viene da pensare “toh questo forse piacerebbe a mirkhond”

            • Roberto scrive:

              Comunque non suggerisco a mirkhond gli usa tout court (mi sa che se va a New York diventa pazzo), ma gli stati del nord ovest, tipo appunto wyoming, Idaho, Montana, al limite Utah, ma lì mi sembrano meno simpatici

            • Peucezio scrive:

              “Ma se gli dite di andare negli USA è ovvio che non ci va. Sarebbe come se veniste da me e mi invitaste ad andare, che ne so… negli USA!
              ;-)”

              Vabbè, se è per quello non sono nemmeno riuscito a convincerlo a raggiungermi in Abruzzo… purtroppo so che è un pour parler.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Mirkhond

      Attenzione, però, che Ragusa sta alla Dalmazia come Venezia al Veneto. E’ invasa dai turisti, che se vengono spennati al centro vengono giustamente tenuti alla larga dove vive la gente normale che ne ha fin sopra i capelli.

      Vai a Cattaro, o anche solo a Cavtat, poi ne riparliamo 🙂

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • mirkhond scrive:

        Ecco, volevo sapere come ci vedono i Montenegrini.
        Molti anni fa, dopo essermi laureato, una professoressa barese di Croato, mi consigliò di andare in Montenegro.
        Cattaro fino al XVII secolo, era diocesi suffraganea di Bari, e dopo l’unità d’Italia, vi affluirono molti emigrati pugliesi (anche a Ragusa, dove, stando al censimento austriaco del 1910, i Pugliesi erano superiori per numero ai Ragusei di sentimenti italiani).

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ mirkhond

          Ci sono stato… nel 1988, a Cettigne e a Titograd. Ero certamente fra i classici Occidentali da spennare, ma non ho visto traccia né della de-Italianizzazione forzata (pr forza, lì non siamo mai arrivati) né del feroce odio che ho subodorato già allora fra Albanesi e Serbi in Kosova (come il buon Ritvan potrebbe ricordarci se postasse ancora da queste parti).

          Suppongo che oggi se ci andassi mi farei molti amici, se mi mettessi a parlar male dei Serbi.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • habsburgicus scrive:

            Andrea Di Vita

            tutto giusto, ma a Cattaro siamo arrivati :D….nel 1941-1943, vi fu anche la R. provincia di Cattaro facente parte del R. governatorato di Dalmazia sotto Bastianini, e poi Giunta

            • habsburgicus scrive:

              se però intendevi Cetinje e Titograd/Podgorica, mi scuso io..e hai ragione tu
              tranne l’occupazione in II GM (e vabbè) MAI siamo arrivati lì…dopo Roma almeno 😀

      • mirkhond scrive:

        Per Cattaro ci vuole il passaporto o basta la normale carta d’identità valida per i paesi membri dell’Unione Europea?

    • Miguel Martinez scrive:

      “Stamattina con la mia psicoterapeuta, si parlava del viaggio a Ragusa di Dalmazia, consigliatomi dal buon Di Vita.”

      Ogni tanto mi esaspero anch’io con Mirkhond 🙂

      Allora,

      1) Dubrovnik – almeno d’estate – è un invivibile melmaio turistico, in stile Firenze solo che gli indigeni credo siano di meno e sono in partenza più poveri.

      2) Quando una persona ti guarda perplessa mentre parli, esiste una buona probabilità che non ti capisca davvero. “Fanno finta di non capirci” è un’affermazione sgradevole, che ho sentito fare da persone arroganti di ogni nazionalità… scommetto che ci saranno stati turisti americani a Bari che hanno sommerso Mirkhond di domande in statunitense gergale, e quando sono tornati in California, avranno detto che i baresi fanno finta di non capire l’inglese. Poi magari la tua psicoterapeuta fa finta di non capire il serbocroato, ma ha sentito le persone con cui ha parlato mormorare tra di loro, “ha ha ha, ho fregato la schifosa italiana, facendo finta di non capirla!” In quel caso avrà ragione lei.

      3) Le donne dalmate somigliano alle donne italiane.

      4) I dalmati si sentono abbastanza lontani dai croati, e comunque pensano in genere alle stesse cose a cui pensano gli italiani: lavorare, non perdere la casa, fare i simpatici con i turisti se occorre. E c’è una diffusa antipatia per lo Stato croato, con le sue velleità di contare qualcosa nel mondo.

      • mirkhond scrive:

        Miguel

        Ciò che dici mi rincuora, anche se sei praticamente l’UNICO a dirmi quello che vorrei sentirmi dire! 😉
        A me piacciono le frontiere, le identità mestize, e la Dalmazia mi sta nel cuore, anche se non ho radici in loco (chissà, forse gli Japudi/Japigi illirici; che però abitavano nel retroterra tra Fiume e Zara).
        Tuttavia, da 16 anni a questa parte, nello studiarne la storia dal 1848, e soprattutto da 1866 in poi, mi assale un’angoscia nel pensare come i nazirisorgimentalismi delle due parti in causa, abbiano quasi distrutto quella splendida civiltà meticcia.
        Come dicevo oggi alla mia psicoterapeuta.
        Il problema è che sono molto pauroso, per cui sentire la STESSA storia da TUTTI quelli che sono stati in Dalmazia, non favorisce il tanto DESIDERATO viaggio che avrei dovuto fare 16 anni fa.
        Tu, ripeto sei l’ECCEZIONE felice!

  17. mirkhond scrive:

    “una di supporto psicologico nella confusione e nel disagio endemico in cui ci troviamo.”

    Devo ancora trovarla…..

  18. mirkhond scrive:

    “una di intervento sociale, di sostengo, nei quartieri, fra i poveri”

    E questo in sintonia con gli Insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo.

    “In qualche misura c’è anche un residuo (anche più di un residuo) di spiritualità, vagamente evangelica”

    A me non sembra tanto un residuo (poi magari c’è il prete che non ci crede più, ma non sa come camperebbe se uscisse dal clero).

    ” non un evangelismo puritano, avido e aggressivo, ma un evangelismo socialista e irenista.”

    Ma bellissimo! E non contro lo Spirito di Cristo, che TUTTI Vuole salvarci!

    • Peucezio scrive:

      Va bene, ma in tutto questo il cattolicesimo dov’è?
      Anzi, direi, dov’è la religione?
      Questa è etica (l’aiuto agli ultimi) e spiritualità.
      Cose bellissime e nobilissime.
      Ma per la spiritualità basta pure un centro Yoga.
      La religione è un’altra cosa, è continuità del rito, è sentimento del sacro, anzi, oggettivazione del sacro, è porta al sovrannaturale, il tutto vissuto in modo collettivo, da tutto un popolo, come suo retaggio culturale, e consacrato dalla tradizione, dalla trasmissione ininterrotta e fedele.
      Il cattolicesimo queste cose le dà tutte.
      La spiritualità buonista dei preti novelli, persone rispettabilissime e probe, non le dà.
      Dà cose molto importanti. Ma non mi si parli di religione. E io credo che la dimensione religiosa sia un universale antropologico, senza il quale c’è comunque alienazione.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        “il tutto vissuto in modo collettivo”

        Quindi i vari cristiani rimasti in situazioni di isolamento prolungata nella storia diventavano improvvisamente irreligiosi?

        • Peucezio scrive:

          Erano in comunione col resto della cristianità.
          Ma devo spiegartele io ‘ste cose??

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            La differenza tra collettività e comunione è enorme.

            • Peucezio scrive:

              La comunione sarebbe individuale quindi… (e allora che comunione è).
              Tertium non datur. Una cosa o è individuale o è collettiva.
              Mi stupisco sempre di come a volte tu faccia fatica con concetti così semplici.

        • Francesco scrive:

          Maurizio

          il problema temo siano i cristiani che non sono in situazione oggettiva di isolamento ma che vivono come tali nelle società occidentali

  19. mirkhond scrive:

    Guarda, se parli di bellezza del Rito, la penso come te.
    La Chiesa, se non si vive in zone di persecuzione, dev’essere BELLA, in modo che il credente vi senta una metafora del Paradiso.
    D’accordo anche con la bellezza dei paramenti, della chierica e dell’abito per i sacerdoti, e gonne lunghe per le suore.
    Ma tutto questo, può e DEVE coesistere con gli Insegnamenti di Cristo, sull’aiuto ai poveri.

    • Peucezio scrive:

      Sì, parlo di bellezza, ma anche proprio di sacralità, di efficacia intrinseca legata alle formule, alla materia del rito.

      “Ma tutto questo, può e DEVE coesistere con gli Insegnamenti di Cristo, sull’aiuto ai poveri.”

      E infatti in duemila anni di storia della chiesa non mi sembra che ciò sia mancato. Anzi, semmai il lassismo odierno prende poco seriamente anche espliciti insegnamenti evangelici.
      E comunque vale anche il contrario: le cose che dici DEVONO coesistere con la religione, col soprannaturale, se no qualunque maestro morale va bene, ma Dio non c’è più.

      • mirkhond scrive:

        Non mi sembra però che la Chiesa non parli più di Dio.
        Casomai lo fa in modo diverso rispetto ancora a 60-100 anni fa.

        • Francesco scrive:

          insomma

          ne parla molto meno e facendo capire che è una roba per “fessacchiotti”, “a latere”, quello che importa è la bandierina arcobaleno sull’altare o essere progressisti

          estremizzo appena ma spesso è così

          • Peucezio scrive:

            “estremizzo appena ma spesso è così”

            Vero, ahimè.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Francesco, ma che parrocchia frequenti?

            • Francesco scrive:

              beh, come parrocchia sono fortunato ma se penso a come la Chiesa si presenta al mondo nei mezzi di comunicazione … siamo quasi ai gattini di LibroCeffo

              normale che una roba così non interessi a nessuno e piuttosto seguono la Brigliadori o Salvini

            • Peucezio scrive:

              La mia (che non frequento, ma conosco i preti, ci vado anche a mangiare insieme) è fatta di gente rispettabile ma palesemente maoista.

        • Peucezio scrive:

          Mirkhond,
          “Casomai lo fa in modo diverso rispetto ancora a 60-100 anni fa.”

          Siamo sempre lì: quando si parla in modo diverso, si dicono cose diverse.
          Persino quando traduci una frase da una lingua a un’altra, non hai un’equivalenza perfetta, perché ci sono sfumature, connotazioni, ecc. E’ il motivo per cui la liturgia era in laitno in tutto il mondo e per cui si scoraggiava la traduzione in volgare dei testi sacri.
          Poi, certo, devi pur fare i catechismi e le omelie nelle lingue volgari locali. Ma qua siamo ben oltre.
          E questo si vede anche nella morale.
          Se diventi indulgente e lassista verso i divorziati, i sodomiti (parlo quindi di omosessuali praticanti: avere un’inclinazione omosessuale in sé non è una colpa, come non è una colpa alcuna inclinazione che non si traduca in atti concreti), ecc., stai cambiano la morale, perché la stai facendo diventare più rilassata.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Il Brexit è diventato una sorta di artificio retorico per l’immaginario. Per esempio, un giornalista può dire che il Regno Unito cresce più del previsto da quando è uscito dall’Unione Europea o che le borse sono crollate dopo l’uscita dall’UE. Qualcuno gli farà notare che l’Inghilterra comunitaria è ancora viva e lotta insieme a noi? Ovviamente no.

      • Moi scrive:

        Già, e una roba più o meno simile succede fra gli (Im)Prenditori del resto de Uropa 😉 : l’azienda va bene ? Be’, ovvio: merito mio … L’ azienda va male ? Aaahhhh …. l’ Efetto Domino della Brexit su Leuropa 😉 !

    • Roberto scrive:

      Schock una sega, tutta la campagna del brexit è stata su “prima gli inglesi”

      • Moi scrive:

        “prima gli inglesi”… ohibò, Kalergicamente inaudito ! 😉

      • Roberto scrive:

        Voglio solo dire che non è minimamente sorprendente l’uscita della ministra inglese

        • Francesco scrive:

          a me pare una cosa pratica: se la permanenza dei lavoratori europei nel regno era è regolata dalla regole dell’unione, quando saranno usciti ci vorranno nuove regole e in primis sapere a chi applicarle

        • roberto scrive:

          certo!

          quella è proprio una conseguenza diretta del brexit (come la permanenza di studenti non britannici nelle università britanniche, ma anche di pensionati britannici sulle coste del mediterraneo) ed è stato uno dei cavalli di battaglia del brexit.
          sostanzialmente i brexiters vogliono un mercato unico senza la libera circolazione delle persone e senza lacci e lacciuoli per le imprese inglesi. cioé esportare quel che vogliono, importare alle loro condizioni e fuori gli stranieri che non gli interessano.

          intendiamoci, non critico il loro programma, sono fatti loro, è solo che mi sembra non tenere minimamente conto del fatto che c’è dall’altra parte della manica un partner che ha i suoi interessi

        • roberto scrive:

          per questo dico che non è sorprendente (“shock una sega”).

          è proprio quello che volevano

  20. Moi scrive:

    Cmq, mi rivolgo specie ad Habs, prendere le distanze dalla Sx o meglio dal Partito in Emilia Romagna non è affatto semplice, per una pioggia di gocce d’acqua 😉 di natura extra-politica … quando Bersani parla di “rottura sentimentale” di Renzi con il Partito, ha ragione !

    Ad esempio, una delle invenzioni più efficaci in assoluto per il coinvolgimento emotivo … le Feste dell’ Unità !

    Del tipo, quella volta “da cinno” con quel nonno con quel “brutto male” che ti comprò la prima creßssentina 😉 che eri in seconda elementare, e alla festa dell’ anno dopo quel nonno non c’era più …

    quella volta che avevi 15 anni e 1/4 😉 e “visto che oramai non me lo levo dalla mente” [cit.] quella ragazzina cameriera volontaria “del stènd del pes’e 😉 ” (come diceva l’ ultima nonna rimasta al mondo e ormai vecchissima …) che ne avrà avuti 15 e 3/4 😉 e che aveva quel sorriso e quello sguardo acqua e sapone ma su di un viso ancora da bambina ma in un corpo già di donna …

    e così via …

    • Miguel Martinez scrive:

      “Cmq, mi rivolgo specie ad Habs, prendere le distanze dalla Sx o meglio dal Partito in Emilia Romagna non è affatto semplice, per una pioggia di gocce d’acqua 😉 di natura extra-politica”

      Bellissimo… in Toscana credo che sia così in alcune aree di campagna, nelle città non direi.

      Infatti, il PD da noi (e da tutti voi, ormai, visto che i fiorentini comandano) non è il “vecchio PCI trasformato”, è qualcos’altro.

    • habsburgicus scrive:

      splendido amarcord !
      sì, le feste dell’Unità contavano molto di più di tutta l’ideologia !

      • Moi scrive:

        Be’… è un po’ l’ inventio Guareschiana 🙂 : raccontava “faccende” o accadute davvero, o che sarebbero accadute di lì a poco, o che già erano accadute a sua insaputa scoprendolo dopo averle scritte … senza meravigliarsi in alcun caso.

  21. Moi scrive:

    @ ZETA che chiedeva conforto umano per’sta ferale notizia :

    http://www.ilgiornale.it/news/politica/gaffe-governo-renzi-stranieri-investite-italia-stipendi-sono-1313446.html

    Primo, NON è una “gaffe” … è una sincerità !

    Secondo … vedila metaforicamente così, come spunto di riflessione : solo con “Party” al posto di “Planet” … “Leaders” al posto di “Gods” e “Political Class” al posto di “Race” !

    https://www.youtube.com/watch?v=6i0axOgVpQY

    😉

  22. mirkhond scrive:

    “scommetto che ci saranno stati turisti americani a Bari che hanno sommerso Mirkhond di domande in statunitense gergale, e quando sono tornati in California, avranno detto che i baresi fanno finta di non capire l’inglese.”

    8 anni fa, ero in centro a Bari, quando mi fermò un signore che si qualificò come statunitense.
    Si espresse in un Italiano comprensibile, chiedendomi dove fosse una strada che cercava.
    Alla mia risposta positiva, mi ringraziò! 🙂

  23. mirkhond scrive:

    4) I dalmati si sentono abbastanza lontani dai croati, e comunque pensano in genere alle stesse cose a cui pensano gli italiani: lavorare, non perdere la casa, fare i simpatici con i turisti se occorre. E c’è una diffusa antipatia per lo Stato croato, con le sue velleità di contare qualcosa nel mondo.

    Molto interessante, anche perché qualcosa del genere ho sentito sull’Istria.
    Il mio amico croato di Sebenico (e mezzo-italiano; il cognome del suo avo di Trieste, è presente in Emilia-Romagna), mi disse che Tito era odiato dai Croati, TRANNE in Dalmazia, dove, grazie anche alle repressioni cretino-criminali delle autorità italiane nel 1941-1943, i locali Dalmati di sentimenti croati, lo guardarono come al loro liberatore (i Serbi della Kninska Krajina invece, erano quasi tutti filoitaliani; nel 1941, pare che circa 100.000 Serbi della regione di Knin/Tenin, chiesero di essere annessi all’Italia per sfuggire alle mattanze ustascia, ma Mussolini non potè accontentarli, per non scontentare Pavelic’).
    Ora, ripensando a quella disputa con il neoirredentista che si faceva chiamare Dante, penso che, paradossalmente, proprio l’unificazione d’Italia sotto un regime massonico, abbia portato il buon Francesco Giuseppe a ribaltare il ruolo culturale dominante dei venetofoni in quelle terre, per timore di rivendicazioni italiane (che poi ci furono coi bei risultati che conosciamo).

    • habsburgicus scrive:

      ribaltare..

      certo ! ormai credo sia storicamente assodato
      probabilmente qualcuno ci pensò già in 1859, ma la svolta sarà il 1866
      e le continua tolleranza delle mene irredentistiche (pura caciara, in stile italico) specialmente dopo l’avvento al potere della Sinistra il 24/3/1876 non spinse certo Kaiser Franz a cambiare idea, anzi accentò la politica (né la Triplice del 20/5/1882 cambiò molto perché mai fummo realmente amici, le élites; invece vi fu un breve periodo di amicizia seria fra Italia e Germania, almeno in certe classi sociali)
      sino al 1848 e volendo sino al 1859 gli italiani erano addirittura favoriti
      specialmente negli anni 1815-1848 sono una PURA CONTINUAZIONE del governo veneto, con la lingua italiane dominante nello scritto e il veneto nel parlato..con qualche efficienza in più, rispetto alla tarda Serenissima, Grog non me ne voglia 😀

      • habsburgicus scrive:

        come in Bielorussia ed Ucraina della riva destra, gli anni 1795-1830 sono una continuazione della Polonia-Lituania
        ciò che non ammetteranno né i russi né i polacchi 😀

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Mi pare naturale che il governo dovesse governare sudditi italiani parlandogli in italiano. Comunque ai veneti piaceva così tanto il governo asburgico che insorsero…

        • mirkhond scrive:

          Insorsero nel 1848-1849, ma NON nel 1859, ne nel 1866, in cui si mantennero sostanzialmente fedeli a Vienna.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Non è che quella del 1848 fosse stata una robetta da nulla…

            • mirkhond scrive:

              E chi lo nega?
              Però nel 1866, i soldati austriaci di etnia veneta, catturati dai Prussiani dopo Sadowa, in stragrande maggioranza rifiutarono di passare sotto il nuovo esercito piemonto-italiano, tant’è vero che di una progettata “legione italiana” da parte prussiana, per inviarla in Italia, non se ne potè far nulla……

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              È sempre difficile arruolarsi insieme a quelli a cui sparavi fino al giorno prima. Non lo considero elemento a favore di discutibili simpatie austriache.

            • mirkhond scrive:

              Non è neanche un segno di attrazione per uno stato sabaudo che sentivano come estraneo.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Infatti si tratta di una falsa dicotomia quella tra Asburgo e Savoia.

      • mirkhond scrive:

        E anche questo spiega la mia avversione per l’unità d’Italia.
        Diversamente oggi, avrei potuto farmi il tanto DESIDERATO viaggio in Dalmazia parlando con i tanti Grogovich 🙂 della zona, in Italiano, o ascoltare il simpatico idioma veneto.
        Peccato!

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Secondo me l’italiano e il dalmatico sarebbero scomparsi comunque sotto la pressione demografica slava. L’élite romanza quanto avrebbe potuto resistere davanti a quella che era la realtà culturale del popolo?

          • mirkhond scrive:

            Ma infatti la storiografia croata, a mio parere a ragione, sostiene che la latinità dalmatica tra XV e XX secolo, fu il frutto di un meticciamento tra coloni provenienti da vari stati italiani, Venezia in primis ovviamente, e immigrati slavi dell’entroterra.
            Mentre la latinità indigena dalmatica si sarebbe estinta nel XIV-XV secolo, sia per le epidemie di peste del 1348 e 1362, e sia per la soverchiante pressione slava.
            Il Dalmatico di Veglia sopravvisse fino al XIX secolo, ma era ormai un relitto di una lingua non più parlata ne capita dal XV secolo almeno.
            La latinità dalmatica, per sopravvivere, sia pure sotto un diverso idioma romanzo come il Veneto, avrebbe avuto bisogno di CONTINUI arrivi di gente dall’Italia.
            Cosa che si verificò tra XV e XIX secolo, ma quasi solo nelle città costiere, lasciando il retroterra fino alla frontiera bosniaca-ottomana, un paese slavofono, i cui latini indigeni, i Morlacchi, si erano anch’essi totalmente slavizzati almeno dal XVI secolo.
            Ecco perché già nel primo censimento austriaco del 1816, su 500.000 Dalmati, solo 60.000 erano “Italiani”.

