Costanzo Preve sulla caduta di Silvio Berlusconi

Un altro saggio di Costanzo Preve

Torino, novembre 2011
BERLUSCONEIDE
Considerazioni storiche e politiche dopo la caduta di Berlusconi.
di Costanzo Preve

1. Una premessa. Scrivo queste considerazioni su esplicito invito di amici, francesi e greci, interessati ad avere una mia analisi strutturale, e non solo pettegola o episodica, sulla caduta di Berlusconi. Caduta certo non ancora formalizzata, ma io credo irreversibile. Ed irreversibile non certamente perchè causata da tre fattori a mio avviso poco rilevanti (ceto po­litico professionale ex-comunista ed ex-cattolico democristiano, circo mediatico asservito alle strategie oligarchiche del grande capitalismo finanziario g1obalizzato, magistratura politicizzata anti-berlusconiana). Poco rilevanti sono stati anche gli scandali, le prostitute, i sorrisini di Merkel e Sarkozy, e tutto il ciarpame sollevato da quell’autentico scandalo culturale e giornalistico chiamato “La Repubblica”, incrocio fra la componente borghese laica ex-azionista e la componente “picista”, che con tutta la mia buona volontà non intendo connotare con il glorioso anche se discusso nome di “comunista”.

Partirò quindi da un fattore tutto sommato secondario come il berlusconismo, ma arriverò presto al vero ed unico problema storico che ci sta dietro, l’adeguamento e poi la sparizione del modello europeo di capitalismo verso un unico modello anglosassone di capitalismo totale. Prego il lettore di prestare attenzione a questa tesi finale, perche tutto quanto c‘è prima è solo gli “antipasti”, le “tapas” per dirla in spagnolo.

2. Il giorno 5 novembre 2011 il Canale La Sette ha trasmesso in prima sera­ta, modificando la programmazione prevista, un film su Berlusconi intitola­to BERLUSCONI FOR EVER. Si tratta di una sintesi del come per circa vent’anni l’intera classe dirigente italiana ed i suoi intellettuali, dall’italianista Asor Rosa al comico Benigni hanno visto Berlusconi. Ecco perchè conviene partire da lì. In sintesi, evidenzierei quattro temi in ordine di importanza:

(1) Berlusconi appare come un megalomane in preda ad un compulsivo deli­rio di onnipotenza patologica, una sorta di piazzista e di venditore di tappeti levantino autoreferenziale, che crede che la propria “verità” sia anche l’unica verità. Il riferimento è al vecchio giornalista vate della borghesia italiana, Indro Montanelli, esempio di passaggio e di “riciclaggio” in tempo reale dal fascismo al regime dopo il 1945. Non a caso il suo successore, il sionista fanatico Travaglio, è diventato per un ventennio l’idolo della sinistra anti-berlusconiana.

(2) Berlusconi appare come il portatore dei difetti atavici degli italia­ni, primo dei quali sarebbe la sostituzione della furbizia all’intelligenza. Il suo “successo” (qui si ripete l’interpretazione di Piero Gobetti sulle ragioni del successo di Mussolini) appare dovuto proprio al fatto che ha incarnato la parte peggiore della tradizione antropologico-sociale italiana.

(3) Viene continuamente suggerito un fatto non provato, ma dato assolutamente per scontato dall’italiano medio di “sinistra”, il fatto che Berlusco­ni abbia fondato il suo impero economico, prima da costruttore e poi da magnate dei media, riciclando alla grande denaro di provenienza mafiosa. Ma il piazzista è ora diventato inaffidabile. Il piazzista non può per venti anni dare “bidoni”.

(4) Berlusconi appare portatore della vecchia ipocrisia cattolica italia­na. Da lato puttaniere impenitente, adultero manifesto, laido organizza­tore di festini con adolescenti ambiziose, e dall’altro cattolico fervente che faceva la comunione tutte le domeniche.

Potremo continuare ma è chiaro che un simile personaggio da commedia dell’arte è troppo ghiotto per non attirare l’attenzione di quella che è stata battezzata “opinione pubblica”, la cui completa sparizione era stata peraltro diagnosticata da Habermas quando era ancora sotto il controllo di Adorno. Tutto questo, ovviamente, è vero, non mi sogno assolutamente di negarlo. Ritengo però che sia solo la superficie, e si è detto che la “scienza” sarebbe inutile se la superficie e la profondità coincidessero. E allora indaghiamo prima la superficie e poi la profondità.

3. Partiamo prima dall’ideologia anti-berlusconiana, durata parossisticamente in Italia quasi un ventennio. Si tratta, per usare un termine del filo­sofo-economista althusseriano francese Charles Bettelheim, di una vera e propria “formazione ideologica”. Essa è a mio avviso il prodotto della fu­sione di due elementi distinti ma intercorressi:

(1) L’origine risale ai primi anni Venti, e fu proposta per la prima volta dal saggista torinese Piero Gobetti. Il popolo italiano soffrirebbe di una grave carenza morale complessiva, dovuta in primo luogo alla mancata riforma protestante (non importa se luterana o calvinista, ma meglio cal­vinista in quanto individualistica, borghese-capitalistica e soprattutto inglese ed anglofila), ed in secondo luogo al carattere ristretto ed elitario del risorgimento (il “risorgimento senza eroi”).

II secondo punto a mio avviso è inesatto, e rimando ad un recente ottimo testo pubblicato in lingua francese (cfr. Yves Branca , Le risorgimento au coeur de l’Euro­pe), che corregge in buona parte questa visione unilaterale. L’idea degli italiani come popolo delle scimmie e del risorgimento senza eroi ha nutrito, in particolare dopo il 1945, l’ala “azionista” della cultura borghese italiana, ansiosa di “scaricare” il fascismo sui difetti atavici degli italiani, per poter così far dimenticare le dirette responsabilità del grande capitale italiano, che abbandonò il fascismo soltanto nell’an­no della sua sconfitta evidente (1943).

Si trattava di una ala anglofila, empirista in filosofia e quindi nemica soprattutto dell’idealismo e dunque di Hegel. Questa posizione, assolutamente minoritaria nel popolo ita­liano, era però assolutamente maggioritaria nel mondo degli intellettuali. Ed a proposito degli intellettuali, categoria con la quale chi scrive non vuole avere assolutamente niente a che fare, ricordo la posizione anticipatrice espressa più di un secolo fa da Georges Sorel, che a mio avviso Bourdieu ha saputo sistematizzare bene, quando definisce gli intel­lettuali come gruppo sociale (e non come insieme eterogeneo di individua­lità diverse), come una sezione dominala della classe dominante. Lo ripeto per chi se lo fosse lasciato scappare: una sezione dominata della classe dominante, non certo i “portatori” della visione del mondo dei do­minati.

(2) La seconda componente risulta geneticamente dalla riconversione ideolo­gica del picismo italiano, che mi rifiuto di chiamare “comunismo” per le ragioni esposte in precedenza. Questo enorme rinoceronte sociologico ed antropologico aveva già gestito fra il 1956 ed il 1962 il passaggio dal modello sovietico alla cosiddetta “via italiana al socialismo”, che copriva una integrazione strutturale nei meccanismi riproduttivi del sistema ca­pitalistico italiano, e poi dal 1976 al 1982, dopo la presa in giro mediatica del cosiddetto “eurocomunismo”, il passaggio dal partito della critica al capitalismo al partito degli “onesti”, contrappasso ovviamente ai “disonesti” (prima il socialista Bettino Craxi e poi ovviamente Berlusconi, in quanto suo presunto erede).

