Torreglia è un comune di 6000 abitanti in provincia di Padova, nota per la scuola di danza sacra dell’ex-lapdancer convertita, suora Anna.
Come tanti piccoli comuni d’Italia, ha avuto la sua razione di “profughi” (usiamo le virgolette perché il termine significa in realtà richiedenti asilo), mollati lì dall’alto, con l’ordine di arrangiarsi.
A gennaio, una fonte decisamente rancorosa dava queste informazioni, che comunque sembrano credibili (a parte che gli ospiti ci sembrano africani “neri” e non “nordafricani”):
“A Torreglia, ad esempio, i 39 nordafricani ospitati a spese dei contribuenti in due villette di Torreglia Alta, di proprietà di due fratelli affaristi di Abano, grazie ad un protocollo sottoscritto tra la Prefettura, la cooperativa Ecofficina che si occupa dell’accoglienza, il Comune e la Caritas parrocchiale puliscono la chiesa, la canonica, il patronato e Villa Immacolata, il Centro di Spiritualità della Diocesi sul Rua.”
Precisiamo che la Cooperativa Ecofficina è attualmente sotto inchiesta per la miracolosa capacità di prendersi quasi tutti gli appalti per “profughi” nel Veneto.
Comunque, il fatto che i “profughi” puliscano chiesa, canonica e quant’altro, ci aiuta anche a capire perché la parrocchia di Torreglia, già diversi mesi prima, lanciava una campagna per “favorire le micro accoglienze diffuse sul territorio”,
“Gli operatori delle cooperative offrono un sostegno e accompagnamento professionale, i volontari della Caritas favoriscono percorsi di integrazione attraverso esperienze di amicizia e relazione (insegnare a farsi da mangiare, qualche passeggiata o partita di calcio, incontro di scambio con i giovani del territorio, accompagnamento a conoscere i servizi del territorio).”
Nella non lontana città di Pordenone, a luglio, il sindaco ha avuto una trovata che merita di essere citata in pieno.
Il Comune di Pordenone farà lavorare gratis, per “piccole manutenzioni” e per quattro ore al giorno, una cinquantina di “profughi”:
Ogni accompagnatore italiano avrà una pettorina gialla con una bandiera italiana e la scritta “facilitatore” mentre lo straniero avrà una pettorina rossa con la scritta “volontario gratuito”., che andranno in giro con una ben visibile divisa gialla e una bandiera tricolore […].
[i richiedenti asilo] Non percepiranno denaro perchè già vengono elargiti 31 euro per l’accoglienza di ciascuno di loro.”
Non ho le cifre precise per Pordenone, ma in genere, in questi casi, oltre il 90% di quei “31 euro” non vanno al presunto profugo, bensì alle italianissime cooperative che si sono inventate un nuovo mestiere.
Anche il sindaco di Torreglia decide che far lavorare gratis i negri è una bella idea, e lancia l’iniziativa Puliamo Torreglia (prima persona plurale, come in armiamoci e partite).
Come sia andata a finire, ce lo raccontano due esilaranti video.
Dal primo, opera di una certa Ilaria Dalle Palle, apprendiamo che i profughi sono dei grandi lavativi, che si rifiutano di lavorare e preferiscono restare nella loro “enorme villa con parco, e all’interno c’è anche una piscina”.
Molto più interessante quest’altro video, di Tg Padova.
In pratica, si è scoperto che quasi tutte le richieste di asilo presentate dagli ospite di Torreglia sono state respinte, per il semplice fatto che i richiedenti non provenivano da zone di guerra. E infatti (ma mi posso sbagliare), il ragazzo intervistato sembra provenire, per accento e aspetto, dal pacifico e democratico Senegal.
Ora, questi qui hanno rischiato la vita, fingendo di provenire da chissà dove, per trovare una precaria sopravvivenza in un’Europa in crisi. Hanno, insomma, avuto il coraggio di sfidare la morte, che manca ad altre centinaia e centinaia di milioni di persone che vorrebbero sfuggire a un’esistenza diventata invivibile, in un pianeta che affoga.
Se non sono tutti qui, è perché di mezzo c’è un mare e molti squali. Quelli che ce l’hanno fatta, sono i meno lavativi del mondo.
Questi ragazzi non sono certo arrivati, come prospetta la parrocchia di Torreglia, per
“imparare a farsi da mangiare, qualche passeggiata o partita di calcio, incontro di scambio con i giovani del territorio“
e nemmeno per fare campagna elettorale al sindaco.
Vogliono documenti.
E così, hanno deciso di fare lo sciopero del lavoro gratuito.
Ma al Comune, apprendiamo, “non accettano questa protesta”, perché il Comune ha firmato un accordo con tutti (“cooperativa Ecofficina, prefettura..”) tranne i diretti interessati. E così il Comune chiede alla Prefettura di intervenire, nella speranza che esista da qualche parte una legge che obblighi i negri a lavorare gratis.
Il bello è che a questa notizia, ci sono arrivato tramite un sito rancoroso, che questa volta si lamenta perché i “clandestini” non avrebbero voglia di lavorare. E questo chiude un po’ il cerchio, visto che siamo partiti dal sito rancoroso che si lamentava perché lavoravano troppo.
@ Martinez
Mia figlia, ora al liceo scientifico, fra tanti docenti capre ha avuto la fortuna di incontrare una eccellente insegnante di Spagnolo alle medie. Costei, oggi purtroppo deceduta per un tumore in giovane età, ha portato la sua classe in tre anni da zero al livello di comprendere un lungometraggio girato in Spagnolo. Prima dell’esame di terza media, mia figlia ha così potuto vedere e capire un film girato a Ceuta, enclave Spagnola sulla costa Marocchina.
In questo film si raccontano storie di migranti che dal lato Sud del Sahara cercano appunto di entrare a Ceuta, e di lì nella UE.
Fra i tanti dettagli atroci una nota quasi umoristica. Esistono vere e proprie agenzie di viaggio, informali ma funzionanti, che organizzano il trasbordo attraverso il deserto partendo da Senegal, Mali ecc. verso nord. Le inserzioni di queste società sono affisse su cartoncini affissi agli alberi e alle capanne dei villaggi dove abitano i potenziali clienti, e queste tecniche di marketing porta a porta si affiancano al tradizionale passa-parola. Le cifre sono ovviamente alla portata del reddito dei clienti – non è garantito pero’ che il camionista non ti molli in mezzo al deserto senz’acqua, nè che riesca – nel caso segua la costa- ad evitare i campi minati Marocchini anti-Sahar’ui o l pe pattuglie Maliane anti-Al’Qaeda che possono decidere di arrotonare il magro stipendio taglieggiandoti. Ovviamente si evitano i posti di frontiera, per attraversare le quali pure i viaggiatori in regola devono pagare spesso un pizzo (questo me l’ha confermato un mio amico che ha viaggiato in pullman dal Mediterraneo al Golfo di Guinea passando dal Gambia). E’ raro che uno arrivi direttamente dal Senegal a Ceuta. Il viaggio si compone di varie tappe, a discrezione degli autisti, perchè ovviamente non c’è uno sportello del consumatore presso cui protestare all’occorrenza. Spesso si seguono giri tortuosi, e il viaggio dura mesi, Molto richieste, dopo le bottigliette d’acqua, le schede e le batterie telefoniche per comunicare con famiglie nei paesi d’origine e parenti e/o amici in Europa.
Ciao!
Andrea Di Vita
“In questo film si raccontano storie di migranti che dal lato Sud del Sahara cercano appunto di entrare a Ceuta, e di lì nella UE.”
Molto interessante.
Infatti, il 97% degli aspiranti migranti, non parte nemmeno.
il 2% non arriva fino in Italia.
L’1% ce la fa.
Questa élite delle élite, figuriamoci quanta voglia abbia di integrarsi con i Giovani Italiani.
Mi dicono adesso che gli psicopedagoghi adesso suggeriscano di non fare le correzioni in rosso sui compiti, per non traumatizzare i Giovani Italiani.
E quindi? Costruiamo un muro intorno alle coste italiane? Conquistiamo le coste nordafricane e costruiamo li il nostro muro? Affondiamo le barche?
Cosa facciamo per quel terribile 1%?
“E quindi? Costruiamo un muro intorno alle coste italiane?”
Cominciamo non facendoci eleggere come sindaci, sarebbe già un primo passo 🙂
Poi inziamo a capire il fenomeno, che viene descritto in maniera meticolosa dall’articolo di Gabriele Del Grande.
Una volta che ci abbiamo capito qualcosa, poi pensiamoci, non prima.
Altrimenti faremo appunto le demenziali dispute tra “profughi” e “terremotati”.
Più che altro in queste percentuali non tieni minimamente in conto di quello che si fermano dopo un pezzetto di strada (Libano, Turchia, Chad, Pakistan sono i primi che mi vengono in mente con numeri da capogiro)
“Più che altro in queste percentuali non tieni minimamente in conto di quello che si fermano dopo un pezzetto di strada”
Vero!
Infatti, è più facile arrivare in Iran (ad esempio) dall’Afghanistan, che in Italia.
A parità di facilità, penso che la maggior parte però arriverebbe fino in Italia, anzi in Germania e nella mitica Inghilterra.
OK ma arrivati là cosa trovano? non mi pare che i posti di lavoro poco qualificati abbondino in questi due paesi (e quello fa il 99% degli immigrati, all’inizio), avanzerei l’ipotesi che puntino tutte sulle comunità di loro compaesani già installate.
ciao
credo che le percentuali siano parecchio sbagliate
non credo ci siano abbastanza centinaia di milioni di persone nei paesi poveri per fare quel 97%
F’ o’ pignolo
“credo che le percentuali siano parecchio sbagliate”
Ovvio, non c’è alcuna pretesa di correttezza matematica.
Quello che vorrei far capire è quanto sia stretto l’imbuto, che fa la differenza (ad esempio) tra, poniamo, 40 milioni di egiziani che pensano che l’unico modo per non affogare metaforicamente sia andare in Europa, e i pochi invece disposti ad affogare letteralmente in mare pur di arrivarci.
Ecco il paradosso per cui emigra in genere chi ne ha meno bisogno: giovane, maschio, in salute, colto e con abbastanza soldi da potersi pagare l’avventura descritta perfettamente da Del Grande.
Ora, la mia domanda è ‘come mai vogliono correre quei rischi per venire “qui” a fare i paria”?
Colpa della televisione e di internet? perchè non gli piace essere classe privilegiata nel loro paese?
Perchè su 91,5 milioni di egiziani, mica saranno 40 milioni quelli che sanno leggere, sono giovani, sono sani e non hanno prospettive in Egitto, giusto?
Senza dimenticare che l’Egitto è un caso limite per le sue condizioni geografiche e demografiche.
Ciao
PS la mia altra domanda è “come mai non sappiamo cosa fare di questo eccellente materiale umano”, noi governi europei?
“Perchè su 91,5 milioni di egiziani, mica saranno 40 milioni quelli che sanno leggere, sono giovani, sono sani e non hanno prospettive in Egitto, giusto?”
Ho detto il contrario.
La maggior parte della popolazione egiziana emigrerebbe domani, se potesse.
Poi non può per tanti motivi, e quindi emigrano solo quelli che sanno leggere, sono giovani, sani ecc.
Ovviamente, la maggior parte della popolazione del Sudan emigrerebbe domani in Egitto, se potesse, ma nei loro confronti, gli egiziani alzano un unico impenetrabile muro di salvinismo.
Miguel, sei sicuro? non ricordo precedenti storici di emigrazione in queste proporzioni
Ciao
Franesco,
quanti precedenti storici ricordi con un numero di abitanti sulla Terra pari a quello di oggi?
Tra l’altro si provava a controllare l’immigrazione anche in passato quando ritenuto necessario…
Z
intendevo mettere in dubbio l’affermazione di MM secondo cui “la maggioranza” vorrebbe andarsene domani, dall’Egitto come dal Sudan
è roba che non mi pare sia mai accaduta prima
“intendevo mettere in dubbio l’affermazione di MM secondo cui “la maggioranza” vorrebbe andarsene domani, dall’Egitto come dal Sudan”
Perché ti sembra strano?