            • mirkhond scrive:

              Secondo un diplomatico italiano, mi sembra Carlo Umiltà ma posso sbagliarmi non avendo in mano l’articolo relativo, in realtà gli “italofoni” o meglio i Venetofoni in Dalmazia, nel XIX secolo sarebbero stati circa 100.000.
              Solo che al momento di registrarsi per nazionalità e/o lingua d’uso nei censimenti austriaci, solo la metà si sarebbe dichiarata “italiana”.
              Cifra che nei vari censimenti austriaci tra 1880 e 1910, sarebbe calata a 27.000 e poi a 18.000.
              Probabilmente per le pressioni della nascente intellighenzia croata, più fedele a Vienna rispetto agli eredi di Venezia, che avrebbe spinto molti venetofoni (in realtà bilingui veneto-croati) a registrarsi come Croati.
              In tal modo evitando ritorsioni, soprattutto se NON si condividevano gli ideali irredentistico-massonici, rafforzati dalla nascita del nuovo Regno d’Italia.

            • mirkhond scrive:

              Resta comunque il fatto che 20.000, 60.000 o 100.000 che fossero, i Venetofoni abitavano quasi solo il litorale con piccole comunità a Knin Tenin e a Verlicca nell’entroterra.
              Che era e rimase un paese slavofono che contribuiva a creare quella schiacciante maggioranza croata (con importanti nuclei serbi nella regione di Knin), sovracitata.

  24. mirkhond scrive:

    “3) Le donne dalmate somigliano alle donne italiane.”

    Se sto alle foto reperibili in internet, sia di epoca tardo-asburgica, sia jugoslava-serba, sia del periodo 1941-1945, e sia di oggi, devo dire che fino ad ora ne ho viste solo 2 somiglianti alle nostre donne: una a Sebenico e l’altra a Ragusa.
    Forse i fotografi dalla fine dell’800 in poi, prediligevano solo le mazze alte? 🙂

    • PinoMamet scrive:

      Io conosco dai tempi del Liceo una ragazza (una donna ora, vabbè) di origine bosniaca, e non è nè mazza né particolarmente alta, e, a meno di consocerne il cognome o sentirla parlare in serbo-croatp-bosniaco-quel che l’è coi parenti al telefono, passa ampiamente inosservata in Italia…

      però è vero che ci sono anche tipi nettamente più “slavi”.

      Gli jugoslavi che ho conosciuto mi hanno colpito proprio per questo, ce ne sono di molto… italici fisicamente e altri che invece passerebbero abbastanza inosservati in Russia.

      Stessa cosa, direi, per i romeni/moldavi (se posso azzardare un’osservazione spannometrica, i moldavi- di Moldavia repubblica indipendente- più “russoidi” in media dei romeni, ma vado in base alla mia esperienza).

  25. mirkhond scrive:

    “Poi magari la tua psicoterapeuta fa finta di non capire il serbocroato”

    Mi ha detto che non lo conosce proprio, e che si è espressa in Inglese e in Italiano.
    Del resto per gli Italiani il Croato è una lingua difficilissima, a differenza del contrario! 🙂

  26. mirkhond scrive:

    “1) Gli italiani nel Sudtirolo degli anni Sessanta (poi le cose sono cambiate in meglio) era l’impiegato delle poste che ti abbaiava in napoletano stretto, i carabinieri che perquisivano le case e picchiavano la gente, i magistrati che se ti beccavano a dipingere le imposte di rosso e bianco, ti mettevano in galera, quelli che ti offrivano soldi se facevi il delatore contro il tuo vicino di casa.”

    Un’ennesima pagina oscura e vergognosa dello stato italiano, che gli Italiani (al di fuori del Tirolo e del Trentino penso) non conoscono.
    Io stesso non ne sapevo nulla, fino ad adesso che ne ho letto ciò che riporti.
    Pensavo che gli accordi De Gasperi-Gruber del 1946, avessero risolto la questione……

  27. mirkhond scrive:

    “Gli jugoslavi che ho conosciuto mi hanno colpito proprio per questo, ce ne sono di molto… italici fisicamente e altri che invece passerebbero abbastanza inosservati in Russia.

    Stessa cosa, direi, per i romeni/moldavi (se posso azzardare un’osservazione spannometrica, i moldavi- di Moldavia repubblica indipendente- più “russoidi” in media dei romeni, ma vado in base alla mia esperienza).”

    In effetti, fin dai tempi del ginnasio-liceo, mi chiedevo DOVE fosse finita tutta la popolazione latinofona balcanica creatasi in epoca romana.
    La risposta che, parzialmente ho trovato è nei Valacchi con la loro diaspora dalla Moldavia all’Istria interna.
    Ma anche a diverse popolazioni slave meridionali, i cui avi erano latinofoni.
    Penso ai Morlacchi dell’entroterra dalmata, i Serbi di Bosnia e delle krajine croate e dalmate, i Mijaci della Macedonia occidentale, al confine con l’Albania.
    Guardando alcune fisionomie soprattutto maschili dell’area ex jugoslava, ritrovo fattezze simili alle sculture rappresentanti Diocleziano, Galerio, Massimino Daja, i Costantinidi, Valentiniano I.
    In sostanza, una buona percentuale degli odierni Bulgari, Serbi, Macedoni slavi, Montenegrini, Bosniaci, Dalmati e Croati, discenderebbe dalla popolazione latinizzata dei Balcani romani, mescolatasi e assorbita, lentamente e gradualmente dagli Slavi.
    In Dalmazia poi, il locale idioma latino, estintosi a Veglia nel 1898, aveva forti affinità con le nostre parlate pugliesi (ma anche col Ladino e persino con le parlate romagnole ed emiliane; vedasi i dittonghi).

  28. Moi scrive:

    In teoria prima o poi dovrebbe uscire l’ultimo volume della Trilogia Familiare di Lilli Gruber … appunto sul Befreiungsausschuss Südtirol (1956) di Sepp Kerschbaumer (1913-1964) con relativo “preludio” e oltre, verosimilmente fino a quando

    [swikipedio per comodità e per maggiore precisione … mica sono Habs ! 😉 ]

    Nel dicembre 2001, la giunta comunale di Bolzano decise di cambiare il nome alla piazza antistante il monumento, da piazza della Vittoria (Siegesplatz) a piazza della Pace (Friedensplatz). In seguito al referendum popolare, richiesto da molti cittadini di madrelingua italiana che disapprovavano la decisione, nell’ottobre 2002 il nome di piazza della Vittoria è stato ripristinato dopo una consulta democratica che vide vincitori i “Sì” in maniera netta con il 61,94%. Dopo l’esito, caroselli di auto per le vie di Bolzano hanno festeggiato il ritorno dello storico toponimo. La giunta comunale di Bolzano ha reintrodotto la denominazione precedente, ma ha voluto anche apporre sotto la targa toponomastica “Piazza della Vittoria” la scritta “Già della Pace”.
    Il 22 febbraio 2005, sono state apposte dai rappresentanti del comune di Bolzano delle targhe commemorative che contestualizzano il significato del monumento. Queste sono state montate a circa 50 m di distanza, dato che l’installazione in prossimità del monumento è stato proibita dal Ministero della Cultura, dopo massicce proteste dei partiti italiani di destra. Il loro testo è redatto in quattro lingue (italiano, tedesco, ladino, inglese), il testo italiano reca:

    Questo monumento fu eretto durante il regime fascista per celebrare la vittoria dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Essa comportò anche la divisione del Tirolo e la separazione della popolazione di questa terra dalla madrepatria austriaca.
    La Città di Bolzano, libera e democratica, condanna le divisioni e le discriminazioni del passato e ogni forma di nazionalismo, e si impegna con spirito europeo a promuovere la cultura della pace e della fratellanza.

  29. mirkhond scrive:

    In un libro acquistato pochi giorni fa, riguardante le occupazioni italiane di Trentino, Tirolo (sì l’intero Tirolo, Innsbruck compresa), Litorale Adriatico/Venezia Giulia, Istria e mezza Dalmazia, nel 1918-1920, a cura dello storico Raoul Pupo, leggevo che le nuove autorità italiane, alla fine, videro non solo nei Tirolesi, ma persino nei Trentini latinofoni, gente OSTILE all’Italia massonica, in procinto di diventare fascista.
    Le truppe italiane in un Trentino sconvolto dalla guerra del 1915-1918, rimasero deluse dall’accoglienza fredda, e in molti casi appunto, ostile dei Trentini, in maggioranza ancora filoasburgici (55.000 i Trentini nell’esercito austroungarico nel 1914-1918, con 11.000 caduti; persino tra coloro che erano stati fatti prigionieri dai Russi, vi furono molti che NON NE VOLLERO SAPERE di essere arruolati nell’esercito italiano e di tornare a combattere dall’altra parte della trincea; al loro ritorno molti di loro subirono PERSECUZIONI dal nuovo ordine sabaudo nazimassonico).

  30. Moi scrive:

    Insomma : NON tutti i “Briganti” sono stati “Terroni” … in Italia.

    😉

    Saranno stati i tempi diversi, ma in fon dei conti a Sepp Kerschbaumer è stata riservata una “dignità” Storica che per i Briganti DuoSiciliani sarebbe stata inconcepibile.

    E, non essendoci ancora stato di mezzo il Fascismo a fare da “parafulmine” … quella stessa “dignità” Storica, per i Briganti DuoSiciliani, inconcepibile lo è tutt’ora !

    • mirkhond scrive:

      Il Tirolo vanta anche Andreas Hofer (1767-1810), l’equivalente dei nostri “briganti” e che uno storico italiano, un certo Carlo Zaghi, definì “un brigante di mezza tacca”!

      • Moi scrive:

        …però Andreas Hofer è pre-unitario, e in un certo senso “ecumenico” politicamente poiché guidò un Popolo Etnico a Dx e i Dannati della Terra [cit.] a Sx “tradizionale” 😉 … NON lo dico io, lo testimonia anche Lilli Gruber che rischiò la carriera per averlo criticato in gioventù come un “Maschilista” 😉 …

        • Moi scrive:

          Anche la Südtiroler Volkspartei (SVP) ove ella ebbe le prime “bazze” 😉 , difatti, “mai guai” con Adreas Hofer !

        • mirkhond scrive:

          Andreas Hofer può essere paragonato al coevo e napoletano Michele Pezza in arte Frà Diavolo (1771-1806).

          • Moi scrive:

            Femministe : giudicano un uomo di fine Settecento con dei parametri da fine Anni Settanta … si autoproclamano “Storiche” 😉 !

            😉

          • mirkhond scrive:

            Per non parlare del grande amore che Andreas Hofer aveva per sua moglie Anna Gertrude Ladurner, compagna fedele di vita e di ideali, che lo seguì, fino a quando venne catturato dai francesi, in un maso nel gennaio 1810, grazie alla delazione per denaro di Franz Raffl, il Giuda del Tirolo!

  31. mirkhond scrive:

    Per chi fosse interessato:

    a cura di Raoul Pupo

    La vittoria senza pace.
    Le occupazioni militari italiane alla fine della Grande Guerra.
    Editori Laterza, 2014

  32. mirkhond scrive:

    “E, non essendoci ancora stato di mezzo il Fascismo a fare da “parafulmine” … quella stessa “dignità” Storica, per i Briganti DuoSiciliani, inconcepibile lo è tutt’ora !”

    Se fossimo stati invasi da Mussolini nel 1940-1941, invece che da Garibaldi e Vittorio Emanuele II nel 1860-1861, oggi nel risorto Regno (o Repubblica) delle Due Sicilie, si studierebbe una storia molto diversa, dalle sfrappole insegnateci a scuola.
    Comunque si stà rimediando….. 😉

  33. mirkhond scrive:

    “Vabbè, se è per quello non sono nemmeno riuscito a convincerlo a raggiungermi in Abruzzo…”

    Stavo male in quel periodo……

    • Peucezio scrive:

      Per carità, non è un addebito, lo so.
      Ogni tanto lo ritiro fuori perché la mia speranza è che così, la prossima volta che ti propongo una cosa facile facile, non stancante, pienamente alla tua portata, ti sentirai invogliato ad aderire temendo che poi, negli anni successivi, io continui a ritirartela fuori periodicamente con tono polemico 🙂

  34. Moi scrive:

    Come si dice in Inglese “chi la slonga la scapa” 🙂 ? … “Brexit” ! 😉

  35. mirkhond scrive:

    🙂

  36. Miguel Martinez scrive:

    A proposito di che NON fare… da sottolineare che Musk non è un cialtrone in cerca di pubblicità, è uno di quei ragazzini tipo Zuckerberg, che negli Stati Uniti ha fatto un immenso lavoro di lobbying politico.

    http://www.blitzquotidiano.it/scienza-e-tecnologia/marte-200mila-dollari-e-pronti-a-morire-lofferta-di-elon-musk-2555833/

    Marte, 200mila dollari e pronti a morire: l’offerta di Elon Musk

    Pubblicato il 28 settembre 2016 11:29 |

    di Redazione Blitz

    NEW YORK – Portare l’uomo su Marte, questo l’ambizioso obiettivo di Elon Musk, il miliardario proprietario di Tesla e SolarCity. Un viaggio di sola andata e pericoloso, dice Musk. Un biglietto da 200mila dollari e la richiesta di essere pronti a morire per la missione. Da quanto ha fondato SpaceX, Musk ha investito nel progetto Marte 10 miliardi di dollari per portare l’uomo sul pianeta rosso e rendere la razza umana.

    I vettori spaziali dovranno essere in grado di ritornare sulla Terra e per fare questo ci saranno delle cisterne spaziali che riforniranno di carburante le navicelle. I razzi spaziali saranno due volte più potenti del Saturn 5, che ha permesso agli astronauti americani di arrivare sulla Luna, e potranno portare tra i 100 e i 200 passeggeri. La presentazione dei vettori di SpaceX per i viaggi su Marte arriva da una conferenza internazionale in Messico, dove Musk ha mostrato un video di simulazione destinato ai futuri passeggeri, scrive il Daily Mail.

    Il progetto è ambizioso e l’obiettivo lo è ancor di più. “Voglio rendere gli umani la prima razza multiplanetaria”, dice il miliardario e spiega che se le cose andranno molto bene, entro 10 anni la prima missione umana per Marte sarà pronta a partire. Una missione, ribadisce Musk, che sarà pericolosa:

    “I primi turisti dovranno essere pronti a morire”.

    Un biglietto per Marte costerà inizialmente poco meno di 200mila dollari, ma i prezzi sono destinati a scendere e potrebbero arrivare sui 100mila dollari. Non viaggi spaziali di dovere, ma di piacere, spiega il miliardario, sottolineando che si tratterà di viaggi divertenti e che se ora le navicelle possono portare tra i 100 e i 200 passeggeri, entro i prossimi 100 anni si raggiungerà il tetto del milione di passeggeri con destinazione Marte. Per questo motivo, spiega al Mail, sarà necessario i coloni marziani inizino a costruire la prima città sul pianeta rosso.

    Il viaggio sarà lungo e non facilissimo. Per raggiungere Marte con i moderni razzi e vettori spaziali bisognerà viaggiare dalla Terra per almeno 115 giorni. Un tempo che, spiega Musk, potrebbe diminuire di 30 giorni con l’evoluzione della tecnologia. I viaggiatori però saranno esposti alle radiazioni spaziali e a questo problema, sollevato da alcuni presenti alla conferenza, ha risposto:

    “Ci sono dei rischi legati alle radiazioni, ma non ritengo si tratti di un problema letale. Una volta che si è su Marte l’esposizione è dimezzata perché c’è il pianeta a proteggere. Non ritengo sia un problema”.

    Per finanziare le missioni su Marte, un progetto costato finora 10 miliardi di dollari, si ricorrerà a una partnership fra il settore privato e quello pubblico e il miliardario di SpaceX assicura:

    “Userò i miei asset personali per rendere la vita multi-planetaria”.

    Musk si augura di completare i lavori della prima navicella spaziale in quattro anni per poi dare il via ai viaggi suborbitali. E intanto non resta che attendere i primi passeggeri pronti a morire per diventare i primi coloni terrestri a mettere piede su un altro pianeta.

    • Z. scrive:

      Cioè per fare il colono devo pagare? Ci sarà la fila…

    • Moi scrive:

      Ma, loro che ce li hanno in USA, perché al posto della puntura letale non mandano su Marte i condannati a morte, dichiarandone le vite sacrificabili, visto che tanto ormai il loro destino è segnato ?

    • roberto scrive:

      ” è uno di quei ragazzini tipo Zuckerberg”

      però diamo atto a questo ragazzino del fatto che se gli stati uniti brulicano di stazioni di ricarica per le sue macchine elettriche (alcune delle quali alimentate da pannelli solari, è la cosa che stanno sviluppando, ma ho letto che hanno più problemi ammiistrativi che tecnologici….pure gli usa hanno lacci e lacciuoli amministrativi!) è merito anche suo

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Ma se poi il musulmano di seconda generazione volesse tornare indietro per compiere il pellegrinaggio alla Mecca? Chi glielo dice che non sono previsti collegamenti Marte-Terra?

      • Francesco scrive:

        vorrai mica buttare via un razzo spaziale a viaggio con quello che costa?

        si mette su una bella linea di filobus da Terra a Marte, capolinea Piazza Cadorna.

        se può pagare, il nostro torna e se ne va alla Mecca, se no fatti suoi, come oggi.

        • Miguel Martinez scrive:

          “vorrai mica buttare via un razzo spaziale a viaggio con quello che costa?”

          Mi chiedo se sia peggio la spazzatura che ci buttiamo addosso da soli, o se sia meglio buttarla su Marte.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          E il propellente per andata e ritorno hai idea di quanto pesi? Non è solo questione di razzo (che pure formato da stadi sarebbe economicamente più vantaggioso: lo Shuttle costava meno del Buran)

          • Francesco scrive:

            cazzo, ci sarà qualcosa di utile su Marte o no? che si possa trasformare in combustibile per il razzo-corriera da Marte alla Terra?

            sennò che ci andiamo a fare?

            😉

    • PinoMamet scrive:

      Tutto sommato, credo giustissima la conclusione di Miguel:
      da mettere nella categoria “cosa non fare”.

      • Z. scrive:

        Non temere Pino…

        vedrai che non ci sarà una gran fila di persone disposte a pagare centomila euri per diventare astrokamikaze 😀

        • PinoMamet scrive:

          Io a dire il vero ho il sentore che il progetto non partirà mai sul serio, e servirà a fregare qualche centinaio di migliaia di dollari in preiscrizioni e cazzate varie…

          ma vedrai che i pirla ricconi disposti a dire di sì non mancheranno!

  37. mirkhond scrive:

    A proposito di viaggi nello Spazio:

    https://youtu.be/8q1kK3jBnd4

    • habsburgicus scrive:

      interessantissimo, grazie.
      titolo un po’ fuorviante, mai gli italiani sognarono di inglobare la Croazia 😀
      nei DDI vi è molto di più su quelle trattative

      • mirkhond scrive:

        Inglobare è da intendersi come sfera d’influenza, non come annessione dell’intera Croazia, come potrebbe intendersi dal titolo un pò fuorviante.

  38. Mauricius Tarvisii scrive:
  39. Moi scrive:

    Perché tutta ‘sta smania di Marte, quando la Luna … ???

    … Dista, in confronto, “un tiro di schioppo” dalla Terra …

    … Ci siam già stati quando ancora s’immaginavano le macchine da scrivere olivetti anche in film ambientati nel 3000 …

    … è da 50 anni, quasi, che si potrebbe farci chissà che ma NON la “caghiamo più nemmeno di striscio ” !

    😉

  40. Moi scrive:

    @ MAURICIUS

    Una “proposta” 😉 alla volta …

    I

    Si diceva “Colonia Penale” Marziana, NON “Colonia Coloniale” ….

    Il problema NON si porrebbe, semplicemente perché la Madre Patria Terra NON consentirebbe alcuna nascita di essere umano su Marte.

    Anzitutto, partirebbero Detenuti soltanto “Maschietti” 😉 (e nessuna Feminista ha da ridire che “Fèr fadiga l’ è un quèl da òmen !”) … e anche il Personale dei Lavori Forzati Marziani sarebbe tutto maschile.

    Questo implicherebbe la “Affirmative Action” (che piacerebbe tanto ai Finanziatori) di un’ agevolazione di carriera per gli Omosessuali Maschi … ma in caso ci fosse bisogno di Personale Etero Maschile, nessun problema : esseri artificiali cibernetico-robotico-meccanico-sintetici di aspetto piacevolmente ultrarealistico ginoide programmati solo per rapporti sessuali (ovviamente NON procreativi) e con il vantaggio di NON invecchiare biolgicamente restando sempre appetibili.