Dopo il triennio 1989-1991 il bestione so­ciologico ed antropologico dovette riconvertirsi alle nuove condizioni storiche aperte dalla dissoluzione del comunismo storico novecentesco (19I7-1991) il solo ed unico comunismo “pratico” mai esistito, essendo restati tutti gli altri mere petizioni morali alternative oppure gruppi di testimonianza settaria, sia pure pieni di “buone intenzioni”.

Si tratta di un’azienda che produce scarpe e che dopo un’alluvione è obbligata, per non uscire dal mercato, a produrre pinne e stivali di gomma per alluvio­nati. Il riciclaggio di questi cialtroni fu fatto talmente bene che essi riusci­rono a portarsi dietro gran parte della loro precedente clientela fideliz­zata identitaria, nella forma del serpentone metamorfico PCI-PDS-DS-PD. In proposito, l’antiberlusconismo fu provvidenziale perché permise una rapida e performativa sostituzione alla identità precedente. Il serpentone meta­morfico fu sempre in primo piano per appoggiare attivamente tutte le strategie di guerra USA-NATO, dal Kosovo nel l999 (D’Alema) alla Libia 2011 (Napolitano).

L’unione di questi due elementi fecero sì che l’antiberlusconismo fosse veramente provvidenziale.

4. Non vorrei che sorgessero spiacevoli equivoci. Io considero Berlusco­ni, come figura umana, culturale, storica e politica un ripugnante cialtrone, ed in questo non mi distinguo affatto (purtroppo) dall’anti-berlusconiano medio. Ma insisto sul fatto che rifiuto la koinè pittoresca ed estetica del riciclaggio delle classi dominanti italiane, per cui Berlusconi, lungi dall’esserne stato il rappresentante, è stato piuttosto un “incidente di percorso”. Un incidente di percorso? Certamente. Vediamo come.

5. Per usare un lessico militare, Berlusconi fu un “incidente di percorso”, o più esattamente un “danno collaterale” di Mani Pulite, che fu nella sua fun­zione storico-politica oggettiva (e non nella sua rappresentazione ideolo­gica, che fu il teatrino della vittoria degli onesti sul cinghialone, porcone, corrottone Craxi, che la marmaglia plebea fanatizzata avrebbe voluto uc­cidere ed appendere per i piedi, come Mussolini) un colpo di stato giudiziario extra-parlamentare, il cui scopo fu quello di sostituire un modello di stato neo-liberale privatizzato al precedente modello di stato, certamente corrotto, ma anche e soprattutto assistenziale-keynesiano.

In onesta sede è del tutto irrilevante se gli agenti storici che propiziarono questo passaggio ne fossero pienamente consapevoli, o pensassero di agire spinti dalla morale kantiana e dal “senso dello stato”. Ciò che conta furono i risultati politici “oggettivi”.

E’ del tutto chiaro che la decapitazione dell’intera classe politica di provenienza DC, PSI, PSDI, PRI, PLI non eliminava anche automaticamente il loro bacino elettorale, che restava praticamente intatto, e che non intendeva accettare la facile presa del governo da parte del PCI riciclato. Ci voleva però qualcuno che avesse la forza economica e l’iniziativa politica per impedire tutto questo, e fu appunto Berlusconi, indipendentemente dalle sue caratteristiche antropologiche o dalla probabile origine mafiosa del suo denaro.

Questa è la genesi del fenomeno Berlusconi. Naturalmente la cultura detta di “sinistra” non poteva accettare questa semplice realtà,ed è allora chia­ro che dovesse attivare il teatrino dei vizi atavici degli italiani, popolo delle scimmie manipolato dalla televisione del Grande Corruttore e della sua corte di puttane, attricette, intellettuali falliti oppure con il “dente avvelenato” verso il PCI (pensiamo al notevole filosofo ex-marxista Lucio Colletti).

Si apriva così il teatrino identitario del Partito B e del Partito Anti-B, che hanno soffocato per un ventennio il nostro povero paese pri­vato di sovranità politica e geopolitica.

Ma ora cominciano, caro lettore, le analisi serie, cui ti chiedo di presta­re un’attenzione particolare.

6. Non dimentichiamoci dunque del punto da cui siamo partiti: Berlusconi ha dovuto andarsene, chiudendo un intero ciclo politico che essendo stato ventennale è anche stato un ciclo storico, non certo perchè cacciato dal buon gusto snobistico degli intellettuali alla Eco-Baricco, dal popolo urlante identitario PD, da Bersani e dai cooperatori emiliani, dai giornali­sti di “Repubblica” e dalle loro “dieci domande”, dai magistrati milanesi, dal­le puttanelle ricattatrici di Ancore, dai suoi vizi di vecchio satiro solo nella vecchiaia incombente, eccetera; Berlusconi è stato cacciato dalla grande finanzia internazionale, e da nient’altro, perchè non ha saputo, potuto o voluto sincronizzare l’intera Italia (anzi, l’azienda-Italia) al ritmo della nuova forma egemonica del capitalismo imperialistico neoliberale e globalizzato.

Non facciamoci scappare questa dato storico, che implica un radicale riorientamento gestaltico rispetto alle fole ed alle panzane con cui ci ha rintronato per un ventennio il coro politico, mediatico ed intellettuale, prevalentemente di “sinistra”, ma non solo. Cerchiamo allora di arrivare a questo riorientamento gestaltico mediante alcuni passaggi, non troppo nume­rosi per non confondere le menti intorpidite dallo spettacolo di manipola­zione dell’ultimo ventennio. Ecco i passeggi principali:

(l) La fine del comunismo storico novecentesco veramente esistito (19I7-1991), che non aveva assolutamente nulla a che fare con le ipotesi filosofiche e scientifiche ottocentesche di Marx e con l’originario progetto nove­centesco di Lenin, è stata una catastrofe storica e geopolitica terribile, incondizionatamente negativa, una vera tragedia, accolta con gridolini di entusiasmo dalla emulsione culturale più stupida dell’intera galassia, la cosiddetta “sinistra”. Questa fine ha propiziato, anche se non direttamente causato (le cause profonde erano già interne alla dinamica illimitata di riproduzione nel modo di produzione capitalistico) il successo evolutivo darwiniano del modello anglosassone-americano di capitalismo sul precedente modello europeo.

(2) Fino a qualche tempo fa si poteva dire grosso modo che c’erano tre di­versi tipi di capitalismo; il capitalismo anglosassone americano, interamen­te privatizzato; il capitalismo europeo, frutto di un compromesso detto a volte impropriamente keynesiano-fordista , che veniva sia dall’alto (Bismarck, De Gaulle, eccetera), sia dal basso (laburismo, sindacalismo, movimento operaio organizzato); il capitalismo cinese, derivato da una storia particolare, che potremmo riassumere in due punti, eredità del modo di produzione asiatica (e quindi non occidentale, prima schiavistico antico e poi feudale-signorile) e di una accumulazione primitiva collettiva del capitale di tipo maoista, con precedenti nella storia cinese (Wang Mang, rivolte contadine, riformismo Ming, Taiping, eccetera).

(3) Stiamo assistendo all’intera assimilazione del modello europeo, e cioè alla sua fine, nell’unico modello anglosassone-USA, frutto di un tradi­mento storico delle classi dirigenti europee, americanizzate linguisticamente e culturalmente. Questo non avviene attraverso la vecchia ed obsoleta dicotomia Destra/ S inistra, difesa per interesse dal ceto politico pro­fessionale e per stupidità dal ceto intellettuale identitario e tifoso, ma attraverso la vittoria del partito degli economisti (PE) sul partito del po­litici (PP).

