I francesi, notoriamente, scrivono complicato. E tra quelli che scrivono complicato, troviamo il Collettivo Tiqqun, che seguiamo da tempo con un certo interesse, decifrandone a passo di lumaca gli scritti.
Vale però la pena, perché gli autori colgono davvero alcuni degli elementi decisivi dei tempi in cui siamo stati scagliati.
Dobbiamo loro ad esempio l’intuizione della Jeune-Fille di cui abbiamo parlato spesso su questo blog e su quello vecchio.
Ecco un altro saggio del Collettivo Tiqqun, di fresca traduzione, grazie al paziente lavoro di Guido, che ce lo ha inviato. Riguarda un altro tema cruciale dei nostri tempi. Ci scrive Guido:
Invio in allegato un lungo articolo da me tradotto e apparso in francese su “Tiqqun” n. 2 del 2001. Invito chiunque fosse interessato a farne l’uso che desidera conservando, divulgando, pubblicando e migliorando ove possibile. Non sono un traduttore professionista ma un dilettante che si è cimentato, appunto per diletto, con la materia dello scritto avvalendosi dell’aiuto saltuario della sua compagna francese.
Il testo si colloca all’interno di un progetto-laboratorio che ha coinvolto diverse singolarità e che ha raggiunto l’apice della non desiderata notorietà sotto la forma di una sua espressione: il Comitato Invisibile, autore del famoso/famigerato libro “L’insurrezione che viene”.
La fase “Tiqqun” di questo laboratorio si caratterizzava per un alto livello di ricerca e di elaborazione che si manifesta negli scritti, la cui qualità espressiva non è di immediata e semplice fruibilità. Abbiamo talvolta a che fare con un’insieme di concetti che non sono evidenti e comprensibili per chi non frequenti il pensiero critico di quel particolare filone di “intellettuali radicali” che va da Bataille a Foucault passando per Deleuze, Benjamin, Agamben e altri.
Il Comitato Invisibile si manifesterà successivamente attraverso un’esposizione più chiara e immediata di un pensiero che non si pone più come istanza separata di una pratica rivoluzionaria ma come illustrazione di una pura evidenza.
Si tenga conto che “L’ipotesi cibernetica” è stato elaborato dieci anni fa, cioè prima del sorgere di tante applicazioni tecnologiche divenute la cifra del mondo orwelliano in cui ci è dato vivere (ad es. i social network). Lo scritto andrebbe poi collocato concettualmente nella sinergia espressa dagli articoli della voluminosa rivista e che sono stati in buona parte già tradotti e pubblicati In Italia o divulgati via web. Nonostante ciò la materia trattata è estremamente interessante sia per le considerazioni che vi vengono svolte, sia per le conseguenze che vi vengono accennate e che sono passibili di ulteriore sviluppo.
Guido
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così, a memoria, quanto è lungo il Manifesto di tale Karl Marx?
sarò sincero, la mia simpatia per i francesi non sta crescendo: chi scrive lungo e complicato è solo incapace di dire le stesse cose in modo semplice e comprensibile.
quindi chiedo a qualche masochista del blog se per caso ha già scritto un riassunto dei punti salienti
grazie
Deve essere l’Occasione Mensile di Accordo con Francesco per il mese di Giugno…
o c’è già stata? La metto nella contabilità di Luglio?
😉
Mi riterrei anche in grado di decifrare il testo, ma preferisco accodarmi.
Traduzione: ciarpame autoreferenziale per giovini intellettuali da università, quelli che non vogliono lavorare – o meglio, che lascian volentieri lavorare il fratello immigrato – ma venire spesati a vita da mammà e papà per leggere Fucò e Bodriàrd e kriticare il kattivo sistema kapitalista.
caro Francischiello ‘o camurrista, le cose sono semplici solo per i tuoi pari, che passano ogni mese a ritirare il pizzo, e se non c’è, sono cazzi di chi non paga. Ma per chi non punta una pistola alla tempia della vittima, la realtà è molto più complicata, e non la si può descrivere in due parole solo perchè ai berlusconiani vengono le bolle appena vedono un periodo più complesso di uno slogan pubblicitario….
X Miguel: sono credibili le citazioni iniziali? “dispositivo” mi sembra usato nell’accezione che Foucault inventerà una trentina d’anni dopo…
Vecchia polemica degli anni ’80 del secolo scorso.
Io continuo a schierarmi dalla parte degli slogan e della sintesi, le fregnacce sulla “realtà è molto più complicata” servono solo a che deve nascondere a se stesso la dissonanza tra la realtà e l’ideologia.
Dopo qualche centinaio di pagine sufficientemente oscure e involute, si riesce a far apparire la realtà sufficientemente simile all’ideologia da essere esonerati dal pensare.
