Metto molte cose insieme.
Innanzitutto, Reinhard Mey, che abbiamo già avuto occasione di ascoltare.
Reinhard Mey è un cantautore straordinario, un poeta di grande sensibilità, che in Italia non conosciamo, perché la lingua del paese più importante d’Europa è praticamente sconosciuta al di fuori dei confini della Germania e dell’Austria. Un fatto curioso, che ha un grande effetto sulla nostra percezione di questo continente.
Poi, Otto Lilienthal, l’uomo che imparò a volare, costruendo improbabili alianti con cui si lanciava da colline e case, fino al giorno in cui si ruppe il collo e morì, come racconta questa canzone di Mey.
Infine, il grande paradosso dell’Ottocento, di tutti i nostri, sempre ripetuti ottocenti – dove la curiosità, la gioia di nuove esperienze, la bizzarria individuale porta ineluttabilmente a esiti devastanti: proprio nell’ascesa di Lilienthal, sul suo buffo aliante, non possiamo che vedere scendere le bombe sulla terra.
Non è facile capire quanto Mey creda alle parole di speranza con cui termina la sua canzone, o se cerchi solo di trasmettere quello che allora era il sogno di tanti.
Scusate la piattezza di una veloce traduzione, il testo meriterebbe ben altro.
Lui sa che qui finirà il suo viaggio,
su questo lettino da campo, in questa carrozza, non si è mai sbagliato.
Il medico e Gustav [il fratello di Otto] sussurrano e sussurrano su di lui,
sono venuti a Stölln per riportarlo a casa a Berlino.
Le ruote battono sui binari, le immagini passano veloci:
la madre al pianoforte, da lontano il Sogno di Schumann,
la casa dei genitori ad Anklam, scuola, insuccesso e disciplina,
nascosto nei prati estivi assieme a Gustav per giorni interi
a osservare il volo delle cicogne su percorsi senza peso
cogliere e desiderare di salire in alto e battere le ali come loro:
Tu puoi volare, sì, puoi!
lascia che il vento soffi davanti
allarga le ali, vedrai:
Tu puoi volare, sì, puoi!
I primi tentativi di volo, cacciati con derisione dai villaggi.
Per sfuggire a chi lo prendeva in giro, ci provava solo di notte.
Una nuova costruzione, un nuovo esperimento di volo,
le cifre 4771, il suo primo brevetto!
Agnes davanti casa nel giardino, con la sua lunga nera veste,
Agnes piena di gioia di vita, Agnes piena di cordialità.
su gigantesche altalene di vimini ricoperte di cotone.
Estate 1891 e adesso ce la farà!
Come scricchiolano le querce, come canta il vento tra i fili tesi,
come oscilla l’ala sopra l’orizzonte, morbida e come un’aquila
come salendo e scendendo i venti muovono la sua macchina da volo!
Le sue gambe sono completamente insesibili, da quanto tempo giace così?
Il medico è venuto da Rhinow e dice, un forte colpo ha
preso la terza vertebra cervicale, cosa vorrà dire?
Cosa proverà Agnes e cosa i bambini, quando verranno a sapere?
Agnes era sempre preoccupata, mai senza paura in tutti quegli anni.
Non si può spiegare quel desiderio interiore, bisogna viverlo:
tre passi nel vuoto e la sensazione di gioia nel volare!
Un buon vento dall’est, questa domenica d’agosto.
Già il primo volo va lontano laggiù nella valle, la felicità!
Il secondo andrà ancora più lontano. Lo tira forte in alto,
sta quasi fermo, scaglia in avanti gambe e torace,
il vento gli batte contro, non riesce più a controllare l’apparecchio,
cade a piombo dal cielo in terra.
Non può più parare il colpo, il suo percorso è senza guida,
di colpo l’ala destra batte.
Fu leggerezza? Fu sfortuna? Oppure fu un suo errore?
Non riconoscerà mai la sconfitta sua e del suo sogno!
Il sonno arrivò come un buon amico. Bene, ora che si torna a casa.
Un primo passo verso il volo umano, Dio lo sa, valeva la pena!
Ai prossimi, andrà diversamente, l’uomo prima o poi
potrà volare intorno intorno alla terra quando vorrà, e poi
si libererà dalle ristrettezze della prigionia
assieme a tutte le frontiere, saranno superate tutte le guerre!
Ascolta le voci dei bambini e capisce che Agnes è lì
nella carrozza buia. Ora è vicinissimo al proprio sogno:
vede le cicogne volare, vede se stesso nei loro ranghi,
libero e senza peso, per propria arta, ascendere nella luce del Sole!
Er weiß, daß seine Reise hier zuendegehen wird,
Auf diesem Feldbett, in diesem Waggon, er hat sich nie geirrt.
Der Arzt und Gustav flüstern und sie flüstern über ihn,
Nach Stölln gekommen, um ihn heimzuholen nach Berlin.
Die Räder hämmern auf die Gleise, Bilder ziehen schnell vorbei:
Die Mutter am Klavier, von ferne Schumanns „Träumerei“,
Das Elternhaus in Anklam, Schule, Mißerfolg und Zwang,
Versteckt in Sommerwiesen mit Gustav tagelang
Dem Flug der Störche nachzusehn auf schwerelosen Bahnen,
Ihr Aufsteigen, ihr Schweben zu begreifen und zu ahnen:
Du kannst fliegen, ja, Du kannst!
Laß den Wind von vorne wehn,
Breite die Flügel, Du wirst sehn:
Du kannst fliegen, ja, Du kannst!
Die ersten Flugversuche von den Dörflern ausgelacht.
Um den Spöttern zu entgehn, unternimmt er sie nur bei Nacht.
Eine neue Konstruktion, ein neues Flugexperiment,
Die Ziffern 4771, sein erstes Patent!
Agnes vor dem Haus im Garten in dem langen, schwarzen Kleid,
Agnes voller Lebensfreude, Agnes voller Herzlichkeit.
Dann Sonntags mit den Kindern ‘raus zum Windmühlenberg gehn,
Die Welt im Fluge aus der Vogelperspektive sehn
Auf riesigen, baumwollbespannten Weidenrutenschwingen.
Sommer 1891 und jetzt wird er es erzwingen!
Du kannst fliegen, ja, Du kannst!
Laß den Wind von vorne wehn,
Breite die Flügel, Du wirst sehn:
Du kannst fliegen, ja, Du kannst!
Wie die Holme knarren, wie der Wind in den Spanndrähten singt,
Wie der Flügel überm Horizont sanft und adlergleich schwingt,
Wie das Auf und Ab der Lüfte seine Flugmaschine wiegt!
