Il sogno del giovane Simplicissimus

La storia non è tutta fatta di guerre.

Ci vollero decenni dimenticati di pace per costruire la guerra dei Trent’Anni, la peggiore che l’Europa abbia mai conosciuto.

Sono passati quasi quattrocenti anni da allora, ma a leggere le storie di Simplicissimus, narrate da Hans Jakob Christoff von Grimmelshausen, sappiamo che stiamo precipitando nel suo stesso sogno.

I suoi alberi mettono radice tutt’attorno a noi, partendo dalle periferie.

Da Der abenteuerliche Simplicissimus Teutsch, traduzione di Ugo Déttore e Bianca Ugo.

Mi addormentai tra questi pensieri, pieno di tristezza e di freddo e con lo stomaco affamato. Allora mi parve, come in sogno, che gli alberi intorno alla mia abitazione si trasformassero all’improvviso assumendo un aspetto del tutto diverso. Su ogni vetta sedeva un cavaliere e ogni ramo, invece che di foglie, era ornato di uomini di ogni genere, gli uni con lunghi spiedi, altri con moschetti, fucili corti, partigiane, insegne e anche tamburi e pifferi. Tutto ciò era assai divertente a vedersi, perché ogni cosa si distingueva gradatamente e in bell’ordine.

Jacques-Callot-Der-GalgenbaumLe radici, invece, eran formate da gente dappoco: artigiani, braccianti, contadini la maggior parte e simili, i quali, tuttavia, davano all’albero la sua energia, e gliela rinnovavano se ogni tanto la perdeva; sostituivano le foglie cadute con gente loro, con loro ancor maggior danno, e intanto si lamentavano di quelli che stavano sull’albero, e non a torto, perché tutto il peso dell’albero gravava su di loro e li opprimeva in tal modo che tutto il loro denaro sfuggiva dai borsellini, anche quello tenuto sotto sette suggelli. E, se il denaro non voleva uscire, i commissari li strigliavano con scope, cosa che, in gergo militare, si chiama esecuzione, cosicché gran sospiri uscivano dal loro cuore, lacrime dagli occhi, sangue dalle unghie e midollo dalle ossa. V’erano però fra loro anche certe persone chiamate buffoni, le quali si davano poco pensiero, prendevano tutto alla leggera e, nella loro croce, invece di consolazione avevano ogni specie di beffa.

Se le radici di questi alberi dovevano rassegnarsi a una vita di fatiche e di lagni, quelli che si trovavano sui rami inferiori, avevano ancor più gravi fatiche, lavori e travagli; tuttavia questi eran di solito più allegri dei primi, ma anche più arroganti. tirannici, quasi sempre empi e costituivano per le radici un peso duro e insopportabile. A loro si addicevano i seguenti versetti:

E fame e sete, freddo e calura,
E, come capita, fatica e cura,
Víolenza e offesa, data o patíta,
Lanzichenecco, son la tua vita.

Versetti, questi, che non eran davvero gioco di fantasia ma corrispondevano perfettamente alla loro esistenza, perché la loro vita era rimpinzarsi e sborniarsi o soffrir la fame e la sete, fottere e stuprare, far strepito e giocare a dadi, crapulare e gozzovigliare, assassinare e venire assassinati, uccidere e venire uccisi, torturare ed esser torturati, scacciare ed essere scacciati, spaventare ed esser spaventati, rubare ed esser derubati, saccheggiare ed essere spogliati, temere ed esser temuti, recar sventura e riceverne, percuotere ed esser percossi: in summa danneggiare e rovinare e subir danno e rovina. E da questo non si lasciavan distogliere né da inverno né da estate, né da neve né da ghiaccio, né da arsura né da gelo, né da pioggia né da vento, né da monte né da valle, né da campo né da palude, né da fosso né da valico, mare, muro, acqua, fuoco, bastione, né da padre né da madre. ne da fratello né da sorella, né da pericolo del corpo, anima e coscienza, né dalla perdita della vita o del cielo, né da qualsiasi altra cosa in qualunque modo potesse chiamarsi.

free-doomContinuavano assidui e ostinati ad agir cosi fino a quando finalmente in battaglie, assedi, sommosse o spedizioni, o nei loro stessi quartieri (che per i soldati sono il paradiso in terra. soprattutto quando incontrano grassi contadini). perivano, morivano, andavano in malora e crepavano a uno a uno, salvo alcuni pochi che nella vecchiaia, quando non avevano scorticato e rubato a dovere, divenìvano ottimi mendicanti e vagabondi.

Subito sopra questi sciagurati, c’erano alcuni vecchi ladri di galline che per vari anni si erano barcamenati con gran pericolo sui rami inferiori e poi si eran fatti strada a forza di gomiti e avevano avuto la fortuna di sfuggir fino a quel giorno alla morte. Questi avevano un aspetto un po’ più rimpannucciato e meno indegno perché eran riusciti a salire di un grado; ma sopra di loro altri ve n’erano, ancor più in alto, e con aria più presuntuosa perché comandavano gli inferiori. Questi eran chiamati spolverafarsetti perché, con i loro bastoni e le loro alabarde, le loro busse e le loro diavolerie ripulivano la schiena e il capo ai fanti, e davano olio di bastone ai moschettieri perché ne ungessero il fucile.

Sopra di loro era, nel tronco dell’albero, uno spazio intermedio liscio e senza rami, spalmato di prodigiosi materiali e del singolare sapone dell`invidia, cosicché nessuno, se non fosse stato della nobiltà, poteva salirvi, né per prodezza, né per destrezza, né per scienza, anche se abile quanto si vuole ad arrampicarsi: perché era tirato più a lucido di una colonna di marmo o di uno specchio di acciaio. Più su sedevano quelli con le insegne, alcuni giovani, altri un po’ in là negli anni; i giovani erano stati issati lassù dai loro parenti, i vecchi vi erano arrivati in parte da soli, sia mediante una scala d’argento che si chiama ingrassatura di ruote, sia mediante un ponticello gettato loro dalla Fortuna in mancanza d’altri. Ancor più su sedevano altri che avevano pure le loro fatiche, le loro preoccupazioni e le loro pene; ma godevano il vantaggio di poter meglio lardellare le loro borse con quel grasso tagliato dalle radici per mezzo di un coltello chiamato contribuzione.

Meglio però se la passavano quando veniva un commissario che versava sull’albero una tinozza d’oro per ristorarlo, cosicché arraffavano il più e il meglio di quella pioggia e non lasciavano cader quasi nulla a quelli di sotto; i quali, appunto per questo, morivan piuttosto di fame che per mano nemica, pericolo da cui sembravano esenti quelli che stavan sopra. Ne derivava cosi un continuo aggrapparsi e arrampicarsi su per l’albero, perché ognuno voleva mettersi a sedere sul fortunato luogo a lui superiore; solo certi poltroni scioperati, indegni di mangiare il pane di munizione, non si sforzavano di salir più in alto e non tacevan nulla più del puro necessario.

Gli ambiziosi sottoposti speravano nella caduta dei superiori per poter occupare il loro posto, e, se mai riusciva a uno su diecimila di arrivare a tanto, questo accadeva solo nella trista vecchiaia, quando sarebbero stati più adatti a starsene accanto al focolare che a tener testa al nemico in campo aperto; e se poi qualcuno era ancora in forze e sbrigava bene i suoi lavori comportandosi valorosamente in tutti i pericoli, era invidiato dagli altri o perdeva improvvisamente la vita e la carica in un nuvolone di polvere da sparo.

ln nessun luogo le cose andavano più duramente che in quel suddetto luogo tutto liscio; perché, quando uno aveva un buon furiere o un buon sergente, lo perdeva suo malgrado quando questi era nominato alfiere. Perciò, a preferenza dei vecchi soldati, si sceglievano scribacchini, camerieri, paggi anziani, nobili poveri, un qualche cugino o qualche parassita o morto di fame, i quali toglievano il pane di bocca a quelli che se lo erano guadagnato e divenivano alfieri.

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176 risposte a Il sogno del giovane Simplicissimus

  1. PinoMamet scrive:

    Beh, su due piedi mi pare un’ottima descrizione di come funzioni la mobilità sociale

    (e la migliore descrizione dei lanzichenecchi mai letta!)

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ PinoMamet

      Nell’intero corso del tempo, forse a partire dalla fine del Neolitico, sono esistiti al mondo tre tipi di persone: gli Alti, i Medi e i Bassi. Essi si sono ulteriormente suddivisi, ricevendo un numero infinito di nomi diversi, mentre la consistenza di ogni singolo gruppo, così come l’atteggiamento di un gruppo verso l’altro, ha conosciuto cambiamenti di epoca in epoca. La struttura fondamentale della società è però rimasta inalterata. Perfino dopo sconvolgimenti enormi e dopo mutamenti all’apparen-za irreversibili, questo schema si è costantemente riproposto, come un giroscopio che, in qualunque direzione e con qualunque forza lo si spinga, ritorna sempre in perfetto equilibrio. Gli obiettivi di questi tre gruppi sono assolutamente inconciliabili fra loro. Lo scopo principale degli Alti è quello di restare al loro posto, quello dei Medi di mettersi al posto degli Alti. Obiettivo dei Bassi, sempre che ne abbiano uno (è infatti una caratteristica costante dei Bassi essere troppo disfatti dalla fatica per prendere coscienza, se non occasionalmente, di ciò che esula dalle loro esistenze quotidiane), è invece l’abolizione di tutte le distinzioni e la creazione di una società in cui tutti gli uomini siano uguali fra loro. In tal modo nel corso della storia si ripropone costantemente una lotta sempre uguale a se stessa nelle sue li-nee essenziali. Per lunghi periodi si ha l’impressione che gli Alti siano saldamente al loro posto, ma prima o poi giunge il momento in cui o smarriscono la fiducia in se stessi, o perdono la capacità di governare, o si verificano entrambe le cose. Sono allora rovesciati dai Medi, che attirano i Bassi dalla loro parte fingendo di lottare per la giustizia e la libertà. Conseguito il loro obiettivo, i Medi ricacciano i Bassi alla loro condi-zione di servaggio, diventando a loro volta Alti. Ben presto da uno dei due gruppi rimanenti, o da entrambi, ne germina uno nuovo di Medi, e la lotta ricomincia da capo. Dei tre gruppi, soltanto quello dei Bassi non riesce mai a realizzare i propri fini, nemmeno temporaneamente. Sarebbe eccessivo sostenere che nel corso della Storia non ci siano stati miglioramenti materiali di alcun genere. Perfino in un periodo di decadenza quale quello attuale, l’uomo medio si trova in condizioni materiali migliori rispetto a qualche secolo fa, ma nessun incremento nel benessere, nessun addolcimento dei costumi, nessuna riforma o rivoluzione hanno minimamente favorito l’uguaglianza fra gli uomini. Dal punto di vista dei Bassi, ogni mutamento storico ha prodotto solo un cambiamento per quanto riguardava il nome dei loro padroni.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Miguel Martinez scrive:

        “Nell’intero corso del tempo, forse a partire dalla fine del Neolitico, sono esistiti al mondo tre tipi di persone: gli Alti, i Medi e i Bassi.”

        Non sarei così sicuro.

        Credo che conosciamo la storia soprattutto in questi termini, ma non vuol dire che sia rigorosamente così.

        Penso alla situazione abbastanza normale e diffusa di collaborazione alla pari (con dislivelli ovviamente) che caratterizza situazioni diverse quanto quelle del Sudtirolo, del Chiapas, dei primi Comuni medievali (prima che la ricchezza ne scombussolasse l’ordine), delle campagne cinesi pre-Mao (che non erano affatto “feudali”), dei commons inglesi o dei villaggi egiziani pre-1800.

        In alcuni casi, ci sono degli Alti “riconosciuti” (l’esattore ottomano ad esempio), ma la maggior parte della vita e dell’economia è indipendente.

        Nessuna grande teoria certamente dell’uguaglianza umana o della democrazia, ma semplicemente la constatazione che collaborare sia un bene, che due teste funzionano meglio di uno e tante cose che ci insegnano i proverbi.

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Martinez

          It is a commonplace that the history of civilisation is largely the history of weapons. In particular, the connection between the discovery of gunpowder and the overthrow of feudalism by the bourgeoisie has been pointed out over and over again. And though I have no doubt exceptions can be brought forward, I think the following rule would be found generally true: that ages in which the dominant weapon is expensive or difficult to make will tend to be ages of despotism, whereas when the dominant weapon is cheap and simple, the common people have a chance. Thus, for example, thanks, battleships and bombing planes are inherently tyrannical weapons, while rifles, muskets, long-bows and hand-grenades are inherently democratic weapons. A complex weapon makes the strong stronger, while a simple weapon–so long as there is no answer to it–gives claws to the weak.

          The great age of democracy and of national self-determination was the age of the musket and the rifle. After the invention of the flintlock, and before the invention of the percussion cap, the musket was a fairly efficient weapon, and at the same time so simple that it could be produced almost anywhere. Its combination of qualities made possible the success of the American and French revolutions, and made a popular insurrection a more serious business than it could be in our own day. After the musket came the breech-loading rifle. This was a comparatively complex thing, but it could still be produced in scores of countries, and it was cheap, easily smuggled and economical of ammunition. Even the most backward nation could always get hold of rifles from one source or another, so that Boers, Bulgars, Abyssinians, Moroccans–even Tibetans–could put up a fight for their independence, sometimes with success. But thereafter every development in military technique has favoured the State as against the individual, and the industrialised country as against the backward one. There are fewer and fewer foci of power. Already, in 1939, there were only five states capable of waging war on the grand scale, and now there are only three–ultimately, perhaps, only two. This trend has been obvious for years, and was pointed out by a few observers even before 1914. The one thing that might reverse it is the discovery of a weapon–or, to put it more broadly, of a method of fighting–not dependent on huge concentrations of industrial plant.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Miguel Martinez scrive:

            “And though I have no doubt exceptions can be brought forward, I think the following rule would be found generally true”

            Interessante… fonte?

          • Z. scrive:

            Il costo per la strumentazione, come amano dire i difensori del software proprietario, è solo una parte del TCO.

            Ad esempio, i Romani hanno sottomesso l’Europa grazie ad una tecnologia bellica inusitata per l’epoca o grazie soprattutto alle loro competenze logistiche e organizzative?

            Non sono poi sicuro che una balestra costasse meno di un arco lungo, l’arma che si dice abbia vinto ad Azincourt. Però imparare a usare una balestra richiede meno tempo, e l’arco lungo non è comodo da portare appresso.

