Il vero scandalo della Finmeccanica e della Lega Nord

Come avrete visto, alcuni magistrati accusano la Lega Nord di aver incassato tangenti dalla Finmeccanica per la vendita di elicotteri militari all’India.

L’accusa in realtà pare estendersi anche ad altri partiti, ma in questi giorni va di moda la Lega.

Lega e Finmeccanica ovviamente smentiscono.

Come al solito, tutti stanno a guardare la presunta irregolarità e non la natura mostruosa della regolarità.

Infatti, il vero scandalo non sarebbe un’eventuale tangente, ma l’esistenza della Finmeccanica.

Cioè di un’azienda, al 30% a partecipazione del Ministero del Tesoro, che si occupa ormai quasi esclusivamente – da quando il settore trasporti è stato accantonato – di tutto ciò che può servire per sopprimere vite umane in tutto il mondo. Se mi dite come farlo senza finire in galera, sarei felice anch’io di alleggerire la Finmeccanica dei suoi guadagni, magari distribuendo il ricavato alle famiglie in tutto il mondo che hanno subito lutti e mutilazioni grazie al Made in Italy.

Comunque, l’episodio ci aiuta a capire esattamente come funziona un partito politico.

Un partito politico, qualunque partito politico, ai tempi nostri, è un’impresa che si deve rivolgere contemporaneamente a due mercati diversi.

Da una parte, l’impresa-partito deve avere un logo facile da ricordare, che faccia appello a una specifica nicchia del mercato elettorale.

Questi voti servono per ottenere potere politico, che poi può essere rivenduto in varia maniera sul mercato nazionale e globale.

Ne consegue che un partito deve differenziarsi moltissimo nelle chiacchiere e il meno possibile nei fatti.

La Lega Nord ha gestito la parte delle chiacchiere in modo geniale.

La Lega ha fatto esattamente come fa la Benetton, ma con infinitamente meno mezzi. Entrambi lanciano un’immagine o una battuta, che suscita abbastanza scandalo da eccitare gli avversari, i quali fanno il resto.

Però alla fine, la Benetton non è il Papa che bacia l’imam di al-Azhar o simili amenità. La Benetton, nei fatti, è stoffa. Che deve essere distribuita come qualunque altra stoffa e serve agli stessi scopi.

Allo stesso modo, la Lega Nord non è chiacchiere sui Calci in Culo ai Musulmani o simili amenità. La Lega Nord sono le leggi che fa, le scelte che opera nei consigli di amministrazione delle società a partecipazione statale e così via.

Prendiamo l’aspetto pubblicitariamente più controverso della Lega – il rapporto con l’immigrazione.

Inveire contro gli immigrati è un ottimo sistema per ottenere voti, anche perché nessun altro partito oserà occupare con tanta determinazione quella particolare nicchia.

Ogni invettiva contro gli immigrati è certo che verrà riecheggiata con scandalo dagli avversari, e questo permette di raddoppiare la visibilità e i voti.

Ma le tremende e tragiche migrazioni umane dei nostri tempi sono un dispositivo preciso, che hanno (almeno) tre aspetti.

Uno, la concorrenza dei migranti serve a disarmare i lavoratori autoctoni.

Due, i migranti stessi devono vivere sotto il bastone della precarietà e della paura dell’espulsione.

Tre, i migranti devono essere anche attirati dalla carota della possibilità di diventare umani quanto gli autoctoni, se si Comportano Bene.

Questi tre elementi, variamente dosati, innescano un gioco complesso su cui la cosiddetta “politica” influisce poco o nulla.

Perciò, nelle cose che contano – dall’immigrazione all’immissione della Finmeccanica nel mercato indiano – non può esistere differenza sostanziale tra la Lega Nord e il Partito Democratico, ad esempio.

Questo a prescindere del tutto dalle intenzioni di partenza, perché la spietata legge del mondo in cui viviamo stabilisce che gli attori politici o implementano ciò che si chiede loro, oppure perdono le elezioni e quindi il potere politico.

Se si capisce questo, si capisce anche l’assurdità di certe lamentele. Dall’elettore del PD che si sente tradito perché il suo partito appoggia i bombardamenti in Afghanistan, all’elettore leghista che si sente tradito perché Bossi mette la sua firma a una delle più massicce (semi)legalizzazioni di immigrati della storia italiana.

I vertici non tradiscono; o meglio, se non tradissero, non sarebbero ai vertici.

A proposito, il sito ecologista francese Reporterre rivela un interessante documento riservato di Cheuvreux, società finanziaria della banca Crédit Agricole,[1] che spiega ai propri lettori/investitori cosa succederà se François Hollande diventerà presidente della Francia.