    In questo modo, la Madre Patria Terra avrebbe il controllo assoluto della demografia Marziana … evitando così alla radice il problema altrimenti prima o poi inevitabile :

    esseri umani nati su Marte che reclamino l’ Indipendenza dalla Terra … un “déjà vu” della Storia 😉 !

    II

    altri scenarii futuristici , da proporsi a parte: senza mischioni incoerenti 😉 …

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      E’ interessante il problema dell’indipendenza delle colonie extraterrestri.
      Non esiste (ad oggi) un governo mondiale, quindi l’indipendenza non potrebbe essere dalla Terra, ma dovrebbe essere dallo Stato colonizzatore.
      Ma una singola nazione potrebbe permettersi insediamenti permanenti nello Spazio? Pare proprio di no: dopo la MIR, non esistono più e non sono previste per il prossimo futuro nemmeno stazioni spaziali gestite da singoli paesi. Figurarsi un insediamento molto più lontano che richiederebbe costanti viaggi di rifornimento e che – se produttivo – avrebbe bisogno dell’apertura di costanti collegamenti in entrata e in uscita per far arrivare sulla Terra le materie prime che produce. E poi finanziamento della struttura, know how richiesto per la sua progettazione e realizzazione… un insediamento di una dimensione decente (l’unico che potrebbe aspirare all’indipendenza) sarebbe il frutto di una collaborazione internazionale e in ogni caso godrebbe di enormi autonomie visto che le stesse comunicazioni con le madrepatrie non sarebbero immediate.
      E i cinesi? Sono tanti, in crescita economica e potrebbero imbarcarsi in un’impresa solitaria del genere. Solo che investono molto poco nel proprio programma spaziale, quindi nel medio periodo non credo che avranno simili velleità.

      Sulle colonie penali extraterrestri. Costa di meno mandare nello Spazio i detenuti o costruire superstrutture carcerarie?

  41. Moi scrive:

    la mia sequenza preferita di una rissa in un parlamento, al momento è questa :

    https://www.youtube.com/watch?v=bDEeNTyi9Rw

  42. Moi scrive:

    “C’era un compagno sovietico, Pjatakov, che diceva che se il partito diceva che il bianco è nero, allora bisogna convincersi che è nero. Ecco, adesso abbiamo Lotti”. Così Massimo D’Alema,

    http://video.repubblica.it/politica/pd-d-alema-prima-c-era-obbedienza-al-partito-ora-abbiamo-lotti/211538/210688

    • habsburgicus scrive:

      però..a me D’Alema è sempre piaciuto (si fa per dire, chiaro :D)..
      e con questa frase dimostra di avere una certa auto-ironia 😀 auto si riferisce al suo mondo che fu quello dell’obbedienza pronta, cieca, assoluta [cit. Guareschi] ai diktat del Partito cioè, ai tempi, di Mosca

      • habsburgicus scrive:

        P.S
        credo che Stalin lo abbia purgato–Pjatakov 😀
        difficilmente ne lasciava uno !

        barzelletta vista su fb
        il compagno Stalin nel 1928 convoca il compagno Radek (Sobelsohn), trockista e gli dice che stavolta lo perdonava ma non doveva più fare ironie e battute, Radek era notoriamente una lingua lunga, sui capi del Partito “devi capire che noi siamo non solo i dirigenti della grande Unione Sovietica, ma anche la guida e il faro dell’intero proletariato rivoluzionario mondiale”
        Radek si mise a ridere e disse “scusa, compagno Stalin, ma stavolta sei tu che fai dell’ironia e non io :D”
        per la Storia, Radek fu accusato di “crimini contro il popolo” nel 1937, nel 1938 se la cavò con 10 anni di Siberia ma nel 1939 venne eliminato con un colpo alla nuca

        P.S
        Radek, che durante la I GM, era uno dei capi antinazionali dell’ala dura* dell’SPD, quella che formerà in apr 1917 la USPD (e saranno persone come lui, Haase, Paul Levi, Cohen che faranno nascere in AH un odio estremo per la socialdemocrazia che “tradì il popolo”, i cosiddetti “criminali di novembre” [1918]) [* esisteva un’ala patriottica dell’SPD, che comprendeva Noske e Winnig, disposta ad appoggiare la guerra senza se e senza troppi ma, contro l’arroganza bestiale dell’Intesa consunta dall’odio che voleva la distruzione del popolo tedesco; vi erano poi degli opportunisti come Scheidemann ed Ebert, semi-patrioti sino al 1917 ma tuttavia ambigui dopo e pessimi nell’autunno 1918, seppur evitarono la bolscevizzazione, almeno quello, ma non la resa, l’onta e la finis Borussiae] in russia bolscevica si prese come compagna la bella Larisa Rejsner, morta giovane nel 1926, che ispirò la figura della bella “Lara” del Dottor Živago; la Rejsner, una rivoluzionaria dunque si presume senza tabù sessuali, fu già moglie del compagno Sokol’nikov (anch’egli “eletto” come chiunque allora) da cui divorziò dopo due anni; la Rejsner sarebbes tata a ragione definita “chiavabile” da un x-Presidente del Consiglio italico 😀 Moi (e pure Grog) cercatela e dateci il vostro alto giudizio sulla sua trombabiiltà 😀
        Radek veniva dalla Galizia orientale dunque non era suddito russo prima del 1914

        • Moi scrive:

          Bella donna, indubbiamente … ma come disse giustamente Red Ronnie, prima degli Anni Sessanta la bellezza delle giovani donne era sempre svilita da un “look” uguale a quello delle vecchie !

  43. Moi scrive:

    È a monte che dobbiamo distruggere !

    [CIT.] 😉

    • Francesco scrive:

      è tutta colpa del ’68!

      ‘sti genitori sono ignoranti come bestie e non sanno aiutare i figli a fare i compiti, così hanno inventato il meme “deve giocare” per nascondere le proprie magagne!

      😀

    • PinoMamet scrive:

      Beh, ma se ha fatto 8 ore di scuola capisco che non abbia voglia di studiare!

      Andrò controcorrente, ma secondo me c’ha ragione il genitore (in questo caso).

      Io poi odio la scuola, essendomici momentaneamente trovato a lavorare.

      Magari un giorno finalmente la aboliscono! Magari! abolire la grammatica, la storia, la matematica, l’inglese-che-serve-all’impresa, i compiti a casa, le verifiche e i pof e i tof e i consigli di classe e le vecchie zitelle che urlano ai ragazzini e credono di educarli e che quello che stiano facendo sia così importante, tutta la formazione del piccolo cittadino onesto zelante lobomizzato convinto che la Storia sia una successione di date ed eventi logicamente concatenati, la Grammatica un set di regole che chi parla in dialetto viola peccando, la Matematica un altro set di regole, l’educazione idem… tutte regole, regole, regole, e basta!

      E lasciateci divertire.

    • roberto scrive:

      1. che alle elementari (!) dopo 8 ore di scuola ci siano pure dei compiti da fare mi sembra una pura assurdità
      2. in ogni caso, decredibilizzare in questo modo l’insegnante (pure se fosse una cretina) davanti ai figli non è per niente una buona idea

      • Z. scrive:

        Ma infatti, al tempo pieno, non si facevano anche i compiti assegnati alla mattina? è cambiata la prassi o sono io che ho ricordi confusi?

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          No: il pomeriggio si fa lezione. E’ orario curricolare, non doposcuola, infatti non si va a scuola il sabato.

    • Francesco scrive:

      OK OK colpa mia!

      non ho letto che la piccola bestia aveva fatto OTTO ore di lezioni, roba da uccidere un pilone degli All Blacks

      direi di tagliare i tendini all’insegnante che dopo 8 ore ha pensato di scassare la minchia

      • Francesco scrive:

        PS certo, se in quelle 8 ore ce ne erano anche 2-3 di “fare i compiti” si passi al battipanni

        • paniscus scrive:

          Francesco, pure tu, basta con questo luogo comune secondo cui al tempo pieno si “farebbero i compiti” direttamente a scuola invece di farli a casa.

          Il tempo pieno non è il doposcuola di 40 anni fa!

          • Z. scrive:

            Lisa, non arrabbiarti… conta che noialtri, effettivamente, siamo per lo più persone di quarant’anni fa, o peggio 🙂

            • paniscus scrive:

              E comunque il tempo pieno (diverso dal doposcuola) esisteva anche 40 anni fa.

              Non era tanto diffuso, lo seguivano in pochi, ma esisteva, ed era GIA’ allora profondamente diverso dal doposcuola, appunto.

          • Francesco scrive:

            quindi vado di strage di professori, dirigenti e pedagoghi?

            OK scendo a prendere la motosega e parto

            non vorrei mai che i miei figli avessero ragione a odiarmi

    • paniscus scrive:

      EBBASTAAAAAAAAAAAA!

      E che q*zz, non se ne può più, ogni uno o due mesi ce n’è uno, sono tutti fatti con lo stampino!

      Ma chi se ne frega se il genitore giustifica il figlio che non vuole fare i compiti… basta che l’insegnante se ne strafreghi della giustificazione e gli metta l’insufficienza o la nota lo stesso, vedrete che dopo un po’ capiscono!

      Nel caso specifico, due o tre obiezioni diverse.

      1) ma QUANDO MAI i bambini delle elementari a tempo pieno sono costretti a studiare ossessivamente otto ore al giorno? a parte il fatto che hanno un’ora e mezza di pausa all’ora di pranzo e un’altra mezz’ora di intervallo a metà mattinata, ma qualcuno pensa veramente che, anche nelle restanti ore di didattica ordinaria, alle elementari si stia legati al banco sotto la minaccia della frusta?????

      2) ma quando mai, dopo otto ore di tempo pieno, hanno le carriolate di compiti da fare a casa all’istante, subito per il giorno dopo? I compiti a casa ci sono solo nel fine settimana (anzi, in molte scuole durante la settimana feriale non portano nemmeno lo zaino a casa, lo lasciano proprio in classe). Le poche volte che ci sono compiti infrasettimanali, non sono MAI assegnati direttamente da oggi per domani, ma sono pianificati diversi giorni prima (quindi anche la mamma più coccolosa e più straviziante può benissimo trovare una mezz’ora per farglieli fare, nell’arco di tre o quattro giorni);

      3) e soprattutto, finiamola con questa panzana insostenibile secondo cui i bambini avrebbero bisogno di “essere seguiti” nei compiti a casa da un genitore, o comunque da un adulto (e quindi le mamme coccolose protestano contro i compiti dei figli perché non hanno voglia di rompersi le scatole a sedersi al tavolino con loro e a fare i compiti parola per parola insieme a loro… e i sociopsicopedagogisti inclusivi protestano perché “non è giusto fare discriminazione sociale tra i bambini che hanno i genitori capaci di seguirli nei compiti e quelli che non ce li hanno“).

      Lasciateglieli fare DA SOLI, porca paletta, come abbiamo sempre fatto noi 30 o 40 anni fa, e come i nostri genitori e nonni facevano ancora prima, nonostante venissero da un contesto culturale di livello molto più basso di oggi.

      Ma cazzarola, è mai possibile che lo scolaro degli anni cinquanta, con babbo operaio e mamma casalinga che non avevano finito nemmeno la quinta elementare, riuscisse a farsi i compiti da solo, mentre il seguitissimo e coccolatissimo figlio di genitori laureati, impegnati, cosmopoliti e digitalizzati, non ci riesce?

      O che i compiti delle elementari di oggi siano spaventosamente più difficili di quelli del passato, oppure c’è davvero qualcosa che non va…

      Io ho avuto due figli al tempo pieno, anzi il più piccolo ci va ancora, e tutto ‘sto dramma per i compiti non l’ho mai visto. E che q*zz!

      • Z. scrive:

        Lisa,

        confesso che contavo molto in un tuo intervento chiarificatore 🙂

        Grazie!

      • Roberto scrive:

        Se aiuti i figli sbagli perché sei coccoloso, se non li aiuti sbagli perché te ne freghi….ho un vago sospetto che per la scuola qualsiasi cosa facciano i genitori, sbagliano

        • PinoMamet scrive:

          Sì, però è vero anche il contrario:

          se sei amichevole, non sei serio, se inviti a studiare da soli e essere curiosi e allarghi le lezioni con interventi e collegamenti vari, non si capisce il programma, se segui scrupolosamente il programma, sei buono solo a leggere il libro, se sei serio, non sei amichevole e spaventi, se dai voti alti, così son buoni tutti e non è invogliato, se dai voti bassi, non è giusto lui si impegna tanto e così non è invogliato…

          minchia…

          ripeto, aboliamo tutto, mettiamo dei bei test a crocette dopo la visione di un video (come si fa già per il “corso di sicurezza” degli insegnanti) e fine.

        • Roberto scrive:

          “Sì, però è vero anche il contrario:”

          Assolutamente si, ma questo lo abbiamo detto mille volte.

          • Z. scrive:

            E all’estero, chessò, dalle tue parti Robè? gli insegnanti vengono sempre ipercriticati come in Italia o funziona diversamente?

            • Roberto scrive:

              Difficile da dire.

              Per limitarmi alla mia esperienza,
              Io qui sento criticare pochissimo gli insegnanti, tranne casi particolarissimi.
              per mia figlia abbiamo fatto una specie di rivolta per far mandare via una tipa che era un’idiota assoluta, ma non ho mai sentito una parola di traverso per tutti gli altri insegnati avuti (cambiano ogni anno o quasi quindi cinque in tutto per materna e elementari).
              Al limite si critica un po’ la mancanza di impegno, non il troppo impegno, o un po’ di disorganizzazione, ma, ripeto, a livelli infinitamente minori che in Italia.

              Mi sembra che ci sia un’atmosfera un po’ più collaborativa fra scuola e famiglie di quella che mi raccontano esserci in Italia.

              Poi chiaramente ci sono bestie e brave persone sia fra gli insegnanti che fra i genitori pure qui, ci mancherebbe altro…

            • Roberto scrive:

              Per dire, un genitore che giustifica i compiti non fatti in quel modo, sarebbe preso in giro prima di tutto dalle altre famiglie

        • Peucezio scrive:

          Secondo me gli adulti devono farsi i cavoli loro e non aiutare o assistere i figli in nessun modo.
          Ma sfraganarli di mazzate appena fanno una mancanza o portano a casa un brutto voto.

          Il problema è che se lo fai solo tu, il bambino vede che gli altri bambini hanno i genitori che gli allacciano pure le scarpe e gli reggono l’uccellino quando fanno pipì, e poi cresce complessato, perché a lui non lo fanno.
          E’ una lotta persa in partenza purtroppo.
          Alla fine si tratta di trovare un compromesso.

        • Roberto scrive:

          “Secondo me gli adulti devono farsi i cavoli loro e non aiutare o assistere i figli in nessun modo.
          Ma sfraganarli di mazzate appena fanno una mancanza o portano a casa un brutto voto.”

          Facendo la tara agli estremi, sono d’accordo

        • Roberto scrive:

          Sul secondo paragrafo, io cerco, socrate style, di far capire ai pargoli che “quello che fanno gli altri” non è un parametro di comportamento assoluto, al limite indicativo, ma in effetti è una dura battaglia

          • Francesco scrive:

            concordo

            una delle frasi che i miei figli si sentono ripetere all’infinito è “avete scelto i genitori sbagliati e moh dovete arrangiarvi”

            per ora tutto sommato funziona

            🙂

            • paniscus scrive:

              una delle frasi che i miei figli si sentono ripetere all’infinito è “avete scelto i genitori sbagliati e moh dovete arrangiarvi”
              ———————————-

              Ah, quindi credi nella trasmigrazione delle anime e nel fatto che le anime in procinto di reincarnarsi si scelgano i genitori da cui andare. Non male per un cattolico 🙂

          • roberto scrive:

            pure io dico la stessa identica cosa, proviamo a scambiarci i figli!

      • paniscus scrive:

        Se la cosa può interessare, c’è anche la controparte:

        http://roma.repubblica.it/cronaca/2016/10/10/foto/mamma_compiti-149486074/1/#1

        Oltretutto, è scritta in normale grafia corsiva e non mi sembra contenere gravi errori di forma, a differenza di quella della mamma anticompiti, che scriveva in uno stampatello maiuscolo identico a quello della figlia e che aveva qualche evidente problema con la punteggiatura e con la grammatica…

        • Z. scrive:

          La genitrice in questione scrive:

          Un bravo atleta è prima di tutto un bravo cittadino, concentrato, attivo e orientato all’obiettivo.

          Ammappete. Mica brustulli. Anzi: keine Brustulle, come diceva Carlo Marx.

          L’obiettivo cui è teso il giovane Pioniere, naturalmente, è l’internazionale futura umanità.

          • paniscus scrive:

            Ci sta scritto da qualche parte che quell’obiettivo fosse politicizzato, e in particolare che fosse politicizzato a sinistra?

            • Z. scrive:

              Tutt’altro: a dire il vero, la frase – e in misura minore il contesto – risuona di antipatica retorica angloaziendale contemporanea. E anzi, un paio di locuzioni come “mission scolastica” e “sistema valoriale” completerebbero il quadretto.

              Vieppiù antipatico, esso quadretto, essendo che di piccoli scolari trattasi.

              Su che un po’ di ironia non guasta 🙂

  44. mirkhond scrive:

    Larisa Rejsner

    Anche lei khazara?

  45. Moi scrive:

    è mai possibile che lo scolaro degli anni cinquanta, con babbo operaio e mamma casalinga che non avevano finito nemmeno la quinta elementare, riuscisse a farsi i compiti da solo, mentre il seguitissimo e coccolatissimo figlio di genitori laureati, impegnati, cosmopoliti e digitalizzati, non ci riesce? O che i compiti delle elementari di oggi siano spaventosamente più difficili di quelli del passato, oppure c’è davvero qualcosa che non va…

    ————————

    Be’, fino agli Anni Cinquanta si poteva ancora parlare di “Doveri” senza essere accusati di ClericoFascismo … ma mica ancora per molto, eh ! … Nevvero, Habs ?

    Ma poi, diciamolo: a che cazzo serve la roba fatta scuola ?! Non è più divertente fare una partitella in balotta da cinni e “andare a figa” da cinnazzi, invece che studiare che tanto mica ci si può far su dei soldi … con della roba che tanto, se uno proprio ci tiene, se la trova per i cazzi suoi in due “sditazzate” di stocazzfòn 😉 su wikipedia ?!

    😉

    • paniscus scrive:

      “Ma poi, diciamolo: a che cazzo serve la roba fatta scuola ?! Non è più divertente fare una partitella in balotta da cinni e “andare a figa” da cinnazzi, invece che studiare che tanto mica ci si può far su dei soldi … con della roba che tanto, se uno proprio ci tiene, se la trova per i cazzi suoi in due “sditazzate” di stocazzfòn 😉 su wikipedia ?!”
      ——————————-

      Ma certo che è più divertente e (potenzialmente) più utile fare i q*zzi propri invece di studiare, sono la prima a dirlo.

      E allora, quelli che la pensano così, perché vengono a scuola lo stesso?

      (e soprattutto, perché i loro genitori li mandano a scuola lo stesso?),

      e perché (sia i figli che i genitori) PRETENDONO pure la promozione e il titolo di studio garantiti in automatico lo stesso?

      Se si tratta di scuola dell’obbligo, faccio presente che esiste anche il diritto riconosciuto dalla legge di fare educazione privata in famiglia…

      …e se si tratta di ragazzi al di sopra dei 16 anni, faccio presente che il diploma di scuola superiore non è obbligatorio, e che chi ritiene che a scuola si insegnino solo futilità e panzane, può anche non prenderlo e vivere felice lo stesso.

      • mirkhond scrive:

        Quello che avrei voluto fare io.
        Purtroppo i miei genitori non erano d’accordo…….

        • paniscus scrive:

          per mirkhond: no, a mio avviso è proprio l’esatto contrario.

          A quanto ho capito, tu descrivi la situazione di un ragazzo (di qualche anno fa) che amava leggere, amava studiare, amava imparare… ma umanamente e socialmente non gli piaceva l’ambiente della scuola, e avrebbe preferito studiare da solo, o magari con un piccolo gruppo che condivideva i suoi punti di vista. E invece i genitori ritenevano importantissimo che andasse a scuola, perché credevano davvero nel valore della scuola come unico veicolo di conoscenza e di cultura.

          Io invece sto parlando (esattamente al contrario) di ragazzi ai quali non frega assolutamente niente di studiare o di imparare, ma che ci tengono moltissimo a venire a scuola SOLO perché ne amano l’ambiente sociale… ossia ci vengono solo per frequentare altri giovani, per divertirsi e scherzare con gli amici, per fare conoscenze nuove, e per stare fuori dal controllo dei genitori per qualche ora al giorno.

          E anche ai loro genitori non frega assolutamente niente che i figli imparino qualcosa, ma solo che si divertano, che socializzino, e che vengano promossi comunque con voti più alti possibile…

      • PinoMamet scrive:

        Anche io ho fatto presente la stessa cosa a un ragazzo 16enne svogliatissimo: che vieni a scuola a fare? segui i tuoi interessi!

        E lui: mi mandano i genitori.

        Che poi si sono presentati (essendo del tipo presente e protettivo) chiedendo il miracolo di fare appassionare il ragazzo, sveglissimo ma con tutt’altri grilli per il capo, alla lettura.
        Perché? Perché??