Seine Beine sind ganz taub, wie lange er wohl schon so liegt?
Der Doktor kommt aus Rhinow, und er sagt, ein heft’ger Schlag
Traf den dritten Halswirbel, was immer das bedeuten mag.
Was mag Agnes fühl’n und was die Kinder, wenn sie es erfahr’n?
Agnes war immer besorgt, nie ohne Angst in all den Jahr’n.
Man kann die Sehnsucht nicht erklär’n, man muß sie selbst erleben:
Drei Schritte in den Abgrund und das Glücksgefühl zu schweben!
Du kannst fliegen, ja, Du kannst!
Laß den Wind von vorne wehn,
Breite die Flügel, Du wirst sehn:
Du kannst fliegen, ja, Du kannst!
Ein guter Wind aus Ost an diesem Sonntag im August.
Schon der erste Flug geht weit ins Tal hinunter, eine Lust!
Der zweite wird noch weiter gehn. Da reißt’s ihn steil empor,
Fast steht er still, wirft Beine und den Oberkörper vor,
Der Wind schlägt um, er bringt den Apparat nicht mehr zur Ruh’,
Und senkrecht stürzt er aus dem Himmel auf die Erde zu.
Den Sturz kann er nicht mehr parier’n, unlenkbar ist sein Verlauf,
Mit einem Krachen schlägt er mit dem rechten Flügel auf.
War’s Leichtsinn? War’s ein Unglück? War’s sein eigner Fehler eben?
Nie und nimmer wird er sich und seinen Traum geschlagen geben!
Du kannst fliegen, ja, Du kannst!
Laß den Wind von vorne wehn,
Breite die Flügel, Du wirst sehn:
Du kannst fliegen, ja, Du kannst!
Der Schlaf kommt wie ein guter Freund. Gut, daß er jetzt heimkehrt.
Ein erster Schritt zum Menschenflug, Gott weiß, er war es wert!
Den nächsten werden andre tun, der Mensch wird irgendwann
Die ganze Welt umfliegen können, wenn er will, und dann
Wird er sich aus der Enge der Gefangenschaft befrei’n,
Mit allen Grenzen werden alle Kriege überwunden sein!
Er hört die Kinderstimmen und er spürt, Agnes ist da
In dem dunklen Waggon. Jetzt ist er seinem Traum ganz nah:
Er sieht die Störche fliegen, sieht sich selbst in ihrem Reigen
Frei und schwerelos, durch eigne Kunst, ins Sonnenlicht aufsteigen!
Du kannst fliegen, ja, Du kannst!
Laß den Wind von vorne wehn,
Breite die Flügel, Du wirst sehn:
Du kannst fliegen, ja, Du kannst!
Fosse per me l’insegnamento del tedesco sarebbe obbligatorio per tutti, sin dalle elementari 🙂
Poi dicono che il PD NON è prostrato alla Merkel 😉 …
Casomai a Martin Schulz, perbacco 😀
Boh, per quanto mi sforzi, non riesco proprio a trovare qualcosa che mi affascini nella lingua tedesca; non so che farci!
è questione di gusti.
Mica è per quello che andrebbe insegnato sin dalle elementari…
🙂
A me sembra cacofonica, più del lombardo e del napoletano.
A me piace la costruzione delle parole.
Poi ci sono delle parole bellissime (Zweisamkeit : essere soli in due, una delle mie preferite)
Infine è la prima lingua dei pargoli
🙂
comunque alla fine il “è questione di gusti” pinesco è risolutivo.
per dire, adoro il francese e (di amore non corrisposto) l’inglese, e detesto lo spagnolo.
perché?
boh!
a prescindere, il tedesco è bellissimo, anche se non riesco a immaginare due innamorati che tubino in crucco
in più, è palestra mentale degna del greco e del latino – che sono meglio ma purtroppo non più in uso
Devo confessarlo: la storia delle lingue da studiare come “palestra mentale” è una di quelle robe che mi provocano quasi uno shock anafilattico…
😀
In effetti la “Palestra della Mente” è un cliché un po’ trito … Odifreddi ripropone per la matematica, purché spiegata da lui. Ovviamente in opposizione culturale agli antipodi alla religione.
lo ripropone
agli antipodi della religione
Moi,
— Odifreddi [lo] ripropone per la matematica, purché spiegata da lui —
Odifreddi, a quanto mi dice gente che ne capisce, è molto acuto e competente nel suo campo. Ma quando scrive di attualità, di politica e della società in genere – ricordo in particolare alcune fantasiose teorie sul processo penale – alle volte mi viene il sospetto che qualche giorno di assenza dalla palestra l’abbia fatto pure lui 😀
Lingue???
Poche e selezionate lingue, a mio parere Greco, Latino e Tedesco. Tutte dotate di utilissimi filosofi, poeti e storici da tradurre, peraltro.
Quando hai finito una versione, è come dopo una pesante sessione di sollevamento pesi, però puzzi meno.
Altro che clichè
Lingue???
Poche e selezionate lingue, a mio parere Greco, Latino e Tedesco.
——————–
Cioè, le lingue che piacciono a te o che hai studiato tu 🙂
Ci fosse mai qualcuno che rivendica come “palestra mentale”, che so, lo studio del turco o dello swahili…
@ Paniscus
“Ci fosse mai qualcuno che rivendica come “palestra mentale”, che so, lo studio del turco o dello swahili…”.
Superfluo dire che sottoscrivo pienamente…
Eppure, secondo ciò che mi è capitato di leggere, il turco sarebbe un ottimo banco di prova per le facoltà razionali (“ammesso e non concesso” che ci sia bisogno di selezionare persino le “palestre mentali”: si tratta di una lingua di una sistematicità pressoché “geometrica”, che non a caso – se non erro – ha fornito un contributo notevole all’artificio esperantista…)…
A pensarci bene l’arabo, che coniuga “geometria” e fantasia, non sarebbe da meno…
P.S.
Riguardo allo swahili, sfortunatamente, non ho riscontri: e mi dispiace, considerato che il concetto di “ubuntu” delle culture bantu è estremamente interessante…
Francesco, infatti non è un cliché:
quella delle lingue classiche da studiare in quanto “palestra mentale” è proprio una stupidaggine bella e buona utilizzata per giustificare la permanenza in vigore di programmi d’epoca giurassica.