In sintesi, o Hollande farà volontariamente ciò che “i mercati” vogliono, oppure i mercati glielo faranno fare lo stesso:

“Di conseguenza, nello scenario peggiore (ma non più probabile), il mercato lo costringerà a fare una svolta a U, come nel 1983. Certo, Hollande dovrà trovare un compromesso con la propria sinistra, fosse solo a causa del fallito referendum del 2005 sulla Costituzione europea. I suoi pari nell’Eurozona agirebbero in maniera accorta gli permettessero di far finta di aver estorto da loro qualche concessione, magari irrilevante, riguardanti le sue politiche di crescita”.

Cosa che peraltro gli accorti pari dell’Eurozona stanno già facendo.

Nota:

Il sito della Cheuvreux merita una visita per alcuni splendidi esemplari di ecopornografia aziendale che ne abbelliscono la home page.

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32 risposte a Il vero scandalo della Finmeccanica e della Lega Nord

  1. Francesco scrive:

    >> Uno, la concorrenza dei migranti serve a disarmare i lavoratori autoctoni

    è stupendo come una affermazione puramente ideologica possa servire a mascherare un fenomeno che nella sua sostanza è economico e NON fa parte di un dispostivo (a meno che non intendi “l’universo” come dispositivo)

    PS lo sai, vero, che quella roba che chiami disarmo ci sarebbe lo stesso, senza migrazioni? si chiamerebbe “commercio con l’estero” o, alla peggio, “contrabbando”

  2. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “è stupendo come una affermazione puramente ideologica possa servire a mascherare un fenomeno che nella sua sostanza è economico e NON fa parte di un dispostivo (a meno che non intendi “l’universo” come dispositivo)”

    Dici che fu “ideologica” la cacciata dei contadini bianchi dalla Virginia nel Sette/Ottocento e la loro sostituzione con schiavi neri?

    O l’uso degli stessi contadini bianchi, due secoli dopo, cacciati di nuovo dalle loro terre, contro gli operai neri, sempre in Virginia?

    • Francesco scrive:

      Se c’è qualcuno disposto a lavorare per meno, la sua sostituzione a chi chiede di più è fisiologia della società umana, non manifestazione di quanto sia patologico il capitalismo.

      Io credo ci sia un problema di prospettiva storica: per millenni i costi di trasporto hanno diviso il mondo in una miriade di mercati locali, generando miriadi di costi diversi dei fattori di produzione e l’illusione che i mercati fossero gestibili.

      Però credo anche che questi costi di trasporto (di informazioni, di merci, di persone e capitali) abbiano solo reso più lento un processo che avveniva lo stesso.

      Ciao

      • antonello scrive:

        il mercato degli schiavi, questo evento fisiologico.
        Che miserabile buffone (cit.)

        • Francesco scrive:

          oso far notare che il mercato degli schiavi NON è la situazione da cui Miguel è partito.

          se vogliamo seguire l’esempio di Carletto Marx e far polemica a vuoto, prego.

  3. Rock & Troll scrive:

    – da quando il settore trasporti è stato accantonato –

    Ringraziate no-tav e decrescitisti per questo.

    • antonello scrive:

      non so di che droga ti fai, ma io con le mie, che pure non sono leggere, non riesco a vedere in Monti un decrescistista No-tav. La decrescita ce la farà avere lo stesso, ma perchè è servo di un sistema economico fallimentare, non perchè vuole guidare il paese a smettere di consumare il superfluo, e a consumare il necessario col minor dispendio di energie possibile (che per un paese quasi totalmente dipendente dall’estero in materia, sarebbe un bena a prescindere da ogni altra considerazione sulla decrescita).

      • Francesco scrive:

        1) Monti non c’entra. Un paese in cui la costruzione di infrastrutture è praticamene impossibile per l’opposizione di mille livelli politici e di centomila comitati di sapientoni è un paese in cui le imprese, giustamente, smettono di investire nei trasporti e si dedicano a altri settori
        2) consumare il superfluo? possiamo sapere come lo identifichi, così smettiamo subito, grazie?
        3) per quanto riguarda il tema “paese che deve importare tutta l’energia”, ti informo che esiste il sistema dei prezzi per regolare la faccenda

        saluti

  4. daouda scrive:

    Il punto tre non serve a nulla essendo già nel punto due. Ti serve solo per non dar l’impressione di essere una sorta di identitario.

    D’altonde, comunque, già che hai scritto il punto 1 è grasso che cola…

  5. Miguel Martinez scrive:

    Per Francesco

    “Se c’è qualcuno disposto a lavorare per meno, la sua sostituzione a chi chiede di più è fisiologia della società umana,”

    Veramente i contadini della West Virginia lavoravano per pochissimo, nel senso che mantenevano un’economia basata sull’autosufficienza, vendendo ciò che avanzava a piccole fabbriche che inscatolavano i pomodori e guadagnando abbastanza per le piccole spese.

    La disponibilità a “lavorare per meno” gliel’hanno fatta venire, distruggendo la rete delle piccole fabbriche, tassando i campi, arruolando i giovani come militari, finanziando con i soldi federali l’agribusiness: tutta una serie di decisioni politiche.