Pensa ai villaggi dei nostri Appennini.
Per quanto la gente potesse esserci affezionata, il 90% se ne è andata, iniziando dai giovani maschi sani e colti, ma alla fine non è rimasto nessuno, perché “lì c’era solo miseria”.
In Calabria, ho visto paesi interi senza nemmeno un abitante; ma anche molte parti della Toscana non scherzano.
Chiaro che se tra quei villaggi e la città, ci fosse stato un mare pieno di squali, sarebbero rimasti in più.
Prima non c’era la stessa sovrappopolazione, non era così facile spostarsi, non c’era la stessa consapevolezza che al di là del mare – o anche nel Paese confinante – la vita fosse diversa e migliore…
insomma, oggi molte cose sono cambiate.
A supporto di quanto scrive Miguel, si dice che ci siano più cutresi a Reggio Emilia che a Cutro!
“…“come mai non sappiamo cosa fare di questo eccellente materiale umano”, noi governi europei?”
Non sappiamo cosa fare nemmeno dell’eccellente materiale umano europeo, visti i numeri della disoccupazione giovanile (dal sito consilium.europa.eu):
– 4,5 milioni di giovani europei al di sotto dei 25 anni sono disoccupati (3,1 milioni nella zona euro)
Mig
dai villaggi si andava nelle città della tua nazione, non in paesi stranieri e dai costumi alieni
rischiando pure la pelle molto assai
Che hanno che non va le nazioni di origine oggi? rispetto a come sono le nazioni europee oggi?
Ciao
“dai villaggi si andava nelle città della tua nazione”
E infatti, milioni e milioni di persone riempiono gli slum di Mumbai, Lagos, Città del Messico e il Cairo, dove vivono – spesso in modo geniale – di aria inquinata.
Ma un contadino induista che parla Marathi e si trova magari in uno slum abitato da musulmani che parlano Punjabi non sta nella “propria nazione”, anzi si trova in mezzo a costumi totalmente alieni e rischia la pelle assai.
Non so poi se qualcuno abbia calcolato la “distanza” (in termini di durata di viaggio, incidenza del costo sul proprio reddito, differenza concreta di parlata, costumi) che nel 1920 separava l’abitante analfabeta di un villaggio dell’Aspromonte da Milano, e la “distanza” che separa l’abitante di un villaggio del Kerala, anglofono quanto basta, da Londra.
Miguel
credo che ognuno si scelga gli slum della propria gente, quando va in città dalle campagne
che venga dall’Aspromonte o dal Kerala
quello che mi stupirebbe nel tuo esempio è la QUOTA di abitanti del Vantustan che vogliono andare in Crucchenburgo, non il loro numero assoluto
correndo rischi altissimi e pagando molto
ciao
“credo che ognuno si scelga gli slum della propria gente, quando va in città dalle campagne”
Certo, ma ricordati che se Lagos sta alla campagna nigeriana come Milano stava all’Aspromonte, Lagos è l’Aspromonte di Londra.
Poi giustamente i costi e i rischi sono attualmente così alti, che la percentuale di coloro che si spostano è ancora bassa.
E a Londra non è difficile trovare un quartiere intero “della propria gente”.
hai ragione Miguel
io vorrei sapere se davvero c’è differenza tra la quota di abitanti della Calabria che volevano andarsene e quella di nigeriani che vogliono andarsene
magari per effetto della TV, che fa vedere Londra a tutti anche a Lagos
ciao
” c’è differenza tra la quota di abitanti della Calabria che volevano andarsene e quella di nigeriani che vogliono andarsene”
Ma credo che ci sia una differenza importante tra la Calabria del 1950 e il Lagos di oggi: magari a Bova non c’era lavoro, ma si godeva della stessa assistenza medica, la stessa scuola (e per chi aveva la fortuna di avere un lavoro statale) dello stesso stipendio di chi abitava a Milano.
A Lagos non si gode di nessuna delle cose di cui gode un londinese, anche povero e disoccupato.
Oggi uno statale calabrese guadagna molto di più di uno statale milanese 🙂
A parte che non mi pare sia così pieno di squali, che ci si può fare con (insieme a) codeste persone?
Gli diamo “i documenti” e così possono arrangiarsi a cercare lavoro e alloggio e quant’altro desiderano? e libertà di circolazione (non essendo fessi, quella roba lì non la cercano in Grecia o Calabria o Asturie o Galles)?
Sai che alla fine potresti farmi concludere che il problema è lo Stato sociale? se gli dai i documenti li ammetti a una serie infinita e costosissima di diritti sociali. Al che la guerra civile è assicurata.
Che fare? (citando un noto criminale)
Ciao
“A parte che non mi pare sia così pieno di squali, che ci si può fare con (insieme a) codeste persone?”
Credo che la cosa fondamentale, almeno per noi che grazie alla nostra dignità e al nostro rigore morale, non ci siamo presentati alle elezioni, non sia sapere, che fare, ma sapere che caspita succede.
Sul “che fare”, basta infatti non essere così coglioni da voler fare il sindaco.
Epperò, sapere che cosa succede porta un po’ tutti noi a chiederci “che fare”, secondo me…
che fare? 🙂
e torni ai primi amori 😀 a Vladimiro !
La domanda è sempre pertinente…
sono le risposte che lui dava ad essere discutibili 😀
beh, credo che i sindaci saranno decisivi per attuare o evitare la guerra civile
molto più dei comitati di quartiere
“Potrebbero essere”, ma pur a mugugni alla fine sono costretti a cedere alla volontà dei prefetti, cioè del governo, il quale risponde all’UE…
Potrebbero essere più “rivoluzionari”, magari trovando una linea comune come ANCI, ma qui emergono le differenze di interessi dei vari partiti politici di cui i sindaci sono espressione
Alcuni ci provano a opporsi, ma lì scatta immediata la raffica di insulsaggini a chilo sul razzismo, sul leghismo, sul destrismo…
Durissima la vedo
Da quel che ho letto sul sito del Ministero, i migranti in attesa di riconoscimento “possono” lavorare, non “devono”.
Questa del “devono” come si trattassse di uno scambio alla pari fra ospitalità in cambio di lavoretti (sono per caso “ragazzi alla pari”?), è un’idea nata e cresciuta tutta in seno alle cooperative (te lo dico per certo, avendo assistito ai primi “successi” in questo senso da parte di una cooperativa che se l’é inventata pretendendo all’inizio che fossero i disoccupati a lavorare gratis, “altrimenti si deprimono e invece così sperimentano il valore del fare qualcosa per gli altri”…non ti dico le discussioni con la presidente di questa cooperativa quando gli contestavo la perversione dell’idea).
Comunque, sul problema dell’accoglienza, dei diritti e delle fanfaluche che tengono in piedi tutta la baracca, ne ha scritto pochi giorni fa Gabriele Del Grande, che non è certo uno che si possa accusare di razzismo o idiozie simili.
Ho riportato il suo pezzo al link sotto: Ne consiglio la lettura, perché aiuta a capire cosa serve e quali potrebbero essere le soluzioni, se si volesse (e non si vuole, e questo è il punto: perché, non si vuole?)
http://rivoluzionevirale.blogspot.it/2016/08/abbiamo-creato-un-mostro_29.html
Beh, ci mancherebbe che la legge prevedesse i lavori forzati 🙂
ottima idea dell’Inghilterra vittoriana, no? solo che quei lavativi preferivano il vagabondaggio e scappavano
del resto, provate voi a non lavorare in uno dei grandi monasteri dell’Europa altomedievale e vedete che fine fa
già lo dice San Paolo, giusto?
😉
Riporto per intero lo splendido articolo di Gabriele Del Grande, segnalato da Rossana, e che corrisponde esattamente alla realtà.
“Abbiamo creato un mostro! ”
di Gabriele Del Grande
C’è gente che una volta faceva le manifestazioni antirazziste e oggi difende a spada tratta il sistema d’accoglienza (ideato da Maroni con l’emergenza Nord Africa)! Mi riferisco al surreale dibattito tra pro-terremotati e pro-immigrati. Premesso che i terremotati vorremmo tutti vederli in una nuova casa quanto prima, il sistema di accoglienza italiano è indifendibile! Lo dice uno che crede nella libertà di movimento. E lo dicono tanti di quelli che ci lavorano, ma sottovoce per non essere fraintesi. Sapete cosa mi disse una volta in privato uno dei padri del Servizio Centrale a Roma? “Abbiamo creato un mostro! Un sistema di welfare parallelo. I più onesti si sono comprati le case!” Pochi mesi dopo, esplose lo scandalo di Mafia Capitale.
E guardate che non sono uno che si scandalizza per i 35 euro. Se un servizio funziona, per me può costare dieci volte tanto. Ma questo servizio non funziona! Perché è tutta la procedura che non ha senso.
Un trentenne di Lagos decide di emigrare dallo zio a Milano. L’ambasciata italiana gli nega il visto. La famiglia investe cinquemila euro per mandarlo via terra in Libia e da lì fargli attraversare il Mediterraneo sperando arrivi vivo. Ce la fa, ma in Sicilia scopre che l’unico modo per avere un permesso di soggiorno è chiedere asilo politico perché è entrato illegalmente in frontiera. Impara a memoria una storia falsa: l’infanzia da orfano, lo zio cattivo, un mandato d’arresto, il poliziotto corrotto. La Commissione che deve decidere sulla sua storia gli dà appuntamento un anno e mezzo dopo. Nell’attesa viene trasferito in una pensione in qualche paesino montano. Nel frattempo gli è vietato lavorare e gli è vietato ricongiungersi con i figli e la moglie, in compenso può fare volontariato e imparare l’italiano. Dopo un anno e mezzo la Commissione lo riceve e gli nega l’asilo politico perché non sussistono i requisiti giuridici. L’avvocato gli consiglia di fare ricorso, è gratuito, devono solo inventarsi una storia un po’ più credibile. Passa un altro anno. Il tribunale conferma il diniego. E così, due anni e mezzo dopo il suo arrivo, il trentenne di Lagos riceve l’ordine di allontanarsi dal territorio e lascia la pensione del paesino. Prende il primo treno per Milano e va a bussare alla porta dello zio, senza documenti e senza lavoro. Esattamente come se fosse sbarcato il giorno prima.
Se tre anni prima l’ambasciata italiana a Lagos gli avesse rilasciato un visto di turismo e ricerca lavoro (visto che ad oggi non esiste), quella stessa persona avrebbe investito i suoi cinquemila euro non nella mafia libica del contrabbando ma per mantenersi a Milano durante i sei mesi di durata del visto. E se avesse trovato un lavoretto magari avrebbe potuto rinnovare il visto di altri sei mesi in Questura (oggi è impossibile convertire un visto) e infine avere un permesso di lavoro l’anno dopo (altra procedura oggi impossibile). L’italiano l’avrebbe imparato presso le scuole serali che nel frattempo il governo avrebbe dotato di nuovi finanziamenti (magari!). E se invece non avesse trovato il lavoro che cercava, anziché fare ricorso se ne sarebbe ritornato a Lagos o sarebbe andato a Berlino, sapendo che a Milano sarebbe potuto tornare in ogni momento.
Tre quarti delle centomila persone oggi in accoglienza non avranno nessun permesso di soggiorno come rifugiati politici. Tenteranno il ricorso per guadagnare tempo, ma sarà inutile. Servirà solo ai tanti avvocati che si sono precipitati sull’affare. Col gratuito patrocinio un ricorso vale sui cinquecento euro. Cosa mi dicono gli avvocati che ne fanno cento o duecento l’anno? Mettici pure una conferenza sul diritto d’asilo e sei a posto. Non è per i soldi. Per me se fai bene il tuo lavoro puoi guadagnare anche un milione. Ma se porti a casa cinquantamila euro di ricorsi farsa pagati dai contribuenti pubblici io la chiamo per quello che è: una truffa. In questo momento ci sono almeno 15mila ricorsi pendenti. Nessuno ha il coraggio di dire che sono per tre quarti dei casi delle farse, ricorsi fotocopia, storie imparate a memoria prima di partire e ripassate nei centri di accoglienza. Perché? Perché è l’unico modo per avere una carta per lavorare nell’Europa razzista di oggi.