🙂
” per giustificare la permanenza in vigore di programmi”
Il fatto che mi secchi dover correggere senza farlo minimamente pesare chi sta per andare dal giudice a parlare di “aliunde percepitum” è invece un’ottima causa di giustificazione 😀
Sulla teoria della “palestra mentale” mi sono già espresso più sotto (breve: è una cazzata);
ciò non toglie che il latino e il greco “servono” a leggere le fonti della nostra cultura e della nostra storia, e il latino anche a capire un po’ meglio la lingua che parliamo.
Devo spiegarlo a un avvocato? 😉
Naturalmente possiamo mandare tutto a puttane e puntare solo su “inglese internet e impresa”, come voleva Egli (quello nuovo), ma ne vale la pena?
Va bene studiare meglio l’inglese (cosa che si fa già, a parte i bambini in età prescolare dei miei amici già iniziano a masticare i primi termini da giochini e applicazioncine bilingui…) ma insomma, se vogliamo buttare a mare il liceo classico diciamolo.
Dubito verrà sostituito da qualcosa di migliore, sinceramente.
Pino, non credo che si possa seriamente sostenere che non sia importante l’insegnamento e lo studio del latino. Si sostiene – e mi pare difficile negarlo – che così com’è programmato è inefficiente, antieconomico e oltretutto decisamente inefficace.
Mauricius, devo chiederti scusa ma non ho capito un tubo del tuo intervento 😀
Diciamo che sostenevo che, come argomentava Pino, la permanenza in vita del latino non è giustificata dal suo ruolo di palestra mentale.
Sì, ma non essere troppo severo con chi erra in buona fede. Tutti possiamo sbagliare…
http://www.aranagenzia.it/araninforma/index.php/component/content/article/34-sentenze/820-sentenza-corte-cass-n17730-2013doc
😀
Dovevi proprio farmi subire questo dolore? 😀
Rimpiango i tempi del “favor laboratoris”
molto bello il testo (e molto “tedesco” nella sua sensibilità, mi sembra)
la musica conoscendo i tuoi gusti l’ascolto un’altra volta 🙂
sul “praticamente sconosciuta” dissento. mi limito ai paesi dove sono stato è molto diffusa nella ex jugoslavia, in grecia, nell’ex cecoslovacchia e in danimarca e olanda (oltre che soprendentemente, per me, nei paesi baltici). poi in francia in certi ambienti (“cattolici tradizionalisti, enarques preparati fin da piccoli a conquistare il mondo”)
certo non è l’inglese…
Z.,
lo dici solo perché non vai più a scuola
🙂
vedi che almeno su questo siamo d’accordo 😀
nei paesi baltici
i Paesi Baltici sono stati retti da una Ritterschaft germanofona sino al 1918 (tranne la Lituania)..e molti tedeschi in loco rimasero fino all’autunno 1939..
oggi il tedesco è conosciuto soprattutto per ragioni economiche
@Miguel
Un fatto curioso
effetti del 1918 e del 1945…
prima del 1914 il mondo erudito italiano, almeno nell’antichistica e in genere in tutte le scienze storiche, conosceva il tedesco
Nell’antichistica si dà tuttora per scontato che si conosca il tedesco.
Non è ben chiaro come né perché: ci si aspetta che lo studente (per non parlare del dottorando o docente) lo conosca, e basta.
A dire il vero, con pietosa finzione, si vuol credere che i dottorandi capiscano tutte le lingue europee, ma quelle neolatine, greco, inglese e tedesco ci si aspetta davvero che vengano comprese almeno in forma scritta.
il tedesco è fondamentale…fra c.a 1860 e 1925/1930 per la Storia Romania e fra c.a 1870 e 1945 per la storia greca il mondo germanico FECE l’Altertumswissenschaft..qualcosa di buono (nella parte non-marxista del disciolto Reich è stato prodotto anche dal 1950 e financo negli ultimi due decenni
pensiamo Giulio Beloch la cui Griechische Geschichte in 8 volumi (4*2) è tuttora fondamentale..
senza Beloch non si fa Storia greca !
io di lui, pur così distante da me (era materialista, nel 1893 si presentò candidato per la sinistra borghese e fu trombato 😀 divenne più destrorso con l’età), ammiro il razionalismo positivista, anche molto spinto (che secondo me..anche se sono quasi l’unico a sostenerlo 😀 NON è incompatibile con il conservatorismo politico e il Cattolicesimo), il grande interesse per l’erudizione e per la cronologia (come piace a me :D)
Beloch era capace di scriverti una nota di 2 pagine per vedere se astronomicamente (e giulianamente) la I guerra punica iniziò nel 264 a.C o già nel 263e a.C ! discuteva a fondo se un avvenimento avveniva il 3 o il 4aprile 😀 mitiche le sue tavole di giulianizzazione dei calendari 😀 e la sua lista di civitates italiche (già nel 1880, poi aggiornate nella R.G)
altro che lo “storico di sinistra” medio, post-1968 (tessera PCI :D) che scrive scrive tante banalità marxisteggianti (magari attacca pure il fascismo parlando di M. Valerio Messalla :D) che nessuno capisce e non offre nulla…e pensa solo a portarsi a letto la studentessa bona 😀 senza far avanzare di nulla la Scienza Storica !
altri tempi, altra Italia
e poiché io sono, credo, corretto e imparziale ricordo che il fratello Bonghi nel dare la cattedra a Roma al giovane straniero Beloch fece forse una delle pochissime cose buone della massoneria !
altro che quel buffone di Garriba’..
quelli che sono i fatti che citerei, se fossi un Gran Maestro 😀
“…il razionalismo positivista…”.
@ Habsburgicus
Dubito che il Positivismo possa essere “razionale”, consiederato che si tratta di una dottrina profondamente irragionevole…
Voglio dire… Il culto del dato fattuale, ossia di ciò, la cui regolarità può essere solo postualata… La fede nelle “magnifiche sorti e progressive”…
” il tedesco è fondamentale…fra c.a 1860 e 1925/1930 per la Storia Romania e fra c.a 1870 e 1945 per la storia greca il mondo germanico FECE l’Altertumswissenschaft”
Sì, questo è certo; non mi sono spiegato io: non è chiaro in base a quale ragionamento i professori si aspettino che gli studenti conoscano già il tedesco, senza averlo mai studiato prima 😉
Ma non è che se lo aspettino per ragioni di principio… semplicemente, si aspettano che lo studente che ha scelto di approfondire specialisticamente quegli argomenti lì (specialmente se non di primissimo pelo, ma laureando o specializzando) SAPPIA che le principali fonti sono in tedesco, e SAPPIA che spetta a lui attrezzarsi per poterle utilizzare, tutto lì…
Non penso che spetti moralmente a un professore di archeologia o di filologia greca insegnare il tedesco allo studente 🙂
Be’: se c’è gente che studia Giurisprudenza senza saper nulla di Latino …
“Non penso che spetti moralmente…”
e chi mai lo ha detto?