(4) Di conseguenza, e per finire, Berlusconi non ha potuto, saputo e voluto effettuare questo passaggio, nonostante la sua natura di pescecane capita­lista liberale lo spingesse soggettivamente a propiziarla, per il sempli­ce fatto che era pur sempre legittimato elettoralmente ed una legittima­zione elettorale non può consentirlo, per il fatto che i tacchini non pos­sono votare il loro assenso al cenone di Natale, che prevede la loro messa in pentola.

Il CHE FARE? -e ci arriverò brevemente alla fine- non può quindi essere pen­sato nelle forme della vecchia dicotomia Destra/ Sinistra, sempre più protesi manipolatoria di adattamento di masse atomizzate e babbionizzate dal circo politico, dal circo mediatico e dal circo intellettuale tradizionale.
Vediamo le cose con ordine.

7. La prima operazione teorica da fare è un riorientamento gestaltico globa­le rispetto al bilancio storico-politico del socialismo reale, che preferisco chiamare “comunismo storico novecentesco” (CSN), per distinguerlo dal comuni­smo utopico-scientifico (l’ossimoro è intenzionale) di Marx, assolutamente inapplicabile perchè basato su previsioni storiche inevitabilmente non cor­rette (in sintesi: incapacità della borghesia capitalistica di sviluppare le forze produttive; capacità rivoluzionaria della classe operaia, salariata e proletaria; entrambe le ipotesi totalmente falsificate dalla storia rea­le).

La “sinistra”, questa emulsione culturale intellettuale confusionaria, che Georges Sorel fu il primo a diagnosticare precocemente, ha in proposito sviluppato per quasi un secolo il teatrino della contrapposizione: in URSS c’è il socialismo oppure in URSS non c’è il socialismo? Risparmio al letto­re tutti gli argomenti pro e contro (staliniani, trotzkisti, neolinerali, bordighisti, eccetera), che richiederebbero mille pagine per la loro sempli­ce elencazione, e di cui sono uno specialista.

Ma il problema URSS (e paesi fantoccio divorati alla fine della seconda guerra mondiale) è molto più semplice, perchè è storico e geopolitico, e lo formulerò sommariamente così: indipendentemente dal suo essere un esperimento artificiale di eguagliamento sociale livellatore sotto cupola geodesica protetta (protetta da un indispensabile dispotismo partitico operaio, in quanto senza coercizione dispotica la classe operaia e proletaria non potrebbe neppure gestire una bocciofila, altrochè una “transizione al comunismo”!), il sistema so­cialista degli stati “comunisti” (l’unico comunismo storicamente esistito, non certo le elucubrazioni snobistiche del salotti romani o l’agitarsi scomposto degli operai fondisti con i loro fischietti ed i loro tamburi) ha influenzato direttamente la storia del capitalismo, limitandone in parte (in greco antico si dice katechon) la sua tendenza illimitata ad assumere una forma pura, che nella mia personale periodizzazione filosofica del capitalismo definisco “speculativa”, con una terminologia tratta liberamente dalla Scienza della Logica di Hegel.

Dunque, indipendentemente dal suo dispotismo e dal carattere miserabile del suo personale politico (i comunisti nichilisti, opportunisti, autofagi e straccioni) viva viva viva il comunismo storico novecentesco e tragedia im­mane il fatto che non si sia voluto, saputo o potuto riformare “in corso d’opera”, come avevano auspicato i più grandi intellettuali marxisti indipendenti del Novecento (Lukàcs, Gramsci, Bloch, eccetera, alla cui scuola mi sono formato, mentre ho sempre avuto ripugnanza ed estraneità per il circo intellettuale snobistico italiano detto di “sinistra”).
Dunque TRAGEDIA, TRAGEDIA, TRAGEDIA.

8. Il capitalismo già ai tempi Reagan-Thatcher stava cambiando forma, e quindi prima della caduta catastrofica del baraccone socialista. Le ra­gioni del mutamento erano interne alla dinamica del modo di produzione, ed erano dettate dalla cosiddetta globalizzazione e dalla privatizzazione di tutto ciò che era privatizzabile. Sono gli animal spirits di cui hanno parlato gli economisti inglesi, e che Hegel in altro contesto definì “il regno animale dello spirito”, la definizione più geniale di capitalismo che abbia mai letto in vita mia.

Il teatro storico degli ultimi venti anni è quindi stato nell’essenziale quello di un assalto del modello americano di capitalismo contro il modello europeo, che non avrebbe avuto tanto successo senza il mantenimento dell’occupazione militare USA sull’Europa, iniziata nel l943-1945 e mai terminata, neppure dopo il 1991, anzi ampliata e rafforzata. Non c’è democrazia ad Atene con guarnigione spartana sull’Acropoli. Non ci può essere democrazia in Europa con basi militari atomiche USA in Europa.

Si tratta di una semplice verità lapalissiana, che la “sinistra” ha contribuito ad occultare, con la retorica strumentale sulla Costituzione, con il proseguimento maniacale dell’antifascismo in completa, palese e totale assenza di fascismo, con l’agitare scomposto del termine “democrazia” in presenza di irrilevanti parate sindacali, femministe, ecologiste, pacifiste, ed in Ita1ia ossessivamente anti-berlusconiane.

A proposito della Cina, sono un incondizionato sostenitore della sua forza geopolitica e militare, ma non mi raccontino (Losurdo, Diliberto, Sidoli, KKE greco, eccetera), che si tratta di “socialismo”, sia pure di mercato, ecce­tera. Considero la Cina completamente capitalistica, in quanto considero storicamente fallito ed esaurito l’intero modello del comunismo storico novecentesco (salvo invece il “comunismo” -sia ben chiaro- come filosofia della storia e come tendenza metastorica dell’umanità, ed in questo senso sono sempre più che mai “comunista”).

Si tratta però di un capitalismo sorto da una combinazione originale del modo di produzione asiatico, caratterizzato da una forte e benefica dominanza del potere politico sull’economia, e di una esperimento egualitario estremistico maoista, sia pure fallito. Spero che l’apparato confuciano denominato partito comunista cinese continui ad iso­lare e neutralizzare, se possibile con mezzi civili ed umanistici, gli orrendi intellettuali filo-occidentali e le tendenze americanizzanti.

Se queste ul­time si affermassero, magari sotto lo scudo dei diritti “umani” (la forma rovesciata della disumanità contemporanea), allora ci sarebbe uno ed un solo orribile modello di capitalismo. Sarebbe questa la vera globalizzazione politica, che per il momento non c’è ancora, al di là dei voleri della strega Clinton (ricordo il suo WOW (uau) televisivo oscenamente ostentato alla notizia del linciaggio di Gheddafi).

9. E quindi Berlusconi non ha potuto, saputo o voluto (a mio avviso lo avrebbe voluto, ma non ha potuto per il fatto che doveva pur sempre essere eletto, ed il popolo, al di là delle sue irrilevanti e confuse opinioni politiche, non può votare per la propria macelleria sociale) effettuare questa america­nizzazione. Essa presuppone il commissariamento integrale da parte non di una parte politica (destra contro sinistra o sinistra contro destra), ma di un partito degli economisti (Papadimos in Grecia, Monti in Italia, ma so­no tutti uguali -inglese perfetto e monoteismo del mercato) contro il partito dei politici.

Se utilizzassi la dicotomia Destra/ Sinistra (ma me ne guardo bene!) direi che il partito degli economisti è un partito di estrema destra, che si posiziona alla destra di Forza Nuova e di Attila, re degli Unni. Ma i mutamenti semantici propiziati dal ceto intellettuale dell’ultimo ventennio (ah, ombra di Sorel, dove sei?) ha associato la sinistra soltanto alle gesticolazioni irrilevanti della FIOM, alla retorica di Vendola, ai matri­moni gay, alla insistita polemica laico-radicale contro la chiesa cattolica e Ratzinger, alle sfilate femministe (ah, le donne, le donne!), al belare ostensivo pacifista (pacee, pacee, diritti umanii, diritti umanii, abbasso i dittatori, processate Gheddafi, Milosevic, Saddam Hussein, tutti meno la Clinton ed Obama, eccetera).

10. Che fare? Non lo so. Non sono mica Lenin! In prima approssimazione, ed in via preliminare, che cosa non fare:

(1) Smettere di fare partitini comunisti (Diliberto, Ferrero), attaccati alle mutande di Vendola e Bersani pur di poter rientrare in Parlamento, oppure di fare partitini a base settaria che ripropongono programmi sumeri, egizi ed assiro-babilonesi (Ferrando).

(2) Andare oltre la dicotomia obsoleta Destra/ Sinistra. Questo capitali­smo distrugge i popoli e le comunità, non solo le classi svantaggiate (anche se ovviamente anche queste). Ritrovare il linguaggio adatto per salvare i popoli e le comunità è impossibile sulla base della divisione settaria del popolo in popolo in destra e popolo di sinistra. Questa divisione c’è storicamente stata, e non mi sogno affatto di negarlo. Ma oggi è obsoleta, e viene reintrodotta dall’alto per via manipolatoria, utilizzando strati identitari sedimentati in basso nell’ultimo secolo.

(3) Uscire da questa Europa. Se ci fossero possibilità reali di riformare l’Europa dall’interno in corso d’opera, non direi questo, ma mi unirei alla stragrande maggioranza dei “sinistri” riformatori che vogliono una Europa “diversa”. E tuttavia costoro non sono in grado di andare oltre le loro pie intenzioni soggettive. Le oligarchie reali che dirigono questa Europa (e non il sogno di Erasmo, Mazzini o Spinoli) vogliono fortemente la sua americanizzazione (modello anglosassone di capitalismo illimitato privatizzato), la sua sottomissione geopolitica agli USA (NATO, interventi in Kosovo 1999, in Afganistan 2001, in Irak 2003, in Libia 2011, domani chissà), 1’uniformità culturale occidentalistica, insomma tutta la merda (non c’è altro termine!) che ci offre quotidianamente il sistema mediatico editoriale ed universitario.

11. E qui provvisoriamente finisco. So perfettamente che queste tre precondi­zioni sono assolutamente inattuabili a breve termine, e sospetto anche a medio termine. I “sinistri” vocianti continueranno a proporre inutili ed irrilevanti partitini comunisti o di tipo consociativo antiberlusconiano (Diliberto, Ferrero) o di tipo settario-paleolitico (Ferrando), o semplici ap­pendici della cultura femministico-ecologista post-moderna (Sinistra Critica). Non c’è niente da fare.

Continuerà l’illusione di potere alla fine, magari cambiando le maggioranze elettorati, modificare la natura neoliberale assoluta di questa Euro­pa. Chi nutre questa illusione non capisce o non vuol capire per opportunismo, pigrizia, stupidità o boria intellettuale, che siamo di fronte ad un processo storico, e non solo politico congiunturale. Lo storicismo ed il mito del progresso lineare irreversibile sparso a piene mani nell’ultimo mezzo secolo dalle canaglie dei gruppi intellettuali comunisti degenerati hanno abituato la gente a pensare in termini ferroviari di Indietro/ avanti. Ma come, abbiamo fatto l’Europa, non possiamo mica andare Indietro! Biso­gna andare Avanti!

In realtà, nella storia non c’è un avanti ed un indietro. La storia è un luogo di prassi umana integrale, non di temporalità evoluzionistica in qualche modo prevedibile. La fine del berlusconismo è semplicemente una opportunità, che bisognerebbe saper cogliere per riorientare integralmente una intera cultura politica fallimentare.

Questa opportunità verrà colta? Sarei contento di poter lasciarmi andare ai soliti auspici generici ottimisti, del “pensare positivo”, ma purtroppo sono un allievo di Hegel e Marx, e non di Jovanotti o Celentano. Data la situazione attuale, ed il terribile potere di interdizione diretta o indiretta dei gruppi intellettuali italiani che conosciamo, non vedo nessuna possibilità di invertire la tendenza babbionizzante ed identitaria. I vele­ni dell’antiberlusconismo di “Repubblica” e del PD continueranno purtroppo a lungo, perchè sono strutturali, in quanto coprono ideologicamente una gi­gantesca tragedia storica. Vorrei poter promettere di più, ma per il momento siamo ancora alla fase dei preliminari dei preliminari. Per chi ha già la mia età è triste. In quanto ai giovani, chi vivrà vedrà.

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44 risposte a Costanzo Preve sulla caduta di Silvio Berlusconi

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  3. Matteo scrive:

    molto molto bello, grazie per averlo pubblicato.
    Consigliereste qualche testo in particolare di Preve sulla storia degli ultimi decenni?

  4. Peucezio scrive:

    Preve è sempre Preve, non c’è che dire. Articolo profondo, lucido, ben scritto (peccato che chi lo ha digitalizzato, poteva farlo con più cura, evitando le ‘l’ al posto degli ‘1’ e viceversa, oltre ad altri refusi).
    Dissento da alcuni giudizi, come è normale che sia (non credo esistano al mondo due persone che la pensano in modo identico su tutto): in particolare sulla “natura di pescecane capitalista liberale” di Berlusconi che secondo me non è nessuna di queste tre cose (anche se la seconda e la terza crede di esserle, ma si è ciò che si è, non ciò che si crede di essere). Berlusconi è tutt’al più un capopopolo (capopopopopolo, capopolo, capolo… quanti ‘po’ ci vogliono esattamente?! 🙂 ) clerical-nazional-social-popolare istrionico e godereccio, quale sarebbe impensabile in qualunque altro paese europeo, dove invece predominano i capitalisti liberali veri, pesci, cani, pescecani o altra fauna cui siano indifferentemente assimilabili.
    Ma sarebbe chiedere troppo all’ottimo Preve, che è pur sempre un marxiano critico, non certo un berlusconiano.

  5. Giuliano scrive:

    Interessante.
    Abbstanza faticoso (almeno per il mio livello culturale) ma davvero molto interessante.
    Forse perché possessore di “una confusa mente intorpidita” e facente parte delle “masse atomizzate e babbionizzate”, mi vedo però costretto ad ammettere che non condivido una sola delle cose scritte da Preve.
    Anzi, ce n’era una che condividevo, “Il giorno 5 novembre 2011 il Canale La Sette ha trasmesso ecc.”, ma non è corretto: il film è andato in onda il giono 8 di settembre.

  6. maria scrive:

    Preve ha scritto:
    Se utilizzassi la dicotomia Destra/ Sinistra (ma me ne guardo bene!) direi che il partito degli economisti è un partito di estrema destra, che si posiziona alla destra di Forza Nuova e di Attila, re degli Unni. Ma i mutamenti semantici propiziati dal ceto intellettuale dell’ultimo ventennio (ah, ombra di Sorel, dove sei?) ha associato la sinistra soltanto alle gesticolazioni irrilevanti della FIOM, alla retorica di Vendola, ai matri­moni gay, alla insistita polemica laico-radicale contro la chiesa cattolica e Ratzinger, alle sfilate femministe (ah, le donne, le donne!), al belare ostensivo pacifista (pacee, pacee, diritti umanii, diritti umanii, abbasso i dittatori, processate Gheddafi, Milosevic, Saddam Hussein, tutti meno la Clinton ed Obama, eccetera

    maria
    Preve è un pensatore brillante che sa scrivere bene, dico questo pur non condividendo l’acredine e il disprezzo che nutre verso la sinistra storica anzi verso il suo maggior partito il PCI. Ma non è questo il punto ovviamente.

