Solidarietà a Mario Borghezio

”Spiace sentir qualificare come ‘farneticazioni’ le stesse idee forti, sulla realta’ del pericolo islamista che, ovviamente al netto della violenza e piu’ che mai di quella contro persone innocenti come le vittime della strage di Oslo, per non fare che un solo straordinario esempio, persone coraggiose e lungimiranti come Oriana Fallaci hanno espresso con grande chiarezza”.

Mario Borghezio

Circa una volta la settimana, i media ci indicano il capro espiatorio di turno.

Da ieri, e per qualche ora ancora, è il solito Mario Borghezio della Lega.

Mario Borghezio, in un intervento (a La Zanzara, programma di Radio 24) che merita di essere ascoltata attentamente, ha detto la stessa cosa che abbiamo scritto qui.

Eccolo qui, il Borghezio che parla, ascoltate bene e non limitatevi alle citazioni fuori contesto dei media.

Borghezio ha parlato in maniera pacata, nonostante un giornalista incalzante, dalla voce non si sa se più isterica o viscida, che non ascoltava minimamente il suo discorso, ma cercava di fargli dire una battuta autoincriminante sui Templari.

Mario Borghezio dice di condividere le idee di Anders Breivik, che ritiene ottime; mentre non condivide l’azione commessa da Breivik.

E dice che le idee di Breivik (non le azioni) sono condivise da partiti che “vincono le elezioni in tutta Europa” e prendono il 20% dei voti in molti paesi; e quindi sono condivise da circa cento milioni di europei.

Io aggiungo (non li ha citati Borghezio) che le idee di Breivik, tolta qualche punta personale, sono le stesse di Oriana Fallaci, di Magdi Cristiano Allam, di Marcello Pera, di Vittorio Feltri, di Fiamma Nirenstein, e di tutti gli altri “nemici del multiculturalismo” di cui abbiamo parlato spesso su questo blog.

E all’estero, sono le idee di Geert Wilders, di Filip Dewinter, di Thilo Sarrazin, ad esempio.

Chiaramente, più uno scrive, più ci mette di personale e quindi siamo sicuri che nelle 1.500 pagine degli scritti di Breivik, ci saranno tante piccole divergenze con tutte le persone citate; ma il nucleo del discorso è quello. E ovviamente stiamo parlando delle idee, non della strage. Le persone che abbiamo citato apprezzano le stragi solo se commesse in divisa, e preferibilmente dall’aria.

Borghezio viene attaccato per i soliti due meschini motivi: da parte della sinistra (in senso ampio) per segnare un punto (“amico di un killer pazzo che ha fatto notizia”) contro la destra. E da parte della destra per non permettere alla sinistra di segnare il piccolo punto mediatico.

Da nessuna parte, ovviamente, la minima attenzione a ciò che Borghezio ha realmente detto; né tantomeno a ciò che Anders Breivik ha realmente detto (se non altro, a differenza dei propri compagni di partito, Borghezio dimostra di saper leggere l’inglese).

E quindi nessuna attenzione a ciò che bolle realmente nella grande pentola europea. Tutti a condannare con tanta violenza il sintomo, da vietare ogni menzione della malattia.

Vi lascio con questo interessante tema di discussione e stacco la spina del computer per qualche giorno.

Come sapete (e come spiego in alto a destra su questo sito), i commenti non sempre passano automaticamente. E capita – non so perché – che vengano bloccati anche commentatori che sono stati già approvati. Quindi se non vedete pubblicare i vostri commenti in mia assenza, abbiate pazienza e aspettate il mio ritorno. Quando scoverò ad un ad uno i commenti autentici in mezzo a un oceano di spam.

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366 risposte a Solidarietà a Mario Borghezio

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  2. Claudio Martini scrive:

    Ieri sera pensavo: ecco, Miguel dovrebbe riconoscere l’onestà intellettuale di Mario Borghezio.
    Evviva gli uomini coerenti

  3. izzaldin scrive:

    qualcosa di simile è accaduto in america con il conduttore idolo dei repubblicani e dei tea party glenn beck, che recita lo stesso ruolo di borghezio più o meno.
    la cosa più vergognosa non è borghezio, ma calderoli.
    calderoli prende le distanze da borghezio, perchè calderoli per ora impersona l’anima “umana” e “dialogante” della lega.
    ma calderoli, da ministro(!) ha indossato la maglietta con le vignette blasfeme contro maometto, scatenando una rivolta a bengasi che causò diversi morti.
    calderoli è quello che ha portato un maiale a cammimnare sopra un sito dove si sarebbe costruita una moschea.
    ha fatto pisciare un maiale sul luogo in cui della gente voleva pregare.
    un gesto da nazista, un gesto che, sommato a mille altri comportamenti quotidiani del suo partito, sta facendo sprofondare l’europa di nuovo verso l’odio contro un capro espiatorio etnico.
    adesso fa l’anima bella e chiede scusa alla norvegia, ma breivik non sarebbe esistito senza i calderoli di tutta europa.
    saluti,
    izzaldino.

    • Francesco scrive:

      dissento dall’ultima affermazione

      B. era pazzo alla massima potenza, se non avesse intercettato la lotta al multiculturalismo avrebbe scelto lo specismo o il tifo calcistico o l’ecologismo o il pericolo papista

      e nel mondo di ADV avrebbe scelto la diatriba sulla notazione delle derivate o tra geometrie euclideee e non euclidee, perchè la notorietà e la violenza erano il suo fine, le idee una scusante

      • PinoMamet scrive:

        Quindi per ora io ho letto queste due strategie di smarcamento:

        1- “odiava l’Islam e i multiculturalisti, ma in fondo è colpa lora che si fanno odiare”

        2-“odiava l’Islam e i multiculturalisti, ma nel suo caso specifico le motivazioni, guarda un po’, non c’entrano”

        😉

        • Francesco scrive:

          strategia di Francesco:

          1) odiava l’Islam, e questo è assai discutibile

          2) odiava i multiculturalisti, invece bisogna detestare l’errore e non l’errante

          3) sparava alla gente e questo è assai brutto

          va bene così?

          non diventerò marxista (rimanendo però marxiano) nè multiculturalista (qualunque cosa questo termine significhi) per smarcarmi da quell’idiota logorroico.

          ciao

      • izzaldin scrive:

        @francesco
        appunto.
        evidentemente, piuttosto che gli ultras o gli ecologisti o i militanti vegani, sono stati i calderoli, fallaci, wilders,allam, dewinter e yeor a far suonare le corde della sua pazzia.
        se da dieci anni schiere di politici giornalisti ed intelletuali parlano di inevitabile scontro tra civiltà diverse ed incompatibili,e poi accade un atto del genere, (oltretutto giustificato esplicitamente dalle teorie di questi razzisti europei) la malattia mentale ci può entrare sì, ma relativamente.
        è come dire che i tedeschi che assaltavano sinagoghe e negozi di ebrei negli anni ’30-’40 erano “pazzi all’ennesima potenza”, e avrebbero fatto lo stesso in nome dell’ecologismo, calcio, etc…
        un kamikaze che si fa saltare in aria in un suk del cairo è probabilmente un “pazzo all’ennesima potenza”, ma senza la propaganda martellante di qualche imam senza scrupoli non si farebbe saltare in aria.
        baruch goldstein era “un pazzo all’ennesima potenza”, ma senza la propaganda di meir kahane et similia difficilmente avrebbe aperto il fuoco dentro ad una moschea.
        voglio dire: è ovvio che si tratta di gente con qualche squilibrio mentale, però bisogna riconoscere che i politici razzisti buttano ettolitri di benzina sul fuoco. oppure no?
        poi, bisognerebbe dare una definizione clinica di quella che tu chiami pazzia, sennò rimaniamo nell’ambito delle supposizioni.
        eichmann era più sano del medico che l’ha visitato, ma ciò non gli impedì di pianificare uno sterminio.
        saluti,
        izzaldin

        • Francesco scrive:

          No

          Stai cercando di imporre un discorso pubblico censurato e buonista con la scusa di non eccitare gli animi.

          Mi sembra un’idea socialdemocratica …

        • Francesco scrive:

          >> se da dieci anni schiere di politici giornalisti ed intelletuali parlano di inevitabile scontro tra civiltà diverse ed incompatibili,

          Ah, questo è il contenuto dell’accusa di razzismo?
          non sono certo della incompatibilità (in fondo, romani e germani si sono fusi negli europei occidentali in qualche secolo) e neppure della inevitabilità (anche se mi pare l’ipotesi più ragionevole), non condivido quasi nulla di quello che dice la Lega o Allam, però se porsi il problema è razzismo, temo di essere colpevole.

          PS miguel, vale anche per moltissimi rivoluzionari, non solo per i controrivoluzionari, chi ha un difetto di riconoscimento di umanità nell’altro propende per la violenza

        • giovanni scrive:

          “un discorso pubblico censurato e buonista ”
          quindi per franceschiello o camurrista il discorso pubblico deve essere pieno di odio antislamico per essere libero. Questa è la libertà dei camorristi, la libertà di offendere

      • giovanni scrive:

        no, franceschiello o camurrista. Breivik è come voi, ma con più palle, non te la cavi dicendo che era pazzo

        • Francesco scrive:

          palle? perchè viola il principio di non usare la violenza in politica e ammazza ragazzini indifesi o mette bombe in piazza?

          direi che la tua idea di “coraggio” rivela una TUA fortissima contiguità alla camorra, altro che mia

          PS non capisco bene come faccio a essere camorrista e secessionista allo stesso tempo …

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Francesco

        Visto che hai parlato del mio mondo, ti ricordo che nel mondo tuo e dei correligionari tuoi la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo, e che la sapienza delle cose divine è stoltezza per gli uomini. Ignoro se Brevik sia pazzo, perchè non sono uno psichiatra nè l’ho visitato. A leggerlo, non mi sembra più folle di Pietro l’Eremita o del papa che considerava la vaccinazione antivaiolosa contraria alla volontà divina. Poi lo credo bene che cercasse pubblicità e violenza: è un uomo di fede, e lo scopo della fede è la conversione, cioè lo schiavardamento a nostro piacimento dei cervelli altrui, proprio come lo scopo della rivoluzione è -orwellianamente- la dittatura.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Francesco scrive:

          e questo cosa c’entra mai?

          valutare B. dal suo papirone a prescindere dalle azioni è metodologicamente scorretto.

          io ho fatto notare che non c’è nessun bisogno di Fede nè di Ideali per massacrare altre persone – potresti rileggere I viaggi di Gulliver con notevole guadagno, o anche Arancia Meccanica

          mettere la testa sotto la sabbia, sia pure pensando alla pace perpetua di Kant, è risibile

  4. Qûr Tharkasdóttir scrive:

    Notizie da lassù.

    Il Dansk Folkeparti è arrabbiatissimo dopo l’attacco frontale di un professore della scuola di polizia di Oslo, in cui fa presente che il DF, con la sua retorica ad oltranza, ha avuto un ruolo determinante nella propagazione del odio. Bisogna sapere che il DF e il FP, il partito dal quale si è sciolto nel 1995, hanno anticipato di molti anni il discorso “populista di destra ultra” ormai diffuso non solo in Scandinavia ma anche in tutta Europa. Risponde categoricamente il vertice del DF sulla difensiva: “non assumiamo nessuna responsabilità, assolutamente nessuna: per noi esiste una linea infrangibile tra la parola e l’atto”. Risposta da varie parti: quant’è sottile o spessa, questa linea? E: come potete onestamente credere che tra quelli che ascoltano la vostra propaganda da decenni, non ci sarà qualcuno come Breivik per farne a meno, della vostra linea?

    Il c.d. ministro danese dello Sviluppo e dell’Integrazione (= gestione dell’espulsione degli immigrati), un giovane arrivista che fa parte della frangia più vicina al DF nel partito Venstre (liberalista-filoatlantista) al governo da dieci anni, si è fatto notare mettendo sullo stesso piano il Breivik con la gente che qualche hanno fa hanno occupato una chiesa di Copenhagen per tentare di impedire il rimpatrio forzato di un gruppo di rifugiati iracheni (e si son fatti massacrare dalla polizia), o addirittura con l’azione che si sta svolgendo proprio in questi mesi in una zona protetta del litorale per impedire il disboscamento e la costruzione di un gigantesco parco eolico (una vicenda infinitesimale in confronto alla Val di Susa, in termini sia di intensità, sia di violenza, sia del numero delle persone coinvolte). Subito disconosciuto dal proprio partito, ma come dice il Grillo – loro non molleranno mai?

    Leggete se lo potete “L’odio in mezzo a noi”, il migliore articolo che ho trovato finora in Scandinavia, dall’antropologo sociale norvegese Sindre Bangstad – qua in danese:

    http://politiken.dk/debat/ECE1345889/hadet-i-vor-midte/

    Mi dispiace, ma non ho il tempo di tradurlo – provateci con Google:

    http://translate.google.com/?hl=it#da|it|

    – e con molta cautela! O allora, se leggete l’inglese, eccellente articolo dal Glenn Greenwald qui:

    http://www.informationclearinghouse.info/article28679.htm

  5. izzaldin scrive:

    @francesco
    hahaha! io non voglio imporre niente.
    il mio messaggio era di tipo “descrittivo”, non “prescrittivo”: ho raccontato ciò che succede nel mondo, non mi sognerei mai e poi mai di assumere atteggiamenti censori, oppure di “imporre un discorso pubblico censurato e buonista”. non è nel mio carattere. ognuno dica e faccia ciò che vuole, ci mancherebbe.
    non ho mai detto di voler rinchiudere magdi allam in un ospedale psichiatrico o in prigione, finchè avrà un pubblico di lettori disposto a pagare per leggere i suoi articoli, è liberissimo di farlo, io non sono nessuno per impedirglielo, nè mi sembra giusto farlo.
    ma questo non mi impedisce di rintracciare le fonti del pensiero omicida di breivik.
    io sono per la libertà d’espressione, figuriamoci, ho pure detto che borghezio è più coerente con ciò che ha sempre fatto, rispetto al calderoli paraculo..questo non mi sembra proprio buonismo.
    ti faccio un esempio: io sono FERMAMENTE CONTRARIO all’arresto di david irving per le sue teorie negazioniste, nonostante non le condivida: ognuno deve potersi esprimere, il dibattito pubblico PIU’ E’ AMPIO, MEGLIO E’.
    se migliaia di calderoli in europa incitano all’odio etnico, liberi di farlo.
    come sono libero io di rintracciare in essi coloro che hanno dato benzina (e ideali, cit. Mill) a gente come breivik, o agli altri esempi che ho fatto nel post precedente.
    saluti,
    izzaldin

  6. Miguel Martinez scrive:

    Non so bene cosa voglia dire “pazzo”.

    Io dico solo che Breivik è una persona insolita, con un rapporto tra idee e comportamento che ha una persona su un milione.

    Non so se la cosa abbia un nome scientifico.

    Sicuramente non è “un violento patologico”: penso ad esempio ad Angelo Izzo, che ha cominciato a fare rapine, stupri e pestaggi più o meno dal momento in cui è diventato adolescente. Izzo evidentemente non poteva farne a meno; Breivik è arrivato a 32 anni con un unico “precedente”, una condanna per qualche violazione del codice della strada.

    Intelligenza non è sinonimo di lucidità autentica: pensare di scatenare la rivoluzione europea facendo una strage di ragazzini bianchi è evidentemente controproducente, tanto che tutte le persone che la pensano come lui stanno correndo a prenderne le distanze, non a imitarne l’esempio. Breivik ha fatto più danno alla causa neo-con (in senso ampio) di Bin Laden.

    E in questo ci trovo qualcosa di folle, nel senso che la sua visione personale gli oscura la realtà: ma non è certamente l’unica persona a soffrire di un tale difetto.

    Le cose che ha fatto sono decisamente fuori dal comune in tempo di pace; ma sono la norma in tempo di guerra. Pensiamo ad esempio agli studi psicologici che hanno fatto gli inglesi durante la seconda guerra mondiale sulla demoralizzazione della popolazione civile tramite bombardamenti. Oppure pensiamo agli Arditi nella prima guerra mondiale, che si lanciavano in missioni altrettanto rischiose a migliaia.

    Invece, condivido abbastanza l’ipotesi di Francesco: il suo carattere lo avrebbe portato a conseguenze estreme, anche se avesse avuto altre idee. Mi sembra giusto, al limite anche verso tutti i “counterjihadist”, che certamente non avrebbero avuto la correttezza di ammettere la stessa cosa nei confronti di un suo simile musulmano.

    Semplicemente, quello di Breivik è uno degli esiti possibili di una mentalità che comprende anche indossare magliette antislamiche, come ha fatto Calderoli, o fare tante altre cose provocatorie ma all’interno della legalità.

    Soprattutto, vorrei che fosse chiaro che il mondo di idee di Breivik era quello. Ecco perché ritengo così fuorviante chiamarlo un “cristiano fondamentalista”.

  7. Peucezio scrive:

    “Breivik ha fatto più danno alla causa neo-con (in senso ampio) di Bin Laden.”

    Beh, direi che Bin Laden ha reso un servigio impagabile alla causa neo-con: forse, senza di lui sarebbe rimasta un fenomeno di secondaria importanza.
    A Breivik è sfuggita la cosa fondamentale, e cioè che siamo in un’epoca in cui per gli occidentali è molto più vincente fare le vittime che i carnefici. Essere carnefici paga solo se lo si fa in divisa, come dici giustamente, e soprattutto nei confronti di non occidentali.

    Come al solito non si può non apprezzare la tua estrema onestà intellettuale, che ti fa difendere un personaggio come Borghezio, diametralmente opposto a te su un piano ideale e, direi, quasi antropologico.

    • Karakitap scrive:

      Per una volta sono d’accordo, oltre che con il post, è fin troppo facile sparare su uno come Borghezio (ed io sono uno che quando lo vede si pone davvero seri dubbi sull’evoluzione umana) che ha almeno il pregio di essere coerente e non di avanzare scuse posticce.
      Salutoni, Karakitap
      PS. (e OT) la lettura della tesi di dottorato che mi hai ultra gentilmente inviato sta procendendo più lentamente di quanto avrei voluto, ma posso dire che è un documento davvero ben fatto, complimenti a chi lo ha realizzato.

      • Daouda scrive:

        Come la lega tutta è un movimento d’unità nazionale, ugualmente Borghezio fà la sua parte.
        Difatti è anche lui di sinistra, a farci caso.

    • Val scrive:

      “A Breivik è sfuggita la cosa fondamentale, e cioè che siamo in un’epoca in cui per gli occidentali è molto più vincente fare le vittime che i carnefici. Essere carnefici paga solo se lo si fa in divisa, come dici giustamente, e soprattutto nei confronti di non occidentali.”

      Sono d’accordissimo. Aggiungo che data la sensibilità odierna (e già l’abusatissimo termine “sensibilità” è rivelatore) persino quelli in divisa devono fortemente dissimulare la loro funzione di carnefice. C’è qualcosa di più e di diverso dall’eterna storiella dell’agnello che inquina l’acqua al lupo. Oserei dire che una delle cifre dei nostri tempi è proprio il vittimismo. C’è un forte nesso tra la cultura del vittimismo e la cultura dei diritti umani: la negazione di un diritto, vero o presunto, consente di assumere lo status di vittima; al contempo, riuscire ad “accreditarsi” come vittima implica stabilire l’esistenza di un qualche diritto negato. Sarebbe un discorso, questo, molto lungo da affrontare, ma credo sia un punto chiave per capire molte cose della nostra civiltà. Per ora mi limito a constatare che il “pazzo” di Oslo risulta “perdente” non tanto per la terrificante coerenza tra pensiero e azione, ma per la trasparenza con cui ha scelto per sé il ruolo di carnefice.

  8. Miguel Martinez scrive:

    Mi scrive, in privato ma non troppo, un lettore cattolico:

    “Hai perfettamente ragione: Borghezio candidamente ammette di aderire al cristianismo, così come Ferrara & C.
    Quanto alla sua presa di distanza dalla violenza (“le idee sono giuste, ma respingo i mezzi”), è solo strumentale: anni fa, a un convegno tradizionalista, Borghezio arringò i giovanotti presenti invitandoli a mettere “qualche bombetta”, senza che il moderatore, il filo-tieffepista De Leonardis avesse niente da eccepire. Mi alzai furioso e gli dissi di tutto, ricordandogli che tali “suggerimenti” avevano già fatto abbastanza danni negli anni di piombo, influenzando tante giovani menti. E aggiunsi che le sue idee cristianiste erano l’antitesi del cattolicesimo. Protestai anche con De Leonardis per il suo silenzio-assenso, ma questi replicò… attaccando Blondet (?!) e le sue idee “complottiste”…
    Puoi anche diffondere tutto ciò: ho i testimoni!
    Buona giornata, a te e a tutti.”

    • Daouda scrive:

      Aristotele insegna : determinata sostanza determinati accidenti( anche se sui fenomeni c’è sempre da stare attenti che spesso sono misinterpretabili , che sò, come un miraggio).

      Ad ogni modo tutto torna. E non è strano che la Lega si senta molto mittel-europea, molto WASP.

      Ocio!

    • laura scrive:

      proposta di testo per la petizione contro Borghezio e compari
      qua per mandare la petizione https://www.secure.europar​l.europa.eu/parliament/pub​lic/petition/secured/submi​t.do?language=IT

      http://www.facebook.com/ev​ent.php?eid=21300275875008​3

      Ai sensi della Legge Mancino del 25 giugno 1993 chiedo conformemente agli articoli 1, 2 e 4

      che l’Eurodeputato Mario Borghezio venga immediatamente destituito dalle proprie funzioni per le dichiarazioni xenofobe rilasciate a Radio 24, in merito agli attentati compiuti in Norvegia. Viviamo in società multietniche per ragioni che vanno dall’inquinamento ambientale provocato in gran parte dalle società occidentali nei paesi del sud del mondo, alla povertà e alle guerre che costringono le persone ad emigrare. Credo che dopo questa strage un nuovo mostro si aggiri per l’Europa, quello dell’intolleranza e della xenofobia, di cui abbiamo tristemente valutato la bestialità abbattutasi essenzialmente su giovani ed adolescenti inermi. In Italia negli ultimi anni Mario Borghezio, alcune testate giornalistiche, prima fra tutte Il Giornale di Vittorio Feltri, il partito al quale appartiene l’eurodeputato e molti parlamentari del PDL, hanno con i loro discorsi tenuti durante comizi, interventi televisivi e radiofonici di larga diffusione, provocato numerose aggressioni ai danni degli immigrati. Conto tenuto della crisi economica che affligge ormai l’intero globo non possiamo che prevedere ulteriori arrivi di persone indigenti, le quali non possono secondo la Carta dei Diritti Umani essere discriminate e ancor meno perseguitate. Il livello di tensione delle nostre società sta crescendo in ogni dove, per questo risulta urgente e necessario prendere seri provvedimenti affinché nessun personaggio pubblico possa tenere propositi razzisti e continuare a svolgere le proprie mansioni. Mario Borghezio sostiene e appoggia gruppi dichiaratamente fascisti. A Milano ha ospitato nella propria sede e partecipato a numerosi meeting di realtà come “Cuore Nero” e oggi Casapound, in evidente contrasto con l’articolo 4 della legge Mancino.

      Con la speranza che queste parole vengano ascoltate, affido alla vostra coscienza il compito di prendere i necessari e urgenti provvedimenti”

  9. Moi scrive:

    Ma il giornalista incalzante è il noto Attivista Gay Igor Messina ?

    … Be’, starà “in cazzimma” perché non è passata la “Discrimnazione Positiva*” (“Arma a doppio taglio” in Europa molto più che negli USA in cui è stata concepita in casa “Liberal” del Politically Correct ) a tutela dei gay dalle aggressioni, quindi DEVE “far passare l’ idea” che chi vota contro la Legge sull’ Omofobia** come reato specifico è un Nazista senza se e senza ma !

    _________________

    * Lettura consigliata al riguardo

    “La Cultura del Piagnisteo, ed. Adelphi di Robert Hughes”

    http://www.interruzioni.com/piagnisteo.htm

    ____

    ** Curiosa la “convergenza parallela” che gli EteroMondialisti vogliono creare tra Omofobia e Islamofobia … “naturalmente” il loro Islam è un’ Immenso Valdismo al Kebab 🙂 😉

  10. Peucezio scrive:

    Tornando al tema principale dell’articolo, se dovessimo censurare tutte le idee la cui applicazione da parte di qualcuno ha fatto dei morti, credo che l’umanità intera dovrebbe stare sempre zitta.

  11. jam... scrive:

    …”bisogna detestare l’errore e non l’errante”
    ma x’ Francesco non approfondisci la tua analisi?
    In un momento e luogo del pensiero e del comportamento, cioé dell’agire,
    errore e errante coincidono
    e un’idea sbagliata, o male interpretata, non puo’ che produrre abominio; quindi una idea giusta e ben interpretata non puo’ che produrre comportamenti edificanti.
    se l’assassino odia i multiculturalisti é x’ odia il multicuturalismo, e questo non é solo “brutto” come dice Francesco, brutto lo direi se si trattasse di una sfilata di moda! qui aggiungerei qualcos’altro x sfuggire al pensiero frivolmente leggero che tralascia un dettaglio fondamentale che determina il senso dell’idea.
    qui direi “sbagliato e mostruoso”, idea sbagliata che in quanto tale non puo’ che produrre comportamenti sbagliati.
    dire “le idee sono giuste, ma respingo i mezzi” é un non senso.
    un’idea ha già in sé stessa i suoi mezzi e un’idea giusta ha i mezzi ed il comportamento degno di civiltà, altrimenti é un’idea sbagliata al quale mettiamo un abito ipocriticamente attirante; ma attenti: l’albero si vede ai suoi frutti, alle sue azioni.
    si dice il peccato, ma non il peccatore:
    ma quando il peccato é mortale quando il crimine é troppo grande, in nome della legge cosmica dell’amore universale che non tollera la menzogna, che non vive, non respira con la menzogna, il peccatore emerge da solo x’ qui peccato e peccatore sono lo stesso sozzume sozzura sozzone.
    quindi detesto l’errore e l’errante
    ciao

    • Francesco scrive:

      >> un’idea ha già in sé stessa i suoi mezzi

      non sono d’accordo: un’idea può essere giusta ma parziale, limitata, e non arrivare a comprendere i “principi generali” di sostegno delle idee e di confronto tra persone con idee diverse

      nessuno ha veramente diritto di detestare l’errante: Dio stesso impose di non toccare Caino, il primo assassino, rivendicando a sè solo il diritto di giudicare

      guardiamo un attimo a questo tizio: un uomo solo, con le mani sporche del sangue di decine di innocenti, perso in deliri che lo isolano e in sogni puerili, una vita sprecata, una quantità immensa di dolore causata … a me fa pena

      sbaglio?

      • mirkhond scrive:

        Sono d’accordo con Francesco. Si può commettere una strage anche per una partita di calcio, come nel 1985 con Juventus-Liverpool, in cui persero la vita 39 italiani, tra cui un mio concittadino che tornò a Bari nella cassa da morto…

      • Ritvan scrive:

        —-nessuno ha veramente diritto di detestare l’errante: Francesco—-
        Se “l’errante” fa una strage io lo detesto eccome!

        —Dio stesso impose di non toccare Caino, il primo assassino, rivendicando a sè solo il diritto di giudicare—-
        Mah, quella era una “amnistia ad personam”, magari imposta dalla scarsità demografica:-). Infatti, poi Dio mica si è ripetuto in caso di altri omicidi, eh!

        —guardiamo un attimo a questo tizio: un uomo solo, con le mani sporche del sangue di decine di innocenti, perso in deliri che lo isolano e in sogni puerili, una vita sprecata, una quantità immensa di dolore causata … a me fa pena—
        A me, invece, fanno pena quelle vittime innocenti e il dolore dei loro parenti ed amici. L’assassino – che sarà alloggiato e nutrito a spese del contribuente norvegese per qualche decina d’anni in un residence di lusso – per niente.

        —-sbaglio?—
        Semmai erri:-), ma non per questo ti detesto, anzi….
        Ciao

        • Francesco scrive:

          Caro Ritvan,

          con tutto l’affetto che mi lega a te, il tuo post è perfetta testimonianza della superiorità della cultura religiosa (di cui io sono indegno esemplare) su quella laica-umanista (di cui tu sei ottimo rappresentante).

          Dio ha dato la sua indicazione con Caino, perchè mai dovrebbe ripetersi? chi vuole ascoltarLo può farlo, chi non vuole non lo farebbe neppure dopo mille ammonimenti. Ti rimando alla parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro.

          Chiaro che la pena è per le famiglie degli assassinati, per i morti, per il dolore immenso. Ma quando si volga lo sguardo all’assassino, si vedrà sempre che è un uomo – e anche questo è terribile.

          Ciao

        • Ritvan scrive:

          —-Caro Ritvan, con tutto l’affetto che mi lega a te, il tuo post è perfetta testimonianza della superiorità della cultura religiosa (di cui io sono indegno esemplare) su quella laica-umanista (di cui tu sei ottimo rappresentante). Francesco—-
          Ehmmm…caro Francesco, ricambio l’affetto ma precisiamo meglio: la tua è cultura religiosa CATTOLICA, mentre la mia è cultura religiosa islamica laica. Che la tua sia superiore alla mia lo dici in veste di oste che parla del proprio vino rispetto a quello della concorrenza?:-)

          —-Dio ha dato la sua indicazione con Caino, perchè mai dovrebbe ripetersi?—
          Perché, come già detto, la Sua indicazione era “ad personam”.

          —-chi vuole ascoltarLo può farlo, chi non vuole non lo farebbe neppure dopo mille ammonimenti.—
          Ma no, bastava che dicesse “Nessuno tocchi Caino e neppure chi in futuro si comporterà come lui”. Era tanto difficile? E siccome anche per mettere le manette a un assassino bisogna per forza “toccarlo”, per gli assassini sarebbe una vera pacchia:-)

          —-Ti rimando alla parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro.—
          No, ti prego, la parabola nooooo!!!:-)

          —-Chiaro che la pena è per le famiglie degli assassinati, per i morti, per il dolore immenso. Ma quando si volga lo sguardo all’assassino, si vedrà sempre che è un uomo – e anche questo è terribile.—
          Un uomo che si è comportato da cane idrofobo, però…beh, i tuoi cari Fratelli In Cristo ameregani in molti stati riservano a tipi simili lo stesso trattamento riservato ai cani idrofobi… e giustamente, direi, pur con tutto il rispetto per quel che disse a suo tempo il Signore su Caino:-)

          Ciao

        • PinoMamet scrive:

          Devo dire che sull’esemplarità del passo biblico, se cioè possa fungere da “precedente” o meno, concordo con Francesco
          (aridaje! sta diventando un vizio).

          la cosa è più compelssa di quello che sembra.

          Da un lato, se il passo c’è, se tutta la faccenda di nessuno tocchi Caino insomma sta lì, è per dirci qualcosa; altrimenti, cosa ce l’avrebbe messo a fare? Giusto un aneddoto fine a se stesso?

          Dall’altro, è chiaro che questa è un’interpretazione in divenire, quale può averla appunto un credente per il quale il libro sacro è fonte di continuo ripensamento e rilettura, e non una lettura laica, che si contenterebbe di notare che l’Antico Testamento prevede la pena di morte, e che le società cristiane (anche quella dipendente temporalmente dal Papa) la hanno applicata per secoli senza troppi patemi.

          Non conosco le riletture ebraiche del passo in questione, ma per lo sviluppo della questione in ambito cristiano bastano le parole di Gesù “chi è senza peccato ecc. ecc.”
          nella quale si invita appunto ad andare oltre le norme giuridiche imposte per venire incontro alla nostra “durezza di cuore”.

          Ciao!!

  12. Daouda scrive:

    Tiene ragione Ariel Toaff in quel che scrive, e su quel che non scrive, anche se il piagnisteo etnico se lo porta dietro…

    Cià.

    • daouda scrive:

      Che poi quel cattolico giust’apposto fà intendere proprio che il marchio sia come sia ancora pesa in qualche modo.

  13. Qûr Tharkasdóttir scrive:

    Intanto, in Norvegia non è che siano proprio apprezzate le opinioni di Borghezio:

    http://www.dagbladet.no/2011/07/27/nyheter/politikk/terrorangrep/terrorangrep_i_oslo/terrorangrepene/17469961/

    Titolo: “Alcune delle sue idee sono ottime”.

    Nel resto del articolo si parla degli appelli alla sua dimissione e di alcuni politici del FN francese e del SD svedese che si sono fatti notare in modo simile, e delle prese di distanza a tutto campo da parte dei vertici di quelle formazioni (come l’avrebbe fatto Calderoli). Tutti contenti, allora.

    • Peucezio scrive:

      E’ chiaro che si sono smarrite le categorie logiche elementari. L’umanità semi-alfabetizzata e regredita di oggi non capisce nemmeno che se uno dice che gli asini non volano e poi si smette a sparare alla folla, non è che gli asini si mettono a volare.

      • PinoMamet scrive:

        C’ è anche da dire che se uno dice che gli asini volano, non è che gli asini comincino a volare;
        anche se non spara sulla folla…

        • PinoMamet scrive:

          Mi riferisco, nel caso, alle idee fallacian-neocon dell’attentatore.
          Non è che a non sparare sulla folla diventino buone!

        • Peucezio scrive:

          Appunto. Non diventano né buone né cattive.
          Le idee vanno giudicate in sé, sul piano appunto delle idee, non in base ai comportamenti di chi le propugna.
          E comunque, se proprio devo pensare alle conseguenze tragiche dell’ideologia neocon e cristianista, francamente trovo molto più gravi centinaia di migliaia di morti iracheni e afghani, immani distruzioni e guerra civile ormai endemica da anni in due paesi, piuttosto che qualche decina di giovani norvegesi che, poverini, fanno pena anche loro, ma sempre meno di due nazioni devastate.
          Se Borghezio avesse detto che le idee di Bush sono giuste, nessuno si sarebbe strappato le vesti, al massimo qualche sinistroide avrebbe arricciato il naso (come se Obama fosse meglio). E allora chi si scandalizza per Borghezio e trovava tollerabili le donne e i bambini inceneriti a Falluja, vada a nascondere la sua faccia di m…. dove dico io, invece di pontificare su giornali e televisioni.

        • Daouda scrive:

          Apparte che il tuo discorso è veramente calzante, io voglio però spezzare una lancia in favore di Pino

          Il Signore stesso avvalora quel che scrive.
          Nel santo Vangelo di san Matteo (5,28) è riportato “Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore”.