Per i tedescofoni…
Una canzone di Mey che mi piace particolarmente è l’Eisenbahnballade, da leggere attentamente le parole:
http://www.reinhard-mey.de/start/texte/alben/die-eisenbahnballade
trovo molto affine quel modo trasognato di guardare attraverso le cose, di vedere nelle persone vive alla stazione, nei rumori del treno, un’occasione per cogliere l’immensità della storia.
Per Habsburgicus
“prima del 1914 il mondo erudito italiano, almeno nell’antichistica e in genere in tutte le scienze storiche, conosceva il tedesco”
Infatti.
In questo momento storico, la Germania incombe certamente, nei fatti e nelle fantasie, degli altri europei.
E, come ho scritto altre volte, tutto il male che possiamo giustamente dire dei capitali tedeschi non deve portarci a sottovalutare le straordinarie ricchezze di altro tipo di quel paese.
io, oggi, non sono per nulla antitedesco (il che non vuol dire che straveda per il loro governo)..anzi, vorrei una Germania forte (semplicemente dubito della reale sovranità della Germania 😀 anzi dubito che si possa parlare di Germania dopo la disfatta 😀 ma il discorso ci porterebbe tanto lontano)
a me fanno ridere quelli che criticano la Germania con astio..come se i problemi europei dipendessero dalla Germania !
e mi fanno ancora più ridere quelli che vedono un’egemonia tedesca nella UE…
“mi fanno ancora più ridere quelli che vedono un’egemonia tedesca nella UE…”
e perché?
a me sembra un dato oggettivo
insieme alla francia ovviamente e, almeno in parte, incredibile dictu, la grecia che con 10 milioni di abitanti piazza quasi quasi più direttori e direttori generali che l’italia o la spagna
—-incredibile dictu, la grecia che con 10 milioni di abitanti piazza quasi quasi più direttori e direttori generali che l’italia o la spagna. roberto—-
L’EuroGombloddo Ellenico?!:-) Ma che ti stai ritvanizzando?!:-) Guarda che Pino ti morde sul collo, eh!:-) 🙂
Ma ti devo spiegare tutto? Sono i massoni in combutta con gli ebrei a guidare la Merkel, che è pilotata dalla ka$ta del Bildelberg in una rete che congiunge Giuda Iscariota, Lutero, i giacobini, Marx, Garibaldi, qualche primo ministro ottocentesco di nazioni varie, il cacciatore che uccise la mamma di Bambi e tanta altra gente parte più o meno consapevole di un grande e autentico complotto mondiale che quello autenticissimo dei Protocolli dei Savi di Sion era uno scherzetto da scolari.
Questo non credo sia tedesco; probabilmente “portoghese”.
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Crisi-Ucraina-Obama-in-Polonia-Sacrosanto-impegno-Usa-2ac3b4fb-9ef3-46a9-ac43-03ed047ba38c.html
oddio non ci arrivo.
che vuoi dire? (sempre che tu stia parlando con me)
ciao
“In questo momento storico, la Germania incombe certamente, nei fatti e nelle fantasie, degli altri europei.”
Già. Solo che, ahimè, è una Germania anglofona. Nella lingua e nello spirito.
Per Z
“Fosse per me l’insegnamento del tedesco sarebbe obbligatorio per tutti, sin dalle elementari”
“I bambini tedeschi sono tutti geni, già a tre anni parlano il tedesco!”…
Questa battuta ci racconta diverse cose.
Innanzitutto, il tedesco è sentito come un difficile esercizio intellettuale, associato a un vocabolario non familiare e a una gran quantità di regole irregolari. Ma anche quando si colgono “le regole”, il tedesco non è mai traducibile letteralmente, sia per la diversa struttura sintattica, sia per l’utilizzo di modi di dire del tutto diversi e gli innumerevoli e intraducibili piccoli avverbi – doch, denn, zwar….
Eppure, nulla di tutto ciò è vero: il tedesco, come tutte le lingue, è ciò che le persone parlano spontaneamente, o almeno ciò che sono state abituate a produrre spontaneamente.
Però nessuno ha trovato un modo per farci entrare spontaneamente in quella lingua: nemmeno per i tedeschi stessi, che devono studiare molta più grammatica a scuola di noi.
Da qui, tra l’altro, un atteggiamento molto diverso dei tedeschi verso il latino: mi raccontano che lo studio delle “regole” viene molto più facile a loro che a noi, mentre il latino apre loro tutte le lingue romanze, nonché la parte non germanica dell’inglese.
Da un certo punto di vista le lingue neo-latine mi sembrano la “rivolta anarchica” al latino; espressioni di un popolo che le “regole” grammaticali proprio non riusciva a sentirle proprie.
E infatti il latino viene sentito come una lingua artificiale per eccellenza, che ha smesso di essere parlata in qualche punto dell’epoca antica (io, come già scritto, sono di quelli che tendono a retrodatare i “volgari”, ma c’entra relativamente) e serve solo a scrivere una letteratura completamente artificiale, come trattati ed encicliche (o meglio, serviva).
Da qui da un lato la distanza col greco, che nonostante tutti i tentativi dei classicisti di tutte le epoche, non ha mai smesso di essere “un insieme di dialetti”, e quindi di mantenere, nella sua stessa variabilità, un legame con la parlata popolare mai del tutto ininterrotto (nei due sensi di marcia 😉 );
e infatti, classicamente 😉 , gli studenti liceali dicono che il greco “è meno regolare” o “con più eccezioni” del latino, ma non è che abbia “più eccezioni”, è che ha meno regole.
Dall’altro, la diffidenza nei confronti del tedesco, una lingua moderna che però mantiene un arnese poco pratico come le declinazioni, ma soprattutto una lingua sentita come l’apoteosi delle “regole”;
e infatti una lingua sentita, fuori dal mondo germanofono, come artificiale, fittizia, una roba da studiare a scuola appunto, buona per indecifrabili articoli da citare nelle tesi di laurea, o per lunghe elucubrazioni di filosofi ottocenteschi o di scienziati, che solo per caso e forse per errore dispone anche del lessico necessario a ordinare al ristorante.
Insomma, i tedeschi sono gli eredi del mondo del latino “colto”: filosofi e trattati, università, rigore.