            Ho anche qualche dubbio sulle armi da fuoco. Può pure darsi che i fucili a ripetizione fossero più costosi, ma i fucili a retrocarica non permettevano lo stesso ritmo di fuoco: erano efficaci se usati da personale qualificato, mentre col fucile a ripetizione dai e dai qualche colpo arrrivava a segno comunque. Era insomma un’arma più “democratica”.

            Ancora oggi, che io sappia, RPG e AK non sono armi particolarmente costose, anche perché non sono troppo difficili da usare…

          • Francesco scrive:

            Quella sulla Rivoluzione francese mi pare una fesseria

            Le armi furono l’ultimo dei mezzi dei rivoluzionari

          • izzaldin scrive:

            @Miguel e Andrea Di Vita
            non so la fonte e potrei sbagliarmi, ma mi ricorda testi alla Jared Diamond, Guns, Germs and Steel e tutti quei tentativi di “storia totale” che vorrebbero spiegare la totalità delle differenze umane in qualche comodo capitoletto.
            Magari mi sbaglio eh, è solo una sensazione

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Martinez

            La fonte è Orwell (non te ne stupirai 🙂 ) , in particolare l’articolo “You and the atomic bomb”.

            Ho continuato a rimuginare sulla tua risposta al mio post su Alti, Medi e Bassi (fonte: Orwell, ‘1984’). La tua risposta in realtà evidenzia un problema che mi è sempre tornato in mente in un periodo molto lungo della mia vita: come conciliare l’evidente stabilità sul lungo termine della diseguaglianza fra esseri umani con l’uguaglianza che è il necessario prodotto della solidarietà fra esseri umani, a sua volta prodotto di una scelta razionale di ottimizzazione delle risorse oppure prodotto di una qualche fede religiosa?

            Pur diversissimi fra loro, Epicuro, la Bibbia, Mo-Ti e Campanella concordano sulla uguaglianza fra esseri umani come rispondente alla più autentica natura umana, e ammoniscono contro la ricerca del potere. Eppure le piramidi, le caste, le classi, i Lazzaro e gli Epulone sono una costante della storia umana.

            Nei suoi saggi su Dickens, Koestler e Miller, Orwell sottolinea più e più volte il fatto che il semplice mutamento delle condizioni politiche è inefficace al fine di ridurre le diseguaglianze fra esseri umani se non vi è anche un miglioramento del comportamento morale, ma che a sua volta questo miglioramento è inutile senza un cambiamento delle condizioni politiche. Lui vede le cose dal punto di vista del critico letterario qual era: maggiori le disuguaglianze sociali, maggiore l’ipocrisia nella società, minore la sincerità cui sono educati gli individui, minore la qualità di un’opera letteraria. D’altro canto l’elevata qualità morale di una persona non è affatto garanzia di elevata qualità letteraria. Questa contraddizione riflette quella in cui si trova il militante rivoluzionario, per cui non si può migliorare la vita degli esseri umani nè accettando il mondo così com’e’ invocando un semplice miglioramento dei costumi nè cambiando il mondo senza contemporaneamente cambiare anche i costumi.
            In queste riflessioni, in nuce, sta a ben vedere tutto il contrasto fra la Teologia della Liberazione e la Chiesa di Roma – o se vogliamo anche il contrasto fra il Malatesta che sosteneva l’astensionismo elettorale degli anarchici Italiani e il suoi compagni anarchici che finirono a militare per i socialisti di Turati.

            Sospetto -e la cosa riguarda anche Oltrarno- che la soluzione del dilemma stia nelle dimensioni. Sulla scala temporale dei secoli, e sulla scala spaziale di grandi territori popolati da milioni di persone, la struttura stabile è sempre affetta da diseguaglianza. Vale la legge di Pareto: l’ottanta per cento delle risorse è a disposizione dal venti per cento delle persone. poco conta il colore politico della casta dominante. Questa può essere magari sostituita, ma solo da quelli che formeranno un’altra casta, un po’ come le rivolte contadine in Cina che finivano col sostituire una dinastia con un’altra. Su grande scala una vera democrazia è impossibile: non lo dimostra solo il teorema di Arrow, ma il fatto stesso che le democrazie dirette del passato sono note a noi col nome di chi effettivamente le dominava, da Pericle a Lorenzo il Magnifico.

            Sulla scala dei piccoli gruppi di persone che si conoscono fra di loro, la situazione è del tutto diversa. E’ possibile dare la propria vita per il prossimo. E’ possibile un’autentica solidarietà basata sulla comunanza dei bisogni. C’e’ spazio per l’agape, o per il Giardino degli Epicurei dove schiavi e padroni sono sullo stesso piano. E’ possibile cambiare le cose. Non a caso il Vangelo predica di amare il prossimo, non di amare l’umanità nel suo complesso. E separa ciò che è di Dio (che abita in mezzo a coloro che si amano, ossia che danno la vita gli uni per gli altri) da ciò che è di Cesare (che sul piano morale è neutro, ma la cui autorità secondo i pensatori Cristiani viene da Dio proprio per
            consentire la sopravvivenza di comunità legate dall’agape. S. Paolo riporta lo schiavo Timoteo dal padrone da cui era fuggito).

            Il fiume va verso il mare, ma localmente i vortici vanno in senso opposto. E’ proprio perchè il fiume va verso il mare che i vortici vanno in senso opposto, come spiego’ Richardson. Messi insieme, tanti piccoli gruppi di eguali formano comunque una società diseguale: il che fa piazza pulitra di utopie ugualitarie alla Campanella.

            (Da un punto di vista fisico, trovare proprietà di stabilità di sistemi aperti e diseguali rappresenta ancora una sfida).

            Insomma, l’Oltrarno di Martinez funziona così com’e’. Diventasse un partito con miliuoni di aderenti, ci sarebbe il suo Comitato Centrale, e Martinez potrebbe assere addetto alle purghe periodiche. Farebbe la fine dei grillini.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            P.S. Chi mi conosce sa che e’ vero, sono ossessionato da Orwell. S. Gerolamo diceva a ragione “Timeo hominem unius libri”. L’essere umano che legge un solo libro lo deve conoscere a fondo, e per approfondirlo senza tradirlo (come fanno i bigotti con le loro Sacre Scritture) ne deve conoscere tutte le implicazioni: per cui è difficile imbrogliarlo. Come i dervisci con la continua ripetizione del nome della Divinità, approfondire un autore significa alla fine aprire una nuova finestra sull’Universo.

            • Miguel Martinez scrive:

              “Sulla scala dei piccoli gruppi di persone che si conoscono fra di loro, la situazione è del tutto diversa. E’ possibile dare la propria vita per il prossimo. E’ possibile un’autentica solidarietà basata sulla comunanza dei bisogni.”

              Sono molto d’accordo.

              Ma proprio per questo, è fondamentale ridurre la scala delle cose.

              Ecco perché – nel provvedimento demagogico sui locali a Firenze – ritengo positivo il casuale riferimento a prodotti “locali”.

              Non perché i prodotti toscani siano più fighi. Ma perché vuol dire che attorno a Firenze, ci sarà più lavoro diversificato attorno a piccole produzioni.

              E’ il vecchio principio messicano della milpa comunitaria, su cui si seminano tante cose diverse, anche in previsione di carestie o di malattie delle piante.

          • Francesco scrive:

            Andrea

            ho riletto il testo in inglese (di Orwell, giusto?) e lo ho trovato profondamente errato

            confonde sistematicamente le rivoluzioni (che sono lotte cruente all’interno di un popolo) con le ribellioni (di un popolo contro la dominazione di un altro popolo)

            la rivoluzione americana non fu una rivoluzione, infatti solo per caso non si concluse con la creazione di una monarchia simil-inglese nelle 13 colonie

            la rivoluzione francese e quella russa furono rivoluzioni (e infatti causarono infiniti mali)

            in entrambi i casi, le armi con cui furono vinte furono culturali e politiche molto più che armi in senso stretto

            ciao

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Francesco

            E’ vero che rivoluzioni e ribellioni sono cose diverse. Ma entrambe sono impossibili senza le armi giuste: e non bastano le armi culturali, ci vogliono anche quelle materiali. Machiavelli ci ricorda la fine che fanno i profeti disarmati.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

            P.S. Sì, è Orwell: “You and the atomic bomb”.

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ izzaldin

            Avresti certo ragione se si trattasse di appunto di qualche “comodo capitoletto”. Ma se si tratta di spunti per ulteriori riflessioni, allora sono utili cambiamenti di prospettiva. Un po’ come per le teorie della fisica, insomma 🙂

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • Francesco scrive:

            Voltaire e Rousseau creparono assai bene se ricordo, e disarmatissimi

            e Robespierre non dovette vincere battaglie per far precipitare la Francia nel Terrore, fino a quando riuscirono a fermarlo usando i suoi metodi

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Francesco

            Sì, ma senza la picca e il moschetto dei rivoluzionari nè Voltaire nè Rousseau nè Robespierre avrebbero avuto tutto questo impatto. Guardiamo la sorte, ad esempio, delle sommosse sanfediste di Vandea.

            Se persino una religione potenzialmente non violenta come il Cristianesimo per imporsi ha avuto bisogno delle crociate di Carlo Magno contro i Sassoni e dei Cavalieri teutonici contro i Prussiani… 🙂

            Ciao!

            Andrea Di Vita

  2. Moi scrive:

    Ma infatti l’ISIS attira giovanissimi che hanno aperto pochissimi libri anche a scuola, stanno molto a smanettare di “war games” virtuali … poi scoprono che esiste un (!) modo , al momento l’unico (!) per uscire dal Virtuale e appodare al Reale ove sfogare tutte le frustrazioni … sempre sul Reale.

    In pratica è come se a degli incalliti (in tutti i sensi 😉 …) smanettoni da siti di viedo porno venisse offerto di diventare i porno-attori previa qualche formalità di ripetere una strana filastrocca assonante di un millennio e mezzo fa in una “stranissima” lingua e con un austero cosplay.

    • Z. scrive:

      Questo probabilmente è un aspetto.

      Ma ho l’impressione che ce ne sia anche un altro, che viaggia insieme al primo: non tanto la povertà, quanto l’odio per una società da cui si sentono isolati, lasciati ai margini e presi in giro dopo aver tentato di sgomitarvi dentro, di farsi largo al suo interno, di emularne abitudini e idoli.

      Ripeto, è un’impressione, un’illazione. Non pretendo abbia valore scientifico, non crocifiggetemi troppo 🙂

  3. habsburgicus scrive:

    decenni dimenticati di pace

    pace un po’ relativa..solo alcune guerre a caso (TRANNE quelle contro gli ottomani, endemiche ma “ufficiale” 1593-1606)
    guerra dei cattolici “spagnoli” (in realtà comandati spesso da non spagnoli fra cui Alessandro Farnese) che infierì ininterrottamente sino al 1609
    guerra ispano-inglese (Armada del 1588, lotte in Irlanda in cui entrano cattolici irlandesi nei 1590′ e estremo inizio ‘600)
    guerra (blanda, lo ammetto) fra Svezia e il Re di Polonia [anche Re di Svezia ma detronizzato dall’usurpazione dello zio protestante, poi Carl IX, 1604-1611], in Estonia, da 1601 in poi (qualche bella battaglia verso 1605) ripresa in 1617
    guerra ispano-francese 1595-1598 (pace di Vervins) e guerra del nostro Duca con i francesi (pace di Lione, gen 1601)

    • habsburgicus scrive:

      la 1° è nei Paesi Bassi

      • habsburgicus scrive:

        e poi la guerra polacco-moscovita, finita nel 1618 con la tregua di Deulino
        1.la Lituania riebbe Smolensk (moscovita dal 1514) e Starodub….a Smolensk fu installato un vescovo latino (de iure dal 1636), MAI ci si era spinti così a est, ma nel 1654 Mosca se la riprese e soppresse immediatamente il culto latino e quello unito (sì, perché al posto del vescovo moscovita fu introdotto un prelato unito)..il vescovato latino [sempre con seggio al Senato] però sopravvisse, con 3 parrocchie (tra cui Nevel’, oggi in mano a Putin, ma non lungi dalla Bielorussia), sino al 1772 e (in partibus) sino all’età napoleonica ! il vescovato unito sopravvisse, in partibus, sino agli anni 1770′
        2.la Polonia annesse Černihiv (oggi UA) che fu lituana sino al 1500..ma vi fu egualmente introdotto lo Statuto lituano, in lingua proto-bielorussa (3° ed 1588) che era stato mantenuto nei voivodati lituani dell’attuale Ucraina divenuti polacchi nel 1569 (Kyïv, Braclav, Volyn’)
        la pace era quindi un po’ particolare, ne converrai 😀

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ habsburgicus

      E’ la prima volta in vita mia che sento definire ‘blanda’ la contesa fra Svezia e Polonia.

      Sienkewicz, che in Italia conosciamo (quando lo conosciamo) come autore di “Quo Vadis”, ha scritto un romanzo storico su quella guerra, intitolato “Potop”, ossia “Diluvio”.

      E’ il nome che i Polacchi danno all’attacco Svedese. S racconta fosse stato innescato dal tradimento di uno dei magnati. Il saccheggio fu così sistematico che si racconta gli Svedesi portassero via persino il parquet di legno degli “dworzec”, le palazzine nobiliari, dei territori conquistati, per portarseli in Svezia.