          Calcolando che il peccato và sempre combattuto, che il determinismo è illogico, tenendo presente la diversità antropologica di ognuno di noi, una data idealità comporterà inequivocabilmente un dato effetto fisico ,coerente con questa ed utile al suo compimento ( tralasciando quindi se sia lucida psicopatia od un servizio commissionato).

      • Francesco scrive:

        sante parole.

        non voglio ignorare che esiste l’istigazione all’odio e che è un’azione abietta ma ormai siamo ben oltre.

        PS perchè si mescola l’interventismo democratico dei neocon con il razzismo della Fallaci? lei mica voleva che i paesi a maggioranza musulmana diventassero delle democrazie, voleva che stessero lontani da casa sua e, possibilmente, crepassero tutti.

        • PinoMamet scrive:

          Non sono io a mescolarli, Francesco, ma la galassia “destrica” italiana (non so come stiano le cose in altri paesi europei, però mi sembrano altrettanto confusi) che fà tutto un minestrone, in cui pescare di volta in volta l’argomento più succulento.
          Con quella comoda e ormai stranotissima incoerenza con la quale si possono rivendicare chiese in Arabia Saudita e negare moschee in Italia.
          (Le posizioni di Peucezio e, penso, di Daouda, al contrario, mi sembrano invece coerentissime).

          Poi a me l’interventismo può andare anche bene, purché sia motivato da ragioni reali e non da pretesti, e soprattutto purché sia fatto con raziocinio
          (entrambi i criteri mi sembrano escludere l’avventura franco-britannica in Libia, per esempio).

          Ciao!!

        • Francesco scrive:

          x Pino

          insomma, dei coglioni in cerca di facile pubblicità

          non mi interessano

          ciao

  14. ix scrive:

    La scoperta della ideologia filo/sionista del terrorista di oslo ed i suoi legami con le destre ebraiche ha fatto scatenare in Norvegia la psicosi da Kippà.

    Allarme bomba alla stazione
    http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=110779

  15. jam... scrive:

    x Francesco
    …quando detesto colui che sbaglia, ti parlo non come se io fossi Dio, ma come essere umano e quindi lascio sempre il margine, cioé quel punto del suo cuore che soltano Lui (Dio) conosce e dove nonostante il crimine commesso risiede Dio e quindi é un luogo indetestabile.
    il sigillo di Dio, soltanto Lui ne contiene la profondità, é un posto nascosto nel cuore, il cuore del cuore…ma certi crimini sono davvero ferocemente inumani e Dio dicendo di non toccare Caino, non é che non ne condanno’ edetesto’ il crimine, gli diede soltanto un’altra possibilità un’altra chance, ma detesto’ il Caino che uccise Abele altrimenti non avrebbe nemmeno detto: non uccidere nei comandamenti!
    ma il discorso non finisce li; cioé a volte ho dei dubbi: forse esistono degli uomini sul pianeta terra che hanno l’apparenza umana, ma in realtà sono dei “mostri” e quelli forse non hanno nemmeno il sigillo di Dio nel cuore, x’ proprio non hanno cuore
    …detesto l’errante, ma amo colui che erra cioé cammina e erra cioé a volte si sbaglia in cerca della Conoscenza
    detesto lo sbaglio, anche i miei sbagli s’intende, x’ vorrei volgermi verso uno sbaglio più piccolo, fino a farlo diventare agire corretto.
    Se non detesti l’errore come potrai amare la verità? o meglio come potrai riconoscerla? non puoi servire due padroni.
    ogni IDEA é inglobata in un’Origine, nonostante la parzialità o il suo manifestarsi che in maniera frammentaria,
    (ogni frammento é la parte di un tutto)
    le idee giuste e le idee sbagliate hanno prassi diverse x’ hanno origini diverse: esite l’ IDEA, ed esiste l’idea sbagliata.
    quando ti dico che un’idea ha già in sé stessa i suoi mezzi, cioé l’agire corretto o sbagliato ti ricordo che ogni IDEA é un angelo e ogni angelo ubbidisce a Dio e l’idea che non risponde a questi requisiti oltre a essere parziale e non é questo il problema, il problema é che é chiaramente sbagliata: l’idea sbagliata ascolta il diavolo e lo segue e non ama il il prossimo bensi’ la megalomania l’ orgoglio ecc..ecc…
    ciao
    ciao

  16. Miguel Martinez scrive:

    Luigi Copertino, un cattolico che si oppone alla deriva neocon dalle sue parti, scrive ad alcuni suoi amici (e mi autorizza a pubblicare):

    Da cattolico ai fratelli cattolici aggiungo che non dovremmo mai dimenticare che tra la Chiesa e la società , persino quando essa ha avuto la forma storica e sociologica di “Cristianità “, vi è sempre stata una certa, relativa, distanza, che impedisce l’identificazione totale tra la Chiesa stessa e la società .

    Tradotto in termini attuali: impedisce l’identificazione tra Chiesa ed Occidente odierno. Questo l’errore di “cristianisti”, neocons e teocons. Non a caso si parla di “atei devoti” e non a caso Breivik si definisce un “cristiano culturale” ossia un fautore della “civiltà cristiana” (quale, anche quella post Lutero?) senza alcuna necessità di questionare sui fondamenti metafisici di una tale civiltà presunta cristiana. Maurassismo allo stato puro.

    De Maistre, da un lato, e Lammenais, dall’altro, pur essendo l’uno sostenitore dell’Ancien Régime e l’altro della “nuova cristianità in versione democratica”, sono stati entrambi disapprovati dalla Chiesa proprio per questa loro identificazione della Fede con un assetto sociale particolare (reazionario o democratico poco importa).

    Agostino, per indicare la predetta distanza tra Chiesa e società , parlava della possibilità ed ammissibilità anche delle “leggi imperfette” ossia non collimanti perfettamente con la legge naturale. Tommaso d’Aquino non identitficava sic et simpliciter la legge civile con la legge naturale e quest’ultima con quella Eterna, ma differenziava i livelli ammettendo sempre la possibilità di un inevitabile scarto. Inevitabile come conseguenza del “peccato originale” e dunque della fallacia umana.

    Nella Dottrina Cattolica è prevista, appunto a causa del peccato, anche la tolleranza del male in quanto esso non è eliminabile dalle sole forze umane senza il concorso soprannaturale della Grazia, che resta sempre un dono e non un diritto.
    Un saluto a tutti.

    Luigi Copertino

    • pisti scrive:

      Io non sono d’accordo con Copertino,sono super d’accordo ma il problema è che questi sommovimenti sociopolitirelietnicultidentitarie oltre ad essere provocati e manovrati vengono imposti e non si puo evitare di schierarsi anche perche inevitabilmente si verrebbe schierati passivamente. Piuttosto che rimanere emarginato su una posizione come quella giustissima esposta da Copertino,tento nelle mie possibilità di influire direttamente su queste manovre nel tentativo di modificarne l’indirizzo prestabilito.
      Ovviamente le posizioni di Copertino devono esistere e fortunatamene c’è chi le mantiene in vita perchè è quello il reale obbiettivo da perseguire.

      • Daouda scrive:

        Copertino diventa un poco contraddittorio, oltre che invidioso, di quelle realtà religiose che il sociale hanno saputo amministrarlo bene o male; i prodotti nefandi del capitalismo hanno attecchito in occidente e non altrove e la questione della Grazia, per come è posta ( non dovrebbe essere conclusiva ma prodromica ) , è il segnale inequivocabile di un attendismo che poco si confà allo Spirito mentre collima spesso con la politica sia pure quella con la P maiuscola.

        daouda

        x Pisti: fai bene a sengnalare tale problematica ed il rischio di non schierarsi.

        Su quel che è giusto e quel che è vero non è possibile trattare indipendentemente dal numero mentre quel che proponi sembra proprio opportunismo.
        Serve una strategia e spesso anche l’umiltà di sapere che si è deboli e non appoggiati da Dio che evidentemente ha altri progetti, Lui lo sà.

        ciao

    • Francesco scrive:

      Sono d’accordo con Copertino che mi pare essere d’accordo con il magistero pubblico della Chiesa.

      Qualcuno può ritenere che Giovanni Paolo II identificasse Occidente e Chiesa? o che lo faccia Benedetto XVI, che ha preso il nome di un Papa anti-guerra durante la presidenza di Bush Jr?

      Io vedo un tentativo, opposto, di identificare Chiesa “vera” e popolo arcobaleno, oscenamente esemplificato nelle bandiere esposte da alcune chiese.

      Pari scorrettezza di Ferrara, se non fosse che credo alla buona fede di Ferrara su questo punto.

      • PinoMamet scrive:

        ” se non fosse che credo alla buona fede di Ferrara su questo punto”

        Cioè, Ferrara veramente ti dà l’impressione di uno che possa essere in buona fede su qualcosa??

    • Peucezio scrive:

      Copertino è coerente con una teologia integralmente cattolica.
      Dal mio punto di vista invece il problema è di merito, non di metodo: Maurras e De Maistre avevano pienamente ragione, con buona pace dei papi, ma loro erano dei veri reazionari che si rifacevano alla civiltà cattolica europea, non al liberal-capitalismo moderno, che sarebbe impensabile senza Lutero e Calvino.
      Oltretutto una visione così integrata di religione, stato e società è una visione di comunità organica (ed è il motivo per cui una teologica cattolica integrale non può accettarla, perché porta ancora in sé i germi originariamente rivoluzionari e sovvertitori del cristianesimo prisco), mentre questa difesa dell’Occidente libero e anarcoide vi si pone inevitabilmente in antitesi.
      Anzi, in questo senso le società islamiche, con tutte le differenze e i distinguo del caso, sono comunque più vicine a quest’idea integrata e tradizionale ed è il motivo per cui uno come Buttafuoco prova simpatia per il mondo islamico.
      Io, dal canto mio, ho una riserva verso l’Islam, legata al suo esclusivismo monoteistico e semitico e un’altra, molto maggiore, verso gli immigrati islamici, ma anche non islamici, in quanto manifestazione di un fenomeno opposto a quello comunitario: si può apprezzare, benché fuori contesto, la compattezza interna di alcune comunità allogene a casa nostra e certi tratti di arcaicità che ci riportano e a cui avevamo perso l’abitudine. Ma in prospettiva non è quella la tendenza, ma quella verso un imborghesimento collettivo e anonimizzante, in cui le rivendicazioni identitarie, diventate un fatto mediato e artificiale, non sono legate più a nessuna fisionomia antropologica e sociale, ma sono integrate pienamente nella società dei consumi e servono semmai a contribuire a scardinare, in virtù di un’ideologia fintamente pluralista e multietnica, quel poco che è rimasto di caratterizzazione locale.

      • Daouda scrive:

        Veramente fin quando Roma fu impero (1453) tale problema non si ebbe, e per quanto comunque intuisci che il “cristianesimo prisco” era qualcosa di altro, giammai fu sovvertitore.

        Non sei tanto diverso dai cattolicisti che buttano quel che non si confà all’ideologia, seppur questa è un tipo di eresia, come anche tu credo palesi seppur non ho cognizione a quale specificità vorresti rifarti.

        • Peucezio scrive:

          Però si ebbe fino al 313. Non avrei avuto dubbi, al tempo di Decio e di Diocleziano, a stare dalla loro parte contro i cristiani.

        • Daouda scrive:

          Oggi , coerentemente, saresti “breiveckiano” . Prendo atto.

          La situazione non è difatti analoga, oltre le pippe mentali paganiste?

        • daouda scrive:

          L’ordine costituito non merita difesa se non è legittimo.

        • Peucezio scrive:

          In che cosa l’Impero Romano non sarebbe stato legittimo?
          E inoltre, cosa c’entra una religione di provincia nata in una remota e inutile plaga dell’ecumene romana, con le ragioni di legittimità di un impero secolare?

          Cosa sarebbero le “pippe mentali paganiste”?
          Sia chiaro che io non sono né pagano, né tantomeno “paganista”. Io sono religioso, sono “pius” nel senso della pietas romana, ma anche cristiana.

        • daouda scrive:

          Guarda di quel che tu avresti potuto fare io non mi interesso. E’ una esternazione che lascia il tempo che trova.
          Mi chiedo solo come tu faccia a giudicare il cristianesimo sovversivo ( anche se in certe sue frangie sicuramente lo fu , penso ai ai montanisti )…

          Il problema dell’impero romano ( esso aveva chiaramente posto fine alla incresciosa situaazione che si protraeva dai tempi di Lucio Giunio Bruto ) era la sua religio che ormai stava morendo che ne minava la legittimità.

          E’ per questo che Constantino il grande è chiamato isapostolo, è per questo che l’impero è il punto d’allaccio tra la potestas e l’auctoritas, perchè Roma è diventata cristiana.Inoltre il cristianesimo non nacque come religione, e questa è una precisazione NECESSARIA, ma lo diventò proprio grazie a Nicea.

          Il cristianesimo nasce monastico , buddistico, ma aveva in sé anche una funzione religiosa( sacerdotale, guerriera e produttiva ).
          E’ indoeuropeo ed anche semita. Questo fatto può esser visto come un gran tentativo di integrazione che però , come è stato, non era adatto all’epoca e che capitò viste le contingenze.
          Esso oltre le confusioni che ha provocato ha anche giovato dacché la modernità sarebbe potuta affiorare già 800 anni prima…

          La situazione attuale poi è del tutto diversa dall’espansione cristiana del I secolo.
          Chi non se ne accorge è , più che idiota , in malafede!

        • Peucezio scrive:

          Il fatto stesse che, unico fra i culti dell’epoca, negava l’omaggio dovuto all’Imperatore e agli dei lo rende sovversivo.
          Poi può anche essere che abbia ridato vitalità a una Roma in decadenza, ma resta il fatto che l’unico cristianesimo legittimo e non sovversivo è quello da Costantino in poi. E’ Costantino a dare legittimità al cristianesimo, non, ovviamente, viceversa.

        • Daouda scrive:

          Veramente è la forma panteon è fu sovversiva. Un regno = una religione.
          Tale regno è un impero multi razziale? Avremo una religione generale.

          Tale insubordinazione era necessaria e , ripeto, non è nenache da giudicare tale dacché l’impero si era ridotto a solo potere temporale.
          Inoltre l’imperatore d’oriente, divenuta Roma cristiana, sapeva farsi venerare molto bene!

        • Peucezio scrive:

          Nossignore, il concetto di religione per cui esistono gli individui che fanno professione di una religione anziché di un’altra è un concetto moderno, che stai applicando a un mondo che funzionava in tutt’altro modo. Gli antichi avevano la cognizione del sacro e del divino e conoscevano i riti necessari a interagire con esso correttamente. Quando noi parliamo di “religione dei Romani” lo facciamo per praticità, per intenderci usando un nostro linguaggio, ma i Romani non avevano una “religione”, ma una serie di culti e di divinità, in origine più definita, poi ampliatasi grazie al contatto con tanti popoli. Si può eccepire sul fatto di aver recepito culti e divinità straniere, ma non è che questa sia una religione, definita e diversa da un’altra.

        • Daouda scrive:

          Veramente nel mondo romano era del tutto normale adorare una serie di déi , anche se non della propria religio, perché ci si stanziava in una nuova città.
          era tutto ridotto alla sola questione sociale.

          Il cristianesimo , soprattutto cattolico, strada facendo, ha esacerbato il rilegarsi verso Dio accantonando il rilegarsi nell’immanenza.

          Errore inverso rispetto a quello dei pagani d’Europa, perché la decadenza antica non me la invento io, è sotto gli occhi di tutti.
          Ed i germanici erano i peggio proprio…

          Ciò che legittima la tradizione è l’unità tra ortoprassi ed ortodossia.Quando l’ortodossia non è praticata , non si comprende più neanch’essa e si và adulterando e si propagano menzogne, quando l’ortoprassi non ha più ortodossia , si scade nel convenzionalismo e nel naturalismo e le porte per il cielo si chiudono.

          Nossignore, il concetto di religione per cui esistono gli individui che fanno professione di una religione anziché di un’altra è un concetto moderno, che stai applicando a un mondo che funzionava in tutt’altro modo. Gli antichi avevano la cognizione del sacro e del divino e conoscevano i riti necessari a interagire con esso correttamente. Quando noi parliamo di “religione dei Romani” lo facciamo per praticità, per intenderci usando un nostro linguaggio, ma i Romani non avevano una “religione”, ma una serie di culti e di divinità, in origine più definita, poi ampliatasi grazie al contatto con tanti popoli. Si può eccepire sul fatto di aver recepito culti e divinità straniere, ma non è che questa sia una religione, definita e diversa da un’altra

        • daouda scrive:

          Peucezio veramente nell’antichità classica visto che il senso religioso decadde al solo rilegare orizzontale si aveva sovente un cambio di “religione” ogni qualvolta si cambiasse città!

          Roma fu universalista/generalista ed il cristianesimo fece proprio al caso suo.
          Il cristianesimo è stato riconosciuto da costantino non legittimato dacché l’inferiore non legittima il superiore essendo il cristianesimo , originariamente,una via e non una religione.

          Anche nel medioevo si aveva la cognizione del sacro, ANZI. E’ la modernità che ha abbattuto tale concezione degenerando peggio di quel che l’ellenismo aveva provocato nell’ecumene imperiale.

          p.s. in ogni impero possono darsi varie religioni come tollerate, questo è ovvio, ma lo sono in senso privato poiché l’unica religione pubblica è quella di “stato”.

  17. Condivido al 100% quanto scritto in questo articolo. Finalmente un po’ di chiarezza, a differenza dei commenti scomposti apparsi anche nei principali quotidiani italiani negli ultimi giorni.
    Grazie.

  18. maura scrive:

    Il problema qui posto è interessante e merita una generalizzazione (cioè allargamento di temi).

    Dunque:
    1) Ci sono azioni non condivisibili commesse da persone con cui condividi le idee e azioni non condivisibili commesse da persone con cui non condividi le idee. In genere siamo più giustificazionisti con i primi che con i secondi e invece sarebbe opportuno il contario. Ad esempio io che sono di sinistra dovre odiare di più le violenze commesse dalla sinistra (quelle vere, non quelle inventate attraverso black blok vari) perchè sporcanano o meglio mettono in discussione le mie idee. E non viceversa aborrire soprattutto azioni che confermano le mie idee (la destra è violenta!)!
    2) Se persone con cui condivido le idee commettono azioni che non condivido dovrei chiedermi se ciò è avvenuto per errore/follia/ignoranza dei soggetti o perchè tali azioni sono previste ed implicite nelle idee che ho, anche se io non le commetto. Ad esempio nella Bibbia ci sono tutte le idee che rendono un sionista pericolosissimo, anche se molti ebrei sono persone assennate e pacifiche. Idem per il comunismo, idem per il fascismo, idem per la democrazia (principio di autodifesa). Qualche dubbio in più ce l’ho coi seguaci del Vangelo col porgi l’altra guancia e l’islam che pure non si sono certo tirati indietro in azioni terrificanti, anzi.
    3) Se dunque io aderisco a un pensiero che porta implicitamente ad azioni che non condivido anche se io non compio azioni che non condivido, devo pormi molti problemi e trarne le debite conseguenze. Il pensiero è sbagliato. (Io questo percorso l’ho fatto a suo tempo ed ho cambiato molte delle mie idee).
    4) Dunque Borghesio ha torto. La strage NON E’ CASUALE. Se io affermo che da persone viene un pericolo, inculco in molti il desiderio di agire contro quelle persone, anche così. La strage di Oslo è la prova che si tratta di idee sbagliate. Borghesio è complice e così i milioni di persone che la pensano come lui hanno sulla coscienza quei bambini morti, sono aguzzini e omicidi. Così come io porto sulla coscienza della mia storia morti che non ho fatto (Cambogia, ad esempio) E siccome non cambia idea, anzi, il rispetto e la solidarietà non glieli dò. Amen.

    • astabada scrive:

      I morti della Cambogia li giriamo al mittente per favore: a quegli “umanitaristi” che non esitarono ad appoggiare Pol Pot contro Hanoi.

      Fu anzi Hanoi a salvare i Cambogiani da Pol Pot, armato e finanziato dagli Ameregani (per i duri di comprendonio)

    • astabada scrive:

      Non so chi e` peggio tra chi ha tradito e chi si fa assalire dal rimorso e dal senso di colpa. I primi sono in malafede, ma almeno non sono cretini.

  19. maura scrive:

    Il problema qui posto è interessante e merita una generalizzazione (cioè allargamento di temi).

    Dunque:
    1) Ci sono azioni non condivisibili commesse da persone con cui condividi le idee e azioni non condivisibili commesse da persone con cui non condividi le idee. In genere siamo più giustificazionisti con i primi che con i secondi e invece sarebbe opportuno il contario. Ad esempio io che sono di sinistra dovre odiare di più le violenze commesse dalla sinistra (quelle vere, non quelle inventate attraverso black blok vari) perchè sporcanano o meglio mettono in discussione le mie idee. E non viceversa aborrire soprattutto azioni che confermano le mie idee (la destra è violenta!)!
    2) Se persone con cui condivido le idee commettono azioni che non condivido dovrei chiedermi se ciò è avvenuto per errore/follia/ignoranza dei soggetti o perchè tali azioni sono previste ed implicite nelle idee che ho, anche se io non le commetto. Ad esempio nella Bibbia ci sono tutte le idee che rendono un sionista pericolosissimo, anche se molti ebrei sono persone assennate e pacifiche. Idem per il comunismo, idem per il fascismo, idem per la democrazia (principio di autodifesa). Qualche dubbio in più ce l\’ho coi seguaci del Vangelo col porgi l\’altra guancia e l\’islam che pure non si sono certo tirati indietro in azioni terrificanti, anzi.
    3) Se dunque io aderisco a un pensiero che porta implicitamente ad azioni che non condivido anche se io non compio azioni che non condivido, devo pormi molti problemi e trarne le debite conseguenze. Il pensiero è sbagliato. (Io questo percorso l\’ho fatto a suo tempo ed ho cambiato molte delle mie idee).
    4) Dunque Borghesio ha torto. La strage NON E\’ CASUALE. Se io affermo che da persone viene un pericolo, inculco in molti il desiderio di agire contro quelle persone, anche così. La strage di Oslo è la prova che si tratta di idee sbagliate. Borghesio è complice e così i milioni di persone che la pensano come lui hanno sulla coscienza quei bambini morti, sono aguzzini e omicidi. Così come io porto sulla coscienza della mia storia morti che non ho fatto (Cambogia, ad esempio) E siccome non cambia idea, anzi, il rispetto e la solidarietà non glieli dò. Amen.

    • Francesco scrive:

      >> Se io affermo che da persone viene un pericolo, inculco in molti il desiderio di agire contro quelle persone, anche così.

      sono totalmente in disaccordo, sia in via di principio sia per le terrificanti conseguenze pratiche di una tale bizzarra affermazione

  20. Peucezio scrive:

    Io però vorrei sapere dove sono ora i vari Carlo Panella, Carlo Rossella e tutta la pletora di pseudo-intellettuali neo-con e anti-islamici italiani che fino a ieri dicevano le stesse cose di Breivik. O meglio, più che capire dove sono loro (che hanno molte buone ragioni per nascondersi), vorrei capire perché non vengono tirati in ballo, perché la sinistra non li sbertuccia pubblicamente (ma d’altra parte la sinistra è sempre, strutturalmente, organicamente dalla parte del potere e quando non lo è, è perché si è messa con un potere meno evidente ma ancora più forte, che è pronto a soppiantare quello presente).

    • Moi scrive:

      Se la SX sbertucciasse i sullodati darebbe loro l’ occasione di dire:

      “Visto ? I Comunisti sono fatti della stessa pasta degli Islamici !” e il confronto di Geert Wilders del Mein Kampf con il Corano lo farebbero tra il Corano e il Das Kapital … e se i Musulmani si offendessero direbbero : “Visto i Musulmani odiano Marx perché era Ebreo … come odiano tutti gli Ebrei in quanto tali !”

      • Peucezio scrive:

        E perché? In questo momento sia i “comunisti”, cioè i giovani socialdemocratici uccisi, sia gli islamici, in quanto obiettivo polemico dello scritto dell’uccisore, sono nel ruolo di vittime e niente paga, nella società di oggi, quanto apparire (non esserlo, che è ben altra cosa) in tale ruolo e poter quindi mettere sotto ricatto morale l’avversario: “… allora tu la pensi come Breivik, sei d’accordo con uno che ha ucciso decine di ragazzi indifesi!”.

        La sinistra non lo fa, perché toglierebbe legittimazione al disegno geopolitico americano in Medio Oriente e Asia centrale, o, meglio, ai suoi mezzi (perché il disegno geopolitico, ovviamente, non è dichiarato) e la sinistra attuale mai si metterebbe a criticare sul serio le guerre degli americani, malgrado qualche borbottio e qualche espressione di moderato dissenso, che lascia il tempo che trova.

  21. lycopodium scrive:

    L’autore e il sito sono abbastanza schierati (non certo in senso kelebekleriano) e il tutto sembra abbastanza autoassolutorio, ma è utile leggere anche questo:
    http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=32521&Itemid=29

  22. mirkhond scrive:

    Una cosa è sicura : non sappiamo dove stiamo andando….
    E per gli sconfitti dal progresso, dalla globalizzazione, dall’irreligiosità e dal femminismo, non esiste più un Borgo Tre Case o una Frittole su cui ripiegare dopo la disfatta, dopo la delusione….
    Ma perchè questo progresso, questa omologazione sconvolge tante persone, porta a tanta disperazione, che in Breivik ha portato alla strage di massa, ma che in altri, compatrioti e non di Munch e del suo purtroppo celebre urlo, porta ad un’alienazione crescente e alla voglia di farla finita, anche senza uccidere altri ma solo se stessi?

  23. ettore scrive:

    Bah io volevo fare alcune considerazioni di tipo analitico sull’argomento. Borghezio ha detto che alcune considerazioni di Breivik sono giuste. Io non sono d’accordo, ma nel pappone immondo che è 2083 european declaration of indipendence , presumo sia questo l’argomento del contendere ci sono dei ragionamenti che mi ricordavano qualcosa. “Molti europei guardano agli anni ’50 come ad un periodo felice. Le nostre case erano sicure, tanto che molte persone non si curavano nemmeno di chiudere la porta a chiave. Le scuole pubbliche erano in genere eccellenti e i loro unici problemi consistevano in cose come il chiacchiericcio in classe e le corse nei corridoi. Gli uomini trattavano le donne come signore e molte donne dedicavano il proprio tempo e i propri sforzi ad abbellire le case, allevare i bambini e aiutare le proprie comunità tramite il volontariato. I bambini crescevano in ambienti familiari con due genitori e la mamma andava incontro al bambino quando tornava da scuola. Gli spettacoli erano qualcosa che tutta la famiglia poteva godersi” al sottoscritto ( sempre premettendo che non ho nulla contro gli uomini che trattino le proprie donne, e qualsiasi altra donna intendiamoci, con il dovuto rispetto, contro le scuole pubbliche ben funzionanti, contro la tutela della pubblica sicurezza e contro la famiglia di tipo tradizionale!) questi concetti non mi tornavano nuovi. Infatti da un opuscolo Right Wing 2 Voci della Destra Radicale Americana -White Supremacy , i Teorici Anti Egualitari, ho trovato queste esatte parole “quando parlo con i miei familiari o con i miei coetanei uso regolarmente il termine Vecchia America riferendoci alle qualità ed ai valori del tempo in cui il nostro paese era ancora un paese sano, vitale e in pieno progresso.
    I nostri ascoltatori più giovani possono farsene un’idea parlando con i loro parenti più anziani, vedendo vecchi film o sceneggiati o telecronache del tempo.
    Quando andiamo con la mente ai volti sani e brillanti dei ragazzi degli anni’50 o prima ancora quella è la Vecchia America.
    Quando pensiamo ai nostri parchi, ai viali in cui donne e bambini potevano andare sicuri giorno e notte quella è la Vecchia America.
    Quando ricordiamo una New York o una Los Angeles, ancora in maggioranza popolata da Americani, senza droga, bande di teppisti, prostitute e pornografia, quella è la Vecchia America.
    Quando noi pensiamo al tempo in cui la parola data era sacra, quella è la Vecchia America.
    Questa Vecchia America è ormai definitivamente defunta.
    Chi di noi ha la sfortuna di vivere nelle metropoli di oggi si rende conto dalle serrature multiple in che razza di giungla urbana multietnica viviamo.” vedete questa è la trasposizione su carta della trasmissione radiofonica di Kevin Strom un dirigente di National Vanguard, l’organizzazione giovanile di National Alliance, noto movimento di estrema destra americano, e questo rimpianto degli anni cinquanta è tipico di tutti i teorici deoi movimenti di estrema destra americana, Revilo P.Oliver , William Pierce, James Owens etc. Gli anni 50 del XX secolo sono per l’America gli anni per intenderci in cui è ambientata la popolare serie TV Happy Days, sono gli anni in America di boom economico ed occupazionale, di relativa stabilità, di relativo benessere e di pace all’estero dopo la fine della guerra in Corea. Sono anche gli anni di Mc Carthy e della caccia alle streghe, gli anni della sentenza della corte costituzionale che vieta la segregazione razziale. Per i teorici di estrema destra americana sono li anni in cui si attua la cesura fra la Vecchia America e quella odierna funestata dalla pornografia, dalla droga, dalla criminalità in crescente aumento e da continue tensioni razziali.
    In verità bisogna far notare droga, pornografia e criminalità erano presenti ed in maniera pesante nella società americana già parecchio tempo prima; erano confinate nei ghetti negri la prima, nella clandestinità la seconda, aspettando di esplodere come ascessi, quanto alla terza era da tempo presente virulentemente nella società americana, e non era solo un problema di immigrati, ma specie negli anni 20 – 30 era stata praticata da fior di mascalzoni di stirpe WASP. Ma vedete che quelle di Breivik non sono le idee che potrebbe vere un europeo. Perchè gli anni cinquanta in Italia ed in Europa sono gli anni dell ricostruzione post bellica ed in cui più o meno tutta l’Europa vive la ristrettezza economica. Bisognerà attendere gli anni sessanta perchè in Europa si respiri un’atmosfera di benessere mentre ancora sono vivi certi valori, pur con l’arrivo della contestazione. Stranamente l’unico intellettuale che a chi scrive viene in mente come visione del Passato è il Pier Paolo Pasolini della recensione a “Un po’ di Febbre” di Sandro Penna…. ” Che paese meraviglioso era l’Italia durante il periodo fascista e subito dopo” Era una società che aveva dei valori di onestà , austerità morale, risparmio, Patria, ordine, religiosità, moralità che erano condivisi da tutti anche da coloro che delinquevano, “l’onestà dei padri e delle madri!”, e malgrado lui si arrampicasse sugli specchi dicendo che questi valori erano buoni e reali “ nelle culture particolari e concrete che costituivano l’Italia arcaicamente agricola e paleoindustriale…nel momento in cui venivano assunti a “valori” nazionali non potevano che perdere realtà e diventare atroce, stupido, repressivo conformismo” ( articolo apparso sul Corriere della Sera, col titolo “ Il vuoto del potere in Italia”, il 1° febbraio 1975, ma universalmente noto come l’articolo delle lucciole), la sua visione era prettamente reazionaria e nostalgica…..

    • Peucezio scrive:

      Quello che non torno in tutti questi ragionamenti – eccetto quello di Pasolini ovviamente – è l’esaltazione del progresso e del benessere. Se non si capisce che sono proprio il progresso e il benessere che hanno distrutto queste società oneste che loro vagheggiano, non si capisce nulla.

      • mirkhond scrive:

        Perchè non sono dei veri tradizionalisti, ma solo dei terrorizzati al pensiero di finire nuovamente sotto una società religiosa che li costringa a fare le persone serie e a spartire la torta coi poveri…

        • daouda scrive:

          Veramente sono i tradizionalisti sono vipere da cui guardarsi e mistificatori…basti vedere l’Islam che fine sta facendo e con che razza di miscredenti ha a che fare, ahinoi ed ahiloro.

        • Peucezio scrive:

          In effetti tutto sono, fuorché dei veri tradizionalisti. Il loro concetto di nostalgia del passato (un passato che in realtà non è mai esistito) è non avere nessuno che rompe loro le scatole, pulizia, sicurezza, ordine, in modo da potersi godere la TV tridimensionale a 40 pollici e l’idromassaggio in santa pace.
          Si scandalizzano di come sia truculenta la macellazione rituale islamica (che poi è quella ebraica, ma su quella nessuno eccepisce, ovviamente), ma non è che l’uccisione del maiale fosse meno truculenta. Io voglio che sparisca quella e si torni a questa, ma loro no: loro vogliono un mondo pulitino, asettico e patinato, che è pure peggio della macellazione islamica.

        • PinoMamet scrive:

          ” Si scandalizzano di come sia truculenta la macellazione rituale islamica (che poi è quella ebraica, ma su quella nessuno eccepisce, ovviamente)”
          Non è del tutto vero: in alcuni paesi europei entrambe le macellazioni sono fuorilegge, o vi sono proposte per renderle tali (Svizzera, credo Olanda e Norvegia? ma penso anche altri).

          ” ma non è che l’uccisione del maiale fosse meno truculenta.”
          Non saprei, non sono un esperto di macellazioni, però da queste parti, coem credo in molte parti d’Italia, molte famiglie avevano l’abitudine di far uccidere un maiale nel periodo invernale; negli ultimi decenni so che era previsto un sistema teoricamente più “pulito” e indolore (?) di quello tradizionale, ma non saprei entrare nei dettagli.

          “Io voglio che sparisca quella e si torni a questa”

          Quello che mi piace di te è che sei chiaro e non ti nascondi dietro un dito.
          Ma credo che non si possa davvero tornare alla società che vagheggi tu; e lasciami dire che lo trovo una grande fortuna!!
          😉

        • Peucezio scrive:

          Ci sono paesi in cui è vietata la macellazione rituale ebraica?

        • daouda scrive:

          Io quando parlo di tradizionalisti intendo quelli che vanno da Julius Evola a padre Curzio Nitoglia , mentre voi mi sembra che parliate più dei conservatori tou court che dei tradizionalisti veri e propri che io, ad ogni modo, considero appunto mistificatori.

          I conservatori sono dei venduti, chiari e tondi, alla luce del sole ( almeno per me ).
          Non sono vipere subdole come i tradizionalisti…

        • PinoMamet scrive:

          “Ci sono paesi in cui è vietata la macellazione rituale ebraica?
          Peucezio”

          Ho trovato questo: http://en.wikipedia.org/wiki/Legal_aspects_of_ritual_slaughter

          da una lettura veloce, di sicuro è vietata in Svizzera, mentre non ho capito bene se sono stati tolti i divieti norvegesi, polacchi ecc. (precedenti al nazismo o imposti da questo).