Mentre i “latini” (cioè noi) sono gli eredi del mondo latino “vero”, cioè, “parla come magni”.
W i tedeschi, quindi
anche perchè i latini avevano non troppo da scrivere, a differenza di greci e tedeschi
salvati dagli ecclesiastici cristiani, direi
🙂
Francesco, tu sei messo proprio male a letteratura latina, eh?
Ti assolvo: colpa dei professori, probabilmente.
Ma rimedia!
@Pino Mamet
anche a me aveva colpito tale affermazione del buon Francesco…
mah, sarà l’insegnamento ciellino 😀
che diàcine, limitiamoci a Nevio, Ennio, Cicerone, Cesare, Virgilio, Tito Livio, Properzio, Tibullo, Seneca e Tacito..
tanto poco non mi pare che scrivessero 😀
e Livio scrisse 142 (!) libri, purtroppo solo 45 ci sono giunti..come notissimo 😀
Esatto, io ho fatto il classico e ricordo come il greco lo trovassi piuttosto “malleabile”, c’era più possibilità di fare traduzioni a senso e a volte addirittura bastava semplicemente trovare le parole sul dizionario per poi unirle “a orecchio” e azzeccare la traduzione. Il latino invece lo ricordo molto più rigido, se non si capiva perfettamente ogni declinazione, modo e tempo verbale, non se ne veniva a capo.
Ma infatti è proprio per questo che andrebbe insegnato sin dalle elementari!
Alle medie (così rispondo anhe a Roberto :D) avevo un’ottima insegnante di tedesco. In realtà, “ottima insegnante” è in qualche modo riduttivo: riusciva a far parlare, leggere e scrivere in tedesco personaggi impensabili, che avevano voti abissali in quasi tutte le altre materie. Dubito che impiegassero i loro pomeriggi a studiare, eppure prendevano voti più che dignitosi; e soprattutto, sono convinto che sarebbero stati in grado di cavarsela egregiamente da soli in un paese germanofono.
Certo sarebbe stato più difficile con uomini di trent’anni. Al contrario, immagino sarebbe stato ancora più facile – e più spontaneo, appunto – con bambini di prima elementare.
E’ una lingua affascinante, bellissima, ma veramente difficile da apprendere se non si hanno particolari predisposizioni per le lingue!
Come mi sarebbe piaciuto sentire come parlavano i Longobardi non ancora latinizzati! 🙂
Straconcordissimo con Pino.
Effettivamente ci si è chiesto quale (o quali) tipo di Latino poi si parlasse concretamente a Roma, nel Latium e poi via via nelle aree latinizzate della Romània.
Secondo linguisti come Merlo, poi confortati da storici come il Salmon, fin dal II-I secolo a.C., se Roma latinizzò linguisticamente l’Italia, osco-umbra in particolare, ma non solo, però la stessa Roma e il Latium a loro volta vennero fortemente oscizzati dal latino “burino” 🙂 di una fetta crescente di Umbri e di Sanniti che colà vi si stabilirono, nonostante i reiterati divieti di ingresso e le ripetute espulsioni emanate dalle autorità romane, vere salvini e le pen antelitteram!;)
La stessa Fregellae, città latina distrutta da Roma per ribellione nel 125 a.C., era in realtà un comune sabellico a quella data, per via della popolazione immigratavi dal Sannio nei decenni precedenti.
Insomma, già intorno al I secolo dopo Cristo, quale che fosse l’origine della mutiforme popolazione dell’Urbe, il Latino che in essa vi si parlava (così come nel Latium) ormai doveva avere poco di ausonico e dell’aulicità di retori e letterati, e dovesse invece essere un’idioma FORTEMENTE OSCIZZATO, da cui poi nei secoli si sarebbe evoluto il Romanesco!
Se leggiamo la trecentesca Vita di Cola di Rienzo (1313-1354), vi scorgiamo un Romanesco molto più “rozzo”, “burino” e sostanzialmente “meridionale” rispetto a quello odierno (tipo a lengua, la lingua, a vocca, la bocca, Rienzo, Renzo).
Fu solo tra XVI e XVIII secolo, quando a Roma si formò un’aristocrazia in parte di origine toscana (Chighi, Barberini, Rospigliosi ecc.) che l’influsso toscano dei nuovi dominanti, avrebbe “dirozzato” il Romanesco rendendolo relativamente differente dal Ciociaro!
Proprio l’altra volta stavo facendo un ragionamento simile, magari eccessivamente campanilistico, pensando al fatto che il Lazio è l’unico posto in cui il latino non abbia trovato un substrato importante, o sia stato “contaminato” successivamente da qualche altra lingua, e venendo alla conclusione che noi ciociari parliamo ciò che di piu simile al latino si possa immaginare 🙂
Per Dif
L’anno scorso mentre rientravo da Fiuggi a Bari conobbi in treno una giovane coppia sabina, dell’area tra Rieti e Orte.
I due ragazzi mi dissero che il Ciociaro cinematografico in realtà è ispirato al Romanesco che si parlerebbe tra Orte e la Sabina.
In effetti in due soggiorni in Ciociaria, il linguaggio e le cadenze che vi ho ascoltato, mi sono sembrate molto più “pesanti” rispetto al Ciociaro cinematografico di Nino Manfredi.
In questo evidentemente gioca il sostrato ernico e volsco, due popolazioni osco-umbre preromane di probabile ceppo umbro (il ramo settentrionale degli Italici orientali, essendo l’Osco quello meridionale parlato dalla Marsica e dall’area illirica oscizzata del Piceno della Valle del Tronto in giù), nell’etnogenesi del Ciociaro.
Mentre nel Latium vetus e a Roma, dal II-I secolo a.C., giocò molto l’immigrazione osca meridionale nell’etnogenesi del Romanesco, poi “dirozzato” dall’influsso toscano dell’età moderna.
Da qui le differenze tra Romanesco e Ciociaro!
Diciamo che voi siete, forse quanto di più vicino all’Umbro! 🙂
ciao!
Verissimo, il ciociaro che si sente al cinema non è affatto ciociaro, ma sabino, a cui spesso noi ci riferiamo chiamandolo il dialetto “di Terni”. Qualche giorno fa inoltre ho notato lo stesso accento in una coppia di amici di famiglia provenienti da non ricordo quale paese in provincia di Viterbo ai confini con l’Umbria. Comunque devo dire che ormai il dialetto ciociaro non lo parla più quasi nessuno, e quando qualcuno prova a parlare dialetto, soprattutto i giovani, viene fuori una strana cosa a metà tra il romano e il napoletano.