      Al diluvio resistette solo Czestochowa, la grande fortezza-santuario protetta dalla Madonna Nera. La stessa che nel 1920 avrebbe assistito -insieme col giovane De Gaulle- le truppe della Rzeczpospolita contro le armate di Budyenny nel “cud na Wysle”, il “miracolo sulla Vistola”, alle porte di Varsavia, ricacciando i Sovietici di qualche centnao di Km fno all’aggressione staliniana del 1939. C’e’ un famoso quadro di Jerzy Kossack che ritrae la scena.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Grog scrive:

        Veramente i Russi sono stati aggrediti nel 1919 dai polaccastri cattolicastri pedofilastri (e feroci antisemiti) spondati da VATINCULO FRANCOCULATTONI E ANGLOCULI e così quando gli sono capitati a tiro nel 1940 hanno pareggiato i conti con qualche interesse tenendo anche conto che nel NKVD gran parte dei quadri dirigenti erano Ebrei un poco sull’incazzato con i pogrom polacculi o mugiki inferociti per il trattamento che i POLACCULI avevano inflitto ai prigionieri, i mugiki poi se li prendi a calci in culo reagiscono e ti buttano in mare a Lisbona. (morale: i polacchi sono coraggiosi ma sono delle TERRIBILI TESTE DI CAZZO, prima ti danno un pugno sul naso e quando reagisci e gli rompi il grugno si lamentano come vergini cucce, quei bastardoni degli ANGLOCULI E FRANCULATTONI lo sanno e li usano per rompere i coglioni a SANTA MADRE RUSSIA adesso sono sostituiti dagli AMERICULI nel simpatico giochetto).
        Gli stessi CRUCCASTRI ASSASSINI degli “einsazkommando” si lamentavano perché con l’ordine superiore di escludere POLACCULI, UKROPITEKI e soprattutto FEROCISSIMI BALTICI non si potevano più organizzare dei BEI POGROM SCINTILLANTI E VIVACI ma solo noiosissimi massacri ben organizzati alla crucca.
        Voi non lo sapevate ma il terribile Grog ha sangue slavo oltre che veneto e NON E’ CATTOLICASTRO.
        Grog! Grog! Grog! Grog! Grog! Grog! Grog!

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ grog

          Non dire queste cose a me. Valle a dire a Jedwabne (sì, il paese del libro di Glodkorn). Metà del cimitero sono tombe vuote di deportati in Germania ma tornati. L’altra metà sono tombe di deportati n URSS, pure mai tornati.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Miguel Martinez scrive:

          “noiosissimi massacri ben organizzati alla crucca”

          Mi ricordo di aver letto come negli anni Venti, gli ucraini facessero irruzione nei villaggi della Galizia, scansando gli spaventatissimi ebrei e dicendo loro che volevano solo massacrare polacchi.

          • Grog scrive:

            Si, è una delle piccole manie degli UKROPITECKI dell’ovest, si gioca all’ACCOPAPOLACCO, poi quando ritorna la stato polacco si gioca all’ACCOPPAORTODOSSO, un colpo a testa come nei duelli, sono uno più cretino dell’altro.
            Grog! Grog! Grog! Grog! Grog! Grog! Grog!

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Martnez

            Un insegnante, amico di famglia dei miei suoceri, fu crocifisso alla porta d casa. Furono gli stessi dell’ Ukrainska Powstanska Armija (UPA, esercito insurrezionale ucraino) che si fregiavano del motto Slava bohaterom (gloria agli eroi) caro ai sostenitori di Majdan -fra i quali un mio collega Ucraino, di Zaporozhets, unica città dell’est Ucraino a non essere finita in mano ai ribelli filoPutin.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

      • habsburgicus scrive:

        che sento definire ‘blanda’

        blanda si riferisce alla guerra del 1601-1605 e, volendo, agli scontri del 1617 (volevo restare PRIMA del 1618, inizio convenzionale della Guerra dei Trenta Anni, vedi post)
        le guerre del 1621-1625 e soprattutto quella del 1655-1660 (a cui fai riferimento) non furono certo blande, anzi ! così penso sia “chiarito” l’equivoco
        ciao !

        • habsburgicus scrive:

          quel magnate, cui allude tu (e Sienkiewicz) è quasi certamente il calvinista lituano (ma polonizzato) Janusz Radziwiłł, che nel 1655 separò la Lituania dalla Polonia unendola alla Svezia–atto criminale (ahinoi supportato anche da certi cattolici !) che se fosse riuscito AVREBBE DISTRUTTO la religione cattolica in tutta l’area ! (nonostante le garanzie del Re svedese che, tu sai, quanto valgono..cioé nulla !) il popolo di Samogizia, eccitato dai preti che parlavano in dialetto (il samogizio è una specie di lituano) nel 1656 si ribellò per Roma, per le tradizioni cattoliche e per la Lituania intesa in senso tradizionale unito alla Polonia, e la ribellione colse gli svedesi di sorpresa (i Vespri samogizi :D)..una delle non molte volte in cui i cattolici non fanno la figura dei “fessi” 😀 il che dimostra che si può riuscire..e allora si riuscì !
          come corollario, ci fu-giustamente-pressione per il passaggio al cattolicesimo dei nobili protestanti in G.D Lituania (solo così avrebbero allontanato da sé il sospetto di slealtà) e entro il 1700 il calvinismo era quasi estinto, tranne a Słuck, dominio del cugino del tipo citato Bogusław Radziwiłł che favorì anche gli ortodossi (che lì mantennero un caposaldo, e nel 1767-1768 lì ebbe sede la confederazione pro-Caterina II)..si noti che più tardi, non so dirti quando, i Radziwiłł stessi divennero cattolici !
          nella stessa epoca si risolse anche il problema ortodosso…che tempi !
          nel 1691 il vescovo ortodosso di Przemyśl accettò l’Unione, nel 1700 il vescovo ortodosso di L’viv (che era già “nostro” in segreto) fece altrettanto, nel 1702 il vescovo ortodosso di Luc’k proclamò l’Unione, nel 1708 accettò l’Unione financo il monastero stauropigiale di L’viv, bastione fino ad allora dell’ortodossismo più fanatico pieno d’odio per Roma (pure il celebre monastero di Počaïv, in Volyn’, grande centro tipografico e ultra-ortodosso, divenne Unito negli anni 1710′ e lo rimase sino al 1833 quando Nicola I lo consegnò manu militari agli ortodossi, 6 anni prima di distruggere del tutto l’Unione nel suo impero…nel 1883 i russi organizzarono manifestazioni estreme contro Roma e la Polonia celebrando il 50° anniversario della sua ripresa :D)..solo 1 vescovo rimase ortodosso nella Rzeczpospolita (in G.D Lituania e non in Regno di Polonia), quello di Bielorussia, con sede a Mahiloŭ e si provvide a tenerlo vacante per vent’anni (poi purtroppo cedendo alle pressioni russe si promise di riempirlo, decisione sciagiurata..nel 1772 fu annesso alla Russia dunque fra le due spartizioni non c’era un effettivo vescovo ortodosso nella Rzeczpospplita anche se Caterina Ii mandò a Słuck nel 1783 il famigerato Viktor Sadkovskij, che dal 1785 era vescovo di Perejaslavl’ in Russia ma di fatto fungeva da vescovo ortodosso in Polonia-Lituania e fu arrestato dai patrioti polacchi dal 1789 al 1792..sarò il tremendo 1° vescovo ortodosso di Minsk in 1793, quando quella città divenne russa ed iniziò la prima grande persecuzione dell’Unione, invero più forte in Ucraina della riva destra che a Minsk, nel 1794-1796 con 1.400.000 uniti “tornati” ortodossi)
          ma allora si era ancora lontani dall’invasione russa che fu una catastrofe
          allora (c.a 1700-1720) si era nel pieno dei bei tempi gesuitici..forse l’età aurea della civiltà !

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ habsburgicus

            Tu devi assolutamente visitare Vilnius. L’apoteosi del barocco gesuita. E se tornando passi dalla Polonia, non dimenticare Tykocin, dove la sinagoga sorge sulla piazza centrale del paese ed è gemella del duomo cattolico. Restaurata dai Re di Polona dopo un incendo (alla faccia di chi parla di antisemitismo Polacco) fu dsitutta dai nazst. Ricostruta, oggi è un museo al cui ingresso ho letto: ‘mille anni prima dell’Unione Europea, l’unione Europea l’abbiamo fatta noi’. E prima di raggiungere Tykocin passa da Suprasl, alla cui perifera in un antico convento sta il museo delle opere d’arte sequestrate ai contrabbandieri dalla polizia Polacca al con fne bielorusso, con cone di mille anni fa e cinture da guerra ottomane.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ habsburgicus

            (In parte, traduco dal Wikipedia Polacco su Radziwill, a spanne).

            Naturalmente quello che per i Polacchi è un traditore mosso solo da interessi privati è un eroe dell’indipendenza Lituana (dalla Polonia) per i Lituani. La cattiva fama di Radziwill la si deve proprio a Sienkewicz e ai (bei) film Polacchi ispirati ai suoi romanzi storici (complessivamente anche migliori di Quo Vadis. Ho apprezzato Pan Wojodejowski). Il padre morì poco dopo la sua nascita: lo affido’ nel testamento al fratello, proibendo espressamente ogni contatto coi Cattolici e persino ogni viaggio in Italia e in Spagna. Introdotto alla corte di Varsavia dei Vasa (che ancorchè d’origine Svedese regnarono anche in Polonia) finì gli stud a Groninga, in Olanda e a Berlino. Non amava la vita militare, preferiva viaggiare, e se lo poteva permettere perchè era uno dei più ricchi uomini d’Europa. Ciò nonostante appoggiò gli Olandesi in lotta contro la Spagna -finendo pure una volta in galera in Francia per le sue dicharate simpatie pro Ugonotti- poi combattè Chmielnickij e i Russi. Bado’ soprattutto agli affari di famiglia, puntando a una Lituania libera dai Polacchi sotto la corona dei Radziwill (la ‘l tagliata’, quando raddoppia, è tipicamente Lituana, e in Polacco Radziwll è l’unica parola che ammette tale doppia lettera), e cerco’ alleanza in Brandeburgo, da dove proveniva la madre, e in Carlo Gustavo d Svezia. (Aveva anche brigato per fare assegnare alla sua famiglia la dignità principesca
            alla dieta di Ratisbona). Gli andò male, nonostante la sua roccaforte a Tykocin, sia perchè alla fine gli Svedesi dovettero ritirarsi, sia per l’opposizione di altri principi Lituani come Brzozowski, sia per la morte improvvisa propro a Tykocin del suo stretto parente Janusz, che aveva organizzato l’accordo di Kleidan per l’unione d Lituania e Svezia con Radziwill come feldmaresciallo del re Svedese. Date le buone entrature della famiglia presso entrambi le corti di Varsavia e di Stoccolma Radzwill si pose come onesto sensale per un trattato di pace, peraltro presto stracciato. Sfuggì alla condanna Polacca per tradimento grazie all’intervento del potente cugino -per parte di madre- Hohenzollern del Brandeburgo, che avendo a sua volta attaccato la Polonia pose fra le condizioni del trattato di pace il pieno reintegro e la completa riabilitazione del Radziwill. Al ritorno a Varsavia gli altri nobili del Senato (il Sejm) gli fecero causa civile per risarcimento dei saccheggi dei suoi vecchi padroni Svedesi, ma la causa si trascinò senza esito fin dopo la morte del Radziwill. Contnuò a battersi per i diritti dei Calvinisti e dei Fratelli Polacchi, un gruppo di antitrinitari. Si rifece una verginità reprimendo le velleità indipendentistiche dei Prussiani. Fu sepolto a Kalinngrad, e la sua tomba andò distrutta nella seconda guerra mondiale.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • habsburgicus scrive:

            Tu devi assolutamente visitare Vilnius.

            già stato (1999)…anche Kaunas (capitale interbellica) e altro…
            però tutta la Lituania è interessante e le donne sono bellissime !

          • habsburgicus scrive:

            a Tykocin purtroppo no, ah saperlo ! ti avessi conosciuto prima 😀
            perché sono passato nelle vicinanze ! come è inevitabile…non é che ci siano molte strade..almeno allora non c’erano autostrade nell’area..si potrebbe passare via Hrodna, BY, ma ci vuole il visto e non è una scelta felice; in Belarus ci son stato, sì, ma diretto in Russia
            ciao !

          • habsburgicus scrive:

            P.S
            archeologia dei viaggi all’Est 😀

            a fine ’90 in Lituania (e LV e EST) ci voleva il passaporto (mentre in PL non più)..ogggi obbediscono all’UE, dunque più nulla
            in Belarus allora come oggi ci voleva/vuole il visto, ottenibile solo su invito (anche se non è difficile)
            in Ucraina un tempo ci voleva il visto, ma dal 2005 basta il passaporto
            idem per la Moldova, più o meno dalla stessa epoca
            per la Polonia, io ci fui per la 1° volta, nell’antidiluviano 1987 (regnante Jaruzelski) quando ci voleva il visto, che occupava un’intera pagina, splendido ! WYZA POBYTOWA JEDNOKROTNA-AMBASADA PRL W RZYMIE..molto bello 😀 (c’era il cambio obbligatorio di 21.00o Lit dziennie, anche quello scritto sul passaporto 😀 al cambio fissato dal Partito, il che farà inorridire l’economista Francesco) il visto URSS invece te lo “toglievano”, essendo un foglio separato..purtroppo
            mi sembra che per breve tempo, c.a 1990-1993 ci volle il passaporto (in PL), poi la semplice carta d’identità ora il nulla 😀
            aridatece er muro 😀

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ habsburgicus

            🙂

            Sto scrivendo appunti su della carta straccia. Sono fogli che ho preso in Polonia da mio suocero e che facevano parte di un involucro di un bagaglio, dimenticati in un cassetto. Sul retro c’e’ una bolla doganale (mio suocero era carpentiere) bilingue, Polacco e Russo, risalente al 1990. Per ogni elemento dell’elenco (materiale da elettricisti, cavi ecc.) c’e’ la denominazione in Polacco, quella in Russo, il numero di pezzi e …il controvalore in dollari Statunitensi! 🙂

            Ciao!

            Andrea Di Vita

          • habsburgicus scrive:

            @Andrea Di Vita
            basterebbe quello, per spiegare a un uomo del 2200, perché alla fine vinse l’Ovest sull’Est 😀
            il dollaro in effetti era ricercatissimo, in tutto il “blocco”…subito dopo, e talora anche prima, il Deutsche Mark 😀 senza disprezzare la nostra, mai abbastanza rimpianta, Lira 😀
            ciao !

  4. Moi scrive:

    A proposito di Isis e Djinnder 😉 che forse farà votare i Musulmani per Salvini 🙂 :

    Gender | l’assessore Donazzan vuole la religione di Stato a scuola. Si gemelli con l’Isis

    http://ultima-ora.zazoom.it/news/1260389/gender-lassessore-donazzan-vuole-la-religione-di-stato-a-scuola-si-gemelli-con-lisis

    ———————————————-

    http://www.orticalab.it/La-storia-di-Mo-40-anni-fa-la-mia

    La storia di Mo: 40 anni fa la prima favola Gender

    ————————————

    @ ROBERTO

    Prima “Gender Bank” in Lussemburgo ? 😉

    http://www.fundspeople.it/notizie/risparmio-gestito-al-via-il-primo-fondo-gender-162717

  5. mirkhond scrive:

    Prima di scrivere, sento il bisogno di scusarmi con Zanardo per ciò che gli ho detto prima di sospendere i miei commenti.
    Anche se una persona ci procura irritazione, ci disprezza e ci paracula, non abbiamo nessun diritto di augurargli la morte.
    Soprattutto poi, quando NON conosciamo il diretto interessato e nulla sappiamo di lui e della sua vita, personale e sociale, se non il poco da lui dettoci.
    Questo sento di dire nei confronti di Zanardo.