          Ciao

        • Peucezio scrive:

          Daouda, hai mai provato a parlare di Evola a don Curzio Nitoglia?

          Per me in ogni caso tradizione è ciò che è traditum. La mia tradizione è ciò che ho sentito da mia nonna, dai racconti di famiglia sulla bisnonna, che a sua voltà ha ereditato dai suoi antenati. Poi posso integrare questo con libri e informazioni di altre fonti sulla stessa area culturale, ma la base fondamentale rimane quella. Il dialetto, i proverbi, le fiabe, i canti, le filastrocche, l’aneddotica e l’epica popolare, un tipo di espressività, di gestualità, di spirito e, ancor più, un modo di essere, di vivere di rapportarsi al mondo.
          Don Nitoglia, che rispetto molto (non posso più dire “stimo”, da quando è diventato di punto in bianco sedeplenista, rinnegando anni di militanza e di adesione dottrinale), si rifà comunque a una Chiesa del Concilio di Trento ossificata, disconoscendo tutto ciò che c’è stato prima e dopo che ad essa non sia conforme, il che va benissimo, intendiamoci, perché è mille volte meglio di tutta la galassia del cattolicesimo progressista, conciliare e post-conciliare, ma è solo una parte della tradizione.
          Quanto a Evola, quello è un caso di tradizione inventata e come tale ha un interesse culturale, ma resta una mistificazione, per quanto raffinata.

        • Daouda scrive:

          A me sembra che tu riduca tutto ad un instrumentum regni , a politica, e che il tradizionalismo conservatore sociale ed individuale sia una preferenza estetica.
          Non sei quindi troppo distante dalla posizione di Evola per quanto lui parta in quarta inventadosi le cose , come vari occultisti ,di sana pianta mentre tu hai la decenza e l’accortezza di non farlo.

          Per me tradizione è IMMANCABILMENTE quel che tu citi, ma non solo dacché non meriterebbe di venir conservato nulla che non sia vero, utile e quindi sano e ciò è possibile solo permanendo nei Principi cosicché tali cose siano come descritte perché portano verso Dio oltre che avere una buona valenza immanente.

          Ci sono quindi da guardare con sospetto molte caratteristiche occidentali da perlomeno il grande scisma d’Occidente ad oggi , che non possono non aver influenzato anche la realtà popolare.

          Su padre Nitoglia concordo in pieno sulla disamina che fai ( Trento e progressismo ) ma differisco sul giudizio di valore dacché una volta che hai Trento puoi anche avere il Vaticano II.
          Il problema di quest’ultimo fu infatti non tanto una ulteriore discesa ( da chiesa guerriera-aristocratica a quella mercantile-contadina) ma proprio la confusione imperante, l’infiltrazione protestante ed il lassismo diffuso.
          Quindi non mi sembra seria la questione tra sedeplenismo o sedevacantismo, tra indultisti e scismatici proprio perché Trento fu lo stesso rispetto alla tradizione integrale della Chiesa.
          Ai loro tempi i tridentini erano i vaticano-secondisti di oggi e si poterono affermare solo perché la riforma avrebbe potuto spazzare tutto.
          Fu necessario? Io credo si sì. Ma bisogna capire perché il protestantesimo è specificatamente cattolico e non miafista, nestoriano od ortodosso.

          Poi c’è un altro gruppo , il tradizionalismo (pseudo) esoterico.
          Questo è quello più pericoloso di tutti.

        • Peucezio scrive:

          “Ci sono quindi da guardare con sospetto molte caratteristiche occidentali da perlomeno il grande scisma d’Occidente ad oggi , che non possono non aver influenzato anche la realtà popolare.”

          Sì, non c’è dubbio. Io infatti mi ricollego alla tradizione avita trasmessami direttamente, ma mi rendo conto che questa è solo il riflesso o comunque una versione già corrotta di una tradizione molto più antica. Solo che non ho gli elementi e gli strumenti per ricostruirla (appunto senza inventare) e quindi mi tengo quello che ci è arrivato, coi suoi limiti e non in modo acritico.

          “Il problema di quest’ultimo fu infatti non tanto una ulteriore discesa ( da chiesa guerriera-aristocratica a quella mercantile-contadina) ma proprio la confusione imperante, l’infiltrazione protestante ed il lassismo diffuso.”

          Sì, certo.

          “Ai loro tempi i tridentini erano i vaticano-secondisti di oggi e si poterono affermare solo perché la riforma avrebbe potuto spazzare tutto.”

          C’è del vero, ma dovresti chiarire meglio.
          Io credo che il Concilio di Trento, con quest’ansia (in quel momento necessaria) di disciplinare, controllare, omologare sia stato un grande passo verso la modernità, però nel Vaticano II ci sono istanze relativiste, anomiche, antigerarchiche, antidogmatiche, sincretistiche, irenistiche di cui non c’è traccia nel Concilio Tridentino.

          “Quindi non mi sembra seria la questione tra sedeplenismo o sedevacantismo, tra indultisti e scismatici”

          Sì, non dico siano questioni rilevantissime. Però da un uomo dai tratti e atteggiamenti quasi militari e comunque austeri e tetragoni come don Nitoglia non ci si aspetta un voltafaccia del genere, soprattutto perché a noi queste paiono un po’ questioni di lana caprina (per quanto io sia piuttosto affezionato alla Tesi di Cassiciacum), ma per loro sono fondamentali. Però alla fin fine sono questioni personali di don Nitoglia: tutta la sua opera su massoneria, ebraismo, dottrina cattolica ecc. resta valida e insostituibile.

          In generale comunque mi sembra che conveniamo sulla maggior parte delle cose.

        • daouda scrive:

          Sì ma ancora nun mài spiegato come fai a dì ch’er cristianesimo fu sovversivo!

          Per quanto riguarda Trento, oltre quel che scrivi c’è anche una certa perforazione del razionalismo come , per quel che ne posso capire io, una rilettura del tomismo in termini aristotelici ( quando , tecnicamente, san Tommaso fu il legame tra Platonisti ed Aristotelici del tempo ) e quindi un radicamento di questo.

          Per quanto riguarda il vaticano II , come ti scrivevo, ci sono effettivamente alcune storture, ma il casino che ne è venuto è derivato proprio dall’irrigidimento precedente oltre che dall’ulteriore “scivolamento”.

          La situazione è comunque molto complessa; non sò che scrivere.
          Sullo stesso padre Nitoglia ( non lo chiamo don mi dà fastidio ) non sò esprimere un parere definito dacché tante sono le variabili e le sovrapposizioni…veramente c’è da uscirne pazzi!!!!

          Ho trovato interessanti vari articoli dei sedeprivazionisti ( non le tesi ) però gli spunti più interessanti li ho letti dai sedevacantisti tou court soprattutto per quanto riguarda una certa reintepretazione del dogma dell’infallibilità papale.
          Se ti è parso una mancaza di rispetto nei riguardi di chi ragiona su tali cose sappi che non era voluta.

          Ti saluto facendoti presente che ahimé, quel che hai decscritto mi ha interessato solo marginalmente; sono contento per te.
          Conservare di tali cose è prezioso.

          p.s. Eh beh…Noi semo dei biechi reazionari!

          “Più che un cristiano sono forse un pagano che crede in Cristo”

        • Un conto è la “tradizione della nonna”, un conto la Tradizione della Chiesa: la Chiesa ha sempre combattuto ciò che raccontavano le nonne, quindi questo tentativo di trasformare il cattolicesimo in uno stendardo da usare in difesa di dialetti, concezioni sociali d’altri tempi (di solito mitizzati e conosciuti da c*lo), la vecchia aristocrazia germanica ed altre robe (mi risparmio l’aggettivo per qualificarle) è anticattolico, filologicamente scorretto e intellettualmente disonesto.
          Nulla salus extra Ecclesiam non significa che si salva chi va a messa la domenica o chi canta gregoriani, organizza processioni di paese e si dice cattolico tanto per fare l’antiprotestante (!!!!!!), ma vuol dire che la Salvezza procede dall’essere in COMUNIONE con la Chiesa. Si può essere in comunione senza sapere di essere cattolici e si è abbondantemente fuori se si corre dietro a sedevacantisti e altri scismatici che programmaticamente vogliono rompere l’unità della Chiesa, tranciando di netto il legame di comunione che fa la Chiesa. E’ fuori chi pensa la Chiesa come non-cattolica, ovvero non universale.

        • Peucezio scrive:

          DAOUDA:

          “Sì ma ancora nun mài spiegato come fai a dì ch’er cristianesimo fu sovversivo!”

          E’ un tema complesso, al di là del fatto che a Bisanzio obbedivano eccome, a Roma prima di Costantino rompevano le scatole, non riconoscendo la religione istituzionale. Ma, su un piano più generale, il cristianesimo sposta l’accento dlla comunità all’individuo con la sua idea di salvezza individuale, per cui la religione, da diventare espressione pubblica e istituzionalizzata del sacro e strumento di salute dello stato e della società, diventa un mezzo puramente personale, cui il pubblico e la società si subordinano. Più sovversione di così.

          “Se ti è parso una mancaza di rispetto nei riguardi di chi ragiona su tali cose sappi che non era voluta.”

          Figurati! Non ci ho neanche pensato.

          MAURICIUS TARVISII:

          “questo tentativo di trasformare il cattolicesimo in uno stendardo da usare in difesa di dialetti […]”

          Io non uso un bel nulla, mi interessa e approvo il cattolicesimo nella misura in cui coincide con la tradizione della nonna (o la continuità della romanità classica: per inciso, le aristocrazie germaniche mi fanno schifo, come ho già scritto, mi confondi con qualcun altro). Nella misura in cui il cattolicesimo è ostile o comunque estraneo a queste cose, non mi interessa e me ne chiamo fuori.
          Ciò non toglie che il Vaticano II stravolge anche il cattolicesimo autentico, per cui il sedevacantismo, se non è l’unica opzione coerente, ci va molto vicino. Ma su questo ti rimando a gente ben più autorevole di me, cui puoi porre le tue obiezioni: io mi sento più a mio agio con la Tesi di Cassiciacum e l’ho trovata più convincente, ma non pretendo di dimostrarla né imporla agli altri, soddisfa me e tanto mi basta.

        • daouda scrive:

          Beh Peucezio io credo che tu sbagli perché esageri dacché a rigore, essere singolaristi o comunitaristi verso Dio è necessario sempre ed il problema è esserlo nel giusto modo e nel giusto àmbito.

          Il cristianesimo che nacque come Via ascetica similare al buddismo non ha disdegnato Roma a cui ha sempre chiamato a sottomettersi e le rivolte sono state pagate con il proprio sangue e non con scontri o sedizioni ( anche se ricordo che alcuni eretici invece furono violenti in tal senso ), e che ha saputo riassettare come la storia dimostra.

          1)la tradizione romana era in punto di morte.

          2)il singolarismo spirituale è superiore al collettivismo politico.

          Nota bene.
          Un collettivismo spirituale è di per sé illogico dacché chi dice Spirito dice Unità dove il signolo è chiamato , da solo, a tras-formarsi ( in senso etimologico , ergo trascendente ) per grazia divina.
          Un individualismo sociale è invece la morte di ogni legame e di ogni ordine e nega ogni tradizione.
          Ecco che vanno legate entrambe le cose e l’uno non nega affatto l’altro.

          C’è poi un problema molto importante. INDIVIDUALISMO è ridurre all’individualità, negare il trascendente.
          Si può avere una collettività individualista od un singolo individualista.
          A mio giudizio si gioca troppo con questo termine ed è sbagliato ridurlo al solo atomismo sociale.

          Per il resto Tradizione è , ribadisco, trasmissione ed insegnamento di quei Principi da cui la società si plasma.
          Tutto sta a vedere se tua nonna ti ha trasmesso vestigia di insegnamenti passati o consuetudini del tutto insensate, come, analogamente, tutto sta a vedere se la Chiesa trasmette la retta dottrina oppure no.
          La tradizione è unica ed è inscindibile da ortodossia ed ortoprassi.

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per ettore e mirkhond

      Mi sembra, confrontando riga a riga i vostri post, che uno risponda all’altro. Ettore parla di ‘nostalgia’ come base psicologica di una politica, e mirkhond si chiede perche’ tutta questa disperazione. Ora, la politica e’ l’arte del possibile, e si ha nostalgia di una cosa precisamente perche’ non la si ritiene piu’ possibile. Basare la politica sulla nostalgia e’ come disegnare un triangolo con quattro lati: un’impresa impossibile, da disperati. Per contro, la nostalgia di un possibile futuro si chiama ‘speranza’, ed e’ un fortissimo motivo per fare politica. Allora la disperazione si diffonde perche’ esiste questo cortocircuito fra un passato impossibile e una politica vuota (‘i politici sono tutti uguali’). Ribaltando la questione, e’ allora chiaro che il rifiuto critico del passato e’ la condizione necessaria della speranza: un rifiuto acritico sostituirebbe solamente una cecita’ con un’altra. La parola chiave e’ dunque ‘critico’: quanti di noi hanno la freddezza e l’onesta’ intellettuale necessarie ad esercitare il pensiero critico in mezzo alla tempesta? Qui non sono eccezionali i tempi -la fine del mondo e’ avvenuta infinite volte- ne’ manca l’informazione -mai siamo stati cosi’ informati. Manca la scelta morale. Quella che in “Dune” faceva recitare ”Non devo aver paura. La paura avvelena la mente. La paura e’ la piccola morte che prepara l’annientamento totale. Quando la paura sara’ passata, io ci saro’ ”. Quella che spinge Frodo a rifiutare l’Unico Anello a Boromir. E’ la scelta di scegliere, di studiare, di prendere posizione, di contarsi. “Odio quel senatore romano che si chiama Status Quo!” urla il nonno dell’ignavo protagonista di “Fahrenheit 451”. Puo’ essere illusorio pensarsi vittoriosi, alla fine. Ma morire mille volte per paura della morte e’ certamente cretino.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Parole sante. Guardare il passato e rimpiangerlo significa da un lato ignorare (o far finta di ignorare) anche il rovescio della medaglia di quel passato, dall’altro non rendersi conto che il solo fatto che ci sia stato il “presente” tra noi e quel passato ci rende assolutamente diversi da esso.

        • Peucezio scrive:

          Cioè il presente è valido perché ci siamo nati. I nostri avi hanno la sventura di essere nati nel momento sbagliato. Non si sa bene chi l’ha stabilito e con quale autorità, ma tant’è…

        • PinoMamet scrive:

          ??
          Non capisco la tua obiezione, Peucezio.

          A dire il vero, sei a volte tu che mi dai l’impressione, leggendoti, di ritenere che la tradizione sia valida perché… beh, tradizionale!

          Io non entro nel dibattito tra tradizione e Tradizione, perchè ne so pochissimo;
          però, da coglione della strada, so che alcune cose mi piacciono e altre mi fanno schifo, semplicemente, tanto nel presente quanto nel passato.

          Come ho scritto altre volte, se la tradizione è il canto gregoriano, o la festa dell’uva, o il ballo folkloristico, beh, sono il più grande sostenitore della tradizione
          (finché non diventa obbligatoria: allora comincia a farmi a farmi schifo, perché io sono per la libertà individuale, anche e soprattutto di gusto)

          se è la schiavitù o la “nobiltà” o l’infibulazione o altre cazzate, beh, sono il peggior nemico della tradizione.

          ciao!!

        • “I nostri avi hanno la sventura di essere nati nel momento sbagliato.”
          Non sbagliato, ma diverso. Con un minimo sforzo di relativismo culturale, si comprende la differenza tra i due concetti: a me sembrerà giusto il mio modo di pensare, ovviamente, ma non nego che a un medievale (anche qui, una persona non peggiore, ma semplicemente diversa) avrebbe fatto orrore.

        • mirkhond scrive:

          Il problema è che a volte, ci si sente spaesati, alieni in un mondo che non ci piace, e allora guardiamo al passato, spesso mitizzandolo e guardando solo ciò che a noi risulta positivo.
          Ma il dolore, la sofferenza, la scomparsa di una persona cara c’erano anche nei tempi andati dei nostri sogni.
          E’ la vita sulla terra che non ha senso, o meglio ha in senso che non riusciamo a comprendere e Dio spesso tace di fronte al dolore dell’uomo…
          In cosa il passato era più bello? Nella nostra fantasia naturalmente, ma le incomprensioni, le famiglie che non ti capivano e da cui dovevi sfuggire, c’erano anche prima, e non c’è bisogno di leggere i romanzi dell’epoca per capirlo….
          Il Signore, se c’è, dovrebbe darci una risposta definitiva una volta per tutte, una risposta che dia il senso al tutto, ma questa risposta non arriva, o se arriva, arriverà solo quando moriremo….

  24. Moi scrive:

    ” 2083 European Declaration of Independence ” … wtf 🙂 is that ?

    • Moi scrive:

      E se invece il discorso fosse che o i “Franghi” diventano musulmani o anche i “Beduini Abbronzati” 🙂 ritornano Pagani ?

      … Per i Cristiani _ se continuano così_ diventa come il film “Alien Vs Predator … Chiunque Vinca Noi Perdiamo” ! 😉 🙂

  25. mirkhond scrive:

    – EROSTRATO O “IMPURO FOLLE”? –

    Banalità del Male. E’ molto probabile che il trentaduenne Anders Behring Breivik, autore della terribile strage di Oslo, sia in realtà solo un piccolo insicuro mitomane affetto da quello che gli psicanalisti chiamano “il complesso di Erostrato”: da quell’Erostrato che nel 356 a.C. appiccò il fuoco al tempio di Artemide in Efeso allo scopo di essere ricordato in eterno per uno che aveva fatto “qualcosa di grande”, e che divenne l’”eroe” di un romanzo dell’illuminista Alessandro Verri (che si sarebbe poi convertito al cattolicesimo tradizionalista).

    Desiderare di essere ricordato per qualcosa, per qualunque cosa: anche per qualcosa di negativo, tanto più che oggi, nella società dello spettacolo e dei consumi – lo ricorda bene Umberto Eco – col tempo il perché uno è diventato famoso si dimentica, ma la fama può invece restare. Si sta scavando nel passato di Breivik. Pare che, a detta di qualche suo conoscente, si tratti di un ex adolescente introverso e forse affetto da vari complessi, che a 19 anni dopo un viaggio degli USA si sarebbe sottoposto a un intervento di plastica facciale per acquistare “connotati piu virili” e avrebbe cominciato a vantare successi, ricchezza, conquiste femminili e cosi via. Si parla di un grosso memoriale che egli avrebbe messo on line in inglese, una “Dichiarazione d’indipendenza europea” nella quale egli si scaglia contro immigrati musulmani, multicultualisti e marxisti, sostenendo la necessità di assimilare o di cacciare i primi entro il 2020 e di perseguitare e colpire fisicamente i secondi e i terzi. Il memoriale si fregerebbe di simboli definibili come neonazista e conterrebbe richiami ai Templari e al Graal, secondo una mitologia parapolitica che – con molte variabili – è piuttosto diffusa tra i gruppi e gruppuscoli di estrema destra ormai da circa un mezzo secolo.

    Breivik, che sembra essersi largamente ispirato allo statunitense Theodore Kaczynski, noto come Unabomber, esprime un giudizio molto comune all’interno delle formazioni estremistiche dell’attuale destra, quello che ci si debba cioè opporre alla “cultura della resa”: espressione questa che comprende, evitando articolazioni critiche, qualunque atteggiamento di comprensione, di rispetto e di buona volontà nei confronti degli extracomunitari che stanno arrivando nel nostro continente; e che nell’emigrazione scorge la causa principale della sua crisi e delle sue prospettive di decadenza, senza nemmeno provar a impostare una più seria e articolata analisi del processo di globalizzazione di cui le migrazioni sono parte: e senza dubbio più effetto che causa.

    Una caratteristica comune e costante di questa paraideologia è che essa appare lo sviluppo di quella espressa da gruppi che alcuni decenni fa erano soprattutto antisemiti e anticristiani: mentre oggi sembrano essersi riciclati – senza dubbio per cavalcare il successo di tesi che, specie negli otto anni dell’era di George W. Bush jr., apparivano “vincenti” – in una direzione fortemente filo sionista e filo cristiano. Una metamorfosi repentina, disinvolta, che si è sottratta alla fatica di qualunque autoanalisi e auto giustificazione: di colpo, sia la “civiltà cristiana” (ma nei paesi protestanti si evita di spiegare il ruolo, al suo interno, del cattolicesimo) sia Israele paiono divenuti i sicuri baluardi nella lotta contro l’ondata musulmana che minaccerebbe di sommergere il mondo.

    Tesi del genere si sono affermate da tempo anche da noi: e sono state fatte proprie, in modo talvolta apparentemente anche meno grossolano, da gruppi vicini alle tesi neoconservatives e teoconservatives che si dicono “cristianisti”, dispongono di riviste e di siti on line e si fanno paladini di un cattolicesimo a parole rigoroso sotto il profilo del rispetto della tradizione, dell’ortodossia dogmatica e della correttezza liturgica (con una sintomatica insistenza sulla critica di quello ch’essi definiscono “il relativismo” e una tendenza a condannare le prospettive del Concilio Vaticano II), ma dal quale appare assente qualunque tensione solidaristica e sociale. Da questo “cattolicesimo” appare altresi scomparsa qualunque critica nei confronti degli sviluppi “turbo capitalistici” della finanza e dell’economia, in una direzione che appare largamente ispirata al libertarianism statunitense e nella quel sembra molto forte il richiamo positivo, d’origine calvinista, al profitto e all’arricchimento come valori indiscriminatamente positivi. In altri termini, questi “cristianisti” – non diversamente dai loro amici e sodali, gli “atei devoti” – tendono a cancellare qualunque critica alla “secolarizzazione della società”, cioe alla rivoluzione individualistica dalla quale, tra Quattro e Settecento, è scaturita la civilta occidentale moderna, quella che ha preteso di poter vivere etsi Deus non daretur.

    L’attuale “fondamentalismo cristianista” pretende di cancellare quello strappo e di riconoscere nell’Occidente attuale la prosecuzione senza soluzioni di continuità della societas christiana precedente le grandi rivoluzioni sei-settecentesche e lo sviluppo del capitalismo internazionale; esso pretende di ridurre la problematica del mondo attuale al solo problema dell’opposizione a un supposto “dilagare dell’Islam”, postulato alla luce sia di una semplicistica proiezione statistica del tasso d’incremento demografico del mondo musulmano odierno, senza alcuna valutazione seria sia delle differenze interne all’Islam (che non dispone ne di un centro propulsore unico, ne di un’intima coerenza politico-sociale), sia del dogma dell’inevitabilita dello “scontro di civiltà”, parola d’ordine ideologica travestita da previsione sociologica e diffusa dal pamphlet (tutt’altro che un saggio scientifico, per quanto come tale presentato) pubblicato nel 1996 da Samuel P. Huntington. Esso pretende di lottare contro il “relativismo”, confondendo però il “relativismo etico”, che coincide con l’abbandono e il tradimento dell’etica cristiana all’interno della società dei credenti, con il “relativismo antropologico” che altro non è se non il riconoscimento del fatto che nessuna gerarchia obiettiva puo essere sostenuta nel confronto tra le culture e che ciascuna di esse dev’essere giudicata dall’interno di se stessa e dei suoi principii (e poi ovvio che esiste, alla luce della fede, una Verita assoluta: ch’è appunto categoria propria della fede e inerente alla teologia, ma che non riguarda le storia se non alla luce del mistero dei Novissima, non suscettibile di venir tradotto in termini immanentisticamente storici e tanto meno politico-sociologici).

    Breivik appare parte,m sia pure marginale e demenziale, di questa galassia di pseudo pensiero politico e religioso. Ora, non si vuol certo dire che tutto il “fondamentalismo cristianista” sia suscettibile di trasformarsi in pericolo terrorista. S’intende pero diffidare chiunque dal proporre analisi superficiali e riduttive di eventi come la strage di Oslo. E’ ovvio che essa sia esito della volonta di un folle: Breivik e, a differenza del “suo eroe” Parsifal, un “impuro folle”. Ma nulla prova che egli abbia agito da solo, né che sia un isolato. Forse aveva dei complici, forse il suo gesto “isolato” è parte di un piano più ampio, che magari svanirà senza lasciar traccia, ma che non si può pregiudizialmente sottovalutare. C’è del metodo in questa follìa.

    Franco Cardini, 27/7/2011

    http://www.francocardini.net

    • Peucezio scrive:

      Ottimo articolo anche questo.

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per mirkhond

      Eccellente articolo, che ho subito proveduto a salvare. Non concordo del tutto sulla distinzione fra ‘relativismo antropologico’ e ‘relativismo etico’.

      In realta’, il primo implica necesariamente il secondo.

      Per spiegarmi, faccio riferimento a quel passo dove un storico Greco (credo fosse Erodoto) parla di lessandro Magno che arriva in India e vi trova un popolo che ritiene sommo dovere filiale cremare il padre defunto e mangiarne le ceneri, e infame disonore mancare a questo dovere. Alcuni Macedoni del seguito si mostrano schifati. Alessandro, sempre attento al contatto fra culture di Oriente e Occidente, invita i saggi di quel popolo a discutere in pubblico dibattito la loro usanza insieme coi saggi del proprio seguito. La discussione dura un’intera giornata, ma alla fine Alessandro deve convenire che nessuna delle parti la spunta. Questo e’ relativismo antropologico, dal quale l’inesistenza di un punto di vista privilegiato nell’etica segue direttamente.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Peucezio scrive:

        Ciò che dici è coerente con la tua visione del mondo, però, se si chiariscono in modo più preciso i concetti, la tua obiezione cade. Mi spiego meglio: il relativismo etico normalmente prevede che a l l ‘i n t e rn o di una singola società ogni individuo possa riferirsi a un’etica personale indipendente dagli altri, purché non in conflitto con quella altrui, cioè non impedendo agli altri di vivere secondo la propria.
        Invece il relativismo antropologico prevede esattamente il contrario: misura dei valori etici è la cultura, non l’individuo col suo arbitrio. Un relativista etico non ammetterebbe mai che si voglia imporre o trasmettere un modello liberale o comunque individualista a una società di tipo organico e premoderno, caratterizzata da un’etica collettiva condivisa che scavalca la libertà individuale. Evitando simile intrusione si scegliere di difendere la libertà di quel popolo in quanto popolo a discapito di quella dei singoli individui che lo compongono.

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Peucezio

          In astratto hai ragione, in concreto credo di no.

          Prima di tutto, e’ illusorio pensare che la morale dell’individuo si sviluppi indipendentemente dalle credenze dominanti delle culture in cui quell’individuo ‘e’ nato’ e ‘vive’ (distinzione non peregrina, se pensiamo agli immigrati nati nel Sahel o in Pakistan e che oggi vivono qui). Se non esiste un metro assoluto di valutazione della morale individuale non puo’ dunque neanche esistere un metro assoluto di valutazione delle culture. Come giustamente insegnavano nelle scuole di marxismo della Polonia popolare, ”l’essere umano lo determinano le condizioni materiali”.

          Ma scendiamo nel concreto. Nel senso che ho indicato, ad esempio, l’antropofagia non e’ un peccato, e’ un’usanza. Il guaio e’ che chi viene mangiato ha difficolta’, per motivi tecnici, ad esercitare le proprie, di convinzioni. E siccome appunto non esiste modo di privilegiare un punto di vista particolare (assunto questo di un assolutismo indiscutibile, lo riconosco in buona coscienza) devo garantire al potenziale pranzetto la possibilita’ di non diventare tale. Il che significa ‘intervento umanitario’ -dalle ONG ai caschi blu- con tutto il corollario di imperialismo culturale che cio’ implica. (A scanso di equivoci: significa anche condannare le ‘renditions’ tipo Abu Omar, le faccende tipo Guananamo e Abu Ghraib, ecc.)

          L’antropofagia non e’ dunque solo un’usanza, ma diventa un crimine: ed intendo ‘crimine’ nel senso di violazione dei diritti umani, quelli della Dichiarazione alla base dell’ONU e di chiara derivazione Illuminista.

          Il cannibalismo oggi non e’ piu’ tanto di moda, anche se non mi stupirei se ritornasse in auge, ma ad esempio lo e’ tuttora la mutilazione genitale femminile. Non avrei alcun problema ad autorizzare il bombardamento aereo di quelle tribu’ che si rifiutassero di abolirla. (Avendo isto il Kosovo prebellico sostenni entusiasta le nostre missioni su Belgrado). Allo stesso modo non mi faccio scrupolo di denunciare e far condannare i siti pedofili (l’ho fatto) o i padri che vogliono impedire con la forza alle figle di vestire come desiderano (lo farei se me ne capitasse l’occasione).

          Questa mia visione del mondo e’ esplicitamente transnazionale e intollerante (un poco tipo ‘Le Monde Diplomatique’), o almeno lo e’ quel tanto che basta per garantire pari possibilita’ a tutti di esercitare il proprio modo di vivere.

          In particolare, il relativismo esclude la non violenza. Gandhi coerentemente invitava gli Ebrei perseguitati dai nazisti a suicidarsi, affinche’ lo sdegno provocato dalla loro morte per protesta facesse cadere il regime hitleriano sotto il perso dell’opinine pubblica. Orwell ebbe facile gioco ad ammonire ”quanti Gandhi periscono in Siberia nell’indifferenza generale”- e il caso dell’Ebreo Formiggini a Bologna da’ ragione a Orwell.

          Lo slogan ”la liberta’ di ciascuno finisce dove inizia la liberta’ degli altri” e’ intollerante come tutti gli slogan: dopo tutto, ‘slogan’ in Scozia definiva l’urlo di guerra.Ma a ragione o a torto (sto parafrasando Trotskj) questo e’ il modo che la Storia ci ha dato per avere ragione.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          Mah, non mi è chiara la contraddizione con quello che ho scritto io. La tua posizione non elimina affatto al differenza fra relativismo etico (individuale) e relativismo antropologico, semmai si colloca pienamente a favore del primo, sia pure non in modo fanatico o estremistico.

          “non puo’ dunque neanche esistere un metro assoluto di valutazione delle culture”
          Ovvio. Infatti io, da relativista antropologico, non ritengo affatto che le culture vadano valutate, tantomeno eticamente, ma solo che se ne debba prendere atto e che siano semmai esse il metro di valutazione delle altre cose, ma che non esista nulla di esterno alla cultura che possa fondare una valutazione.

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per peucezio

        Credo che la possiamo mettere così. Il relativismo etico tu lo hai posto in contrapposizione a quello antropologico (quando hai scritto ”invece […] prevede esattamente il contrario”).

        Io invece li vedo uno conseguenza dell’altro. Se non c’e’ un modo assoluto di giudicare fra culture, non c’e’ un modo assoluto neanche di giudicare fra morali individuali, visto che le morali individuali nasconi sempre all’interno di culture date.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          Sì, però tu, proprio in virtù del fatto di essere cresciuto in Occidente, in una famiglia istruita della borghesia italiana, immagino, hai avuto un retroterra probabilmente decisivo per formare la tua concezione che l’infibulazione va combattuta anche all’interno di comunità organiche in cui viene praticata da sempre (ammesso che ne esistano, ma conta come esempio), quindi tu non stai applicando un principio di relativismo culturale, quando compi questa scelta o quantomeno ne stai applicando una versione molto blanda, libera, che prevede significative eccezioni e distinguo.
          Si può anche far discendere il relativismo individuale ed etico da quello culturale, ma, una volta sviluppato il secondo, esso diventa incompatibile logicamente (e a maggior ragione praticamente) col primo.

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Peucezio

          Hai ragione. E ce l’hai perchè non vedo nella cultura l’unità di base, ma l’individuo. Non esiste la cultura Italiana: esistono gli Italiani; non esiste la cultura Inuit, esistono gli Inuit. (Non esiste la cavallinità: esistono i cavalli). Dunque, limitare o combattree la cultura Inuit vuol dire conculcare il diritto del singolo Inuit a parlare la sua lingua, ecc. E siccome non esiste un punto di vista privilegiato, chiunque pratichi l’infibulazione femminile o la schiavitù o simili piacevolezze lo fa ai danni dei diritrti dell’individuo, che sono universali perchè indipendenti dalle etnie di appartenenza. Insomma, il relativismo etico e quello culturale sono entrambi conseguenza di una visione, come dire, quasi ispirata al rasoio di Ockham: non c’e’ bisogno di trovare differenze fra gli esseri umani, dunque occorre agire come se quelle differenze non esistessero. Gli esseri umani non nasceranno uguali, ma è comunque una qualche Costituzione a renderli uguali. E meno male, aggiungo io.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          Mah, continuo a non trovare nessun nesso fra ciò di cui parli eil relativismo culturale. Tra l’altro anche le tue ultime affermazioni, come anche le mie, sono il prodotto, fra l’altro, del nostro retroterra, per cui un relativismo culturale minimamente coerente, di fronte a società e culture altre dovrebbe semplicemente tacere, nel senso di astenersi da qualunque giudizio (poi resta lecito descrivere, constatare, questo è ovvio) e, a maggior ragione, da qualunque intervento.
          Tu invece ritieni di poter dare un giudizio e intervenire, dunque ritieni che la tua visione e il tuo retroterra siano più validi di quelli interni a un’altra realtà e a un altro contesto. Questa è una posizione culturalmente legittima (anche se, a mio avviso, non moralmente, perché non abbiamo nessun titolo per giudicare le altre realtà), ma è incompatibile con il relativismo culturale.

          Sul cavallo e la cavallinità ovviamente ci sarebbe molto da dire. E’ una questione secolare, quindi non pretendo di essere detentore della risposta definitiva, tuttavia trovo in generale gli argomenti dei nominalisti molto deboli: oggi abbiamo persino la genetica che ci spiega che noi possiamo replicare un cavallo infinite volte e infinite volte può morire, ma se siamo in possesso del suo genoma saremo sempre in grado di riprodurlo, perché possediamo la sua forma, che, diversamente dal singolo cavallo, non si modifica e non muore.

    • Francesco scrive:

      articolo di una rozzezza incredibile, al limite della malafede.

      trovo deprimente l’abitudine di rifilare agli avversari posizioni ridicole, caricaturali, estremistiche

      è più onesto Vauro che insulta e basta

  26. Moi scrive:

    La mia è cultura religiosa islamica laica

    RITVAN

    ___________

    E quindi l’ Islam Albanese ha la peculiarità di distinguere quel che è di Cesare da quel che è di Dio ?

    • Ritvan scrive:

      —-E quindi l’ Islam Albanese ha la peculiarità di distinguere quel che è di Cesare da quel che è di Dio ? Moi—

      Esatto.

  27. jam... scrive:

    …non a caso quella recensione su P.P.Pasolini si chiama “un po’ di febbre”, x’ non é un’analisi razionalmente corretta, ma fiévreuse alterata dal filtro dell’amore x il proprio paese e dal desiserio imperativo che aveva la gente di godersi un po’ di relax dopo la guerra.
    (Se l’Italia in quel momento fosse stata davvero meravigliosa, sarebbe meravigliosa ancora oggi: infatti é meravigliosa ancora oggi, ma in modo meno apparente e diverso.)
    Quel meraviglioso di Pasolini é già decadente e ricolmo di drammaticità, poi Fellini nei suoi film ha cercato di prolungarne l’agonia nostalgica, chiamandola una dolce vita, ma quegli anni 50-60 avevano già in grembo l’attuale stato di cose, anzi stavano intensamente lavorando x produrlo…
    …non penso che si potrà mai ritornare alla religiosità cosi’ com’era nel medioevo, e x fortuna del resto, x’ in realtà la torta non é mai stata spartita. Quindi la paura di quelli che oggi hanno orrore delle religioni é dovuta all’interpretare la religiosità storica, come solo modo che avrebbe la Religione di attuarsi, mentre la Religione-Religiosità, non é ancora avvenuta. Sono piste nascoste nel bush selvaggio, mappe di pensieri virtusi percorsi dai Piedi Santi dei Profeti, impronte da decifrare ed il progresso o tecnologia in sé non possono cancellare nulla, anzi se ben utilizzati possono essere di aiuto….in australia, ad es, i percorsi del dream time sono stati devastati da una società coloniale che non era ancora né tecnologica né piena di progresso quindi…

    detesto l’espressione “ateo virtuoso” sia se usata in senso positivo che negativo, ma penso sia sempre usata in senso negativo!
    In effetti la Fede é la Grazia Divina, quindi é misteriosa e sfuggevole alla fotografia.
    Diciamo che i cristiani o i musulmani hanno la fede, dovremmo dire: dicono di avere la fede x’ in realtà se davvero l’avessero saremmo in panni migliori. Allora x’ quando parliamo di “fedeli virtuosi” diamo x scontato che lora abbiano la fede, mentre potrebbero in realtà essere soltanto degli ipocriti?
    ateo virtuoso allora é un’etichetta x prendere in giro e aumentare la nebbia negli occhi dei potenziali “fedeli” e lo scotro di civiltà…

  28. mirkhond scrive:

    Per Jam

    Anni fa, in una trasmissione religiosa, parlarono delle profezie della Madonna di Garabandal, non riconosciute dalla Chiesa.
    In una di queste profezie, la Madonna avrebbe detto che non ci sarebbe stata la fine del mondo ma la fine della Chiesa….
    Quando finalmente Nostro Signore si rivelerà e porrà termine a questa notte delle sofferenze? Quando gli uomini potranno finalmente rivedere la Luce, o, se non degni, almeno dissolversi nel nulla?
    ciao

  29. lycopodium scrive:

    Molte delle parole di Pasolini, per quanto abbiano un che di decadente, sono certo più appropriate di tante descrizioni più ottimistiche di quegli anni.
    Il contesto socio-culturale si andava velocemente sfaldando e non faceva più da kathecon ad un altro tipo umano, perfettamente raffigurato in molti odiosi personaggi interpretati da Alberto Sordi.
    Molto di questo tipo umano è divenuto classe dirigente e chi doveva fare da kathecon si è velocemente spogliato di attributi e dispositivi per farlo.
    Colpisce, per tornare a Pasolini, a questo propsito, un dibattito di quegli anni con tre uomini di chiesa, dove il meno ideologico e il più realista (ergo, nonostante tutto, il più culturalmente cristiano) risultava proprio lui.

    • Moi scrive:

      Pasolini e Guareschi furono gli unici due intellettuali del dopoguerra a vedere davvero nel futuro, per vie inverse, da punti di vista opposti … ma finirono col ritrovarsi loro malgrado nel concetto di “Destra Divina” .

    • Peucezio scrive:

      Il tipo umano dei personaggi di Sordi secondo me ha posto solo le premesse del degrado, nel senso che ne è stato fattore attivo, non passivo: quella generazione e quel tipo di italiani, che hanno cementificato l’Italia e distrutto il retroterra di cui anche loro erano i prodotti, erano antropologicamente sani (ma moralmente colpevoli), mentre la loro opera ha prodotto il ’68 e la gioventù delinquenziale descritta da Pasolini, la quale oggi è classe dirigente (quegli altri sono morti o sono ultra-ottantenni) ed estende e moltiplica la devastazione. La generazione successiva, cioè quella dei giovani attuali, è una generazione fatta per la maggior parte di decerebrati semialfabetizzati, che non avrà nemmeno i mezzi, probabilmente, per fare ulteriori danni ma si troverà a suo agio nel deserto morale e culturale che erediterà (mentre ora è incazzata nera, perché non sono stati ancora liquidati gli ultimi residui dell’umanità precedente, residui che, caduta la vecchia borghesia del dopoguerra, rappresentano l’ultima sopravvivenza, pur degradata, di un certo vitalismo popolare italiano).

  30. Moi scrive:

    @ IZZALDINO

    Scusa, come funzia il tuo nazimetro 🙂 ? E’ “nazismo” solo sbertucciare la religione islamic a o tutte quante ? O tutte quante meno la cattolica ?

    Anche se mi rendo conto che la Cattolica spesso è incapace di rendersi conto di quando e quanto si ridicolizzi da sola … chi lo fa notare dall’ interno viene bollato da “ClericoFascista” come sommo insulto.

  31. Moi scrive:

    http://www.youtube.com/watch?v=6LLvOY4zn3E

    Non so se (!) e per quanto tempo (!) testerà on-line … ma non dice nulla che non dica anche Breivik, anche se i riferimenti alle Radici Cristiane sono vagamente diversi.

  32. mirkhond scrive:

    La canzone di questo porco è molto popolare da voi a Bologna?

  33. mirkhond scrive:

    E’ in milanese, ma lo sappiamo bene, le idee leghiste girano un pò per tutta la Padania…
    ciao

    • Moi scrive:

      A Bologna credo che nessuno o quasi la conosca, l’ ho trovata per caso come “video suggerito” [sic] dopo aver visto quello di Breivik … Le idee leghiste cmq sono forti perché proteiformi :

      dalle mie parti i più incazzosi con i “Beduini” sono generalmente dei Meridionali, il fenomeno è iniziato già nei primi anni ’90 quando si sono sentiti “sbolognati” [è proprio il caso di dirlo !] dal Partitone per gli “Extra”, come una moglie di 40 anni di un imprenditore di 60 che perde la testa per una segretaria di 20 … chiaro no ?

      • mirkhond scrive:

        Su questo, hai ragione, perchè mi è stato detto anche da parenti e amici, della sponda settentrionale del Po.
        Spesso i peggiori razzisti sono i rinnegati che devono “dimostrare” ai nuovi connazionali, di essere parte del loro popolo…
        ciao

    • PinoMamet scrive:

      Mai sentito nemmeno qua (per fortuna); confermo peraltro la faccenda dei meridionali vs “marocchini” accennata da Moi, che almeno in Emilia è abbastanza visibile.

      Due note:
      1- l’avanzata della Lega nell’EmiliaRomagna mi sembra abbastanza chiaramente dovuta all’insipienza o alla stanchezza delle precedenti amministrazioni di centro-sinistra, e alla rabbia verso loro piccoli e grandi imbrogli, sprechi ecc. che vengono a galla, più che per vero sentimento “padano”, che, almeno qui, mi sembra sempre tenuto in vita per accanimento terapeutico dei pochi legisti per convinzione
      (Francesco ci assicura che da lui invece esiste ed è vitale, ma lui è lombardo!)

      2- ho conosciuto diverse ragazze di formazione universitaria che si sono fidanzate con “islamici”, e si sono mollate dopo qualche tempo per “incompatibilità culturale”;
      al contrario, ho conosciuto delle famiglie working-class (una emiliana, una di origine sicula) che convivono abbastanza felicemente con nuore o generi e nipotini “islamici”.

      Ciao!

    • Peucezio scrive:

      Più che milanese mi sembra tipo un dialetto comasco o lecchese oppure un milanese pronunciato male da uno che non lo sa.

  34. Moi scrive:

    Cmq, stando a un rapido esame ermeneutico 🙂 dell’ opera, la si direbbe degli anni ’90 :

    c’ è un insistere sugli “Albanés” passato di moda, e nessuna allusione al “Maomettanesimo” 🙂 con relative barbe, moschee e immancabili cammelli.

    • Peucezio scrive:

      Visto che siamo in tema, beccatevi questa:
      http://www.youtube.com/watch?v=NBTuLLU6OMY
      E’ sicuramente della prima metà degli anni ’90 anche questa ed è una specie di raggamuffin volutamente satirico. Viene attribuita a Nanni Svampa, ma non è sua né la voce, né lo stile, né la pronuncia dialettale approssimativa, che non nasalizza le ‘a’ come quelle di “Milan”, facendo cadere l’opposizione fonematica con la ‘a’, faccio per dire, di “tosann”, che non è nasale e in cui la ‘n’ viene articolata distintamente come dentale, cosa che può fare solo un giovane o comunque uno che non sa pronunciare il milanese, certo non Svampa.

      • Moi scrive:

        *** Sperando che aiuti a non confondere col Milanese ***

        http://www.youtube.com/watch?v=DLxFsyGsgTw

        Questa è una delle canzoni in Bolognese “storico” secondo me meglio indovinate … e credo faccia capire perché il dialetto si lega indissolubilmente a un mondo che già gli Anni ’50 cominciavano a spazzare via. In fondo era la Città-Vetrina del Partito Comunista più grande d’ Europa e “non poteva permettersi” di continuare a essere così “provincialmente” dialettofona … qui mancano i sottotitoli, ma almeno è lenta e dovrebbe capirsi ugualmente anche se siete del Sud.

        Tecnicamente ricordatevi della cosiddetta “distruzione delle sillabe atone” e dell’ “alfacismo” …

        • PinoMamet scrive:

          Non c’entra, ma mi fa un po’ ridere vedere, nei video consigliati di fianco a “Pré ed Cavrera”, una Druid’s Folk Band che canta “Piron al Furner”.
          Niente contro l’ottimo Pierone il Fornaio, che non ho avuto il piacere di conoscere, ma c’era bisogno di tirare in ballo i druidi, che c’entrano come i cavoli a merenda?

          (d’altra parte, ricordo cantanti di area partenopea che tiravano in ballo con altrettanta convinzione, e altrettanta improbabilità, Annibale e figli…)

        • Moi scrive:

          @ PINO

          Non li conosco, cmq penso che i Druidi c’ entrino pochissimo anche con i Vecchi Saggi da Pub dell’ Irlanda, Galles, Scozia, ecc …

        • PinoMamet scrive:

          Assolutamente d’accordo!
          Quindi è una falsificazione al quadrato! 😉

        • PinoMamet scrive:

          O da un altro punto di vista, uno potrebbe dirmi che due falsificazioni che si elidono;
          nel senso che se gli irlandesi tirano in ballo un po’ a cazzo i druidi per la loro musica folk, allora chi li imita è legittimato a tirarli in ballo a sua volta…

          ma questo è valido, paradossalmente, nel caso sia chiaro che si tratti di una imitazione, di un omaggio.
          NON se si tratta di appropriamento indebito di una tradizione già falsata in partenza.

          mi spiego meglio:
          mettiamo che esista un gruppo dublinese chiamato The Druids (ce ne saranno mille, ma vabbè).
          Un band giapponese che li imita o ne fa le cover, secondo me, ha tutto il diritto di chiamarsi, mettiamo, The Osaka Druids. Sarebbe anzi simpatico. Nessuno comunque sospetterà che a Osaka pensano di discendere dai druidi.

          All’opposto, un band “padana” che si chiami, poniamo, The Pegognaga Druids (magari esistono davvero, me ne scuso), e che faccia tutto il possibile per far credere che la tradizione padana (che già come tale non esiste) e quella irlandese hanno chissà che punti di contatto, sta facendo una falsificazione al quadrato 🙂

      • Peucezio scrive:

        Ci capisco meno della metà. Probabilmente scritto ci capirei di più, anche se ha una pronuncia abbastanza chiara, ma anche capire dove finisce una parola e comincia l’altra rende più intellegibile il testo a chi non conosca la parlata.

  35. mirkhond scrive:

    Per Pino e Moi, gli abitanti a nord del Po, come vedono voi Cispadani?
    Vi considerano dall’alto in basso? Vi hanno mai discriminato in qualche modo?
    Vi siete, insomma, mai sentiti trattati da terroni?
    Oppure l’unità delle genti padane, un sentimento di comunanza è più forte, nonostante secoli di divisione, in una “Padania” che MAI formò un’unità politica nella sua interezza, dall’invasione longobarda all’unità d’Italia?
    ciao

    • Moi scrive:

      Be’ c’ è da dire una cosa … non abbiamo mai avuto _ con soddisfazione reciproca_ l’ esigenza da indigenza di dover emigrare Oltre Po, la “nostra” terra riusciva, anche grazie alla “nostra” laboriosità, a sostentarci senza doverla lasciare.

      Insomma, un Cispadano fra i Transpadani ci va da sempre “alla pari”, vuoi per trattative fra aziende vuoi per turismo … anzi, quest’ultimo più da Milano a Rimini che qualsiasi altro percorso. E ai Romagnoli, basta che spendano, van benissimo anche i turisti Marziani ! 🙂

    • PinoMamet scrive:

      Come siamo visti non saprei dirtelo, visto che certe cose poche piacevoli non è che vengano dette in faccia, di solito…

      l’impressione che mi sono fatto, però, è che siamo considerati come i cugini un po’ arretrati e di campagna… che si godono più le “semplici cose della vita”, ma non sono in grado di competere con i ritmi della vita milanese; gli altri lombradi non saprei dirti, mantovani e cremonesi ci sono troppo vicini per avere pregiudizi seri, e però hanno avuto vicende storiche troppo distanti dalle nostre per poter avere anche una rivalità verso di noi;
      bresciani, bergamaschi e comaschi, per esperienza personale, direi che ci classificano tranquillamente tra i “terroni”
      (sono stato chiamato così in più di un paio di occasioni, ma sempre in forma dubitativa e in fondo bonaria) ma tra quelli redimibili.

      I milanesi, lo so benissimo, pensano che noi viviamo in base a lentissimi ritmi “mediterranei” (il bello è che poi questi milanesi sono spessissimo di origine meridionale) e sii ncazzano se non hanno il caffè in due secondi o se il primo passante fermato a casa non è in grado di essere un’efficente guida turistica/stradario aggiornatissimo.

      Noi, in compenso, pensiamo che siano dei poveri scemi che meritano di essere brutalmente fregati, come spesso avviene, ma non dirlo a Francesco 😉

      ciao!!

      • mirkhond scrive:

        Ma è vero che Piacenza vorrebbe passare alla Lombardia, perchè si sentirebbe più legata a Milano che a Parma e a Bologna?
        ciao

        • Moi scrive:

          La mia impressione è …

          I Piacentini di Dx sì : mai come da quando è sceso in campo Berlusconi si sentono Lombardi … ma quelli di Sx mai come da quando “c’ è su” Bersani si sentono felicemente Emiliani.

        • Moi scrive:

          Se Piacenza passa alla Lombardia, in cambio però ESIGO Mantova ! 🙂 😉

        • PinoMamet scrive:

          Che i piacentini di città vogliano passare alla Lombardia, in realtà, lo so da te, perché non leggo la loro stampa locale;
          non stento a credere che esista un movimento di questo tipo nella destra locale (come a Parma c’era l’ormai agonizzante movimento per la costruzione di una inventatissima “Lunezia”) soprattutto perchè il capoluogo regionale è identificato da sempre con un PCI che veniva definito come lontano o addirittura ostile alle esigenze locali.

          A Parma l’odiosa Gazzetta, un fogliaccio che non ha altri pregi oltre l’antichità e la pagina dei necrologi, nei decenni passati non ha esitato a ricorrere a mezzi scorretti per togliere di mezzo la concorrenza del “bolognese” Resto del Carlino, alla fine riuscendoci.
          Perché dietro la Gazzetta stavano gli sporchissimi imprenditori locali, di cui i recenti casi Parmalat e della giunta Vignali hanno dimostrato l’esimio spessore morale….

          Riguardo a Piacenza, a naso, concordo con Moi;
          poi la provincia di Piacenza è particolare perché il capoluogo, in effetti, è a un tiro di schioppo dalla Lombardia, e anche il suo dialetto ne sente decisamente l’influenza; penso abbia sempre sentito un’attrazione più per il mondo milanese che per quello bolognese.
          La collina e la parte orientale però mi sembrano tranquillamente emiliane, la parte appenninica ha notevoli legami con la Liguria
          (so di posti dove sono straconvinti che Cristoforo Colombo fosse piacentino, almeno di origine, e mi hanno anche indicato il nome del paese di origine, ma l’ho scordato).

      • Peucezio scrive:

        Io conosco poco l’Emilia-Romagna (che apprezzo per molti aspetti), ma, vivendo a Milano da più 35 anni, vi posso dire qualcosa sulla polarizzazione Milano tutto-il-resto-della-Lombardia.
        I milanesi vedono i “provinciali” come un po’ burini e, in alcuni casi, da parte dei giovani milanesi progressisit, un po’ razzisti e chiusi.
        Invece qualsiasi lombardo che non sia di Milano vede Milano come una specie di Sodoma e Gomorra, di megalopoli mostruosa e alienante, pullulante di milanesi pazzi, frenetici, nevrotici, odiosi, arroganti, violenti e irrazionali e di stranieri di tutte le razze incontrollabili, male integrati e tendenzialmente delinquenti: Milano è in sostanza il concentrato di tutti i vizi e le nefandezze umanamente immaginabili (compresa forse l’antropofagia).
        Non dimenticherò mai la formula usata dall’anziana zia valtellinese di un mio amico cui, nel corso di una conversazione, non sovveniva l’espressione “Brigate Rosse” e dunque, per riferirsi ad esse, disse “quei da Milan”.

        • Francesco scrive:

          avendo vissuto assai sia a Milano sia in provincia di Bergamo confermo

          anche se i provinciali giovani sospettano che a Milano ci sia più grana e ci si diverta di più

      • Francesco scrive:

        lo sospettavo già …

        ciao

        😀

        PS non so per i leghisti (sospetto che la loro padania coincida con la famiglia nel senso più meridionale del termine), per noi criptoleghisti arriva almeno fino all’Emilia, mentre Aostani, Liguri e Trentino-Bolzaneti sono sospetti: è questione di saldo fiscale, non di geografia

  36. mirkhond scrive:

    Ricordo, negli anni ’80, un manifesto leghista in cui l’Italia era spaccata geograficamente in due sulla linea “gotica”, e in cui l’Emilia-Romagna era chiamata Italia MERIDIONALE….
    Forse un giorno, se arriverò a Gabicce, dovrò esibire il passaporto alle guardie padane di frontiera?
    ciao

    • Moi scrive:

      Sì, è vero, tuttavia in quel manifesto becero, per quanto “meridoionale” eravamo ancora Italia … nel senso che ritengo non che ci condsiderino particolarmente “altro da sé”, ma cmq di una qulaità inferiore, di una serie B.

      Tuttavia almeno Pavia, Cremona, Lodi e Mantova essendo di confine credo che “quasi” se ne dissocino.

      Da parte “nostra” verso di “loro” credo che siano sempre stati criticati per l’ assenza di sentimenti come la solidrietà e l’ accoglienza, per uno smisurato egoismo che li portava a essere “più ricchi ma meno felici” …

      Nulla più.

  37. izzaldin scrive:

    @moi
    mi sembra che tu abbia travisato le mie parole.
    io ho posto l’accento sul fatto che quando calderoli , nel 2006/2007, ha portato il maiale a orinare sul sito della moschea di lodi (e minacciò di farlo anche a bologna) era VICE PRESIDENTE DEL SENATO.
    insomma, ricopriva un ruolo istituzionale molto importante.
    lo stesso gesto fatto da uno naziskin di bassano del grappa non mi avrebbe di certo impressionato.
    ma vedere un politico con importanti incarichi pubblici incitare così rumorosamente all’odio razziale mi ha ricordato i politici nazisti e i loro plateali gesti di antisemitismo.
    io non ho un nazimetro, ma ora che me lo dici, posso dirti che il nazimetro segna il massimo grado quando un membro di qualsiasi governo incita all’odio: in ruanda, il massacro dei tutsi venne giustificato dalle parole degli uomini politici: questo è un atteggiamento nazista; allo stesso modo, la nuova costituzione in discussione in ungheria pone l’accento sulla “magiarità” del popolo ungherese, escludendo ebrei, tzigani e tutte le altre etnie non puramente magiare. questo è un atteggiamento nazistoide, perchè perpetrato dai politici, coloro che detengono le redini della macchina statale.
    ti ripeto, se un diciottenne ubriaco scrive su un muro “tritolo su tel aviv” oppure”diamo fuoco alle moschee” o “cloro al clero” non è un gesto che io consideri spregevole quanto invece la propagnda di odio fatta dai vertici istituzionali della repubblica italiana.
    chiaro adesso?
    p.s.
    riguardo la tua frase polemica “E’ “nazismo” solo sbertucciare la religione islamica o tutte quante ? O tutte quante meno la cattolica ? ” ti rispondo dicendo che vale sempre il potere del contesto in cui ci si trova: in italia i musulmani sono una minoranza cui, in molti casi, viene negata la libertà di praticare la propria religione. in iraq, invece, accade il contrario: una maggioranza islamica (già di per sè divisa) opprime la minoranza cristiana. in tibet è diverso, nel bengala dell’ottocento la situazione era ancora diversa, etc etc etc.
    se c’è qualcosa che il razzismo novecentesco dovrebbe averci insegnato è proprio il rispetto delle libertà delle minoranze.
    se un uomo politico importante comincia a seminare odio verso le minoranze, allora le lancette del nazimetro cominciano a muoversi.
    ci sarebbero altri esempi, anche in italia, ma vado di fretta.
    saluti,
    izzaldino

    • Moi scrive:

      Sì, va bene però quello che non cogli è che il “Leghismo” (?) è l’ unico movimento politico di massa (nel senso che potremmo comprendere anche i Radicali ma sono da sempre di élite) che NON ha il Dualismo del tipo:

      Cutura Popolare della Base VS Cultura Radical Chic dei Vertici

      Nel senso che la beceraggine razzista che puoi udire in quella (per loro) “normale” canzone leghista di cui sopra la ritrovi nello sfigato che vota Lega perché odia i “negri che ce l’ han più grosso ” come nel ministro.

      Insomma se un elettore della base della lega dice “i negri puzzano !”, ai vertici ripeteranno “i negri puzzano !”, mica modificano in “gli esemplari della specie umana dall’ elevato tasso di melanina nel derma esalano nell’ aria un odore che a contatto con i ricettori olfattivi risulta acre !” …

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Moi

        ”Dualismo”

        L’assenza di tale dualismo e’ il primo sintomo del sorgere di un movimento totalitario, stando almeno alla tesi di Hannah Arendt nel suo ‘Le origini del totalitarismo’ (mi riferisco ai paragrfi in cui parla della differenza fra ‘classe’ e ‘plebe’). Del resto, le Camicie Verdi sono farina del scco di Codreanu.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          Però la conseguenza di un discorso del genere è che una società a caste, che esprime quindi un forte pluralismo di carattere cetuale, ai limiti della polarizzazione è meglio di una società totalitaria, di una sorta di Volksgemeinschaft.
          No?

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Peucezio

          Beh, come sai era Pareto che teorizzava l’inevitabilita’ delle elites. Piu’ vicino a noi, c’e’ un teorema (credo i Arrow) che dice come una democrazia egualitaria a suffragio universale sia impossibile. La dimostrazione ricalca il detto ‘fra i due litiganti il terzo gode’. Se ad es. 100 persone votano per scegliere il colore delle persiane di un palazzo, 49 le vogliono verde scuro e 49 verde chiaro allora il voto dei due indecisi e’ decisivo, e questi lo daranno a chi permettera’ loro di mettere dei cactus sul tetto (quando la magioranza ci voleva dei pannelli solari). Ecco che a comandare in realta’ e’ una minoranza di due du 100. Anche senza andare agli estremi (peraltro ben documentati) dell’ostracismo e del linciaggio, ogni democrazia per essere almeno passabilmente tale deve essere in realta’ una partitocrazia dove alcune elites comandano col consenso generale e possono al piu’ venir periodicamente cambiate. Una elite che si appiattisce sul suo popolo cerca in tale appiattimento una legittimazione all’inamovibilita’ (chi scaccera’ l’Amico del Popolo?), e lo stesso fa il qualunquismo che nega ogni differenza fra elites concorrenti (se sono uguali perche’ cambiare quella che c’e’?). Ogni populismo, qualunqismo e ‘indifferentismo’ ci allontanano sempre piu’ dall'(impossibile) ideale democratico, e rendono duratura una tirannide. Insomma, si comincia con pannella e grillo e si finisce con capezzone e cota: ogni Casta ha bisogno dei suoi Masaniello e dei suoi Cola di Rienzo.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          Che dire: coerente.
          Io, dal canto mio, ho delle riserve intrinseche verso le élites, anche indipendentemente dalla mia visione völkisch, per il fatto che i loro membri quasi mai sono persone più capaci, ma sono semmai persone con maggiore volontà di affermazione, ambizione, furbizia, intrallazzatori, insomma, persone in genere moralmente e intellettualmente mediocri e si trovano quindi ad esercitare un potere poco legittimo e a godere di un privilegio ingiusto.

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Peucezio

          Nessuno dice che un membro della elite sia migliore di un membro del resto del popolo. Difatti, non capita quasi mai. Cio’ non toglie che il dominio di una qualche elite sia l’alternativa all’orrore del: ‘volete Barabba o Gesù?’. Questo orrore è la manifestazione dell’inazione dell’unica figura che un membro della elite non dovrebbe mai interpretare: quella di Pilato. Meglio un errore sbagliato che l’otto settembre. Ho solo detto che la democrazia indiretta (l’unica) si differenzia da ogni altra forma di governo perchè periodicamente una elite puo’ essere sostituita da un’altra, se la maggioranza lo desidera. Che poi spesso si caschi dalla padella alla brace, questo è poco ma sicuro: ma l’alternativa è il non poter cambiare l’elite al governo, e dunque non poter correggere le conseguenze degli errori fatti -a detrimento di tutti.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Peucezio

          Errata corrige: ‘errore sbagliato’ va sostituito con ‘ordine sbagliato’

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          In realtà ciò che dici, con buona pace di Pareto (che non ho letto), vale per le società articolare e con un minimo di complessità. Esistono, o sono esistite, forme di democrazia diretta primitiva in molte micro-comunità relativamente autosufficienti.
          E questo è un altro fattore di cui tenere conto, quello quantitativo: più che esistere una dualità fra società elitarie e plebiscitarie, esistono infiniti gradi di articolazione della società e di distanza fra le élites e il resto della società e quindi l’esercizio del controllo di queste ultime sulle decisioni di governo può essere maggiore o minore, più o meno diretto o indiretto, dalla democrazia diretta primitiva fino ai satrapi orientali o ai poteri occulti contemporanei.

          Poi c’è un altro aspetto da tenere in considerazione – e da questo punto di vista condivido il senso del problema che tu poni, anche se lo risolvo in modo diverso – e cioè lo spirito gregario, la folla assetata di sangue, il demone selvaggio che si impossessa della collettività facendone un sol uomo indistinto e capace di ogni nefandezza.
          Ma io credo che, al di là delle apparenze, lo spirito gregario sia trasversale ai gruppi e alla dicotomia massa-élite, un po’ perché spesso c’è qualche manipolatore o demagogo, fra lo stesso popolo, che aizza tutti gli altri senza che se ne accorgano, ma soprattutto perché le élites non sono individui illuminati, cani sciolti spiritualmente liberi (magari!), ma sono altri gruppi, solo più piccoli e quindi soggiacciono alle stesse leggi – lo spirito gregario, il bisogno della vittima sacrificale, l’odio cieco contro chi non si omologa – cui soggiace la massa. Lo fanno in un modo più fine, meno volgare, spesso più ipocrita, ma la sostanza è la stessa e le conseguenze altrettanto tragiche, se non di più (perché le élites hanno strumenti più potenti e raffinati).
          E la possibilità del ricambio non tempera né corregge in nulla questo meccanismo, perché i nuovi sono pescati dallo stesso ambiente, soggiacciono agli stessi meccanismi gregari e conformistici e, in più, la non identificabilità del potere in individui definiti, ma in una classe coi suoi impeccabili meccanismi e riti di ricambio, li rende ancora meno responsabili, autonomi e, in ultima analisi, spiritualmente liberi.
          In questo senso il capo plebiscitario che tu aborrisci è, a mio avviso, un’alternativa migliore, o meno peggiore, perché essendo un individuo risponde di ciò che fa, ha un’autonomia e un’identificabilità e se si ha la venutra per cui è meno conformista e vile degli altri, si possono limitare i danni, mentre i membri delle élites continueranno a mantenere il loro sistema di privilegi e le loro pulsioni gregarie e prorpio il ricambio sarà il meccanismo perfetto per espellere qualunque forma di vero dissenso, per ricondurre a norma l’eccezione, per perpetuare la dittatura del conformismo e, in ultima analisi, dell’ingiustizia e dell’oppressione dell’uomo sull’altro uomo.

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per peucezio

          Ma il capo plebiscitario cui tu ti riferisci produce l’elite peggiore di tutte: quelli del cerchio magico che circonda il leader, coloro il cui potere non deriva nè da merito nè da nascita ma solo dal fatto di essere stati investiti ad un certo punto della fiducia del capo e che ricavano il proprio potere dall’intermediazione che esercitano fra il capo e i suoi sudditi. E si tratta invariabilmente di una elite di mediocri, perchè il capo non è scemo e non si fida granchè di chi è più intelligente di lui. La cronaca e la storia abbondano di questi esempi, da Seiano a Voroshilov alle vicende dei nostri partiti di governo odierni. Sono queste cricche a fare i danni peggiori: rispetto alla banda di mantenuti di corte. pure un Rasputin svettava come aquila in mezzo alle pecore.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          C’è del vero, la tua è un’obiezione fondata, ma resta il fatto che in tale sistema, quasi sempre, questo cerchia di cortigiani conta poco, perché il capo decide tutto, sovrintende a tutto, insomma, non è un sistema oligarchico, ma autocratico. La sua corte fa danni, non c’è dubbio, ma in misura più limitata rispetto a un’oligarchia che ha TUTTO il potere, come sono quelle (pseudo)democratiche, che non si limitano ad applicare, a dare attuazione, ma decidono, stabiliscono le linee fondamentali, hanno l’ultima parola.

      • Z. scrive:

        Moi,

        la Lega un “movimento di massa”?

        Ci piacerebbe, alla Lega, essere un movimento di massa 😆

        Z.

      • daouda scrive:

        L’unica soluzione mi sembra la “autocrazia democraticista” di Lao-Tze.

        😀

      • Francesco scrive:

        non ne sono sicuro, molti capataz leghisti fingono la loro “genuinità”

        il primo pare sia proprio Borghezio

        PS sono quasi d’accordo con ADV sulla necessità delle elites … dove sbaglio?

  38. Andrea Di Vita scrive:

    Per mirkhond

    Eccellente articolo, che ho subito proveduto a salvare. Non concordo del tutto sulla distinzione fra \’relativismo antropologico\’ e \’relativismo etico\’.

    In realta\’, il primo implica necesariamente il secondo.

    Per spiegarmi, faccio riferimento a quel passo dove un storico Greco (credo fosse Erodoto) parla di lessandro Magno che arriva in India e vi trova un popolo che ritiene sommo dovere filiale cremare il padre defunto e mangiarne le ceneri, e infame disonore mancare a questo dovere. Alcuni Macedoni del seguito si mostrano schifati. Alessandro, sempre attento al contatto fra culture di Oriente e Occidente, invita i saggi di quel popolo a discutere in pubblico dibattito la loro usanza insieme coi saggi del proprio seguito. La discussione dura un\’intera giornata, ma alla fine Alessandro deve convenire che nessuna delle parti la spunta. Questo e\’ relativismo antropologico, dal quale l\’inesistenza di un punto di vista privilegiato nell\’etica segue direttamente.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • daouda scrive:

      L’etica universale non esiste difatti, neanche il diritto è Universale e quantomai le scienze della natura possono essere universali per il semplice fatto che si interessano della fisicità…

      Di Universale semmai abbiamo le “energie divine” , la bontà, la verità, la giustizia cc ecc

      Si capisce subito però che tu Andrea vai a parare verso l’immanentismo convenzionalista ossia noi ci regola.
      Ciò è falso essendo che il generale proviene e procede dall’Universale e quindi ogni cultura/religione elabora in base alle sue caratteristiche, il ché presuppone appunto che primariamente vi fu un’unica realtà umana , che è d’altronde ovvio quando si sà che la peculiarizzazione ( e degenerazione ) del molteplice la si può avere solo e soltanto quando il cammino discendente è ben avviato, dal polo ESSENZIALE puro al SOSTANZIALE puro, entrambi polarizzazione dell’Unità.

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Daouda

        L’Universale si nasconde nel molteplice, l’Uno si camuffa nei molti. Lo illustra bene l’apologo di Lessing: un uomo diede in eredita’ tre anelli identici ai suoi tre figli, che ritenevano pero’ essere uno solo l’anello autentico e gli altri due copie. Nell’impossibilita’ di capire quale fosse quello vero, decisero -arbitrariamente, ma saggiamente- di considerarli autentici tutti e tre. Il dolore accomuna gli esseri umani a tutti gli esseri viventi, e la solidarieta’ contro il dolore accomuna gli esseri umani fra di loro. Il resto, probabilmente, e’ fumo dell’oppio dei popoli.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

      • Daouda scrive:

        Permettimi di farti notare che l’Universale come tu lo intendi non ti appare per quel che essendo dovrebbe.
        Sembra molto naturale giust’appunto, e quindi anche scontato…

        Seguendoti nel tuo precedente discorso, avrei ben paura della solidarietà di questi uomini e di tutta la loro comunanza, soprattutto quando sono impossibilitati a capire giacché non capire è alla base del fideismo mentre è , inversamente, essenza della Fede…

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per daouda

          Per carità, mi sono spiegato male io! 🙂

          La solidairetà, ove essa nasca, è sempre e solo esperienza interpersonale. Se perdo una persona cara trovero’ conforto nell’abbraccio di un’altra persona cara: ”l’abbraccio di milioni” mi ucciderebbe, con buona pace dell’Inno alla Gioia. Il relativismo non riempie l’esistenza più di quanto un semaforo riempia una strada di traffico: ma come il semaforo aumenta la sicurezza di ciascuno di non vedersi travolgere dagli altri.

          Tornando ai fondamentali: l’Universale non è scontato precisamente perchè traspare dal particolare e dunque assume forma sempre imprevedibile (e queste ininterrotte novità e onnipresenza costituiscono appunto il ‘pleroma’ delle Scritture). Sepolto com’e nel particolare, l’Universale diventa inintelligibile dal linguaggio (che è fatto di parole convenzionalmente inter-individuali), e puo’ dunque essere al più cantato a bocca chiusa, mai descritto. Il pleroma ci sorprende appunto perchè il particolare è plurimo, lo Spirito di Dio soffia dove vuole appunto perchè non esiste direzione privilegiata. Il relativismo è la condizione stessa della potenza creatrice divina: Dio non brucia il semaforo all’incrocio.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • daouda scrive:

          Beh pur’io…da quel che ho scritto sembra che il non capire è essenza della Fede!

          Scriviamo che l’Universale è indicibile ed inesprimibile ed irrafigurabile.
          Noi avendo un corpo abbiamo bisogno di simboli per intederLo ma in realtà, tutto è , appunto, un simbolo dell’Universale.
          Possiamo quindi solo alludere, mai spiegare.

          Vista l’epoca attuale però bisognerebbe avere un cautela estrema.
          L’estremo sviluppo della dialettica ( intesa classicamente ) , che è già di per sé un segnale dello scollamento dalla realtà allusiva ergo segnale della nostra degenerazione, ci induce a far confusione od a dar credito ai nostri costrutti individuali.

          Il problema è che solo NELLA RELIGIONE si può essere relativisti con saggezza, poiché fuori dalla religione si è stolti e quindi dei cattivi relativisti.
          Non può esistere un relativismo nella falsità e quindi non può esservi un relativismo non essenziato dalla verità, pena scadere nella cazzata.
          Difatti tutto è relativo è una frase che presuppone l’Assoluto e che riduce il tutto alla sola , e mera, realtà fenomenologica ( tenendo presente questo e l’àmbito di riferimento è quindi una frase corretta ).
          E’ evidente a cosa portino le opinioni farlocche nella storia dell’homo.
          Anche le religioni stesse son state ridotte ( ciò essendo la loro natura in sé completamente diversa da una cazzata individuale ) da chi le usava ad atroce ideologia.

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per daouda

          Se per RELIGIONE intendi la religione istituzionalizzata, avrai capito che non sono esattamente d’accordo 🙂 Se invece intendi il termine nel senso etimologico di ‘re-ligare’, cioè ‘ricollegare’ l’essere umano all’abisso dlel’Altro che sta fuori dall’Io e dalla sfera del nostro narcisismo, condivido entusiasticamente quanto dici. Difatti, il non sapere uscire dal Sè è una complicata versione della follia.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Daouda scrive:

          Guarda André io non capisco bene cosa tu intenda come il Sé quindi non sò dirti se concordiamo effettivamente, e sinceramente, ho qualche dubbio.

          Mi fa piacere che comunque si trovino punti di concordanza soprattutto perché il rilegare non è solo verso Iddio ma anche tra noi.

          In tutto ciò debbo farti presente che una religione, se integra, non può non avere una parte istituzionale.
          Convengo anche io che la degenerazione è giunta alla deviazione e si sta giungendo ad una vera e propria sovversione anche nelle religioni stesse.
          Ciò non permette però di indagarne il nocciolo , quel nocciolo che le fà rimanere valide.
          La religione è scienza , non fideismo.

          Il Signore stesso ci ammonì con queste parole incisive :”Guide cieche, che colate il moscerino e inghiottite il cammello. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché pulite l’esterno della coppa e del piatto, mentre l’interno è pieno di rapina e d’intemperanza”

          Questa la cosa triste appunto , vedere le religioni declassate e deturpate fino a questo livello…

          saluti

    • astabada scrive:

      In Erodoto si trovano molti passaggi sul relativismo dei costumi, con un certo gusto per il sensazionale. Si parla in almeno due passaggi (se non erro) di popoli che si cibano dei cari estinti, aborrendo la pratica ellenica della cremazione. Uno di questi popoli abitava il bacino dell’Indo, l’altro non ricordo.

      Sicuramente Alessandro Magno non era coinvolto in alcun modo, mancando Erodoto della facolta` di prevedere il futuro 🙂

      Potrebbe pero` trattarsi di uno storico successivo, il che spiegherebbe la cremazione pre necrofagia, che Erodoto non riporta.

      • mirkhond scrive:

        Erodoto (V sec. a.C.), riferì effettivamente di una popolazione antropofaga, ma non in India, bensì i Massageti, popolazione di cavalieri nomadi iranici delle steppe tra il Lago d’Aral e i bacini dell’Oxus (Amu Darja), e Jassarte (Syr Darja).
        Il riferimento più tardo ad Alessandro Magno (356-323 a.C.), forse è dovuta all’Anabasi di Alessandro, dello storico greco-romano Arriano di Nicomedia (95-175 d.C.), Anabasi in cui appunto, si raccontano le gesta di Alessandro.
        ciao

        • astabada scrive:

          Confesso di aver letto le Storie un po’ di tempo fa, ma mi pare che si parli per due volte di questa usanza. Una sicuramente e` quella dei Massageti, ma mi pare di ricordare che un imperatore (Ciro o Dario?) convoco` a corte dei Greci suoi sudditi ed un altro popolo a lui soggetto (che non erano i Massageti, delle cui usanze si parla mi pare in concomitanza con la guerra contro i Persiani). Chiese agli uni cosa pensassero delle usanze degli altri, proprio a evidenziare come ciascuno fosse assolutamente convinto dei propri costumi ed anzi aborrisse quelli dell’altro come empi.

          Ricordi niente del genere?

      • Il discorso invece sulla moralità o meno della necrofagia dei genitori era un tema classico dei sofisti ateniesi, ovvero un argomento del relativismo morale.

        • PinoMamet scrive:

          Da notare, penso, i motivi della scelta di questo argomento;
          per gli antichi la pietà verso i genitori e il rispetto verso gli anzianiera erano tra gli obblighi più stringenti, e la loro trasgressione, di conseguenza, un tabù molto forte;
          al contrario noi sceglieremmo come argomento “esemplare” di dibattito, probabilmente, la pedofilia.

  39. jam... scrive:

    …relativismo etico, relativismo antropologico
    l’antropologia a fin di logica, non dovrebbe dettare leggi o comportamenti, ma studiarli, quindi l’antropologo dovrebbe essere uno studioso, fra l’altro anche del relativismo etico che esisteva già prima dell’esistenza dell’antropologia.
    Non é che l’etica universale non esista, esiste eccome, e le Energie Divine, non sono altro che l’incarnazione di quest’etica.
    E si fa confusione se si dimentica che cultura ed individuo sono indissociabili, ed il concetto di cultura supera i singoli popoli, x’ ogni cultura essendo la manifestazione delle Energie Divine, ha dei punti in comune con le altre. Quindi non possono esistere delle differenze sostanziali, ma soltanto accidentali.
    Cosi’ come l’etica collettiva delle società premoderne, non scavalca mai la libertà individuale, ma l’accompie a volte anche all’interno di una restrizione. Perché il primitivo nondimentica mai la Dialettica. Nelle società premoderne il concetto di rinuncia non esiste: rinuncia é una parte del Dono, rinuncia e dono coincidono, e donare é un apice di libertà. Il Dono é la base della grandezza-giustezza-carisma del singolo individuo e la sua individualità non é mai sminuita, ma inserita in un alternarsi di scambi all’interno di un codice “mitico-sacro” che non puo’ che aiutarlo ad essere individuo realizzato e quindi felice in armonia con l’Universo e leggi cosmiche.
    Quindi come nel relativismo etico, anche nelle società cosidette selvagge, l’individuo, é al centro dell’universo in quanto mattone indispensabile x una realizzazione che oltrepassa il singolo, x’ il singolo é definibile soltano in rapporto agli altri é un’insieme. Ogni società pur vivendo questo concetto basilare in modo particolare, puo’ non oltraggiare l’Essenza-Sostanza-Energie Divine, un’etica universale che si esprime in diverse tonalità o note musicali etc…
    ciao

    • Moi scrive:

      E che dire invece dell’ abrutimento degli individui o dei popoli, di cui la canzonaccia lumbarda di cui sopra che avevo linkato è un esempio eloquente ? Che non possono esistere delle differenze sostanziali, ma soltanto accidentali anche lì ?

      Perché si allontanerebbero da un Dio che è il medesimo ?

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per jam

      Tu parli di energie divine. Non arrivo a tanto: mi limitavo a chiarire il legame fra concetti indebitamente separati.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  40. jam... scrive:

    …non ho capito x’ il relativismo dovrebbe esclude la non violenza?
    Il rapporto fra relativismo e violenza é indiretto e non c’é incompatibilità.
    Non sosteva forse Gandhi il relativismo etico?
    Gandhi aveva anche delle idee mometanee, strategie particolari, delle onde chok da attuare momentaneamente x indurre a riflessione coloro che non sanno riflettere, ma non da utilizzare sempre. Comportamenti provocatori-non violenti; usa e getta nella pattumiera, poi cambia aria…
    ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per jam

      ”violenza”

      Se la mia liberta’ finisce dove inizia la liberta’ di un altro, allora la violazione della liberta’ di un altro limita la mia: non sono libero ad es. di lasciar morire di fame uno, perche’ la mia liberta’ si arresta di fronte alla sua liberta’ di non morire di fame. L’Ebreo Italiano non violento Formiggini si lascio’ cadere dalla Torre degli Asinelli per suscitare sdegno contro le leggi razziali. Il suo sacrificio fu vanificato dalla censura fascista sui giornali (il ras farinacci ebbe modo di commentare che era morto cosi’ per risparmiare i soldi del colpo di pistola). Poi per carita’, c’e’ violenza e violenza. Una delle piu’ efficaci e’ quella culturale, dato che com’e’ noto ferisce piu’ la lingua della spada. Un esempio lo trovi al sito: http://leonardo.blogspot.com/2011/07/non-siete-cosi-peggio-di-breivik.html#1

      ”Gandhi”

      Gandhi era talmente poco relativista da ritenere inimmaginabile ad es. una morale che non includesse il vegetarianesimo.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  41. jam... scrive:

    @ Moi
    x’ poni questa domanda?
    conosci la risposta meglio di me, iblis, il diavolo, saitan, satana, non é forse il peggior nemico dell’Uomo?
    Bismillah
    ciao

  42. jam... scrive:

    @ Andrea DV
    …si ha nostalgia di una cosa non soltanto x’ non la si ritiene più possibile, bensi’ si ha nostalgia di una parte costitutiva, indispensabile di noi, quindi possibile, ma che é difficile da realizzare x’ abbiamo perso la capacità di ricordare.
    Se si potesse avere la nostalgia soltanto x qualcosa d’impossibile, non esisteremmo: nostalgia é il ricordo nascosto nelle macerie della nostra personalità, del nostro modello archetipo pre-eterno. Quando non esistevamo, eravamo già esistenti, e la speranza puo’ alternarsi allo scetticismo, senza eliminare la nostalgia.
    Sembra che morire mille morti false per paura della morte, sia molto cretino, ma a volte indispensabile x imparare a morire davvero: cioé ad essere VIVI…
    non dice forse Pasolini
    “Tutto il mio vivere
    é passato
    Tu sei un fanciullo
    e noi sogniamo”
    ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per jam

      Se abbiamo perso la capacita’ di ricordare, quando la ritroveremo saremo diversi da come siamo ora, e l’oggetto della nosra nostalgia ci apparira’ per cio’ stesso differente. Non ci si bagna due volte nello stesso fiume. Sara’ magari vero che nulla c’e’ di ignoto se non cio’ che e’ dimenticato: ma se fossimo vincolati a cio’ che eravamo prima di nascere, tutto il divenire del mondo perderebbe di valore e saremmo crocifissi ad un eterno ritorno senza nemmeno la benedizione della consapevolezza. No: l’essere umano si realizza nell’atto di creare qualcosa, il ricordo e’ uno spartito che da’ certo ispirazione ma che al’occorrenza va di volta in volta modificato o se necessario abbandonato senza rimpianti. E le mille morti di chi ha paura di morire sono sterili. Chi arriva a vedere che la paura non e’ necessaria, quello e’ sulla strada della liberazione: come colui che prima si spaventa per aver visto un serpente acciambellato sotto un albero, e poi si rende conto che era solo una corda.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  43. mirkhond scrive:

    Per Andrea Di Vita

    Qual’è la ricetta per vincere la paura e il senso di baratro, di inutilità, di una vita senza senso che ci portiamo dentro, perchè incapaci di vivere come avremmo voluto?
    Se rifugiarsi nel passato idealizzato e acritico non fa che accrescere la sofferenza, perchè sperare in un futuro che fa paura?

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per mirkhond

      Rispondo a te prima che ad altri perchè è la tua la domanda fondamentale.

      Conformemente al mio relativismo, non pretendo di avere una risposta valida per tutti e per sempre.

      Una mia cara amica, che si chiama Elena e che ha avuto una riga di disgrazie da fare impallidire Giobbe -non ultima la morte del padre, il simultaneo divorzio e la malattia grave propria e dell’unico figlio di sei anni- mi ha fatto la tua stessa domanda, quasi parola per parola. Dopo averla bistrattata via e-mail per riscuoterla dalle sue fantasie suicide, le ho scritto questa poesia, che ho chiamato ”In vita di un’amica” e che senza pudore ti sottopongo:

      In fondo al cuore resta pur tranquilla,
      mia cara amica, ché l’intendimento
      del mio messaggio non era di squilla
      all’amicizia del ravvedimento:
      era d’amico vero sola cura
      di gioia e di salute cara attesa,
      d’ansia e d’angoscia presente e futura
      di pianto amaro terapia sospesa.
      Voglio che ‘sto divorzio non ti sbrani.
      Voglio che di tuo figlio il bel sorriso
      scacci di mente tua i fantasmi strani
      che l’amarezza scrive sul tuo viso.
      Ricorda che non sei solo sconfitta:
      finché respiri, ed ami, e ‘l sole scalda,
      niente e nessuno l’anima tua dritta
      indebolisce, né ‘l respiro sfalda
      il cortisone, il male e la tristezza
      d’un’esistenza solitaria e triste.
      Non ti dimenticare la fortezza
      che viene dal ricordo delle miste
      giornate di dolore e di allegria
      che pur passasti col figlio e col marito.
      Passata non é gioia. Né stantia
      rimane la speranza. Fu scolpito
      nel tempo il tuo piacere. (Si’, lo sarà
      di nuovo). Hai chiaramente capito
      che non ad Elena triste mai verrà
      data la palma d’esser quella vera,
      e neanche all’Elena felice
      che pur conosco, lucida e sincera;
      ma tutte e due come la fenice
      risorgon dalle ceneri del caso
      or una or l’altra, senza permanenza.
      Per la disperazione é forse abraso
      il solido telaio dell’esistenza.
      Ma la disperazione vuole eterne
      le fonti delle lacrime e ‘l dolore
      pel quale adesso luce non discerne
      l’amica mia. Nulla, né ‘l calore
      d’amante, né lo squallido disprezzo,
      né l’orgasmo, ne’ ‘l pianto di bambina,
      né fallimento, né gloria senza prezzo
      stabile resta piů che gocciolina
      d’acqua che sui capelli poco asciutti
      resti d’un bimbo ch’esce di piscina.
      Non creder che i tuoi giorni siano brutti
      Elena mia, non disperazione
      č legge eterna d’ogni tuo respiro.
      Ieri alla porta t’attese l’afflizione.
      Oggi la gioia (in punta di una biro,
      a una porta che sbatte, alla finestra
      che s’apre su un cortil che non sapevi
      essere lì, pieno di ginestra
      in fiore) in un momento grata bevi
      incredula di sorte tanto bella:
      dura un giorno, ma brilla come stella.

      Il punto che mi sembra rilevante è che la disperazione è certamente una realtà ineliminabile della nostra vita: ma non è necessaria.

      La disperazione non è dolore, senso di perdita, nausea, senso di colpa: è la convinzione profonda e motivata che dolore, senso di perdita, nausea, senso di colpa dureranno in permanenza. In un vecchio fumetto, il Diavolo dice al Faust dannato: ‘vieni a morire per sempre’.

      Ma cosa c’e’ di davvero permanente nella nostra vita? Nulla. Di fatto, viviamo in un’insalata di piccole e grandi gioie e dolori, inframmezzati da acuti dolori e occasionali lampi di felicità e gioia, e con lunghi intervalli di noia e attesa. Anche la vita della persona più disgraziata -che so, una madre sopravvissuta al proprio figlio- conserva momenti di serenità se non di allegria: col cuore, nessuno vive per sempre sulla poltrona del dentista. Persino Rosanna Benzi, la mia concittadina confinata a vita nel polmone d’acciaio, trovava a volte di che essere allegra.

      E’ noto che la gioia dura giusto un attimo. Paradossalmente, è questo il suo vantaggio. Perchè mentre gioie e dolori ci percuotono con le loro fitte momentanee e sovente inaspettate, la disperazione richiede l’esatto contrario: una situazione permanente, che nella vita pero’ non c’e’ mai.

      La nostra esistenza è troppo instabile per permettere la disperazione, che ha bisogno della permanenza; mentre la gioia vive nell’attimo. La nostra vita puo’ a tratti avere il senso che noi decidiamo di darle precisamente perchè non è affatto necessario, in alcun modo, che abbia un qualche senso.

      Siccome l’errore è una presenza ricorrente della vita umana, anche l’errore di credere possibile la disperazione ci assilla: ed è per questo che ho scritto prima che la disperazione è ineliminabile. Ma cio’ non la rende meno illusoria.

      Lascio perdere poesie e ragionamenti. Ho avuto in gioventù una perdita (una persona di famiglia alla cui dipartita non ho potuto assistere perchè trattenuto da un capitano imbecille in caserma). Al solo pensarci provo ancora angoscia, e sono passati venticinque anni. Ma nel mondo della mia esperienza -l’unico cui ho accesso, e cui ho accesso fino in fondo soltanto io- quella persona ora esiste in un modo sempre diverso, attraverso mille immagini, mille sensazioni, mille parole, persino mille paragoni con chi incontro per strada. Il dolore della perdita non si è addolcito con gli anni -mi sorprendo a piangere a volte, quando credo che nessuno mi veda- ma non ha portato alla disperazione.

      La disperazione non è necessaria.

      Per finire, nego con decisione -di qui la mia diffidenza verso la nostalgia- che in un passato pretecnologico ci fosse meno disperazione di oggi. Nego che un bambino nella Somalia di oggi o nella Lombardia dei Promessi Sposi sia meno angariato di quanto mai oggi ci possiamo anche solo lontanamemte immaginare. Dieci minuti di genuina vita in un villaggio del Sahel odierno e del lago di Como d’epoca manzoniana farebbero passare dalla mente tante fesserie dalla testa di tanti nostri contemporanei.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • mirkhond scrive:

        Scegliere….è una parola!
        Non è facile per chi è stato educato nella bambagia a riadattarsi, a rieducarsi ad una vita più austera, più sobria.
        Se fosse facile, tante ingiustizie cesserebbero e tutti mangerebbero e soffrirebbero un pò meno.
        Penso sempre alla fuga dall’Egitto, agli Ebrei che soffrono sotto la sferza del Faraone, ma alla fine rimpiangono quella sferza perchè nel Sinai, nella dura vita del deserto, la sferza del Faraone appare oro…
        L’uomo soffre, ma non riesce a liberarsi della zavorra che pur lo opprime, perchè in fondo sente che quella zavorra gli permette comunque delle comodità che perse, non riuscirebbero a farlo vivere…
        Giustamente hai citato il villaggio somalo o quello sul Lago di Como manzoniano, ed è proprio a quello che il benestante infelice pensa, quando tenta di liberarsi del suo benessere….
        Si è come una bestia in gabbia, che, pur soffrendo, morirebbe appena quella gabbia venisse aperta, in quanto non è più capace di sopravvivere nella selva…
        Questo, a mio parere è il dramma della troppa civiltà, il creare un uomo fragile, incapace di scuotersi, di reagire al conto che la vita prima o poi ti presenta…..
        Sono sempre più convinto che la depressione sia antica quanto l’uomo, ma il fatto è che oggi, nel Frangistan tecnologico, essa ha assunto le dimensioni di un malessere sempre più diffuso, diventando una delle piaghe accanto al cancro.
        Qualche anno fa, navigando in internet, mi imbattei in un sito ismaelita, che mostrava immagini del Gorno Badakhshan, la regione del Tagikistan ex sovietico comprendente il Pamir.
        Qui abitano antichissime popolazioni iraniche, discendenti degli Sciti/Saka, ed infatti questa zona era parte della XV satrapia achemenide, quella appunto dei Saka Haumavarga, i Saci Amirgei delle fonti greco-romane.
        Questi iranici orientali, così remoti in quelle altissime montagne, e abitanti anche a 2500 metri di altezza, sono ismaeliti, cioè seguaci di una branca shiita, considerata eretica da sunniti e shiiti imamiti. Il loro leader spirituale è l’Agha Khan, il celebre nababbo della Costa Smeralda.
        I suoi figli spirituali invece, sono tra i più poveri della terra, eppure, ciò che mi ha colpito di questi montanari seguaci della gnosi musulmana, è che nelle foto SORRIDEVANO, soprattutto le donne e i bambini, e parliamo di contadini e pastori….
        Informandomi un pò sulla loro storia, ho scoperto che non vivono molto diversamente da come il descrissero i pellegrini cinesi buddisti dei secoli VI-VIII dopo Cristo, che passavano da lì e dall’affine e contiguo Wakhan afghano, per recarsi ai grandi centri buddisti di Nava Vihara presso Balkh, a Bamiyan e in India.
        Ora, mi chiedo, CHE COS’HA da sorridere gente così povera?
        Ecco, questa gente non ha nulla, nel vero senso della parola, eppure ha qualcosa che molti, qui, abbiamo perso….
        ciao

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per mirkhond

          Sono d’accordo solo in parte. Lo spleen lo canta già Baudelaire; la vita alienata, Marziale e Seneca la descrivono lucidamente (Seneca fa una descrizione da brivido del tifo allo stadio); l’ansia da prestazione e la corsa al successo sono definite ‘strenua inertia’ già in Lucrezio. E quanto alla tribù che dici, non è da quelle parti che è nato l’uso dell’oppio?

          Ciao!

          Andrea Di Vita

  44. mirkhond scrive:

    Perchè L’Urlo di Munch, la celebre crosta norvegese, esprime il malessere dell’uomo moderno, dell’uomo tecnologico e globalizzato?
    Eppure siamo figli della città tecnologica, abbiamo l’acqua corrente, mangiamo tutti i giorni, d’inverno abbiamo il riscaldamento, abitiamo in grandi casermoni, brutti il più delle volte ma comodi all’interno dei vani, attraverso la tivù e internet, possiamo conoscere realtà molto remote e di cui, forse, mai sapremmo, diversamente.
    La tecnologia ha liberato l’uomo per la prima volta nella storia, dalle fatiche del vivere quotidiano, ci ha dato cose che, solo una generazione prima della nostra, se le potevano solo sognare.
    Eppure, eppure molti non sono felici, non riescono a trovare un senso, a colmare l’ansia, l’angoscia del baratro che ti assale, quella constatazione che tutto è inutile, che la vita è sofferenza….
    I poveri, fanno il diavolo a quattro, le tentano tutte con i loro viaggi della speranza, viaggi in cui spesso ci rimettono la pelle, come nel Canale di Sicilia, per sfuggire a situazioni spaventose, per venire a godere di un pò del nostro benessere.
    I ricchi e i benestanti, in molti casi invece, sentono il vuoto, il vuoto di vite senza senso, e anche se lo volessero, non sono più capaci di tornare indietro….
    I poveri sono infelici perchè hanno fame e sete di cibo e di giustizia, i ricchi sono infelici perchè hanno fame e sete di serenità, di tranquillità, di pace interiore, di riappropriarsi del rapporto primordiale con la natura, rapporto da cui sono stati privati dal dinamismo tecnologico….
    Il problema è che queste sofferenze non fanno che scontrarsi, e breivik con la sua follia, ha mostrato che il ricco depresso e infelice, teme il povero allogeno che in fondo non vuole altro che diventare come lui….
    ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per mirkhond

      La tecnologia ha fatto all’essere umano uno scherzo tremendo: lo ha privato di un nemico. Il nemico è la miseria: anche se ancora ben presente sulle faccia della terra, oggi sappiamo che non è necessaria. Dunque non vale più come scusa per la nostra viltà. Quando parlo di viltà non dico solo la nota viltà di chi predica bene e razzola male. L’uomo moderno non ha più scuse: puo’ scegliere. Scegliere di usare la propria salute e la propria pancia piena per fare cose degne come combattere per la fame nel mondo, esplorare il cuore delle stelle, stare vicino al prossimo che ha bisogno o anche semplicemente ai propri cari. Ma per viltà fa altro, e si abbandona volentieri all’ebbrezza infernale (uso la parola a proposito): si riduce ad essere una grande Bocca, o un grande Occhio, o un grande Orecchio oppure un grande C…, e rifiuta di sè tutto al di fuori di quello cui ha scelto di ridursi. E’ un tronista di Neanderthal in mezzo ad un Grande Fratello permanente, uno spogliarellista in cerca di spettatori in un Full Monty senza carne e senza fine. Ma siccome nulla c’e’ di permanente a questo mondo, quando vede cio’ che ha fatto di se’ ne prova sanamente orrore, e salta fuori l’Urlo. Che forse -dico forse- puo’ essere il primo passo verso la guarigione.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  45. lycopodium scrive:

    Per Peucezio.
    Non ho neppure un millilitro di sangue blu e non faccio parte di alcun tipo di elite. Ma ricordo che Pio 12^ svolse un certo tipo di pastorale nei confronti della nobiltà romana… poi nulla più.
    In effetti, la Chiesa sembra oggi ignorare le leggi socio-antropologiche che sostengono la necessaria presenza di un elite, destinataria di privilegi, ma dei doveri pesanti attinenti a quei privilegi.
    Di conseguenza, visto che il vuoto non esiste, lo spazio delle elites evangelizzate è occupato da elites non evangelizzate: non solo nel mondo, ma pure nella Chiesa stessa.

    • Peucezio scrive:

      Certamente.
      Infatti nel concreto io non sono sempre contro le élites. In molte realtà storiche sono state un elemento di contenimento della dissoluzione e l’egualitarismo delle società di massa ha fatto danni enormi.
      Paradossalmente io credo che la nobiltà del sangue facesse meno danni della borghesia, proprio perché era di nascita: almeno non c’era la garanzia che si sarebbero imposti i più furbi e i più arrampicatori, ma gente di varia indole, nata per caso col sangue blu.
      Io non sono ideologicamente un aristocratico, perché la nobiltà europea viene dagli invasori di origine germanica, cioè dai capi tribù, dai barbari e quasi sempre le aristocrazie sono derivate da invasori stranieri più violenti ma meno civili degli autoctoni. Ma l’aristocrazia la ritengo un male minore rispetto alla borghesia.

  46. jam... scrive:

    …x Andrea

    …anch’io ti rispondo prima di leggere quello che hai risposto a Mirkhond x’ vorrei dirti subito che na nostalgia non impedisce di CREARE, anzi senza nostalgia non si puo’ creare un bel niente e non si é uomini, ma fantocci e l’alchimista cerca l’oro e l’eternità.
    x’ il vile metallo iniziale ricorda la sua percentuale di oro e la sua connessione con essa?
    …e quello che noi eravamo, IL MONDO DEGLI ARCHETIPI, non puoi cancellarlo con un colpo di spugna del tuo pensiero. Quello che noi eravamo é una POTENZIALITA’, eravamo in POTENZA, non come dato di fatto vissuto. Per essere viventi c’é voluta la creazione su questa terra nella quale possiamo scegliere di essere o di non essere, di creare o di non creare: senza questa vita terrestre e senza questo ricordo dell’amore che ci ha costituiti, la nostalgia é anche amore camuffato, la nostalgia é il sassolino sul sentiero, il sassolino che ci tiene collegati all’intreccio della pista dei Santi e Profeti e Sapienti, senza questa nostalgia-amore non possiamo creare che nullezza, cioé non possiamo creare che la nostra sconfitta, quindi non creiamo un bel niente, x’ la parola creare é positiva e ci indirizza verso l’autentico atto creativo che ha sempre un’ombra di tristezza nostalgica…(l’anima del mediterraneo é intrisa di questa nuance)
    ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per jam

      Io la vedo in maniera forse (forse!) diversa. E’ un po’ come quando si impara a a fare un vaso sul tornio di ceramica. Solo sporcandosi le mani e a furia di tentativi si impara ad eliminare il superfluo e a compuiere solo l’essenziale. La creatività non è tanto produrre, quanto levare. Allora la nostalgia non serve molto: è invece centrale l’insoddisfazione intima per cio’ che è abborracciato e l’adesione del prodotto dei nostri sforzi allo schema ideale che abbiamo nella nostra testa. Almeno, per me nella fisica è così. Poi riuscirci o meno è un altro discorso!

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  47. jam... scrive:

    ….”la gioia vive nell’attimo”….

    …la gioia vive nell’attimo eterno
    l’impermanenza della gioia
    é permanenza assoluta e infinita che ingloba l’eternità dell’essenza
    uno spicchio di Ramadan Eterno
    la presenza nonostante la rinuncia
    la ricchezza nonostante la povertà
    la povertà come sola ricchezza…

    ciao

  48. remake scrive:

    Ma a qualcuno è passato per la mente che il giovane ragazzo non sia un terrorista,ne un massone ne un cristiano etc ma semplicemente una VITTIMA di quel generico REATO definito istigazione all’odio e alla violenza ?

  49. ettore scrive:

    Vorrei far rimarcare che la nostalgia ed il regressismo sono tutta altra cosa che il tradizionalismo. La Tradizione ( che parafrasando Clemenceau dico spesso essere cosa troppo seria per lasciarla ai tradizionalisti!) è per molti teorici Tradizonalisti la vita stessa, quindi non può essere staticità ma si evolve con la vita stessa, con il tempo. La sovversione e la reazione sono invece due tipi di pensiero fuori dalla realtà. Uno vuole costruire una casa partendo dal tetto e distruggendo fondamenta e muri portanti, l’altro vuole invece restare con le vecchie fondamenta e si rifiuta di costruire con i nuovi materiali a prescindere della loro validità o meno….

    • Peucezio scrive:

      Sì, io sono un po’ scettico verso questi orientamenti che sembrano voler dare un colpo al cerchio e uno colpo alla botte, dando con disinvoltura l’etichetta di estremismi o ideologismi ad altre posizioni. Non dico che l’equilibrio non sia un valore, ma l’equilibrio rarissimamente si realizza nella storia, quindi mi sembra una petizione di principio un po’ utopistica.
      Inoltre ognuno colloca l’equilibrio nel punto che ritiene, arbitrariamente, in base alla propria sensibilità personale e le posizioni che vi si discostano troppo sono estremismi.
      Se proprio si sceglie una sorta di sentiero di mezzo, bisognerebbe almeno definire in cosa consiste, cosa si accetta del passato e cosa si rifiuta e così per il progresso. Altrimenti limitarsi a dire che i tradizionalisti e i rivoluzionari hanno torto rischia di essere una banalità.

  50. ettore scrive:

    Vedi Peucezio tu doici che il progresso ed il benessere han dato il colpo di grazia a quelle società che vengono rimpiante. Non è assolutamente vero. Quello che ha dato il colpo di grazia è stato il consumismo. Inutile che ci nascondiamo dietro un dito ( poi , io con la stazza che mi ritrovo, non potrei proprio farlo!) ma ognuno di noi è intimamente felice che ci siano migliori aspettative di vita ( oggi mio padre vive malgrado quattro by pass ed un pacemaker, trent’anni fa mio padre di arrivare a ottantasei anni se lo sognava nella situazione in cui era!). Ma il benessere non è dato dall’avere più roba da consumare e sprecare, ma di avere una migliore qualità della vita! Frasi fatte? Banalità? Sicuro! Ma penso che bisogna ritornare ad eseere banali quando si deve esserlo! Molto spesso dire che una soluzione è semplicistica vuol dire semplicemente è semplice ma è complicato e scomodo per noi metterla in pratica! Non si tratta di essere pericolosi sovversivi nel dire che una cosa che è ormai superata o che è cattiva va cambiata, così non siamo dei misoneisti se diciamo che non bisogna cacciare via tutto quel di buono c’è fra il vecchio. Non è questione di ideologia è semplicemente buonsenso !

    • daouda scrive:

      Per quanto abbia letto con interesse la questione progressismo / regressismo indi per cui è indubitabile che la Tradizione si sviluppi ma debba rimanere immutabile nella sua essenza.

      Il problema di una migliore qualità della vita dipende da cosa si intenda per questa.

      L’occidente ha barattato una qualità materiale per un minore rigore intellettuale e ciò è prodromo di incresciose confusioni se non di disordini veri e propri.

    • Peucezio scrive:

      Detto in questi termini è già diverso e potrei, con dei distinguo essere d’accordo.
      Il fatto è che il benessere e il progresso sono storicamente inscindibili, nella civiltà industriale contemporanea, dal consumismo.
      Se fossero scindibili, non avrei motivo di essere critico verso il benessere, se inteso in una certa accezione (circa il progresso il discorso è più articolato).
      Un punto importante è che il consumismo è coinciso – o ha seguito di poco – il riscatto da forme di sfruttamento oppressivo e di conseguente miseria e degrado. Ma non è che lo sfruttamento e la miseria fossero originari, si tratta di fenomeni storicamente identificabili e già legati a meccanismi dinamici delle società, perché le società più arcaiche sono sostanzialmente egualitarie e il livello di sfruttamento e di drenaggio di risorse dal basso verso i nobili e gli stati, che li impiegavano per il loro sfarzo e soprattutto nelle guerre, è andato crescendo progressivamente dall’alto Medioevo fino all’Ottocento.
      Poi c’è la questione del progresso della medicina, che richiederebbe un discorso a parte. Comunque mi riesce difficile negare che il suo progresso abbia migliorato la qualità della vita e che l’insalubrità e la precarietà della vita nei secoli passati deprimesse molto tale qualità. Bisognerebbe capire donde nascono i problemi di salute e se sono solo una manifestazione organica di origine esterna o comunque materiale: in merito noi sappiamo molto per le età su cui abbiamo documenti e molto poco per quelle precedenti. Con questo non voglio fare un discorso mitologico immaginando età auree indimostrabili, ma constato che anche il discorso opposto sconta un limite oggettivo difficilmente valicabile, allo stato delle cose, alle nostre valutazioni circa i concetti di salute e di malattia.