Secondo me c’è del vero: sicuramente avete una delle parlate italiche più… italiche!
Il sardo è più conservativo ma, come notava già Dante, la cosa è dovuta probabilmente a una sostanziale estraneità del latino alle lingue locali, che ha impedito molte contaminazioni
(insomma, un po’ il contrario della signora andalusa che conosco, che abitando in Italia da mille anni non parla più spagnolo, e non parla ancora italiano…)
insomma, semplificando, i sardi parlano come “hanno imparato” dai Romani, voi parlate invece come parlavano i Romani (magari non de Roma 😉 ) a casa tra loro 😀
La questione del Sardo viene fatta notare anche per il Toscano, che il Merlo considerava il Neolatino più “puro” d’Italia, perché sovrappostosi ad un calco etrusco troppo diverso e non indoeuropeo.
Anche la questione della gorgia, di cui qui abbiamo sentito i pareri competenti del Venturi, però non ha trovato una risposta soddisfacente se fosse o meno proveniente da un sostrato etrusco, visto che non è presente in tutta la Toscana ed è assente nel Viterbese, che a nord dei Cimini, era un paese etrusco a tutti gli effetti!
Il Sardo però, è diviso in tre parlate, Campidanese, Logudorese e Barbaricino (quest’ultimo considerto a lungo un sottogruppo del Logudorese), mentre il Gallurese è di fatto Corso.
Ora almeno la divisione tra Sardo e Gallurese, puo’ essersi formato su un calco prelatino, quando la Sardegna nuragica (a parte le coste fenicie e semitofone) era composta da tre stirpi, gli Iliensi, il gruppo più diffuso e comprendente l’area dell’attuale Campidanese e parte della Barbagia, di probabile ceppo berbero, il Bàlaro nel Logudoro, gruppo ispanico, forse bascofono con una qualche classe dirigente di origine indoeuropea dell’Europa Centrale, e infine i Corsi nella Gallura e in Corsica, considerati di ceppo ligure, e dunque nordafricano-iberico!
Dunque l’attuale divisione linguistico dialettale sarda (a parte il più recente sassarese formatosi per influenza pisana, il Catalano di Alghero e il Tabarkino di Carloforte), potrebbe essere proprio dovuta all’impatto latino su queste popolazioni berbero-iberiche pre e non indoeuropee!
Da qui la relativa “purezza” della Limba Sarda rispetto al Latino orginario.
Per non dimenticare la controversa affermazione di Ibn Khaldun (1331-1406), che trovava il latino afariq di Gafsa, nell’Ifriqiyya, affine al Sardo!
“Anche la questione della gorgia, di cui qui abbiamo sentito i pareri competenti del Venturi, però non ha trovato una risposta soddisfacente se fosse o meno proveniente da un sostrato etrusco, visto che non è presente in tutta la Toscana ed è assente nel Viterbese, che a nord dei Cimini, era un paese etrusco a tutti gli effetti!”
Arrigo Castellani spiega la cosa col fatto che quelle sono le zone romanizzate prima e, pare, de-etruschizzate anche proprio demograficamente (ti risulta?).
Comunque gli argomenti di Rohlfs contro il sostrato etrusco nella gorgia li ho sempre trovati un po’ deboli, anche se anche la tesi contraria è indimostrabile (in queste cose al massimo si raggiunge una buona plausibilità, difficilmente una certezza).
Concordo appieno con Peucezio!
La teoria delle zone de-etruschizzate è interessante, comunque.
“Se leggiamo la trecentesca Vita di Cola di Rienzo (1313-1354), vi scorgiamo un Romanesco molto più “rozzo”, “burino” e sostanzialmente “meridionale” rispetto a quello odierno (tipo a lengua, la lingua, a vocca, la bocca, Rienzo, Renzo).
Fu solo tra XVI e XVIII secolo, quando a Roma si formò un’aristocrazia in parte di origine toscana (Chighi, Barberini, Rospigliosi ecc.) che l’influsso toscano dei nuovi dominanti, avrebbe “dirozzato” il Romanesco rendendolo relativamente differente dal Ciociaro!”
Sì, per essere precisi XV e XVI secolo.
Però non ci vedrei tanto una questione diastratica: il romanesco si è de-meridionalizzato e toscanizzato, non è che sia diventato meno “burino”. E il toscano, se non sbaglio, fu portato un po’ da tutti i ceti, da un’immigrazione massiccia anche di artigiani, mercanti ecc., non solo di nobili.
Comunque il romanesco attuale quanto a “burinaggine” mica scherza…! 🙂
errata corrige: Chigi
errata corrige 2: multiforme
“Arrigo Castellani spiega la cosa col fatto che quelle sono le zone romanizzate prima e, pare, de-etruschizzate anche proprio demograficamente (ti risulta?).”
Interessante!
Comunque, a quel che mi risulta, se l’Etruria preromana trovava nel Tevere il confine orientale e meridionale, è vero però che il paese tra il basso corso del Tevere e i Monti Cimini era un paese solo in parte etrusco (Veio, Caere), mentre col centro a Falerii Veteres (Civita Castellana) era un paese falisco, cioè del gruppo più settentrionale dell’area ausonica-italico occidentale, a cui appartenevano i più meridionali Latini, strettamente affini dunque ai Falisci.
Ciò spiegherebbe, a detta del Mommsen, perché il paese tra Veio e i Cimini si sarebbe latinizzato più rapidamente (a partire dal III-II secolo a.C.), rispetto al paese etruscofono monoglotte a NORD dei Cimini.
Paese che comprende gran parte di quella che nel Medioevo era chimata Tuscia e poi da papa Innocenzo III (1198-1216) Patrimonio di San Pietro, e oggi Alto Lazio, in sostanza la provincia di Viterbo.
Nel cui linguaggio non esiste la gorgia e l’accento e la parlata sono romanesche.
Però sarebbe interessante approfondire il discorso di Castellani, se potessi segnalarmi il suo studio in proposito!
A. Castellani, Precisazioni sulla gorgia toscana, in “Saggi di linguistica e filologia italiana e romanza (1946 – 1976), Roma, Salerno Editrice, 1980, tomo I, pp. 189-212.
In qualche biblioteca dovresti trovarlo, forse alla De Gemmis, sicuramente alla Sagarriga Visconti Volpi.
Grazie!
Cioè Viterbo e gran parte della sua provincia a nord dei Cimini, rientrava nell’Etruria propriamente detta da un punto di vista etno-linguistico, a differenza del paese a sud dei Cimini e fino al basso corso del Tevere che era invece in gran parte un paese falisco.