Non ce l’ho con chi mente. Io farei lo stesso al loro posto. Ce l’ho con una procedura insensata, che costa alla collettività miliardi di euro e che potrebbe essere cambiata in tre passaggi, salvando vite umane e risparmiando soldi.
Perché non si potenziano le Commissioni per l’Asilo in modo da dare risposte certe nel giro di una o due settimane? E soprattutto perché non si danno alle Ambasciate strumenti per rilasciare visti per ricerca lavoro e alle Questure strumenti per convertire i visti in permessi?
Liberate le frontiere e chiudete gli alberghi. Date alla gente la possibilità di spostarsi e di farlo in modo dignitoso, come abbiamo fatto noi cinque milioni di italiani che viviamo all’estero e come hanno fatto il 99% dei cinque milioni di emigrati che vivono in Italia.
L’accoglienza lasciamola ai terremotati veri, quelli che hanno perso tutto. Siano quelli di Amatrice o quelli di Aleppo, di Raqqa, di Mosul, di Kandahar, di Kabul, di Sanaa, di Mogadiscio. Perché l’asilo politico è una cosa molto seria ed è la misura di una civiltà giuridica.
Molto interessante!
Beh che il primo intoppo sia l’impossibilità di entrare legalmente credo di avervelo detto anni fa (e direi di aver letto in risposta che non ci sono risorse per tutti)
Nel nostro condominio ha lo studio una coppia di avvocati, romani (!) con figli che vanno alla scuole private (!!), specializzata proprio nell’aiuto ai ricorsi ai migranti!
L’articolo descrive quello che vedo tutti i giorni!
La sfiga e’ poi quella di abitare nella stessa scala, e avere l’ascensore sempre occupato da migranti irregolari che lo usano per andare nello studio al secondo piano… vabe’…
Quando Salvini andrà al potere costringerà tutti gli immigrazionisti a esercitare a piano terra 😀
Interessante e molto chiaro l’articolo.
La soluzione che propone l’autore per essere attuata realisticamente andrebbe accompagnata da controlli pre rilascio visto, quote ( o qualcosa di simile) e rimpatri facili e veloci. In sostanza regole chiare e fatte rispettare rigidamente, che per qualche motivo é una cosa che sembra essere lontanissima dall’indole di noi Italiani.
“a soluzione che propone l’autore per essere attuata realisticamente andrebbe accompagnata da controlli pre rilascio visto”
Infatti, non sono certissimo della validità della soluzione, se esiste. Quello che mi ha colpito è l’esattezza del quadro, di cui non parla nessuno.
Ne parla, e in termini molto simili, Analisi Difesa…Non da oggi. Da quel che so, i primi a essere scocciati di quel che sono costretti a fare sono i militari impiegati nelle operazioni di recupero migranti al largo delle coste libiche…
http://www.analisidifesa.it/2016/08/41827/
Il mondo non cambia.
Ieri mi stavo rileggendo Fontamara di Silone, ambientato nel 1929, e anche lì truffe e raggiri di ogni tipo, sia per bloccare l’immigrazione INTERNA dalle province a Roma capitale, e sia per derubare i cafoni del frutto del loro lavoro.
In tutto in un’astuta logica IMPRENDITORIALE che coinvolgeva clero, autorità comunali, statali e quella banda di assassini e stupratori dei fascisti…….
L’emigrazione, ieri come oggi è un business, molto fruttuoso…..
Un paio di mesi fa rileggevo in un libro di Lilly Gruber (credo Tempesta) la storia delle migrazioni forzate dal sud Italia verso l’Alto Adige, che andava “italianizzata”. Leggendolo, rivedevo tutti i problemi che stiamo affrontando oggi con le migrazioni, tranne che allora c’era da “italianizzare” un popolo che si sentiva ed era austriaco, oggi non si capisce quale sia l’obiettivo dietro le quinte di queste migrazioni incentivate, volute, facilitate.
E spero non arrivi quello che mi racconta dei profughi di guerra: ci sono, ma per stare ai numeri di Del Grande sono una minima parte. Gli altri, perché?
Le migrazioni interne di allora, venivano favorite nel Tirolo e nel Litorale/Venezia Giulia, per i motivi che hai citato, contrinuendo a creare odio verso gli Italiani, specie del Centro-Sud, da parte di Tirolesi germanofoni e di Sloveni e Croati del Litorale e dell’Istria (in Dalmazia, ceduta quasi tutta alla nuova Jugoslavia nel 1921, l’opera non potè compiersi).
Mentre per noi TERRONI andare a Roma era IMPEDITO.
E si andava per LAVORO!
contribuendo
sentivo giorni fa un documentario su RaiStoria in cui uno sloveno (chiaramente del PCI..o del PC sloveno ma collegato ai compagni “nostri” :D), denunciava la solita tiritera delle persecuzioni fasciste [nulla di serio, molte punture di spillo in stile fascista, chiaramente non piacevoli, tipo schiaffi in pubblico* se parlavi sloveno..ma siamo lontanissimi da Stalin…e dal loro Tito] ma insistenza sulla parola “meridionali” di funzionari italiani inviati, specialmente nelle scuole
e io mi son chiesto, con stupore, come potevano essere così fesi i fascisti..mandare un meridionale in Venezia Giulia significare mettere a confronto due culture diversissime, opposte..mandare invece dei veneti e dei friulani del vecchio Regno, al massimo emiliani, lombardi e piemontesi con cultura più simile avrebbe favorito l’italianizzazione ! veneti e friulani da un lato, sloveni dall’altro avevano la stessa cultura più o meno, tutto sarebbe stato più facile
altra follia di epoca fascista
P.S
* schiaffeggiare era molto fascista 😀
dalle nostre parti si raccontava ancora negli ’80, del giovane Giorgio Bocca, allora fascistissimo, che nell’inverno 1942/1943 prese a schiaffi un malcapitato su un treno che aveva mormorato qualche dubbio sulla Vittoria Immancabile
lo stesso Giorgio Bocca che scrisse violentemente contro gli ebrei su “La Provincia grande” dell’estate 1942 e pro Germania !
lo stesso che compare in prima pagina su “La Stampa” il 23 luglio (sic !) 1943 tra i gerarchetti del GIL e GUF destituiti (e fu la sua fortuna..due giorni ci fu il 25 luglio..e poté passare da “perseguitato” del regime)
lo so, lo so..forse lo ritenete un omonimo di un altro Giorgio Bocca, laico e di sinistra, pro-israeliano al 1000 per mille, antifascistissimo “da sempre”, al massimo pronto ad ammettere obtorto collo in TV davanti ai giornalisti che lo intervistavano in ginocchio che sì fu fascista “per gioco” da ragazzo ma faceva fronda fin dal 1939 ! e che fu sempre contro i tedeschi 😀
e Z le cui informazioni, in questi campi, derivano dalla “vulgata” e da “Repubblica, probabilmente lo riterrà un vile omonimo, che “sporca” la fama cristallino del Nostro Eroe dell’antifascismo !
In realtà non sono un gran tifoso di Bocca, anzi.
Però bisogna ammettere che la sua biografia su Togliatti, pur non priva di curiosi svarioni, è un’opera interessante.
Una cara amica di Tarvisio (ma calabrese) mi diceva che Tarvisio era stata ripopolata quasi interamente da terroni 😉 nel secondo dopoguerra; molti tedescofoni se ne erano andati in Austria- così almeno mi disse lei.
La sgermanizzazione di Tarvisio e della Val Canale, iniziarono nel 1919 sotto il nuovo dominio italiano.
Anche se, il 9 settembre 1943, le truppe tedesche che scendevano per occupare l’Italia del centro-nord, giunte in Val Canale furono accolti festosamente come LIBERATORI dalla popolazione germanofona rimasta, buttando i maledetti tricolori con la Croce svergognata, e innalzando la bandiera rossa con lo Svastica del terzo reich……
Molti di questi germanofoni che buttarono il tricolore all’arrivo dei tedeschi, furono accolti e spediti sul fronte a combattere per la Svastica in Polonia o in Cecoslovacchia. Quelli che tornarono, a guerra finita, furono trattati da traditori dagli italiani e pare che fra le “vendette” partigiane dell’ultim’ora vi fossero parecchi di questi senza patria: tedeschi per storia, lingua e cultura, soldati a dar la pelle per i tedeschi e italiani traditori.
Un destino disgraziato deciso sulla loro pelle, come fu per molti slavi sul lato est…
Quando ricordo questi pezzi di storia recente mi disintossico da qualunque passione politica
Il nazismo sfruttò il comprensibile risentimento dei germanofoni ex asburgici delle terre orientali alpine divenute italiane.
Grazie per le informazioni che non conoscevo.
In effetti, gli slavi che chiesero di combattere per la Germania nazista furono spediti in Francia, perché Hitler non si fidava di loro.
Chissà, magari neppure degli italofoni si fidava.
“Eredità”
Sì, Eredità…grazie Moi
ma per stare ai numeri di Del Grande sono una minima parte. Gli altri, perché?
hai ragione pure qui….in questi tempi tristi, è consolante che certe domande, finora tabù, incomincino a farsi strada
Il tutto
Don Pietro Brignoli, cappellano militare nella II armata italiana che occupava la parte di Slovenia annessa all’Italia nel 1941-1943, nel suo diario, affermava che Mussolini aveva intenzione di inviare nel paese fino a Lubiana compresa, circa 100.000 contadini dell’Italia settentrionale, per assimilare questa parte di Slovenia divenuta italiana….
Anche qui, la caduta del fascismo e l’armistizio, annullarono questo piano……
Annullarono il piano, ma le persone che subirono anche qui l’italianizzazione forzata e le deportazioni in Lombardia, Veneto, ecc…pagarono dei prezzi altissimi per questi “giochetti” politici
L’italianizzazione forzata in Veneto?
Potresti approfondire questa notizia che mi giunge nuova?
Credo che si riferisca a quella in Slovenia. In Veneto non mi risulta esserci mai stata nessuna italianizzazione meno che mai forzata.
Sì, intendo il trasferimento forzato di abitanti sloveni nelle basse terre venete e verso la Lombardia. Lo sradicamento serve a resettare cultura e lingua, come oggi sucede per i migranti, in qualche modo: nel giro di un paio di generazioni raramente si riesce a conservare memoria della propria storia. E anche se la ricordi, si tratta di ricordi con cui non hai relazione, di racconti di famiglia che nel tempo di trasformano in leggenda e, se mai, vengono poi recuperati come ito. Esasperandolo. Un po’, credo, quello che succede oggi nelle banlieu parigine: figli di terza generazione che rivendicano origini che mitizzano, esasperandole perché intanto sono spariti i contorni reali della storia…
si, è giustissimo !
” nel giro di un paio di generazioni raramente si riesce a conservare memoria della propria storia.”
Verissimo. Mi chiedevo cosa succede poi della memoria storica in una famiglia dove il padre, figlio (poniamo) di pescatori nigeriani cattolici, è arrivato in Italia facendo finta di essere un contadino musulmano apostata che rischia di essere messo a morte.
Francesco “avrebbe risolto l’ apartheid in SudAfrica … estendendola anche ai Bianchi” [cit.]
più “Renzismo” di così … 😉
non è il succo di quello che ha fatto Mandela, evitando sia la guerra civile sia il tracollo?
Per Rossana
So dei piani fascisti per deportare 20.000 Sloveni in Libia (non attuato per via della situazione bellica, con le navi italiane da e per la Libia, affondate grazie al radr britannico), oltre ai deportati in diversi lager in Dalmazia, come ad Arbe, e anche in Veneto e in Friuli (Chiesanuova, Gonars ecc.).