Per curiosità: come mai Ella mia associa alla città di Napoli, in cui fui una sola volta in vita mia e con cui non avverto alcuna affinità?
Saluti
ALT ! Francesco, guarda che spesso gli slogan sono per l’ appunto delle sintesi estreme di “pippe mentali ideologiche” come le consideri tu … pensaci !
°°° Te la metto in termini che dovrebbero esserti familiari °°°
Il “Manifesto” di Marx nonché di Engels dovrebbe essere lungo poco meno di un vangelo … il “Capitale” dovrebbe essere lungo poco più della bibbia .
Paragone meno provocatorio dell’apparenza, visto che Marx era palesemente (!) Ebreo nelle tematiche e nella retorica … solo senza Dio.
Incuriosito dal tema cibernetico ho scoperto (almeno per me stesso) che in Ebraico moderno, in Ivrit, in Sionistese 🙂 fate vobis, il termine per robot _ in luogo di un bieKissimamente goy* “robot” è indovinate un po’ … “Golem” !
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Deriva dalla voce slavoellenizzante “Avtomatic’nyi [cfr. “auto-matikos”] Robotnik” … “Lavoratore Automatico”.
Beh mi sembra una scelta abbastanza condivisibile; in effetti il Golem (almeno nella sua “incarnazione fisica” resa popolare dal folklore) è in effetti un “lavoratore automatico”.
Penso che la genesi della figura del Golem sia facilmente nei vari tipi di “homunculus” che i trattati di magia insegnano a costruire (ben prima di Paracelso, già nei Papiri Magici Greci).
Un racconto in nuce molto simile a quello famoso sul Golem che sarebbe stato creato da Jehuda Loew (ma il racconto credo sia in realtà precedente e indipendente dalla vita del famoso rabbino) è già in Luciano di Samosata, ed è appunto il modello dell’Apprendista Stregone disneyano.
Anche l’idea della creazione del Golem come procedimento più mistico e simbolico che reale, come atto iniziatico ecc., ha la sua origine nel mondo magico/gnostico, penso soprattutto egiziano.
Quindi profondamente legato alle origini della Qabbalah.
Per tornare invece al nostro papiro del Tiqqun 😉 io sono arrivato a leggere solo fino a quando si parla dell’evidente legame etimologico tra “cibernetica” e “governo” e si afferma la ricorrenza in letteratura della metafora della “nave” come simbolo dello Stato (Platone e Dante, nel caso non li citino loro) ma anche dell’individuo che si deve autogovernare (Orazio).
Per il resto, non è che ci abbia capito tanto, ma vedremo.
Ciao!!
E in Arabo ? “إنسان / Rajol Aali” ?! … Sarà mica il nome coranico del Golem ?
Il riferimento di Moi al Golem, come molte altre cose di Moi 😉
è meno fuori argomento di quanto possa sembrare, considerando che il collettivo francese si è scelto un nome ebraico e “mistico”.
L’emiliaromagna non sbaglia mai! 😉
Proviamo a procedere completamente alla cazzo di cane, sulla base di suggestioni ricavate dai nomi?
Tiqqun+cibernetica = Golem (grazie Moi);
Golem riletto in chiave “disneyana”= Stati, anzi, Poteri Forti più in alto dello Stato, che fanno gli Apprendistti Stregoni, e manovrano (“cyberneuano”) le masse di lavoratori-robot-golem (che saremmo noi tutti), fregandoli con l’illusione del liberismo e della mano invisibile;
finchè:
– il sistema si autodistrugge per incapacità gestionale (vedasi apprendista stregone);
-oppure il Golem si ribella.
Ciao!
Una volta ho sentito dei Raeliani dire che in attesa della clonazione perfetta la vita eterna consisterebbe nel trasferire le onde cerebrali su di uno speciale hard disk e continuare a esistere post mortem sottoforma di cyborg (da “cybernetic organism”) …
Poiché nel post si parla anche della Jeune-Fille …
… eccone l’ interpretazione di un (relativamente) noto Umarell- Butghèr (Bottegaio) :
http://www.youtube.com/watch?v=8HA9UmI3gU4
… forse Pino è l’ unico ad averli già visti ! 🙂
Non mi ero mai soffermato particolarmente su questa pubblicità (da noi il signor Franco Sport è un po’ troppo lontano, e tocca andare alla Decathlon… che penso siano pure francesi, ma nessuno è perfetto!)
e mi mancava il tocco di classe finale della mano sulla zinna.
Abbi pazienza Pino,
la concorrenza di Decathlon picchia duro pure qua, il signor Franco difficilmente può reggere il confronto sui prezzi. Allora da anni si è buttato sulle zinne, letteralmente 😆
Z.
🙂