  46. Moi scrive:

    Scuola : il Novecento che NON si rassegna a tirare le cuoia ! 😉

  47. Moi scrive:

    La scuola fa male alla cultura perché non comunica. Perché il ceto del sottoproletariato intellettuale l’ha conquistata come proprio terreno di sicurezza economica sbattendosene della funzione.

    Lo schema che si ripete è quasi sempre lo stesso: studenti di fronte ad “educatori” spenti, preoccupati di finire un programma ministeriale, di riempire un registro, corollari fastidiosi alla vera occupazione della stesura dell’itinerario-vacanze.

    Non è neppure sfiorato uno dei principi della pedagogia classica: la trasmissione della passione per la lettura e la trasfusione della curiosità culturale.

    Si leggono i classici come se fossero la bolletta del telefono o le ricette del medico. Le parole lette, anche quelle dei grandi autori, restano solo parole, svuotate di tutta la loro forza, perché ridotte al rango di esercizio. La cultura non arriva al cervello perché è stata ridotta a compito da svolgere per il giorno dopo, a pedaggio da pagare per ottenere un voto, che poi darà diritto ad un diploma, e quindi, eventualmente e fortunosamente, ad un impiego, in attesa della pensione.

    [cit.]

    (Mina Mazzini, la Tigre di Cremona)

    • PinoMamet scrive:

      Da mia breve esperienza: ha ragione.
      Perlomeno per quanto riguarda molti insegnanti di lettere, altre materie non saprei.

      L’idea che va per la maggiore (in molti colleghi che ho conosciuto) è che “tanto gli studenti non apprezzano/non capiscono” e che “in questa fase la lettura deve essere un obbligo altrimenti nessuno leggerebbe”.

      Io credo- come l’esperienza di qualunque ex studente non trasformato in insegnante suggerisce- che sia vero il contrario, cioè che sia precisamente l’obbligo ad ammazzare il piacere e il gusto della lettura.

      Pare sia esistito un tempo in cui la Scuola serviva a insegnare, non a dare voti, ma quel tempo è finito molti secoli fa, mentre molti insegnanti hanno come inconfessato modello l’insegnante “plagosus” che bastonava Orazio.

      Meno rigore latino, e più scuola peripatetica greca!!

      E mai, mai, mai più “voti”.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Io ho imparato (anche) grazie ai voti.

      • PinoMamet scrive:

        Io me ne sono sempre fregato dei voti, e ho studiato le materie che mi piacevano e ignorato le altre, che tuttora ignoro, come direi tutti i miei compagni…

        poi vabbè, prima dell’interrogazione, studiatona di fisica e chimica o matematica, grande impegno della memoria a breve termine, contenuti scomparsi dalla memoria dieci minuti dopo l’interrogazione.

        Non mi è mai passato per l’anticamera de lcervello che si potesse fare a gara di voti, e non ho mai capito quelli che lo facevano
        (ok, hai preso 8% anziché 8 come il tuo compagno di banco, e allora? hai guadagnato qualcosa?)

        • mirkhond scrive:

          Che inutile perdita di tempo.
          Ti fotti gli anni in cui ti apri alla vita, con delle castrazioni tipo matematica, chimica, latinorum, graecorum (che è pure farlocco, risalendo ad una pronuncia inventata da Erasmo da Rotterdam), grammatica del cazzo.
          E poi per i conseguenti brutti voti che prendi, perché quella roba NON ti ingozza, ti devi sorbire pure i rimproveri dei genitori.
          Per delle cazzate che non ti serviranno a niente nella vita!

        • PinoMamet scrive:

          Siamo andati oltre, perché anche per il latino sta avanzando la moda (la regola, all’università) della pronuncia “restituita”: ka-e-sar ecc.

          come quella greca, ottima idea farla studiare e sapere che esiste; pessima il renderla unica (come accade col greco) cioè valorizzare le radici, tagliando l’albero (e i contatti con il latino della chiesa, o con il greco di oggi, pardon romaico 😉 ).

          Ma tutto l’insegnamento delle lingue “classiche” andrebbe riformato da capo a piedi, solo che nessuno vuole.

          • mirkhond scrive:

            Radici farlocche e ricostruite a tavolino da intellettuali che odiavano e odiano il Cristianesimo, così noioso con quella precettistica che condanna gli orrori e l’anarchia sessuale, connaturata ad una “teologia” idolatra che non salva nessuno e che non da speranze ultraterrene…..
            Cosa ne sappiamo di come i Greci e i Latini pronunciavano DAVVERO le loro lingue?
            Per non parlare dei gergalismi generati dalle differenze di ceto, e da quelle dialettali?

            • PinoMamet scrive:

              Beh ma sai, le pronunce ricostruite si limitano a dire cose abbastanza facilmente dimostrabili (l’idea di fondo, banalissima, è “in origine saranno state scritte come erano pronunciate”), tranne che è difficile dire per quale periodo e quali area geografiche (suppongo, piuttosto ristrette) siano state valide.

              Io non credo che c’entri l’odio per il cristianesimo, penso però che ci abbia un certo peso l’amore per un’idea di classicità “olimpica”, di gente brava bella intelligente razionale, non come quei terroni di italiani e greci di oggi…

            • mirkhond scrive:

              Guarda, penso a Cassio Dione (155-235 d.C. c.) senatore romano di lingua greca, quando nel 193 d.C., descrive i legionari illirici che hanno portato sul trono imperiale a Roma, il loro comandante, il punico Settimio Severo (nipote di un sufeto di Leptis Magna).
              Dione con disgusto descrive questi soldati delle provincie illiriche di Roma, come dei “cozzali” 🙂 tatuati sulle braccia (tipico costume illirico), e parlanti un Latino provinciale, un Sermo Horribilis.
              Se penso alle origini illiriche degli Japigi, mi viene da ridere se penso a CHE tipo di Sermo, Dione si riferisse….. 😉

            • habsburgicus scrive:

              Io non credo che c’entri l’odio per il cristianesimo, penso però che ci abbia un certo peso l’amore per un’idea di classicità “olimpica”, di gente brava bella intelligente razionale, non come quei terroni di italiani e greci di oggi…

              concordo con te, Pino..
              l’odio verso il Cristianesimo c’é stato (e c’é, in ascesa) ma in epoche più tarde e soprattutto su altre cose..
              non lo vedo nella pronuncia 😀
              anche perché Erasmo sarà stato quasi eretico (pur litigando con Lutero), ma era cristiano e si sarebbe definito orgogliosamente tale !

            • paniscus scrive:

              Cioè, se adesso si prova a insegnare il latino secondo la pronuncia considerata scientificamente più simile all’originale e ricostruita da analisi linguistiche razionali, allora lo si fa “per odio verso il cristianesimo”?

              Mi spiego meglio: se si propone agli studenti di pronunciare una frase di Cesare come si pensa verosimilmente che la pronunciasse davvero Cesare, e NON come la pronunciava un monaco cattolico di 1300 anni dopo, allora deve esserci dietro per forza un complotto ideologico anticristiano?

              Ma quanto mi bacio i gomiti di non aver fatto il liceo classico!

            • PinoMamet scrive:

              Non capisco cosa c’entri la stoccata finale contro l’unica scuola val… voglio dire… la migliore scuola…
              insomma, nel modo più diplomatico di dirlo:

              contro l’unica scuola italiana che funziona.

              A parte l’invidia 😀 😀

            • PinoMamet scrive:

              Per inciso, cara Lisa, avrai notato che sono tutte persone uscite dal Liceo classico sia quelle che sostengono che possa esserci anche una vaga tendenza anticattolica nel preferire la pronuncia ricostruita, come quelle che lo negano.

              La stessa pronuncia ricostruita è stata appunto ricostruita, e propugnata con maggiore o minore convinzione, da altre persone che hanno fatto studi classici.

              Quindi la conclusione non c’azzecca proprio niente…

              il che dimostra che ho fatto benissimo a non fare il Liceo Scientifico 😀 😀

            • habsburgicus scrive:

              OTAP
              accordo totale e assoluto con Pino !!!!

              W il Classico (quello “classico” di Gentile ! durato sin quasi a noi !)

            • paniscus scrive:

              Per inciso, cara Lisa, avrai notato che sono tutte persone uscite dal Liceo classico sia quelle che sostengono che possa esserci anche una vaga tendenza anticattolica nel preferire la pronuncia ricostruita, come quelle che lo negano.
              ————————

              No, veramente devo ammettere che non l’ho mai notato per nulla, ma proprio zero.

              L’unica peculiarità che io sia mai riuscita a individuare negli studenti in uscita dal liceo classico, è l’ansia patologica di andare a dedicarsi a tempo pieno a studi di economia aziendale, management o tecnica bancaria, o ingegneria gestionale

              (ossia, corsi di studio che dovrebbero servire solo a fare carriere lucrose nelle multinazionali private),

              oppure, nel caso meno peggio, giurisprudenza o scienze politiche.

              Di interesse culturale per le materie umanistiche, linguistiche, o addirittura filosofiche o spirituali, al liceo classico, ne ho visto assolutamente ZERO!

            • Roberto scrive:

              Quindi le facoltà umanistiche sono piene di ragionieri o di studenti dello scientifico?
              Può essere ma mi sembra strano

            • PinoMamet scrive:

              “No, veramente devo ammettere che non l’ho mai notato per nulla, ma proprio zero. ”

              Pessima capacità di osservazione, cara Lisa:

              1- perché stavo parlando delle persone intervenute in questa discussione (e non vedo come si potesse capire altro, visto che citavo l’argomento e le diverse opinioni emerse; e non è proprio un argomento di cui si discute ogni minuto in giro…)

              2-perché, anche a farne, come ne fai tu, un discorso generale (chissà come…) tanto per denigrare i diplomati classici, fai comunque un discorso abbastanza insensato: è vero che molti diplomati classici si iscrivono in facoltà diverse da quelle umanistiche (e ottengono comunque ottimi risultati… un altro punto a favore del Classico) ma è altrettanto vero che le facoltà umanistiche sono formate in gran parte (e per quanto riguarda Lettere Classiche, nella quasi totalità) da diplomati classici.

              Per cui, come dire… sempre più contento di aver fatto una scuola che insegna a ragionare, e pazienza per i rosiconi 😀 😀

            • Peucezio scrive:

              La pronuncia restituta non c’entra in sé con un sentimento anticristiano.
              C’entra con l’ansia di distruggere la stratificazione storica (che è come pretendere di scendere dal decimo piano di un edificio senza prendere l’ascensore o le scale e passare attraverso i vari piani intermedi: puoi farlo a patto di schiantarti al suolo), di approdare a un passato non mediato, in modo archeologico.
              Ovviamente è un’operazione sterile, perché rapportarsi al passato significa guadagnare il senso della prospettiva storica, non appiattirla distruggendone lo spessore.

              Che poi ‘sti imbecilli che pretendono di usare la restituta non ne sono capaci, lo fanno alla cazzo. Se devi parlare come si parlava nella Roma dell’età aurea, dovresti distinguere le lunghe e le brevi, pronunciare il nesso -gn- come [ŋn], la -s- sempre sorda in posizione intervocalica (mentre senti ‘sti polentoni dire [ˈkae̯zar], se non addirittura [kaˈezar]), pronunciare come [s] il nesso -ns-, geminato lo jod intervocalico [ˈkajjus] e tutta una serie di altre cose; molto probabilmente -m finale era solo una lieve nasalizzazione della vocale precedente. E quand’anche facessi tutto ciò con estrema esattezza, non parlerai mai come i romani antichi, che, come tutti i popoli, avevano mille sfumature segmentali e prosodiche che non conosceremo mai per la semplice ragione che non c’erano i registratori.
              Va da sé che costoro non si preoccupano della millesima parte di queste cose: credono che basti mantenere i dittongi -ae- e -oe-, le velari e i nessi -ti-; il risultato è un patetico scimmiottamento mescolato col proprio accento regionale (non parliamo della restituta di tedeschi, francesi, spagnoli, anglosassoni: meglio stendere un velo pietoso).
              Ecco perché l’unica cosa sensata che si possa fare è seguire una pronuncia tramandata, che non è una costruzione artificiale, ma un retaggio storico reale.
              Ma si sa, le mode prevalgono sul buon senso e su ogni principio razionale, la gente non sa perché le segue, ma le segue, l’uomo agisce in modo irriflesso.

            • Peucezio scrive:

              Pino,
              per il resto d’accordo su tutto quello che dici sulla scuola.
              Quando cominciamo a raccogliere le firme per una petizione per la sua definitiva abolizione?

            • Z. scrive:

              Miguel (e Peucezio),

              ad esempio leggere “institutis” come fosse “istitutis”, nell’incipit di Cesare.

              Comunque, Peucè, hai ragione quando dici che la restituta non viene parlata correttamente (anzi, potrei fare anche esempi peggiori rispetto alla esse).

              Ma secondo me il rimedio sta nel correggerla per quanto possibile, non nell’abbandonarla. Se in epoca classica i Romani leggevano “Caesar”, non vedo valide ragioni – non uso i simboli corretti, e mi perdonerai – per leggere “Tchésar” o “Sesàr”.

              Proprio come il fatto che io e Francesco diciamo sbagliando “civilizéscion” – confessa, Francesco – non è una buona ragione per dire “civilizàtion”. Ricordiamoci piuttosto che la pronuncia corretta è più simile a “sivilaiséscen” 🙂

              (invece i latinetti sono latinetti, quasi tutti peraltro di età successiva, quindi è un altro paio di maniche).

              Z.

              PS: lo stesso vale per il greco, e per la pronuncia che si insegna al liceo, e qui l’esperienza di Pino in materia è preziosa.

              PPS: siete comunque una bella congrega, voi classicisti. Intellettuali che bazzicano intellettuali e che evidentemente si trovano bene soprattutto tra intellettuali (poi sì, fate i “bagni nel popolo” per sentirvi veri, ci mancherebbe). E poi volete abolire la scuola: ma solo per gli altri, proprio come è solo per gli altri che si predica “ordine e disciplina”. Birbantelli ch’altro non séte 🙂

              • Miguel Martinez scrive:

                “lo stesso vale per il greco, e per la pronuncia che si insegna al liceo.”

                Infatti, la pronuncia latina restituita è abbastanza lineare, l’unica difficoltà per un italiano la vedo con la pronuncia delle vocali lunghe, una cosa difficile per i neolatini.

                Ma il greco pone difficoltà insormontabili.

                1) Pronuncia “da liceo classico”, che è una follia, e comunque non distingue ad esempio khi da kappa, epsilon da eta, ecc.

                2) Pronuncia “da greci moderni”, che tra l’altro confonde eta, iota, upsilon

                3) Pronuncia “restituita” che obbligherebbe a pronunciare le aspirate, assenti in qualunque lingua europea diversa dal Romanè, di pronunciare la “upsilon” alla tedesca, di distinguere lunghe e brevi e persino di canticchiare i toni.

                4) pronuncia alla Miguel, dove pronuncio le consonanti come in greco moderno e le vocali “alla latina” a parte la upsilon che pronuncio alla tedesca. Ma so benissimo che non funziona.

            • Z. scrive:

              (ah, ovviamente si scherza, perché lo sapete che vi voglio bene 😀

              A parte questo credo che effettivamente il classico sia una scuola più valida dello scientifico, ma più che altro perché il secondo è stato concepito come un classico mutilato, e lo è. Ma che il classico sia ad oggi più valido di un istituto tecnico ho i miei dubbi)

            • paniscus scrive:

              Quindi le facoltà umanistiche sono piene di ragionieri o di studenti dello scientifico?
              Può essere ma mi sembra strano

              ————————

              Credo che oggi la maggior parte degli iscritti a facoltà umanistiche provenga dai cosiddetti licei di “scienze umane”, cioè dal guazzabuglio di indirizzi di studio improbabili in cui si sono trasformati gli ex istituti magistrali, e che nella maggior parte dei casi hanno un livello molto ma molto basso, tranne forse l’indirizzo linguistico…

            • Peucezio scrive:

              Miguel,
              consul [ˈkoːsul].
              Infatti i continuatori romanzi, tranne i cultismi, come “pensare”, “consople” appunto, ecc., hanno tutti ‘s’: “pesare” (allotropo di “pensare”), “isola”, ecc.
              I linguisti, ora come ora non saprei dirti come (ma è un’informazione che dovrei poter trovare) tendono a ritenere che la caduta di -n- sia già di epoca classica.

            • Peucezio scrive:

              Miguel,
              anch’io pronuncio il greco come te (che è poi il modo in cui la pronunciano in genere i grecisti più colti e attenti), cioè aspirate come fricative sorde, esattamente come nel greco moderno, e per il resto pronuncia erasmiana.
              Che, si badi, non coincide con la pronuncia classica.
              Noi pronunciamo indistintamente ει e ου come [ɛi̯] e come [u], indipendentemente dalla loro origine. I Greci di età classica li pronunciavano rispettivamente [eː] e [oː] ma in origine avevano un suono diverso, secondo che fossero dittonghi originari (di origine indoeuropea) o derivassero da allungamento di compenso. Nel primo caso in origine erano pronunciati come dittonghi, ma nel secondo caso in nessun’epoca storica sono mai stati pronunciati come dittonghi e l’espediente di scrivere ει e ου deriva dall’esigenza di distinguere [eː] e [oː] da [ɛː] e [ɔː], dai timbri aperti, cioè η e ω. Slo in seguito η acquisirà timbro chiuso.

            • Peucezio scrive:

              In tutto questo state attenti a distinguere il grafema greco , cioè l’epsilon, dal segno IPA [ɛ], tra quadre, che indica il suono di e aperta.

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              con tutto il rispetto, il tuo discorso non sta in piedi.
              L’inglese è una lingua viva, abbiamo i parlanti, possiamo udirla quando vogliamo.
              E comunque io non raccomanderei mai a un americano, a un irlandese, un canadese, australiano, ma anche a un indiano o a un maltese di pronunciare l’inglese oxfordiano: sarebbe un modo innaturale di anteporre la norma all’uso, mentre le lingue nascono dall’uso e la norma dovrebbe essere un processo induttivo a posteriori (per l’italiano il discorso è più complesso, ma ora evitiamo di aprire un capitolo simile).

              Circa il latino, il punto è se la lingua, come ogni forma di approccio al passato, è un’operazione archeologica, o se noi siamo legati al passato in virtù di una storia, di una continuità.
              Se esistesse un modo di ricostruire la lingua dei Neanderthal (ammesso che parlassero: c’è chi dice che, in virtù dell’anatomia del loro apparato fonatorio, non erano in grado di articolare le vocali alte, le consonanti velari, ecc.), potremmo scrivere delle grammatiche, tentare anche di parlarlo, come esercizio dimostrativo della ricostruzione, ma non siamo dei Neanderthal e non lo parleremmo davvero, non sarebbe un nostro strumento per comunicare o per dialogare idealmente con quel mondo.
              Prendiamo un esempio più realistico: l’indoeuropeo. L’indoeuropeo è la ricostruzione attraverso una serie di passaggi e di corrispondenze, di una lingua mai esistita, di una sorta di astrazione ideale a partire dalle lingue storiche attestate. Probabilmente sono esistiti dialetti, simili fra loro, non lontanissimi dal nostro indoeuropeo ricostruito, ma resta il fatto che sappiamo poco a maggior ragione della sua pronuncia. Sappiamo infatti che avevano tre serie di occlusive, che convenzionalmente chiamiamo sorde, sonore e sonore aspirate, ma ci sono stati linguisti, come Gamkrelidze e Ivanov, che hanno ricostruito un sistema completamente diverso: le corrispondenze sono le stesse identiche, ma la pronuncia sarebbe completamente differente.
              Nell”800 Schleicher, quello degli alberi genealogici e del darwinismo applicato alla linguistica, scrisse una favoletta in indoeuropeo. Si basava sol vocalismo come era ricostruito allora, basato sul sanscrito e tutto con le ‘a’ al posto delle ‘e’ e delle ‘o’. E’ un bell’esercizio, né l’autore stesso pretendeva di fare altro. Ma nessuno può davvero parlare l’indoeuropeo: sarebbe un’operazione antistorica, anacronistica e ridicola: possiamo tentare una ricostruzione più o meno attendibile, stabilire corrispondenze pressoché certe, e poi giocare, fare esperimenti per divertimento, ma non siamo protoindoeuropei, siamo italiani, tedeschi, fancesi, baresi, milanesi: l’unico indoeuropeo che possiamo parlare sono le nostre lingue vive attuali (indoeuropee o meno).
              Il latino è vivo nella misura in cui, sia pure come lingua d’élite e come lingua scientifica (o umanistica) si è tramandato ininterrottamente fino ad oggi. Rinnegare tale pronuncia, che ha una storia e una continuità, in nome di una ricostruzione erudita, per quanto attendibile, è un’operazione forzata, antistorica, è la negazione stessa del principio del linguaggio, che si basa su un’imitazione uditiva, non su un’operazione intellettuale astratta (tanto è vero che i sordomuti non imparano a parlare bene, per quanti man uali di fonetica articolatoria fai loro leggere, e il ragazzo selvaggio del film di Truffaut, che è una storia vera, come è noto, non ci fu verso che imparasse a parlare proprio).

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              “E poi volete abolire la scuola: ma solo per gli altri, proprio come è solo per gli altri che si predica “ordine e disciplina”. Birbantelli ch’altro non séte :)”

              Sì, io la vorrei abolire per gli altri.
              Anche se bisogna anche dire che se non esistesse la scuola di massa, avrei potuto avere un precettore individuale o stare in una classe di gente al mio livello (la scuola è fatta per mortificare e ottundere le capacità delle persone intelligenti e curiose e livellare tutto verso il basso).
              Tantissima gente che va a scuola sarebbe molto più portata per attività manuali o comunque pratiche e le si fanno perdere anni e anni, oltretutto generando frustrazione e noia.

            • PinoMamet scrive:

              Pronuncia del greco:

              la versione piniana consiste nel pronunciare le consonanti come nel greco moderno, le vocali come nella “ricostruita”, e distinguere theta (non Zzzeta, come normalmente i liceali 😉 o teta, come spesso i liveali meridionali) da tau, kappa da khi:
              fin qui ho appreso tutto a scuola.

              Di mio, aggiungo la distinzione tra vocali lunghe e brevi, e pronuncia la eta (postclassicamente) chiusa, perché prelude alla pronuncia moderna, la ypsilon “alal fidentina” cioè come una ü molto chiusa (prelude alla pronuncia “i” moderna) e poco altro che ora non mi sovviene.
              Ah, e le sigma intervocaliche sorde, non sonore come quasi sempre i liceali settentrionali.

              Il risultato, ho letto da qualche parte, dovrebbe essere affine al greco alessandrino di età romana, ma non so chi sia giunto a questa conclusione e perché.

              Oppure pronuncio tutto alla moderna, come nelle chiese ortodosse quando leggono il Vangelo, e amen, anzi, amin 😉

            • Z. scrive:

              Peucezio,

              ma infatti nei latinetti e nelle parole latine correntemente usate in italiano si utilizza sempre la pronuncia tradizionale, che io sappia. La pronuncia classica si usa – quando si usa – per leggere gli autori di un dato periodo.

              E se ci pensi, anche in inglese cerchiamo di parlare il più correttamente possibile ma se dobbiamo dire una sola parola usiamo una specie di “pronuncia tradizionale”, che proprio come quella latina tradizionale cambia molto da Paese a Paese.

            • Peucezio scrive:

              Pino,
              ma quando parli di consonanti pronunciate alla neogreca intendi solo le aspirate come fricative e la ‘s’ intervocalica sorda (anch’io la pronuncio così, forse unico, insieme a te, fra le persone cresciute nel Nord Italia e che hanno imparato il greco nel Nord Italia) o pronunci anche sonore le consonanti postnasali, palatali le velari davanti a palatale, ecc.?

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              siamo sempre lì.
              Noi non leggiamo affatto autori del I sec. a.C., noi leggiamo ciò che ci è arrivato nella sua totalità da codici medievali (quando non posteriori), nel modo in cui i medievali l’hanno interpretato e spesso storpiato e il vero testo originale, con tutti gli sforzi ecdotici e ricostrittivi che vuoi, è per noi inattingibile.
              Come vedi la mediazione e la stratificazione storica sono inaggirabili, comunque la metti. Ed è normale che sia così.

            • PinoMamet scrive:

              “o pronunci anche sonore le consonanti postnasali, palatali le velari davanti a palatale, ecc.?”

              No, non mi spingo a tanto perché mi parrebbe davvero anacronistico, però tento di far sentire una tendenza in tal senso…

            • PinoMamet scrive:

              Riguardo alla tua risposta a Z.:
              beh, però c’è l’epigrafia che ci permette di saltare il tramite dei trascrittori medievali, anche se certo non ha lasciato poi più di tanto…

            • Abd al-Jabbar Ibn Hamdis (già "Andrea") scrive:

              @ Peucezio

              Il tuo discorso sull’indoeuropeo, come ricostruzione “a posteriori”, mi fa venire in mente il caso dell’antico egizio (del ceppo afroasiatico), in cui – ricordo – tutte le sillabe vengono convenzionalmente vocalizzate in /e/ – almeno, secondo gli studi tradizionali – , dato che non è rimasta traccia attendibile delle vocalizzazioni originarie. Ciò è quanto riferiva un egittologo ad alcune delle cui conferenze ho avuto modo di assistere.
              Per quanto riguarda i Neanderthal, a me risulta – sulla base di quanto ho letto – che fossero capaci di pensiero simbolico, la facoltà che sta alla base della modellazione del reale, e che quindi avessero sviluppato forme strutturate e complesse di comunicazione.

              @ Tutti

              Secondo me, la mia personalissima pronuncia del greco antico alle vostre orecchie deve suonare come uno scempio abominevole… 🙂 🙂
              Infatti, io pronuncio:
              1. La theta come il ‘th’ inglese… 🙂
              2. La ypsilon come ‘ju’ ( dove la ‘j’ è la ‘i’ semiconsonantica come in Pirandello)… 🙂
              3. Non distinguo tra vocali brevi e lunghe. Del resto, in italiano non riesco a pronunciare le vocali chiuse: da buon palermitano, le pronuncio tutte disastrosamente aperte… 🙂
              4. Non distinguo la ‘khi’ dal ‘kappa’…
              5. Pronuncio la ‘phi’ come la ‘f’ italiana…
              6. Il ‘sigma’ per me è sempre sordo (e credo questo sia giusto in greco), ma anche la ‘s’ per me è sempre sorda in italiano… 🙂 …

            • Z. scrive:

              Peucè, immagino che in molti casi la mediazione storica – in qualche forma – sia inevitabile.

              Ma questo non è un problema della sola pronuncia classica: come dicevo, mi sembra applicabile anche a quella tradizionale.

              Premesso questo, se ci sono fondati motivi di ritenere che la pronuncia classica sia più simile alla pronuncia con cui in quel periodo si leggeva il latino, perché non farne uso?

              Z.

              PS: fondati secondo la comunità accademica, eh, mica secondo me!

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              “Premesso questo, se ci sono fondati motivi di ritenere che la pronuncia classica sia più simile alla pronuncia con cui in quel periodo si leggeva il latino, perché non farne uso?”

              Te lo sto dicendo da un po’ mi pare.
              Perché significa buttare via la stratificazione storica, la mediazione, per un’operazione comunque ricostruttiva, per quanto attendibile.
              Perché il nostro rapporto con mondi altri è mediato e saltare questa mediazione significa negare l’unica forma possibile di approccio al passato, in nome diuna fedeltà fittizia, perché comunque anche la ricostruzione più attendibile è sempre un’operazione fatta secondo canoni nostri, che è intrisa fin nel midollo di nostre categorie cognitive, gnoseologiche, filosofiche.
              Chissà un antico romano come avrebbe ragionato al posto nostro. Secondo me avrebbe detto che la pronuncia classica era sbagliata e che la sua a cui è abituato è giusta per definizione.

            • Peucezio scrive:

              Abd, ma tu da dove provieni?

            • Abd al-Jabbar Ibn Hamdis (già "Andrea") scrive:

              Peucezio, vengo da una cittadina dell’hinterland palermitano. Perché?

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              tu pensa che gli ateniesi credevano che lo ionico di Omero fosse una corruzione dell’attico malgrado fosse più antico di secoli.
              Questo per farti capire come ragionavano.
              Noi facciamo come quello che vuol far attraversare la strada alla vecchietta per forza, siamo più realisti del re e in questo modo tradiamo il re.

            • Peucezio scrive:

              Abd,
              questo spiega lo ju e la ‘s’ sorda.
              Ma nel complesso non mi pare pronunci male. Già il fatto di pronunciare la theta come fricativa interdentale…
              In te, se vuoi essere pignolo, tutt’al più correggerei la chi, pronunciandola come fricativa, tipo il ‘ch’ tedesco di Buch.

            • Z. scrive:

              Peucezio,

              con la tua linea di pensiero, non avremmo mai smesso di abitare nelle caverne e di essere cacciatori-cercatori, perché si è sempre fatto così.

              Oppure, per non buttare via la tradizione stratificata dei salassi, avremmo continuato a credere che avessero chissà quale potere curativo.

              Capisco il fascino dei dogmi, ma tutto sommato non mi dispiace che si sia deciso diversamente.

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              guarda che sei tu che vuoi tornare ai salassi 😛
              Mi meraviglio tu non abbia compreso l’essenza della questione che sto ponendo.
              Io non parlo di staticità e di ritorno al passato, ma proprio del contrario, della stratificazione e dell’accumulo progressivo, senza salti all’indietro e recuperi di cose completamente decontestualizzate.
              Per me la civiltà è appunto stratificazione, accumulazione, mai distruzione per ripartire da zero, che è il vero concetto della modernità ed è il ritorno, questo sì, all’uomo delle caverne.
              Questo fatto di resettare ogni volta, di ripartire dall’inizio, mi sembra il passo di quello che continua a fare avanti e indietro e rimane sempre allo stesso punto.

              Critico il Vaticano II proprio perché ha azzerato due millenni di storia liturgica ed è andato a recuperare un culto dei cristiani delle origini (reinventato, come tutti i recuperi di cose remote, che si pretende di conoscere, mentre se ne sa pochissimo), riportando indietro di duemila anni l’orologio della storia.
              Nonj è che la Chiesa postconciliare non innovasse anche a livello liturgico: innovava eccome, ma sulla linea della tradizione. E a livello dottrinale, che è strettamente collegato, approfondiva, chiariva, quindi procedeva nella conoscenza.
              Il tradizionalista vuole aggiungere piani all’edificio, il modernista lo vuole ogni volta abbattere e ricostruire in una sorta di attività infinita a vuoto, di non senso permanente.

              La modernità in fondo è questo, è distruzione del patrimonio culturale, cioè di ciò che è tramandato, per attingere alle radici biologiche, tornare all’uomo ferino: in fondo l’edonismo e l’anarchia morale e sessuale moderna, lo stesso consumismo è questo, soddisfare gli impulsi più primitivi, scartando tutte le stratificazioni che strutturano la morale e danno un modus, una forma ai comportamenti.
              La civiltà industriale e postindustriale è il ritorno all’uomo pre-civile, al bruto.

              • Miguel Martinez scrive:

                “Il tradizionalista vuole aggiungere piani all’edificio, il modernista lo vuole ogni volta abbattere e ricostruire in una sorta di attività infinita a vuoto, di non senso permanente.”

                Sono d’accordo solo in parte.

                Intanto, non ci sono due, ma almeno tre “parti”: la tradizione, la modernità d’acciaio e il flusso globale.

                In realtà credo che sia ancora molto più complicato, ma questa è la minima semplificazione possibile.

                La modernità d’acciaio, all’opposto di ciò che dici tu, sostiene che la natura, la biologia, l’animalità siano il male: i medievali analfabeti, che si prendevano a mazzate in testa a vicenda e non si lavavano e vedevano le fate nei boschi (magari approfittandone per stuprarsi qualche pecora), contro l’uomo moderno, formato alla ragione nelle scuole, che frena i propri istinti, che conosce l’igiene, la scienza, i libri, costruisce ponti e un giorno conquisterà gli altri pianeti.

                Il tutto grazie alla potenza della quantificazione e del calcolo.

                Questo tentativo di razionalizzare il mondo ha portato a uno scombussolamento tale di tutto, che in realtà il mondo si è squagliato: invece di diventare un cubo ordinato, è diventato una fluttuante pappa immateriale, virtuale, senza spazio, in cui in un trilionesimo di secondo, una scommessa sbagliata su una miniera in Alaska manda in fallimento un miliardario indonesiano.

                La modernità d’acciaio annienta i vincoli sociali tradizionali per lo stesso motivo per cui taglia i boschi e raddrizza i fiumi, ma proprio per questo genera solo caos: mentre nella natura, come nella tradizione, “tutto tiene”, nel nuovo mondo, fluttuano solo atomi solitari.

                E’ lì che in qualche modo avviene la “fine del mondo”.

                Queste cose le aveva in buona parte intuite René Guénon nel Regno della Quantità, ma purtroppo mi sembra che siano pochissimi i “tradizionalisti” che vi abbiano riflettuto.

                Finché non si coglie questa dialettica, e si guarda il mondo come un’eterna partita di calcio tra “tradizione” e “modernità”, si attribuirà alla “modernità” un confuso miscuglio di tutto e del contrario di tutto: per questo, i pensatori di Destra hanno spesso intuizioni autentiche, ma le sprecano tutte in un caotico piagnisteo.

            • Peucezio scrive:

              Comunque la mia antimodernità qui non c’entra.
              L’uso della pronuncia restituta è un’idiozia contro il buon senso e contro la prospettiva storica di per sé, non c’entrano nulla le mie posizioni estremistiche e un po’ eccentriche rispetto al pensiero comune.

  48. mirkhond scrive:

    “… ma vale altrettanto per i “Whites”, perché _ sempre citando RR 😉 _ con gli Anni Sessanta il mondo _ America per prima _ non sarebbe stato più diviso in Bianchi o Neri, ma in Vecchi o Giovani !”

    Allora è proprio un cazzaro, sto Ansaloni! 🙂

  49. mirkhond scrive:

    A parte il fatto che Ansaloni adesso è un vecchio pure lui.
    Cosa fa allora?

  50. Moi scrive:

    più che altro, bisognerebbe considerare che la letteratura è il linguaggio più “lento” (potenzialmente quindi il più completo, ma bisogna averne voglia) in una società frenetica …

  51. mirkhond scrive:

    “anche perché Erasmo sarà stato quasi eretico (pur litigando con Lutero), ma era cristiano e si sarebbe definito orgogliosamente tale !”

    La riscoperta della classicità greco-romana, comportò anche una strisciante avversione per il Cristianesimo, seppure non agli stessi livelli dei singoli umanisti.
    Del resto la “paganizzazione” dell’alto clero cattolico, fu una delle cause che portarono all’esplosione della rivolta di Lutero……
    Del resto non fu Machiavelli a dire che “Gli Homini non si governano con li Paternostri”?

    • habsburgicus scrive:

      sui sintomi e sull’analisi siamo, nella sostanza d’accordo..
      poi come sai io vedo il fenomeno in modo opposto da te 😀 e Peucezio, credo, come del resto ha già detto, in questo collima con le mie posizioni
      ciò io attacco Lutero PROPRIO perché “impedì” (o credette di farlo) quanto hai detto e causò anzi un cambio di rotta [necessario, ne convengo] fra i cattolici; tu invece lo condanni, e duramente, per questioni teologiche ma probabilmente saresti più vicino a lui, o per meglio direcondivideresti in toto le sue preoccupazioni ancorché avresti dato risposte radicalmente diverse…se non equivoco

      • mirkhond scrive:

        Lutero sprofondò nell’eresia tipica di un animo superbo che credeva di aver capito tutto, dove altri non avrebbero capito niente.
        Ciò non toglie che la “scossa” protestante, costrinse i vertici del Cattolicesimo a diventare un pò più seri con meno Boccaccio e più Fede in LUI……

  52. mirkhond scrive:

    nei singoli umanisti

  53. mirkhond scrive:

    “A quanto ho capito, tu descrivi la situazione di un ragazzo (di qualche anno fa) che amava leggere, amava studiare, amava imparare… ma umanamente e socialmente non gli piaceva l’ambiente della scuola, e avrebbe preferito studiare da solo, o magari con un piccolo gruppo che condivideva i suoi punti di vista. E invece i genitori ritenevano importantissimo che andasse a scuola, perché credevano davvero nel valore della scuola come unico veicolo di conoscenza e di cultura.”

    Ottima analisi sui miei anni di gioventù scolastica!
    Riconosco che, pur non conoscendoci di persona, ci hai preso! 🙂

  54. mirkhond scrive:

    “se si propone agli studenti di pronunciare una frase di Cesare come si pensa verosimilmente che la pronunciasse davvero Cesare, e NON come la pronunciava un monaco cattolico di 1300 anni dopo”

    Ma sarebbe interessante se si potesse capire DAVVERO come Cesare si esprimesse nel Latino dei suoi tempi.
    Ma, disgraziatamente, non disponendo di audioregistrazioni dell’epoca :), qualsiasi ricostruzione, pur condotta con la serietà e il rigore scientifico necessari, avrà sempre qualcosa di arbitrario, ipotetico e speculativo……

    • PinoMamet scrive:

      Ma vabbè, questo è inevitabile.

      Andrebbe sempre ricordato, cosa che non sempre si fa: purtroppo in ogni ambiente esistono i bigotti e i trinariciuti, e quello delle lingue classiche ne raggurppa davvero tanti…

      ricordiamo la figura dell’ufficiale pignolo, nella vita civile professore di greco del bolognese, in Un anno sull’altopiano, di Lussu:

      quello che con la sua pignoleria (“visto? questo paio di pinze tagliafili funziona alla perfezione”) finiva per mandare al macello dei soldati ; ricorda diversi antichisti che ho conosciuto, che non per cattiveria- peggio! per assenza di emozioni- credo farebbero altrettanto, nelle stesse condizioni.

      Eco, a queste persone è inutile spiegare che noi Cesare non lo sentiremo mai: per loro c’è scritto C A E S A R, il tal studio ha dimostrato i-n-o-p-pu-g-n-ab-i-l-m-e-n-t-e che si pronunciava C A E SA R, e tanto basta.

    • Peucezio scrive:

      Mirkhond,
      “Ma, disgraziatamente, non disponendo di audioregistrazioni dell’epoca :), qualsiasi ricostruzione, pur condotta con la serietà e il rigore scientifico necessari, avrà sempre qualcosa di arbitrario, ipotetico e speculativo……”

      Esattamente.

      • Z. scrive:

        Però i testi sulla pronuncia credo esistessero anche allora, e se ben ricordo in uno di essi c’era scritto qualcosa tipo: “quando c’è scritto ns si legge s”.

        Non si tratta naturalmente di dimostrazioni matematiche o di registrazioni, ma credo sia abbastanza accettato che Caesar fosse pronunciato Kàesar.

        Detto questo, immagino che non sia possibile riprodurre esattamente tutte le particolarità della pronuncia di una lingua morta. Già non è facile con quelle vive 🙂

        • Peucezio scrive:

          Sì, ma un testo che spiega la pronuncia, spiega la grafia servendosi della grafia, quindi è un processo circolare: non c’è l’audio allegato 🙂
          Con ciò, siamo senz’altro in grado di raggiungere un accettabile livello di approssimazione.
          Ma ha un interesse scientifico, è giusto spiegarla, illustrarla, insomma, è bene che il discente sappia come si pronunciava davvero il latino, per quello che ne sappiamo.
          Ma da qui a scimmiottarlo ridicolmente, sapendo che sarà sempre un’imitazione, una parodia…

          • Z. scrive:

            Sicuro, non c’è l’audio allegato – ma se io scrivo che nel gruppo NS la N non si pronuncia, so che la n non si pronuncia!

            Poi magari sbaglio altre cose, magari anche a pronunciare la S, ma so che in “consul” la N non si legge ed è già qualcosa.

            Oltretutto, possiamo davvero sapere che la pronuncia tradizionale di oggi e quella del X secolo fosse identica?

            • Peucezio scrive:

              Sì, ma magari la vocale precedente era nasalizzata e quindi all0autore di alora suonava come assente, perché non coglieva, o non sapeva esprimere nello scritto, questa sfumatura. E noi crediamo non si udisse affatto.

              Certamente: è possibilissimo che quella del X secolo fosse diversa.
              Infatti io mica voglio sostituire un archeologismo a un altro. Io difendo l’evoluzione ininterrotta, la stratificazione storica, la continuità, il cambiamento graduale e naturale.

  55. mirkhond scrive:

    Quanto al “complotto” anticattolico, non credo che esista.
    Mentre fin dall’umanesimo, esiste una malcelata antipatia verso il Cristianesimo, da parte di gente innamorata della classicità greco-romana.
    Naturalmente un’antipatia o insofferenza, variante di grado a seconda del singolo umanista, spesso anche un sacerdote cattolico.
    Ma insofferenza che c’è stata e che c’è, testimoniata persino da un romanzo di Cardini, Il Signore della Paura, ambientato tra Firenze e Samarcanda nel 1403, ed in cui si parla della preoccupazioni di ambienti religiosi, in seguito alla scoperta per dissotterramento, di una antica statua romana di venere……

    • Francesco scrive:

      secondo me tu però easgeri questo fenomeno

      in misura non trascurabile il cristianesimo fece sua la cultura classica, gli apologeti ne sono un ottimo esempio, proponendosi come “completatore” di un percorso culturale da questa iniziato

      non esiste solo la dicotomia “classici belli puliti luminosi razionali” vs “medievali brutti sporchi oscurantisti superstiziosi” che viene predicata da parte della cultura Moderna e dell’ignoranza Post-moderna

      ciao

  56. mirkhond scrive:

    Messori, nel suo Ipotesi su Gesù, ricorda che San Girolamo (347-420 d.C.), trovava fastidiosa la lettura della Bibbia e dei Vangeli, dopo che aveva letto Cicerone.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Ma nel senso che preferiva il latino al greco, oppure che non gli piaceva granché la propria opera di traduzione? 😉

      • mirkhond scrive:

        Messori intendeva che San Girolamo essendo stato educato ai classici greco-latini, trovava sgradevole e barbara la lettura delle Sacre Scritture.
        Insomma, una questione di stile linguistico, sempre stando a Messori. 🙂

    • PinoMamet scrive:

      Beh, sarebbe come dire che uno, dopo che ha letto Manzoni, trova fastidiosa la traduzione italiana del Libretto Rosso di Mao, dico per dire, o del Tao Te Ching di LaoZi…

      non è un ragionamento religioso, cioè, quanto il fatto che la Bibbia è stata concepita in una lingua molto diversa dal latino per struttura e per usi
      (“e Dio disse tutte queste cose dicendo” ecc.) e anche piena di giochi di parole e paretimologie difficili da rendere (“e lo chiamò Isacco, perché aveva riso…”);

      mentre i Vangeli sono scritti in greco, sì, ma risentono comunque di molti semitismi (alcuni dei quali rimasti nell’uso proprio grazie a loro: “il Figlio dell’Uomo”).

      • PinoMamet scrive:

        Un inciso:
        perlomeno nell’ebraico moderno, “figlio dell’uomo”, ben-Adàm, indica semplicemente “un uomo”, generico;

        per cui “gli uccelli hanno il loro nido e le volpi hanno la loro tana ma il Figlio dell’Uomo non ha di dove posare il capo”, suonerebbe all’incirca “ma un uomo (“nu cristiane”, direi) non sa dove riposarsi”, senza particolari riferimenti teologici.

        • mirkhond scrive:

          Veramente il significato teologico c’è eccome, visto che si riferisce all’attività missionaria, zingara e giramondo (secondo le squallide e infelici parole di “don” Curzio Nitoglia riferite a Papa Giovanni Paolo II) a cui il missionario cristiano è tenuto, ad imitazione del Maestro.

    • PinoMamet scrive:

      Poi Cicerone è l’apoteosi del bello stile latino, ipotattico e costruito ma non eccessivamente convoluto, mentre la Bibbia e i Vangeli hanno una paratassi che in latino suona davvero piatta e “terra-terra”, e la Bibbia in molti casi ha anche una costruzione piuttosto “sgangherata”, con racconti messi insieme da fonti diverse, ripetizioni, contraddizioni ecc.

  57. mirkhond scrive:

    Sempre per restare in argomento

    Ieri sera mi sono letto un saggio sulla lingua illirica, uno degli studi più ipotetici e speculativi, visto che a parte la controversa appartenenza del Messapico a tale famiglia linguistica, non abbiamo altri testi e iscrizioni in uno di questi antichi linguaggi balcanici, ma solo nomi e termini riportati in Greco e in Latino.
    L’autore del saggio, faceva il pelo e il contropelo ad altri studiosi a lui precedenti o coevi, affermando che molti termini relativi a popoli ritenuti illirici, come gli Japudi dell’entroterra del Quarnaro, non erano di origine illirica!
    Insomma speculazioni su speculazioni che, se prese per oro colato, dimostrerebbero che non è mai esistita una lingua o una famiglia di lingue illiriche.
    Mentre sappiamo che almeno una serie di popolazioni abitanti tra la Narenta e lo Skhumbi nell’Albania centrale, costutuirono un regno denominato illirico tra V e II secolo a.C.
    Leggendo questo saggio, mi rendo conto dell’enorme difficoltà che uno studioso trova nell’accostarsi a realtà etno-linguistiche antiche di cui si hanno pochi resti, e spesso di controversa interpretazione……

  58. Moi scrive:

    A proposito di pronunce e grafie … a cosa si deve esattamente l’ uso della “K” per le scritte sui muri, a partire dagli Anni ’70 (mi pare) ?

  59. mirkhond scrive:

    Credo che volesse indicare realtà o personaggi politici ritenuti legati a dittature.
    Tipo Amerika, Kossiga, ecc.

  60. Moi scrive:

    ma perKé 😉 ?

  61. Roberto scrive:

    Posso dire una cosa?
    La dico

    A me fa un po’ impressione vedere un branco di intellettuali iperistruiti scagliarsi contro la scuola per tutti, senza rendersi conto che la scuola universale è la sola timida speranza di un minimo di ascensore sociale.
    Sottolineo “minima” e “speranza”. Non è una garanzia e non funziona per tutti? Certo, ma il figlio del pastorello senza essere obbligato ad andare a scuola resterà pastorello. Vivrà meglio? Forse ma non lo sappiamo, ed è bene che abbia la scelta.
    Non mi credete? Beh andate a vedere chi cuce i palloni nelle fabbriche del terzo mondo

    • Peucezio scrive:

      Certo, ma è proprio questo il problema.
      L’ascensione sociale non deve dover passare obbligatoriamente dalla scuola.
      E comunque non accade sempre, ne sono testimonianza i miei compagni di scuola delle medie, di cui qualche volta ho parlato anche qui.

    • PinoMamet scrive:

      Io non mi scaglio contro la scuola per tutti.

      Io mi pronuncio a favore della scuola per nessuno 😀

    • Roberto scrive:

      Certo peucezio, non succede per tutti l’ho detto pure io e se ci fosse un mezzo alternativo potremmo discuterne, ma non ne vedo.

      Aggiungo che nulla impediva a quelli che non imparavano nulla a scuola di avere un precettore come ai bei vecchi tempi

      • Peucezio scrive:

        Cioè tu dici che se non ci fosse la scuola non esisterebbe nessuna mobilità sociale?
        Io ho qualche dubbio, ma in ogni caso tieni conto che ci pare impossibile quello a cui non siamo abituati. Probabilmente se qualche secolo fa avessi proposto la scuola per tutta la popolazione, indistintamente, ti avrebbero preso per un’utopista e ti avrebbero detto che potrebbe essere una bella idea, ma irrealizzabile.
        Il fatto che la nostra società sia completamente impostata e organizzata in un certo modo, non ci deve impedire di metterla in discussione dalle fondamenta, di concepire un modello completamente alternativo.

        • Roberto scrive:

          Conosci qualche società senza scuola in cui è esistita una qualche forma di mobilità sociale? Non dico il caso isolato, quello ci sarà sicuramente stato sempre.

          È una domanda seria, io non ne conosco ma magari esistono

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            È così importante la mobilità sociale altrui?

            • Z. scrive:

              Direi di sì, e non solo quella altrui.

              Poi immagino che preferirei essere al vertice di una società rigidamente gerarchica e socialmente statica. Ma solo se sono al vertice 🙂

          • Peucezio scrive:

            Roberto,
            il mio ideale sarebbe una società paritaria di tipo comunitario, senza ceti, ma in ogni caso in genere l’emergere di ceti nuovi nella storia non è che passasse necessariamente dalla scolarità.
            I nuovi ricchi romani, tipo i liberti che diventavano più ricchi della media dei liberi da generazioni, facevano soldi. Ci sono generazioni che hanno fatto un salto sociale col lavoro, senza grande scolarità.

            • Roberto scrive:

              “il mio ideale sarebbe una società paritaria di tipo comunitario”

              Come non essere d’accordo!
              Purtroppo per noi però il comunismo ha fallito ovunque e dobbiamo farcene una ragione

            • Peucezio scrive:

              Il neolitico non ha mai fallito finché non sono arrivati i pastori nomadi con le armi a rompere il cazzo.
              Ma di suo funzionava.
              Senza armi non si creano i ceti.

            • Z. scrive:

              …quindi, alla fine, ha fallito 😉

            • Peucezio scrive:

              Vabbè, ma è durato molto di più di quello che c’è stato dopo, e comunque se la mettiamo su questo piano non esiste tipo di società che non sia destinato a tramontare, quindi dovremmo dire che qualsiasi modo di aggregarsi degli uomini sia intrionsecamente sbagliato.
              E comunque io trovo ci sia sempre una profonda differenza fra un equilibrio che salta per meccanismi endogeni o invece per un evento traumatico esogeno.

            • Z. scrive:

              Certo Peucè, tutte le società sono destinate a tramontare o comunque a trasformarsi.

              Per questo tutti i tentativi di costruire società utopiche e perfette – e senza avvocati – hanno creato mostruosità belle e buone e chiunque cercherà di costruire la società ideale del futuro non mi avrà mai dalla sua parte.

              Cosa? che gliene frega? forse niente, ma voglio dire, vuoi mettere: non avrà me, mica brustolini 😀

              Detto questo, che le cause siano esogene o endogene una società al collasso resta una società al collasso, comunque: in altre parole, una società che non riesce a perpetuarsi. Forse, più che in queste due categorie, è utile dividere le cause di estinzione in prevedibili e non…

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              ma infatti sono d’accordo con te, io non voglio pianificare nessuna società a tavolino.
              Auspico una disarticolazione delle strutture della modernità e un ritorno a società di sussistenza di tipo comunitario, ma non è che le voglio progettare e attuare in modo pianificato: funziona se accade da sé (probabilmente non accadrà mai, ma ciò non mi impedisce di auspicarlo).
              Più concretamente, spero che la crisi e il conseguente disagio sociale comportino delle spinte anticosmopolitiche e antiprogressiste, un dilagare di sentimenti campanilistici, razzisti e nazionalisti che travolgano le élite progressiste col loro buonismo antirazzista.
              Ma si tratta appunto di fenomeni dal basso.

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              “Per questo tutti i tentativi di costruire società utopiche e perfette – e senza avvocati – hanno creato mostruosità belle e buone”

              Senti, ma un mondo senza giudici invece?

            • Roberto scrive:

              In un mondo senza giudici, cosa mi impedirebbe di presentarmi dal vicino fracassone con un kalashnikov e far finire la loro festa in un massacro?
              (Esempio teorico oggi, ma a Bologna l’ho sognato molte volte)

            • Peucezio scrive:

              Mah, basterebbe la polizia.
              Oppure gli avvocati: dopo che tu hai fatto la strage, i superstiti della famiglia che hai sterminato nominano un avvocato che va dal tuo e si cerca una composizione della contesa (ovviamente il tuo avvocato deve accettare che il suo assistito dovrà risarcire un bel po’ di danni, perché loro avranno perso molti famigliari).
              No…?

            • Roberto scrive:

              Oh, ma quel cornutazzo del mio avvocato lo accolgo con una mazza da baseball se si azzarda a parlare con quell’altro.

              Forse la via della polizia è più interessante, ma ad un certo punto se la polizia decide di arrestarmi, o pestarmi, non è perché mi ha *giudicato* colpevole?

            • Peucezio scrive:

              In effetti…
              Però allora anche tu sei giudice di te stesso.
              Uno ti pesta un callo, tu gli dai un pugno in testa. Tu hai emesso la sentenza e l’hai eseguita.

            • Roberto scrive:

              Beh no, il giudice per essere tale deve essere terzo rispetto alle parti

            • Peucezio scrive:

              Già… solo che in Italia sono giudici anche quelli che fanno l’accusa.
              Sì, tecnicamente sono magistrati e non giudici, come dire che uno non è uno scarparo ma un calzolaio.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Il magistrato requirente non è un giudice. Non tutti i magistrati sono giudici e non tutti i giudici sono magistrati.

            • Peucezio scrive:

              Grazie al cavolo.
              La maggior parte dei giudici e degli accusatori sono magistrati, cioè i magistrati fanno l’una e l’altra cosa.

            • Francesco scrive:

              Ma se i magistrati sono o giudici o accusatori, non vale l’uguaglianza magistrato=giudice, no?

              Mi sembra evidente. Già siamo messi maluccio in Italia, per fortuna su questo punto c’è una certa chiarezza.

              Ciao

    • Z. scrive:

      Devo dire che rende perplesso anche me. Perché non dare la possibilità a chi vuol studiare al liceo classico di studiare al liceo classico?

      La cui esistenza non impedisce a nessuno di studiare a casa, col precettore.

      • PinoMamet scrive:

        Io non vedo limiti alla possibilità di iscriversi al Liceo Classico, o all’ITIS se è per questo.

        Io ho qualcosa contro l’ obbligo scolastico.

        Inoltre ho qualcosa contro il “sistema scuola” come concepito e progressivamente sempre più attuato, cioè come macchina omologatrice sforna-lavoratori e “teen-sitter”, in cui l’insegnante deve fare 2 cose:
        -controllare bambini e adolescenti mentre i genitori sono al lavoro, e supplire al compito educativo genitoriale;
        -insegnare ai ragazzi una serie di nozioni inscatolate e premasticate, verificabili con test, al fine di semplificare la logistica delle spedizioni di diplomati ai vari settori lavorativi.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Quindi sei a favore dell’obbligo per i bambini di restare analfabeti se così piace ai loro genitori?

          • Z. scrive:

            Beh, spero che nemmeno Peucezio sia contrario all’esistenza della scuola dell’obbligo.

            La cosa che trovo triste è che molti ragazzi che non ne hanno mezza voglia siano indotti a bighellonare alle superiori, e qui sono d’accordo con Pino.

            • Peucezio scrive:

              “Beh, spero che nemmeno Peucezio sia contrario all’esistenza della scuola dell’obbligo.”

              Mi stai prendendo in giro?
              Io sono proprio contrario a che la maggior parte della popolazione acceda a una qualche forma di alfabetizzazione minima, che, se mai ci dev’essere, deve riguardare una ristrettissima élite, come presso i babilonesi.

            • Roberto scrive:

              Ma due minuti fa hai scritto che sogni una società senza ceti!
              Mo’ una elite di alfabetizzati…..ci sono chiaramente due peucezii

            • Peucezio scrive:

              D’accordo, chiarisco.
              Idealmente la mia società perfetta è una società senza ceti basata sulla cultura orale, quindi ignara dell’alfabeto e di ogni forma di scrittura.
              Se proprio società complessa dev’essere, allora preferisco un’alfabetizzazione appannaggio di pochi.

            • Z. scrive:

              Dove naturalmente tu fai parte dei pochi: viva l’ignoranza, ma solo per gli altri.

              Anche a me non dispiacerebbe, a patto di essere tra i pochi riccastr… ehm, tra i pochi alfabetizzati 😀

            • Peucezio scrive:

              Beh, non è mica detto che la selezione debba avvenire per motivi economici.
              Io la farei secondo le inclinazioni.
              Se uno ha un’autentica inclinazione e passione per lo studio, studi. Gli altri no.

            • Z. scrive:

              Peucezio,

              — Se uno ha un’autentica inclinazione e passione per lo studio, studi. Gli altri no. —

              E siamo d’accordo, ma come lo scopri in una società dove l’alfabeto è appannaggio di minoranze numericamente trascurabili?

              Quando io sarò Signore Supremo e Inappellabile, ti nominerò dirigente dell’UCAS 😀

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              beh, io credo che un bambino dovrebbe entrare in contatot un po’ con ogni tipo di attività, per rendersi un po’ conto di come funziona e se lo attira. Ma per gioco, non in modo troppo strutturato.
              Se poi è un tipo riflessivo, intelligente, è abbastanza probabile che lo studio gli piacerebbe e allora gli si cominciano a dare i rudimenti dell’alfabeto, ecc. Se poi si scopre che ci si era sbagliati, che non è cosa sua, si lascia perdere e si prova a farlo interessare a qualcos’altro.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Cioè tu a otto anni decideresti il futuro di ogni individuo?

            • Peucezio scrive:

              Pure prima.
              Le indoli emergono presto.
              E comunque obbligarli alla scuola non ti pare significhi decidere il loro futuro?
              Ti pare che mandare un bambino a scuola da quando ha sei anni non significhi imprimere molto profondamente tutta una serie di strutture cognitive e di modelli di pensiero e di vita, non significhi condizionare permanentemente le sue capacità e attitudini?
              Ti pare una scelta neutra la scuola, una sorta di tabula rasa?

              Per tacere del fatto che la crescita del bambino sia completamente avulsa dalla dimensione famigliare e dalle dinamiche di socialità spontanea del condominio e del quartiere, sostituita da un’aggregazione artificiale di coetanei (cosa anche questa dannosissima, perché viene a mancare il confronto fra diverse età).
              La scuola di massa è una sorta di mostruosa utopia orwelliana-huxleyana (attuata) di uomo in batteria. Malgrado lo sappia da sempre che esiste, ancora adesso mi sembra di vivere una sorta di incubo collettivo, ricordandomene.

              • Miguel Martinez scrive:

                “La scuola di massa è una sorta di mostruosa utopia orwelliana-huxleyana (attuata) di uomo in batteria.”

                Peucezio e Roberto presentano i due aspetti della scuola, e su entrambi hanno buone ragioni.

                Quello che manca però a entrambi, è la prospettiva temporale.

                Tutte le istituzioni servono a qualcosa, in un dato contesto storico. Pensate al duro addestramento che i soldati di un tempo dovevano subire, per saper combattere con la spada. Aveva un senso comunque obbligare migliaia e migliaia di persone ad addestrarsi. Poi un giorno arriva il cannone…

                E’ semplice:

                Le macchine hanno reso inutili gli sforzi fisici. Dovevamo ancora imparare ad allacciarci le scarpe, a guidare la macchina e a girare la chiave nella toppa, e poco altro. Però si doveva ancora studiare tanto, per sforzare il cervello: è la “scuola”. Il corpo lo usa una piccola minoranza di “sportivi” più o meno matti.

                Poi arrivano i computer che rendono inutili gli sforzi mentali. Dobbiamo ancora imparare a leggere e scrivere, ma a tutto il resto ci pensa il computer. Il cervello/la ragione lo usa una piccola minoranza di appassionati di enigmistica oppure di programmatori nerd.

                Per il resto, la scuola è datata quanto un’accademia per spadaccini. Non essendoci più bisogno di pensare, non essendo utile per “trovare lavoro” visto che il lavoro si sta estinguendo e che comunque i pochi che potranno lavorare devono acchiappare un’occasione al volo e non “formarsi” per alcunché, non esiste alcun motivo particolare per cui continui ad esistere la scuola.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Se a 14 anni vuole andare a zappare nessuno glielo impedisce: la scuola apre strade, non ne chiude altre.

            • Peucezio scrive:

              Vabbè, non ci credi nemmeno tu a quello che hai appena detto.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Peucezio, qualcuno ti ha tenuto lontano dai campi?

            • Peucezio scrive:

              Mauricius,
              non fare il finto tonto che non sei credibile. Ho sufficiente stima della tua intelligenza, da sapere che hai capito benissimo cosa intendo.

            • Francesco scrive:

              Miguel

              lo sai che stai citando parola per parola “perchè non possiamo perdere la guerra del Vietnam” scritto dal Pentagono con qualche consulente dell’epoca?

              fatti venire qualche dubbio, ti prego.

              😀

          • paniscus scrive:

            Quindi sei a favore dell’obbligo per i bambini di restare analfabeti se così piace ai loro genitori?

            E’ già esattamente così: percentuali sempre più alte di genitori vogliono esattamente questo, cioè che il figlio vada a scuola e si diplomi, sì, ma restando più analfabeta possibile. Nel senso che mandano il figlio a scuola perché socialmente si usa così, ma non certo perché vogliono che studi il più possibile, che impari il più possibile e che diventi una persona istruita.

            E infatti sono quella categoria di genitori che stanno continuamente a protestare che ci sono troppi compiti, che le lezioni sono troppo difficili, che i voti sono troppo bassi, e che i ragazzi hanno ragione a non studiare perché tanto “quasi tutto quello che si impara a scuola è inutile”.

            Però pretendono che siano promossi e che prendano voti alti in automatico, d’ufficio, SENZA dover fare il minimo sforzo per studiare, e quindi senza imparare nulla.

            Se questa non è una scelta deliberata dei genitori che “vogliono che il figlio rimanga analfabeta”, dimmi tu come la consideri…

            • Peucezio scrive:

              Già: se è legittimo essere contrari alla scuola per principio, quella di oggi poi è davvero indifendibile.
              Ci vorrebbero canoni di selezione rigidissimi, bocciature a gogò, punizioni corporali e calci nel sedere anche ai genitori (o si fa il culo o lo sbattiamo fuori da tutte le scuole del regno e non potete farci niente, anzi, dovete pure risarcire lo stato per gli anni fatti finora inutilmente a spese del contribuente).
              Insomma, uno, per prendersi un diploma liceale deve avere i controcoglioni ed essere davvero preparato e capace.

          • PinoMamet scrive:

            In effetti l’obiezione di Mauricius sarebbe pienamente sensata, se vivessimo negli anni Cinquanta del Novecento.

            Viviamo invece negli anni Dieci del Duemila, e nessun genitore lascerebbe mai che i figli non riuscissero a leggere i messaggi di whatsapp 😉

            solo non riesce a capire (e io neanche) perché questo debba voler dire imporre Manzoni e Dante a ragazzi ai quali non va proprio giù, e perché fino a 16 anni (ma poi sono 18, perché, per due anni, chi abbondenerebbe mai un diploma? e poi sono 23 perché tanto esiste la laurea breve… e poi 25/27, perché con la laurea breve non ci fai niente…) debbano obbligatoriamente ciondolare in un brutto edificio assieme a una torma- d itutte le persone che potrebbero essere utili alla loro crescita- di coetanei simili a loro.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              “Viviamo invece negli anni Dieci del Duemila, e nessun genitore lascerebbe mai che i figli non riuscissero a leggere i messaggi di whatsapp”

              Ah, visto che “nessuno lo farà mai” (ma chi lo ha detto? E, soprattutto, chi lo impedirà mai visto che non c’è più l’obbligo?) allora lo permettiamo?

