Pierfrancesco Prosperi, Gianfranco De Turris e l’immaginario islamofobo

Gli immaginari sono la cosa più solida con cui ci identifichiamo: finché il cielo non ci cadrà in testa, saremo cattolici, oppure di sinistra, oppure camerati… Toglietemi tutto, ma la mia bandiera no(l’eco pubblicitaria è voluta).Però succede una cosa strana.

Gli immaginari vivono strettamente a contatto con il dominio, il potere e la politica. E per questo, in un’epoca di vorticosa comunicazione come la nostra, si mescolano in maniere straordinarie, mutando incessantemente di significato. E’ di questi giorni la notizia che  i gestori dei locali da ballo della Val d’Aosta hanno deciso di imporre il crocifisso nei locali di spaccio di ecstasy e di smercio di superalcolici su cui si arricchiscono.

Il senso del nostro blog sta proprio qui: seguire questo rimescolamento incessante.

Prendiamo la strada che ha fatto un romanzo, La Casa dell’Islam, di Pierfrancesco Prosperi, per arrivare alla mia attenzione.

Su una bella mailing list molto laica, che associa tematiche libertarie, transgender e anarchiche, un signore molto, molto anticlericale e ateo posta il testo copincollato di un’esaltata recensione di questo libro.

Non vuol dire molto: anch’io rivendico il diritto di copincollare ciò che voglio e di condividere una buona idea, qualunque ne sia la provenienza.

Ma questo signore è un anticlericale a campo singolo. Ogni suo post è una variazione sullo stesso tema: abbasso i preti, abbasso le religioni. E infatti lui condivide un elemento del testo, che è la sua evidente islamofobia.

Il testo in questione lo ha preso di peso dal blog Liberali per Israele. Liberali per Israele è un sito Guns ‘n Moses, per citare le parole che appaiono sulle magliette di alcuni sionisti: Israele, avamposto dell’Occidente contro la barbarie dalla pelle scura. E quindi anche Liberali per Israele si eccita per l’islamofobia del libro di Pierfrancesco Prosperi.

guns-n-moses

Abbiamo spogliato il testo di due passaggi, e adesso ci appare nella sua nudità: Liberali per Israele ha copincollato un articolo pubblicato sul Giornale, il quotidiano che riesce a mettere insieme la testa di Vittorio Feltri e i soldi di Paolo Berlusconi. I quali notoriamente accettano qualunque cosa sia islamofoba, perché l’Islam è una forma di comunismo.L’articolo si intitola “La vita nell’Italia governata dall’islam“.

L’autore è Gianfranco De Turris, raccomandato di ferro delle Destre governanti, presidente della Fondazione Julius Evola e autore (tra l’altro) di Elogio e difesa di Julius Evola, pubblicato dalle Edizioni Mediterranee.

Qui, senza demonizzare nessuno, scopriamo un altro mondo, fatto di Occidenti immaginari nel caso di Evola, e di astrologhi, maghi e sensitivi nel caso delle Edizioni Mediterranee, da sempre fulcro del neospiritualismo in Italia. Mettiamo da parte l’infantile strillo, “aiuto, i fascisti!“: più seriamente, le Edizioni Mediterranee, di cui Gianfranco De Turris è “consulente editoriale”, ha fatto più di chiunque altro per sdoganare, nell’Italia cattolica, forme “alternative” di religione, visioni atlantidee e spiritiste del tutto inconciliabili con la fede cristiana.

Nel caso di De Turris, possiamo immaginare che l’islamofobia abbia quindi un altro senso ancora: una lettura aggiornata di quella (ribaltante) che Julius Evola fece del Mutterrecht di Johann Jakob Bachofen, con la divisione dell’umanità in eroi/guerrieri/nordici/solari e femmine/sacerdoti/mediterranei/lunari.

L’articolo di De Turris è semplicemente la recensione di un libro, La Casa dell’Islam, appunto, di un certo Pierfrancesco Prosperi.

Il signor Pierfrancesco Prosperi, di mestiere architetto, si dedica nel tempo libero a scrivere. Ad esempio, è l’autore di Zio Paperone contro Mister “A”, Zio Paperone e il segreto degli abissi, Paperino e la sindrome pubblicitaria, Zio Paperone e le leggi della robotica e di Topolino e i templi di Babu Simbel, nonché di molti altri racconti paperopolesi. Saperlo è importante, perché ci permette di cogliere per un istante qualcosa della cultura che ispira chi forma l’infanzia italiana, e non solo. Paperino è politico quanto le opere complete di Stalin.

topolino-babu-simbel
Tra l’altro, l’ideologia di Paperino è inscindibile dal culto dei “misteri“, il cascame dei saccheggiatori coloniali che costituisce una parte così importante della New Age e del neospiritualismo in generale. Infatti, per Martin Mystère, Pierfrancesco Prosperi ha scritto varie trame, tra cui quelle de Le piste di Nazca e Nella terra dei Dogon; e Prosperi è autore anche di Tiramolla e la città perduta dei Maya.

Qui mi dovrei fermare, perché non ho letto La Casa dell’Islam e francamente ho libri più interessanti da comprare, in questi giorni. Però do per buona la recensione che ne fa Gianfranco De Turris.