    • Francesco scrive:

      l’unica decisione politica potrebbe essere il “finanziamento dell’agribusiness”, il resto si chiama “scelta ottimale tra usi alternativi di risorse scarse”

      ma dimentico che a te l’economia non interessa

      😉

      • antonello scrive:

        l’arruolamento obbligatorio e la tassazione spropositata col deliberato scopo di cacciare chi coltivava dalle proprie terre sono economia, non politica, eggià
        che miserabile buffone (cit.)

        • Francesco scrive:

          >> l’arruolamento obbligatorio e la tassazione spropositata col deliberato scopo di cacciare chi coltivava dalle proprie terre

          sono paranoia da storico comunista, generalmente. che legge la storia con occhiali scurissimi e inutili

  6. izzaldin scrive:

    questo articolo mi stimola due riflessioni:
    1. citando il sito francese che mostra la liason dangereux di hollande con i vertici europei mi fai capire come mai tremonti abbia pubblicamente elogiato il leader socialista transalpino. l’entusiasmo quasi da socialista rivoluzionario (retaggio dei tempi in cui l’ex ministro scriveva sul manifesto?) verso hollande, oltre ad essere una abile mossa di re-framing personale in vista dei prossimi sommovimenti politici, è spiegabile con la tua citazione da reporterre.
    2. quando dici
    “Ne consegue che un partito deve differenziarsi moltissimo nelle chiacchiere e il meno possibile nei fatti.

    La Lega Nord ha gestito la parte delle chiacchiere in modo geniale.”

    e poi

    “Prendiamo l’aspetto pubblicitariamente più controverso della Lega – il rapporto con l’immigrazione.

    Inveire contro gli immigrati è un ottimo sistema per ottenere voti, anche perché nessun altro partito oserà occupare con tanta determinazione quella particolare nicchia.

    Ogni invettiva contro gli immigrati è certo che verrà riecheggiata con scandalo dagli avversari, e questo permette di raddoppiare la visibilità e i voti.”

    mi fai pensare ad un bel libro uscito da poco per Laterza, Razzisti per legge, scritto da Clelia Bartoli.
    Una delle tesi del libro è proprio questa: la differenza fondamentale esistente fra le manifestazioni più vistose e “becere” del razzismo (borghezio e compagnia) da quelle più sottili e raffinate azionate dallo stato.
    le prime, per quante odiose, sono infinitamente meno importanti delle seconde per quanto riguarda la convivenza fra italiani e stranieri. il razzismo istituzionale crea molto più dolore del razzismo da osteria, per quanto quest’ultimo sia più appariscente, e soprattutto metta in moto un inutile traffico mediatico che chi legge questo sito conoscerà bene.
    saluti,
    izzaldin

  7. “Uno, la concorrenza dei migranti serve a disarmare i lavoratori autoctoni”

    Qui credo vada fatta chiarezza. Intanto bisogna capire se si parla di lavoro regolare o in nero: solo nel secondo caso può avvenire questa concorrenza che viene citata, ma onestamente non credo che l’arrivo degli immigrati fosse indispensabile per garantire il mercato del lavoro sommerso (che andava avanti, soprattutto al Sud, benissimo con la manodopera locale che non aveva nessuna pretesa o “arma”).
    Nel caso del lavoro regolare, noi non siamo in Virginia nel Settecento, ma in Italia all’inizio del XXI secolo. Da noi esiste una cosa che si chiama contratto collettivo che è stata inventata proprio al fine di prevenire la concorrenza tra lavoratori: è fisiologico che i lavoratori si facciano tra loro concorrenza al ribasso (tanta domanda di lavoro e poca offerta), così noi sindacato imponiamo un trattamento minimo uguale per tutti, immigrati o padani, ebrei o pastafariani, bianchi o violetti.
    Non a caso gli imprenditori (regolari) per risparmiare non assumono immigrati, ma se ne vanno in Serbia e in molte imprese del Nord Est i primi ad essere mandati a casa sono stati proprio i lavoratori immigrati (tanto che i giudici sono dovuti intervenire perché questi licenziamenti erano discriminatori).

    • maria scrive:

      Da noi esiste una cosa che si chiama contratto collettivo che è stata inventata proprio al fine di prevenire la concorrenza tra lavoratori: è fisiologico che i lavoratori si facciano tra loro concorrenza al ribasso (tanta domanda di lavoro e poca offerta), così noi sindacato imponiamo un trattamento minimo uguale per tutti, immigrati o padani, ebrei o pastafariani, bianchi o violetti.

      maria
      la cosiddetta riforma del lavoro sta già eliminando il contratto collettivo.
      Da qui in avanti si contratterà azienda per azienda e i lavoratori più deboli lo prenderanno in tasca, non so come francesco definirà tale meccanismo:-)