E a SUD dei Cimini effettivamente la “de-estruschizzazione” dovette essere più facile proprio in relazione a quanto visto prima.
A me risulta la distruzione di Veio (396 a. C. circa) e la vendita in schiavitù dei suoi abitanti da parte romana, con il ripopolamento del suo territorio da parte delle “eccedenze” della plebe di Roma, ma ripeto in un paese SOLO IN PARTE etruscofono.
Mentre non mi risulta niente di simile a NORD dei Cimini, dove versimilmente la latinizzazione dovette verificarsi come nel resto dell’Etruria, con deduzione di piccoli nuclei di colonie latine come catalizzatori etno-linguistici.
Ma forse Arrigo Castellani ha degli elementi per ritenere che le cose andarono diversamente a nord dei Cimini.
In tal caso mi interesserebbe poter reperire il suo studio a proposito!
ciao!
Rivedendo il saggio però noto che sull’aspetto storico Castellani (che è filologo e linguista) fa solo un cenno citando Clemente Merlo, che a sua volta, nell'”Italia dailettale”, III, p. 88, dice che la parte più meridionale dell’Etruria “fu la prima a cadere sotto la dominazione di Roma e la più devastata, e fu presto spopolata, ridotta a deserto dalla malaria”.
Quindi, al di là di questo cenno, sappi che nel saggio troveresti solo osservazioni e analisi di carattere strettamente linguistico.
Bisogna vedere cosa si intende per la parte più meridionale dell’Etruria, visto che essa a sud dei Cimini era in parte un paese falisco!
Mentre se ci si riferisce all’Etruria a nord dei Cimini, quindi Tarquinia, Volsinii (Orvieto?) ecc. allora il discorso di Castellani acquisisce un significato diverso….
Troppo spesso, i “Tecnicisti” della Linguistica dimenticano che, come scriveva il loro stesso Fondatore Ferdinand De Saussure, oltre a una “langue” esiste anche una “parole” …
Traggo da “Wikiquote”, a mo’ di esempio, Laura Boldrini e Mario Borghezio che, ciascun con parole proprie, esprimono il medesimo concetto nella stessa lingua :
“Arrivo a questo incarico dopo avere trascorso tanti anni a difendere e a rappresentare i diritti degli ultimi, in Italia come in molte periferie del mondo. È un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera.”
—–
“La Boldrini? È un tipico rappresentante del fancazzismo buonista internazionale che sproloquiava a destra e sinistra senza capire un accidente, né dell’immigrazione, né della situazione dei clandestini. Organizzazioni come l’Onu spendono il 70-80% dei fondi per mantenere questi funzionari fancazzisti inutili che fanno finta di interessarsi dei poveri del mondo e intanto soggiornano comodamente negli alberghi a cinque stelle, creandosi, come questa signora i presupposti di una carriera politica a spese dei poveri. ”
QED
Moi,
che Borghezio lo dica per ragioni di interesse politico lo posso capire. Ma prima di inneggiare a quello che lui scrive su Laura Boldrini ti sei informato?
Z.
PS: curiosamente non ti dà fastidio Di Battista, che pubblica su svariati siti web le sue foto sorridenti coi bambini del Terzo Mondo. Che si tratti della famosa “doppiezza” che si diceva caratterizzasse il PCI? Maledetti bolscevichi, siete ovunque 😀
Su IMU-Bankitalia mi pare che Di Battista avesse intenti diversi …
Non stiamo parlando di quello che ti hanno rivenduto sul gombloddo-Bankitalia. Stiamo parlando delle foto di propaganda coi bambini africani, che curiosamente non ti davano nessun fastidio…
Un falso dualismo purtroppo molto sedimentato è quello fra le lingue e matematica … in realtà capacità mentali che risiedono nello stesso emisfero sx.
Comunque, palestra mentale o no … pare che siano i madrelingua delle lingue Slave i più portati per le lingue straniere e, non deve sorprendere, per la matematica.
Lo Swahili presenta una roba tipo 25 generi per i sostantivi … in pratica una lingua d’ impostazione “matematico-insiemistica”, ma non lo conosco tanto. Forse tutte ‘ste “Palestre” dovrebbero integrarsi tra loro anziché contrapporsi.
Il termine autoctono etnonimo è KiSwahili , ove Ki (“lingua”) anziché essere un suffusso è un prefisso.1
…è una roba delle lingue bantu, in pratica gli appiccici un prefisso se è nome di oggetto inanimato, un altro se è di animale, un altro se è qualcosa che riguarda l’uomo, un altro se è una roba astratta e così via…
che poi a uno verrebbe da chiedersi, ma perché? Mi dà da pensare che in origine ci fossero moltissimi omofoni, e/o che i prefissi siano forme residuali di termini interi usati per “disambiguare”.
Mah … per me può essere un “genius linguae” sorto spontaneamente, non ne vedrei il problema.
Un’altra “Palestra Mentale” efficace sarebbe a detta di molti il Sanscrito … non ho alcuna difficoltà a crederlo. Tuttavia, a un certo punto è vero anche che inevitabilmente subentra il discorso “utilitarismo” … che suona male, suona gretto ma pochissimi possono permettersi di rigettarlo completamente.
Il discorso della “palestra mentale” lo ho sempre trovato molto relativo.
Non credo che il latino o il greco vadano studiati “perché insegnano a pensare”; certo, come effetto collaterale hanno in parte anche quello, ma come tutte le lingue;
in Europa, e in Italia in particolare, ha semplicemente più senso studiare latino anziché sanscrito o tagalog o cinese, perché la maggioranza dei nostri riferimenti culturali provengono dalla letteratura latina (romana o cristiana, diciamolo così facciamo felice anche Francesco, che pure ignora quella non cristiana… mah!) e la nostra stessa lingua viene da lì.
Oppure si può ribaltare tutto il discorso : ci sono lingue che NON sono “Palestre Mentali” ? Direi di no …
Infatti!
Di solito si dice che sarebbe facile l’ Inglese, probabilmente alludendo alla grammatica come se fosse tutto …
In realtà, l’ Inglese non è affatto così facile: spesso a un termine o a un verbo in Italiano di uso comune ne corrispondono anche 5 0 6 in Inglese,sempre di uso comune.
A Messina nel XVIII secolo Ingrisi era sinonimo di lingua INCOMPRENSIBILE! 😉
Un po’ come giaggianese da noi a Bari! 🙂
Ahhh ecco da dove viene il termine milanese “giargiana”!