  6. mirkhond scrive:

    Andrea Di Vita

    A proposito di Polonia, sapresti dire cosa c’è scritto riguardo allo scrittore polacco, dal cui romanzo, fu tratto un film del 1975?

    https://pl.wikipedia.org/wiki/Henryk_Worcell

  7. mirkhond scrive:

    Il romanzo Zaklete Rewiry, da cui il film omonimo del 1975:

    https://pl.wikipedia.org/wiki/Zakl%C4%99te_rewiry

  8. mirkhond scrive:

    A proposito di guerre devastanti:

    Problema Islam? Il banchiere Goldman propone “Soluzione 30 per cento”.
    Maurizio Blondet 14 marzo 2016

    Due attentati simultanei, in Costa d’Avorio e ad Ankara: che effetto vi fa? Nella prima – ci dicono i media – Al Qaeda nel Maghreb Islamico ha colpito dei turisti sulla spiaggia – potevate esserci voi. Nell’altra, ci dicono i media, il governo Erdogan dice che sono stati i comunisti curdi del Pkk. Potrebbe invece benissimo un false flag di cu Erdogan ha bisogno per invadere la zona curda della Siria: la guerriglia curda colpisce mezzi militari, qui invece è stata fatta una strage ad una fermata d’autobus: il modo migliore per rendere odiosa la causa di chi lo fa. Quando avvengono attentati indiscriminati di questo genere, l’esperienza insegna che è “strategia della tensione”, terrorismo di stato.

    I media non vi hanno detto che in febbraio, l’esercito turco ha attaccato il villaggio curdo di Cizre, provincia di Sirnak, l’hanno assediato, ridotto alla fame, bombardato, e infine hanno bruciato vivi o decapitato da 50 a 150 civili che s’erano nascosti nelle cantine. L’unico a raccontarlo è stato un giornalista di Russia Today, un coraggioso americano, William Whiteman, che è andato sul posto ed ha realizzato servizi.

    https://francais.rt.com/international/17005-brules-vifs-decapites-kurdes-turquie

    C’è una guerra civile in Turchia, innescata deliberatamente da Erdogan contro una parte dei suoi concittadini. Questa è la Turchia che vogliono far entrare “In Europa”, ed è la Turchia che i gruppi guerriglieri curdi combattono con metodi che è comodo chiamare “terrorismo”- mentre qundo fa’ più comodo, è guerra partigiana.

    In Costa d’Avorio, i media non spiegano che coseè “Al Qaeda nel Maghreb Islamico”: Al Qaeda, in Siria, è la formazione saudito-americana i cui feriti vengono curati negli ospedali israeliani; sono i wahabiti e mercenari che gli Stati Uniti hanno tentato in ogni modo di salvare dai bombardamenti russi, asserendo che erano la “opposizione moderata” ad Assad. Quello che ha colpito in Costa d’Avorio, non si vede perché non debba avere gli stessi mandanti. E la stessa motivazione di fondo.

    Quale? Il terrorismo è diretto ad influenzare voi. Voi spettatori, pubblico, la opinione pubblica. “Potevo esserci io su quella spiaggia”, avete pensato. “Potevo esserci io, mia sorella, mio figlio, a quella fermata d’autobus”, ha pensato il cittadino medio turco. Non siete sicuri in spiaggia, né a casa vostra. “Bisogna assolutamente fare qualcosa”, avete pensato collettivamente. Il che cosa, l’ha detto nel suo fondo di commento il neo-direttore della Stampa, che è praticamente un israeliano ed ha a cuore il destino ultimo di Sion: bisognerà che l’Europa faccia davvero la guerra contro Al Qaeda, contro il Califfato, siamo stati troppo deboli, poco armati. Adesso bisogna farla finita.

    I più attenti di voi si saranno accorti (spero) che gli americani voglio assolutamente che l’Italia entri in guerra contro Al Qaeda in Libia, IS in Libia (che loro stessi hanno armato): insomma sapete da dove viene la pressione per coinvolgerci in guerre senza termine né un ben definito scopo, se non quello d calmare voi, opinione pubblica che si sente minacciata nelle strade e nelle città (in Costa d’Avorio, “Al Qaeda nella Cia Islamica” ha avuto il vantaggio aggiuntivo di colpire gli interessi francesi: come gli Usa, Al Qaeda è una potenza egemone e globale, che agisce nel mondo intero).

    Ma qual è lo scopo degli israeliani di nascita, d’accatto e d’onore, come i direttori dei principali media europei? Lo ha scritto la candidata presidenziale Hillary Clinton al miliardario Haim Saban (J naturalmente) per farsi finanziare la campagna dalla nota lobby. “Francamente, Israele non ha fornito ad Hamas una lezione sufficientemente dura, l’anno scorso. Obama si era mostrato troppo duro con il nostro alleato democratico e troppo blando con il nostro nemico islamo fascista”, spiega nella lettera ottenuta dal The Guardian.“Come Presidente, io domani assicurerei allo stato sionista tutti gli appoggi militari, diplomatici, economici e morali necessari per vincere davvero Hamas – e se questo significa uccidere 200.000 abitanti di Gaza, che sia così”.

    Duecentomila morti a Gaza. La candidata preferita dai progressisti, Hillary, continua:

    “Noi, che siamo democratici realisti, comprendiamo che i danni collaterali sono un sottoprodotto inevitabile della guerra contro il terrorismo. Io, anche se sono una madre, una nonna e instancabile nella difesa dei diritti umani dei bambini [sic!], non arretrerei di un pollice nel permettere ad Israele di bombardare le scuole della Striscia di Gaza da dove lanciano i razzi contro Israele. Quelli che permettono che i loro figli siano utilizzati come scudi umani per i terroristi meritano di vederli sepolti sotto una tonnellata di bombe”.
    Per Gaza, Soluzione Finale

    Duecentomila morti, il 10 per cento della popolazione di Gaza: è probabilmente questo lo scopo che si sta ventilando? La “soluzione finale” per la Striscia.

    Naturalmente, per preparare l’opinione pubblica a questo genocidio, occorre rendere particolarmente odiosi all’opinione pubblica occidentale gli islamici di ogni risma (che ci mettono del loro, bisogna dirlo), far sentire ad europei ed americani che senza la soluzione finale, saranno in pericolo nelle loro città, alle fermate d’autobus. Gli attentati servono perfettamente allo scopo.

    Pensate che esagero? E allora vi consiglio di leggere “La Soluzione 30%: quando finiscono le guerre infinite”, pubblicato su Asia Times da “Spengler”. Qui sotto il link se,, non credendo alle mie parole, volete leggere l’originale:

    http://atimes.com/2016/03/the-30-solution-when-war-without-end-ends-spengler/#_edn21

    E’ un documento, a mio giudizio, altrettanto importante per la strategia israeliana che il Piano stilato nel 1982 dal giornalista (del Mossad) Oded Yinon, sulla vista sionista Kivunim, di smembrare i paesi islamici per linee etnico-religiose.

    https://aurorasito.wordpress.com/tag/piano-yinon/

    Vi presento David Goldman
    Goldman, o Spengler
    Goldman, banchiere e stratega, detto Spengler

    E’ovviamente uno pseudonimo: sotto la firma Spengler si cela (non tanto) David Goldman, della famiglia bancaria (Goldman Sachs, dice niente?) finanziere di successo con base temporanea ad Hong Kong. David Goldman, molti anni orsono, è stato un membro del gruppo di Lyndon Larouche, che ha abbandonato per seguire il progetto dei neocon (con doppio passaporto) di destabilizzazione di tutti gli stati islamici potenziali nemici di Sion (Progetto Kivunim), ed assisterlo con posizioni di allegro cinismo, tipico dell’ambiente.Il problema che s pone oggi ai neocon è: son quindici anni di “guerra globale al terrorismo”che ormai abbiamo fatto fare agli americani. Come farla finire? Qui entra la “soluzione 30 per ceno” raccomandata da Goldman.

    Goldman scopre allegramente che il nemico smette di combattere quando viene eliminato il 30 per cento della sua gioventù maschile in età militare. Siccome è molto colto, cita storici ebraici che hanno studiato esattamente questa “soluzione” avvenuta nella storia più volte (1). Le guerra del Peloponneso, durata 30 anni (431-404 a. C.) fra Sparta e Atene, finì per esaustione delle truppe: ad Atene, “secondo lo storico Barry L. Strauss, gli opliti vennero ridotti del 50% e più ,da 22 mila nel 431 a 9500” alla fine. Atene scomparve dalla storia e dall’economia, la sua popolazione maschile essendosi ridotta del 60%. Sparta praticamente sparì del tutto.

    L’effetto s’è ripetuto nella Guerra de Trent’Anni che ridusse vistosamente l’intera popolazione europea, facendo sparire dalla grande storia la Spagna; in seguito alle guerre napoleoniche, dopo le quali cessò il secolo e mezzodell’egemonia francese sull’Europa. Durante la Guerra Civile americana, “la Confederazione mobilito tra 750 mila e 859 mila uomini, il 75-85% della sua popolazione bianca in età militare; 258 mila morirono, i feriti furono 200 mila. Il Sud perse il 30% dei suoi maschi in età di leva, la stessa proporzione della Francia durante le guerre napoleoniche”. Nella seconda guerra mondiale, la Germania perse 5,3 milioni dei suoi 17,7 mschi in età fra i 15 e i44 anni: “ancora una volta il 30 per cento del totale”, si rallegra Goldman. I tedeschi non solo hannopersola voglia di guerreggiare, ma “hanno cessato di riprodursi”.

    Perché questo è il vantaggio collaterale della“Soluzione 30 per cento”, dal punto di vista israeliano: quando un popolo perde il 30 per cento della sua gioventù di leva, non solo è disfatto militarmente per sempre, ma entra in una grave crisi economico-demografica, e la sua popolazione cala. “Dopo le guerre napoleoniche, la Francia è entrata in un lungo periodo di stagnazione demografica e relativo declino. Il Sud confederato ha sofferto una terribile depressione economica. La Germania è uscita dal 20esimo secolo in condizione di aggravato declino demografico.
    Gerrigliere curde. Così non fanno figli.
    Guerrigliere curde. Così non fanno figli.

    Applicare la “Soluzione 30 per cento” ai paesi islamici, ecco la ricetta per tenere Israele sicura. Ridurre del 30 per cento la popolazione maschile. “La massa di popolazione fra i 15 e i 24 anni in Libano, Siria, Irak e Iran è crescita dai 15 milioni del 1995 ai circa 30 milioni nel 2010”, si allarma Goldman. Per fortuna di Sion, la disoccupazione giovanile superiore al 30 per cento, gà contribuisce a rddurre l’impeto della natalità; le destabillizazioni fanno il resto. Il piano Kivunim, ossia l’istigazione delle inimicizie interne dei paesi islamici sulle linee di faglia etniche e religiose (Sciiti contro sunniti, turchi contro kurdi, eccetera) La Siria è molto a buon punto nella Soluzione 30 per cento, dato che “la sua economia è in rovina dopo 5 anni di guerra civile (sic) che ha resi profughi 10 milioni d una popolazione di 22 milioni”.
    Homs, Siria

    Homs, Siria

    Goldman non manca di simpatizzare con Erdogan: “La Turchia – scrive – ha di fonte una sfida demografica d’altro tipo. Ha combattuto quattro decenni di guerra contro i kurdi uccidendo forse 40 mila persone. Il problema è che la Turchia sta gradualmente diventando kurda. I kurdi hanno 3,3 figli per ogni donna contro l’1,8 dei turchi etnici, il che significa che tra una generazione, metà delle reclute dell’esercito verranno da case dove si parla il curdo”. E’, in fondo, lo stesso problema che gli ebrei hanno con i palestinesi. La comprensione reciproca non può mancare: soluzione 30 per cento, ecco la ricetta. Ossia genocidio. Un genocidio moderato, si intende.

    Come ogni ebreo sionista, Goldman ha un’ossessione: l’Iran. Paese groppo grosso e troppo lontano per le armi israeliane, che invano la nota lobby ha cercato per decenni di convincere Washington ad attaccare per il suo bene. Macché adesso Teheran ha persino ottenuto di tornare all’onore del mondo, con la fine delle sanzioni. L’esame di Goldman sull’Iran è molto analitico, ed è evidente che anche Israele ne studia la demografia con molta attenzione.

    Ciò che vede lo rallegra come sionista. La demografia iraniana è stata frenata dalla crisi economica permanente indotta dalle sanzioni. “Il tasso ufficiale di disoccupazione è dell11 %, ma solo il 37% per cento della popolazione è considerata economicamente attiva, una percentuale estremamente bassa. [..] Il numero dei matrimoni è caduto del 20% dal 2012. In Iran, la tradizionale età matrimoniale è di 20-34 anni per gli uomini e di 15-29 per le donne: e il 46% degli uomini e il 48% delle donne di queste fasce d’età rimangono non sposati”, e quindi senza figli. E il più bello è che questi non-sposati (a dispetto della repressione moralistica degli ayatollah) non si privano dei passatempi sessuali: esiste in Iran la istituzione del “matrimonio temporaneo”, uno dei motivi per cui “In Iran una donna su 8 è infettata dalla clamidia, una malattia venerea comune che spesso causa infertilità”.

    Oh che bellezza. Ma non basta.

    “Quando l’ayatollah Khomeini prese il potere nel 1979, la donna iraniana media aveva 7 bambini; oggi la fertilità è scesa 1,6 bambini per donna, il più ripido calo nella storia demografica”.

    Forse c’entra qualcosa la guerra di otto anni che Saddam Hussein, istigato ed armato dagli Usa, ha scatenato, prima di essere lui stesso eliminato, e il suo popolo iracheno ridotto demograficamente con la soluzione 30% dalle invasioni americane? Chissà. Fatto sta che

    “Tra il 2005 e il 2020 la popolazione iraniana tra i 15e i 24, la sua riserva di reclute, sarà caduta di quasi la metà. Nello stesso periodo la popolazione in età militare del Pakistan crescerà del 50%. Nel 2000, l’Iran aveva uomini in età militare pari alla metà del suo vicino sunnita [il Pakistan]; nel 2020 ne avrà un quarto. La finestra di opportunità dell’Iran per affermare il potere sciita si chiuderà in un decennio,. Più importante, il 45% della popolazione dell’Iran avrà 65 anni per il 2050 […] L’Iran è il primo paese che diverrà vecchio prima di essere divento ricco”, abbastanza ricco da mantenere i suoi vecchi. “Le conseguenze economiche saranno catastrofiche”, si rallegra Goldman detto “Spengler”
    L’Iran sarà nulla fra 10 anni

    “Verso metà del secolo l’Iran avrà una percentuale di vecchi dipendenti dalla previdenza sociale più alta che l’Europa, peso insostenibile per un paese povero. A 30 dollari il barile, gli introiti petroliferi dell’Iran sono meno della metà del bilancio dell’anno fiscale 2014”: il che garantisce che l’Iran non potrà mantenere la sua popolazione che invecchia. “E l’invecchiamento improvviso dell’Iran sarà seguito da Turchia, Algeria, Tunisia….”

    Ovviamente l’auspicato declino è accelerato dalle destabilizzazioni in corso. La soluzione 30 per cento sta per essere raggiunta. A questo scopo suggerisce Goldman, “l’appropriata risposta americana deve consistere non nello spegnere il fuoco [delle guerriglie e destabilizzazioni scatenate da Al Qaeda e IS in Siria, Irak, Libia, sciiti contro sunniti, curdi contro turchi, Bengasi contro Tripoli….] bensì di mantenerlo in stato di accensione controllata”. Traduzione: la “lotta al terrorismo islamico” deve continuare finché le popolazioni in età militare dei paesi nemici potenziali di Israele sian ridotte del 30%, perché è provato che a quel punto i paesi cadono in una crisi demografica irreversibile e nell’insignificanza economica-politica.

    Quindi, capite, ci saranno ancora attentati islamici. E ancora un a volta i medi, con i direttori messi lì, ci diranno; dovete fare la guerra in Libia, altrimenti il Califfato arriva a Roma…

    Note

    Per esempio Donald Kagan, The Peloponnesian War (Penguin, 2003). Political Demograpy, Demographic Engineering, di Myron Weiner e Michael S. Teitelbaum (Berghan: Oxford, 2001) pp. 20-21; Death Orders: The Vanguard of Modern Terrorism, by Anna Geifman (Praeger 2010). E dello stesso David Goldman, “ How Civilizations Die (and Why Islam is Dying, Too) – (Regnery 2011).

    • roberto scrive:

      se vai alla discussione precedente ci sono vari commenti sulle carte da gioco italiane in cui si sperava in un tuo intervento
      ciao e bentornato

    • Peucezio scrive:

      Bentornato, Mirkhond!!!!

    • Carlo scrive:

      Via ai Poggi

    • Francesco scrive:

      >> “Quando l’ayatollah Khomeini prese il potere nel 1979, la donna iraniana media aveva 7 bambini; oggi la fertilità è scesa 1,6 bambini per donna, il più ripido calo nella storia demografica”.

      Forse c’entra qualcosa la guerra di otto anni che Saddam Hussein, istigato ed armato dagli Usa, ha scatenato,

      beh, insomma, va bene tutto ma la congiunzione di Urano con le Lune di Plutone non la vogliamo considerare? solo a me questo modo di scrivere pare uno sparare cazzate a raffica degno di Salvini o Grillo? un sommare pere e cationi per dedurne il volo delle gru? o viceversa, tanto all’inizio si sa già dive si va a finire?

  9. mirkhond scrive:

    “ha sangue slavo oltre che veneto”

    Beh, l’area dell’attuale Polonia, nel mondo greco-romano era conosciuta come la terra dei Venedi/Veneti, popolazione probabilmente indoeuropea, ma d’incerta collocazione linguistica più specifica (si ipotizza che fossero illirici, o affini agli Italici).
    Area che venne slavizzata a partire dal IV secolo dopo Cristo, e il cui nome Venedonia, era sinonimo di terra slava nelle fonti tedesche (che infatti nominavano gli Slavi ad est dell’Elba come Wendi).

  10. mirkhond scrive:

    L’archeologo e studioso dei Celti, Venceslas Kruta, sostiene che nel III millennio a.C., i Veneti fossero un grosso gruppo linguistico indoeuropeo, stanziato intorno al bacino della Vistola.
    Dopo il 2000 a.C. c., questo grande gruppo si frantumò prendendo varie direzioni.
    Un gruppo si spostò ad ovest fin nell’attuale Bretagna, dove si celtizzò, e venne affrontato e vinto da Cesare nel 56 a.C., in una delle prime battaglie navali romane sull’Atlantico.
    Ancora oggi la città bretone di Vannes ne ricorda il nome.
    Un altro gruppo a sua volta dovette, probabilmente dividersi in due gruppi, uno stanziatosi in Pannonia, e l’altro nella regione transpadana che da loro prese nome: il Veneto appunto.
    E infine i Veneti/Venedi rimasti nell’originario urheimat sulla Vistola, che Tacito (c.55-120 d.C.), nella sua Germania, scritta intorno al 98-100 d.C., considera germani, cosa non vera.
    Ora a parte i Veneti celtizzati della Bretagna, la lingua dei Veneti transpadani d’Italia, il Venetico, un tempo ritenuta illirica, presenta ad un più attento esame, un’affinità con le lingue italiche, soprattutto col gruppo Ausonico o Italico Occidentale, da cui deriva il Latino.
    Se il Venetico transpadano rispecchia la lingua originaria dei Veneti della Vistola, potremmo avere degli indizi più chiari sul possibile urheimat degli Italici.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ mirikhond

      Innanzitutto: bentornato!

      Quanto ai Venedi, so che il pochissimo che si sa della loro lingua somiglia al latino in modo impressionante.

      Quanto alla Urheimat degl Italici, il fatto che i Volsci che studiammo a scuola con ogni probabilità avevano la pronuncia della ‘c’ finale simle alla nostra ‘k’: e -‘ski’ è tipica desinenza aggettivante nelle lingue slave, mentre il tema ‘vol/wol’ rimanda all’idea di ‘libertà’ (il nostro ‘volere’ ne è traccia), così che ‘volsci’ = ‘uomini liberi’.

      (Nota a margine: non sarà mica un caso che le desinenze lituane del nominativo e dell’accusativo somiglno tanto a quelle latine)

      Quanto a Worcell, non lo conoscevo, ma da quello che trovo in Rete sembra un tipico rappresentante di quel realismo letterario che descrive i difficili rapporti del mondo contadino con la realtà urbana, e il suo romanzo parzialmente autobiografico in cui si parla della complicata carriera di un cameriere in un ristorante di lusso fra intrighi e primi amori non sembra ambientato in fondo in un ambiente divero da quello in cui si perdono certi personaggi dell’ “Amante dell’Orsa Maggiore” di Piasecki.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        “Quanto alla Urheimat degl Italici, il fatto che i Volsci che studiammo a scuola con ogni probabilità avevano la pronuncia della ‘c’ finale simle alla nostra ‘k’: e -‘ski’ è tipica desinenza aggettivante nelle lingue slave, mentre il tema ‘vol/wol’ rimanda all’idea di ‘libertà’ (il nostro ‘volere’ ne è traccia), così che ‘volsci’ = ‘uomini liberi’.”

        Mi sembra fantasiosa come etimologia, visto che radici analoghe si trovano anche in Etruria. Va bene che quando si ha a che fare con certi studiosi dell’Est non mi stupisco più di nulla, ma fare anche degli Etruschi degli slavi mi sembra abbastanza azzardato 😉

        Quanto ai Venedi, bisogna capire di che Venedi parliamo: il fatto è che lo stesso etnonimo sia stato usato per indicare popoli diversi stanziatisi nella stessa area in epoche storiche diverse. Quindi magari Tacito aveva ragione: nel momento storico in cui scriveva lui l’area era già germanizzata dalla migrazione dei Goti.
        Che poi anche “area” è un concetto molto relativo, visto che “sul Baltico, a est dell’Elba” può voler dire proprio tutto.

  11. mirkhond scrive:

    Riguardo al romanzo di Worcell, e soprattutto al film, se ho capito (per quel poco che so di Polacco), dovrebbe essere stato girato in un albergo-ristorante di Praga, mentre le vicende del giovane Roman Borycko si svolgono nella Cracovia del 1925-1936.
    E’ giusto?
    Ciao e grazie!

  12. Andrea Di Vita scrive:

    @ mrkhond

    Sì. Il film è una coproduzione Polacco-Cecoslovacca, anche se il film è in Polacco. Il romanzo si svolge integralmente in Polonia, e ancorchè opera prima dede la fama al suo autore.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • mirkhond scrive:

      Cosa vuol dire Zaklete Rewiry?

      • mirkhond scrive:

        Il film tratto dal romanzo di Worcell, l’ho visto molti anni fa in televisione, doppiato in Italiano, col titolo Hotel Pacific (che dovrebbe essere il lussuoso albergo-ristorante di Cracovia in cui si svolge la vicenda).
        Nella versione italiana, praticamente introvabile in internet, i due giovani camerieri protagonisti, Roman Borycko e Fritz, diventano il milanese Romano Brambieri e il napoletano Fritz! 🙂
        E, sempre nella versione italianizzata, Roman/Romano riesce a salire ai vertici della direzione aziendale perché MILANESE, mentre Fritz è sfortunato e alla fine viene bocciato agli esami per avanzare di grado ed espulso, perché da NAPOLETANO, non riesce a parlare in Tedesco! 🙂
        E quindi Cracovia e la Polonia presentate come Germania! 🙂
        Cosa che, a lungo, mi ha impedito di ripescare il film su internet.
        Insomma in Italia ci fecero sopra un altro film, forse perché nel 1979 (anno della trasmissione in Italia), la Polonia era ancora un paese esotico per la maggioranza della popolazione, che tendeva a vedere negli Slavi, un sinonimo dei Russi.
        Del resto, quando un anno prima, venne eletto papa Karol Woytila, un giornalista si chiese se fosse un nero africano! 🙂

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ mirkhond

        “Quartieri incantati”

        Ciao!

        Andrea Di Vita

  13. mirkhond scrive:

    Riguardo all’urheimat italico.

    Erodoto, afferma che, ancora ai suoi tempi, nel V secolo a.C., vi era un popolo chiamato Ombrikoi, abitante nel bacino della Vistola, e che lui considerava legati agli Osco-Umbri o Italici Orientali.
    Che a suo dire, provenivano dalla regione tra le sorgenti della Vistola e il Danubio.
    Gli Umbri inoltre adoravano adoravano Grabos, la triade divina formata da Giove, Marte e Vofiono associandolo alla quercia, una volta stabilitisi in Italia, mentre nelle loro terre originarie, questa trimurti italica doveva essere associata alla betulla.
    Che nelle lingue slave settentrionali dovrebbe chiamarsi Grabos.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Erodoto parlava però di una periferia del proprio mondo (l’Italia) e di un’estrema periferia del proprio mondo (l’attuale Polonia).

      Ma poi c’era una triade slava? La cosa più simile che mi viene in mente è Svetovid, che però era un dio trino, associato a Perun (che poi era a sua volta associato alla quercia, ma questo vuol dire poco: anche Odino lo era). Per il resto il loro pantheon principale era molto più ricco.

      • mirkhond scrive:

        No, era una triade umbra, in cui il primo degli dèi era chiamato Grabos, Grabovio in Italiano.
        E Grabovio in Umbria era adorato in associazione alla quercia.
        Ma Grabos è anche il nome slavo della betulla.
        Poiché in Umbria e nell’Italia appenninica centro-meridionale, le betulle erano poche, forse gli Umbri cambiarono albero nel loro stabilirsi in Italia.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ mirkhond

      La betulla in Polacco è “brzozowy”, in Russo “береза”… qual’e’ il legame con Grabos? (Wikipedia mi dice che Grabos è il nome di un re dell’Illiria)

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • mirkhond scrive:

        Una specie di betulla, il Carpino in Polacco si dice Grab.
        Il termine Grabos l’ho trovato nel libro del linguista dilettante 🙂 Stefano Leonardo Imperio, Alle Origini del Dialetto Pugliese.
        Imperio sosteneva che gli Osco-Umbri o Italici Orientali, fossero di ceppo illirico (cosa che non mi ha mai convinto).
        Da qui, forse il legame proprio col re illirico, anche se Imperio diceva che Grabos era la forma umbra di Grabovio, la triade divina composta da Giove, Marte e Vofiono.

  14. mirkhond scrive:

    “il fatto è che lo stesso etnonimo sia stato usato per indicare popoli diversi stanziatisi nella stessa area in epoche storiche diverse.”

    Infatti.
    Quando gli scrittori germanici, parlano di Wendi, indicano sicuramente gli Slavi ad est dell’Elba, che abitavano quei territori tra Vistola ed Elba, dal IV-VI secolo dopo Cristo in poi, dopo essere stati abbandonati dai Goti e dagli altri Germani Orientali.
    Ma il toponimo e l’etnonimo in origine non indicavano una popolazione slava, e nemmeno germanica.

  15. Carlo scrive:

    Quello che Blondet non dice nel suo articolo è che Oded Yinon non solo era a favore dello smembramento dell’Iraq, ma auspicava anche la vittoria dell’Iran nella guerra contro l’Iraq medesimo del 1980-1988. Peraltro i cattivacci ebrei sionisti odiano così tanto l’Iran che nel 1981 con l’operazione Babilonia distrussero il reattore nucleare iracheno di Osiraq che gli iraniani avevano danneggiato senza riuscire a distruggere del tutto.

  16. Carlo scrive:

    A proposito invece del cattivaccio Saddam che avrebbe aggredito i poveri innocenti iraniani perché “istigato dagli USA”, chissà se Blondet sa cos’è stato lo scandalo Irangate?

    • Miguel Martinez scrive:

      “chissà se Blondet sa cos’è stato lo scandalo Irangate?”

      Ringrazio Carlo, perché ci ricorda una cosa semplicissima.

      La “grande politica” è fatta di interessi, che sono sempre in precario conflitto/alleanza.

      Le organizzazioni curde, ad esempio, fanno benissimo ad allearsi alla Russia come agli Stati Uniti come a Israele come ai pacifisti-di-sinistra europei, come in passato furono alleati della Siria. Perché solo giocando con tutti e contro tutti, possono sperare che ne venga fuori qualcosa di buono per loro.