      • Francesco scrive:

        speranza, mi sembra evidente

        il contratto collettivo è un trasferimento di salario dai lavoratori più “forti” a quelli più “deboli”, con grave nocumento della produttività complessiva

        in più, scoraggia le imprese perchè rende meno remunerativi gli investimenti – che alla fine i salari “alti” per i lavoratori “deboli”, cioè poco produttivi, si pagano

        credo sia uno dei molti lussi che non possiamo più permetterci

        vedremo

        PS
        “è fisiologico che i lavoratori si facciano tra loro concorrenza al ribasso”: lo hai scritto tu, e la deviazione dalla fisiologia si chiama malattia

        • Ritvan scrive:

          —-“è fisiologico che i lavoratori si facciano tra loro concorrenza al ribasso”: lo hai scritto tu, e la deviazione dalla fisiologia si chiama malattia (Francesco a Maria)—

          Veramente quel passaggio l’aveva scritto Tarvisii e Maria l’ha solo citato.
          Entrando nel merito, caro Francesco, a mio immodesto:-) avviso non ogni cosa “fisiologica” (più o meno nell’accezione darwiniana del termine) dovrebbe essere ipso facto permessa in una società che pretende d’essere civile. E un cattolico come te dovrebbe avere un po’ più di considerazione per la cara vecchia Dottrina Sociale della Chiesa, cribbio!:-) E infine ti faccio anche osservare che in un altro ambito – sempre dell’economia – certa “concorrenza al ribasso” ad oltranza (“fisiologica” anch’essa, no?:-) ) viene definita come “dumping” e sanzionata: dici forse che anche il sanzionamento del dumping sia da considerarsi una “patologia”?:-)

        • Francesco scrive:

          x Ritvan

          se al lavoratore si offre uno salario da fame, lo accetterà solo se l’alternativa è morire di fame. Altrimenti cercherà un’occupazione migliore.

          I mercati aperti permettono, soprattutto, al lavoratore di andare a cercarsi detto salario altrove. Se fossero rimaste in Italia, milioni di persone non avrebbero “lottato per i loro diritti”, sarebbero morte di fame o di violenza in continue quanto vane sommosse e ribellioni.

          A me piacerebbe che i salari dei lavoratori dipendenti fossero più alti – magari iniziando dal mio – ma non vedo nessuna possibilità che succeda, a prescindere da quale dottrina si voglia seguire nell’organizzare la società.

          PS non credo che tu faccia dumping, venendo qui a lavorare come veterinario, però di certo hai fatto concorrenza a qualche italiano più fesso e meno qualificato. te devo sparà?

        • Ritvan scrive:

          Caro Francesco
          mi sembra che il quesito di fondo fosse “E’ o non è giusto che lo Stato ponga un limite alla “corsa al ribasso” dei salari , ovvero che imponga il cosiddetto “minimo sindacale”?”. E non mi sembra che la tua risposta sia pertinente.
          P.S. Nel tuo P.S. presumi giustamente che io non abbia fatto “dumping”, accettando uno stipendio inferiore a quello del mercato ITALIANO nell’ambito delle mie competenze specifiche (anche perché io potevo permettermelo, poiché non ero alla fame e avevo un curriculum di tutto rispetto). E’ vero che – come scrivi – io abbia in questo caso “fatto concorrenza a qualche italiano più fesso e meno qualificato”, però essendo la mia concorrenza – come detto sopra – LEALE e non al ribasso, non vedo cosa mi si potrebbe rimproverare, a meno che tu non ti “peucezizzi”:-) per l’occasione e non mi urli “Il lavoro ITALIANO dev’essere riservato esclusivamente a gente di Pura Razza Italica, anche se fessa e poco qualificata! A noi!”:-):-)

          Ciao

        • Francesco scrive:

          Sarò fesso ma mi pare che la concorrenza sia al ribasso per definizione.

          Ti vendo a meno quello che sennò continueresti a comprare da un altro. O allo stesso prezzo qualcosa di più.

          E sul “mercato” del lavoro vale lo stesso principio: la paga minima sindacale CREDO serva solo a distinguere il lavoro nero da quello legale senza avere mai cambiato di una virgola la realtà. E le leggi possono influire meno sulla realtà quanto più l’economia è aperta (meglio: in un’economia chiusa i danni emergono con più lentezza, quando però sono ormai incancreniti e durissimi da estirpare).

          Qualcuno ha notizie di società con economie NON dominate dal profitto (escluse le società primitive nell’accezione di Marx)? sarei curioso di conoscere le alternative al mercato

          grazie

        • Ritvan scrive:

          —Sarò fesso ma mi pare che la concorrenza sia al ribasso per definizione. Francesco—
          Non è detto.

          —Ti vendo a meno quello che sennò continueresti a comprare da un altro. O allo stesso prezzo qualcosa di più.—
          Oppure, allo stesso prezzo un PRODOTTO/SERVIZIO di migliore qualità…sai, da economista conoscerai il famoso rapporto qualità/prezzo, no?