    Preve nega la dicotomia destra/sinistra eppure deve ricorrervi altrimenti non potrebbe svolgere nessun ragionamento e infatti dice che se la riconoscesse definirebbe il governo dei professori un governo di estrema destra, quindi la destra esiste ed esiste una sua contrapposizione che purtroppo si declina o viene percepita PREVALENTEMENTE con i punti che elenca nel brano che ho riportato.

    Però non capisco perché tra questi punti venga citato anche Landini e il suo gesticolare irrilevante. Vorrei che questo punto fosse approfondito.
    Cosa rifiuta Landini? Landini rifiuta tanto per fare un esempio l’abolizione del contratto unico di lavoro a favore come la destra, appunto vorrebbe, di una contrattazione sminuzzata tra azienza e sindacato che danneggerebbe in maniera gravissima i lavoratori più deboli, quelli cioè dipendenti da fabbriche, lavoratori, botteghe , commercianti. Cosa c’è di sbagliato in una posizione del genere che io considero di sinistra, in quanto tesa a tutelare ed ad assicurare il massimo di uguaglianza tra lavoratori a cominciare dal lavoro?

  7. Miguel Martinez scrive:

    Per Maria

    “Preve è un pensatore brillante che sa scrivere bene, dico questo pur non condividendo l’acredine e il disprezzo che nutre verso la sinistra storica anzi verso il suo maggior partito il PCI.”

    Condivido. Come molti, ha la tendenza a rimasticare troppo le proprie esperienze. E anche, a mio avviso, a dare troppa importanza a quella che io chiamo la “sinistra realmente esistente”.

    • Peucezio scrive:

      Perché troppa importanza?
      Subito dopo i veri poteri, la sinistra è la cosa più importante che c’è in Italia, perché ha un’influenza decisiva, è la parte delle persone che hanno un minimo di rilievo, del ceto egemone in senso lato, cioè della parte della società più istruita (non colta, la cultura è tutt’altra cosa), che ha più prestigio, più potere, che parla bene (agli occhi degli ignoranti) e che fa circolare e impone le idee. Ed è vero che le idee non si mangiano, che esistono istinti più bassi cui la sinistra non è in grado di fare appello, ma è anche vero che in una società ormai alfabetizzata, scolarizzata, benestante (i più poveri di oggi hanno cose che un uomo di cent’anni fa non si sognava lontanamente e sono infinitamente più ricchi di un africano medio), le idee contano eccome.
      Oltretutto, poiché non solo non è contrapposta al potere del grande capitale, ma semmai è pienamente organica ad esso, il suo ruolo è a maggior ragione decisivo.

  8. Miguel Martinez scrive:

    Per Maria

    “Preve nega la dicotomia destra/sinistra eppure deve ricorrervi altrimenti non potrebbe svolgere nessun ragionamento e infatti dice che se la riconoscesse definirebbe il governo dei professori un governo di estrema destra, quindi la destra esiste ed esiste una sua contrapposizione che purtroppo si declina o viene percepita PREVALENTEMENTE con i punti che elenca nel brano che ho riportato.”

    Proprio per questo parlo di “sinistra realmente esistente”, cioè quel gruppo di esseri umani reali che si identifica come “di sinistra”.

    Faccio la stessa cosa con l’Islam: io non so cosa sia “il vero Islam”, so cosa sono i musulmani, anzi i tanti tipi di musulmani, e faccio i conti con loro, non con una sorta di Islam archetipico.

    Possiamo certamente creare dei poli ideali e decidere noi di chiamare, che so, una persona generosa “di sinistra” e una tirchia “di destra”.

    Ma il problema è che, se esiste una “sinistra realmente esistente”, non esiste alcuna “destra realmente esistente”, perché mentre almeno certe parole piacciono a tutti quelli di “sinistra”, che so, “giustizia, uguaglianza, pari diritti”; quali sono le parole in cui un ultraliberista globalizzatore, un militante di Forza Nuova, un nazionalista tricoloruto e un leghista, un sostenitore delle libere discoteche e un bacchettone cattolico si riconoscono? Forse solo nel “non essere di sinistra”.

    Oltre tutto, usare questa dicotomia aiuta quelli definiti di “destra” a nascondere le loro reali divergenze, che io vorrei emergessero tutte 🙂

    • Francesco scrive:

      e chi ha detto che tutti quelli che citi sono di destra? voi di sinistra, o sbaglio?

      che poi, lì a sinistra trovate una gamma di posizioni altrettanto divaricate, non è mica una tara solo dell’altra parte

      ciao

    • nic scrive:

      – quali sono le parole in cui un ultraliberista globalizzatore, un militante di Forza Nuova, un nazionalista tricoloruto e un leghista, un sostenitore delle libere discoteche e un bacchettone cattolico si riconoscono?

      forse, rivendicare il diritto del più forte?

  9. Miguel Martinez scrive:

    Per Maria

    “Però non capisco perché tra questi punti venga citato anche Landini e il suo gesticolare irrilevante. Vorrei che questo punto fosse approfondito.”

    Temo di non poterti rispondere, per assoluta ignoranza mia.

    • Francesco scrive:

      immagino che chiunque non propugni una rivoluzione comunista subito sia per Preve un irrilevante buffone.

      anche giustamente, dal punto di vista logico: avendo il neo-liberismo ragione, per oppormi devo rovesciare il tavolo, non posso discutere, neppure illudendomi di farlo da posizioni di forza che mi darebbero ragione a prescindere dalla mie ragioni

  10. Francesco scrive:

    manca qualche cosa:

    1) la crisi del capitalismo keynesiano che aveva trionfato dalla fine della IIGM sia in Europa e Canada e Giappone sia, in misura attenuata, negli USA.
    2) le vittorie elettorali (ELETTORALI) epocali di Thatcher e Reagan, in base a programmi neoliberisti molto chiari e i successi economici di questi programmi, alla base della loro diffusione mondiale
    3) l’emergere di una molteplicità di nazioni “sviluppate”, ciascuna portatrice di una propria versione del capitalismo
    4) il tracollo finanziario, come epifenomeno di quello demografico ed economico, delle economie di “capitalismo europeo”, che mi pare venire da prima della globalizzazione, ossia del raggiungimento di un certo grado di sviluppo economico da parte di nuovi stati, che hanno distrutto le basi materiali, reali, di quel modello

    a parte questo, rimane l’oscenità del giudizio storico positivo sul Comunismo realizzato, la malafede nel dirlo estraneo al “santo comunismo teorico di Marx e Lenin” e gli effetti terribili della categoria di “oggettivo” – che tutto giustifica

    saluti

  11. p scrive:

    È una strana uscita, francesco. Qui preve ha appena spiegato perché teoricamente e logicamente una rivoluzione comunista sarebbe impossibile, e tu gli accolli la volontà di volerne fare subito una.
    In fin dei conti, anzi, proprio a loro inizio, preve è nell’essenziale sulle tue posizioni invece che sulle mie.p

    • Francesco scrive:

      a parte il giudizio sull’URSS condivido molto (non tutto) di quello che capisco e conosco, in effetti; giusto trovo alcune lacune nella sua esposizione

      sarà impossibile, una rivoluzione comunista, ma è l’unica (im)possibilità di cambiare il sistema, al livello a cui lo vuole cambiare Preve

      di certo non lo sono le passeggiatine dei Triplici o le sindacate di Pisapia

      ciao

  12. Sul giudizio storico del comunismo nelle sue varie forme mi astengo, ma credo che Preve lo abbia adoperato per quello che può effettivamente essere: una delle due parti della reale dicotomia destra-sinistra, quella cioè che si gioca a livello mondiale; la dicotomia nostrana è condita con i maccheroni (idem magari per quella francese e così via), quindi inesistente nelle sue pretese bambinesche e truffaldine.