      Ma proprio perché la “politica” è fatta così, non dobbiamo aspettarci la salvezza da parte di nessuno – Obama, Assad, Putin, Trump, Iran, Renzi, Grillo, Salvini, Merkel, al-Baghdadi o chi vi pare.

      Alla fine, dovremo salvarci con le nostre mani.

      • Miguel Martinez scrive:

        A proposito di politiche internazionali contorte, aggiungo…

        sto leggendo un lungo articolo, di quelli straordinari, sulla guerra civile nel Sudan Meridionale (circa 12 milioni di potenziali profughi da sistemare, preparatevi alla “emergenza”), apparso su Vice.com http://www.vice.com/video/saving-south-sudan-full-length

        Tra cui un affascinante resoconto della guerra negli anni Ottanta-Novanta che contrapponeva, da una parte, i ribelli sud-sudanesi cristiano-marxisti + Gheddafi + il governo filosovietico dell’Etiopia + Israele al governo dichiaratamente socialista e arabo-islamico di Khartoum appoggiato dai Bush, nel loro ruolo allora di petrolieri.

        • Dif scrive:

          Non ne sapevo niente di questa ennesima guerra civile, per altro scoppiata in un Paese appena nato.
          Ma si può sapere perché in Africa ovunque ti giri becchi una guerra civile? Perché è un casino di ribelli, rivoluzionari, indipendentisti, paramilitari, fondamentalisti, terroristi?
          Forse, come diceva Miguel, quello di unirsi a bande armate è un vero e proprio “lavoro”, l’unica attività che può garantire un sostentamento.

        • habsburgicus scrive:

          la vera risposta, politicamente scorrettissima, è “gli africani non erano pronti per l’indipendenza”..bon
          e qui torniamo a Salazar, che aveva visto giusto
          in un certo senso il passaggio dai quasi felici ’50 all’orrore del post-1960 è stato un tradimento criminale contro gli africani, perpetrato dai gruppi capitalistici a-nazionali e amorali che non hanno più freni (e che ora con il nuovo sistema hanno le palanche-unica cosa che a loro interessa-ma non devono più pensare neanche per lo 0,001 % a quelle popolazioni..ecco perché il colonialismo NON CONVENIVA più..a loro eh, non ai poveri africani !) e da una casta di corrotti neri (inclusi i pazzoidi e i sadici)
          donde Biafra, Sud-Sudan e infiniti altri errori nell’intermezzo

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            “non devono più pensare neanche per lo 0,001 % a quelle popolazioni”

            Quindi il fatto che le royalty vengano pagate al governo locale e non ai governi coloniali europei è uno svantaggio per le ex colonie. E’ un interessante punto di vista.

          • Miguel Martinez scrive:

            “la vera risposta, politicamente scorrettissima, è “gli africani non erano pronti per l’indipendenza”..bon”

            Concordo che il colonialismo sia finito perché non conveniva più. E infatti non vedo perché avrebbe dovuto continuare.

            Per il resto, credo che la risposta sia un’altra, che non soddisfa né “destra” né “sinistra”.

            Primo, la società energivora consiste di tre parti: un piatto, uno stomaco e un cesso 🙂

            E tutto il mondo non può fare da stomaco.

            Secondo, la maggior parte del mondo non è tagliato per fare lo Stato-Nazione Liberale Occidentale.

            In una situazione del tutto innaturale, è inevitabile che i più furbi si impongano con la corruzione e el armi.

          • roberto scrive:

            “gli africani non erano pronti per l’indipendenza”

            magari erano prontissimi, ma non all’indipendenza di stati disegnati da altri (sia geograficamente che come struttura)

          • Dif scrive:

            Considerazioni interessanti, che però fanno sorgere una domanda: cosa si sarebbe potuto fare per evitare una transizione così traumatica tra colonialismo e indipendenza?

            E comunque Salazar immagino avrà avuto i suoi motivi per tenersi le colonie fino all’ultimo, ma dubito che tra questi ci fosse “restiamo a far da balia ai poveri negri” 🙂

          • roberto scrive:

            dif,
            temo che la tua domanda sia come chiedere come si può rimettere il dentifricio nel tubetto?

            😉

          • Francesco scrive:

            << Primo, la società energivora consiste di tre parti: un piatto, uno stomaco e un cesso

            carino ma dovresti anche dimostrarlo. e già che ci sei, anche dimostrare che esistono società diverse da questa triade.

            chissà perchè ho i miei forti dubbi su entrambi i punti

            ciao

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            “Concordo che il colonialismo sia finito perché non conveniva più. E infatti non vedo perché avrebbe dovuto continuare”

            Certo, ma credo che quel “non conveniva più” si macchi del peccato di “impersonalità”.
            Non conveniva più a chi e perché?
            Si può dire che non convenisse più alla potenza coloniale, ma allora dobbiamo chiederci che cosa non convenisse alla potenza coloniale. Nel caso di Francia e Portogallo a non convenire credo che fossero più che altro le spese militari dovute alle guerre di indipendenza. Ma questo, se ci si pensa bene, è l’esatto opposto di “non conveniva più avere le colonie”.

          • Francesco scrive:

            X MT

            non credo che il conto economico delle colonie fosse diverso per l’Impero Britannico: ma loro capirono POLITICAMENTE che non era più possibile tenersi l’Impero e passarono al secondo best, il Commonwealth

            non sempre l’economia comanda – o forse non sempre la politica capisce subito

            ciao

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            E pure non tutte le ex colonie sono rimaste nel Commonwealth. Un esempio importante è l’Irlanda (no, non esagero definendola colonia).

          • Francesco scrive:

            forse anche peggio che colonia

            essendo vicina e teoricamente minacciosa

            non mi stupisco affatto che sia stata filo-tedesca nelle due guerre mondiali

            devo ammettere che neppure il piano britannico funzionò molto bene, le ex-colonie spesso non furono in grado di amministrarsi decentemente

            ciao

          • habsburgicus scrive:

            la Birmania, il 4/1/1948, non entrò nel Commonwealth
            il Sudafrica ne uscì il 31/5/1961 quando divenne Repubblica (altrimenti sarebbe stato espulso :D) ma vi rientrò nel 1994, con il governo “nero” (e nuova bandiera)
            lo Zimbabwe fu espulso a causa di qualche follia di Mugabe (che però su alcune cose vale mezza Europa da solo, eh !) e mi pare non sia ancora rientrato
            il Pakistan fu espulso (dopo l’esecuzione di Bhutto padre da parte del gen. Zia ul-Haq alla fine dei 70′), tornò fu sospeso, mi pare ora ci sia..ma non sono informatissimo
            le Figi furono sospese dopo il golpe nel 1987 (che fra l’altro portò alla Repubblica) ma, mi sembra, ora ci sia
            le Tuvalu sono membro speciale
            per il resto ci sono TUTTI (anche Camerun e Mozambico, da poco !)

            sull’Irlanda
            quella che disse NO, era un’altra Irlanda..ora gli irlandesi hanno fatto di ben peggio..hanno (con poche eccezioni) rinnegato tutta la loro tradizione, dunque si sono di loro volontà consegnati ai propri carnefici e alle loro risa di compiacimento
            e così facendo hanno perso il diritto alla sovranità effettiva 8e a fortiori alla riunificazione, chimerica da 35-40 anni)..l’Irlanda può esistere SE E SOLO è cattolica (lo capì il grande De Valera, il Salazar irlandese, che a differenza dell’originale lusitano non mi risulta molto devoto come persona..magari in vecchiaia, io mi riferisco alla gioventù), altrimenti non vi è alcuna ragione razionale perché l’Irlanda non diventi una provinciucola di Londra..come lo è il Galles (che almeno ha mantenuto la lingua ! gli irlandesi manco quella)
            triste fine del nazionalismo irlandese ! partito così bene, 100 anni fa….già brutto segno fu la pesante infusione del mortifero marxismo rivoluzionario nel movimento nord-irlandese, in sé non solo giusto ma SACROSANTO..lo so, erano i ’60 e i ’70, il clima era quello, ahinoi…ma avrebbero dovuto guardarsene “timeo Danaos et donas ferentes”, anche perché i rossi li hanno poi scaricati
            Londra ha vinto ancora una volta…l’Irlanda è cosa del passato

          • habsburgicus scrive:

            dona

          • Roberto scrive:

            A proposito Habsb, hai letto della corsa degli inglesi al passaporto irlandese?

          • habsburgicus scrive:

            no
            dimmi, mi interessa (e penso anche a diversi altri, qui)

            P.S
            se però riguarda in qualche modo un eventuale BREXIT per tutelarsi, lasciatelo dire, è una bufala
            per quanto possa essere degradato un popolo che seguì un Cromwell o un Churchill, non posso ritenere che lo sia a tal punto da provare complessi di inferiorità verso voi eurocrati 😀

          • Roberto scrive:

            12% in più nel 2015 rispetto al 2014 (33% in Irlanda del nord) non è una bufala.
            Un caso?
            Strano però, tu non credi mai a casi e coincidenze….

          • habsburgicus scrive:

            il 33% in Nord-Irlanda saranno cattolici..e allora muto un po’ il mio giudizio e riconosco, che almeno là-dove sentono il dominio orangista-è rimasto qualcosa di buono..
            ma che un “vero” inglese voglia un passaporto irlandese non ci crederei neppure lo vedessi 😀

  17. mirkhond scrive:

    “Alla fine, dovremo salvarci con le nostre mani.”

    Minima Cardiniana 113

    Domenica 13 marzo – Quinta domenica di Quaresima

    FISCHIETTARE SUL BORDO DEL VULCANO

    Parola mia, sembra di sognare. L’Imperatore Riluttante, che vorrebbe tanto rinunziare alla leadership mondiale ma non può, convoca nella Nuova Roma d’Oltreatlantico il giovane sceicco rignanese dei suoi ascari italici (quelli che poco più di un secolo prima cantavano “Tripoli, bel suol d’amore”) e gli ordina di riscattare l’onore del Bel Paese sfregiato dalla perfida Sorella Latina (la Francia che, dice Obama, “scrocca” le guerre…) tornando finalmente come protagonista in Libia a ristabilir quell’ordine che il tiranno Gheddafi aveva perfidamente stravolto e che la Strana Coppia Hollande-Cameron (“va’ avanti tu che mi scappa da ridere…”) ha sconvolto quattro anni fa, con risultati che ci stiamo ancora godendo e che ci godremo a lungo. Il giovane sceicco ascaro torna pettoruto da noi, annunziando un baldo e saldo contingente tricolore di soldati, dai tre ai settemila: così, come fossero bruscolini. L’ambasciatore statunitense a Roma, ancor più baldo e saldo, valuta a cinquemila il numero ideale di armati italici da impiegare e, come hanno sempre fatto i Gauleiter, fornisce solleciti consigli che in realtà sono ordini perentori. E cretini.

    Difatti, si fa presto a dir cinquemila: ma è, appunto, una parola. I nostri generali – da Jean a Mini a Tricarico – obiettano che non è cosa, che non si fa in questo modo, che la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai politici (figurarsi ai diplomatici): e poi cinquemila soldati pronti manco ce li abbiamo. A questo punto lo sceicco ascaro da duro e puro Signore della Guerra si ricicla senza batter ciglio, così, in poche ore, in fiero e altero Signore della Pace, e annunzia irrevocabile, con la medesima grinta con la quale due giorni prima aveva proclamato l’opposto, che finché c’è lui al governo di guerra non se ne parla nemmeno, che questa guerra non s’ha da fare né domani né (forse) mai. Sconcerto in tutti i Bar dello Sport politici e mediatici – dal Senato a “Striscia la Notizia” – nei quali abitualmente si decidono le sorti del Bel Paese. Baffuti e barbuti militaristi padani e bionde borgatare romane insorgono chiedendo la guerra, qualunque guerra, una buona guerra una volta per tutte: ma ohimè, per far la guerra ci vogliono tre cose, vale a dire sovranità nazionale, un esercito e un nemico, e noi non ne abbiamo nessuna delle tre. La prima si è perduta tra il Cermis, Camp Derby e Val Molin; il secondo c’è e non c’è, oscilla tra speranze di avanzamento e regole d’ingaggio; il terzo è incerto, perché non si capisce se sta a Tripoli o sta a Tobruk, è l’ISIS o qualcuna del centinaio di tribù cirenaiche e tripolitane l’una contro l’altra armate, se è appoggiato dal Cairo o da Ryad o da Istanbul. Quel ch’è sicuro è che a Misurata l’ENI ha un metanodotto che arriva in Sicilia e che ci serve: almeno quello, dovremmo pur tutelarlo, ma come?

    Frattanto, da Parigi, finalmente uno scintillante raggio di sole. La bella e brava Sophie Marceau, alla quale il presidente Hollande aveva offerto la Legion d’Honneur, rifiuta la prestigiosa stella a cinque punte bifide ch’essa avrebbe dovuto ricevere assieme a Muhammad ben Nayef, principe ereditario e primo ministro dell’Arabia saudita, responsabile nel suo paese delle 154 esecuzioni capitali dello scorso anno. Questa la ragione esplicita: che sarebbe da sola più che sufficiente. Ma c’è di più. La signora Marceau, anche se non lo ha detto, in realtà ha protestato – e Dio la benedica per questo – per il fatto che il capo dello stato francese, concedendo al principe saudita l’alta onorificenza, ne ha in realtà premiato la fedeltà di cliente: in effetti l’Arabia saudita è la prima acquirente al mondo di armi e la Francia una delle sue principali fornitrici. Ricchi premi e cotillons a chi saprà individuare a chi mai vadano tutte quelle armi acquistate dalla monarchia petrodollaresca, che per il suo ben equipaggiato ed efficiente ma piccolo esercito non ne ha certo bisogno. Del resto, accorto piazzista dei suoi prodotti made in France, Hollande sa essere anche riconoscente ai suoi datori di lavoro. Ricorderete spero tutti i suoi eroici furori contro l’Iran, roba da far invidia perfino a Nethanyahu: ebbene, noterete che essi sembrano acquietati da quando, nel quadro del disgelo e dell’attenuarsi dell’embargo contro la repubblica di Rohani, quest’ultima ha gratificato la Francia della sostanziosa ordinazione di alcuni aerobus, tanti da far ripartire un settore alquanto depresso della sua industria.