          —E sul “mercato” del lavoro vale lo stesso principio—
          Già. Ma allora dovrebbe valere anche il principio secondo cui al disotto di un certo prezzo si tratta di DUMPING. Che viene sanzionato. Idem allora anche per i salari al disotto del minimo sindacale…oppure il principio vale solo quando fa comodo a te?:-)

  8. Peucezio scrive:

    Miguel,
    tu valuti la faccenda di Finmeccanica coerentemente con le tue categorie di valori e ti preoccupi delle vite umane. Per inciso, non è che io non me ne preoccupi, ma va detto che di per sé la disponibilità di un’arma non significa maggiori morti: l’esistenza della bomba atomica dall’ultimo dopoguerra ha probabilmente evitato la perdita di milioni di vite in guerre convenzionali fra le superpotenze. Questo non implica automaticamente che sia stato un bene l’averla inventata, perché questo ha comportato un divario incolmabile di forza fra le potenze atomiche e tutte le altre nazioni, che ha dato luogo ad altri squilibri e problemi.
    Ma, tornando a Finmeccanica, da una parte tu giudichi, come è logico, in base a dei valori, dall’altra ti proponi di mettere in luce dei meccanismi oggettivi, reali.
    Io quindi non posso esimermi dal rilevare che lo strapotere travolgente del capitale e la sua proiezione oltre ogni confine culturale, nazionale, politico, passa attraverso lo smantellamento della sovranità reale (non quella nominale e formale) degli stati e che Finmeccanica è un’impresa strategica, che in una fase come questa, di commissariamentto dell’Italia da parte del duo Napolitano-Monti per conto del potere finanziario sovranazionale (e anti-nazionale), dev’essere colpita e messa in condizioni di non nuocere (e presto ci proveranno anche con l’Eni, che dà ancora più fastidio).
    Quindi Finmeccanica sarà pure responsabile indirettamente della perdita di vite umane (anche la scorta armata a un magistrato antimafia potenzialmente lo è, così come la contraerea di una città, perché può capitare che sparino e che qualcuno ci lasci la buccia), e sicuramente è legata a meccanismi di potere, di interessi ecc., ma siamo in una fase in cui c’è un salto di qualità e realtà come Finmeccanica rappresentano sacche di resistenza di un vecchio assetto che è comunque meno pervasivo, meno totalizzante di quello che si sta imponendo oggi.
    Poi tu puoi dire che sono sfumature, che sempre di giochi di potere si tratta e che alla fine li metti tutti sullo stesso piano. Va benissimo.
    Ma io, che invece attribuisco una certa importanza ai passi con cui il potere progredisce ed erode spazi ai poteri minori, ci tengo, dal canto mio, a sottolineare gli aspetti che ho rilevato.

  9. Miguel Martinez scrive:

    Per Mauricius Tarvisii

    “Da noi esiste una cosa che si chiama contratto collettivo che è stata inventata proprio al fine di prevenire la concorrenza tra lavoratori:”

    Certo, ma:

    1) come dice Maria, è in via di abolizione

    2) cose come il contratto collettivo non sono graziose concessioni dall’alto, ma l’esito di decennali lotte, che oggi non ci sono più

    3) uno dei (molti) motivi per cui tali lotte non ci possono essere, è che una buona parte dei lavoratori sono persone che vivono nel terrore di perdere il lavoro, e quindi il permesso di soggiorno, di trovarsi inguaiati in caso di futura richiesta di cittadinanza – ricordiamo che in Italia basta un parere negativo non motivato dei Carabinieri o della questura per impedire di diventare cittadini

    4) il contratto collettivo oggi garantisce solo una parte, credo ormai minoritario, dei lavoratori, compresi quelli in regola

    5) la grande maggioranza delle donne immigrate fanno lavori o in nero oppure solo semi-regolari (come certe domestiche che lavorano alcune ore in regola, il resto no), mentre sono “in regola” sulla carta solo per ricongiungimento familiare

    6) molti stranieri che conosco io sono “piccoli imprenditori”, cioè muratori che si arrangiano come possono

    7) il fatto che gli stranieri “fanno lavori che gli italiani non farebbero” significa anche che quei lavori non sono soggetti alle mitiche leggi di mercato. Senza immigrati, se nessun italiano volesse fare i turni di notte da benzinaio, dovrebbero pagarlo di più di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale; e anch’io andrei a lavorare in fonderia se mi pagassero 3000 euro al mese.

    Lo so che questi sono ragionamenti che anche una certa estrema destra fa, ma ciò non li rende sbagliati di per sé: basta accantonare le balle e le bufale sul Complotto per Meticciare/Islamizzare l’Europa, o l’idea che il kebab sia più insidioso dei McDonalds.

    Stiamo parlando degli interessi del capitalismo, e di capitalisti italianissimi.