    Due passaggi vorrei incorniciare:
    1) mani pulite ha innegabilmente aperto la strada a Berlusconi, cosa che non esclude a priori il fatto che questi sia la proiezione dei peggiori meschini difetti degli italiani maschi (c’è da precisare): semplicemente Berlusconi aveva la forza per raccogliere in poco tempo un bacino elettorale già pronto a qualunque alternativa ai “comunisti destrorsi”; altro che tv, non diciamo fesserie!
    Se in qualcosa si sia distinto dagli italiani la vedo piuttosto nella rapidità d’azione nonché nell’assunzione dei rischi (senz’altro ben ripagati);

    2)1’uniformità culturale occidentalistica, insomma tutta la merda (non c’è altro termine!) che ci offre quotidianamente il sistema mediatico editoriale ed universitario.
    Amen. il sistema mediatico ed universitario!

  13. “Spero che l’apparato confuciano denominato partito comunista cinese continui ad iso­lare e neutralizzare, se possibile con mezzi civili ed umanistici, gli orrendi intellettuali filo-occidentali e le tendenze americanizzanti”.
    Ogni volta Preve se ne esce col suo sogno di avere un potere in grado di castrare ogni forma di pensiero divergente che non gli (a Preve) piace 😉
    Poi credo che si sia già venduta la pelle di Berlusconi, quando in realtà Silvio è ancora nella maggioranza di governo e adesso, mentre Monti prende le scelte impopolari, lui le vota tutte, ma contemporaneamente mostrandosi come paladino degli oppressi. Io credo che appena i sondaggi lo daranno vincente lui farà cadere il governo e tornerà con la grancassa.

    Andando nel merito, è vero, ormai la sinistra è “affidiamoci agli economisti e teniamo i conti in ordine”. Va benissimo, per carità, ma allora diventa il partito dei ragionieri.
    La sinistra dovrebbe essere in grado di presentare un progetto di società diverso, che sia seriamente equo e che sia sostenibile nel lunghissimo periodo: il modello attuale ci porterà nel baratro e tenere i conti in ordine significa limitarsi a pensare al breve termine. Ma dove sono queste alternative? Perché non si traducono in proposte concrete, in punti programmatici, invece di uscirsene fuori solo con vaghe dichiarazioni di principi ad ogni fenomeno NIMBY di turno e ogni volta che un governo è costretto a tagliare qualche spesa a causa del mastodontico debito pubblico?

    • Francesco scrive:

      >> se possibile con mezzi civili ed umanistici

      non leggevo una simile ipocrisia dall’ultima volta che ho litigato con un neonazista “serio”, di quelli che ti giustificano lo sterminio.

      seriamente, questo annichilisce ogni dignità del discorso di Preve: auspicare lo schiacciamento e la distruzione di altri esseri umani colpevoli solo di voler pensare in modo difforme da Preve e di volere la libertà (aspirazione umana, non occidentale, non cavallo di Troia dell’Imperialismo anglosassone) è molto brutto.

      tutto il resto è fuffa.

  14. Ritvan scrive:

    —-Berlusconi fu un “incidente di percorso”, o più esattamente un “danno collaterale” di Mani Pulite….E’ del tutto chiaro che la decapitazione dell’intera classe politica di provenienza DC, PSI, PSDI, PRI, PLI non eliminava anche automaticamente il loro bacino elettorale, che restava praticamente intatto, e che non intendeva accettare la facile presa del governo da parte del PCI riciclato. Ci voleva però qualcuno che avesse la forza economica e l’iniziativa politica per impedire tutto questo, e fu appunto Berlusconi…—
    Condivido quest’analisi di Preve.

    —Berlusconi è stato cacciato dalla grande finanzia internazionale, e da nient’altro, perchè non ha saputo, potuto o voluto sincronizzare l’intera Italia (anzi, l’azienda-Italia) al ritmo della nuova forma egemonica del capitalismo imperialistico neoliberale e globalizzato.—
    Condivido solo in parte: Berlusconi non è stato “cacciato”, se n’è andato, poiché non ha VOLUTO “sincronizzare” ecc., ecc. ovvero fare una riforma INEVITABILE del tipo “lacrime e sangue” (questa sì chiesta dalla “finanza internazionale” oltre che dall’UE) che avrebbe segnato la fine definitiva della sua carriera politica. Per la stessa ragione – ovvero per non dover fare la suddetta “lacrime e sangue” – la sinistra non ha chiesto nuove elezioni. A entrambi gli schieramenti conveniva mettere un governo tecnico a fare il “lavoro sporco”, per poi presentarsi alle prossime elezioni senza quel “fardello”.

    —-….comunismo storico novecentesco veramente esistito (1917-1991), che non aveva assolutamente nulla a che fare con le ipotesi filosofiche e scientifiche ottocentesche di Marx e con l’originario progetto nove­centesco di Lenin..—-
    Non condivido per nulla. Sorvolando sul buon Marx che prudentemente:-) si è astenuto dal proporre un “modello” di comunismo “applicato”, Preve qui ci propina la solita minestra riscaldata del “tradimento dell’originario progetto”(??) di Lenin da parte di quel kattivone di Baffone. La morte del buon Lenin nel 1924 offre sicuramente un appiglio a siffatti sofismi che con la dialettica storica di stampo marxista c’entrano come i cavoli a merenda, però se il buon giorno si vede dal mattino il “progetto” del caro Lenin – che comandò dal 1917 al 1924 – non doveva essere troppo dissimile da quello che poi attuò Baffone…magari ci sarebbe stata un po’ di paranoia in meno, meno purghe&gulag, ma in sostanza sarebbe stata la medesima cosa.
    Ah, poi, se qualcuno ha “tradito” qualcun altro quello è stato il buon Lenin nei confronti del buon Marx, facendo la rivoluzione e tentando la costruzione del comunismo IN UN SOLO PAESE, per di più in un Paese arretrato.

    —Dunque, indipendentemente dal suo dispotismo e dal carattere miserabile del suo personale politico (i comunisti nichilisti, opportunisti, autofagi e straccioni) viva viva viva il comunismo storico novecentesco e tragedia im­mane il fatto che non si sia voluto, saputo o potuto riformare “in corso d’opera”, come avevano auspicato i più grandi intellettuali marxisti indipendenti del Novecento (Lukàcs, Gramsci, Bloch, eccetera…—
    Solo “potuto”, caro Preve, solo “potuto”. Perché NON SI POTEVA. Ci provarono – dopo l’Abominevole Uomo Dai Baffoni – Kruscev, Breznev, Gorbiaciov…e finì come doveva finire. Tutti incapaci o disonesti i summenzionati? Mah….peccato che non si possa portare il buon Preve con una macchina del tempo:-) a ricoprire la carica di Primo Segretario del CC del PCUS subito dopo la morte di Baffone (o preferisce dopo quella di Lenin?:-) ) per vedere come avrebbe lui “riformato”…l’irriformabile.