Solo ad Arbe fra il luglio 1942 e il settembre 1943, morirono circa 1500 persone di inedia e maltrattamenti da parte degli italiani.
La commissione storica italo-slovena, ha calcolato che nel 1941-1943, nella Slovenia annessa all’Italia, morirono oltre 13000 Sloveni ad opera delle forze armate italiane.
Ricordiamo infine, che la Slovenia italiana (escluso il Litorale/Venezia Giulia) aveva circa 330.000 abitanti…….
Una delle tante terribili cose che a nessuno piace ricordare e che forse non ci farebbe male ripassare, visto quanto spesso si sentono persone stizzirsi per il tedesco parlato in Alto Adige o dello sloveno misto a triestino che ancora si parla sul confine sloveno. O dell’italiano, che ormai si va perdendo, che si parla in Slovenia, almeno fino a Pola…Ma ora solo gli anziani conservano memorie e lingua, le nuove generazioni parlano tedesco o più spesso inglese, ma solo per via del turismo e della globalizzazione, che tutto livella…
Sulla costa Istriana i giovani che ho conosciuto parlano un ottimo Italiano. Inoltre sostengono che chi, in quelle zone, non capisce l’italiano, o finge, o non é Istriano.
Una cosa simile me la disse un mio alunno, la cui suocera era profuga di Zara.
Mi diceva che a Zara fingono di non capirti se chiedi un gelato in Italiano.
Però un amico croato di Sebenico, mi ha detto che sul litorale dalmata l’Italiano non è più parlato, se non qualche frasetta per i turisti della Penisola…..
“Mi diceva che a Zara fingono di non capirti se chiedi un gelato in Italiano”
Ma figurati, tutti i gelatai della Dalmazia stanno cercando di imparare di corsa l’italiano.
Poi capita anche a Firenze che la solita americana arrogante entra in un bar e comincia a inveire in usano stretto perché gli italiani fanno finta di non capire l’unica lingua esistente al mondo.
Che poi non sia più parlato storicamente, è abbastanza vero (anche se ho conosciuto una nonna venetofona di Dubrovnik/Ragusa, la cui mamma era nata in Italia).
Da quel che ho letto, a Cattaro e sul litorale dalmata montenegrino, vi sarebbero ancora 350-500 venetofoni, anche se tra i loro discendenti, il Veneto da Mar è stato ormai sostituito dall’Italiano.
radar britannico
“denunciava la solita tiritera delle persecuzioni fasciste”
Tipo manganelli, olio di ricino, gente trascinata a piedi in su, legata a camion, benzina fatta bere, stupri di mogli e/o parenti di antifascisti?
E questo solo in Italia……
“ma insistenza sulla parola “meridionali” di funzionari italiani inviati, specialmente nelle scuole”
E nei pubblici impeghi, nelle forze di polizia.
In effetti anch’io ho letto le stesse cose su siti triestini pro-asburgici.
Però, dei miei conoscenti di Bari, residenti da una vita a Trieste, si sono trovati così bene da non voler più tornare a Bari.
E parlano ancora con l’accento barese! 🙂
Inoltre mi hanno detto che i matrimoni misti che ci sono, avvengono tra funzionari meridionali e donne slovene e croate, ma NON tra Sloveni, Croati con gli Italiani triestini veetofoni NON di origine meridionali.
Questi due mondi, Triestini italo-settentrionali e Sloveni, restano due città separate e incomunicanti tra loro…..
triestini venetofoni
“e io mi son chiesto, con stupore, come potevano essere così fesi i fascisti..mandare un meridionale in Venezia Giulia significare mettere a confronto due culture diversissime, opposte..mandare invece dei veneti e dei friulani del vecchio Regno, al massimo emiliani, lombardi e piemontesi con cultura più simile avrebbe favorito l’italianizzazione ! veneti e friulani da un lato, sloveni dall’altro avevano la stessa cultura più o meno, tutto sarebbe stato più facile
altra follia di epoca fascista”
Ciò dimostra che la follia fascista fu il proseguimento della FOLLIA di unificare una Penisola abitata da popoli DIVERSI con tradizioni e culture DIVERSE.
Il papocchio sanguinoso non poteva che dare simili risultati……
veramente mi pare che l’unificazione del popolo italiano sia andata benino … tutti a seguire Grillo o Renzi senza distinzioni, da Torino a Napoli
😉
Dei popoli italiani, casomai.
giustissimo!
unificazione dei popoli italiani nell’unico popolo italiota
ciao
Inoltre la politica assimilazionista fascista giunse come un frutto fuori stagione, in un’epoca di accesi nazionalismi da TUTTE le parti (eccetto la Svizzera).
Se sul confine orientale d’Italia vi era un fortissimo nazionalismo italiano da parte dei venetofoni, già negli ultimi decenni dell’Austria-Ungheria, da parte “s’ciava” slovena e croata, vi erano altrettanti fortissimi nazionalismi.
Il guaio era che tali nazionalismi reciprocamente inconciliabili rivendicavano GLI STESSI TERRITORI (e nella Carniola e Stiria meridionale, tra Tedeschi e Sloveni, come i disodini di Cilli/Celje nel 1895; le città dell’attuale Slovenia, fino all’800, erano città tedesche, così come Praga in Boemia/Cechia).
Per cui era una lotta davvero all’ultimo sangue, in cui per il perdente non poteva esserci posto, se non al prezzo di rinnegare la propria nazionalità.
Non sappiamo se, dopo un’eventuale vittoria italiana Sud-Tirolo, Litorale, Slovenia, Istria interna, Quarnaro e Dalmazia, vi sarebbero state delle pulizie etniche con sostituzione di coloni dall’Italia, al posto dei vecchi abitanti, espulsi o sterminati.
Sta di fatto che, la vittoria di Tito, portò alla quasi scomparsa della popolazione venetofona di Istria, Quarnaro e Dalmazia, espulsa o fuggita in Italia e in altri paesi.
Idem (anche se non lo si ricorda), per i Tedeschi della Slovenia.
“…in cui per il perdente non poteva esserci posto, se non al prezzo di rinnegare la propria nazionalità…”
Non suona molto simile a quel che sta succedendo ora?
Dobbiamo cedere sovranità per unificare un’UE che parla lingue diverse ma che, avanti così, avrà una comune lingua inglese, la lingua dell’Unione.
Le città diventano tutte uguali, e ciò che resta delle tracce che ricordano la storia viene divorata dal turismo di massa, che fa di ogni città europea una Disneyland con i suoi particolari la diversa scenografia di posti uguali dove trovi gli stessi bar cool, gli stessi negozi di catena, gli stessi hotel e le stesse facce, con gli stessi vestiti e lo stesso smartphone.
A volte mi viene da pensare che questa forzata immigrazione finirà per sradicare nel giro di pochi anni sia la nostra storia che quella degli immigrati.
Non si capisce come mai si sforzino tutti di convincerci che la diversità è una ricchezza se tutto sembra spingerci verso l’omologazione.
Qualcosa non mi quadra…
bravissima Rossana !
Una cosa totalmente a margine: in previsione brexit (se mai si farà)studiatevi il tedesco (anzi studiamoci che pure io lo parlo da bestia)
Che vadano a quel paese, i tedeschi! Mi piacerebbe impararlo, ma solo per leggere i classici tedeschi.
Voglio studiare giapponese quest’anno: lingua che non mi servirà mai a nulla, difficilissima e perciò sufficientemente straniante…
Voglio imparare cose belle e inutili, mi sono stufata del rendermi adatta e produttiva a un mondo che mi sta stretto…
“Voglio studiare giapponese quest’anno: lingua che non mi servirà mai a nulla, difficilissima e perciò sufficientemente straniante…”
Mah, di difficile nel giapponese c’è la scrittura, la grammatica, mi dicono, è piuttosto semplice.
E direi che è anche molto utile!
Di moda, pure: la scuola dove ho insegnato quest’anno offriva corsi aggiuntivi di giapponese, assai popolari, e da anni moltissimi adolescenti la studiano (come mi confermano amici insegnanti e come ho visto anch’io).
L’ultima tendenza è il coreano però!!
“…Mah, di difficile nel giapponese c’è la scrittura, la grammatica, mi dicono, è piuttosto semplice.”
Dopo aver letto ciò che ne dice Fosco Maraini nel suo Ore Giapponesi (dove il capitolo sul conoscere/sapere/capire la lingua giapponese è un piccolo capolavoro letterario), mi sono confermata da sola che il giapponese non è una “lingua”: è un’opera d’arte, una arcaica e perduta capacità di sintetizzare in un ideogramma un concetto, una storia, un sentimento profondo che rispecchia filosofia ed estetica della cultura giapponese.
Insomma, lo voglio imparare per migliorare la mia comprensione del mondo dei samurai e delle geishe, per imparare a scrivere e a parlare dicendo qualcosa che risuoni nell’anima, non solo nelle orecchie.
Poi, mica mi interessa comunicare con i giapponesi americanizzati di oggi, che sono loro stessi ormai per lo più inconsapevoli dell’eredità culturale di cui sono portatori.
(Maraini scriveva allora, nel 1952/54, che il giapponese di oggi è ancora un samurai, solo che non sa più di esserlo, perso ormai nella disperata necessità di dover eccellere fin da quando nasce per guadagnarsi un posto in azienda a vent’anni…Poi, molti falliscono per la fatica. E però, come i samurai, se falliscono, fanno allora come un tempo, harakiri.
E’ ancora la più triste, la più estetica e la più pienamente umana delle culture
per il poco che ho visto la grammatica è talmente diversa da quello al quale un miserabile occidentale è abituato da risultare veramente ostica.
scrittura bellissima ma molto difficile
ma la grande difficoltà è ricordarsi le parole, mi capita di vedere una frase scritta, sapere cosa vuol dire ma non avere la minima idea di come si legge
“mi sono confermata da sola che il giapponese non è una “lingua”: è un’opera d’arte, una arcaica e perduta capacità di sintetizzare…”
secondo me invece è proprio una lingua 😉
e serve per comunicare; così magari i giapponesi sapranno dirti se le tue intuizioni sono giuste o un po’ meno, e potresti farti anche un’idea personale di loro, senza passare per Maraini di 50 anni fa 😉
PS
io i giapponesi li ho visti all’opera in contesti “occidentali” (Conservatorio, canto lirico) che “orientali” (tempio Zen di tradizione Soto). Mi sono simpatici, non so se siano americanizzati o giochino solo a farlo
(uno scrittore americano, non ricordo chi, scherzava sul numero enorme di cappelli da cowboy venduti in Giappone, che poi nessuno mette), mentre noi giochiamo a non farlo e poi lo siamo 😉
PPS
Quelli che sintetizzano in un ideogramma sono i cinesi, i giapponesi hanno tre alfabeti tradizionali, di cui quello con gli ideogrammi (kanji) è il meno funzionale per la loro lingua.
Dall’utilizzo sapiente di uno o dell’altro alfabeto, o di letture diverse dello stesso kanji, ottengono effetti stranianti o umoristici…
perché oltre che suicidarsi, ai giapponesi, come a tutti, piace anche scherzare 😉
“io i giapponesi li ho visti all’opera in contesti “occidentali” ”
Qui a San Frediano, abbiamo un’esplosione demografica di giapponesi sposate con rozzi artigiani locali, pare che arrivino qui per studiare e s’innamorino automaticamente degli oltrarnini.
Sono simpatiche e gentili, e c’è anche qualche artista o artigiano giapponese sposato con donne locali.
Penso che sia un fenomeno unico in Italia.
“per il poco che ho visto la grammatica è talmente diversa da quello al quale un miserabile occidentale è abituato da risultare veramente ostica.”
Ma tu non hai una figlia che studia giapponese?
La grammatica, ha capito come funziona anche una delle mie allieve meno portate per la lingua e la letteratura italiane …
non per sminuirla (è in gamba in tante altre cose) ma se c’è riuscita lei… 😉
Mah, io sono consapevole di essere troppo stupido per capire il giapponese!
Prendiamo ad esempio “harakiri”. Com’è possibile che harakiri sia seppuku al contrario?
Boh 🙂
Miguel,
— Penso che sia un fenomeno unico in Italia. —
Passando sul continente, a Ravenna giochiamo a mahjong da generazioni, e persino i genovesi vengono a chiederci: ma che gioco è? ma come si gioca?
Ora, a Ravenna gli uomini sopra una certa età (e buona parte delle donne) sanno necessariamente come si gioca: al più non sono capaci di contare i punti.
Sicché la mia domanda è un’altra: come è arrivato qui? con i cinesi in fuga dalla rivolta dei Boxer, come alcuni sostengono?
Ah, ovviamente non lo pronunciamo “mahjong”. Lo pronunciamo “magion”, come fosse una parola francese, con la loro o chiusa e la n postvocalica, che sostanzialmente scompare 🙂
“Ma tu non hai una figlia che studia giapponese?”
si, ma ciò non lo rende più facile per me 🙂
“Com’è possibile che harakiri sia seppuku al contrario?”
perché lo stesso ideogramma si può leggere in vari modi diversi
e allora a cosa serve un ideogramma?
domanda seria
Esempio
新
In questa parola si legge ” shin” (shinbun = giornale)
新聞
Se invece è da solo (cioè senza altri ideogrammi, ma può avere delle particelle che si scrivono con un sillabario, hiragana) si legge atara
新しい (atarashii = nuovo)
A cosa servono non so, secondo me a render complicata la lettura
“A cosa servono non so”
Il significato però non cambia, ricordiamo che il giapponese è un po’ come l’inglese che ha innestato parole latine antiche e latine mediate (dal francese) su una base germanica – immaginiamo un unico ideogramma a significare “aquatic” e “water”, secondo i contesti.
Le “novità” (del “giornale”) vengono indicate in giapponese con la parola cinese; mentre per l’aggettivo, “nuovo” si usa una parola giapponese.
Un po’ come se in Italia, secondo il contesto, “2” si leggesse “two”, “bi” o “due”.
Inutile dire che
聞
Lo puoi leggere bun come in shin bun o ki come in
聞く (kiku = ascoltare)
Confermo: sono troppo stupido per capire il giapponese.
Per fortuna sono nato in Italia 😀
Miguel,
— Un po’ come se in Italia, secondo il contesto, “2” si leggesse “two”, “bi” o “due”. —
Grazie, questo mi aiuta un po’ a capire 🙂
un ringraziamento a Pino, Roberto, Miguel, Rossana (non vorrei dimenticare qualcuno) per le interessanti informazioni sulla lingua giapponese !
il giapponese avrebbe avuto bisogno di un Ataturk, meglio Atanippon, che eliminasse i kanji e creasse un unico alfabeto nipponico da fusione di hirakana e katakana (per non parlare dell’adozione pura e semplice del nostro alfabeto, che giustamente sarebbe risentita)
però forse è meglio che Atanippon non ci sia stato..il giapponese perderebbe sì la sua difficoltà ma anche il 95 % del suo fascino 1
Quando persino ad un uomo di Antico regime come habs scappa l’1 al posto del punto esclamativo, è il momento in cui ti rendi conto di quando sia diventato frenetico il tempo di oggi 🙂
@ rissana
Innamorata della cultura Giapponese, mia madre appena andata in pensione si è messa a studiarlo d’impegno con le stesse tue motivazioni.
A scuola, contemporaneamente alla grammatica e al lessico le insegnavano… il galateo.
Ci si rivolge con pronomi diversi a chi chi è socialmente superiore, pari o inferiore (credo che il pronome ‘io’ abbia cinque traduzioni differenti a seconda dei casi).
E GUAI a dare la mano quando ci si presenta… 🙂
Ciao!
Andrea Di Vita
“Passando sul continente, a Ravenna giochiamo a mahjong da generazioni, e persino i genovesi vengono a chiederci: ma che gioco è? ma come si gioca?”
______________
Ecco, parliamone pure, il mahjong.
Una roba che:
– hanno provato a insegnarmi decine di volte;
– che ogni volta credevo sinceramente di aver capito, e ci ho pure giocato ragionevolmente, credendo di averla capita;
– ma che ho dimenticato immediatamente il giorno dopo, rimuovendo assolutamente TUTTO;
– e che ogni volta successiva hanno dovuto riprovare a insegnarmi da capo, come se non l’avessi mai vista prima. E ogni volta mi sembrava di capirla, mi adeguavo al gioco, e poi lo dimenticavo di nuovo.
Ma ammetto che sia andata esattamente allo stesso modo anche per la scala quaranta o per gli scacchi, eh.
L.
Lisa,
in effetti il magión è una specie di ramino. Più infiorettato ma in sostanza quello è.
Per vincere la mano devi avere tutte le tessere legate tra loro in combinazioni di tris, quadris e scalette (o in alternativa, solo coppie). Alcune combinazioni e alcune tessere raddoppiano il tuo punteggio.
Quando lo scarto di un giocatore è la tessera mancante per il tris o il quadris di un avversario, quest’ultimo può strillare “me!” e mettere giù la combinazione. Non so se “me” significhi “mia” o sia una parola cinese…
Chi chiude dice “magión” e mostra la stecca: gli altri smadonnano. Chi chiude con una tessera pescata dice “me, magión”: gli altri smadonnano e coprono di insulti il malcapitato che ha scartato male (che non ha “marcato”, si dice).
Ma è un gioco del Novecento. Non resisterà a lungo nel XXI secolo, almeno a Ravenna, temo: il principale produttore ha cessato da tempo l’attività.
@ rossana
Lapsus calami!
Era “rossana”, non “rissana”, naturalmente 🙂
Ciao!
Andrea Di Vita
@ habsburgicus
Alla precisa domanda sul perchè i Giapponesi non abbandonassero il loro sistema di scrittura per abbracciare l’alfabeto latino (tanto più che i suoni Giapponesi sono simili alle sillabe Italiane), l’insegnante del corso di Giapponese di mia madre rispose: “perchè così si offenderebbe la tradizione”.
Ciao!
Andrea Di Vita
“perchè così si offenderebbe la tradizione”.
e lì, in una sola frase, è descritto in dettaglio tutto il Giappone !
Già. Sono proprio le sottostanti questioni di “galateo”, le sfumature che alludono alla natura e all’uomo, alla sua posizione nella scala gerarchica, ecc., che mi rendono affascinante il giapponese.
Ed è ciò che ben illustra Maraini, nel libro citato, dove scrive che per gli occidentali è praticamente impossibile capire il giapponese.
Possono riuscire a parlarlo decentemente, dopo alcuni anni di studio, ma nemmeno dopo anni di Giappone si riuscirà mai a coglierne completamente le mille sfumature di senso.
E se lo scriveva lui, che in Giappone è vissuto e l’ha studiato per anni, mi fido sulla parola
Io invece non mi fido affatto di Maraini né di nessun altro, a dire il vero.
Mi pare di cogliere in lui un senso dell’esagerazione che poteva essere giustificato in quegli anni, in cui di Giappone si sapeva davvero poco, ma non certo oggi, in cui qualunque adolescente conosce il galateo giapponese meglio dei giapponesi stessi, e in cui i monaci zen giapponesi (visti coi miei occhi) vengono in Italia a reimparare le tradizioni che hanno quasi scordato in patria.
Mi pare anche che ci sia sotto un sottile gnegne da intellettuale (“sono cooooose che io soooooo invece per voi ci vorrebbero anniiiii e ancora non arrivereste al mio livello….”) e il solito luogo comune per cui tutto ciò che è orientale deve essere anche incomprensibile e incomparabile alle cose “de noantri”.
Invece di Maraini, consiglio la lettura di Alan J. Watts.
PS
Il discorso che fa lui poi, a rigore, sarebbe valido per qualunque lingua…
potresti studiare dieci anni il dialetto parmense e non arriversti maaaiiiiii alle sottigliezze del primo contadino settantenne che incontri… se lo incontri 😉
“Io invece non mi fido affatto di Maraini né di nessun altro, a dire il vero.”
Veramente, l’ultima cosa che ho letto io sul Giappone era Terzani. Che descriveva i giapponesi come una sorta di zombie senz’anima, mostruosi esseri di plastica buoni solo a produrre oggetti di plastica e poi comprarseli nei centri commerciali.
Ognuno ha la propria visione 🙂
PS
le questioni di galateo, morale di derivazione confuciana, come comportarsi in pubblico e in privato, rapporti famigliari e tra amici…
sono la lezione 1 del corso di giapponese seguito dalle mie studentesse. Non per modo di dire: proprio la lezione 1.
Dispiacerà a Maraini, ma, come si dice dalle mie parti, è passata anche a Napoleone, che aveva gli speroni d’oro..
😉
“Non per modo di dire: proprio la lezione 1.”
confermo. sennò è impossibile distinguere le forme verbali!
tra l’altro se interessa, posso consigliare questo corso (io ho i primi tre volumi e sono fatti molto bene, il professore di mia figlia usa il libri degli esercizi di questa serie)
https://www.amazon.it/giapponese-fumetti-Corso-lingua-attraverso/dp/8874712332/ref=sr_1_4?s=books&ie=UTF8&qid=1472649675&sr=1-4&keywords=il+giapponese+a+fumetti
“Ognuno ha la propria visione 🙂 ”
Verissimo!
Poi, ognuno incontra i suoi giapponesi… come i suoi italiani
(pensa uno che incontrasse un oltrarnino, che ne parla a uno che è stato a una festa di Lapo Elkann…)
quello che interessa a me come perfidamente italico, è quale sia la visione prima dell’incontro con l’altro (giapponese, ugrofinnico, quechua…) per vedere come quest’ultima ne venga influenzata…
Eh, pure tu Rossana…
Roberto ti ha detto che forse non parleremo tutti inglese, ma a te nemmeno il tedesco va bene! sei difficile!
Z.
PS: quel “se mai si farà” mi riempie di fastidio, perché comincio a sospettarlo anch’io. Fastidio fastidio.
No, il tedesco in sé mi va benissimo, ma ormai al solo leggere la parola “tedesco” mi viene in mente solo la faccia della Merkel accanto a quella di Hollande. Capisci che ho bisogno di salvarmi tutta la montagna di romanticismo tedesco che mi ha nutrito a furia di Goethe e Hölderlin e se mai di G. Grass o M. Ende?
Ormai “tedesco” è abbinato solo a Weidmann, e mi cade di botto tutta la poesia…
a me fa venire in mente Kalle e Claudia, per cui mi va benissimo
i vantaggi della crassa ignoranza!
😀
Molto soggettivamente, ritengo che il tedesco sia la lingua più bella del mondo, veicolo supremo di poesia e di canto, ma anche di romanzi; infatti mi rifiuto di leggere quotidiani e simili in tedesco 🙂
Ma mi salvo, con la mia netta preferenza per la Mitteldeutschland.
@ rossana
Posso aggiungere, da fisico, che i miei anni di studio del Tedesco si sono ripagati interamente il giorno che ho potuto leggere nell’originale il sunto della teoria della relatività scritto da Einstein. Lo so che c’è anche la traduzione Inglese, ma vuoi mettere… 🙂
Ciao!
Andrea Di Vita
Capisco il punto…
però, ad essere sinceri, il tedesco per me è una lingua così affascinante che continuerebbe a piacermi persino se fosse tedesco Hollande 😀
A me pare che uno dei molti vantaggi della UE sia proprio che non si deve rinunciare alla propria nazionalità, se non in elementi accessori (la moneta) o negativi (protezionismo, politiche industriali, strapotere di boss locali).
Invece si è liberi di essere austriaci a Milano, greci a Taranto, italiani a Londra e così via.
Se il prezzo da pagare è che ci saranno ristoranti greci a Milano, Taranto, Londra … lo posso pagare
Austriaci a Milano, greci a Taranto e italiani a Londra ce ne sono da sempre. Non è l’UE che ci concede il permesso di girare l’Europa senza passaporto a farci liberi dai soprusi dei boss e dagli interessi locali.