    E personalmente, preferisco la maggior parte degli immigrati alla maggior parte degli autoctoni, almeno come sono ridotti adesso.

    Ed è giustissimo evitare di aggiungere ai problemi che ci sono già, assurdi conflitti tra migranti e autoctoni.

    • “come dice Maria, è in via di abolizione”
      Non mi risulta che sia in agenda un disegno di legge per modificare l’articolo 2113 del Codice Civile.
      Maria parla del “declino” del contratto nazionale. Ma io non ho nominato il contratto nazionale, perché anche il contratto aziendale (la c.d. contrattazione articolata) è contratto collettivo, che può essere in deroga al contratto collettivo nazionale, ma solo nelle materie in cui il contratto nazionale lo permette (così è stabilito nell’accordo interconfederale del 2011).

      “cose come il contratto collettivo non sono graziose concessioni dall’alto, ma l’esito di decennali lotte, che oggi non ci sono più”
      In realtà in Italia furono imposti dall’alto all’epoca dell’ordinamento corporativo.

      “uno dei (molti) motivi per cui tali lotte non ci possono essere, è che una buona parte dei lavoratori sono persone che vivono nel terrore di perdere il lavoro”
      Non è che all’epoca delle lotte (cioè prima del 1970 e della tutela reale contro il licenziamento da articolo 18) non ci fosse la paura di perdere il lavoro. Anzi, ogi i decenni di lotte e di leggi ci hanno dato un sistema giuridico tale per cui se un immigrato viene licenziato per aver rivendicato un diritto, esiste la figura giurisprudenziale del licenziamento per rappresaglia (che è un licenziamento nullo).

      “il contratto collettivo oggi garantisce solo una parte, credo ormai minoritario, dei lavoratori, compresi quelli in regola”
      Il contratto collettivo, per come è il sistema italiano, copre tutti i lavoratori (regolari, si intende).

      Dal punto 5 in poi usciamo dal campo del lavoro subordinato regolare (che è quello soggetto a tutele, per definizione) ed entriamo o nel nero (che è illecito e – almeno formalmente – combattuto) o nel mondo della libera concorrenza, dove chiunque può fornire una prestazione al prezzo che preferisce dove preferisce, perché è un campo che non è raggiunto dal diritto del lavoro (se non in situazioni di parasubordinazione).

    • Francesco scrive:

      >> fatto che gli stranieri “fanno lavori che gli italiani non farebbero” significa anche che quei lavori non sono soggetti alle mitiche leggi di mercato.

      beh, non direi proprio. anzi, visto che ci sono più italiani che immigrati, rende i lavoratori più forti nei confronti dei padroni, che sanno di avere meno possibilità di trovare dei sostituti.

      o ho capito male?

  10. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “Finmeccanica è un’impresa strategica, che in una fase come questa, di commissariamentto dell’Italia da parte del duo Napolitano-Monti per conto del potere finanziario sovranazionale (e anti-nazionale), dev’essere colpita e messa in condizioni di non nuocere”

    E’ un’ipotesi a modo suo sensata, che non va affrontata ideologicamente.

    Certamente, in questa fase, il capitalismo finanziario sta lavorando alacramente sull’abolizione delle sovranità nazionali dei paesi europei: è un dato di fatto, su cui qualunque persona minimamente informata non può che concordare.

    Da qui derivano però diverse domande.

    La prima, se sia utile difendere tale sovranità nazionale, come affermano oggi diversi movimenti, di varia estrazione?

    E qui le risposte sono quasi necessariamente ideologiche, legate a come ci immaginiamo il futuro: cioè se sia possibile porre un argine all’orrore universale, oppure se la devastazione sia inevitabile, e sia meglio pensare a ricostruire qualcosa dopo il collasso generale.

    La seconda domanda è, se le imprese come la Finmeccanica siano in qualche modo autonome, “nazionali”, o facciano parte del quadro generale di dominio,di un’immensa rete transnazionale di soldi, elettronica e armi.

    Bisognerebbe dedicarci la vita per rispondere seriamente a tale domanda, che pure è decisiva: io non ci dedico la vita, e quindi non posso rispondere in maniera seria.

    Noto che la Finmeccanica è intimamente associata alla Boeing, il cuore del complesso militare-industriale statunitense:

    http://www.finmeccanica.it/Corporate/IT/Corporate/Settori/Aeronautica/Prodotti/Boeing_787_Dreamliner_Alenia_Aeronautica/index.sdo

    La terza domanda è se i prodotti della Finmeccanica hanno usi diciamo “alternativi” all’attuale dominio mondiale: a me interessa poco, ad esempio, se è una ditta italiana, statunitense o taiwanese a curare le telecomunicazioni della NATO nell’occupazione dell’Afghanistan, o degli israeliani nell’occupazione della Palestina. E credo che qui la risposta sia certa.