    Ma torniamo all’Arabia saudita, al paese il cui governo piace tanto al presidente Hollande e tanto poco a madame Marceau. Si tratta del quarto paese al mondo in termini assoluti per spese militari, dopo Stati Uniti, Cina e Russia, ma del primo sia per spesa militare pro capite (circa 3000 dollari a persona nel 2014), sia per quota percentuale di tali spese nel bilancio governativo (più del 25% delle uscite). Se accanto all’Arabia saudita consideriamo gli Emirati Arabi Uniti (Bahrain, Qatar, Kuwait), arriviamo a una spesa che, per le sole armi convenzionali, supera di parecchio nell’ultimo lustro i 20 miliardi di dollari: vale a dire quattro miliardi all’anno.

    Chi sono i fornitori di una così vasta e fedele clientela? Anzitutto gli Stati Uniti (55%), quindi la Gran Bretagna (17%), poi la Francia (6,2%: allez-y, Monsieur Hollande!), quindi gli spagnoli (4,2%); seguono ben distanziati gli italiani e i tedeschi (2,4%: oh Matteo, ma la ‘un s’ha da aumentare, la produzione? Tu l’ha detto anche te! O icché la fa la Oto Mellara?) e infine i turchi, che però – stiamo in campana – stanno quasi per raggiungerci (2%). Questo lo “stato dell’arte” della produzione ed esportazione dei paesi occidentali, notoriamente fautori della pace.

    Sembra che questi dati abbiano preoccupato lo stesso Parlamento Europeo, nel quale nelle ultime settimane sono affiorate istanze di moderazione e di regolamentazione; esiste d’altronde fino dal 2104 un trattato ONU sul commercio delle armi che dovrebbe limitare se non proibire le esportazioni di armi verso paesi responsabili di violazioni di diritti umani e di crimini di guerra. Una giungla giuridica internazionale intricatissima: che per ordine, semplicità ed efficacia ricorda molto da vicino le “Gride” di manzoniana memoria che evidentemente i Chief Executive Officiers che lavorano ben pagati tanto a Bruxelles quanto a Strasburgo e la cui funzione è il procacciare affari e il “convincere” gli eurodeputati della bontà dei prodotti da loro propagandati. Tanto per fare il solito esempio, alla luce della recente normativa l’Arabia saudita dev’essere considerato un paese di specchiate virtù civili, nel quale i diritti umani – pensi quel che le pare Madame Marceau – sono limpidamente onorati, dal momento che fra il ’14 e il ‘15 le sue importazioni di armi sono aumentate di quasi il 15% (nulla, del resto, rispetto ai paesi fratelli: il 76% degli Emirati, addirittura il 100% del Qatar).

    Il recente massacro delle quattro religiose missionarie della Carità trucidate nello Yemen si è verificato nel contesto della guerra guidata in quel paese da Arabia saudita e da Egitto non già contro le forze fiancheggiatrici dell’ISIS bensì contro gli sciiti Houthi “ribelli” al governo di Abdrabbuh Mansur Hadi; una guerra cui validamente contribuiscono varie milizie jihadiste sunnite il santo impegno guerriero delle quali è evidentemente disturbato dalle umili pratiche di misericordia delle suore cattoliche E’ evidentemente così che i nostri alleati arabo-sunniti contrastano il califfo al-Baghdadi: massacrando eroicamente le suore cattoliche e bombardando coraggiosamente le popolazioni sciite.

    Tutto ciò mentre da noi giornali e telegiornali insistono in questi giorni sulla lotta al terrorismo trascrivendo e mandando ossessivamente in onda il dialogo telefonico intercettato fra due sedicenti volontari jihadisti – Scemo più Scemo – i quali tra un inshallah e l’altro (non paiono sapere alcuna altra parola in arabo) chiacchierano allegramente di auto piene di esplosivo e di futuri attentati: un episodio che ha mobilitato tutti i nostri studiosi autoreferenziali di geopolitica, strategia e intelligence facenti capo a fantomatiche università informatiche e sistematicamente interpellati (a pagamento?) dai nostri media.

    Bene, bravi, andate avanti così. E mi raccomando, fly emirates. C’è scritto anche sulle magliette “firmate” di note squadre calcistiche, quindi dev’esser giusto.

    Franco Cardini

    • izzaldin scrive:

      lo “sceicco ascaro” sarebbe Renzi?
      se sì, è una grandissima definizione 🙂
      p.s.
      bentornato Mirkhond abbiamo sentito tutti la tua mancanza e le nostre invocazioni saranno arrivate anche nelle Puglie, tanto è vero che sei tornato 🙂

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Era Sarkozy però il presidente all’epoca

      • Francesco scrive:

        dettagli, hai mai visto Cardini occuparsi di queste pinzillacchere nelle sue noiosissime intemerate?

        tutta roba già nella sua testa ben prima dei fatti che dovrebbero spingerlo a scrivere

        siamo al livello dei servizi “evergreen” dei tiggì, quelli che d’estate fa caldo e bisogna bere e d’inverno fa freddo e bisogna coprirsi

        🙁

    • Miguel Martinez scrive:

      Bellissimo l’articolo di Cardini. Infatti, ci ricorda che oltre all’entropia di cui abbiamo discusso 🙂 uno dei motori fondamentali delle guerre, nonché del benessere dei lavoratori e degli elettori, è il commercio delle armi.

    • Lanzo scrive:

      Le 4 assassinate in Yemen nonc’entrano per nulla con la Caritas – sono (erano) delle povere morte di fame che per un tozzo di pane cercano di convertire i morenti. Santa Madre Teresa non ha mai svelato dove finivano i miliardi di dollari, nelle sue case manco ti davano un’aspirina, crepavi come un cane.
      Eppure “la posizione del missionario” di Hitchens, qualcuno di voi cosi’ colti ed informati, spero lo abbia letto.

      • mirkhond scrive:

        Hitcens cosa ha fatto per aiutare i poveri?

        • mirkhond scrive:

          Inoltre in un paese non cristiano, ed ostilmente anticristiano come l’Unione Indiana postcoloniale, se le accuse di Hitchens rispondessero ad un decimo di ciò che afferma, non credo che a Madre Teresa fosse stato consentito di operarvi per 50 anni, e di avere funerali di stato, simili a quelli di Gandhi.

      • Lanzo scrive:

        Pare che madre teresa, forse la piu’ brutta donna al mondo assieme a Golda Meir – quest’ultima interpretata cinematograficamente da nientepodiche che Ingrid Bergman.
        Allora, nel Missionary position, si afferma che questa pazza – ora santa – andava dai malati terminalied invece di dargli qualche antidolorifico, gli diceva – la tua sofferenza e’ il bacio di Cristo e uno la supplico’. ti prego di’ a Cristo di non baciarmi piu’.
        I miliardi di dollari che ha raccolto non si sanno dove siano finiti, probabilmente in Vaticano che la ricompensa con la santita’. Rob de matt.
        Concludo, nessun motociclista e nessuno che conosca Hitchens… Quello morto, che giustamente si lamentava che Kissinger era ancora vivo…

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Le critiche a Madre Teresa sono del tipo “eh, ma nelle sue strutture non c’erano gli standard della clinica privata di New York dove l’anno scorso mi sono operato d’appendicite per $ 50.000”. Le donazioni le trovi in posti come quello assaltato in Yemen: se Hitchens vuole spalare merda spieghi chiaramente perché secondo lui si sarebbe rubata i soldi e DOVE questi soldi sono finiti.
          Altrimenti io posso accusare chiunque di aver rubato pretendendo che sia lui a dimostrare il contrario.

    • Lanzo scrive:

      In effetti, a chi vanno quelle armi che Arabia Saudita compra in continuazione ?

  18. mirkhond scrive:

    Ti ringrazio, ma non credo di essere mancato proprio a tutti….. 😉

  19. mirkhond scrive:

    lo “sceicco ascaro” sarebbe Renzi?

    Credo di sì. 🙂

  20. Moi scrive:

    a vera risposta, politicamente scorrettissima, è “gli africani non erano pronti per l’indipendenza”..bon

    HABS
    ————–

    Questa era la tesi di Padre Daniele Comboni, di cui è fin troppo facile, oggi, mettersi a fare uno “strommen” 😉 per dargli del razzista : l’ idea di base era che il Medioevo, la Cristianità (sar)è(bbe) 🙂 stato l’unico esempio di società sottosviluppata che si sviluppò da sé … quindi l’Africa avrebbe dovuto “emulare” l’ Europa che fu in questa direzione.

    Ma i Comboniani ben presto si ritrovarono fra i proverbiali Due Fuochi : troppo “Amici dei Negri” per gli Stati Coloniali e troppo “da Fardello dell’ Uomo Bianco” per i Ribelli tipo i Simba, gli Uomini-Leopardo, i Mau-Mau ecc …

  21. Moi scrive:

    A proposito di Vittime&Vittimi [cit.] … nonché Vittim* 😉 :

    http://www.maurizioblondet.it/meloni-faccia-la-mamma-salvini-papa-roma-ai-casamonica/

    Blondy si toglie qualche macigno 😉 dalla scarpa sul Gender Issue Bertolaso (maschio ergo boia) Vs Meloni (donna ergo vittima)

    … e gli fa eco il Blondy Fan Boy 😉 Enrico Galoppini :

    http://www.maurizioblondet.it/segni-dei-tempi-la-festa-della-donna/

    • Moi scrive:

      Interessante il metodo “per induzione” di Galoppini, a partir dalle Riunioni di Condominio …

      • Moi scrive:

        Ah, no scusate : è il Maestro, non l’ Allievo … va be’, tanto l’ Alievo (sull’ Otto Marzo) è abbastanza Pedissequo al Maestro, no ?

    • Miguel Martinez scrive:

      “Blondy si toglie qualche macigno 😉 dalla scarpa sul Gender Issue Bertolaso (maschio ergo boia) Vs Meloni (donna ergo vittima) ”

      Mi sembra che in questo articolo Blondet tocchi molti altri temi (splendida la descrizione del condominio), e mi trova anche abbastanza d’accordo.

      Dove però non sono d’accordo è l’importanza della qualità del candidato a sindaco di Roma, o dei suoi programmi.

      Nessun essere umano, per quante qualità possa avere, potrebbe mai fare il sindaco di Roma sul serio.

      E quindi lo può fare chiunque.

      • Z. scrive:

        Già fare il sindaco di Bologna pare essere un compito di estrema difficoltà, figurarsi cos’è fare il sindaco di Roma. Su questo direi nessun dubbio…

        Però non per questo tutti sono intercambiabili in quel ruolo. Vuoi dire che tutti ne uscirebbero malmenati? Probabile, ma anche quando prendi botte molto dipende da quante ne hai prese 🙂

      • Francesco scrive:

        non sono d’accordo con Miguel

        per quanto sovrumanamente difficile, fare il sindaco di una grande città lo fanno in un sacco di grandi città

        e Roma è una città medio-piccola, per gli standard mondiali del XXI secolo

        ciao

        • Miguel Martinez scrive:

          “per quanto sovrumanamente difficile, fare il sindaco di una grande città lo fanno in un sacco di grandi città”

          Non dico che Roma sia una grande città. Dico semplicemente che sia ingovernabile, o meglio, capace di risucchiare qualunque cosa o persona le si posa sopra.

          In questo senso, ha anche una straordinaria capacità di autogoverno.

          • roberto scrive:

            sei fondamentalmente anarchico

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            “ha anche una straordinaria capacità di autogoverno”

            Credo che non sia così. Roma, come un po’ tutte le capitali, è una città parassitaria: esiste prima di tutto come indotto del governo centrale e dell’immensa macchina statale. Non ha e non può avere un’esistenza indipendente dall’apparato da cui dipende la sua stessa esistenza come metropoli.
            Questo cuore pulsante centrale è riuscito col tempo ad ingurgitare tutte le società circostanti, per cui perfino in aree che”starebbero in piedi da sé” (i paesi a ridosso della Sabina, i Castelli…) ormai sono soprattutto periferia del centro.
            Che poi i romani non siano consapevoli di questo è un altro discorso: sono i primi a non accorgersi che anche se loro non sono impiegati pubblici in prima persona allora lo saranno i loro clienti o comunque i clienti dei loro clienti.

            Conseguenza diretta di questa realtà sociale è che non esiste nessuna Roma che si debba autogovernare, perché autogoverno, autogestione e amministrazione delle proprie risorse richiedono prima di tutto delle risorse comuni. Ma non sono certo le risorse della comunità quelle a tenere in piedi il sistema, quanto ciò che discende dal ruolo di capitale, cioè le risorse dello Stato centrale.
            Semmai a Roma si è sviluppato un ricchissimo sottobosco criminale o paracriminale che ha lottizzato e spartito la mangiatoia in modo che i vari soggetti potessero mangiarci a seconda della propria pericolosità e del proprio potere personale. Ma ora che la mangiatoia comincia ad essere meno piena il sistema comincia a mostrare le proprie falle: i compromessi raggiunti con grande fatica dai potentati locali non soddisfano più tutti e visto che sulla popolazione non cadono più abbastanza briciole qualche romano riscopre il “senso civico” e si incazza.

            Credo che un indizio evidente della scarsa autoconsapevolezza dei romani sia stata l’elezione di Marino, il “marziano”, personaggio del tutto estraneo al sistema ed incapace di inserirvici. Se avessero solo sospettato di far parte del sistema sopra descritto, i romani si sarebbero ben guardati di fare quella scelta che alla fine avrebbe scoperchiato (o contribuito a scoperchiare) il vaso di Pandora.