            • PinoMamet scrive:

              Non so esattamente cosa non mi torni nel tuo ragionamento, Maurì, ma forse il fatto che tu usi “permettere” in un senso negativo, e “obbligo” in un senso positivo.

              Poi naturalmente può benissimo essere- no, anzi: è; che tu abbia ragione- nel sistema che c’è oggi, quello che tu dici ha perfettamente senso.

              Solo che è il sistema che c’è oggi (vale a dire, il tecnico informatico, il cucitore di divani-della-qualità, lo stilista e il ricercatore di epigrafia devono tutti aver superato un test in cui gli si chiede di parlare del contrappasso dantesco, e la loro conoscenza viene misurata in decimi e poi in centesimi…) ad avere, diciamo, non troppo senso.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Qualsiasi ragazzino finite le medie può scegliere la strada che vuole, anche appendere i libri al chiodo. Se poi si usa male la propria libertà questo non si corregge con più libertà (= eliminare obblighi).

            • paniscus scrive:

              Mauricius, ti svelerò un segreto: l’obbligo scolastico in Italia è a 16 anni, non a 14.

              Quindi non è affatto vero che un ragazzino, finita la terza media, può appendere i libri al chiodo… deve per forza iscriversi a qualche scuola superiore qualsiasi, ben sapendo che non ha NESSUNA intenzione di concluderla, e deve semplicemente stare lì a fare la presenza fino al compimento del sedicesimo anno, senza il minimo obbligo di impegno e di partecipazione autentica (cioè, l’obbligo in teoria ci sarebbe, se non si impegna lo bocciano… ma se a lui non frega niente di essere bocciato e gli va benissimo così, in che modo lo si dovrebbe convincere?)

              In realtà la normativa nazionale prevederebbe che, per quei due anni di ulteriore obbligo dopo la terza media, non sia obbligatorio iscriversi proprio “a scuola”, ma che si possano svolgere anche in centri di formazione professionale puramente pratica, dai quali già dopo due anni si esce con una qualifica spendibile.

              Solo che la normativa nazionale lascia un enorme margine di discrezionalità alle singole regioni… e diverse regioni, guarda caso quelle che hanno fama di essere più “illuminate”, più “democratiche” e più “all’avanguardia”, hanno pensato bene di eliminare la possibilità di passare subito alla formazione professionale a 14 anni, e di consentirlo solo dopo i 16, in base a un presunto principio di progresso culturale per offrire più istruzione possibile a tutti (anche a quelli che non vogliono saperne).

              Avete presente quelle regioni che sono “tanto all’avanguardia” da offrire nel prontuario della asl pure le cure alternative che non funzionano? O che sono “tanto all’avanguardia” da aver tolto l’obbligo di legge per i vaccini infantili, perché è tanto bello che ogni famiglia sia lasciata libera di scegliere consapevolmente? Bene, la stessa cosa.

              Il risultato è che questa tipologia di ragazzi, che magari avrebbero già le idee abbastanza chiare in partenza sul fatto di non avere più nessuna voglia di stare sui libri, e che non vedono l’ora di potersi iscrivere a un onesto corso specifico per pizzaioli, carrozzieri, estetiste… sono COSTRETTI per legge ad aspettare altri due anni, e a trascorrere questi due anni stazionando in un’aula scolastica, afferente a un corso di studi “qualunque”, di cui non gliene importa nulla.

              Magari il legislatore illuminato aveva pensato che in tal modo, venendo esposti al sacro fuoco della conoscenza, avrebbero potuto ripensarci, entusiasmarsi alla scuola e cambiare idea.

              Invece il risultato è che si fanno bocciare subito al primo anno, poi magari provano a cambiare scuola ma si fanno ribocciare anche al secondo giro, e che finiscono LO STESSO al centro di formazione professionale che volevano frequentare fin dall’inizio, ma ci finiscono con due anni di ritardo.

              Ovviamente, nel frattempo non hanno imparato assolutamente niente in più rispetto all’uscita dalla terza media, ma in compenso hanno avuto modo di macerarsi per due anni nella frustrazione e nel risentimento più assoluti, e hanno fatto in tempo a maturare un disprezzo forsennato per lo studio e la cultura, ancora più profondo di quello che potevano avere già da prima.

              All’atto pratico, nel migliore dei casi si sono “solo” annoiati a morte, nel peggiore si sono sfogati a provocare, a disturbare e a fare i bulli, rendendo completamente invivibili le classi prime degli istituti tecnici e professionali di stato, anche per chi ci si iscriveva con convinzione, per imparare qualcosa.

              Adesso vedo che anche le regioni “all’avanguardia” di cui sopra, ci stanno ripensando e stanno cominciando a fare marcia indietro, visti i risultati. Esattamente per lo stesso motivo per cui le regioni che erano state “tanto avanti” da togliere l’obbligo dei vaccini, adesso si sono ridotte a fare campagne martellanti su quanto sia importante vaccinare, perché si sono accorte dei danni paurosi che si rischiano quando a fare gli alternativi sono in troppi…

            • Peucezio scrive:

              Ma se non ci vanno proprio che gli succede?
              Che ai genitori gli tolgono la patria potestà? Capirai, a sedici anni… l’avrebbero persa di lì a poco.

            • Roberto scrive:

              Peucezio,

              Che succede?
              Nel caso peggiore una multa di 30 euri, ma in realtà non succede nulla (sembra che la Moratti abbia fatto un piccolo errorino)

              http://www.disal.it/Objects/Pagina.asp?ID=15999

              Quindi lasciate tranquillamente i figli a casa se a scuola si scocciano

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              @ Paniscus

              Davvero si studia così tanto alla formazione provinciale? Ecco, questo segreto, non quello dei 16 anni, mi mancava 😀

            • paniscus scrive:

              Ma il problema non è che “non ci si possa tenere il figlio a casa” (che non vedo per quale motivo dovrebbe essere caldeggiato… cioè, cosa ci starebbe a fare tutto il giorno in casa un quattordicenne che non studia, non lavora, non collabora in famiglia e non fa un tubo di niente, se non dormire fino a mezzogiorno, e sbracarsi alla playstation da mezzogiorno alle nove di sera????).

              Il problema sta nel fatto che tale quattordicenne, se anche volesse iscriversi a un corso serio per parrucchieri, per pizzaioli o per idraulici, NON POTREBBE, perché non gli accetterebbero l’iscrizione in quanto ancora “obbligato ad andare a scuola”.

              Se poi a scuola non ci va, è vero che non rischia praticamente nulla, né lui né i suoi genitori…ma il problema oggettivo è che non è autorizzato legalmente a fare nient’altro, né lavorare come apprendista, né seguire un corso di formazione professionale pratica.

              Praticamente, PRIMA di poter accedere al tipo di formazione che gli interessa, è obbligato per legge a farsi bocciare per due anni all’istituto tecnico, oppure a stare a casa a morire di noia, è quello il problema!

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Io la scelta delle superiori la feci con l’obbligo a 16 anni e potevo decidere di iscrivermi anche ai corsi di formazione professionale, da subito.

            • paniscus scrive:

              Te l’ho detto, dipende dalle regioni! In Toscana per molti anni non è stato possibile, stanno cominciando a ripensarci solo adesso!

            • Peucezio scrive:

              “Il problema sta nel fatto che tale quattordicenne, se anche volesse iscriversi a un corso serio per parrucchieri, per pizzaioli o per idraulici, NON POTREBBE, perché non gli accetterebbero l’iscrizione in quanto ancora “obbligato ad andare a scuola”. ”

              Lo stato italiano è una sciagura per il genere umano.

    • Miguel Martinez scrive:

      ” la scuola universale è la sola timida speranza di un minimo di ascensore sociale.”

      Come sempre, ci manca il contesto.

      Tre esempi:

      1) Un parente acquisito, cresciuto come contadino, a forza di studiare è diventato un bravo ingegnere aerospaziale (ma da pensionato sta tornando decisamente alle radici contadine). Questo è un caso lampante della scuola come “ascensore sociale” e del merito premiato con un discreto e onesto grado di benessere. Ma non ci dice nulla a proposito della domanda più importante: che effetto hanno oggi sulla vita sul pianeta, gli esiti del suo lavoro di trenta o quarant’anni fa? Rottami di aerei, un piccolissimo contributo al tasso di inquinamento globale e all’asfaltatura generale, che si somma però allo stesso “contributo” offerto da altri cento milioni come lui nel mondo.

      2) Il sottoscritto, che a livello sociale non deve proprio nulla alla scuola. Mi sono divertito a laurearmi in lingue orientali, ma non ho mai, una sola volta, dovuto tirar fuori un certificato di laurea, tant’è che non l’ho nemmeno ritirato all’università. Un certo grado di cultura mi aiuta probabilmente a “presentarmi bene”, e questo mi aiuta diplomaticamente a trovare lavoro, ma è una cultura che mi sono fatto totalmente da solo – anche a livello di nozioni, non devo praticamente nulla alla scuola.

      3) L’ascensore sociale individuale non c’entra nulla con il benessere collettivo. Sul pianeta, non ci sono mai stati poveri (e cucitori di palloni) come oggi, se non altro per il semplice motivo che la popolazione aumenta. E quando – grazie a bravi ingegneri come quello di cui si parlava al primo punto – si troverà come sostituire tutti i cucitori di palloni con robot, la loro condizione ovviamente peggiorerà.

      Se facciamo queste tre riflessioni, ci accorgiamo che la questione dell’ascensore sociale non è così semplice.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Certo, non è semplice. Non è nemmeno così semplice condannare i teppisti che danno fuoco ai barboni, visto che così facendo sfogano aggressività che altrimenti riverserebbero su altri individui. A patto che diano fuoco ai barboni, si intende, e non a me, perché allora diventa tutto semplice 😀

        PS: con gli argomenti per cui la 1 “non è così semplice” possiamo anche prevenire la 2 vietando la stampa e la diffusione di libri senza previa autorizzazione amministrativa, ovviamente concessa a chi decido io, al fine di evitare che nuovi traduttori che si sono appassionati da soli favoriscano la globalizzazione, il dispositivo energivoro, ecc., ecc.
        E’ invece è proprio così semplice, perché dubito che il traduttore che conosce le lingue per motivi autobiografici e l’ingegnere figlio di genitori abbienti siano meno dannosi per l’ambiente dei loro colleghi che hanno goduto dei benefici della scuola dell’obbligo.
        Se no diciamo che l’effetto serra è dovuto alla sospensione della pratica del sacrificio dei primogeniti perché “tanti scienziati e imprenditori sono primogeniti”…

        • Miguel Martinez scrive:

          “Certo, non è semplice.”

          Scusami, questa volta non ho capito una virgola di quello che hai detto. Capisco vagamente che sei contrario all’idea di dare fuoco ai barboni, ma non mi ricordo di aver sostenuto il contrario.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Hai scritto che:
            1) l’ascensore sociale non è in sé un bene perché il sistema economico è distruttivo, ecc.
            Al che ho risposto che il sistema economico è distruttivo a prescindere dalla mobilità sociale, perché l’aereo (prendo il tuo esempio) costruito dall’ingegnere figlio di ricchi non inquina meno di quello costruito dal figlio di poveri.
            2) per svolgere mansioni non manuali (es., traduttore) non serve per forza aver studiato a scuola, ma si possono avere certe competenze anche per il proprio vissuto, i propri interessi, ecc.
            E ho osservato che se il problema è il sistema economico come si sosteneva al punto 1, allora forse non devi vietare la scuola, ma semplicemente vietare i libri, perché chi sa scrivere l’inglese per averlo imparato tramite l’istruzione ufficiale non è intrinsecamente più dannoso di chi lo ha imparato tramite altri canali.

            Erano osservazioni di metodo, più che di merito.

            • Miguel Martinez scrive:

              “Hai scritto che:”

              Ok, proviamo:

              1) dico che “l’ascensore sociale” riguarda l’individuo (che in questo caso “sta meglio”), ma non implica necessariamente alcun bene per la società nel suo complesso, che è ciò di cui si dovrebbe occupare la “politica”

              2) “per svolgere mansioni” ecc. Boh, mi sembra che è più o meno quello che ho detto.

              3) Con quale autorità dovrei io vietare qualcosa, questa non l’ho capita.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              La società non è anche somma di individui? Si può al massimo dire che la mobilità sociale sia prima di tutto la fortuna di uno e la sfortuna dell’altro, anche se ci si dimentica l’aspetto di efficientamento a cui conduce il fatto che ogni attività possa essere svolta dalla persona più adatta.

      • Francesco scrive:

        1) gli aerei costruiti oggi inquinano TANTISSIMO meno di quelli costruiti prima, per motivi di leggi e di costo del carburante. non mi pare un fatto indegno di nota.

        2) non c’è mai stata una quota così bassa di poveri nel mondo

        3) il tenore di vita dei poveri è, in generale, in crescita nel mondo da parecchi decenni. a riprova chiamo la durata della vita media, che non è un bene che i ricchi possano far proprio in misura significativa

        questo per quella roba noiosa chiamata fatti, per il resto procedete pure.

  62. Moi scrive:

    @ HABS

    https://www.youtube.com/watch?v=gYX3l_Z62tw

    Jean-Marie Le Pen: discorso sul mondialismo

    8 MIN 15 SEC (densissimi !)

    V.O.

    • habsburgicus scrive:

      grazie !
      lui vale molto più della figlia
      però anche Marine, una volta eletta presidente, potrebbe fare bene (Marion è meglio di Marine, politicamente…e non solo)
      Trump è K.O..ora pare certo..ahinoi..a meno che l’America più vera e “rozza” dica….”e che ce ne fotte a noi ? anzi, è un vero maschio..lo votiamo ancora con più gusto” 😀 io però tendo a non sottovalutare i media e la loro capacità di influenzare

      • Moi scrive:

        Trump in realtà, poi, se ha detto più o meno “money helps to get fàiga” 😉 … ha detto l’ovvio. 😉

        • Moi scrive:

          … Another Chestertonian Sword held aloft ! 😉

        • Francesco scrive:

          e che cavalchi la negazione di questa banalità la moglie di Bill Clinton è clamoroso!

          però ribadisco che è colpa di Trump, non puoi fare davvero il candidato delle classi basse se cavalchi la divisione tra bianchi e non bianchi … stai già facendo il gioco del tuo avversario

    • Roberto scrive:

      Lui varrà più della figlia, ma la figlia Ha avuto dei risultati che il padre si sognava

  63. Moi scrive:

    di Dante e di Manzoni, ricchi o poveri frega uguale : ZERO ! 😉

  64. Moi scrive:

    Sennò rendere tutti in grado di leggere e scrivere in Italiano (poi si leggano quel che vogliono SE lo vogliono) e far di conto con le 4 operazioni … poi chi ne ha avuto abbastanza, smette : una playstation tiene “parcheggiati” i ragazzini meglio di qualunque insegnante ! 😉

  65. Roberto scrive:

    Quindi, e mi rivolgo agli anti obbligo scolastico, le varie campagne contro il lavoro dei bambini nelle fabbriche del terzo mondo sono non soltanto inutili ma pure dannose?
    Tutti a fare mattoni, cucire palloni & magliette o pascolare capre?

    • Roberto scrive:

      Anzi non tutti, i figli dei colti a casa con il precettore se dotati, sennò a fare lezioni di equitazione o scherma….

      Bah!

      • PinoMamet scrive:

        In realtà le lezioni di scherma hanno costi normalissimi, identici a quelli di qualunque altro sport…
        equitazione non so 😉

    • PinoMamet scrive:

      Io non parlo del terzo mondo, dove non ho idea di come siano le scuole.

      In Italia, comincio a credere che forse abbia ragione Habs: tornare a Gentile. Un Gentile temperato, adattato alle esigenze della mutata società, ma il succo è:
      se lo scopo del 90% degli iscritti alle scuole superiori è di andare a lavorare, e il 90% di quanto gli viene propinato a scuola non gli interessa, non gli piace, e non gli serve per il lavoro: perché non mandarli direttamente a lavorare?

      • PinoMamet scrive:

        Tanto più che la Scuola impegna un numero ormai considerevole di ore nell'”alternanza scuola lavoro”, togliendole alla didattica.

        Vale a dire, in pratica, si sta trasformando in un’avviamento professionale.

        Che può avere benissimo senso per le scuole professionali;
        è assurdo e deleterio per gli indirizzi liceali (tutti, io difendo il classico per affezione ma il discorso, campanilismi a parte, si applica a tutti).

        A ‘sto punto, dividiamo in due il percorso: chi vuole studiare faccia il liceo, senza l’impiccio di un’alternanza col lavoro che non gli serve a nulla, ed è deleteria per i suoi studi;

        e chi vuole lavorare prima faccia gli altri corsi.

        Vorrà dire che saranno i figli dei ricchi a fare il liceo?
        Risposta uno: e quando mai è stato il contrario? (io dico statisticamente eh?)
        Risposta due: anche no, nel senso che la scelta è tra guadagnare prima e non fare carriera, e fare sacrifici e farla, e non sempre i ricchi sono disposti a fare sacrifici…. anzi spesso succede il contrario.

    • Peucezio scrive:

      Roberto:
      “Quindi, e mi rivolgo agli anti obbligo scolastico, le varie campagne contro il lavoro dei bambini nelle fabbriche del terzo mondo sono non soltanto inutili ma pure dannose?”

      E’ ovvio. Lo vado predicando da anni.

      Parlando seriamente, il problema è che lì ci sono degli eccessi (anche verso gli adulti) ma non ho mai capito in sé cosa ci sia di male nel lavoro minorile.
      In Italia, fino a una manciata di decenni fa era una cosa normalissima. I b ambini andavano a lavorare in campagna, davano una mano in qualche bottega di artigiano (e imparavano un mestiere), facevano i pastorelli, i pescatori.
      Secondo me è infinitamente più sano di un’attività inutile e autoreferenziale come quella scolastica, che non ha nessuna connessione con la vita ed è una sorta di sterile esercizio a vuoto.

      • PinoMamet scrive:

        Beh, insomma, però tra l’apprendistato da un “artiggiano daa qualità” e il cucire palloni in Indonesia ci passa un bel pezzo, eh? 😉

        ma proprio perché ci passa un bel pezzo, e proprio perché non viviamo in Indonesia, sarebbe ora che gli italiani togliessero lo stigma alle professioni “manuali” (e direi che staanche succedendo): ulteriore motivo per evitare di imporre a tutti lo stesso stampino scolastico
        (che poi Dante lo saprà sempre meglio il contadino che se li è letto per curiosità, che lo studente che deve ripetere a pappagallo il contrappasso, l’intepretazione figurale e così via…)

        • Peucezio scrive:

          “Beh, insomma, però tra l’apprendistato da un “artiggiano daa qualità” e il cucire palloni in Indonesia ci passa un bel pezzo, eh? ;)”

          Certo, questo intendevo parlando di eccessi.
          Quelle sono forme di sfruttamento disumano e non credo riguaridno solo i bambini.

        • Peucezio scrive:

          “(che poi Dante lo saprà sempre meglio il contadino che se li è letto per curiosità, che lo studente che deve ripetere a pappagallo il contrappasso, l’intepretazione figurale e così via…)”

          Infatti il mio bisonno non era andato a scuola, faceva il fabbro e sapeva la Divina Commedia a memoria. Uno studente attuale, magari laureato, è già tanto se riesce a farfugliare i primi due versi.

      • Roberto scrive:

        Sai peucezio cosa c’è di male nel lavoro minorile? Che il figlio del povero andrà sempre, sempre e senza eccezione, a cucire palloni, portare le pecore al pascolo e scavare in miniera.
        Ma è giusto che sia così perché prima era così…..

        Ripeto, mah!
        Mi sembra che per semplice amore della discussione e delle posizioni estreme stiate sostenendo una vera assurdità.

        Poi che un diplomatico generalizzato non sia una bella cosa non ho nessun dubbio, come non ho nessun dubbio sul fatto che i ragazzi arrivati ad un certo punto, se proprio non hanno testa per studiare devono andare a lavorare (sono per esempio favorevolissimo al numero chiuso all’università)

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Ma cucire palloni è certamente più sano e naturale dell’apprendimento delle tabelline. E poi se non cuciono i palloni rischiano di produrre aeroplani che inquinano, mentre i palloni servono ai ragazzini a fare sport all’aria aperta, quindi fa bene alla salute e alla socializzazione.

          • Miguel Martinez scrive:

            “mentre i palloni servono ai ragazzini a fare sport all’aria aperta”

            Scusami, ma mi sembra una sciocchezza. Anche se vogliamo affrontare la questione unicamente in termini di inquinamento, i palloni sono altamente inquinanti, viaggiano per il mondo riempiendo aerei, fanno produrre e sprecare più petrolio, e immagino che le fabbriche non aiutino esattamente a mantenere pulita la falda aquifera.

            Poi si può sempre sostenere che “altrimenti morirebbero di fame”, ma nemmeno questo è necessariamente vero: la crisi dell’agricoltura, almeno nel subcontinente indiano, è in parte un fenomeno recente.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Quindi concordiamo sul fatto che sia possibile inquinare senza essere andati a scuola e che l’obbligo scolastico non dovrebbe essere la causa dell’inquinamento.