Basta leggere le cronache giudiziarie degli ultimi 15 anni per sapere che se mai questi sono invece aumentati, perfino incarognendosi a livelli che la vecchia Europa non conosceva.
Non sono le frontiere a essere cadute (infatti appena gli gira le ritirano su, per questioni di “sicurezza”, sia chiaro), è lo stile, il buon gusto, la classe che il mondo imitava e ora, a furia di EU è quasi completamente svanita per somigliare sempre più a quelle desolate lande americane dove trionfano KFC e catapecchie nel deserto.
Naaa, voglio la macchina del tempo per tornare indietro…
Ricordati di non chiamarmi quando parti 😉
non ho nessuna nostalgia per l’indietro 😉
forse forse per la mula che usava mio padre come cavalcatura (ma aveva anche una spider sportiva verde bottiglia, che oggi non potrebbe permettersi… forse l’indietro non è così male 😉 )
usava una sella da ufficiale, credo modello Del Frate.
Rossana, gli Stati Uniti sono culturalmente egemoni da ben prima che l’UE nascesse. Non lo sono diventati negli ultimi 15 anni 🙂
Lo so, lo so…Era per focalizzarmi su questi ultimi anni, in cui mi pare di avvertire una pressante (e violenta) accelerazione a diventare gli Stati Uniti d’Europa, più che un’Unione Europea come immaginavo la si intendesse…
Stati Uniti d’Europa? Magari. A me pare che qui la tendenza sia andare ognuno per conto suo, se non proprio farsi gli affari propri a scapito degli altri…
@Rossana
in cui mi pare di avvertire una pressante (e violenta) accelerazione a diventare gli Stati Uniti d’Europa, più che un’Unione Europea come immaginavo la si intendesse…
hai ragione !
falliranno, intendiamoci, perché la Natura e la Storia sono più forti delle elucubrazioni di un po’ di massoncelli fanatici e privi di ironia e senso storico !..e in parte già stanno fallendo (il che rende di cattivo umore il nostro Z :D)..ma intanto avranno fatto in tempo a rovinarci completamente e siamo invero già a buon punto ! mala tempora currunt
P.S
io, come penso sia chiaro, ho sempre amato l’Europa, una delle parole che amo più usare è “Europa”, “europeo” [più o meno nel senso che Mirkhond attribuisce a “franco”]..per quello disprezzo l’UE che è la negazione dell’Europa !
l’Europa non può che essere un’alleanza di Stati sovranissimi e indipendentissimi, un po’ l’antica Grecia nei giorni migliori, cioè l’essere consci di avere radici comuni contro gli altri (persiani illo tempore) ma poi..Atene è Atene, Sparta è Sparta..e nessuno deve ficcare il naso nelle questioni altrui 😀
hasburgicus
ti posso ricordare che fine fece quella Grecia cui fai riferimento?
divenne in un batter d’occhio una provincia macedone, poi romana, poi romano-orientale, poi turca.
e per produrre qualcosa di buono ci vollero oltre 2.200 anni e il basket!
un pò come quell’altro paese, così ricco di città fiere e autonome da consumarsi in guerre intestine fino all’occupazione straniera
dobbiamo salvare capra e cavoli, USE e nazioni europee, burro e cannoni!
ciao
“Non è l’UE che ci concede il permesso di girare l’Europa senza passaporto a farci liberi dai soprusi dei boss e dagli interessi locali.”
preferisci la condizione di un operaio italiano in germania o quella di un senegalese senza documenti sempre in germania o di un messicano clandestino negli usa?
vabbé criticare la UE per tutto, però almeno prendere atto delle cose che esistono credo che sarebbe un buon principio per iniziare una discussione
“…preferisci la condizione di un operaio italiano in germania o quella di un senegalese senza documenti sempre in germania o di un messicano clandestino negli usa?”
Perché, ti risulta che per i miserabili della terra che sono costretti a migrare in Germania o negli Usa per il pane, sia davvero cambiato qualcosa?
In teoria la globalizzazione dovrebbe accogliere chiunque, da dovunque provenga, e lasciare che sia il “mercato” a dargli o meno una chance.
Nei fatti, in Germania se non hai di che mantenerti per i primi tempi, finché trovi un lavoro e magari un po’ di tedesco, sei ostacolato sia che tu sia senegalese, italiano o polacco.
Dei democratici States con i muri elettrificati per bloccare i sudamericani non parlo, visto quanto poi li sfruttano e ricattano quando arrivano comunque a chiedere un lavoro.
Di tutti, mi irrita l’ipocrisia, visto che poi i clandestini (che siano in Germania o negli Usa è uguale) trovano lavori clandestini con paghe clandestine offerte al ricatto dai democratici uniti globalizzati
“Di tutti, mi irrita l’ipocrisia, visto che poi i clandestini (che siano in Germania o negli Usa è uguale) trovano lavori clandestini con paghe clandestine offerte al ricatto dai democratici uniti globalizzati”
La verità è probabilità una via di mezzo – un clandestino sudanese in Egitto sta pur sempre cento volte peggio di un clandestino sudanese in Germania.
Però Rossana coglie un punto importante: l’Europa non è il paradiso.
Gli studi scientifici sulle migrazioni (distinti dalle chiacchiere paranoiche oppure zuccherose) mettono in rilievo l’orgoglio dei pionieri.
Il primo avventuriero a lasciare il villaggio tunisino, o ha litigato con tutti per partire; oppure è stato mandato con i risparmi di tutti.
In entrambi i casi, è sottoposto a una pressione psicologica paurosa per dimostrare al villaggio che ha fatto bene e che ha trovato il paradiso.
Mentre la comunità ospitante deve contemporaneamente dimostrare la propria superiorità. Che si dimostra, sia inveendo contro la Feccia che Invade, sia invitando a fare vedere quanto siamo Ricchi e Generosi e Ospitali.
Rossana,
pur con tutto il nervoso che mi sale per come Francia e Germania vogliono non-gestire la Brexit, beh, mi sembra difficile sostenere che gli Italiani che vanno a lavorare in Germania (o in Belgio) oggi siano nelle stesse condizioni dei minatori all’epoca di De Gasperi…
Anche imparare il tedesco al volo non mi sembra così necessario. Tra l’altro non è facilissimo impararlo: appena si accorgono che sei straniero ti parlano inglese 🙂
“Anche imparare il tedesco al volo non mi sembra così necessario. Tra l’altro non è facilissimo impararlo: appena si accorgono che sei straniero ti parlano inglese ”
Si vede che tu bazzichi la Germagnotta Compiaciuta.
Prova a parlare in inglese in Pomerania 🙂
“sia davvero cambiato qualcosa?”
oh beh, per gli italiani che lavorano in germania o belgio, si è decisamente cambiato qualcosa.
per esempio non vanno in prigione se vogliono cambiar lavoro come invece succedeva ai semischiavi dell’articolo che ho postato
“un clandestino sudanese in Egitto sta pur sempre cento volte peggio di un clandestino sudanese in Germania”
miguel, a te e a rossana sfugge un punto : grazie (o per colpa, come preferisci) all’UE, un italiano che va in germania non è un clandestino (*), cosa che lo distingue nettamente da un sudanese che va in germania, o da un italiano che andava in germania negli anni cinquanta
ora, potete esecrare la merkel, i mercati, le banche, l’euro, la perdita dell’identità nazionale, l’assenza di simboli, il freddo diritto, i massoni, o quel che volete, ma quello che vi ho indicato è un dato di fatto incontrovertibile
(*)per almeno sei mesi, in nessun caso. poi devi dimostrare di avere risorse per poterti mantenere o aver trovato un lavoro
“miguel, a te e a rossana sfugge un punto : grazie (o per colpa, come preferisci) all’UE, un italiano che va in germania non è un clandestino”
Probabilmente si sono sovrapposti vari discorsi. Io parlavo del motivo per cui un sudanese preferisce andare in Germania, piuttosto che in Egitto. Se ci arriva vivo.
Altra è la questione se la politica dell’UE, alla fine, privilegi gli interessi della Confindustria tedesca (di cui non mi ricordo il nome) rispetto ad esempio a quelli dei pensionati greci.
Non sto dicendo che lo faccia, perché ne so troppo poco, ma non vedo cosa c’entri tutto il resto.
Mai stato in Pomerania in effetti.
Comunque il fatto che ti si rivolgano in inglese ha appunto un lato negativo: rende meno facile apprendere il tedesco. Che già di suo non ischerza!
Ah. Tra la società che dimostra la sua superiorità accogliendomi e quella che lo fa sparandomi ho un’idea piuttosto chiara su quale preferirei, anzichenò 😀
giusto per ricordare il passato
http://win.storiain.net/arret/num189/artic2.asp
e attiro in particolare l’attenzione su
“L’accordo, firmato dal governo di unità nazionale di Alcide de Gasperi, mirava anche a garantire parità di salario e trattamento pensionistico e sanitario ai minatori italiani e belgi, nonché il diritto agli assegni familiari per le famiglie rimaste in Italia.
Nel documento erano previsti due i vincoli fortemente sanzionatori: l’obbligo di rispettare la durata minima contrattuale di un anno, sotto pena addirittura della detenzione prima del rimpatrio, e il mancato rinnovo del passaporto oltre all’impossibilità di cambiare lavoro prima di aver trascorso in miniera almeno cinque anni”
si, molto bello il passato, ma preferisco il presente senza passaporti….
Nel passato ci immaginiamo sempre aristocratici o comunque benestanti. Eppure i minatori erano ben più numerosi degli aristocratici 🙂
Anche oggi sono molti di più i raccoglitori di pomodori (o di uva, o di olive…) che gli Erasmus
Su questo vedo pochi reali cambiamenti, a parte quelli di qualche minor seccatura alle frontiere europee per chi si muoverebbe comunque, passaporto o meno…
@ rossana
Ho l’età per ricordarmi la famosa ‘guerra del latte’ fra Italia e Francia. E anche analoghi conflitti sul vino Pugliese.
Prima dell’UE, quei conflitti potevano diventare la causa di una guerra – non necessariamente di un conflitto militare, ma sicuramente di un devastante conflitto economico.
Se poi vado a vedere gli effetti dei finanziamenti UE sull’economia di Paesi poveri ma governati decentemente, come la Polonia che un poco conosco per esperienza diretta, pur con tutti i suoi difetti la UE è nè più nè meno che una MANNA.
Non diamo a colpa a Bruxelles se certe regioni Italiane non riescono a sfruttare più del 20% dei finanziamenti che potrebbero prendere.
E non ci illudiamo, soprattutto, che senza la UE i governi dei singoli Paesi sarebbero meno propensi a offendere gli emarginati, sfruttare il caporalato, escludere e umiliare i migranti.
Diamo a Kalergi quello che è di Kalergi, e a farage quel che è di farage.
Ciao!
Andrea Di Vita
Questo è vero, e non ci pensa spesso.
In realtà non credo neppure che ci siano meno seccature particolari alla frontiera; gli studenti Erasmus di oggi sono gli equivalenti degli artistoidi borghesi/aristocratici che facevano il “gran tour” nel Settecento, e non risulta che avessero particolari problemi di documenti.
Probabile che gli studenti Erasmus, in effetti, siano percentualmente di più rispetto al complesso della popolazione, ma forse non di tanto.
@ rossana
Quanto alla faccenda che la UE sarebbe in pratica la lunga mano della Merkel, è una bufala.
E’ vero che nel corso dei decenni la Germania ha fatto di tutto per piazzare propri uomini nei punti chiave di vari direttorati della Commissione, e già 20 anni fa ce n’erano almeno due dove c’erano funzionari tedeschi a tutti i livelli gerarchici, dal Commissario all’ultimo dei portieri.
Ma questo vuol dire solo che la Germania sa fa bene i propri interessi.