      • Peucezio scrive:

        Miguel
        “splendida la descrizione del condominio”

        Ho letto solo quella, incuriosito dalla tua osservazione.
        In effetti, dalla poca esperienza che ne ho, devo dire che la partecipazione a una riunione di condominio spinge il pessimismo antropologico alle stelle, lo fa diventare totalizzante, assoluto, metafisico, cosmico, ti fa credere che solo, a essere generosi, il 10% dell’umanità meriti di continuare a vivere e che il restante 90% inquini con la sua stessa presenza sulla faccia del pianeta; ti viene da credere proprio che ci sia una tara nella specie, come se la patologia non fosse un dato individuale, ma originario della speciazione stessa dell’homo sapiens, mostro nato per un qualche errore della natura.
        E’ curioso, perché in tutti gli altri contesti e occasioni di relazione con altri esseri umani non si ha una percezione così pessimistica.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          “perché in tutti gli altri contesti e occasioni di relazione con altri esseri umani non si ha una percezione così pessimistica”

          Credo perché in tutti gli altri casi i rapporti sono più falsi che nella riunione di condominio. Per falsi voglio dire meno autentici e comunque rivestiti di una maggiore patina culturale. La riunione di condominio invece, toccando “casa nostra” nel vero senso della parola, è, come piace dire qui, “umanità allo stato puro”.
          E’ un esempio in cui un consorzio umano deve veramente governare un “bene comune”, non contro qualcuno, ma a favore proprio. In genere il “bene comune” è qualcosa che non appartiene a nessuno di noi, ma di cui ci appropriamo con un guadagno collettivo. Il condominio, al contrario, è un bene comune che appartiene veramente a tutti noi e di cui una decisione collettiva veramente ci priverà in parte (a meno che noi non saremo in quella maggioranza interessata che la prenderà).
          Si dimostra tutta l’ipocrisia del rapporto associativo, che l’ideologia cattolica prima e liberistico-paternalista dopo hanno incensato, ma che in realtà non è l’armonioso incontro di volontà orientate ad un superiore bene generale, ma uno scontro di volontà volte a difendere ciò che è (anche) proprio dall’aggressione di interessi confliggenti con il proprio.

          Così quando il padrone chiama i dipendenti “collaboratori”, quando si incensano le comunità di villaggio dei bei tempi andati, quando si tesse l’elogio delle cooperative ecc. ecc., ricordate sempre l’ultima assemblea di condominio e rendetevi conto che:
          – il datore di lavoro ha un interesse confliggente rispetto a quello di chi lavora per lui: quanto sarà salario e quanto guadagno è più importante nel breve termine della sopravvivenza dell’azienda;
          – la comunità di villaggio non poteva (in genere) saccheggiare il villaggio vicino per allargare la torta o abbattere quotidianamente tratti di foresta per ampliare le terre comuni: il pascolo, dopo che lo avrà usato Bodo il contadino, difficilmente potrà usarlo il figlio Wido ormai cresciuto e intenzionato a fare da sé e per sé;
          – le cooperative vanno bene finché le ultime ruote del carro hanno qualcosa, cioè nei tempi di abbondanza. Appena i profitti calano è sempre un brutto spettacolo quando gli ultimi si accorgono che le loro quote non valevano poi mica granché.

          • Francesco scrive:

            almeno sulle imprese direi che sbagli in pieno, o meglio fingi che esista solo una faccia della medaglia

            pur avendo ben chiari i termini del problema, le tue preferenze ideologiche ti impediscono di vederli per quello che sono

            invece i due tipi di rapporto, quello di cointeresse e quello conflittuale, ci sono entrambi

            ciao

            PS insopportabile la retorica dei collaboratori, però

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Peucezio

          Hai ragione. Probabilmente perchè l’assemblea di condominio è proprio sul crinale dove cessa la sfera dell’azione morale del singolo essere umano verso il suo prossimo (soggetta al binomio buono/cattivo) e comincia la sfera dell’azione politica fra estranei collegati solo da un comune interesse (soggetta al binomio vittoria/sconfitta).

          In altre parole, l’assemblea di condominio è il più piccolo agglomerato umano cui si applica il teorema di Arrow: un sistema decisionale dove tutti sono perfettamente informati, hanno pari diritto di voto e dove le decisioni le prende una maggioranza non esiste.

          Faccio sempre lo stesso esempio. Supponiamo di avere in un condominio cento condomini ciascuno con lo stesso numero di millesimi e lo stesso diritto di voto. Supponiamo ci sia da decidere se pitturare tutte le persiane o di colore verde pastello o di colore verde bottiglia: ci sono 49 condomini che vogliono le persiane verde pisello e 49 che vogliono le persiane verde bottiglia; 2 sono incerti. Supponiamo anche che ci sia da decidere se sul tetto del palazzo vadano piazzati dei pannelli solari o vada piazzato invece un prato di margherite. Ci sono 98 condomini che vogliono i pannelli solari e 2 che vogliono le margherite. E’ chiaro che basta che quei 2 che vogliono le margherite siano anche quei 2 incerti sul colore delle persiane, che perchè alla fine sul tetto siano messe le margherite e non i pannelli solari, anche se la maggioranza è inizialmente contraria: perchè quei 2 voteranno coi 49 condomini che vogliono le persiane verde pisello o con quei 49 che vogliono le persiane verde bottiglia a seconda di chi appoggerà la loro proposta di mettere le margherite sul tetto.

          Ovviamente questo è un caso artificioso: i conti veri li si fa non solo su due votazioni (verde bottiglia vs. verde pisello, margherite vs. pannelli solari) ma su un numero molto grande. Su due sole votazioni è difficile che la “minoranza di blocco” di quei 2 che volevano le margherite sia proprio quella coppia di incerti sul colore delle persiane. Ma è chiaro -e una rigorosa analisi delle probabilità, appunto il Teorema di Arrow, lo dimostra- che alla lunga vi saranno sempre minoranze di blocco, e che sulla gran parte delle questioni la maggioranza ne sarà sempre guidata.

          In altre parole, la democrazia diretta è instabile. E si badi che ciò non dipende dalla buona fede e dalla carità del singolo. Ciascuno in ogni votazione vota ciò che crede, non c’e’ bisogno di alcuna corruzione e/o compravendita di voti. Proprio per questo, alla fine ci sarà una minoranza che decide, indipendentemente dalla morale individuale.

          Si può prendere atto di questo fatto, e evitare con opportuni accorgimenti che la minoranza di blocco rimanga la stessa per un tempo sufficientemente lungo: questa è la democrazia indiretta. Ma anche così, per il puro gioco dei grandi numeri ad essere stabile non è l’uguaglianza, ma la disuguaglianza. Oppure si puo’ ignorare questo fatto, all’insegna di “ognuno vale uno”, e ci si ritrova direttamente al dominio del guru di turno.

          Persino uno storico “di sinistra” come Moses Finley, nella sua “Democrazia degli antichi e dei moderni”, quando parla della democrazia diretta Ateniese (rimasta non a caso nella storia sotto il nome del suo despota di fatto, Pericle), sottolinea come questa democrazia fosse in realtà il dominio di una èlite ristretta, e che il suo valore sta più nell’educazione del singolo individuo al riconoscimento di un valore comune al di sopra degli egoismi individuali che in una effettiva partecipazione di tutti gli esseri umani aventi diritto alle decisioni.

          Possiamo iterare il processo, e immaginare che una volta che dopo un certo numero sufficientemente grande di decisioni si sia formata una minoranza di blocco relativamente costante e omogenea le decisioni sulla condotta di tale minoranza si svolgano in modo ‘democratico’. Alla fine emergerà da questa minoranza una minoranza ancora più ristretta, e così via fino al conseguimento di una struttura piramidale. Se anche al vertice non c’è uno solo, ci sarà una piccola oligarchia, essenzialmente stabile nella sua struttura anche se soggetta a continui rivolgimenti.

          (Nel mio condominio alla fine decidevano tutto l’amministratore e un paio di consiglieri di condominio, neanche tutti).

          Finchè l’oligarchia non perderà contatto col mondo reale abbastanza a lungo da spingere la maggioranza a rovesciarla, creando così una nuova struttura piramidale entro un certo tempo, la struttura rimane in piedi precisamente perchè è ‘democratica’.

          (Io dico sempre che il primo responsabile della crisi del 2008 non è la Lehman Brothers, ma il risparmiatore medio Italiano o Statunitense o Thailandese che ha cominciato a investire i Fondi Comuni spostando i propri soldi dal risparmio al sostegno alla speculazione).

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Francesco scrive:

            il primo responsabile della crisi del 2008 è la politica, che ha preteso di regalare agli elettori una eterna primavera di economia in crescita

            e naturalmente lo ha fatto accumulando debiti, che si sono trasferiti al sistema finanziario, come un tumore, visto che detto sistema ha valutato i rischi alla cavolo e che NON si occupa del bene generale

            i risparmiatori/investitori come tali sono del tutto innocenti (e del tutto colpevoli, in un’ottica rigidamente nazional-stalinista)

            ciao

  22. Moi scrive:

    Secondo la Kasaleggienzeitung il tutto serve al Grande Burattinaio per coprire il Referendum del 17 Aprile … di cui effettivamente non dice un cipponazzo 🙂 nessuno !

  23. Moi scrive:

    http://www.ildiscrimine.com/wp/wp-content/uploads/2016/03/doveri-delle-spose.jpg

    Zoomata sui Doveri delle Spose (sicuramente roba PreConciliare !) , che hanno in effetti un retro(dis)gusto “Semitico” per la sensibilità odierna imperante …

    • roberto scrive:

      mi basterebbe il 7 e non capisco il 9. di quali presunti difetti stiamo parlando?

    • Francesco scrive:

      dove hai trovato una simile chicca?

      naturalmente io voto per l’8 e per vedere i doveri del marito cristiano!

      ciao

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Gira da anni in casa UAAR.

        E’ interessante l’uso di “famigliarità”: questa orrenda piaga non è poi così recente 😀

        • Francesco scrive:

          cioè l’UAAR fa propaganda alla saggezza della Santa Chiesa?

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Sì. E questo dovrebbe farvi riflettere quando Habsburgicus dice che la Chiesa avrebbe dovuto difendere con i denti quel vecchio armamentario 😀

          • Francesco scrive:

            in verità io ne deduco il contrario: la grandiosa saggezza di quel vecchio armamentario, soprattutto se paragonata alla minchioneria odierna, avrebbe dovuto spingere alla sua manutenzione e uso intensivo, non certo alla rottamazione a favore di una versione più minchiona ancora della modernità

            • Miguel Martinez scrive:

              In Guareschi, percepisco una mezza verità che diventa menzogna.

              Lui coglie la meschinità della Chiesa che rincorre le mode.

              E poi lui stesso rincorre talmente la propria moda da diventare isterico quando vede qualcuno con i capelli lunghi (una moda che mi sembra caratteristica di buona parte dei “tempi cristiani”, peraltro); per non parlare delle mode politiche: in questi tempi putiniani, le sue preoccupazioni per i cavalli dei cosacchi valgono quanto preoccuparsi per le camicie a fiori.

              Ma come chi è di sinistra non riesce a uscire dall’antifascismo (ieri mi hanno segnalato un bizzarro corteo a Milano dedicato alla “lotta del popolo curdo e a Dax”, quest’ultimo un ragazzotto milanese ucciso a coltellate da un teppista che voleva vendicarsi di altri ragazzotti che lo avevano aggredito perché girava con un cane chiamato Rommel)…

              a destra non si riesce a uscire dalle mode passate.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Ma sai, i privilegiati da quel sistema rappresentano a stento il 50% della popolazione: al restante 50% non è detto che piaccia.

          • Dif scrive:

            “E poi lui stesso rincorre talmente la propria moda da diventare isterico quando vede qualcuno con i capelli lunghi (una moda che mi sembra caratteristica di buona parte dei “tempi cristiani”, peraltro)”

            Questa infatti è una cosa che mi ha sempre fatto sorridere, il fatto che gran parte dei cristiani siano culturalmente tradizionalisti e oppositori di qualunque moda “fricchettona”, e poi abbiano un’iconografia che dipinge Cristo come una specie di hippie.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            “e poi abbiano un’iconografia che dipinge Cristo come una specie di hippie”

            Mai come quando presentano la Sacra Famiglia come il simbolo della famigghia tradizionale

          • Andrea Di Vita scrive:

            @ Martinez

            Per Guareschi e per quelli come lui i capelli lunghi non sono male di per sè. Altrimenti avrebbe censurato i western dove sia Custer sia i Pellerossa vanno sempre in giro coi capelli lunghi – e lui invece era appassionato di western.

            Per Guareschi e per quelli come lui i capelli lunghi erano sinonimo di libertà sessuale e emancipazione.

            In uno dei suoi ultimi racconti una ragazza si mette in testa di partecipare a un concorso di bellezza. Il fidanzato si acquatta dietro un cespuglio, la sorprende in mezzo alla strada e la rapa a zero. (Più o meno lo stesso trattamento riservato alle collaborazioniste alla fine della guerra). Lei si nasconde per mesi, si ravvede e sposa il suo salvatore.

            In uno dei film su Don Camillo la moglie troppo indipendente di un esasperato consorte preso in giro da tutti i maschi del paese per il femminismo della donna le copre di minio i pantaloni – anche questo un riferimento alla sorte delle repubblichine dopo il 25 Aprile.

            Guareschi era un genio. Anche nel rappresentare il marciume.

            Ciao!

            Andrea Di Vita

  24. Moi scrive:

    A proposito di Africa Nera:

    http://www.repubblica.it/cronaca/2016/03/14/news/padova_-135429477/

    Zimbabwe: due ” Bwana Muzungu ” Padovani uccisi perché scambiati per bracconieri … ma “è giallo” sui giri loschi della caccia di frodo, per dirla in Giornalistese.

  25. Moi scrive:

    L’Isola delle Rose fu una di ‘ste piattaforme in altomare … storia dimenticata.

    https://www.youtube.com/watch?v=ci226cf1JOQ

    INSULO DE LA ROZOJ – plena filmo en Esperanto 😉
    (59 minutoj … Oficiala Lingvo : !) !

    https://it.wikipedia.org/wiki/Isola_delle_Rose_(micronazione)

    https://eo.wikipedia.org/wiki/Insulo_de_la_Rozoj

  26. habsburgicus scrive:

    Trump vince in Florida, dovrebbe vincere anche in North Carolina, Illinois e Missouri..invece in Ohio vincerebbe Kasich (ma una schermata ha messo prima Trump)….Rubio si è ritirato, dopo un bel discorso (non ostile a Trump, ha fermato i fischi, all’inizio)
    se vincesse anche l’Ohio [ma sembra difficile] sarebbe sicuro; anche così avanza

  27. Moi scrive:

    La Chiesa PreConciliare temeva (magari a ragione … poi per qualcuno sarà pure positivo !) che dietro agli Hippies ci fosse lo”sdoganamento” della Gnosi … e _ in merito al vero_ riteneva il “Falso Simile” peggio (!) dl “Falso Diverso”, proprio per una questione di “ingannabilità” dei Fedeli …

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Moi

      Dubito assai che il parroco Italiano tipo, quello di “Nuovo Cinema Paradiso” per intenderci, fosse così raffinato.

      Più che la tradizionale sessuofobia da oratorio non credo la pena vada la pena di invocare.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

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