  15. p scrive:

    A me, francesco, pare che preve dica un mucchio di sciocchezze sul comunismo. E le dice perché crede nella ragione come la cosa più importante. Secondo lui, devi capire marx per capire la sua idea di comunismo. Cazzata razionale. La cosa va rovesciata. Prima devi essere comunista, nell’intuizione, nel sentimento, nella fede – sissignore, san tommaso, ma anche einstein – poi capisci il marx comunista. Cosa capisci? Semplice. Che marx non ha affatto descritto il capitalismo nei suoi testi ma la società comunista. Dunque, prima “vedi” intuitivamente la società futura, poi la “leggi” descritta nei testi classici di marx e dell’ancora più bistrattato engels. Siccome preve non la vede, legge un altro marx. Poi, essendo un filosofo, ed un buon filosofo, teorizza la sua cecità intuitiva.p

    • Francesco scrive:

      mah, è troppo sanguinosa questa idea di partire dalla Fede nel Comunismo e poi pensaro.

      che se incontri uno che ha Fede nella libertà dell’uomo la questione si può risolvere solo a mazzate, e mazzate a morte, perchè mica siamo al livello Milan-Inter o portoghese-spagnolo

      quindi scelgo un’analisi che parta dalla natura umana e solo poi discetti della migliore convivenza, magari scoprendo la dialettica tra libertà e fraternità (l’uguaglianza non mi interessa un tubo, lo ammetto)

      ciao

      • PinoMamet scrive:

        ” (l’uguaglianza non mi interessa un tubo, lo ammetto)”

        è il punto del tuo discorso in cui non sono d’accordo con te.

        Non mi scandalizzo del tuo punto di vista (sto diventando vecchio, evidentemente 😉 ) ma proprio non lo capisco.
        Ciao!

        • Moi scrive:

          Bisognerebbe distinguere U-guaglianza (concetto ideologico) da E-guaglianza (concetto giuridico) …

        • Francesco scrive:

          OK, provo a spiegarmi:

          1) l’uguaglianza formale è sacra e indiscutibile

          2) l’uguaglianza sociale è idea empia e innaturale e fonte di spese inutili e di gravi limitazioni della libertà

          3) a parte questo, sono abbastanza socialdemocratico

  16. Pingback: Costanzo Preve sulla caduta di Silvio Berlusconi- Rivistaeuropea

  17. Miguel Martinez scrive:

    Per Mauricius

    “Ogni volta Preve se ne esce col suo sogno di avere un potere in grado di castrare ogni forma di pensiero divergente che non gli (a Preve) piace ;)”

    Più che altro, Costanzo si diverte a scegliere l’espressione più scandalosa possibile. Nello stile degli umoristi anglosassoni, quando pronuncia frasi del genere, fa la faccia più e non meno seria.

    • Peucezio scrive:

      Questa di Mauricius mi era sfuggita.
      Mi chiedo come si possa solidarizzare con gli agenti oggettivi dell’occidentalizzazione nel mondo, se non in ossequio a un principio razzista, per cui l’uomo bianco e anglosassone avrebbe sviluppato il modello migliore per tutti, da imporre legittimamente in ogni angolo del mondo.
      Più che provocatorio, a me Preve pare fin troppo morbido.

      Questo sarebbe un tema interessante da sviluppare: il razzismo implicito della sinistra contemporanea. Negli anni ’70 almeno la gente di sinistra non solo era più relativista, ma arrivava a posizioni francamente anti-occidentali, anche se in modo velleitario, mitizzante, spesso ipocrita; oggi non è meno occidentalista della peggiore destra liberale e americanista da esportazione della democrazia e ha la stessa pretesa manichea di superiorità morale sull’altro dei cristianisti alla Bush.
      E non si tira indietro neanche se c’è da usare le bombe facendo strage di civili, come si è visto in Serbia nel ’99. Bush magari le usa subito, loro ci provano prima con le quinte colonne, tanto simpatiche a Mauricius, e se non basta passano anche loro alle maniere forti. Sempre, beninteso che il riottoso all’omologazione occidentalista non abbia la bomba atomica, perché persino loro ci tengono a che non gli salti in aria il culetto.

      • Ritvan scrive:

        —E (la sinistra-ndr.)) non si tira indietro neanche se c’è da usare le bombe facendo strage di civili, come si è visto in Serbia nel ’99. Peucezio—
        Beh, a mio immodesto:-) avviso di albanese ha fatto bene a non tirarsi indietro, visto che era l’unico modo per fare capire a Milosevic che se non la smetteva di mandare i suoi “civili” (ovvero la teppaglia fascio-ortodossa belgradese) protetti dai carrarmati a far strage di altri civili in Kosovo, i suoi (di Milosevic) cari civili di Belgrado potevano fare la stessa brutta fine. E ha funzionato mi pare.

      • A Peucezio non gliene frega niente del civile serbo bombardato, nè del civile albanese massacrato dagli squadroni della morte. A lui interessa la simpatia o meno di chi è il carnefice per decidere se solidarizzare con la vittima.
        Il civile serbo vittima dei biekissimi USA è un poveraccio, quindi, mentre il civile albanese o il dissidente cinese fatto sparire sono meritevoli di tutto ciò che capiterà loro in quanto “quinte colonne” dell’occidentalismo.
        Quello che Peucezio non riuscirà mai a capire è che io guardo prima di tutto alle persone che pagano e solo dopo a quale ruolo avrà la loro sciagura nella sua Armageddon, se tornerà comoda ai malvagi USA o ai sempre santi loro avversari.

        • Francesco scrive:

          Concordo

          Suggerisco una regola di metodo: se il nostro ragionamento ci porta all’uso del termine “oggettivamente”, ci stiamo sbagliando.

          Mi pare una cosa buona e saggia, siete d’accordo?

  18. Miguel Martinez scrive:

    Per nic

    “forse, rivendicare il diritto del più forte?”

    All’esatto contrario, forse hanno tutti in comune il sentirsi vittime di poteri più forti di loro: i “socialisti che vogliono schiacciare l’iniziativa privata, l’invasione extracomunitaria, i laicisti soverchianti che vogliono abolire la religione, Roma ladrona”.

  19. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “Subito dopo i veri poteri, la sinistra è la cosa più importante che c’è in Italia”

    Non so se tu hai letto la “Sinistra rivelata” di Marino Badiale, che contiene un’affermazione fondamentale: la sinistra realmente esistente non è un archetipo astratto, ma il veicolo identitario di un gruppo sociale preciso, che analizza sempre tutti gli altri, ma non analizza mai se stesso – il ceto intellettuale subalterno.

    Cioè persone che hanno investito parecchi più anni della media negli studi, ma non hanno fatto – con poche eccezioni – una grande carriera. Non soffrono della concorrenza dell’emigrazione, visto che appunto la loro specialità è la gestione della parola italiana; ma rischiano molto dal crollo sociale, e sono carichi di risentimento e paura per il futuro. Quindi non rivolgono il loro astio verso gli stranieri, a differenza dei ceti non intellettuali, ma verso il mitico “berlusconismo”.

    E ci tengono in maniera irrazionale alla propria identità di “sinistra”.

    • Peucezio scrive:

      Dev’essere interessante questo testo.
      Le tue righe di estrema ma efficace sintesi mi trovano d’accordo tranne che per una cosa: se non le hanno fatte loro le carriere, chi le ha fatte?
      Tra l’altro la collocazione a sinistra caratterizza non solo tanti personaggi che hanno fatto carriera nello stato o in società private, ma anche la maggior parte o larghissima parte di liberi professionisti di successo e facoltosi, medici specialisti, avvocati, notai, architetti ecc.
      Che poi, essendo circa la metà della popolazione italiana, fra la gente di sinistra ci siano anche tanti sfigati con ruoli sociali e redditi scarsi, non c’è dubbio: molti, forse la maggior parte, di questi ultimi hanno una posizione modesta ma garantita (insegnanti di ruolo, piccoli impiegati ecc.), ma ci sono anche i laureati disoccupati o eterni precari e sono senz’altro tanti. Però lo persona istruita ha sempre delle armi in più.
      Mia madre, facendo volontariato, constata come spesso il problema fondamentale dei più indigenti, sbandati o comunque bisognosi d’aiuto (parlo degli italiani; gli immigrati partono già di base da una condizione di svantaggio) è proprio l’assenza di quel minimo di consapevolezza e strumenti culturali che consentano loro di muoversi con più efficacia nella società, di sapersi rapportare con l’amministrazione pubblica, i servizi sociali o altre entità, di presentarsi in un certo modo, di essere consapevoli dei propri diritti, di avere un senso più maturo e solido della propria dignità sociale e personale e dei mezzi per tutelarla.

  20. Miguel Martinez scrive:

    per Matteo

    “molto molto bello, grazie per averlo pubblicato.
    Consigliereste qualche testo in particolare di Preve sulla storia degli ultimi decenni?”

    Preve ha scritto una quantità incredibile di cose, in genere per minuscole rivistine “estremiste” o per chiunque sia disposto a pubblicare senza censure ciò che scrive.

    Non ho una cultura filosofica, e quindi buona parte dei suoi testi più legati all’analisi filosofica del pensiero di Marx o di Hegel a me interessa poco, anche se ovviamente è la parte più importante della produzione di questo professore di filosofia.

    Quindi parlo solo in base ai miei interessi personali: il libro per me migliore in assoluto, più chiaro, più “storico” e meno “filosofico” (e meno legato a polemiche interne alla sinistra), sarebbe la Quarta guerra mondiale http://www.hoepli.it/libro/la-quarta-guerra-mondiale/9786009996964.asp , dove dipinge un quadro complessivo dell’ultimo secolo di storia.

  21. Peucezio scrive:

    In generale nella critica così veemente di Preve alla sinistra non ci vedo tanto una questione di rancori personali legati alla propria storia culturale e ideologica ecc.
    Questa sarà stata pure l’occasione pratica, ma a me pare di poter individuare due ragioni fondamentali che rendono inevitabile a uno come Preve un atteggiamento di questo tipo:
    1) per un intelletto critico, anticonformista come lui, la sinistra, cioè l’orientamento prevalente o quasi esclusivo del ceto intellettuale italiano, non può non essere un bersaglio polemico: che senso avrebbe per lui volersi opporre al conformismo degli operai o delle sciampiste?
    2) e più importante: la sinistra oggi ha smarrito le ragioni dell’opposizione frontale e radicale agli Stati Uniti e all’Occidente come potere violento, accentratore e imperiale che vuole non solo rapinare risorse, ma anche imporre con la forza, economica e militare, modelli e mentalità. E a tal punto le ha smarrite, che si trova sostanzialmente a prendere le parti dei suoi ex nemici (ammesso che lo siano mai stai davvero: li volevo vedere i sessantottini a stare sotto Breznev), sia pure stigmatizzandone a parole gli eccessi più vistosi (tranne poi votare a favore del rifinanziamento della missione in Afghanistan, come fece la sinistra radicale durante l’ultimo governo Prodi, ma è solo un esempio) e arrivare a criticare chiunque si smarchi dai ranghi e scandalizzarsi quindi degli accordi di Berlusconi con Putin o Gheddafi, in quanto traditore dell’Europa e dell’asse atlantico (ci fu tempo fa un’intera paginona dell’Unità che deprecava questa sia pur timida e parziale ricollocazione geopolitica dell’Italia berlusconiana).

  22. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio

    “la sinistra, cioè l’orientamento prevalente o quasi esclusivo del ceto intellettuale italiano,”

    Però abitando prima in Emilia Romagna e ora in Toscana, vedo anche un’altra sinistra, molto diversa.

    I sindaci, gli amministratori locali, le organizzazioni di mutuo soccorso, le cooperative industriali e di consumo, l’Unipol, le reti di capitalismo cauto ma efficace, i sindacalisti, i gestori poco visibili dei fondi per “progetti europei” di vario tipo. Gente che offre certo lavoro a parte del ceto intellettuale subalterno, ma è antropologicamente molto diversa.

    Persone relativamente oneste e modeste, del tutto inserite nel sistema capitalistico, ma non amante del gioco d’azzardo, un po’ grigie e profondamente “italiane”.

    Spesso con un livello di istruzione relativamente basso, ignara di lingue estere, ma con una lunga esperienza concreta, figli di militanti storici del “Partito”. Capaci spesso di battere nel lungo corso i più pittoreschi rivali della destra politica.

    • PinoMamet scrive:

      Una descrizione perfetta!
      Di questo tipo di umanità qui se ne incontra a bizzeffe, basta entrare in un qualunque ufficio (praticamente ogni assicuratore sopra i 40 che ho conosciuto è così, ma ce ne sono dappertutto).

      Persone che votano abitudinariamente a sinistra, che hanno considerato il berlusconismo agli antipodi del loro modo di essere ma che ridevano ogni tanto alle barzellette di Berlusconi (perlomeno quelle che facevano ridere) perché in fondo erano le stesse che raccontavano loro nelle pause per il caffè, che hanno una salda conoscenza pratica ed empirica del loro campo di lavoro e sanno dove “mettere le mani” per scorciatoie varie- cosa che manca ai più giovani colleghi meglio preparati teoricamente- conservatori come stile di vita personale ma blandamente progressisti socialmente e piuttosto tolleranti per lo stile di vita altrui
      (frase vera: “io alla manifestazione per i diritti dei gay ci vado, ma, trenta centimetri di distanza dal mio culo!”).

      Sono quelli che si dimostrano scocciati quando il “marocchino” di turno si presenta all’ufficio, ma poi una mano gliela danno.

      Profondamente diversi dai “kuministi”, cioè il ceto intellettuale che la destra identifica di solito come i tipici “comunisti ricchi” (anche se poi spesso non sono affatto ricchi neanche loro, anzi);
      che però esistono, pure, e posso portare vagonate anche di questi, a richiesta 😉

  23. Peucezio scrive:

    Sì, quella è proprio un’altro tipo di sinistra.
    Mi chiedo (o, meglio, ti chiedo) però quale sia l’età media di questo tipo di persone. Se non sia cioè un residuo, sia pure abbastanza vitale, non sappiamo ancora per quanto, di una sinistra del passato recente.

  24. daouda scrive:

    Tendenzialmente ha torto.
    Indipendentemente dai vari capitalismi , si sta uccidendo Keynes per Friedman per poi tornare a Keynes.
    Ciò in ogni parte del globo ( la Cina è Keynes ma dovrà fare Friedman quando si avvierà al fallimento ).Per esistere Keynes deve essere mondiale. Per arrivare a tale livello ci deve essere un fridmanismo bieco da abbatere.

    A questo allude la pappa odierna della sinistra vera che Preve disgusta giustamente.

    Non è una cosa di modi di produzione. E’ che esistono solo questi due modi di valutare la politica economica se si accetta l’esistenza del pubblico e del privato e si dà valore alla convenzione vigente riguardo “la moneta”.

  25. Elvino.R scrive:

    Caro Costanzo,sono sempre molto attento e seguo sempre con interesse particolare i
    tuoi scritti si da quando giovane ferroviere a Torino venivo ad ascoltarti alla storica
    sez.39, ai tempi in cui Dino Rebbio la dirigeva .
    Il mio non è un commento,non c’è bisogno tanto mi sento vicino, ma un ringraziamento
    per la sempre lucida capacità di analisi filosofica,che ci fà sentire meno soli e disperati.
    Grazie Costanzo un abbraccio affettuoso.
    .

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