L’Italia, invece, ha spesso mandato i propri rappresentanti alla CEE/MEC/UE in vacanza premio. Quando c’era da fare la formazione sulla procedure comunitarie, alla prima parte del corso si mandava un tizio, e alla second parte un secondo tizio, tanto per non scontentare i raccomandati di nessuno (denuncia della Bonino). In certi santini elettorali delle elezioni al Parlamento di Strasburgo del 1983, nel Sud Italia si definiva la UE come ‘la Cassa per il Mezzogiorno che parla francese’ (sentito con le mie orecchie). Le richieste Italiane da parte di Università e centri di ricerca per i Thematic Network del IV Programma Quadro mancavano a volte delle firme o dei dati anagrafici dei rappresentanti dei partecipanti (visto coi miei occhi). Alla DG5 ho parlato con rappresentanti Italiani che mi hanno candidamente raccontato come alla prima gita fuori porta sulle Ardenne si fossero persi in macchina, e avessero chiesto aiuto al cellulare …alla mamma a Roma.
La nostra cialtroneria, quando c’è, non è colpa dei Tedeschi.
Quando questa cialtroneria non c’è, invece, cosa succede?
E’ merito dei ricercatori e degli ingegneri Italiani se in Italia becchiamo buona parte dei finanziamenti UE sulla fusione nucleare.
E’ merito del Commissario Monti se si sono arrestate le mire monopolistiche della Google in Europa; e sulla sua scia anche oggi la Apple rischia di pagare una multa miliardaria.
E’ merito dei nostri diplomatici di oggi se la più grande ditta elettromeccanica Italiana si è vista quasi regalare -per ordine del Commissario UE alla concorrenza, ma su stimolo del nostro Governo- metà dell’ex-Alstom. La quale Alstom era il grande gruppo Francese del settore, fallito di recente, e comprato dalla Statunitense General Electric che avrebbe realizzato così una posizione di quasi monopolio sul mercato del turbogas se la Commissione non fosse intervenuta costringendola a cedere un pezzo di Alstom a noi Italiani.
EW’ merito anche della UE, infine, se i dentisti Polacchi si sono potuti rifare in massa coi soldi di Bruxelles gli studi, e offrono oggi ai doloranti pazienti Italiani come me complesse operazioni odontoiatriche a un costo tredici volte inferiore a quello che pagherei a casa mia, incluso il biglietto aereo andata e ritorno.
Non toccatemi l’Unione Europea, insomma!
Ciao!
Andrea Di Vita
“Quanto alla faccenda che la UE sarebbe in pratica la lunga mano della Merkel, è una bufala.”
Sull’UE non ho le idee chiare e non mi pronuncio.
Poi evito le personalizzazioni, la Merkel è l’espressione delle grandi imprese aventi sede in Germania (non ho idea dove abbiano sede i loro capitali).
Però una cosa non esclude l’altra.
L’UE può fare molte cose utili per tutti i paesi europei, e allo stesso tempo, nel momento del dunque, orientare le grandi scelte in materia monetaria e affine nella maniera più utile per le aziende con sede in Germania. Anche quando ciò può danneggiare altri interessi.
Dico sempre come ipotesi, sono cose di cui non avrò mai il tempo di occuparmi seriamente.
@ Martinez
‘inglese in Pomerania’
L’ho fatto personalmente 🙂
Pochi parlano Inglese da quelle parti, almeno fuori dai centri di ricerca.
Ma se è per questo, quanti migranti stanno in Pomerania, e quanti a Monaco di Baviera?
Ciao!
Andrea Di Vita
“L’UE può fare molte cose utili per tutti i paesi europei”
oddio, utili per i paesi non lo so.
per salvatore che, dopo aver lavorato 20 anni in germania (guidando la sua amata fiat panda e mangiando la pasta italiana), ritorna a pizzocalabro con la moglie lituana conosciuta a wolfsburg a godersi la pensione maturata in germania, sicuramente si, è utile
@Pino
direi che i problemi di documenti e frontiere sono stati tipici dell’età dell’acciaio, da c.a 1860 a 1960, con un picco in 1900-1950
prima, come giustamente facevi notare tu, all’epoca del Gran Tour ‘sti problemi non c’erano
oggi, in questo, siamo tornati nella tradizione….tutto qui
P.S
a me piacciono molto le frontiere, più dure sono, meglio è..visti, timbri, permessi, cambi obbligatori 😀
ho un visto polacco lungo una pagina intera, ancora (e di poco) di epoca marxista, Ambasada Polskiej Rzeczypospolitej Ludowej w Rzymie. Wyza pobytowa jednokrotna (visto di transito per un solo ingresso), firmato da un tale che si definisce “radca Ambasady” (cons d’Amb), cui alla frontiera di Kudowa scrissero a mano che bisognava cambiare Lit 22.000 dzienne 😀 iù la registrazione dell’auto…stavamo per partire dopo ire, un doganiere ci richiama indietro..e un altro, ennesimo, timbro 😀 che tempi !
e sono orgoglioso di avere, da ragazzino, un timbro portoghese sul passaporto a Segura (allora il Portogallo non era ancora entrato in UE); gli spagnoli non timbrarono purtroppo all’andata ma sì al ritorno, forse vedendo i portoghesi, a Rosal de la Frontera….la CEE/UE ha rovinato ogni poesia 😀
P.S 2
l’ideale sarebbe, come in certi visti indiani d’antan la legenda
NOT VALID FOR RESTRICTED AND PROHIBITED AREAS
più ulteriori permessi di viaggio 😀
“visti, timbri, permessi, cambi obbligatori :D”
🙂
Habs,
c’è un film su di una coppia di arabi che rimane bloccata nelle alture del Golan, coi funzionari di frontiera israeliani e siriani che si rimpallano la responsabilità dei visti e dei timbri.
Spero che qualcuno ricordi il titolo, che ho dimenticato, perché forse potrebbe piacerti 🙂
visti e timbri sono fighissimi finché vai una volta all’anno in vacanza.
chiedi però ai frontialeri che tutte le mattine dalla francia vanno a lavorare in lussemburgo cosa ne hanno pensato di quel paio di mesi di frontiere chiuse in francia….
Se a qualcuno interessa, storie di rifugiati approdati in Lussemburgo
https://iamnotarefugee.lu/en/homenew-2
pare uno di quei siti creati apposta per promozionare il “prodotto” rifugiati…
Credo poco a queste storie patinate. Non che non ce ne siano, ho però conosciuto sia un’albanese arrivata bambina in Italia con le carrette, che un paio di tunisini che si sono fatti mesi di trafila qualche anno fa prima di riuscire ad avere un permesso di lavoro.
Fanno una vita grama, simile a quella degli italiani impoveriti attuali, e non credo abbiano molto di che sorridere né racconterebbero mai storie così, che sembrano il manifesto pubblicitario del rifugiato al quale “abbiamo dato un’opportunità”.
Poi, siriani o libici, veri intendo, confesso che non ne vedo in giro: solo nigeriani, senegalesi, ecc.
Ma può essere che vadano tutti in Lussemburgo, eh?
Tutti non credo, ma, per dire, i ragazzini che sono a scuola dai miei figli sono effettivamente iracheni e siriani (più qualche afgano presunto)
“…(più qualche afgano presunto)…”
Sono così ignorante che non saprei distinguere un siriano da un afghano o un libanese da un iracheno.
Poi ricordo che nella Libia di Gheddafi vivevano (e lavoravano) molti senegalesi, nigeriani, ecc. Lessi un un libro (bellissimo) della tragedia nella tragedia di questi immigrati che si trovarono a subire le violenze più devastanti, con la caduta di Gheddafi. Si raccontava di tragiche colonne di neri che tentavano di fuggire perché cacciati come prede dagli insorti, ammazzati come cani per il solo fatto di trovarsi lì.
Fino a prima, erano rispettati e invitati ad andare in Libia per la necessità di manodopera per la costruzione di case, strade, infrastrutture varie su cui il governo investiva.
Insomma, è tutto così difficile da verificare che la certezza su una nazionalità me la danno vecchi amici che sono qui da prima dell’inizio dei flussi monstre cui stiamo assistendo da qualche anno…
“non saprei distinguere un siriano da un afghano ”
io nemmeno, ma la differenza (in quel caso che conosco direttamente perché appunto sono a scuola con i miei figli) è che iracheni e siriani hanno dei documenti (non validi per il viaggio, certo, ma sufficienti per identificarli), gli afgani no. però dicono di essere afgani e la mamma di una ragazzina che frequenta la scuola e che è afgana (sposata con un belga, di origine kossovara arrivato in belgio 20anni fa come rifugiato…), ci dice effettivamente che parlano pashtun
Uhm… gli afgani che ho conosciuto io parlavano farsi, e si distinguevano abbastanza bene dai cittadini del Vicino oriente.
Io due afghani li ho visti settimana scorsa, ala serata dello “street food”:
facevano dolcetti tipici olandesi (frittelline, buone). Un mio amico olandese è andato al baracchino del suo paese, e ha avuto la sorpresa di trovarsi di fronte questi due tizi, simpatici (ha detto), che gli hanno raccontato di essere arrivati in Olanda come profughi.
Impossibile scambiarli per libanesi, se uno prima ha visto un libanese (io ne ho visto uno, per dire, che si è incazzato molto quando lo ho scambiato per pugliese… come se ci fosse qualcosa di male a esse pugliese! un po’ stronzo lo era).
“Poi, siriani o libici, veri intendo, confesso che non ne vedo in giro”
Io di siriani ne ho visti molti a Belgrado, l’estate scorsa, assieme a parecchi afghani ed eritrei.
In Italia, invece non mi ricordo di aver visto un solo siriano. Dall’aspetto fisico, mi sembra che i “profughi” che si incontrano nei vari alberghi e affini presi in affitto perle cooperative siano quasi tutti nigeriani, ghanesi e senegalesi, con qualche eritreo e/o somalo.
Un ragazzo siriano era nella mia scuola di quest’anno, ma non credo proprio fosse profugo
(idem un medico siriano o libanese che mi ha curato)
per Moi: entrambi biondi.
I profughi sistemati negli alberghi della zona (gli albergatori hanno smesso di far finta di dispiacersene, visto che hanno dato loro la disponibilità a ospitarli, e senza di loro molti di questi alberghi avrebbero rischiato la chiusura) sono ictu oculi tutti africani.
Ne conosci qualcuno?
Bella la signora Hind da Najaf, Iraq.
No, ho visto il sito poco fa
Contatterò sicuramente gli avvocati
Mica solo Giorgio Bocca, la lista degli intellettuali / politici voltagabbana “insospettabbbili” 😉 dopo la II GM è mooooolto lunga !
Certo che se il tasso di annegamento fosse superiore i migranti economici avrebbero meno voglia di fare la traversata, vanno soccorsi quando in acque territoriali italiane ed immediatamente espulsi, quei figli di puttana delle ONG (medecins sans frontiéres) umanitarie che li caricano in nord Africa vanno processati per tratta di essere umani e le loco cazzo di navi affondate a cannonate.
Grog! Grog! Grog!
Ho dato prova di moderazione
Quella della tratta di essere umani è interessante, perché è il modo comune di parlare del fenomeno ma in realtà… dove starebbe la tratta?
Quando c’era davvero la tratta degli schiavi, gli africani mica se ne andavano di propria iniziativa per cercare un futuro migliore! Venivano imbarcati controvoglia, con le catene, magari dopo essere stati pagati al capo villaggio.
Qui parliamo di gente che dà fondo ai propri averi – e magari non solo ai propri – per cercare un passatore che gli organizzi la traversata verso un Paese dove quasi nessuno lo vuole. Passatore che magari sarà la peggiore persona del mondo, e che posso ben credere che spesso e volentieri lo sia, ma che fa lo schiavista tanto quanto io faccio il cardiochirurgo o il cosmonauta.
vuoi mettere come è figo parlare di tratta? e di lotta ai trattatori di uomini?
anche se forse introdurrà il concetto che “se vogliono così disperatamente venire qui, mica possiamo organizzare la cosa un pochino meglio?”
in futuro, temo
ciao
Credo che l’uso di questo armamentario lessicale serva anche a scopi meno simpatici. Tipo trattare da mostri – sotto il profilo mediatico, politico, giuridico – gli stranieri cercano di aiutare i loro connazionali a sbarcare da noi.