    Non escludo che le ditte statunitensi del settore possano coalizzarsi per far fallire una ditta italiana, non sarebbe certo la prima volta. Ma se la ditta fosse già loro due volte, una volta attraverso il Ministero del Tesoro che prende ordini dalle banche, l’altra attraverso giri di capitali che nemmeno ci immaginiamo?

    Ultimo punto: la Finmeccanica credo che sia “strategica” solo nel senso che dà lavoro a molti italiani.

    Per il resto, i sistemi militari moderni sono congegnati in modo tale che chi possiede una pistola che uccide a duecento metri farà sempre fuori chi ne possiede una che uccide a cento metri: nonostante i loro immensi investimenti militari, gli eserciti jugoslavi, iracheni e libici sono stati liquidati praticamente con zero perdite dall’esercito statunitense.

    In pratica, quindi le uniche difese militari sono, o la bomba atomica, o un’intera popolazione addestrata alla guerriglia in stile svizzero.

    In questo senso, non credo che la Finmeccanica protegga in alcun modo la sovranità nazionale.

    • Peucezio scrive:

      “La prima, se sia utile difendere tale sovranità nazionale, come affermano oggi diversi movimenti, di varia estrazione?

      E qui le risposte sono quasi necessariamente ideologiche, legate a come ci immaginiamo il futuro: cioè se sia possibile porre un argine all’orrore universale, oppure se la devastazione sia inevitabile, e sia meglio pensare a ricostruire qualcosa dopo il collasso generale.”

      Ma qual è il vantaggio di assecondare la devastazione accelerandone gli effetti? Questa è la logica di quasi tutti i movimenti di finta opposizione al sistema che si sono via via affacciati e che alla fine, con la scusa che loro appoggiavano il sistema per acelerarne il collasso, lo hanno solo rafforzato, come Marx, che diceva che bisognava essere a favore del progresso del capitalismo per accelerarne la fine e il risultato è che oggi il capitalismo è molto più forte e i post-marxisti ne sono i gendarmi più fedeli.
      Ciò che sovverte davvero la logica del capitalismo moderno è proprio mettere in discussione il principio progressivo, fin nei piccoli passi; essere sempre su posizioni di retroguardia, essere sempre staticisti o a favore della fase immediatamente precedente, perché ogni innovazione, persino quelle apparentemente passatiste e decrescitiste (battaglie ecologiste ecc.), può essere rifunzionalizzata, mentre l’opposizione all’innovazione in sé, indipendentemente dal merito, inceppa l’ingranaggio stesso.
      E secondo me non è un problema ideologico, ma strumentale, quindi strategico.

      “La seconda domanda è, se le imprese come la Finmeccanica siano in qualche modo autonome, “nazionali”, o facciano parte del quadro generale di dominio,di un’immensa rete transnazionale di soldi, elettronica e armi.
      Bisognerebbe dedicarci la vita per rispondere seriamente a tale domanda, che pure è decisiva: io non ci dedico la vita, e quindi non posso rispondere in maniera seria.
      Noto che la Finmeccanica è intimamente associata alla Boeing, il cuore del complesso militare-industriale statunitense:”

      Probabilmente sono un po’ l’uno e un po’ l’altro. Per sapere esattamente come stanno le cose, come dici tu, non bisogna occuparsi d’altro, ma per intuire il quadro generale probabilmente basta meno. Io non ho approfondito la cosa, ma a naso mi paiono persuasivi gli argomenti di La Grassa e i suoi, che staranno pure sulle palle ai marxisti ortodossi, che li considerano traditori, ma io, che sono fascista, li leggo per le informazioni geopolitiche che mi possono dare e non me ne frega niente (come d’altronde neanche a te) delle seghe mentali dottrinarie dei marxisti.
      Probabilmente Finmeccanica fa parte di settori che seguono una logica di questo tipo: integriamoci il più possibile con il potere statunitense, ma in una posizione di forza, avendo un ruolo, che, per quanto rispetto agli americani sia quasi nulla, in una proiezione internazionale significa maggiore rilevanza, che un domani può essere spesa.

      “La terza domanda è […] la risposta sia certa.”

      Su questo non ci piove.

      “Non escludo che le ditte statunitensi del settore possano coalizzarsi per far fallire una ditta italiana, non sarebbe certo la prima volta. Ma se la ditta fosse già loro due volte, una volta attraverso il Ministero del Tesoro che prende ordini dalle banche, l’altra attraverso giri di capitali che nemmeno ci immaginiamo?”

      Nulla si può escludere, ma allora perché i magistrati si muovono? Se fosse già loro, così creerebbero solo dei problemi ai dominanti, cosa impossibile.