Che citavo in una mail a Peucezio (lui però non lo ha mai sentito… credo sia un’acquisizione recente)
Ma è una deformazione della lingua “Georgiana”, o che ?!
Pino
Se ti affacci sullo spazio mail, c’è una letterina per te!
ciaO!
Possibile origine del termine :
http://lellobrak.blogspot.it/2009/11/una-vecchia-parola-ggiaggianese.html
Non c’entra assolutamente NIENTE con nessuno degli argomenti, ma segnalo specialmente a Moi e a Mirkhond:
una mia amica è fidanzata con un indiano. Bene, si è messa a leggere un romanzo di Salgari, con gran divertimento (anche dell’indiano, a quanto pare, ma in senso buono).
Così mi imbatto in un termine, faccio una ricerchina su San Google, e scopro una delle fonti di Salgari, cioè questa:
http://books.google.it/books?id=54PUAAAAMAAJ&pg=PA197&lpg=PA197&dq=cobir+bor&source=bl&ots=O8UvixhuyD&sig=aGhdrZ2nfiGwzwojr4GlpFis4f4&hl=it&sa=X&ei=XaSUU7reCsm07QbbpoC4Dw&ved=0CDEQ6AEwAg#v=onepage&q=cobir%20bor&f=false
cioè “Il Costume Antico e Moderno, ovvero Storia bla bla bla… del dottore Giulio Ferrario”.
La cosa divertente è che un puntigliosissimo e antipaticissimo “editore fiorentino” continua nelle note a correggere l’autore (anche quando non ha bisogno di correzioni) cambiandogli l’italiano con quello “giusto” e sostituendo in un italiano noiosissimo i termini indiani che l’autore, poveretto, riporta esattamente;
venendo a sua volta contradetto in nota da un “editore piemontese” che non nasconde di trovare antipatico quello fiorentino 🙂
In definitiva, stiamo assistendo al fatto che la cosiddetta “cultura generale” è sempre più un lusso (fine a sé stesso) che sempre meno persone possono e ancor meno potranno permettersi.
@ LISA
Quindi secondo te un insegnante avrebbe diritto di lamentarsi se gli studenti sono ignoranti NON perché hanno dimenticato quel che han studiato ma perché NON si fanno una cultura autonomamente dalla scuola ?! Locapisco, ma … la Terra NON è Vulcano 😉 🙂 , men che meno lo è l’ Italia !
Sì, insomma la Nerdocrazia 😉 🙂 è stata distrutta per sempre nel ’68 !
A proposito di Scuola e di Cultura :
interessante “convergenza parallela” fra Cattolici Tradizionalisti e Indottrinatori Sinistroidi :
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-scuole-apertein-estatepessima-idea-9425.htm
In pratica, i primi NON vogliono scuole aperte d’estate onde sottrarre per almeno 3 mesi i Gggiovani all’ Indottrinamento Sinistroide … gli Indottrinatori Sinistroidi vogliono conservare il lungo Otium Estivo.
Non so se ho letto l’articolo con attenzione, ma dove è il punto di vista degli Indottrinatori Sinistroidi?
Ma poi, non vorrei sbagliare, ma le scuole- almeno alcune- sono già aperte anche d’estate, per corsi di recupero ed altre attività.
Concordo invece sull’allarmismo verso i “tanti soggetti di cui le famiglie sanno poco o niente” che vengono fatti entrare nelle scuole per ampliare l’offerta formativa: sono entrato persino io! 😉
No, il punto di vista degli Indottrinatori Sinistroidi nell’ articolo manca … ma a livello di cliché è risaputo ! 😉
Comunque c’è anche gente che se la indottrini in una direzione, va dall’ altra opposta per ripicca …
@ PINO
Sei andato in una Scuola “Paritaria” Cattolica a indottrinare le teneri menti contro Don Giussani ? 😉 🙂
No sono andato in scuole pubbliche a tenere corsi di cinema 😉
Idee su soggetti che mi piacerebbe divenissero sceneggiature e film scritti e diretti dal Mamet:
1) La novella di Martuccio Comito e Costanza di Lipari, tratta dal Decamerone, che narra di una storia d’amore in un contesto in cui la pirateria era una ONOREVOLE attività esercitata ABBONDANTEMENTE anche dai CRISTIANI ai danni dei MuSSulmani, ma anche verso altri cristiani, come durante la Guerra del Vespro (1282-1372), e verso la Romània bizantina (in relazione a cui il re Federico II di Sicilia 1296-1337, aveva disposto che gli schiavi romei catturati e venduti in Sicilia, se si convertivano al Cattolicesimo latino, dovessero essere liberati dopo 7 anni di servizio!).
2) Una saga ambientata durante le migrazioni “lombarde” in Sicilia in epoca normanno-sveva, sul modello tipo di “conquista del West”, con protagonista magari un villaggio o un gruppo di famiglie di Parma! 🙂
3) Remake dell’Eredità della Priora di Carlo Alianello, con particolare riferimento alle vicende, qui più volte citate di Ugo Navarra e Maria Palumba (perché a me piacciono moltissimo le storie d’amore !)
4) Una storia d’amore ambientata in Sicilia negli anni a cavallo del 1860-61, tra un ufficiale borbonico e una domestica siciliana! 🙂
5) Martinez Mystere: inchiesta/documentario accompagnata da interviste, reportage e luoghi in cui si è svolta l’umana vicenda di uno dei più singolari e interessanti personaggi di questo periodo, avvolto da molte zone di mistero ;)!
6) Una vicenda legata a Fenestrelle e alla fuga di forzati napoletani, aiutati da gente dei luoghi!
tralasciando un attimo il contenuto, musicalmente davvero stupenda e non è facile abbinare un contenuto tutto sommato abbastanza complesso e particolare, ad una buona poesia che possa essere così ben musicata.
Veramente bella (naturalmente te l’ho rubata 😀 )
Niente di chè, l’ho messa nella mia collezione di “Musica assolutamente varia dal mondo”
http://iniziodallafine.blogfree.net/?t=4733888&st=15#entry19384044
@ ROBERTO
Sull’ Attentato al Museo Ebraico di Bruxelles … ti risulta diversamente ? Altre piste ? Altri sospetti ?
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-antisemitismo-islamico-esiste-dai-tempi-di-maometto-9404.htm
… pensi che se l’ attentato fosse stato di matrice NeoNazista anziché Islamica ci sarebbe stato oggi (!) più o meno marasma mediatico ? … Perchè ?