  51. lycopodium scrive:

    In realtà, a me pare impossibile essere totalmente innovativi e prescindere da un riferimento concreto alle c.d. radici e alla storia conseguente. Non si può secolarizzare tutto, vale a dire privarsi di archetipi e simboli. Si può teorizzare la violazione del limite sacro, la totale disponibilità e violabilità, ma dell’altro, del nemico, mai di sè.
    In ogni concezione c’è un nucleo metafisico intangibile (fosse pure la secolarizzazione come nuovo “idolo”), che viene a tutti i costi protetto, pena l’avvio di proessi entropici e apodoptici, potenzialemente irreversibili.

  52. lycopodium scrive:

    In realtà, a me pare impossibile essere totalmente innovativi e prescindere da un riferimento concreto alle c.d. radici e alla storia conseguente. Non si può secolarizzare tutto, vale a dire privarsi di archetipi e simboli. Si può teorizzare la violazione del limite sacro, la totale disponibilità e violabilità, ma dell\’altro, del nemico, mai di sè.
    In ogni concezione c\’è un nucleo metafisico intangibile (fosse pure la secolarizzazione come nuovo \"idolo\"), che viene a tutti i costi protetto, pena l\’avvio di proessi entropici e apodoptici, potenzialemente irreversibili.

    • daouda scrive:

      Apparte che scrivere nucleo metafisico in quello che nega la metafisica, e che oltretutto se la riconoscesse non potrebbe coinvogliare la società verso le contraddizioni e le oppressioni vigenti da parecchio tempo ormai, il tuo discorso è altamente condivisibile.
      Difatti il vero fine della ssocietà odierna non è dissacrare l’esistente, cosa peraltro già avvenuto, ma ri-sacralizzarlo INVERSAMENTE.

  53. Moi scrive:

    @ PINO

    Concordo in pieno:

    “La Tradizione è una gran bella cosa … purché sia facoltativa !”.

    E direi che è un precetto molto EmilianoRomagnolo ….

    ______________

    @ MIRKHOND & PEUCEZIO

    M’ incuriosirebbe sapere se da Pugliesi trovate più ostico il Milanese o il Bolognese … così.

    Ad ogni buon merito, qui trovate alcuni testi di canzoni di Carpani (pochissimo popolare a Bologna, cmq) :

    può sembrare che vi sia qualche incongruenza nel trascrivere voci verbali o pronomi … magari ci sono davvero. Il fatto è che la comunicazione fluente tende a contrarre e sincopare molto.

    http://www.bulgnais.com/canzoniFZ.html

    Ad esempio : “non c’ era nessuno” da “an ai éra inción” diventa “agnérinción !”

  54. mirkhond scrive:

    Per Moi

    Per esperienza personale, ho avuto più a che fare col milanese, anche se non riesco a comprenderlo bene, soprattutto se parlato stretto.
    Il bolognese lo conosco pochissimo, qualche frase di Gino Cervi nei film di Don Camillo e Peppone e nel Cardinal Lambertini.
    Grazie a te, invece, ho scoperto la grande simpatia di questo dialetto (per questo mi sarebbe piaciuto vedere sul tubo, una ennesima caricatura di anime giapponesi nel tuo dialetto, ma una roba fatta bene, con tanto di sottotitoli, sullo stile della Bernarda genovese, grazie alla quale, ho appreso, ridendo, alcuni termini e situazioni genovesi, anche se, ho sempre bisogno dei sottotitoli per capirlo).
    ciao

    • PinoMamet scrive:

      ” Il bolognese lo conosco pochissimo, qualche frase di Gino Cervi nei film di Don Camillo e Peppone”

      Teoricamente avrebbe dovuto essere parmense (Guareschi era di Roccabianca) o reggiano (Brescello si trova nella bassa reggiana): delle frasi dei film mi ricordo solo “ch’at vegna un cancher”-esclamazione, per quanto pesantissima, davvero molto diffusa in zona- che mi sembra funzionare in tutto il territorio regionale.
      Non ho letto i libri, però.

      Ciao!

  55. mirkhond scrive:

    Mi sembra che Gino Cervi fosse bolognese. Comunque non saprei distinguere il bolognese dal reggiano o dal parmigiano e parmense, per cui quando sentivo Cervi in Don Camillo e Peppone, le sue frasi in vernacolo emiliano non mi sembravano molto diverse da quelle del Cardinal Lambertini (futuro papa Benedetto XIV).
    ciao

    • PinoMamet scrive:

      Gino Cervi era bolognese, e in effetti non sarei riuscito a pensare a un Peppone migliore;
      so che nella gente del posto, all’epoca dei vari Don Camillo, ha lasciato un ottimo ricordo; semplice, alla mano, facile a fratenizzare, veramente “uno di noi”, insomma.
      Fernandel al contrario è descritto come intrattabile e snob, nella realtà, con vizi e atteggiamenti da star
      (può benissimo darsi che ci sia un po’ di esagerazione, dovuta alla distanza culturale tra un piccolo paese di campagna emiliano e un attore francese dagli alti cachet, ma insomma, anche Cervi era un attore di ottimo livello, in Italia).

  56. mirkhond scrive:

    Anni fa, lessi sull’Avvenire, che Guareschi per la trasposizione cinematografica dei suoi romanzi, avrebbe voluto Gino Cervi come Don Camillo e se stesso nel ruolo di Peppone.
    Il regista Julien Duvivier non era d’accordo ma lo mise alla prova. Cervi fu impeccabile con la tonaca, ma Guareschi no nel ruolo del sindaco comunista.
    Finchè Duvivier riuscì ad imporre il suo connazionale Fernandel (di origine piemontese) a riluttante Guareschi, e si videro i risultati.
    Infatti Duvivier disse a Guareschi di continuare a scrivere, che ai film ci pensava lui.
    Comunque ciò dimostra il grande valore e versatilità di Gino Cervi che, in talare era bravissimo, vedi il Cardinal Lambertini, in cui la miglior bolognesità viene espressa alla grande.
    ciao

  57. jam... scrive:

    …ma qualcuno ha afferrato o no, che la nostalgia é rivolta ad un passato non ancora vissuto, ad un passato che non é un passato ma una sorgente, ad un passato che non é un tempo, ma un luogo geografico, geopoliticamentemistico, fuori dal tempo, ad un passato che si chiama futuro e non é dietro di noi, ma davanti a noi?
    nostalgia del futuro, nostalgia del Sé divino non ancora realizzato;
    in Islam, ad essere inalterabile non é l’ideologia della tradizione ma la al’Fitra primordiale.
    Nella poesia di Mavlana Rumi, il ney, questo flauto fatto con le canne del canneto, piange la separazione dal canneto, ma senza quella ferita non sarebbe strumento e produtorre di soffio vitale…
    ciao

  58. jam... scrive:

    ….produttore di esistenza; produttore o creatore?

  59. jam... scrive:

    …”ascolta il flauto, ney, raccontare la sua storia
    si lamenta da quando lo hanno separato dal canneto
    il mio lamento fa gemere l’uomo e la donna
    voglio un cuore afflitto x la separazione
    per versarvi ildolore del desiderio
    chiunque resta lontano dalla sua sorgente
    aspira all’istante nel quale sarà di nuovo unito
    in tutte le compagnie mi sono lamentato
    mi sono associato a quelli che si rallegrano come a quelli che piangono
    ognuno mi ha capito secondo i propi sentimenti
    ma nessuno ha cercato di conoscere i miei segreti
    purtanto il mio segreto non é lontano dal mio lamento
    ma l’orecchio e l’occhio non sanno percepirlo
    il corpo non é velato all’anima
    né l’anima al corpo
    nondimeno, nessuno puo’ vedere l’anima
    é del fuoco, non del vento, il suono del flauto
    che sia annientato colui al quale manca questa fiamma
    c’est le feu de l’Amour qui est dans le roseau
    é il fuoco dell’Amore che é nel canneto
    é l’ardore dell’Amore che fa bollire il vino
    il ney é il confidente di chi é separato dal suo Amico
    le sue note strappano il velo
    chi vide mai un veleno ed un antidoto come il ney?
    chi vide mai un consolatore ed un’innamorato come il ney?
    il ney parla la strada accidentata dell’amore
    e ci ricorda la storia della passione di Mejnun
    soltanto a colui che ha rinunciato ai sensi é dato questo senso
    la lingua ha come solo cliente l’orecchio
    nella nostra afflizione i giorni sono diventati morosi
    i nostri giorni scorrono con dolori brucianti
    se i vostri giorni sono scappati che importa?
    resta, oh Te, a chi nulla é paragonabile
    chi non é un pesce viene dissetato dalla Sua acqua
    chi non ha nessuna esperienza non puo’ comprendere lo stato di colui che sa,
    le mie parole devono dunque essere brevi; addio” Jalaluddin Rumi
    ciao

  60. lycopodium scrive:

    Daouda,
    è molto interessante quello che dici sulla sacralizzazione inversa.
    E’ un tema importante, su cui mi piacerebbe dessi ulteriori ragguagli, magari coinvolgendo gli altri commentatori e, perché no?, anche Miguel.

  61. Moi scrive:

    @ MIGUEL MARTINEZ :

    http://www.youtube.com/watch?v=V-pjPqTQgpg

    Ho trovato Borghezio Integrale a “La Zanzara” … 12 minuti, si capisce tutto decisamente meglio. Ad ogni buon merito “ci hai preso”.

  62. Moi scrive:

    Cmq va be’ … non importa essere dei sociologi per capire che quando ” operai e impiegati che non hanno mai più toccato un libro dopo il diploma e su internet vogliono solo divertirsi con le innumerevoli cazzate ” quando, dicevo, sentono che la Sx non li sostiene più come una volta saltano direttamente alla Lega ! … e stramaledicono i “Radical Chic” che li avrebbero “traditi” come farebbe una moglie cornuta.

    • daouda scrive:

      La categoria operaio è una categoria di idioti. Per non essere idiota bisogna non farsi qualificare come operaio ma per quel che si è, non sò se è chiaro.

      Tutto sta a capire cosa è la destra; che poi lo sanno tutti che i capoccia della Lega sono ex comunisti, guardacaso…

      • PinoMamet scrive:

        ” non sò se è chiaro”

        A dire il vero no!

        (bada bene, ché ormai un po’ ti conosco 😉 :
        non sto facendo il discorso buonista- a parte che bisognerebbe distinguere il buonismo, che schifo, dalla semplice educazione, che ammiro- “oddio, ha detto che gli operai sono stupiti”. No, sto solo cercando di capire cosa intendi per “farsi qualificare per quel che si è”)

        ciao!

  63. Moi scrive:

    @ MIRKHOND + PEUCEZIO

    *** Poiché fa piacere che da “outsiders” (o forse “furastir” ?) ve ne interessiate, un esempio di quel legame nascostamente inconfessabile ma forte che distingue irreligiosità e areligiosità … credo che quanto segue sia impensabile nell’ anticlericalismo toscano. ***

    …Si era oramai sotto Natale e bisognava tirar fuori d’urgenza dalla cassetta le statuette del Presepe , ripulirle, ritoccarle col colore, riparare le ammaccature.
    Ed era già tardi, ma don Camillo stava ancora lavorando in canonica. Sentì bussare alla finestra e, poco dopo, andò ad aprire perché si trattava di Peppone. Peppone si sedette mentre don Camillo riprendeva le sue faccende, e tutt’e due tacquero per un bel po’. […]

    Don Camillo continuò a ritoccare la barba di San Giuseppe. Poi passò a ritoccargli la veste.
    «Ne avete ancora per molto tempo?» si informò Peppone con ira.
    «Se mi dai una mano, in poco si finisce.»
    Peppone era meccanico e aveva mani grandi come badili e dita enormi che facevano fatica a piegarsi. Però, quando uno aveva un cronometro da accomodare, bisognava che andasse da Peppone. Perché è così, e sono proprio gli omoni grossi che son fatti per le cose piccolissime. Filettava la carrozzeria delle macchine e i raggi delle ruote dei barocci come uno del mestiere.
    «Figuratevi! Adesso mi mette a pitturare i santi! » borbottò. «Non mi avrete mica preso per il sagrestano!»

    Don Camillo pescò in fondo alla cassetta e tirò su un affarino rosa, grosso quanto un passerotto, ed era proprio il Bambinello. Peppone si trovò in mano la statuetta. Senza sapere come, e allora prese un pennellino e cominciò a lavorare di fino. Lui di qua e don Camillo di là della tavola, senza potersi vedere in faccia perché c’era fra loro, il barbaglio della lucerna.

    «È un mondo porco» disse Peppone. «Non ci si può fidare di nessuno, se uno vuol dire qualcosa. Non mi fido neppure di me stesso.»
    Don Camillo era assorbitissimo dal suo lavoro: c’era da rifare tutto il viso della Madonna. Roba fine.
    «E di me ti fidi?» chiese don Camillo con indifferenza.
    «Non lo so.»
    «Prova a dirmi qualcosa, così vedi.»
    Peppone finì gli occhi del Bambinello: la cosa più difficile. Poi rinfrescò
    il rosso delle piccole labbra. «Vorrei piantare lì tutto» disse Peppone.
    «Ma non si può.»
    «Chi te lo impedisce?»
    «Impedirmelo? Io piglio una stanga di ferro e faccio fuori un reggimento.»

    «Hai paura?»
    «Mai avuto paura al mondo!»
    «Io sì, Peppone. Qualche volta ho paura.»
    Peppone intinse il pennello. «Be’, qualche volta anch’io» disse Peppone.
    E appena si sentì, Don Camillo sospirò anche lui. […]

    Oramai il Bambinello era finito e, fresco di colore e così rosa e chiaro, pareva che brillasse in mezzo alla enorme mano scura di Peppone. Peppone lo guardò e gli parve di sentir sulla palma il tepore di quel piccolo corpo.
    E dimenticò la galera. Depose con delicatezza il Bambinello rosa sulla tavola e don Camillo gli mise vicino la Madonna.
    «Il mio bambino sta imparando la poesia di Natale» annunciò con fierezza Peppone. «Sento che tutte le sere sua madre gliela ripassa prima che si addormenti. È un fenomeno.»
    «Lo so» ammise don Camillo. «Anche la poesia per il Vescovo l’aveva imparata a meraviglia.»
    Peppone si irrigidì. «Quella è stata una delle vostre più grosse mascalzonate!» esclamò. «Quella me la dovete pagare.»
    «A pagare e a morire si fa sempre a tempo» ribatté don Camillo. Poi, vicino alla Madonna curva sul Bambinello, pose la statuetta del somarello. «Questo è il figlio di Peppone, questa la moglie di Peppone e questo Peppone» disse don Camillo toccando per ultimo il somarello.
    «E questo è don Camillo!» esclamò Peppone prendendo la statuetta del bue e ponendola vicino al gruppo.
    «Bah! Fra bestie ci si comprende sempre» concluse don Camillo.

    Uscendo, Peppone si ritrovò nella cupa notte padana, ma oramai era tranquillissimo perché sentiva ancora nel cavo della mano il tepore del Bambinello rosa.
    Poi udì risuonarsi all’orecchio le parole della poesia, che oramai sapeva a memoria. “Quando, la sera della Vigilia, me la dirà, sarà una cosa magnifica!- si rallegrò. – Anche quando comanderà la democrazia proletaria le poesie bisognerà lasciarle stare: Anzi, renderle obbligatorie!”

    *

    Il fiume scorreva placido e lento, lì a due passi, sotto l’argine, ed era anch’esso una poesia: una poesia cominciata quando era cominciato il mondo e che ancora continuava. E per arrotondare e levigare il più piccolo dei miliardi di sassi in fondo al l’acqua, c’eran voluti mille anni. E soltanto fra venti generazioni l’acqua avrà levigato un nuovo sassetto. E fra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l’ora su macchine a razzo superatomico e per far cosa? Per arrivare in fondo all’anno e rimarere a bocca aperta davanti allo stesso Bambinello di gesso che, una di queste sere, il compagno Peppone ha ripitturato col pennellino.

    • Moi scrive:

      E’ il finale del primo volume … un po’ fuori stagione 🙂 ma sempre interessante, spero.

      • PinoMamet scrive:

        ” «A pagare e a morire si fa sempre a tempo»ribatté don Camillo.”

        🙂
        A leggerlo mi sono ricordato di mia nonna, che mi insegnò il proverbio (in dialetto).
        Devo dare un’occhiata ai libri di Guareschi, prima o poi.

  64. mirkhond scrive:

    Mi chiedo se preti come Don Camillo ce ne siano stati e ce ne sono davvero dalle vostre parti….
    ciao

    • Moi scrive:

      “Ce ne sono stati” [di preti e di sindaci così] è più coinvincente …

      Guareschi scriveva che alcuni episodi erano racconto di cose accadute a cui aveva assistito, altri cose accadute che gli avevano riferito, altri ancora episodi che aveva inventato e che poi o si erano avverati dopo oppure scopriva che erano accaduti davvero senza saperlo mentre li scriveva. In nessun caso se ne stupiva.

    • PinoMamet scrive:

      Ho sentito innumerevoli racconti di storie e personaggi locali del tutto simili a quelle guareschiane;
      direi che descriveva piuttosto fedelmente, e realisticamente, il mondo dei paesi emiliani ancora strettamente legati all’agricoltura, che conosceva bene ed evidentemente amava.
      Penso anche che più di uno di quei preti di campagna (di qualcuno ho sentito raccontare, qualcuno ho conosciuto io) parlasse davvero col Crocefisso; non so se questi gli rispondeva, però! 🙂

  65. mirkhond scrive:

    Credo che il fascino della saga di Don Camillo e Peppone, sia in quel misto di ideali e di concretezza contadina di cui i due protagonisti sono i rappresentanti.
    Le dispute paesane “guelfo-ghibelline” ci sono e sono anche molto accese, pugni e scazzottate non si contano così come i dispetti reciproci, e in cui Don Camillo non si fa battere da nessuno.
    Eppure alla fine, trionfa la solidarietà tra compaesani, vedi la morìa delle vacche, l’alluvione del Polesine, insomma quei rapporti concreti sui quali dovrebbe fondarsi una comunità umana, rapporti che non dovrebbero mai essere distrutti dall’odio ideologico…
    Proprio adesso ho finito di guardarmi Don Camillo e i giovani d’oggi, l’ultimo film della celebre saga che, per la morte di Fernandel, fu interpretato da Gastone Moschin e Lionel Stander.
    Ora, nella fase finale del film, Peppone vince le elezioni comunali, grazie all’appoggio di Don Camillo, che preferisce un vecchio comunista rinc…”imborghesito”, piuttosto che i più giovani estremisti maoisti, capaci di parlare solo per slogan e non dei problemi concreti del paese.
    ciao

    • Moi scrive:

      Aggiungerei entrambi gli archetipi ancora consapevoli della differenza intima tra natura e tecnologia … tipo quando pur sostenendo entrambi uno sciopero mungono e sfamano le mucche di nascosto perché a differenza della macchina se resta ferma la mucca dopo non riparte, ma muore.

      • mirkhond scrive:

        E’ quella dimensione naturale della vita, che, col trionfo della tecnologia sulla natura, è andata irrimediabilmente persa….
        ciao

        • Moi scrive:

          Un altra cosa che accomuna “trasversalmente” gli indovinatissimi archetipi del Sindaco e il Prete e ponendoli in rispettivo contrasto interno col Partito e il Vaticano è quel “senso di giustizia intuitivo” (ancora al-fitrah ?) che li porta ad anteporre il “Buonsenso di Campagna” al rigido schematismo leguleio cittadino e borghese ….

        • Moi scrive:

          un ‘ altra …

        • Moi scrive:

          C’ era una vecchia interessante riflessione di Pino sul fatto che Ferrari, Lamborghini, Maserati, Bugatti e altri, forse non è un caso che abbiano prodotto le migliori autombili al mondo, perché in qualche modo anzicché trattare le bestie come macchine fecero l’ esatto contrario: trattare le macchine come bestie, come se fossero cosa viva.

  66. Moi scrive:

    http://www.mondoguareschi.com/guareschi.php?lang=it&page=gua_mp_017

    Forse, in termini islamici, Peppone è un anticlericale che però non perde il senso di Al-Fitrah … forse.

  67. jam... scrive:

    @ Moi
    …non é fuori stagione, oppure anche i negozi di London lo sono, x’ in agosto cioé piena estate se non sbaglio, stanno vendendo le decorazioni natalizie!
    sembra lo facciano anche x festeggiare il ramadan…
    ciaooo

  68. jam... scrive:

    @ Moi
    …anche la macchina se non utilizzata e alimentata si arruginisce e muore, proprio come la mucca. Non esiste differenza radicale fra natura e tecnologia, la tecnologia é uno spicchio della natura umana compresa nel al-Fitrah…
    ciao

  69. jam... scrive:

    ..@ Guénon
    …a volte penso che “il Sacro Impero” puo’ avere una paradia antitradizionalista, una contropartita, solo perché il Sacro Impero stesso é profondamente “”anti-tradizionale””. Io vedo contraddizione nelle affermazioni di Guénon che non considera abbastanza come quella che lui chiama anti-tradizione non puo’ esistere che all’interno della falsità, quindi puo’ soltanto non-esistere oppure essere un momento che conduce allo svelamento della Realtà-al-Fitrah.
    Tradizione e contro-tradizione sono la stessa cosa con sfumature diverse, occore fare il salto di qualità (morire prima di morire), andare su di un’altra piattaforma che é un’oceano SENZA SPIAGGIA, su di un’altra terrazza, un’altro tappeto, un’altra steppa, un’altra cima di montagna, un’altra sorgente, un’atro cammello, un’altro cavallo.
    Come poteva Guénon non sapere che ognuno di noi è l’anticristo, e che cercarlo negli altri é l’apice massimo della menzogna , vedi dell’anticristo? Quegli orrendi sepolcri imbiancati.
    In più si permette di dire inesattezze capitali, quando parla di dissimetrie corporee, come simbolo di squilibrio interiore, mentre é vero proprio il contrario: non a caso si parla dello “strabismo di Venere” come apice della bellezza..
    Già gli antichi greci e non, avevano capito che la bellezza nasce dalla rottura della simmetria, e che una bellezza puo essere soltanto falsamente armonica. La dissonanza é un momento musicale privilegiato; é dalla “ferita” che nascono i mondi..

    ciao

  70. Moi scrive:

    @ Mirkhond : se proprio dovessero ridoppiare un anime nel mio dialetto penso che sarebbe più adatto qualcosa come “Lady Georgie” che non “Goldrake”, perché nonostante i koala e i canguri descrive un mondo contadino che il dialetto ha un lessico storico adattissimo a descrivere, e anche la fatidica gara di boomerang, nonostante il boomerang stesso, sicuramente si può rendere con un’ atmosfera da Festa dell’ Unità pre-’68. La scena del pugno del popolano Abel al nobile Lowell per essersi preso troppe confidenze con la sorella adottiva è molto “di sinistra” … il fratello che s’ inginocchia al posto suo per evitargli la forca che gli sarebbe un male minore rispetto all’ inginocchiarsi è il classico esempio di quelle atmosfere che un giapponese rende meglio di un europeo o di un australiano stesso …. specie se formatosi e cresciuto a politically correctness !

    … Mentre con un “meka” di Nagai scatterebbero dei neologismi da calchi insulsi, ad esempio “lèm rutànti” sarebbe una “koinéizzazione inversa” tipica dei ragazzini dei paesini di campagna che voglion fare “i grezzi” per sentirsi grandi. Una “lama circolare e dentellata” molto probabilmente ha un termine specifico dialettale che si esprime in poche sillabe e “ruotare su sé stessi” si dice “prilèr”, il participio presente pur esistendo è raro e inusuale, molto più naturale qualcosa tipo “ch’ al prélla” … però lì c’ è anche il lancio.

    • mirkhond scrive:

      Lo sai che stavo pensando la stessa cosa? Una Lady Zocc….ehm Georgie, non sarebbe affatto male ridoppiato in bolognese o nelle parlate emiliane e romagnole, proprio per ciò che dici.
      In effetti la passionalità, il carattere sanguigno e violento di Abel contro il nobilotto fighetto Lowell, ben si adatterebbe al carattere romagnolo ed emiliano.
      Oppure quella bonazza della matrigna, intenta ai fornelli e al lavoro dei campi, può ricordare le vostre massaie, zdaure, opulente…
      Si, insomma, con un buon lavoro di montaggio e adattamento ai dialoghi, diciamo una vera e propria risceneggiatura, accompagnata da sottotitoli, si potrebbe fare un buon lavoro che potrebbe rendere celebre il vernacolo bolognese all’ “estero”.
      Peccato che non esista un’equivalente bolognese della Compagnia della Bernarda, magari con la consulenza dialettologica di Luigi Lepri….
      ciao

      • mirkhond scrive:

        Inoltre in Georgie si vede un paesaggio collinare e non lontanissimo dal mare, che si potrebbe adattare a quello pianeggiante e collinare vostro.
        ciao

        ps. ciò che mi meraviglia è che, nonostante sia un anime che si adatti ad essere caricaturizzato, nessuno ci abbia mai pensato ad una versione comica da postare sul tubo….

        • mirkhond scrive:

          il fratello che s’ inginocchia al posto suo per evitargli la forca che gli sarebbe un male minore rispetto all’ inginocchiarsi è il classico esempio di quelle atmosfere che un giapponese rende meglio di un europeo o di un australiano stesso …. specie se formatosi e cresciuto a politically correctness !

          Si, hai colto un aspetto particolare di quella che è una visione dei rapporti umani che è estranea all’occidentale, al franco, ed è invece molto nipponica, e cioè il soffrire in silenzio, non ribellarsi mai anche quando si ha, o si crede, di avere ragione, essere sempre contenuti e sull’attenti, come tanti soldatini, bambini che ragionano, parlano e si comportano come adulti (es. il padre adottivo di Georgie che manda da sola nel bosco, una bambina di 7 anni a cercare il braccialetto emblema del suo casato, oppure la stessa Georgie che, sempre a 7 anni, viene lasciata a fare la notte al capezzale del padre adottivo morente, e che, per restare sveglia, si mette in piedi con una bacinella piena d’acqua sul capo, ecc.), bambini che per piangere, devono correre lontano da tutti, perchè evidentemente mostrare le proprie emozioni, le proprie debolezze, è cosa disdicevole per piccoli che devono dimostrare di essere già grandi prima possibile.
          Mi viene in mente quanto diceva Prisco, l’ambasciatore romano inviato da Teodosio II al campo di Attila, nel 448 d.C.
          Prisco afferma che gli Unni prima sfreggiavano i volti dei bambini molto piccoli e poi li facevano allattare dalle madri, in quanto li abituavano fin dalla più tenera età che la vita è fatta più di dolori che di gioie.
          Ciò in accordo con la dura legge delle steppe euroasiatiche, con una mentalità che ritrovo appunto negli anime nipponici, che, da piccolo guardavo con interesse, ma nel rivederli oggi, mi fanno riflettere molto sulle profonde differenze tra le mentalità umane, nonostante la recente omologazione culturale.
          ciao

        • Moi scrive:

          “Estranea” quella mentalità stoica lo è divenuta … non è un caso che Alessandra Valeri-Manera, CapoAdattatrice della Fininvest e poi Mediaset, abbia operato a ogni ritrasmissione censure degli anime “a sfondo storico” [In Georgie la Regina, per il cui attentato viene incolpato ingiustamente ed esiliato in Australia (il resto lo sanno tutti) il Conte Gerald, è proprio la Regina Vittoria e … c’ è una scena i cui a un party dell’ aristocrazia c’ è anche una non meglio precisata “Lady Savoia” dai modi troppo snob persino per la Duchessina Elisa]

          … l’ espressione-sfottò polemica “Merdaset” [sic] ha contribuito a diffondere AntiBerlusconismo 🙂

        • PinoMamet scrive:

          Due note:

          – non so se sono tanto d’accordo con le vostre scelte in materia di ridoppiaggio dialettale.
          Tra i criteri del comico (lo ricordo da una prefazione di Eco a una riedizione di Campanile) ci sono l’abbassamento e il rovesciamento; in questo senso il dialetto, che, usato seriamente, sarebbe estremamente inadatto a rendere l’atmosfera simil-tecnologica di Goldrake e soci, per un uso comico della medesima è invece perfetto
          (un agricoltore saprebbe dirvi a quali macchinari assomigliano le “rame rotanti” o “l’alabarda spaziale”, per intenderci).

          -Differenza tra mentalità giapponese/orientale, e mentalità occidentale;
          penso che la differenza, come fa notare Moi, sia più moderna che antica; non nego che esistessero differenze anche profonde anticamente, ma so bene, per averne sentito raccontare in prima persona innumerevoli volte, che ai bambini “nostrani” venivano affidate incombenze non molto diverse da quella descritta sopra, e anche peggiori, e accettate con pari stoicismo.
          Basta leggersi il mondo descritto dalle fiabe occidentali, i Grimm ad es.
          Non è “roba per bambini”, diremmo noi.

          (Tra l’altro, anche i Grimm operarono dei cambiamenti in alcune edizione: per rendere le fiabe più “accettabili” e “educative” resero più cattiva e impressionante la punizione dei cattivi; Rumpfelstitchen- spero si scriva così- che nell’originale raccolto da loro semplicemente spariva, loro lo fanno auto.squarciarsi in due per la rabbia, e così via).

          Ciao!!

  71. Moi scrive:

    @ JAM

    Sì però in prospettiva culturale religiosa, specie monoteista, un animale resta sempre “un gradino” al di sotto di un uomo nonché al di sopra di un macchinario …

  72. Moi scrive:

    @PINO

    Giusto, però il dialetto può essere anche drammatico … è uno dei principali motivi per cui ho apprezzato “L’ Uomo che Verrà”, secondo me nella scelta linguistica ispirato più da “Passion” di Mel Gibson che non da altro …

  73. mirkhond scrive:

    Per Pino Mamet

    Tra i criteri del comico (lo ricordo da una prefazione di Eco a una riedizione di Campanile) ci sono l’abbassamento e il rovesciamento; in questo senso il dialetto, che, usato seriamente, sarebbe estremamente inadatto a rendere l’atmosfera simil-tecnologica di Goldrake e soci, per un uso comico della medesima è invece perfetto
    (un agricoltore saprebbe dirvi a quali macchinari assomigliano le “rame rotanti” o “l’alabarda spaziale”, per intenderci).

    Ma infatti, mi riferivo al dialetto proprio per ironizzare sugli anime della mia infanzia, e questo dopo essermi scompisciato dalle risate a vedere Heidi e Mazinga Zetto, quest’ultimo mai amato nella versione seria, mentre tantissimo in quella ilare genovese.
    ciao

  74. mirkhond scrive:

    Per Moi

    Interessante il riferimento a Lady Savoy.
    Effettivamente, negli anni in cui si svolge l’anime, intorno al 1855, Savoia e Regno Unita erano in combutta per modificare l’assetto italiano dell’ordine di Vienna.
    A proposito di snobismo aristocratico, proprio nel 1855, Vittorio Emanuele II si recò a Londra dalla regina Vittoria, oltre a prendere ordini dal governo di Sua Maestà Britannica, sempre per la politica italiana.
    Durante una cena di gala, il re di Sardegna scandalizzò la regina e il suo entourage, spepitando a destra e a manca, oltre a fare il cascamorto con una figlia della regina, che, ubriaco, ebbe l’ardire di chiedere in moglie….
    Insomma un comportamento ben poco snob e abissalmente distante dall’altezzosa Lady Savoy dell’anime….
    ciao

  75. Moi scrive:

    Però scusate, l’ effetto comico deve avere un referente compreso o almeno comprensibile , no ?

    … un termine agricolo ottocentesco (!) dialettale sarebbe solo una parola che suona starna, no ?

    • PinoMamet scrive:

      Scusa Moi
      mi sembra che tu ti attenda un po’ troppo da un “ridoppiaggio comico”…
      a parlare così è difficile capirsi, con esempi concreti sarebbe facilissimo, ma insomma, per intenderci:
      meno è realistico e “adeguato”, e più funziona!
      C’è mica bisogno di essere filologici…
      però non credo di aver capito bene a cosa si riferisca il tuo dubbio

      • Moi scrive:

        Sì hai ragione, Pino … il fatto è che NON mi piace l’ idea di dover legare il dialetto necessariamente alla comicità, per questo apprezzo molto la scelta ” controcorrente ” de “L’ Uomo Che Verrà”.

  76. Moi scrive:

    Ho notato che indipendentemente dal setting sono molto ricorrenti negli anime almeno due scene introduttive a tutto schermo, due particolari apparentemente insignifacnti : la farfallina che svolazza attorrno alla corolla di un grosso fiore e l’ albero che flette un ramo lasciando cadere al suolo la neve …

    NON credo che abbiano soltanto un significato meramente climatico.

    • PinoMamet scrive:

      Suppongo che siano l’equivalente visivo di quello che negli haiku è il “kigo” (se ricordo bene come si chiama) cioè il verso o la parola che serve come indicazione della stagione e contribuisce a creare l’atmosfera in maniera sintetica e suggestiva
      (non limpida e descrittiva come in un epigramma ellenistico, insomma).

      Ma è un’ipotesi che butto lì un po’ a cazzo. Facilissimo che stiano lì semplicemente perchè si copiano tra di loro.

      Tra l’altro il “ramo rotto dalla neve” mi pare sia il nome di una tecnica della scuola di Kito di Jujitsu, una di quelle poi confluite nel Judo moderno; ipotizzo sia un’immagine ripescata dal repertorio poetico giapponese.

      Ciao!

  77. Moi scrive:

    @PINO

    Premeso che NON è il tuo caso … ma chi vuol darsi lustro citando Umberto Eco è facilmente smontabile ricordandogli la chiosa del giornalista-scrittore emiliano Edmondo Berselli secondo la quale un illustre professore di semiologia e semiotica in teoria avrebbe dovuto essere il primo a capire che un titolo come “Il Codice Da Vinci” è molto più suggestivo di “Il Pendolo di Foucault” … di Eco si maligna pure che sia in assoluto l’ autore più acquistato ma meno letto al mondo.

    • PinoMamet scrive:

      Moi ma tu penso mi conosca abbastanza per sapere che non mi do lustro… resto polveroso 🙂

      mi è semplicemente capitato di legegre l’introduzione di Eco tempo fa e l’ho trovata abbastanza interessante.

      Però non sono del tutto d’accordo con quello dice Berselli.
      Sicuramente “Il Codice Da Vinci”, un titolo che parla di robe che tutti conoscono, ha molto più appeal verso il pubblico “normale” del “Pendolo di Foucault”, che l’uomo della strada non ha la minima idea di che roba sia.

      Però non è detto che un titolo debba per forza essere suggestivo in maniera così banale.
      La curiosità viene mossa proprio dallo sconosciuto o dal suggestivo, più che dal descrittivo.
      E del resto, nonostante il titolo, o anche a causa di questo, direi che Il Pendolo o il Nome della Rosa hanno venduto certamente bene…

      ciao!!

  78. Moi scrive:

    http://www.youtube.com/watch?v=FIISExJYjTQ

    Ze Bitols _ “Al s’ l’ è purtè vì” … non so chi l’ abbia fatta, però non è male ed è Bolognese per l’ oramai noto alfacismo, cosa che _ me lo confermi Pino ?_ nel resto della regione mi sembra che venga visto come inutilmente vezzoso … ma invece è dialettalmente assolutamente spontaneo.

    • PinoMamet scrive:

      Cos’è la faccenda dell’alfacismo?

      comunque la differenza più grande che noto con i dialetti di questa parte della regione è la dittonghizzazione (dittongamento? come si dice?)… e poi il modo di traslitterare l’inglese 😉

      ormai anche l’inglese degli stranieri non anglofoni comincia ad avere quasi dei veri e propri dialetti… 😉
      da noi sarebbe “De Bitols” anziché “Ze Bitols”

      • Moi scrive:

        Pino,

        il fatto del “Ze” dovrebbe essere che a Bologna la distinzione fra “z sonora” e “z sorda” è molto importante, in realtà essendo pronunciate entrambe “lingua un po’ stramezzo 🙂 i denti” sono più simili ai “th” in Inglese di “father” e “thing” che non ai noti fonemi “toscofoni” … in ogni caso è “coppia minima”.

        L’ alfacismo è l’ “abuso etimologico” di “a” nonché di “å” rispetto agli etimi latini … anche qui “coppia minima”.

        Esempi mi pare di averne già fatti nei vecchi interventi, ma se serve …

        Cmq segnalo un caso di alfacismo spinto al parossismo nel “tetrattongo” (?) di “pajàis” = “paese” .

        ______

        Ho sempre avuto l’ impressione che nel resto della regione tutte quelle “a di troppo” vengano percepite come un vezzo … ma non è così ! 🙂

  79. mirkhond scrive:

    -Differenza tra mentalità giapponese/orientale, e mentalità occidentale;
    penso che la differenza, come fa notare Moi, sia più moderna che antica; non nego che esistessero differenze anche profonde anticamente, ma so bene, per averne sentito raccontare in prima persona innumerevoli volte, che ai bambini “nostrani” venivano affidate incombenze non molto diverse da quella descritta sopra, e anche peggiori, e accettate con pari stoicismo.

    Mah, certamente la vita di un bambino, ancora 50-60 anni fa era certamente più dura e austera di quella dei bambini della mia generazione, non parliamo poi di quelli davvero viziatissimi di oggi, e in questo trovo conferma ai racconti dei genitori e dei nonni e dei parenti più anziani.
    E tuttavia trovo comunque esagerate le prestazioni richieste a bambini negli anime nipponici, o comunque estreme.
    Del resto Attila a 5 anni sapeva cavalcare alla perfezione e Georgie a 7, galoppa su un emù, in questo davvero sembra un anime ispirato al racconto di Prisco.
    Però, mi chiedo, in quei bei tempi antichi, così come nel Giappone di oggi, se quei bimbi cresciuti a calci e schiaffi e senza bacio della buonanotte da parte dei genitori, quei bimbi di allora, dicevo, mi chiedo se erano davvero tutti così forti, se la debolezza e la depressione non esistevano, oppure erano considerate in un altro modo….
    Se cioè, si finisce sempre per guardare a chi ce l’ha fatta, un pò come per gli emigrati in America che hanno avuto successo, e non a coloro che sono morti strada facendo…
    Se uno su mille ce la faceva/fà, gli altri 999 che fine hanno fatto?
    La lettura dei romanzi di Dostoevskij, mi induce a considerare le cose in maniera più articolata….

    • PinoMamet scrive:

      Mm
      non so se quei tempi antichi fossero tanto belli, personalmente ne dubito;
      non credo peraltro neanche che i bambini “di una volta”, per usare un’espressione da pensionato, fossero del tutto privi di affetto e cresciuti a pane e schiaffoni;
      però certamente erano abituati (in genere) a una vita più “tosta”, e venivano date per scontate alcune cose che adesso non lo sono affatto; e viceversa.

      Che poi siano diventati più forti, in base a quella regola (che ho sempre trovato una mezza stronzata; non stronzata completa però) “ciò che non ti uccide, ti rende più forte”, è tutto da stabilire.

      Penso comunque che molti miei coetanei, e mi ci metto dentro anche io, non resisterebbero due settimane a vivere in certe condizioni sperimentate e sopportate da nostri nonni e bisnonni.

      Il problema non è tanto cambiare noi, però, quando cambiare le condizioni!

      ciao!

  80. mirkhond scrive:

    Concordo.
    Diciamo che, guardando gli anime nipponici, fin da ragazzo, quando ho cominciato a studiare e ad innamorarmi delle culture della steppa, di quell’immenso deserto freddo, fatto di erba e pascoli tra la Grande Muraglia Cinese e i Carpazi, non so perchè, ma ho sempre trovato forti affinità tra tali culture scitiche, altaiche, e tocarie, con il mondo degli anime.
    Quei piccoli già forti, già grandi, esperti cavalieri e cavallerizze, capaci di sopportare tali e tante stampate dalla vita, mi ricordavano già al liceo, i racconti degli storici greco-romani sui popoli delle steppe.
    Un mondo che, come dicevo, ammiravo nel profondo, proprio per esserne distante anni luce, io che manco da adulto sono mai riuscito a salire su un cavallo di un maneggio….
    Franco Cardini, nel suo splendido Alle Origini della Cavalleria Medievale, inizia lo studio della lunga genesi della cavalleria e dei valori del Frangistan, partendo proprio dai popoli iranici delle steppe (Sciti, Parni/Parti, Sarmati, Alani/Osseti), e poi altaici Turchi e Mongoli.
    Leggendo questo testo, e scoprendo quanto quelle lontane ed esotiche culture ci abbiano influenzato davvero nel profondo, come giustamente afferma Cardini, mi è venuto “naturale” pensare che tale influenza possa essersi propagata anche ad oriente delle steppe.
    Del resto, per studiosi come Giovanni Monastra, i Tocari del bacino del Tarim (attuale Sinkiang cinese), hanno dato un grande contributo al sorgere della civiltà cinese nell’età del bronzo. Civiltà che, attraverso la Corea, finì coll’influenzare il sorgere anche di quella giapponese, ma qui non saprei dire di più per confermare questa mia intuizione.
    Insomma i nostri antenati da piccoli hanno vissuto esistenze molto più dure delle nostre, ma ho l’impressione che quelle dei popoli centroasiatici e dei giapponesi, lo siano state molto di più, e questo appare nei loro anime.
    Georgie nonostante ambientazione e fattezze franche, mi sembra molto più vicina ai Tocari, agli Unni e ai popoli scito-iranici piuttosto che al mondo norreno di un breivik, o a quello dei Simpson e di South Park.
    Se le autrici giapponesi avessero ambientato l’anime sul limes romano danubiano, dai tempi di Marco Aurelio in poi, all’ombra delle città-accampamenti legionari di fronte alle steppe sconfinate, magari a Tomi, luogo di esilio di Ovidio, lo avrei trovato più credibile della pur dura Australia dei lager per galeotti dell’800.
    Naturalmente, queste sono solo mie impressioni….
    ciao

    • PinoMamet scrive:

      ” Georgie nonostante ambientazione e fattezze franche, mi sembra molto più vicina ai Tocari, agli Unni e ai popoli scito-iranici piuttosto che al mondo norreno di un breivik”

      Guarda, sono d’accordo con quello che dici, però in effetti anche il mondo norreno nei suoi miti e saghe mostra degli elementi di una crudezza e cupezza abbastanza sconcertante per il mondo mitologico greco e latino, che pure sapeva essere anche crudele all’occorenza.
      Ma lassù mi pare che ci fosse proprio un certo compiacimento per quegli elementi che quaggiù destavano orrore.
      (e ne vedo gli echi in un certo immaginario rockettaro statunitense, che mi dicono non sia affatto passato di moda, infatti, nel mondo tedesco e scandinavo; poi ovviamente gli italiani imitano qualunque cosa faccia chi è più nordico di loro, e anche questo è un bel complesso da indagare).

      ciao!!

    • PinoMamet scrive:

      E comunque non mi dispiacerebbe affatto un anime o manga ambietato a Tomi! 🙂
      se qualche autore di fumetti ci legge, può esaudire la richiesta?

      • mirkhond scrive:

        Neanche a me. Magari alcuni mangaka potessero trarre dal racconto dell’esilio di Ovidio, o dai racconti di Ammiano Marcellino Prisco, Jordanes, Procopio di Cesarea, Paolo Diacono ecc,, ispirazione per un bel manga e poi per un anime.
        Magari anche dal recente romanzo di Valerio Massimo Manfredi proprio su Marco Aurelio!
        ciao

  81. mirkhond scrive:

    Mi riferivo al mondo norreno moderno.
    Su quello antico e altomedievale sono pienamente d’accordo con te.
    Del resto il primo grande regno germanico, quello degli Ostrogoti nell’attuale Ucraina (230-375 d.C.), non era considerato dai Romani molto diverso dalle popolazioni scitiche contigue o sottomesse, e per crudeltà i Goti non erano da meno degli Sciti da cui mutuarono, armature, armamenti e modalità di combattimento a cavallo.
    Ma già ai tempi di Marco Aurelio (161-180 d.C.), i Romani furono costretti a combattere una lunga ed estenuante guerra sul fronte danubiano, per contenere la pressione congiunta di una grande coalizione di popoli germanici come i Marcomanni e iranici come gli Jazigi, tutti questi premuti a loro volta dai Goti che calavano dalle loro sedi sulla Vistola (la Gothascandza delle saghe norrene), verso il Mar Nero, dove poi fondarono due regni, di cui il più grosso fu proprio quello ostrogoto sovracitato.
    Del resto anche i Vandali assorbirono parte degli Alani con cui erano emigrati in Spagna e da lì nell’Africa romana.
    Ma anche i Longobardi, a contatto con popoli della steppa iranici e altaici come gli Avari e i Bulgari originari di etnia turca e discendenti degli Unni, mutuarono tradizioni come le pertiche per onorare i parenti morti lontano da casa, e l’usanza di usare i teschi dei nemici uccisi come ornamenti o coppe per bere.
    Quest’ultima usanza, forse trova una più moderna continuità nell’usanza dei soldati americani di regalare alle loro donne i teschi dei soldati giapponesi da loro uccisi, nel 1945-46, come lessi su un libro di Domenico Losurdo.
    ciao

  82. Moi scrive:

    @ PINO, MIRKHOND, PEUCEZIO …. MA ANCHE TUTTI

    Tornando un po’ in topic con la Norvegia, non so se è vero quel che sto per dirvi ma … di Vittorio Messori su queste cose in fondo mi fido abbastanza :

    Il Mondo Norreno si convertì al Cristianesimo non tanto perché convinto della bontà di tale dottrina, ma piuttosto perché, pensandosi accanto a Cristo sulla Croce, i Missionari Cristiani riuscivano a battere i Berserkir Pagani concentrati sul proprio Spirito dell’ Orso …

    Cmq la creatività nipponica ci ha dato dentro anche con i Berserkir, cercando il più possibile di “assimilarseli” ai Sanurai e al Bushido :

    http://it.wikipedia.org/wiki/Berserk_(manga)

    • Moi scrive:

      “SaMurai” ovviamente … unica felice eccezione cmq sarebbe stata l’ Irlanda, ove il popolo fu convinto e ancora oggi lo è della bontà della Dottrina Cristiana.

      SE è vero, questo dovrebbe far riflettere chi pensa oggi di poter convertire al Cattolicesimo agitando i Padri Pii e le Madonne Piangenti … IMHO.

    • Moi scrive:

      Scusate l’ incompletezza: i Missionari Cristiani battevano i Berserkir Pagani nella resistenza fisica ad atroci e sadiche ordalìe …

  83. mirkhond scrive:

    Per Moi

    La cristianizzazione delle regioni germaniche più settentrionali della Scandinavia, avvenne ad opera di missionari sassoni, cioè appartenenti al popolo germanico occidentale che più a lungo si era opposto alla cristianizzazione imposta da Carlo Magno (772-804 d.C.)
    Carlo Magno proprio da germanico, inaugurò una modalità missionaria che avrebbe fatto scuola. E i monaci e sacerdoti sassoni, discendenti di quei cristianizzati a forza, erano probabilmente gli uomini più adatti a capire una mentalità in cui la Croce ha un senso solo perchè assomiglia alla spada, mentre porgere l’altra guancia non avrebbe sortito alcun effetto. Naturalmente i martiri cristiani ci furono, ma ci furono anche quelli pagani, fatti ammazzare dai loro sovrani appena evangelizzati come Sant’Olaf di Norvegia intorno al 1000.
    E del resto gli Svedesi fecero lo stesso con la crociata guidata dal loro re Erik negli anni 1155-1157, che iniziò la conquista-cristianizzazione della Finlandia non germanica.
    Anche i cavalieri tedeschi Portaspada (1201-1237) e i più famosi Teutonici, fecero lo stesso con le popolazioni baltiche dei Prussi (questi poi completamente germanizzati, sebbene non tutti e subito), e dei Lettoni, e dei finnici Estoni (1230-1280), dando alla cristianizzazione di queste terre quel carattere tedesco che, nonostante tutto, conservano ancora oggi.
    Le uniche, lodevoli eccezioni furono il regno anglosassone di Mercia, evangelizzato pacificamente entro la fine del VII secolo dopo Cristo, e l’Islanda, la cui popolazione, originaria dalla Norvegia, decise di convertirsi all’unisono al Cristianesimo cattolico, con una votazione DEMOCRATICA, intorno al 1000, per evitare conflitti civili, davvero pericolosissimi, in una società dagli equilibri delicatissimi, situata in una terra davvero estrema per geografia e clima, e abitata solo sulle coste e in cui l’unità d’intenti e valori era davvero NECESSARIA per sopravvivere in quelle durissime condizioni.
    ciao

    • Moi scrive:

      E l’ Irlanda ? E i Berserkir ? E …

      • daouda scrive:

        L’irlanda non ha nulla a che fare con i germani.

        • Moi scrive:

          “Norreno” è un termine un po’ vago che alcuni estendono anche ai Celti , no ?

        • PinoMamet scrive:

          Mmm “norreno” riferito ai celti non lo ho mai sentito dire, ma ammetto che entrambi i gruppi di popolazioni sono stati- ahiloro- preda di ignoranti famelici, che ne hanno fatto un bel minestrone.
          Diciamo che nell’immaginario comune si fondono nella figura del “barbaro con l’elmo con le corna”
          (che poi, pare che nè Galli nè Vikinghi abbiano mai portato…) popolazioni completamente diverse e distanti diversi secoli…

        • Moi scrive:

          @ PINO

          Che io sappia gli elmi con le corna (ma pure con le alucce, tipo la statua belga di Ambiorix che probabilmente ha ispirato Asterix *) in realtà sono esistiti … MA a scopo ritualistico, rievocativo di antichissimi animali totemici, NON di default !

          *

          http://www.youtube.com/watch?v=9ADL5qSFV98

        • PinoMamet scrive:

          Chiederò a amici archeologi e anche a quello studente di arcehologia/appassionato di archeologia sperimentale/”reenactor celta” (e romano e etrusco all’occorrenza).
          Io di elmi veri (reperti) con corna bovine o simili, non ne ho mai visti.

          Nel Museo arch. di Parma c’è sì un elmo celtico con degli ornamenti simili vagamente a corna, ma si tratta di due semicerchi metallici, attestati in altre culture italiche (sanniti ecc.)
          L’elmo anche è un “tipo Montefortino”, usato un po’ da tutti in Italia e nelle Gallie (ma anche quelli celtici successivi erano lo stesso modello poi usato, copiato pari pari, dai Romani) che i curatori del museo, chissà perchè, hanno montato al contrario, cioè con il paranuca in avanti come fosse una visiera…

    • La Danimarca si convertì perché il suo sovrano Aroldo I (detto il “Denteazzurro”, al trono a metà del X secolo) flirtava con la vicina arcidiocesi di Amburgo e Brema, ovvero con il potente vicino Ottone in Grande. Il cristianesimo in Norvegia, invece, sarebbe giunto con il sovrano (semileggendario) Haakon il Buono (che regnò a metà X secolo) in seguito ad una complessa vicenda dinastica (secondo la saga, i fratelli furono massacrati tutti dal primogenito Erik che si prese il trono e si rese odioso ai signori, gli jarl) e poi grazie al pugno di ferro di Olaf I (che regnò, pare, dal 995 al 1000), la Svezia, infine, fu l’unico paese dove la dinamica fu più complessa con una divisione tra i Gauti (o Goti o Geati) a Sud cristianizzati intorno al 1000 e gli Svioni a nord ancora pagani per un bel pezzo.
      Nel primo caso l’aristocrazia oppose poca resistenza (anche a causa dei rovesci militari), nel secondo caso molta di più (e ci fu repressione dura, che portò al rafforzamento del potere regio), nel terzo una guerra civile che si concluse solo nel XII secolo con la definitiva sconfitta degli Svioni e la loro (lenta?) conversione.

      La conversione dell’Irlanda prese un cammino diversissimo, invece (e molto precedente), così che quando i vichinghi arrivarono su quell’isola e ne approfittarono delle divisioni tra clan per imporsi fu l’unità di fede a garantire, in seguito, la possibilità di un riscatto irlandese.
      Curiosamente, e questo conferma ciò che dice Mirkhond, mentre in Inghilterra, Francia (Normandia) e negli stessi paesi scandinavi la Cristianità diede un’ottima prova di assimilazione, gli irlandesi, pure probabilmente i migliori tra i cristiani d’occidente e che avevano predicato Cristo in mezza europa barbarica, non riuscirono a convertire e ad integrare gli invasori.

  84. Moi scrive:

    Ultima cosa (almeno al momento) su Georgie :

    sono del tutto assenti riferimenti agli Aborigeni … ma in fondo è più realistico così: per l’ Imperialismo Vittoriano essi erano dei sub-umani da scacciare e basta.

    Tuttavia, con ipocrisia “squisitamente” british, furono affascinati fin da subito dal boomerang … che sbalordiva le mummie accademiche che restavano affascinate da un comportamento tanto paradossale al lancio che era un vero rompicapo … niente male per dei “subumani” !

    http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=8274

  85. mirkhond scrive:

    I berserkir se non ricordo male, appartenevano alle tradizioni germaniche precristiane.
    Si, il termine norreno può indicare genericamente i popoli nordici, così come franchi divenne sinonimo di occidentali nel mondo bizantino e musulmano.
    ciao

  86. mirkhond scrive:

    Si, l’ho notata anch’io l’assenza totale degli Aborigeni in Georgie.
    Penso che l’anime, svolgendosi nel contado di Sidney, non lontano dal mare, nel Nuovo Galles del Sud, primo nucleo dell’Australia britannica, territorio intensamente colonizzato dagli inglesi fin dal 1788, nel periodo in cui si svolge la saga, intorno agli anni 1840-1856, probabilmente la popolazione indigena doveva esservi già scomparsa o quanto meno molto decimata, almeno nel contado di Sidney e vicino alle coste.
    Ma l’anime presenta anche altri errori, tipo l’inaugurazione della prima ferrovia australiana nel 1855, che non fu la Sidney-Brisbane, come raccontato nell’anime, ma la Sidney-Parramatta, sobborgo dal nome aborigeno; una sorta di Napoli-Portici australiana.
    La Sidney-Brisbane fu costruita tra il 1905 e il 1932, quindi oltre mezzo secolo dopo gli eventi dell’anime.
    Ancora, non vi era nessun colonnello Gray come vicerè all’inaugurazione della suddetta ferrovia, in quanto nel 1855, il vicerè era William Denison.
    Mentre un Lord Gray fu governatore dell’Australia del Sud, territorio con amministrazione separata da Sidney, e negli anni 1841-45. Tra l’altro il vero Lord Gray fu anche uno dei primi conquistatori britannici ad apprendere le lingue aborigene del suo governatorato.
    cia

    • Moi scrive:

      Mah “errori” per i personaggi e i luoghi mi sembra un po’ troppo severo … magari sono solo “ispirati”, apposta per evitare che qualche discendente o residente abbia da ridire, no ? 😉

      • mirkhond scrive:

        Del resto, il vero padre di Georgie, il conte Fritz Gerald, potrebbe ricordare Fitzgerald che fu un autentico casato nobiliare anglo-irlandese, mi sembra di origine normanna!
        ciao

  87. mirkhond scrive:

    errata corrige:

    Sydney

  88. Moi scrive:

    @ Mirkhond :

    Cavalcare a pelo da autodidatti come piccoli selvaggi è una delle esperienze d’ infanzia che abbia sentito raccontare più frequentemente e con più nostalgia da molti “umarèll”, ma anche “zdàure” originari della campagna e trasferitisi nella (relativamente !) grande città capoluogo con l’ industrializzazione del dopoguerra …

    • PinoMamet scrive:

      Confermo!
      Da loro ho anche imparato (mica ci avrei mai pensato) che esistono anche un “bue destro” e un “bue sinistro” per il tiro di carri, aratri ecc.; e guai a scambiargli posto, non funzionano, non si “mettono in moto” proprio.

      • mirkhond scrive:

        Proprio stamattina, un’amica la cui madre era della provincia di Mantova, proprio vicino alla famosa Brescello di Don Camillo e Peppone, mi ha raccontato della sua infanzia presso la famiglia materna, famiglia contadina, e dove lei da ragazza, aveva imparato ad andare a cavallo.
        ciao

    • PinoMamet scrive:

      Ma voglio ancora sapere quella cosa dell’alfacismo!!
      (vedi più sopra…)

      • Moi scrive:

        @ PINO

        Relativamente semplice : in diverse occasioni ho avuto modo di fare “il giochino” con gente di altre città emiliano-romagnole del “come si dice da voi questo e quello” … ebbene, parole quasi sempre molto simili ma in Bolognese c’ era quasi sempre un relativo sovrannumero di “a” e di “å” , semplici, dittongate, trittongate, tetrattongate, ecc … soprattutto combinate con delle “i” e delle “u” .

        Ebbene, tutti facevano una smorfia un po’ irritata di questo fenomeno fonetico tanto tipico per “noi” ma tanto strano per “loro”, anzi … per “voi” ! 😉

        • PinoMamet scrive:

          Ahh ho capito, sì ho notato anche io che il bolognese tende a rendere con “a” (più o meno variata) molte “o”;
          e poi c’è appunto la dittongazione, quella per intenderci che rende “zdaura” quella che da noi è la “rezdora”
          (penso che sia il relativo allungamento della pronuncia della vocale accentata, da “o” a “au”, che fa cadere in bolognese la sillaba iniziale “re-“)

          Ma, non so cosa ci sia di irritante, tranne il fatto che bisogna fare un po’ di attenzione per capirvi…

          ciao!! 🙂

  89. mirkhond scrive:

    Quanto all’Irlanda, bisogna chiarire che, contrariamente all’immaginario celtofilo moderno, PRIMA dell’invasione anglo-normanna del 1170-71, invasione che fu anche INVESTITURA papale del re Enrico II d’Angiò-Plantageneto, già prima della suddetta invasione, l’Irlanda dicevo, non era un blocco monoetnico, ma le sue città principali, Dublino, Limerick, Cork, ecc. erano popolate e dominate da NORVEGESI, che le avevano fondate o rifondate, creandovi dei regni, nei secoli IX-X.
    Questi regni norreno-irlandesi erano ancora vitali al momento dell’invasione/investitura anglonormanna, e le sue aristocrazie norrene formavano dei gruppi distinti dalla umile popolazione celtica, mantenendo la consapevolezza della propria origine fino al tardo XIII secolo.
    Quindi in un certo senso, parlare di un’Irlanda norrena o meglio celto-norrena, non è affatto un abbaglio, così come l’Inghilterra dei secoli XI-XV può esser considerata a pieno titolo parte del mondo francese, per lingua dei dominanti, classe dirigente e cultura.
    ciao

    • daouda86@libero.it scrive:

      Si ma la cultura celtica è altra cosa, come altra cosa sono i celti.

      Non è un caso che tale invasione abbia determinato la fine del rinnovamento del monacheismo celtico che non avrà alra strada che seguire il solco cistercense.

      E poi mi pare che il dominio politico di questi norvegesi fu sconfitto e parecchi ( la maggioranza )di essi se ne ritornarono in patria…

      Ad ogni modo dire celta non significa germano.

      • mirkhond scrive:

        “L’ambiente CELTO-SCANDINAVO fu ad un tempo il più vivace e il più originale. Politicamente, il regno NORVEGESE di Man visse fino al 1265 e le Orcadi divennero scozzesi solo nel 1468. In Irlanda, i primi stabilimenti di Vichinghi risalgono all’830 circa; il regno di Dublino durò fino al 1170, e gli ultimi Ostmen -è il nome che si dà ai discendenti dei NORVEGESI – non scompaiono come classe sociale che verso il 1285. Questo prolungato contatto fu tanto più FECONDO in quanto la Norvegia e l’Irlanda del secolo IX erano SOMIGLIANTI per certi aspetti sociali: la stessa anarchia di fatto sotto la suzeraineté teorica di un re supremo, lo stesso uso generalizzato dell’adozione (fosterage), lo stesso trasporto per i poeti di corte, fili celtici o scaldi nordici.
        Fin dall’848 Norvegesi e Irlandesi si ASSOCIANO per delle fruttuose incursioni. Proprio ai Vichinghi l’Irlanda dovette le sue prime città, rimaste come porti principali: Dublino, Wexford, Waterford, Limerick. I pagani aderirono presto alla Chiesa irlandese, la quale deve ad essi anzi uno dei suoi grandi nomi, Imar O’Hagan, il maestro di San Malachia.
        Inversamente gli schiavi irlandesi fornirono la mano d’opera necessaria alla colonizzazione dell’Islanda; il loro apporto etnico resta ancora visibilissimo nel tipo fisico degli Islandesi di oggi.
        Altri furono venduti in tutto il Nord e fino alla Normandia. Ma vi è di più : non è impossibile che i culdees (anacoreti) irlandesi abbiano servito da guide involontarie ai Vichinghi verso le terre deserte del Nord-Atlantico; si sa con certezza che essi frequentavano le Faer-Oer o l’Islanda ben prima degli Scandinavi. Altri Celti hanno forse insegnato ai Norvegesi la strada già seguita da San Colombano, quella del Mare d’Irlanda verso la Gallia occidentale. Si hanno delle buone ragioni per pensare che la poesia irlandese ha potuto INFLUENZARE quella degli Scaldi e la pittura artistica di animali norvegese dei primi del secolo IX ha MUTUATO dall’Irlanda alcuni dei suoi motivi più tipici. Più tardi, ed inversamente, l’arte irlandese dell’inizio del secolo XI sarà soltanto una DIPENDENZA dello stile nordico.”

        Da : Lucien Musset, Reciproche influenze del mondo scandinavo e dell’Occidente nel campo della civiltà del Medioevo, in Armando Saitta, Antologia di critica storica, vol.I, pp.265-266

        • Il re di Dublino, intorno al 950, non era battezzato. E’ vero che aveva anche un nome irlandese, ma la sua non cristianità fa pensare che l’integrazione non fu poi così profonda. All’epoca dello stesso Brian Boru gli jarl norvegesi erano in qualche modo considerati un corpo estraneo sull’isola e, mentre i riottosi clan gaelici bene o male trovarono un modus vivendi, quegli altri dovettero essere ridotti alla ragione con una lunga guerra.
          Tra parentesi, l’apporto vichingo in Irlanda fu culturalmente distruttivo, più che costruttivo: il declino dei monasteri e l’instabilità uccisero l’età dell’oro della cultura irlandese (che diede i propri ultimi grandi frutti quando da noi si era in epoca carolingia), come parallelamente avvenne nei regni anglosassoni, che però, grazie all’ascesa del Wessex, conobbero una ripresa.
          Nella regione di York, invece, i vichinghi, arrivati dopo, si convertirono molto prima e la loro aristocrazia si integrò abbastanza rapidamente col sistema di potere locale, dominato dall’arcidiocesi.

        • mirkhond scrive:

          Ma infatti i Norvegesi costituirono un’aristocrazia dominante, con proprie peculiarità, ancora al momento dell’invasione anglonormanna del XII, e come gruppo distinto scomparvero solo nel tardo XIII secolo, come spiegato da Musset.
          Diciamo che, l’apporto norvegese si è avuto con la nascita delle grandi città irlandesi.

        • mirkhond scrive:

          Forse, questa mancata, o conunque lunghissima e difficile integrazione, si dovette al senso di superiorità degli invasori norreni verso gli indigeni celti dell’Irlanda.
          Qualcosa del genere del resto, accadde anche con la successiva invasione anglonormanna nel 1170-71, con la nuova aristocrazia che formava un corpo separato dagli indigeni, anche se, col tempo, certe distinzioni dovettero venir meno, altrimenti non sarebbero state ribadite per legge, dagli Statuti di Kilkenny del 1367, sotto Edoardo III d’Angiò-Plantageneto.
          ciao

  90. jam... scrive:

    …quando sogno il dream-time entro nel Sogno
    se non sogno il dream-time, resto fuori dal Sogno e dalla Realtà …(io, pensando agli aborigeni)

    …comunque il vero boomerang é il didjeridoo
    che lancia soffi musicali nello spazio senza coperchio, creando traiettorie cosmogoniche, in un andirivieni infinitamente, infinito.
    Se avessi un boomerang, il mio boomerang sarebbe un didjeridoo.
    Il mio boomerang é un didjeridoo.
    Il vero boomerang é l’Aborigeno che suona il didjeridoo, l’uomo che sa Creare il Soffio
    Supremo dello Spirito Santo.Questo respiro particolare.
    Il didjeridoo é l’albero sacro che tiene stretta la terra, ed il boomerang é uno dei suoi deliranti abbracci: un frammento di quest’albero e della sua potenza.
    Il didjeridoo in quanto albero é anche la Croce, e tutti i forellini o puntini con i quali gli ab. australiani disegnano allegoricamente i percorsi del dream-time sono i luoghi dove i capostipit-i eroi entrano ed escono in quest’atmosfera terrestre x sacralizzarla. Ogni forellino corrisponde anche ad un soffio-respiro attravereso il quale l’ab. australiano entra nell’immortalità.
    La sacralizzazione della vita, cioé il legame con i capostipiti-creatori é la sola cosa che interessa a quest’Uomo, il quale oggi piange lacrime di nostalgia ( che puo’ asciugare con un fazzoletto moderno ), nostalgia per il Tempo del Sogno, raccontato e ricreato continuamente dal didjeridoo. Ma se prima dell’arrivo dei bianchi la nostalgia era un meraviglioso colore rosso terra di Uluru, adesso é diventata anche un abisso…un cauchemar, a deep nightmare …
    ciao

  91. Moi scrive:

    UN PO’ @ TUTTI

    Grazie delle cronologie norrene … ma non ho ben capito se ritenete verosimile o meno ‘sta cosa dei Missionari Cristiani che pensandosi vicini a Cristo in Croce battevano i Berserkir pervasi da Spirito dell’ Orso nelle ordalìe (alcuni dicono “ordàlie”) … vi spiacerebbe “stare sul pezzo” 🙂 🙂 almeno in un primo momento ? …. Av salud !

    • mirkhond scrive:

      Non è improbabile, visto il tipo di missionari che evangelizzarono le genti norrene.
      Leggevo sul testo di Cardini sulle origini della cavalleria medievale, che, nell’Islanda appena cristianizzata un vescovo fece catturare due berserkir e li fece gettare nel fuoco come indemoniati.
      In sostanza la Chiesa, cercò di neutralizzare questi “orsi e/o lupi mannari”, associandoli a dei posseduti e combattendoli in tal modo, che del resto dei “posseduti” dovevano esserlo davvero, visto che erano considerati con terrore dai loro compatrioti, anche quando erano pagani.
      E comunque il Cristianesimo potè affermarsi in queste terre, solo dopo aver convertito i sovrani, i quali poi provvedevano con la loro potenza e influenza a portare i recalcitranti nell’ovile cristiano.
      Senza l’appoggio regio, difficilmente i missionari avrebbero potuto far breccia tra i norreni, e del resto furono missionari sassoni e anglosassoni a convertirli, quindi, come detto prima, gente che proveniendo dallo stesso fondo etno-culturale sapeva come parlare e agire con simili “pecorelle”.
      ciao

      • PinoMamet scrive:

        ” che del resto dei “posseduti” dovevano esserlo davvero ”

        Ho idea di sì…
        penso che fossero piuttosto spaventosi, a vederli all’epoca, e probabilmente anche a vederli ora.
        (Come gli “uomini leopardo” e simili in Africa, che i colonizzatori belgi e francesi fecero il possibile per debellare anche con mezzi brutali).

        Sempre rileggendo la raccolta di fiabe dei Grimm, noto che ce n’è almeno un paio dove il protagonista è appunto un berserk, neanche tanto mascherato:
        un cavaliere o principe che in seguito a un incantesimo, o per una promessa fatta al Diavolo (!) deve passare sette anni coperto da una pelle di orso, senza lavarsi, pettinarsi o tagliarsi le unghie, e appare come una sorta di figura al contempo spaventosa ma anche benefica…
        finché ovviamente l’incantesimo cessa, o la promessa viene esaudita, la pelle di orso cade e appare il bellissimo principe di prima…

        comunque interessante che il folklore tedesco ne abbia serbato memoria a così tanti secoli di distanza, in una forma tutto sommato pochissimo corrotta.

        (mi pare che anche per Eracle e la sua pelle di leone si ipotizzasse, tra le tante, un’ipotesi simile, non so quanto fondata. Comunque anche lui è sicuramente tra gli eroi “spaventosi” che in qualche modo si auto-eliminano quando la società non ha più bisogno di loro).

        • mirkhond scrive:

          Mi viene da pensare a Rambo, soprattutto il primo film, con uno Stallone preso da un furore spaventoso ed esagerato, soprattutto quando si avventura nella foresta…
          ciao

        • Ritvan scrive:

          —Comunque anche lui (Eracle-ndr.) è sicuramente tra gli eroi “spaventosi” che in qualche modo si auto-eliminano quando la società non ha più bisogno di loro. PinoMamet—
          Ehmmm…vorrei ricordare a un appassionato del mondo ellenico come te che – sempre secondo la mitologia greca -l’autoeliminazione dell’eroe pare non fosse proprio dovuta a una presa di coscienza della propria inutilità…mi pare che c’entrassero qualcosa dei dolori insopportabili che gli procurava la vendetta postuma di un certo Nesso. A quel tempo Morfeo c’era ma la morfina no, pertanto l’eroe dovette ricorrere all’eutanasia fai da te anziché godersi la meritata pensione:-).
          Ciao

        • PinoMamet scrive:

          Beh sì Ritvan
          naturalmente il mito codificato è quello, e in effetti ho scritto- sinteticamente- “in qualche modo” proprio per non dilungarmi.
          Le robe che lessi (ahimè troppo tempo fa, e sepolte in qualche appunto che non ho proprio voglia di andare a cercare) si riferivano al suo costruirsi la pira da solo, letto come suicidio.
          Una lettura un po’ psicanalitizzante: immagino che la faccenda di Nesso sia stata spiegata dai suoi fautori come una razionalizzazione posteriore o roba del genere;
          è vero i suicidi celebri non mancavano nella letteratura greca- poi latina- ma ad Eracle mancava, in teoria, un valido motivo per farlo, per cui ecco Nesso e la tunica avvelenata ecc.
          Non so, non è che sia affezionato alla teoria, la ho solo citata perché la ricordo.

          Comunque tutta la “carriera” di Eracle, aldilà dela spiegazione eziologica classica dell’ira di Era 😉 ecc., dà l’idea di qualcosa di non completamente razionale; forse una riunione di temi mitici di origine diversa, qualcuno dei quali forse doveva avere a che fare con la possessione divina.

          Adesso che ci penso, quelle favole dei Grimm che dicevo, con quei personaggi che apparentemente sono la deformazione dei berserker, mi ricordano in alcune cose il voto di nazireato (la durata stabilita, il tagliarsi i capelli), con la differenza che mentre i berserker (pare) si inebriassero, i nazirei dovevano astenersi da vino e derivati dell’uva in genere;
          e il più famoso di tutti è ovviamente Sansone, che qualche legame mitico con Eracle sospetto che lo abbia.

          Ma magari sto ricamando troppo, anzi, probabile!

        • PinoMamet scrive:

          Errata corrige: il “non” tagliarsi i capelli, ovviamente!

        • Ritvan scrive:

          —…Le robe che lessi (ahimè troppo tempo fa, e sepolte in qualche appunto che non ho proprio voglia di andare a cercare) si riferivano al suo costruirsi la pira da solo, letto come suicidio…. PinoMamet—-
          Schiavo del cartaceo che non sei altro:-) se tu con un veloce click andassi a http://it.wikipedia.org/wiki/Eracle
          sapresti che il buon Ritvan sa e, pertanto, non ti chiede pezze d’appoggio. Col mio “eutanasia fai da te” mi riferivo proprio alla costruzione della pira da solo…però, sempre la sullodata Wiki ci informa che per appiccare il fuoco alla pira l’eroe si servì di Filottete (a cui donò arco e frecce)….ai tempi d’oggi il buon Filottete sarebbe stato incriminato dal PM di turno per “omicidio del consenziente”:-).
          Ciao

  92. Moi scrive:

    … e i Berserkir hanno fama non certo di mammolette, eh ! 😉

  93. Moi scrive:

    Va be’, completando il quadro : si ha notizia di diffusione dell’ Islam mediante ordalìa … o “ordàlia” ?

  94. mirkhond scrive:

    Mah, riguardo all’Islam, l’unico caso di (tentata) ordalia che mi viene in mente, fu quello attribuito allo stesso Maometto, il quale negli anni 622-628 d.C., avrebbe proposto ai cristiani dell’oasi di Najran di passare su un tappeto di carboni ardenti, per provare la veridicità della sua missione come Inviato di Dio e se l’Islam fosse o meno l’ultima rivelazione divina. I Cristiani rifiutarono.
    Il Profeta, comunque garantì il diritto agli abitanti di Najran di restare cristiani.
    ciao

  95. jam... scrive:

    ….esistono moltissimi casi di ordalia, nell’Avesta e nella tradizione mazdea ne sono contemplate 33; ma quella proposta dal Profeta Mohammed ai cristiani di Najran, fu esattamente come quella del Profeta Elia quando propose ai seguaci di baal di accendere il loro fuoco mentre Elia accendeva il Suo.
    Il Profeta Mohammed agi’ come il Profeta Elia.
    Nell’episodio con i cristiani di Najran le persone non erano implicate, ma le idee; non c’era nessun colpevole, soltanto una discussione teologica che non arrivava in porto.
    I cristiani di Najaf, conoscevano l’episodio biblico di Elia, allora x’ non accettarono la sfida? Forse non erano poi cosi convinti di uscirne vincenti, ed ad una sconfitta preferirono la ritirata.
    Importante comunque in quest’episodio é l’emergere della gentilezza e dell’ospitalità del Profeta Mohammed il quale fece pregare i cristiani all’interno della moschea.
    Mentre i musulmani facevano due rakat, i cristiani celebravano la messa.
    L’aspetto sciamanico di una particolare forma ordaliaca, che non é una punizione, ma un chiedere a Dio il Suo parere attraverso un segno, oppure gli atteggiamenti degli uomini in momenti storici inusuali ed eccezionali, come il momento concretamente storico di una rivelazione anche concretamente astratta, non sono da sottovalutare…incha-Allah-ta’aala
    ciao

  96. mirkhond scrive:

    Diciamo che, a differenza di Elia, Maometto non ammazzò nessuno a Najran, anzi, come anche tu hai ricordato, permise ai Cristiani (nestoriani) di restare tali.
    E a dispetto del successivo decreto di espulsione da parte del Califfo Omar, nel 642-643 d.C., l’oasi di Najran mantenne una presenza cristiana fino al XIII secolo!
    I casi di ordalia di cui si parla nell’Avesta, riguardano Zarathushtra?
    ciao

  97. mirkhond scrive:

    L’episodio della mancata ordalia di Najran, trovò il suo equivalente cristiano, circa 600 anni dopo, nel 1219, quando San Francesco d’Assisi, dopo varie peripezie, giunse al cospetto del Sultano al-Kamil, al Cairo.
    San Francesco propose al Sultano un giudizio di Dio, consistente nell’attraversare, San Francesco e un musulmano, un tappeto di carboni ardenti a piedi nudi. Chi riusciva a farlo, avrebbe dimostrato la verità del suo Credo.
    Il Sultano, spaventato dalla determinazione di San Francesco, si oppose, forse pensando proprio al Profeta a Najran, e rinviò San Francesco da dove era venuto, facendo poi passare negli annali di corte, il tutto come la vicenda di un matto incappucciato bonario, una sorta di stravagante sufi cristiano.
    ciao

  98. Moi scrive:

    Sì, però una religione deve “con-vincere” con la dottrina, non “vincere” con l’ ordalia … Dio non ama fare lo spauracchio, no ?

    O almeno il “con-vincere” lo trovo preferibile e più efficace sul lungo periodo.

    • Moi scrive:

      Fatto sta che dai Missionari che battevano i Berserkir nelle ordalie a Pasquale l’ Animatore sul sagrato del Duomo di Milano il Cristianesimo ne ha fatta di strada, eh ? 😉 🙂

      • mirkhond scrive:

        Pasquale è la conseguenza di quelle lontane vittorie sui berserkir.
        Voglio vedere un Pasquale nella Milano longobarda dei secoli VI-VIII, che posto avrebbe avuto!

        • PinoMamet scrive:

          Credo che non l’avrebbero capito per niente (ma non solo a Milano… anche a Roma o a Costantinopoli o a Nanchino);
          ma aldilà del lato diacronico, i Longobardi veri dovevano essere un popolo piuttosto strano da descrivere:

          se devo immaginarmeli, la cosa più vicina che mi viene in mente sono gli ungheresi di oggi, che però invece di serbare ricordi di parentele coi finlandesi e più alla lunga coi turchi, ne serbano di parentele con gli scandinavi e i goti;
          discesi in Italia con l’orgoglio di chi è vincente, ma anche con un certo complesso di inferiorità nei confronti dell’antica cultura, più o meno come certi turisti inglesi o tedeschi….

          Insomma, difficili da descrivere secondo le rigide categorie mentali, diciamo, del leghista medio
          (nord vs sud, barbaro vs romano)

          Ma forse tutti i popoli veri sono di difficile comprensione per il leghista medio 😉

        • Moi scrive:

          A proposito … Pasqualata 2011 ancora nulla.

        • Moi scrive:

          Cmq notare che egli per mimare il proprio nome fa con la mano la curvilineità dell’ ovone (simbolo pagano di forza vitale naturale che si dischuide come da un uovo a primavera) di cioccolato … mica allude alla Pesach.

        • mirkhond scrive:

          Il leghismo a volte, mi sembra un risorgimento al contrario, con una sua retorica che, com tutte le retoriche, semplifica e schematizza ciò che gli fa comodo, ignorando la complessità e la contradditorietà delle vicende umane.
          ciao

        • mirkhond scrive:

          Mi riferivo alla riflessione di Pino sul rapporto tra Longobardi e leghismo.

        • mirkhond scrive:

          Comunque mi sembra che lo spirito dei berserkir, si sia risvegliato nell’Inghilterra di questi giorni, con tutto il casino che sta succedendo nei sobborghi di Londra….
          ciao

  99. mirkhond scrive:

    Dovrebbe essere così, almeno se stiamo al Vangelo. Quando poi la Fede è diventata religione di stato, hanno avuto peso considerazioni politiche, di potenza, considerazioni che hanno portato alla nostra civiltà.
    Perchè l’Iran sasanide, o la Cina, o l’Impero Mongolo o il Giappone dei secoli XVI-XVII NON diventarono cristiani, sebbene avessero al loro interno cospicue minoranze cristiane? Proprio perchè il Cristianesimo, malgrado occasionali momenti di simpatia, NON riuscì a far breccia nei sovrani di quegli imperi.
    E’ brutto ammetterlo, ma se il Cristianesimo non incontra un Costantino, è condannato a restare una fede di serie B o C, e minoritario.
    Perciò è necessario domandarsi che tipo di Cristianesimo vogliamo, e se il numero e la potenza politica terrena, siano compatibili col Vangelo.
    ciao

    • lycopodium scrive:

      @ Mirkhond
      Salve. Che la conversione dei popoli abbia avuto più di un aspetto legato alla promozione da parte dell’autorità civile è un dato di fatto che oggi, più che teologicamente, è difficile da gestire psicologicamente, da parte dei cristiani.
      Forse quello che è “brutto da ammettere” è che, per molti, è più facile teorizzare un essere cristiani non solo minoritario, ma anche minore e in minorità.

  100. mirkhond scrive:

    Si, credo che tu abbia colto un aspetto della crisi della Cristianità di oggi.
    Abituati per secoli ad essere religione di potere, è psicologicamente difficile non esserlo più, un pò come quei poveri che, diventati ricchi, sono di colpo poi tornati poveri. Una situazione difficilissima, se non impossibile da accettare….
    Mi viene in mente la condizione degli Ebrei liberati dalla schiavitù egiziana, e che finirono col rimpiangere quella schiavitù perchè non più abituati all’austera legge del deserto dei loro antenati e a cui Mosè li aveva ricondotti….
    La crisi della Cristianità moderna a mio parere è intimamente collegata alla crisi dell’uomo moderno, soprattutto quello occidentale…
    ciao

  101. Moi scrive:

    @ PINO

    In realtà esiste anche la forma “arzdàura” o “arzdåura” con “ar”. So che “ar” per “re” si triva anche nel Romagnolo e nel Modenese: l’ alfacismo, quindi, non è esclusivo del Bolognese … tuttavia solo in Bolognese arriva al parossismo.

    • PinoMamet scrive:

      “ar” per “re” e in generale tutti i fenomeni di inversione (scusami, non riesco a ricordare il termine tecnico) si trovano anche qua, in alcuni dialetti della provincia infatti (compreso quello di questa zona!) la “rezdora” è appunto “arzdora” 🙂

      viva la koinè emilianoromagnola! 😉

  102. Moi scrive:

    “trova” …

  103. Moi scrive:

    Ma il manga / anime di Kentaro Miura sui Berserkir non lo conosci ?

    Io so solo che esiste … magari il parallelismo con i samurai è meno “strambo” dell’ apparenza 😉 .

    • Moi scrive:

      *** Principalmente @ Mirkhond ***

    • PinoMamet scrive:

      Io ne conosco l’esistenza e basta, mai letto;
      non so se tra i samurai ci fossero fenomeni simili al berserkr, non mi viene in mente (a parte le maschere spaventose applicate all’elmo) e comunque mi pare che almeno in epoca Tokugawa la maggioranza dei samurai aderisse allo Zen, specialmente della linea Rinzai, che proponeva un approccio piuttosto diverso ai temi della battaglia/morte ecc;
      ma considerando il sostrato arcaico del Giappone, le credenze Shinto ecc., non mi stupirebbe affatto di trovare paralleli.
      Ci vorrebbe uno che ne sa di più!!

      • Moi scrive:

        Be’ di fatto guerrieri arcaici mostruosi ci sono anche nel folklore giapponese, come i nasuti Tengu, con la capacità di trasformarsi in Karasu (corvi “beccuti” e umanoidi) o gli Oni, dei dèmoni corpulenti con un piccolo corno, o anche due, e dalla grossa clava …

    • mirkhond scrive:

      No, ne ho letto qualcosa su wikipedia.
      Francamente preferisco le storie di avventura, ma non le cupezze nordiche, ambientabili al massimo sul limes danubiano romano e bassopiano pannonico, più a nord mi viene la depressione….
      Magari un anime sui Longobardi in Italia non mi dispiacerebbe affatto, oppure sugli Alani/Osseti.
      I berserkir non mi attirano proprio.
      ciao

  104. Moi scrive:

    @ TUTTI

    Di fatto le identità dei popoli si costruiscono da sempre e dappertutto più con l’ immaginato che con il documentato … quindi forse bisogna andare oltre il “vero” o “falso” e capire perché vengono tramandati certi miti e non certi altri … no ?

    • PinoMamet scrive:

      Sono assolutamente d’accordo.
      Capisco benissimo, ad es., il motivo per cui la Lega Nord si è scelta come “antenati mitici” dei popoli appunto considerati, in un modo o nell’altro, nordici e avversari di Roma: è evidente.
      Mi sfugge invece il motivo per cui a un certo punto (me lo ricordo benissimo) è passata dai Longobardi ai Celti.

      Non credo sia per la Longobardia Minor (anche se non lo escludo). Suppongo ci siano alle spalle le preferenze individuali di qualche ideologo della prima Lega (Miglio?) e forse il desiderio di agganciarsi a qualche movimento di portata europea.
      Comunque la moda celtico-leghista è precedente a Braveheart (che, come fenomeno appunto di moda, le ha dato comnunque un decisivo contributo)

      ciao!!

      • mirkhond scrive:

        Anche se nemmeno i Celti occuparono TUTTA la valle del Po.
        Penso ai Veneti, o alle enclavi etrusche come Mantova, e sulle Alpi ai Reti, la cui collocazione linguistica è ancora oggi incerta, forse con alcune inflitrazioni illiriche nelle aree sudorientali della Rezia, come le popolazioni dei Breuni e dei Genauni, negli attuali Trentino e Tirolo, e che Strabone definisce illiriche.
        A proposito, la Lega pensa di includere il Trentino nella sua Padania? E il Tirolo meridionale/Alto Adige? E Trieste?

        • PinoMamet scrive:

          Non saprei… la mia (unica) amica leghista, e molto impegnata (è bresciana) anni fa ha chiesto (a me!!) informazioni sugli abruzzesi…
          perché le era giunta voce che avevano delle caratteristiche caratteriali e sociali compatibili con la Padania e richieste di associazione da parte di alcuni giovani di là…
          questo per dire come la vedono chiara i leghisti…

          comunque, parte le varie cartine “amatoriali” o meno dove l’Italia (in seguito, la Padania) finiva al Po, all’Appennino, a Firenze o in Umbria secondo i gusti
          (mi capitò di vederne di diverse)
          è difficile capire cosa vogliano davvero i leghisti.

          comunque su qualche loro sito mi pare ci fosse una Lega Nord del Trentino e una del Friuli, ovviamente, inoltre hanno la tendenza a spezzettare le regioni, quindi può benissimo essere che Udine e Trieste si trovino sotto due diverse cellule o federazioni o quel cazzo che sono.

          Non so come la mettano con i (teorici) francofoni valdostani e con i meno teorici germanofoni dell’AltoAdige, che pure sono pieni di italiani… non ne ho idea!

        • Moi scrive:

          Boh … sempre per dire : la prima “Miss Padania” fu una Russa !

        • Moi scrive:

          http://it.wikipedia.org/wiki/Miss_Padania

          Qui dice addirittura “Miss Sole delle Alpi” [!] … Anastasia Komarova.

        • Francesco scrive:

          >> la Lega pensa … purtroppo direi di no.

          ciao

  105. Moi scrive:

    Ma poi scusate, con l’ ordàlia (mi piace di più) Dio dovrebbe eventualmente dare la sua preferenza a l’ una o l’ altra persona (!) , mica a l’ una o l’ altra religione, no ?

  106. John Zorn scrive:

    Alcune osservazioni e un saluto a MM, con cui non scambio opinioni da un pezzo…

    1) Noto che non sono solo io a reputare l’azione del pazzoide un autogol per determinate fazioni politiche.
    Andate a leggervi i sondaggi elettoriali Norvegesi post strage poi ne riparliamo
    2) Nel post in cui Ritvan parla dell’assassino “che sarà alloggiato e nutrito a spese del contribuente norvegese per qualche decina d’anni in un residence di lusso – per niente.” ha già descritto buona parte degli elementi che servono a far capire come il mondo scandinavo possa produrre dei personaggi del genere.
    Certo: magari il mondo scandinavo andrebbe conosciuto un po’ più che come sistema, e non solo con la triade “Tasse alte,servizi eccellenti,dalla culla alla tomba” magari con la variante “ma la Norvegia è più cara che c’hanno il petrolio”.
    Solo che quando ne ho parlato nel Blog di Sherif han tutti ignorato questa mia osservazione (ma su questo aspetto torneremo in seguito).
    3) Condivido le analisi di Peucezio sull’immigrazione ed il multiculturalismo. Da rileggersi anche lla luce dei fatti di Londra…
    4) Confermo la proibizione della macellazione rituale in Svizzera. In quanto antecedente al riversarsi delle masse Islamiche in Europa almeno i soliti paranoici non potranno dire “ecco, l’odio verso i poveri musulmani”… Roba degli anni 20, se non ricordo male…
    5) Quando si tratta di attaccare i suoi avversari, pessimo come sempre Cardini: non tanto perché cita i libertarianism americano in un’Ottica grottesca, quanto perché ignora quanto del sistema scandinavo possa portare ad una simpatia per quell’ideologia/filosofia politicosociale.
    6) bellele citazioni da Guareschi. Concordo con chi parlava di una certa simmetria con PPP (di questo parleremo pure in seguito)
    6) Izzaldin: non sono d’accordo conla condanna in toto della riforma Ungherese, sebbene inquietante.Semplicemente è perfino banale, considerata la storia d’Ungheria, che ricorrano al discorso etnico.
    In Europa credo non ci sia nazione che possa ispirarsi ad un discorso etnico più dell’Ungheria, e penso di non sbagliare di molto…
    7) Non condivido le critiche, un po’ superficiale, verso il lato “reazionario” di Pasolini:
    Fra l’altro, e per tornare all’argomento, avevo suggerito per capire il clima psicologico culturale del mondo scandinavo (e da dove vengono i Brevnik) di leggersi il romanzo di Stangerup “L’Uomo che voleva essere colpevole”.
    capirete perché citavo Ritvan più in alto e che sistema sia quello scandinavo…
    Invece, parlando di Pasolini, l’attegiamento di chi si lava la coscienza usando il Brevnik come capro espiatorio mi ricorda l’atteggiamento all’ondata di criminalità in Italia di cui paralva Pasolini nell’articolo “una modesta proposta”.

    Saluti
    JZ

  107. lycopodium scrive:

    Mirkhond,
    c’è però l’aspetto paradossale di molti credenti (e non parlo di quelli che mascherano la loro non-credenza, appoggiandosi in genere al potere politico, nostrano o mondiale): i quali non si limitano a vivere la fuoriuscita dal costantinismo come comune condizione del nostro tempo, ma ideologizzano questa uscita come fosse l’unico contenuto dell’annuncio di fede. In ogni ambito si ripete questa fuoriuscita. Risultato: non una Chiesa più povera, ma una Chiesa meno Chiesa.

  108. mirkhond scrive:

    Molti anni fa, in un canale religioso, si parlava delle profezie di Garabandal, profezie non riconosciute dalla Chiesa, e in cui la Madonna avrebbe rivelato che ci sarebbe stata la fine della Chiesa, ma non del mondo.
    Ora, non saprei se, nel caso queste profezie fossero vere, la Madonna intendeva la fine della Chiesa proprio come fine del Cristianesimo, almeno nel mondo moderno e occidentalizzato….
    ciao

    • Moi scrive:

      http://www.youtube.com/watch?v=TMK9Y1Nzw7U

      … fatto sta che di Padre Livio è impossibile fare la caricatura : è troppo parossistico il prototipo ! … Questo in Italia (!) rende “antropologicamente simpatici”, lui, come i Leghisti, come Silvio ! 🙂

      • Moi scrive:

        Secondo me tutti e 3 i prototipi hanno qualcosa dello Zanni della Commedia dell’ Arte … e al popolo i loro oppositori Radical-Chic o “Clerical-Chic” 🙂 sono antipatici perché “salgono in Cattedra” !

  109. jam... scrive:

    @Mirkhond…credo tu abbia sintetizzato troppo l’incontro di S.Francesco col Sultano!
    …S.Francesco era convintissimo che i Saraceni lo avrebbero ucciso x cui trovarsi vivo davanti al Sultano già gli sembro’ un miracolo, poi si accorse che questi infedeli non erano poi cosi’ infedeli.
    Se il Sultano non accetto’ l’ordalia, non fu x paura di perdere, i beduini sanno camminare benissimo sul fuoco, ma compi’ un gesto terapeutico cioé continuo’ l’etica dell’ospitalità totale che non vuole a nessun costo lo scontro.
    Il Sultano volontariamente trasformo’ i carboni ardenti, in ospitalità, discussione, e regali…
    …Zoroastro-Zarathustra fu sottoposto a tre tipi di ordalia:
    con il fuoco
    con il metallo incandescente versato sul petto, e col il coltello che gli apri’ il ventre!
    gulp!
    ciao

    • Ritvan scrive:

      —@Mirkhond…credo tu abbia sintetizzato troppo l’incontro di S.Francesco col Sultano! Jam—
      Già. Come riferisce un’opera biografica dell’epoca – che riporta la testimonianza di Fra Illuminato, compagno di viaggio del Santo- durante l’incontro di Francesco d’Assisi col sultano musulmano Malik al Kamil, quest’ultimo si lamentò dei cristiani che avevano aggredito la Terra Santa (le Crociate) in barba al comandamento evangelico di Gesù “Amate i vostri nemici”. Il futuro santo – oggi a torto dipinto come icona del pacifismo – gli rispose: «Mi sembra che voi non abbiate letto tutto il Vangelo. Altrove, infatti, è detto: “Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo lontano da te…”. (Mt.5:29-30 ndr.). E, con questo, Gesù ha voluto insegnarci che, se anche un uomo ci fosse amico o parente, o fosse per caso a noi caro come la pupilla dell’occhio, dovremmo essere disposti ad allontanarlo, a sradicarlo da noi, se tentasse di allontanarci dall’amore del nostro Dio. Proprio per questo, i cristiani agiscono secondo giustizia quando invadono le vostre terre e vi combattono, perché voi bestemmiate il nome di Cristo e vi adoperate ad allontanare dalla religione di lui quanti più uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come sè stessi».

      • mirkhond scrive:

        Si, San Francesco non era il santino melenso dipinto da un certo immaginario pacifista. Sull’episodio che hai citato il parere degli storici è controverso. Secondo Cardini, questa frase sul “giusto” diritto dei Franchi ad invadere le terre musulmane, sarebbe un’interpolazione postuma, mentre il Santo sarebbe rimasto affascinato dalla profonda fede dei Musulmani.
        Ma potrebbe essere Cardini a sbagliarsi, in quanto condizionato dal suo grande (e condivisibile) amore per il Mondo Musulmano.
        Non saprei dirti di più. Sicuramente come hai giustamente ricordato, anche santi grandiosi come Francesco di Assisi, sono figli del loro tempo, e non del nostro e delle nostre aspettative, un pò come il fin troppo lodato Federico II di Svevia, visto anche lui come una sorta di santino “protolaico” e “illuminato”, da un filone di pensiero che risale all’Illuminismo settecentesco.
        ciao

        • Ritvan scrive:

          Caro Mirkhond
          con tutto il rispetto per Cardini, lui o dovrebbe confessare di aver inventato la macchina del tempo:-) e di saperla così meglio del compagno di viaggio di San Francesco che ci ha lasciato quella testimonianza, oppure avere il pudore di tacere. E non vedo cosa c’entri l’amore di Cardini per il mondo musulmano col negare un episodio che semmai getta vergogna su quello cristiano dell’epoca, il quale perfino per bocca di uno come San Francesco giustifica con cavillose interpretazioni ad minchiam dei Vangeli (ad minchiam perché Gesù a mio immodesto:-) avviso intendeva solo escludere dalla comunità, ovvero esiliare, chi “dava scandalo”, mica ammazzarlo) ignobili massacri di “infedeli” in nome e per conto di Gesù di Nazareth.
          Io non ritengo che se San Francesco si fosse pronunciato contro le crociate sarebbe da definire “melenso”, anzi (solo) in quel caso egli sarebbe da definire “vero seguace di Gesù”.
          Ciao
          Ritvan
          P.S. Mi spieghi meglio, per favore, cosa non ti va di Federico II?

        • mirkhond scrive:

          Per Ritvan

          Cardini, ritiene che la testimonianza di frà Illuminato sia postuma all’evento, o meglio sia stata ritoccata da Tommaso da Celano e da Bonaventura di Bagnoregio, che non erano presenti, e che, pare, abbiano operato dei “ritocchini” sulla vita di San Francesco, per adeguarlo allo spirito da crociata, più “normale” all’epoca e gradito alla Curia papale, in modo da levare al Santo ogni odor di “contiguità” alle correnti contestatrici del Francescanesimo.
          Cardini invece, nel suo libro su San Francesco, ritiene che il Santo fosse rimasto invece affascinato dalla religiosità musulmana e col Sultano si fosse dialogato su ciò che unisce le due fedi.
          Questo, in sintesi il pensiero del celebre studioso.
          Vittorio Messori invece, dava credito alla testimonianza di Fra Illuminato, proprio come esempio di un San Francesco figlio del suo tempo, tempo in cui uccidere Musulmani e non, in nome di Cristo, era purtroppo, una cosa “normale”.
          ciao

        • mirkhond scrive:

          Riguardo a Federico II di Svevia, gli studi più recenti, a partire da quello di David Abulafia, hanno mostrato un Federico, che, seppure in una cornice originale, dovuta all’essere figlio di una società di frontiera, fu un figlio del suo tempo, vedasi i suoi decreti contro gli eretici Catari e Valdesi, per i quali comminava il rogo, oppure il compimento dell’opera di cattolicizzazione-latinizzazione della Sicilia, iniziato dai suoi antenati Altavilla, e che proprio durante il suo regno (1220-1250), vide lo svuotamento dall’isola del suo elemento musulmano, che venne confinato a Lucera, in Puglia.
          Certo Federico, permise ai musulmani superstiti siculo-lucerini di mantenere la loro fede e i loro costumi, ma ciò aveva finalità politico-militari, col crearsi una guardia pretoriana fedele solo a lui, proprio perchè isolata tra popolazioni cristiane ostili.
          Insomma il tradizionale divide et impera, che, dopo la sua morte e col crollo della casa di Svevia, non potette durare e finì col bagno di sangue dell’agosto del 1300, e con la scomparsa dell’Islam indigeno regnicolo.
          Anche la sua lotta col Papato, molto idealizzata dalla storiografia illuminista e risorgimentalista, si ricollegava al secolare conflitto tra Papa e Imperatore su chi dovesse essere il capo terreno del Frangistan. Federico non fu affatto un uomo “laico”, ma, seppur con le sue curiosità scientifiche e intellettuali e le sue “stravaganze”, un credente cattolico, e alla sua morte, pare che venisse sepolto col saio monastico.
          Il fatto che le Costituzioni di Melfi del 1231, carta del diritto del Regno fino al 1806, fossero redatte in Latino e Romaico, ma NON in Arabo, credo che sia una spia del declino della componente musulmana regnicola, rispetto al periodo normanno, ma in linea di continuità con la politica di lenta e graduale cattolicizzazione del Regno.
          ciao

        • Ritvan scrive:

          Caro Mirkhond
          Sulla vicenda San Francesco resto della mia idea: prima di accusare gli altri di essere dei falsari (perché fuor dagli eufemismi di questo si tratta) il buon Cardini dovrebbe portare le prove della falsificazione. Altrimenti – come già detto- dovrebbe tacere.
          Ciao
          Ritvan
          P.S. Ti ringrazio per le interessanti notizie su Federico II e concordo con te su una meno agiografica definizione dello stesso, pur riconoscendo i suoi indubbi meriti.

  110. mirkhond scrive:

    L’ordalia a cui fu sottoposto Zarathushtra, serviva a provare la veridicità del suo messaggio?
    Chi lo sottopose all’ordalia? Vishtashpa? Frangasian/Afrasiab?
    ciao

  111. mirkhond scrive:

    Mi chiedo nell’ottica apocalittica di Padre Livio, la dolce e pia Jam che non maledice nessuno, e parla di Dio come pace e amore, Jam insomma dove dovrebbe andare?
    Il suo messaggio gnostico che va oltre tutti i credi religiosi per avvicinarsi alla FONTE ORIGNARIA DEL TUTTO, per Padre Livio è satanico sincretismo?
    Angra Mainyu da che parte sta?
    ciao

  112. Moi scrive:

    A proposito di “risveglio dei berserkir” in UK … ma ‘sti Inglesi universalmente noti per le scommesse di pessimo gusto sulle “beghe” degli altri popoli, stanno scommettendo o no sulla possibilità che possa scattare “in casa loro” una guerra civile ?

    • Francesco scrive:

      una curiosità: ma questi fanno tutto questo casino per dare ragione a Borghezio? sono ispirati da questo thread? voliono svenatre l’effetto Breivik?

  113. Moi scrive:

    quei personaggi che apparentemente sono la deformazione dei berserker

    PINO

    ____

    Tipo gli Orchi ?

    • PinoMamet scrive:

      Non proprio, mi riferivo a due fiabe in particolare (ne parlavo in qualche intervento più su) dove il protagonista in seguito a un incantesimo o simile, deve indossare per tot anni una pelle d’orso, o è proprio trasformato in orso.

      Ciao! 🙂

  114. jam... scrive:

    @Mirkhond… non so durante quale regno Zarathustra fu sottoposto ad ordalia, ma considerando la prassi e psicologia del tempo, non poteva non vivere questo tipo di prove. Accadimenti inevitabili affinché lui provasse la sua autenticità religiosa; anzi, non é da escludere sia stato lui stesso a volerle affrontare x farsi un po’ di pubblicità.
    All’inizio Zarathustra non aveva seguaci, oppure ne ebbe soltanto uno: suo cugino Maidymaha col quale resto’ dieci anni sulla montagna. Scendendo, come testimonianza del suo dialogo con Ahura Mazda comincio’ a scrivere i Gathas e non poteva non vivere delle prove ordaliche che a quei tempi erano indispensabili per provare la veredicità del suo messaggio riformatore, dimostrare anche tramite ordalia la verità della Regola d’Oro: buon pensiero, buona parola, buona azione. Ma Zarathustra ebbe o non ebbe un vero successo? Gli Achemenidi tutto sommato restarono pre-zarathustiani e continuarono ad esempio a bere, l’haoma da lui proibito. Gaumata, che si proclamo’ re durante il regno di Cambise II, apparteneva alla casta sacerdotale dei Magi, di quelli zoroastriani o pre-zoroastriani? Certamente il re usurpatore era un magio zorathustiano. In ogni caso Dario I incito’ il popolo ad uccidere i magi seguaci di Gaumata….
    …ma non sei ancora andato in pellegrinaggio a Castel del Monte? Come mai ad esempio, Federico II, secondo te cosi’ cattolico, alla morte di sua moglie Costanza II, la fece seppellire con una corona che porta una scritta in arabo? x meglio definire la lingua e cultura latina?
    ciao

  115. mirkhond scrive:

    Federico II morì col saio da cistercense. Le sue predilezioni artistiche, sono il proseguimento della cultura degli avi materni Altavilla, gli stessi Altavilla che pur impregnati di cultura arabo-musulmana, iniziarono e portarono a buon punto l’opera di cattolicizzazione e latinizzazione della Sicilia, che il loro erede svevo portò a compimento.
    Attrazione per l’arte araba che si spiega col carattere di territorio di frontiera del Regno normanno-svevo.
    Anche i regni spagnoli cattolici erano impregnati di cultura mudejar, eppure erano cattolici e, alla fine, anche qui l’elemento musulmano scomparve per espulsione, eliminazione e assimilazione, solo che ci volle più tempo, dato il maggior numero e qualità della presenza musulmana.
    Attenzione a non idealizzare troppo queste società franche di frontiera, osservandole alla luce di ideali molto più moderni.
    ciao

    ps. grazie per le informazioni su Zarathushtra.

  116. mirkhond scrive:

    Fu proprio il “protolaico&tollerante” Federico II a concedere in feudo la Prussia e i territori baltici (che non appartenevano al Sacro Romano Impero) all’Ordine Teutonico, nel 1226, per iniziarne la conquista/evangelizzazione/germanizzazione, dando così man forte all’Ordine dei Portaspada, fondato dal vescovo Alberto di Riga nel 1201, con lo stesso scopo, (e che, decimato dalla resistenza dei Lettoni e dei Lituani, finì con l’essere assorbito dai Teutonici nel 1237). Investitura confermata da Papa Gregorio IX, nel 1234.
    Anche qui Federico, agì in linea di continuità con gli imperatori suoi avi, e con la spinta verso est della cristianizzazione che qui si accompagnava alla germanizzazione.
    ciao

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