      “Ultimo punto: la Finmeccanica credo che sia “strategica” solo nel senso che dà lavoro a molti italiani.
      Per il resto, i sistemi militari moderni sono congegnati in modo tale che chi possiede una pistola che uccide a duecento metri farà sempre fuori chi ne possiede una che uccide a cento metri: nonostante i loro immensi investimenti militari, gli eserciti jugoslavi, iracheni e libici sono stati liquidati praticamente con zero perdite dall’esercito statunitense.
      In pratica, quindi le uniche difese militari sono, o la bomba atomica, o un’intera popolazione addestrata alla guerriglia in stile svizzero.
      In questo senso, non credo che la Finmeccanica protegga in alcun modo la sovranità nazionale.”

      Qui secondo me c’è un equivoco sul senso di “strategico”.
      Non è che la Finmeccanica sia strategica nel senso che metterebbe a punto delle armi in grado di dare un sia pur minimo problema agli americani,. figuriamoci!
      E’ strategica appunto nel senso del dominio, come dici più sotto; si tratta cioè di avere le mani in pasta, di avere un controllo sulle tecnologie, sui soldi, sulla gestione del potere.
      E’ vero che siamo nella merda, che siamo servi che strisciano come vermi, ma l’alternativa non è diventare la Russia o l’Iran, che qualche sia pure limitato fastidio lo danno, ma diventare come l’ultimo paese più sfigato dell’Africa, di quelli dove l’unica funzione dello stato è dare un piccolo appoggio logistico in loco alle multinazionali occidentali per far morire la popolazione di fame, epidemie e guerre tribali.
      Quello che perseguono la magistratura, i giornalisti e chi c’è dietro il nuovo governo è esattamente far diventare l’Italia così, mentre Finmeccanica è una di quelle realtà residuali che seguono una logica da I repubblica: alleati fedeli e servili, ma pur sempre una nazione ricca e potente, anche con una sua vitalità culturale, con una sua capacità di esportare modelli, sia pure pienamente dentro il sistema e in una posizione subordinata.

  11. Miguel Martinez scrive:

    Aggiungo che il problema che pone per me la Finmeccanica non è di violenza – che di per sé accompagna la specie umana sin dalle origini – ma di dominio.

  12. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “Ma qual è il vantaggio di assecondare la devastazione accelerandone gli effetti? Questa è la logica di quasi tutti i movimenti di finta opposizione al sistema che si sono via via affacciati e che alla fine, con la scusa che loro appoggiavano il sistema per acelerarne il collasso, lo hanno solo rafforzato”

    Infatti, è proprio così. E questo è il vero problema del marxismo, di cui qualcuno per fortuna inizia a rendersi conto.

    Non c’è nessun vantaggio nell’assecondare la devastazione.

    Dedicarsi a combattere residui del passato – che so, il dialetto, i bofonchi omofobi, il riposo domenicale, i rimedi popolari, il pranzo in famiglia, i ritratti del Duce o di Baffone, i rosari, le poesie scritte a mano in onore di Garibaldi – è un’attività insensata, perché tutte queste cose o scompariranno o saranno cooptate all’interno del sistema.

    Perché tutte quelle cose lì, nella loro varietà, erano singoli elementi di una tela, e la tela non esiste più.

    Ma se la tela non esiste più, anche chi difende qualche elemento sparso di questo tipo evidentemente non difende la tela, ma difende solo elementi sparsi e isolati, che non sono nemmeno più un ostacolo per nessuno.

    Tra attaccare i “residui del passato” e “difenderli”, io cerco una terza via: di capire cosa possiamo fare noi, in questa situazione, con gli elementi che ci sono.

    Mica ho capito ancora la risposta 🙂

    • Peucezio scrive:

      La tua umiltà, che non è falsa modestia ma saggezza di chi valuta criticamente e respinge ogni dogmatismo, andrebbe presa a esempio.

      Io, di mio, partendo dalla consapevolezza che non possiamo incidere se non infinitesimalmente sul mondo, credo che una delle poche strade possibili sia rallentare il degrado, non per scongiurarne gli esiti estremi (sarebbe irrealistico), ma perché il peggio del peggio arrivi dopo che siamo morti o, meno ottimisticamente, perché finché siamo vivi sia un pochino meno peggio.

  13. mirko scrive:

    La crisi ha aumentato l’ intensità della guerra tra aree economiche -Usa Ue Brics- che per effetto della guerra stessa stanno anche trasformandosi al proprio interno e formando un sistema di relazioni modificato. In questo contesto Finmeccanica (come l’ Eni) è un boccone strategico e, giusto o sbagliato che sia, chi la controllerà -Usa Ue o Italia- avrà una quotina di potere politico, economico, tecnologico e militare che altri perderanno. Il potere è potere, l’uso che se ne fa è altra questione; comunque chi ce l’ha può scegliere, gli altri solo subire.
    Si, la possibilità tecnica-legale di ricattare i lavoratori con il mancato rinnovo del permesso di soggiorno per mancato rinnovo del contratto è utilizzatissima, e nuoce alla capacità complessiva dei lavoratori di lottare; la disponibilità degli immigrati ad accettare condizioni pessime in parte deriva anche da questo.

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