              • Miguel Martinez scrive:

                “Quindi concordiamo sul fatto che sia possibile inquinare senza essere andati a scuola e che l’obbligo scolastico non dovrebbe essere la causa dell’inquinamento.”

                Ma infatti, non l’ho mai detto.

                Casomai, l’obbligo scolastico è figlio dello Stato Nazione, ma questo mi sembra un dato di fatto, più che un giudizio.

        • Roberto scrive:

          Diplomificio, non diplomatico (grazie correttore)

        • Peucezio scrive:

          Roberto,
          “Sai peucezio cosa c’è di male nel lavoro minorile? Che il figlio del povero andrà sempre, sempre e senza eccezione, a cucire palloni, portare le pecore al pascolo e scavare in miniera.
          Ma è giusto che sia così perché prima era così…..”

          La società a classi è stata prodotta da quelle stesse élite che poi hanno prodotto la scolarizzazione di massa. E’ solo un passo ulteriore.
          Non ho mai detto di volere che il figlio dell’operaio debba fare l’operaio, anche se è portato per lo studio.

          • Roberto scrive:

            Credo invece che la società in classi esiste da quando il primo gruppo di semiscimmie ha deciso di separare i cacciatori da i raccoglitori.

            • Abd al-Jabbar Ibn Hamdis (già "Andrea") scrive:

              Sono d’accordo con Roberto. Penso che le classi sociali, con relative disuguaglianze, scaturiscano dalla specializzazione dei ruoli nelle società.

            • Abd al-Jabbar Ibn Hamdis (già "Andrea") scrive:

              Poi, mi pare che i Pigmei dell’Africa equatoriale abbiano dato luogo al più duraturo ed efficace sistema egualitario della vicenda umana. Ma noi non saremmo capaci di fare nostro lo stile di vita dei Pigmei, quindi…

            • Peucezio scrive:

              Roberto,
              qua non si tratta tanto di opinioni, ma di riscontri.
              E’ la solita mitologia per cui tutte le epoche sono uguali (cioè in fondo uguali alla nostra).
              Nei villaggi neolitici non esisteva una casa più grande delle altre (cioè n on è che erano tutte identiche, non c’era una vistosamente più grande, erano tutte più o meno simili), non c’era una sepoltura più lussuosa delle altre.

            • Roberto scrive:

              Ok le scimmiette non ti piacciono.

              Possiamo considerare l’esistenza delle piramidi come testimonianza di società divisa in classi ben prima della nascita delle élites di cui parlavi?

              • Miguel Martinez scrive:

                “Possiamo considerare l’esistenza delle piramidi come testimonianza di società divisa in classi ben prima della nascita delle élites di cui parlavi?”

                Non so dire per l’Egitto antico.

                L’Egitto del Settecento/Ottocento era in sostanza un insieme di comunità contadine autonome e relativamente autosufficienti, gestite in maniera comunitaria (appunto), spesso grazie a ordini sufi (compresi i rami femminili) che decidevano tutte le questioni fondamentali della ripartizione delle terre e dell’acqua.

                In qualche luogo remoto, c’era qualche turco, albanese o altro a cui si doveva pagare una parte del raccolto.

                Questa non la considero una “società divisa in classi”, casomai è una comunità indipendente occasionalmente saccheggiata o ricattata da qualche prepotente estraneo.

                L’Egitto diventa una società divisa in classi con le criminali riforme di Muhammad Ali, la distruzione della vita e dell’autosufficienza contadina, la violenta immissione dell’Egitto nel mercato mondiale per arricchire alcuni sanguisuga, poi il delitto del Canale di Suez (se ben ricordo, si stimano vagamente 15.000 morti per far passare più velocemente gli arricchimenti degli altri) e tutto il disastro da cui l’Egitto non è ancora uscito.

            • PinoMamet scrive:

              Non so se ho capito bene la polemica, ma in effetti nell’Antico Egitto la scuola serviva proprio a perpetrare il sistema com’era, e la sua divisione in classi.

              Un po’ come oggi, insomma 😉

            • Z. scrive:

              Insomma, per avere una società senza classi basterebbe abolire la scuola.

              Alla fine la via maestra per il comunismo era molto più breve di quanto non pensassero Carletto e Federico!

          • Roberto scrive:

            La polemica nasce da questa affermazione di peucezio

            “La società a classi è stata prodotta da quelle stesse élite che poi hanno prodotto la scolarizzazione di massa.”

            Ora, io sostengo che la “società a classi” è anteriore alle élites che hanno prodotto la scolarizzazione di massa. Se c’è un legame fra tutankhamen, la suddivisione della società in classi e la scolarizzazione di massa del XIX secolo, fatico, sicuramente per limiti miei, a vederlo

            • Peucezio scrive:

              Roberto, mi immedesimo nella tua fatica, ma non so bene che farci.
              Il vero spartiacque è fra società neolitiche e società dei metalli (che è anche probabilmente un discrimine etnico fra mediterranei e tribù pastorali camito-semitiche), quindi l’Egitto dei Faraoni è proprio il trionfo dell’elitarismo, è la prima grande manifestazione dello spirito moderno.

            • Peucezio scrive:

              Ma, a quanto pare, l’altra componente riemerge periodicamente (non avevo idea dell’Egitto ottocentesco di cui parla Miguel, che mi pare molto interessante).

              • Miguel Martinez scrive:

                Peucezio

                “Ma, a quanto pare, l’altra componente riemerge periodicamente”

                Infatti, la storia è una continua oscillazione tra oligarchia e democrazia, non un passaggio definitivo dall’una all’altra.

        • Peucezio scrive:

          Roberto,
          “Mi sembra che per semplice amore della discussione e delle posizioni estreme stiate sostenendo una vera assurdità.”

          Sai che mi sorprende il tuo stupore?
          Ho posizioni eccentriche e lo sappiamo, ma l’avversione verso la scuola è un mio cavallo di battaglia da anni, ormai dovresti esserci abituato. Sarebbe come se dicessi: Moi, che strano, da quando hai tutta quest’antipatia verso il politicamente corretto?

          • Roberto scrive:

            Questa cosa della scuola mi ha sempre sconvolto, diciamo che è l’equivalente di quello che è per te il matrimonio gaio.
            In più conoscevo la tua posizione ma mi sorprendono Pino, lisa e miguel

            • Miguel Martinez scrive:

              per roberto

              “In più conoscevo la tua posizione ma mi sorprendono Pino, lisa e miguel”

              Ma io non ho una “posizione”, perché stiamo parlando di una cosa che si muove e cambia nel tempo.

              Non sono “contrario” alla scuola, a differenza di Peucezio.

              Credo che la scuola oggi non serva più come ascensore sociale in Europa (e infatti l’esempio dei palloni da cucire non è europeo).

              Credo che non possa resistere alla concorrenza dei media elettronici.

              A questo punto, diventa un’istituzione storicamente sorpassata, soltanto che non si ha idea di cosa la possa sostituire, perché finora tutte le istituzioni educative (compresi gli schiaffoni in famiglia) servivano anche a preparare “preparare per il lavoro futuro”, e oggi la maggior parte delle persone, per la prima volta nella storia, non ha alcuna prospettiva di lavoro futuro, nemmeno come schiavi.

              In un contesto del genere, la scuola diventa un luogo divertente in cui parcheggiare i ragazzi per alcuni anni, a spese dei contribuenti.

            • Roberto scrive:

              Miguel

              “Credo che la scuola oggi non serva più come ascensore sociale in Europa”

              E secondo me su questo sbagli totalmente.
              Come dicevo ieri, che non funzioni per tutti è evidente, ma, per dire, se il figlio di un minatore italiano emigrato in Belgio nel 1970 oggi è magistrato (e mio kalergico collega) e si è sposato con una greca, cardiologa, figlia di un operaio e di una cameriera emigrati in Germania negli anni 80, beh un po’ di merito a scuole pubbliche, obbligatorie per tutte io lo vedo

          • PinoMamet scrive:

            Roberto, a me la scuola andava benissimo da studente; anzi no: da studente ginnasiale e liceale, perché ho avuto il culo di capitare di una scuola piccola, in una classe piccola, con gente simpatica.

            Essendomi momentaneamente toccato di fare l’insegnante, mi sembra di essere capitato nella società di 1984 di Orwell, e nell’esatto contrario di quella educazione che voleva Don Milani e di tutte le belle teorie didattiche che si leggono nei libri.
            Il libero pensiero di insegnanti e studenti, incoraggiato nella teoria, è vivamente sconsigliato nei fatti, gli studenti sono seppelliti di regole ridicole, che fanno in modo che evitino accuratamente di imparare la ratio delle poche ragionevoli, in base al discutibile criterio che “devono imparare a rispettare le regole”; gli insegnanti sono subissati di incombenze burocratiche completamente inutili e che tolgono tempo ed energie alla didattica; i genitori si lamentano di tutto e del suo contrario; il ministero irrompe saltuariamente sulla scena per imporre idee irrealizzabili e verificare che vengano realizzate e in generale per rompere il cazzo e rendere più confusa la situazione; il tutto nel casino inevitabile generato da qualche centinaio di adolescenti che qualche mente geniale ha deciso di dover riunire tutti insieme… per educarli!!

            • Roberto scrive:

              Ok, ma tutto questo mi porterebbe a dire che bisogna organizzare meglio la scuola, non che bisogna eliminarla!

            • paniscus scrive:

              per Roberto: ma il punto non è affatto se “si debba eliminare la scuola” sì o no… il punto è che NON E’ PIU’ VERO che che la scuola attuale (almeno in Italia, altrove non lo so) svolga ancora quella funzione di “ascensore sociale” che caldeggi tu, e che era sicuramente vera 30 o 4o anni fa, ma adesso no!

              Una scuola da cui nessuno si aspetta più un ruolo vero di formazione e di istruzione, ma da cui TUTTA la società oggi si aspetta solo un ruolo di babysitteraggio, sorveglianza, intrattenimento, coccolamento, socializzazione, gratificazione, personalizzazione dei programmi, abbassamento delle richieste su misura individuale, e distribuzione automatica di promozioni e titoli di studio a tutti, per il solo fatto di averci stazionato dentro per qualche anno… me lo spiegate in che modo potrebbe ancora funzionare da “ascensore sociale”?

              Se quello che si è fatto un mazzo così per imparare davvero e quello che non ha mai aperto libro ma è stato promosso tutti gli anni con “voti di consiglio” che hanno indegnamente sanato la situazione di tre o quattro materie insufficienti (per non parlare dell’orgoglioso portatore di una diagnosi fasulla di DSA che gli permette di andare avanti per tutta la carriera scolastica con le richieste dimezzate, o di quello che non ha imparato niente ma è stato promosso lo stesso perché gli hanno fatto il BES per motivi di disagio psicologico)… dico, se tutti questi vanno avanti allo stesso modo e prendono lo stesso diploma, IN CHE MODO si pensa che possano essere selezionati dopo, nel mondo del lavoro, se non per criteri che non c’entrano niente con i titoli di studio, ma solo con i traffici e le raccomandazioni personali dipendenti dalle conoscenze familiari?

            • Peucezio scrive:

              Sì, ma lui dice che riformandola tornerebbe a funzionare.
              Il fatto è che sono quelle belle intenzioni velleitarie del tutto irrealistiche.
              Io sono contro la scuola in generale, ma quella di cinquant’anni fa era infinitamente meglio di quella di oggi, e ancora quella che ho fatto io, post-sessantottesca e tutto, tutto sommato era abbastanza seria: negli anni ’80 il Berchet di Milano una certa formazione te la dava. Poi, certo, io ci ho mesos molto del mio, ma almeno certi strumenti minimi mi sono stati forniti.
              Ma oggi…
              Ma la colpa è tutta delle riforme.
              Lasciatemi fare il fascista per una volta e dire che se avessero lasciato in pace la scuola gentiliana così com’era, senza toccare una virgola (tranne aggiornamenti inevitabili su alcuni contenuti), oggi avremmo degli italiani meno analfabeti.

            • habsburgicus scrive:

              scuola gentiliana così com’era, senza toccare una virgola (tranne aggiornamenti inevitabili su alcuni contenuti), oggi avremmo degli italiani meno analfabeti.

              @Peucezio
              accordo assoluto !!!!!

  66. Moi scrive:

    Eddigiàààmolo 😉 che il sapere fine a sé stesso sarà indubbiamente piacevole quando qualcosa c’ interessa … altrimenti diventa una delle peggiori e più frustranti torture psicologiche, controproducente verso ciò che chiamiamo il “Fare Cultura ” che per il Vero Progressista _da De Amicis a Galimberti_ è la Grande Panacea Sociale !

  67. Roberto scrive:

    Miguel

    “ma è una cultura che mi sono fatto totalmente da solo – anche a livello di nozioni, non devo praticamente nulla alla scuola”

    Questa cosa mi fa pensare a cosa devo io alla scuola.

    Elementari: ho imparato a leggere e scrivere, a fare un po’ di matematica
    Medie: non pervenute
    Liceo: ho letto un sacco di cose che non avrei mai letto perché istintivamente non mi interessavano. So che la poesia è una forma d’arte che non mi interessa minimamente e lo so perché mi sono fatto due così tanto a leggere poesie di ogni genere.
    Ho scoperto cose che mi interessavano e delle cui esistenza non avevo nessuna idea (in generale, la letteratura greca).
    Ho scoperto cose che mi piacevano ma per le quali non avevo nessun talento (materie scientifiche ed in particolare fisica e matematica).
    Ho imparato a sopravvivere alla noia (impossibile restare concentrato in certe udienze se non avessi imparato a tenere gli occhi aperti durante l’ora di filosofia, ultima ora del sabato dopo due di ginnastica….).
    Ho imparato a sopravvivere in un gruppo di persone che detestavo. Ho amici con i quali sono ancora in contatto.
    Ho imparato a diffidare e allo stesso tempo rispettare l’autorità.
    Ho imparato, senza falsa modestia, a scrivere in un ottimo italiano (lasciate perdere i mille errori che faccio qui, scrivo sempre alla velocità della luce e facendo altre cose)
    Ho imparato a giocare a basket.
    Probabilmente se fossi andato a zappare nei campi (ma nessuno mi impediva di farlo nel tempo libero) avrei avuto altre esperienze ed avrei imparato altre cose, ma non queste

  68. Roberto scrive:

    Giusto a titolo di aneddoto, il granducato è il solo paese in Europa dove l’obbligo scolastico inizia a 4 anni (due anni di école précoce, né più né meno che la scuola materna italiana, sono obbligatori)

    • Peucezio scrive:

      Vabbè, questi so’ pazzi, che dire di fronte a cose del genere…

      • Roberto scrive:

        Devo dire però che i miei due ci andavano molto volentieri a scuola. E te credo, passano la giornata a giocare con gli amici o a fare attività divertenti con le maestre!

        • Peucezio scrive:

          Ma certo!
          La follia è che sia un obbligo, scavalcando le famiglie.

        • paniscus scrive:

          per Roberto:

          guarda che quello che io, Miguel o PinoMamet stiamo cercando di dirti da parecchie pagine, è che adesso tale situazione, che tu descrivi come tipica della scuola materna, si è estesa indiscriminatamente a qualsiasi ordine di scuola, fino alle superiori.

          Cioè, non solo il bambino dell’asilo, ma anche l’adolescente delle medie o delle superiori, compreso quello al di sopra dei 16 anni che non è più nell’obbligo scolastico, va a scuola volentieri, ma soltanto per quello:

          ovvero, per socializzare, frequentare gli amici, trovare conoscenze nuove, divertirsi, essere coccolato e gratificato, non sentirsi oppresso da nessun obbligo di impegno e di fatica, e potersi permettere anche intemperanze e scorrettezze che in qualsiasi altro luogo sarebbero punite o anche denunciate penalmente, ma che solo a scuola passano in cavalleria.

          Se a te sembra un progresso, boh… a me no.

        • Roberto scrive:

          Quelli che io invece sto cercando di dirvi da parecchie pagine è che se quelli sono i problemi la soluzione non è “chiudete la scuola” ma “risolvete i problemi”
          (Voi, nel senso “voi italiani”, perché le cose che raccontate sono abbastanza incredibili per chi in Italia non ci vive….non dico affatto che non ci credo, praticamente tutta la mia famiglia italiana insegna e mi raccontano cose simili)

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Roberto

            “Quelli che io invece sto cercando di dirvi da parecchie pagine è che se quelli sono i problemi la soluzione non è “chiudete la scuola” ma “risolvete i problemi””

            Affermazione di apparente buon senso.

            Però chi dovrebbe esattamente risolvere questi problemi?

            I ragazzi che vengono promossi e coccolati?

            Le famiglie che non vogliono che i figli soffrano?

            I politici eletti dalle famiglie?

            I presidi-manager che temono i ricorsi?

            Anche nel migliore dei casi, i decisori hanno un orizzonte di pochi mesi davanti, e se si semina per la scuola, si devono aspettare anni per vedere il raccolto.

          • Roberto scrive:

            Ma non è per questo che esiste la politica?
            Esiste un bisogno di a parte della società, questa parte cerca di convincere gli altri e se/quando ci riesce si cerca di soddisfare questo bisogno.

            Perché tutto è così complicato a sud delle Alpi?

            • paniscus scrive:

              E infatti nel caso specifico è andata proprio così: una significativa parte della società vuole la scuola divertente, coccolosa, gratificante e priva di qualsiasi responsabilità, che abbia come uniche funzioni sociali quella di parcheggio e intrattenimento giovanile e quella di distribuzione automatica di diplomi per tutti… e la politica è stata ben contenta di dargliela. Dove sta la contraddizione?

            • roberto scrive:

              quali sono secondo te le cause di questo fenomeno che mi pare tutto italiano?

              (per dire, dalle mie parti bocciano pure alle elementari, e da testimonianze dirette so che è la stessa cosa pure in germania in francia)

            • roberto scrive:

              in belgio poi sembrano delle iene, leggevo che quasi la metà degli studenti che arrivano al diploma hanno ripetuto almeno un anno!

            • paniscus scrive:

              “quali sono secondo te le cause di questo fenomeno che mi pare tutto italiano?”
              ————————-

              Il “cocktail micidiale” (come si dice in gergo giornalistico) tra:

              – l’aumento vertiginoso (che c’è stato in pochi anni) della litigiosità giudiziaria e dell’abitudine di risolvere tutto a colpi di ricorsi e denunce;

              – e il mammismo italiano patetico del “guai a chi si permette di traumatizzare il mio cucciolo che ha il diritto di stare al centro dell’universo senza essere mai contrariato da nessuno”.

              In alcuni altri paesi è diffuso il primo atteggiamento ma non il secondo, e in altri avviene il viceversa; l’Italia è uno dei pochi posti dove entrambi si sono impennati paurosamente in contemporanea.

              L.

            • paniscus scrive:

              E comunque non so neanche se sia vero che il clima di severità tedesco e belga sia rappresentativo di “tutto il resto del mondo tranne l’Italia”.

              Mi pare che tutti i sistemi scolastici di impostazione anglosassone (tranne forse qualche selettivissima e rigidissima scuola privata di elite) siano parecchio PIU’ allo sbando rispetto a quello italiano, e che anche nella maggior parte dei paesi del nord Europa abbia preso piede il modello della scuola leggerina e divertente.

              Da un po’ di anni, almeno in Italia, c’è un martellamento mediatico ossessivo sulla mitizzazione e santificazione del sistema scolastico della Finlandia, che sarebbe additato come scuola ideale in quanto “non ci sono compiti, non ci sono voti e non ci sono bocciature”, ma tutti imparano grandiosamente lo stesso.

              Probabilmente non è vero, ma c’è già una massa critica (politici e giornalisti compresi) che crede ciecamente che sia vero…

            • roberto scrive:

              Lisa,

              sulla scuola nei paesi nordici non so nulla se non quello che mi dicono i miei colleghi e cioè che se è vero che i bambini (parliamo di elementari) non fanno nulla a casa, lavorano molto a scuola, anche se in modo credo molto diverso rispetto al nostro (per fare un esempio abbiamo in classe di mia figlia una bambina tedesco-svedese e la mamma si stupiva del fatto che i bambini non possano semplicemente alzarsi ed andare in bagno quando vogliono o sedersi dove vogliono o ancora stare in piedi se si sono stufati di stare seduti). ho il sospetto che quello della scuola semplice e divertente sia un po’ una leggenda metropolitana….

              sugli inglesi non so nulla

              sugli americani (almeno da quello che sento da amici e famiglia), credo che ci sia un’enorme differenza fra ceto medio e alto e ceti bassi. Per i primi, la scuola “buona” non è affatto quella semplice e pucciosa, ma quella che ti permette di accedere alle migliori superiori e poi alle migliori università e in definitiva al migliore lavoro. quindi sono tutt’altro che leggerini e divertenti. anzi, c’è uno spirito di competizione malsano e nessuna pietà per chi “non c’arriva”

              ceto basso – bassissimo, hanno invece come solo scopo che i loro figli stiano da qualche parte, sopravvivano, non vengano arrestati

              (sulla scuola americana, c’è un bellissimo film-documentario che si chiama “hoop dreams”…il tema centrale sono studenti che vanno in un certo college per giocare a basket, ma lo sfondo “scuola americana” è veramente interessante)