In effetti parrebbe brutto chiamarli semplicemente mafiosi
?
“è lo stile, il buon gusto, la classe che il mondo imitava e ora, a furia di EU è quasi completamente svanita per somigliare sempre più a quelle desolate lande americane dove trionfano KFC e catapecchie nel deserto.”
Basta vedere la folla di tatuati e tatuate, che diventano disgustosi alla vista, soprattutto d’estate.
Tatuaggi che fino a poco tempo fa, erano legati a detenuti, gente di mare e comunque a gente cozzala……
Tatuaggi con la faccia di Juncker non ne ho ancora visti, però 😀
Non mettere limiti alla provvidenza, potresti sempre vederne in futuro…(mi fece sbellicare tempo fa leggere che in un paese africano i geniroi avevano chiamato il figlio Berlusconi…pare per via del calcio e del Milan…)
@Andrea Di Vita
“…Ho l’età per ricordarmi la famosa ‘guerra del latte’ fra Italia e Francia. E anche analoghi conflitti sul vino Pugliese.
Prima dell’UE, quei conflitti potevano diventare la causa di una guerra – non necessariamente di un conflitto militare, ma sicuramente di un devastante conflitto economico. ”
Prima dell’UE, il problema delle quote latte non si poneva proprio, e quello che definisci “devastante conflitto economico” per vino (o olio ex oliva, o quel che vuoi), si chiamavano “mercato” e “concorrenza”
Ed è molto strano il fatto che da una parte si parli di globalizzazione e libera concorrenza mentre dall’altro si impongono quote latte o si importa olio ex vergine di oliva dalla Tunisia ma lo si può mettere sul mercato europeo come prodotto “EU”, con incentivi e sostegni economici EU alla Tunisia, che non mi risulta essere paese UE.
Dettagli simili, su diverse materie, sono piuttosto comuni in UE, e tutti generano conflitti che si risolvono con accordi, dove a far da dirimente non sono gli interessi di un paese ma quelli degli importatori e dei produttori, grazie alle varie lobby che decidono a Bruxelles vita e morte del libero mercato (è libero, ma dipende da quanto hai da sborsare per pagare qualcuno che si piazzi in loco a difendere i tuoi interessi…)
rossana,
— Prima dell’UE, il problema delle quote latte non si poneva proprio —
Neanche oggi, credo. Le hanno abolite, no?
E credo che tu sappia com’è andata a finire 🙂
Abolite? Sì, pare (ogni tanto rispuntano…). Ma le quote le citava Andrea De Vita, nel commento cui rispondo…
Ecco. Hai presente cos’è successo, in seguito all’abolizione? 🙂
Come dicono gli Yanquis, bisogna stare attenti a cosa desideriamo, ché potrebbe avverarsi!
in francia e germania è esplosa la produzione, per sfiga sono pure calati i consumi (nonché le esportazioni visto le sanzioni alla russia) e ci sono gli allevatori per strada a sversare letame
non voglio certo dire che le quote siano state una gran idea, anzi è un tentativo da piano quinquennale sovietico….
In Italia è successo questo:
http://www.repubblica.it/economia/2016/04/02/news/latte_coldiretti_quote_martina-136742980/
Ah, le sanzioni alla Russia sono un enorme regalo all’economia del Sudamerica, una falcidia indegna per imprese e lavoratori in Italia e un ottimo argomento contro l’UE.
Non riesco proprio a capire che senso abbiano. Secondo me sono un complotto per farmi dare ragione a Salvini almeno su una cosa.
Il link all’articolo sulla Coldiretti ovviamente mi appare colorato di viola, a ricordare che è stato qui postato infinite volte. Tuttavia ciò non ferma mai gli euroscettici nella riesumazione del discorso sulle quote. 😀
rossana
direi il contrario: prima della UE il problema era quasi solo tener fuori dal mercato nazionale i prodotti esteri a basso costo per favorire i produttori nazionali a scapito dei clienti
il che ha contribuito non pochissimo alle due guerre mondiali
non per nulla POI hanno fatto la UE
purtroppo c’erano dentro francesi, socialisti, tedeschi. coldiretti e ci sono state forti e dannose dosi di piani quinquennali, quote, sussidi e altre porcherie assortite
nell’insieme però sono 71 anni che Francia e Germania non si fanno la guerra
ciao
@ rossana
Senza quelle ‘quote’ di cui tanto male sembri parlare non esisterebbe più in Italia (e in Europa) alcuna industria, nè tessile nè automobilistica nè motociclistica nè manifatturiera.
Quanto alle guerre commerciali, ce ne fu una devastante (ai nostri danni) fra Francia e Italia nella seconda metà del XIX secolo. Habsburgicus e mirkhond potranno raccontarlo meglio di me.
E l’eccezione pro-Tunisia la si giustifica come aiuto a uno dei pochi Paesi arabi che sono riusciti ad avere una rivoluzione vittoriosa contro un tiranno (rimpianto solo dalla figlia di Craxi, a quanto sembra) senza finire come la Siria o l’Egitto.
Mi pare un prezzo accettabile. O no?
Ciao!
Andrea Di Vita
Mi pare un prezzo accettabile. O no?
No! 😀 Dovremmo anzi affamare la Tunisia in modo da destabilizzare il governo e far sorgere al suo posto… boh, o una bella dittatura militare o un emirato, a seconda di chi vince 😀
Comunque ora che per il Califfato le cose vanno male e non può più assorbire disoccupati tunisini come prima, togliendo qualsiasi sostegno a Tunisi ne potremmo vedere delle belle.
@ Mauricius Tarvisii
Perfetto.
I tagliagole ringraziano. 🙂
Ciao!
Andrea Di Vita
“Medecins sans frontiéres” traghetta direttamente da Zarzis (Tunisia) all’Italia gli asilanti, e fa parte della stessa banda di porci francesi che hanno distrutto la Libia, paese dove il tenore di vita era buono anche per i Neri residenti.
“Medecins sans frontiéres” ha dicasi tre navi dicasi tre con cui fa questo mestiere e concorre a mettere in difficoltà l’Italia, perché non li scarica in Francia o in Lussenburgo(*)? Le tre navi non le ha certo comperate con il denaro delle sottoscrizioni dei privati.
“Medecins sans frontiéres” apre sempre “ospedali” in areee controllate dai terroristi in Siria, se per caso i Russi li bombardano GLI STA BENE, in definitiva “Medecins sans frontiéres” sono degli sporcaccioni al soldo dello SDECE della CIA e dell’MI6, i paesi di riferimento ne paghino il conto.
Grog! Grog! Grog!
(*) una della navi batte bandiera lussenburghese
“perché non li scarica […] in Lussenburgo(*)”
questa la so!
non c’è ‘o mare in lussemburgo e le navi non possono attraccare!
E io che volevo spostare il mio iòt da Bruxelles a Lussemburgo…
Grazie, se non me lo avessi detto tu non avrei mai sospettato che il Lussemburgo fosse privo di sbocchi sul mare, vero è che ha sbocco su tre mari di merda, Francia, Belgio e Germania (oceano di merda).
Grog! Grog! Grog!
prego!
Leggetevi bene quel che dice Angela Merkel, per cortesia…
http://www.repubblica.it/cronaca/2016/08/31/news/migranti_l_ondata_di_settembre_verso_l_italia-146925428/?ref=HREA-1
E adesso vorrei avere qui davanti tutti quelli che mi dicevano che no, che mi sbagliavo, che erano bugie di Berlusconi e poi di Alfano, che le recriminazioni da parte dei governi italiani sul fatto che i Paesi del nord Europa se ne sbattevano erano “populiste”…
E ci vorrei dire, a tutti quelli là:
SOMAREN!
😀
Ma se anche il Giappese 🙂 venisse fonetizzato a randa :), di prepo 😉 tipo una lingua “Shlaffa” [cit.] … si ritroverebbe con uno sbrozzo 😉 di omofoni non più inequivocabilmente distinguibili in forma scritta; peggio ancora del Francese, che appunto, per fortuna, NON può “a buon mercato” semplificarsi troppo.
Anche l’ Inglese ha un rapporto scrittura / pronunzia tutt’altro che “logico e lineare” … ma curiosamente quasi nessuno (Stranieri ancor men dei Madrelingua !) sembra farsene un cruccio !
Proprio nessuno no…
tu come pronunceresti “ghoti” in inglese? 😀
http://www.youtube.com/watch?v=MWHeliA1g8Y
“Holy semantics” [quot.]
😉
“tu come pronunceresti “ghoti” in inglese?”
Questa la so, infatti la sfida fu inventata da un non linguista.
Qualunque madrelingua inglese, a prescindere dal proprio grado di istruzione, ne farebbe un omofono di goatee, la barba a capretto.
L’inglese è assai meno irregolare di quanto si pensi, solo che non ti insegnano le regole, le impari.
Miguel, che a te l’inglese venga sciolto e naturale non ne dubitiamo… epperò negli Stati Uniti lo spelling non è una disciplina per gare?
Nella mia classe delle elementari, dopo i primi due anni, qualsiasi bambino senza patologie particolari sapeva trascrivere le parole pronunciate dalla maestra; nei primi due anni, più che altro, capitava di saltare qualche “dopia” a chi era di famiglia felsinea (l’idioma locale non le contempla!).
Non è che fossimo tutti dei capoccioni. Avevamo a che fare con una lingua meno capricciosa, dove una poesia come The Chaos o com al s’ciama non sarebbe possibile 🙂
saltare qualche “dopia” a chi era di famiglia felsinea (l’idioma locale non le contempla!).
———
a me NON risulta … specie per le coppie minime.
Cioè, tu usi le doppie quando parli in bolognese? davvero?
“epperò negli Stati Uniti lo spelling non è una disciplina per gare?”
Certo, e si trovano infiniti errori di ortografia nelle cose che scrivono gli americani su internet.
Ma attenzione, qui stiamo parlando di lettura, non di scrittura.
Per semplificare, io potrei essere incerto se scrivere “rule” oppure “rool”, ma se vedo scritto “rool” (che peraltro non esiste), non ho dubbi su come pronunciarlo.
Ah, curiosamente, quelli che sbagliano SEMPRE a scrivere sono i messicani, in spagnolo. Che pure avrebbe una scrittura apparentemente più regolare dell’inglese.
Cmq anche in Romaji è figo lo stesso, e poi èrelativamente facile da pronunciare : una “r” un po’ alla Fidentina ma non troppo 😉 e una “u” un po’ da stitici 😉
“perché Hitler non si fidava di loro.
Chissà, magari neppure degli italofoni si fidava.”
Ti risulta che tra le Waffen SS vi fossero dei Romagnoli?
Non sono informato in materia, mi spiace…
Com’era la vita in Romagna, sotto il fascismo?
@ tutti
“Com’era la vita in Romagna, sotto il fascismo?”
Amarcord?
Ciao!
Andrea Di Vita
P.S. Quanto all’Emilia, una nostra amica di famiglia ricordava ancora le violenze dei fatti di Parma, nel ’23.
I Fatti di Parma?
Alludi all’assalto delle squadre di Balbo all’Oltretorrente?
Ma non avvenne nell’estate del 1922, PRIMA della marcia su Roma?
Comunque è curioso che Zanardo non risponda ad una domanda che dovrebbe riguardare la sua avita e amata patria….
Boh?
Non avevo visto la domanda!
Non sono molto informato in materia, comunque. A quanto ne so, certe aree se la passarono meno peggio di altre: certi ambienti a Ravenna restavano divisi tra socialisti e repubblicani, ad esempio. La Bassa, invece, non credo sia stata altrettanto fortunata.
I tuoi avi come vissero il fascismo?
Te ne hanno mai parlato?