Che dice che con questo romanzo, «gli scrittori di fantascienza anticipano i politologi»; in altre parole, descrivono il futuro reale. Ora, Pierfrancesco Prosperi avrebbe “anticipato i politologi” con due romanzi, La moschea di San Marco e il seguito, La Casa dell’Islam. L’ignoranza non è certo una colpa, basta che gli asini non si mettano in cattedra. Prosperi invece costruisce due romanzi riguardanti l’islamizzazione dell’Italia su una cultura in tema di Medio Oriente (e dei Templi di Babu Simbel) che emerge in tutto il suo splendore in un’intervista in rete:

non so bene come funzioni l’economia nei paesi musulmani ma credo che sia regolata dalle leggi coraniche”.

Mi auguro che come premio lo facciano entrare gratis al Roberto Cavalli Club di Dubai.

cavalli_club-dubai
Vita sotto la shari’ah: il Roberto Cavalli Club di Dubai 

Nei romanzi di Pierfrancesco Prosperi, nel 2015, il partito islamico vince le elezioni in Italia. Lo so, state pensando al fatto che in Italia i musulmani con il diritto di voto saranno qualche decina di migliaia, gli immigrati sono sorvegliati a vista e vengono cacciati o arrestati per il minimo sospetto, gli egiziani non sopportano gli algerini, sunniti e sciiti si insultano pure tra i commenti del mio blog, se la casalinga di Voghera sente uno che tossisce, pensa che sta parlando in arabo e chiama la polizia… Vabbene, gli islamici vincono le elezioni, capita.Spiega il presidente della Fondazione Evola:

“Lo rende possibile quel che ben si potrebbe definire il tradimento dei chierici nel senso più ampio del termine: sia ecclesiastici, sia intellettuali. Infatti, quel che spiana man mano la strada all’affermazione di un Islam radicale italiano è il «buonismo» esasperato, è l’ossessione del «politicamente corretto» spinto sino al suicidio culturale. Non per nulla le desolate parole conclusive de La moschea di San Marco son proprio queste: perché è stato possibile tutto ciò? Forse perché siamo troppo buoni?”

Intanto, nella storia italiana, le uniche operazioni buone in politica estera gli ecclesiastici le hanno fatto “tradendo”, cioè sostenendo l’Etiopia invasa da Crispi e opponendosi alla Prima guerra mondiale. Casomai, hanno tradito troppo poco, ma torniamo alla frase, “siamo troppo buoni“.

“Siamo troppo buoni” significa tante cose. Intanto, implica un improbabile “noi” composto da berlusconiani, anarchici, cattolici, bestemmiatori e turisti sessuali, tifosi dell’Inter e del Milan… Poi l’idea che siamo “buoni”, anzi “meglio” degli altri, è la giustificazione dell’intera storia coloniale. Ma quando dico, “siamo troppo buoni“, vuol dire che dall’altra parte, a ricevere la nostra troppa bontà, c’è qualche categoria di subumani. Quelli troppo buoni non mettono le trappole per topi in cantina, e non si lamentino quando gli si mangiano tutto il formaggio.

“È la Chiesa cattolica che con il suo ultimo Papa, proprio nel senso delle profezie di Malachia (Benedetto XVI è il penultimo della serie), e che si chiama – appunto – Pietro Romani, abdica al proprio ruolo nel nome dell’ecumenismo planetario ammettendo la supremazia dell’Islam; e sono certi politici e intellettuali «impegnati» che non trovano nulla di strano a cedere a ogni richiesta dei musulmani italici in nome di astrazioni illuministe.”

Qui c’è un affascinante luogo comune che riemerge. Siamo tutti cattolici, mica perché crediamo in Dio, ma perché, boh… solo che la Chiesa tradisce i cattolici, a causa della sua infame natura femminea, se solo avesse vari attributi maschili (Oriana Fallaci sì che ce li aveva). Accanto a questo, c’è la folle importanza che la polemica di Destra da sempre assegna agli intellettuali. I quali sarebbero sempre “astratti” e al servizio del nemico.

Curiosamente, la storia della resa del Vaticano ricalca la trama di un altro romanzo, Il mistero del candelabro di André Soussan, che però ne trae una morale opposta.

Ma visto che in questo periodo ci stiamo occupando di profezie, è interessante il riferimento alle profezie di Malachia, 112 enigmatiche frasi in latino attribuite al vescovo irlandese Malachia (dodicesimo secolo), in realtà “scoperte” nel 1595 da uno storico benedettino. Fino al 1590, le profezie guarda caso sono assai precise, mentre dopo diventano del tutto incomprensibili; comunque, terminano proprio con un “Petrus Romanus”, cui seguirà “la fine”:

“& Judex tremêdus judicabit populum suum. Finis.

Che è quanto auspichiamo ai lettori del libro di Pierfrancesco Prosperi, agli amici di Gianfranco De Turris, ai Liberali per Israele, a Roberto Cavalli e ai gestori di discoteche della Val d’Aosta.

Questa voce è stata pubblicata in destre, mundus imaginalis e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *