Ora di religione islamica, megayacht, imam crociati e certi Piccoli Musulmani (II)

La Co.Re.Is. o Comunità Religiosa Islamica non nasconde di trarre la propria ispirazione dal pensiero di René Guénon.

Chi non conosce affatto René Guénon, o magari ne ha sentito solo parlare in qualche demente lista di proscrizione intellettuale redatta da complottisti, sarebbe molto sorpreso a scoprire quanti guenoniani ci sono, a partire da Carlo, Principe di Galles.[1]

O meglio, visto che René Guénon non ha mai creato una setta, quanta gente ha letto le sue opere, rimanendone sottilmente influenzata. I “guenoniani” li trovi numerosi nelle logge massoniche e negli ambienti paramassonici (ben più ampi), ma anche in ambienti cattolici; tra le frange alfabetizzate della destra, come tra intellettuali di sinistra non rigorosamente laicisti; tra gli artisti come tra i liberi professionisti; tra i viaggiatori e coloro che hanno un orizzonte un po’ più vasto della provincia Italia. Forse l’unico ambiente dove è difficile incontrarne è quello della New Age.

I guenoniani non si notano perché non praticano il proselitismo e non vogliono, di solito, cambiare il mondo. Possono appartenere a religioni diverse o a nessuna, e avere ogni sorta di idea politica;[2] e possono essere insopportabili, come possono essere invece dignitosamente modesti.

Esistono però anche piccoli circoli chiusi di guenoniani, con le loro litigiose riviste e scissioni. Come in tutte le formazioni antropologiche di quel tipo, il potere di ciascuno deriva dal grado di ortodossia rumorosamente conclamato. Chiameremo gli aderenti a questi circoli i guenonisti.

René Guénon giocava su due registri: da una parte, la vera conoscenza può essere solo iniziatica; dall’altra, per arrivarvi, occorre vivere dentro una “religione tradizionale”: lui personalmente scelse di farsi musulmano, ma un guenoniano potrebbe anche essere cattolico, ortodosso, induista o membro di una loggia massonica ritenuta “tradizionale”.

Volendo essere cattivi, possiamo dire che i guenonisti sono ben coscienti di essere degli iniziati che nei fatti ascoltano solo Guénon, mentre compiono le pratiche esteriori di una qualche religione.

In quanto iniziati godono della soddisfazione di essere al di sopra dei praticanti ordinari, da cui prendono tutte le distanze.

Il mondo che queste persone frequentano non può essere quello dei musulmani ordinari; è piuttosto un mondo trasversale di occidentali alla ricerca di iniziazioni.  Il loro essere musulmani non consiste nel farsi fratelli di un miliardo di mortali, ma nella precisione rituale accompagnata dalla ricerca di un’iniziazione in qualche confraternita. Ma l’iniziazione non è necessariamente solo islamica: le iniziazioni si possono collezionare tanto in una tribù di nativi americani quanto in qualche ordine cavalleresco, vero o di fantasia.

Avevamo già pubblicato qui la foto di Felicino Abdul Wahid Pallavicini, in abito di cavaliere di Malta:

La foto è curiosa, perché la storia dell’Ordine di Malta consiste in un unico, secolare conflitto con i musulmani del Mediterraneo, come dimostrano anche le grandi croci che campeggiano sull’abito di Pallavicini.Vogliamo però tranquillizzare quei musulmani che potrebbero temere infiltrazioni crociate: non si tratta del Sovrano Militare Ordine di Malta, l’ordine di Malta universalmente noto, che ha già abbastanza candidati da non dover raccogliere anche musulmani.Dopo molte ricerche, siamo riusciti a stabilire che quello di Pallavicini dovrebbe essere l’Ordine Sovrano di San Giovanni di Gerusalemme – Cavalieri di Malta,[3]. Il Gran Maestro è un certo Louis Scerri Montaldo che in effetti indossa paramenti simili, come si può vedere in questa immagine, interessante anche per il contesto.

Può sorprendere che qualcosa di così quintessenzialmente europeo come un Ordine Cavalleresco si produca – come l’immaginario disneyano del Medioevo – negli Stati Uniti. L’Ordine Sovrano di San Giovanni di Gerusalemme – Cavalieri di Malta è infatti una ramificazione, assieme a innumerevoli altre, dei Cavalieri di Shickshinny

Shickshinny, fonte di gran parte della nobiltà dei nostri tempi, è infatti un ridente paesino della Pennsylvania di mille anime, tutte di pelle bianca; qui ad esempio vediamo due caratteristiche dame di questa specie di Camelot:

Shickshinny knights

I cavalieri di Shickshinny furono creati da un certo Charles Pichel, un chiropratico con precedenti per truffa e spaccio di sostanze stupefacenti, probabilmente verso il 1956. Pichel comunque sosteneva il diritto di creare autentici cavalieri di Malta, grazie ai suoi contatti con alcuni profughi russi, che a loro volta avrebbero avuto qualcosa a che fare con alcuni cavalieri di Malta. Si è ovviamente liberi di credergli, e non pensiamo che l’iniziazione nell’Ordine possa fare male.

Imitando lo storico Ordine di Malta, l’Ordine Sovrano di San Giovanni di Gerusalemme – Cavalieri di Malta nomina anche degli “ambasciatori”: Felicino Pallavicini, in particolare, ne è “l’Ambasciatore Islamico per l’Europa“.

Sappiamo con certezza che in altri “ordini” molto simili, l’appartenenza a una fede cristiana è assolutamente obbligatoria (e in alcune sembra che vi sia anche un esplicito divieto di appartenenza massonica). Non siamo riusciti a trovare divieti simili nell’Ordine di Scerri Montaldo, anche se in prima pagina su un loro sito le seguenti parole campeggiano in bella evidenza, come una sorta di proclama:

“L’euroetnicità della razza maltese emerge anche da un’occhiata superficiale all’elenco telefonico dell’isola! Per cultura e tradizione, i maltesi sono europei e cristiani; ad esempio, l’araldica, un concetto totalmente alieno al mondo arabo, è profondamente radicata nelle isole maltesi. I maltesi possono anche vantare una nobiltà antica e illustre, profondamente radicata nelle tradizioni della cavalleria europea. E’ in Europa che si trovano le radici e il destino di Malta.” (citato da Addendum: The Maltese Race, del colonnello in pensione Charles A. Gauci).

Nella cerimonia di Beirut, Felicino Pallavicini non era solo: tra i nuovi cavalieri investiti assieme a lui c’era l’on. Alberto Simeone di Alleanza Nazionale e l’ex-eurodeputato, Vito Napoli, che qui potete vedere mentre si  inchina di fronte alla spada di Scerri Montaldo. Ma per Vito Napoli non doveva essere un’esperienza così nuova, visto che anni prima, era stato iniziato anche alla P2 di Licio Gelli (tessera n. 887).

Note:

[1] Il principe Carlo è stato introdotto alla cultura “perennialista” da Charles Le Gai Eaton, convertito all’Islam sotto il nome di Hassan Abdul Hakeem. Il principe Carlo partecipa regolarmente ai grandi convegni internazionali dei cosiddetti “tradizionalisti”, cioè dell’area che si rifà al pensiero di René Guénon e di coloro che gli erano più vicini.

[2] Fantasticare sul passato non è necessariamente più reazionario che fantasticare sul futuro, visto che viviamo unicamente nel presente. E poi chi legge libri non piglia pesci: ciò che conta in politica non sono i pensieri, ma i fatti, e quelli non li fanno certamente i cultori di antichi testi sacri.

[3] Esistono in realtà due organizzazioni con lo stesso identico nome e in duro conflitto tra di loro. L’altra organizzazione  omonima, diretta da Thorbjorn Paternò Castello,  non ha più nulla a che fare con Scerri Montaldo, e nessun Pallavicini risulta tra i  suoi membri. Qui potete vedere le foto dellonorevole Carlo Giovanardi mentre partecipa ai prodromi della cerimonia di investitura dell’Ordine Sovrano di San Giovanni di Gerusalemme – Cavalieri di Malta di Thorbjorn Paternò Castello al Palazzo Brancaccio la scorsa primavera.

(Continua…)

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37 risposte a Ora di religione islamica, megayacht, imam crociati e certi Piccoli Musulmani (II)

  1. utente anonimo scrive:

    Ciao, scusa per l’off topic, ma penso che ti possa interessare questo link:

    http://www.libero-news.it/adnkronos/view/169119

    Più che un lancio di agenzia sembra un volantino pubblicitario, ma i patrocini di cui parla sembrerebbero veri. Che ne pensi?

    Mildareveno

  2. utente anonimo scrive:

    Ciao, scusa per l’off topic, ma penso che ti possa interessare questo link:

    http://www.libero-news.it/adnkronos/view/169119

    Più che un lancio di agenzia sembra un volantino pubblicitario, ma i patrocini di cui parla sembrerebbero veri. Che ne pensi?

    Mildareveno

  3. utente anonimo scrive:

    Ciao, scusa per l’off topic, ma penso che ti possa interessare questo link:

    http://www.libero-news.it/adnkronos/view/169119

    Più che un lancio di agenzia sembra un volantino pubblicitario, ma i patrocini di cui parla sembrerebbero veri. Che ne pensi?

    Mildareveno

  4. roseau scrive:

    Mah…io credo  che ciascuno si scelga i propri interlocutori, in base alle proprie credenze e al maggiore o minore grado di ufficialità o di anacronistica pompa dell’ ordine di appartenenza.
    Qui a Parma c’è la sede dell’ Ordine Costantiniano, che tenta non meglio precisate "iniziative ecumeniche", con la Siria di Bashār al-Asad: con un alawita (mi pare di ricordare che gli alawiti siano una minoranza anche piuttosto circoscritta all’ interno del mondo sciita), appartenente ad un partito nazionalista, secolarista e socialista in senso lato.
    Questo non capisco: uno uscito dai sacri lombi della Casa di Borbone che riceva un’ onorificenza da un collega di partito di Saddam Hussein non scandolezza gli islamofobi locali, certo non avvezzi a sottigliezze (ricordo una puntata di Porca a Porca in cui si diceva che il Ba’ th fosse la quinta colonna del nazismo nel mondo arabo) ; ritenere Hizbullah interlocutore politico sì.
    Però vorrei capire che cosa c’entri Fini, che, come giustamente dice falecius, è un giacobino di destra, con René Guénon, che, come Leo Strauss, è letto trasversalmente ed è stato come una grande pianta, sotto le quali le piantine dei discepoli sono rimaste nane….

  5. roseau scrive:

    Mah…io credo  che ciascuno si scelga i propri interlocutori, in base alle proprie credenze e al maggiore o minore grado di ufficialità o di anacronistica pompa dell’ ordine di appartenenza.
    Qui a Parma c’è la sede dell’ Ordine Costantiniano, che tenta non meglio precisate "iniziative ecumeniche", con la Siria di Bashār al-Asad: con un alawita (mi pare di ricordare che gli alawiti siano una minoranza anche piuttosto circoscritta all’ interno del mondo sciita), appartenente ad un partito nazionalista, secolarista e socialista in senso lato.
    Questo non capisco: uno uscito dai sacri lombi della Casa di Borbone che riceva un’ onorificenza da un collega di partito di Saddam Hussein non scandolezza gli islamofobi locali, certo non avvezzi a sottigliezze (ricordo una puntata di Porca a Porca in cui si diceva che il Ba’ th fosse la quinta colonna del nazismo nel mondo arabo) ; ritenere Hizbullah interlocutore politico sì.
    Però vorrei capire che cosa c’entri Fini, che, come giustamente dice falecius, è un giacobino di destra, con René Guénon, che, come Leo Strauss, è letto trasversalmente ed è stato come una grande pianta, sotto le quali le piantine dei discepoli sono rimaste nane….

  6. roseau scrive:

    Mah…io credo  che ciascuno si scelga i propri interlocutori, in base alle proprie credenze e al maggiore o minore grado di ufficialità o di anacronistica pompa dell’ ordine di appartenenza.
    Qui a Parma c’è la sede dell’ Ordine Costantiniano, che tenta non meglio precisate "iniziative ecumeniche", con la Siria di Bashār al-Asad: con un alawita (mi pare di ricordare che gli alawiti siano una minoranza anche piuttosto circoscritta all’ interno del mondo sciita), appartenente ad un partito nazionalista, secolarista e socialista in senso lato.
    Questo non capisco: uno uscito dai sacri lombi della Casa di Borbone che riceva un’ onorificenza da un collega di partito di Saddam Hussein non scandolezza gli islamofobi locali, certo non avvezzi a sottigliezze (ricordo una puntata di Porca a Porca in cui si diceva che il Ba’ th fosse la quinta colonna del nazismo nel mondo arabo) ; ritenere Hizbullah interlocutore politico sì.
    Però vorrei capire che cosa c’entri Fini, che, come giustamente dice falecius, è un giacobino di destra, con René Guénon, che, come Leo Strauss, è letto trasversalmente ed è stato come una grande pianta, sotto le quali le piantine dei discepoli sono rimaste nane….

  7. kelebek scrive:

    Per Roseau n. 2

    Bellissima la vicenda dei Borbo-baathisti, che non conoscevo.

    Credo che l’Ordine Costantiniano sia "autentico", cioè non è made in Shickshinny ma a Napoli, che in questo caso diventa una sorta di luogo-garanzia 🙂

    Premessa l’esattezza della tua analisi, almeno i neoborbonici meridionali, piuttosto filoislamici e un po’ guevaristocratici, non si scandalizzeranno.

    Miguel Martinez

  8. Santaruina scrive:

    I guenoniani non sono una colpa di Guénon.
    Il fatto poi che numerosi esponenti della contro-tradizione (o pseudo tradizione) dicano di rifarsi al suo pensiero, rientra perfettamente nello spirito di questi tempi, come è stato descritto dallo stesso Guénon.
    (addirittura Borghezio nelle sue interviste dichiara di ispirarsi a René Guénon…)

    Tutto questo è paradossale, ma solo in apparenza, dal momento che il paradosso è proprio la caratteristica di questi tempi.

    Che qualcuno poi si dichiari seguace di Guénon e contemporaneamente iniziato la dice lunga sul livello di comprensione di queste persone.

    La cosa migliore, a mio parere, è leggere direttamente i testi di Guénon, per farsi una idea con la propria testa, ed ignorare totalmente tutti i "guenoniani".

  9. kelebek scrive:

    Per Santaruina n. 4

    Condivido in parte.

    Gli autori come Guénon, che non si pongono nemmeno come "maestri", non sono colpevoli delle follie dei loro "discepoli", questo è ovvio.

    Però è interessante notare come ogni "maestro" esalti certi difetti dei propri "discepoli" e non altri, anche non volendo.

    Prendiamo Marx. Non ha nessuna colpa delle stragi di Stalin, ad esempio. Verissimo.

    Però il tipo di difetto che emerge in chi si riconosce in Marx ha caratteristiche precise: la sensazione di incarnare la Storia, un’indifferenza a ogni vita umana reale in nome di Cose Più Grandi, un progressismo esasperato.

    Il tipo di difetto che emerge nel lettore di James Redfield (Profezie d Celestino, chiedo scusa se lo cito nello stesso contesto di Marx) sarà un beato banalizzarsi nel buonismo.

    Evola non era certo un imprenditore. Ma ci sarebbe qualcosa di logico, se un imprenditore si rifacesse a lui nel mettere su una ditta che travolge tutto e tutti e truffa le masse cretine.

    E così Guénon può tirare fuori il peggio dai collezionisti di titoli fasulli che sono però assolutamente passivi e conformisti rispetto al sistema, tanto siamo nel Kaliyuga e "non facciamo politica".

    Miguel Martinez

  10. PinoMamet scrive:

     Esempio stranoto,
    il Socrate di Platone, di Aristotele e di Senofonte sembrano tre persone molto diverse…

  11. controlL scrive:

    Certo a vedere tutti sti “cavalieri” m’è venuto in mente per contrasto il de laude novae militiae di bernardo di clairvaux. In ben altro modo vivevano quegli ordini monastici combattenti, di cui costoro si ritengono continuatori. È vero che si parla dei templari, ma credo che la cosa possa essere allargata a tutti quei tipi di ordini, che nacquero, come bernardo sottolinea, contro l’ordine cavalleresco e il suo tipo di vita. Come il santo disse, la cavalleria secolare non è milizia, ma è malizia:

     

    IV – COME VIVONO I CAVALIERI DEL TEMPIO

    7. Ma ora, per dare un esempio e per confondere i nostri cavalieri secolari, che certamente non militano per Dio ma peri! diavolo, trattiamo brevemente dei costumi e della vita dei cavalieri di Cristo: come essi si comportano in guerra e in pace, affinché appaia chiaramente quanto differiscano tra loro la cavalleria di Dio e la cavalleria del secolo. Innanzitutto certamente non manca la disciplina, né l’obbedienza vie ne mai disprezzata: poiché, secondo la testimonianza della Scrittura, Il figlio disobbediente perirà (Eccl, XXII, 3) e Opporsi alla disciplina è peccato pari all’esercizio della magia, e non voler obbedire è peccato quasi come l’idolatria (I Re, 15, 23). Ad un cenno del superiore si viene e si va si veste di ciò che egli donò; né si attende da altre fonti il nutrimento e il vestito. Nel vitto e nell’atteggiamento ci si astiene da ogni cosa superflua, si provvede alla pura necessità. Si vive in comune, con un genere di vita sobrio e lieto senza spose e figli. E affinché la perfezione evangelica sia completamente realizzata, essi abitano in una stessa casa, con un stessa regola di vita e senza possedere niente di proprio solleciti di conservare l’unità dello spirito nel vincolo della pace (Ef, 4, 3). Diresti che tutta questa gente abbia un cuore solo ed un’anima sola: a tal punto ognuno si sforza di seguire non la propria volontà ma quella di chi comanda. Non siedono mai oziosi, né gironzolano curiosi; ma quando non sono occupati in guerra (cosa che succede davvero di rado), per non mangiare il pane ad ufo riparano le armi e le vesti danneggiate, o rinnovano quelle vecchie, o mettono in ordine ciò che è in disordine, ed infine la volontà del maestro e la comune necessità dispongono il da farsi Tra di essi nessuna preferenza: il rispetto è dato al migliore, non al più nobile di natali. Fanno a gara nell’onorarsi a vicenda (Rm, 12, 10); e vicendevolmente portano il loro fardello, per compiere così la legge di Cristo (Gal, 6, 2). Mai una parola insolente, un’azione inutile, una risata sguaiata, una mormorazione per quanto leggera e fatta sottovoce, quando vengono colte in fallo restano impunite. Detestano il gioco degli scacchi e dei dadi; la caccia è tenuta in spregio, né si rallegrano della cattura di uccelli per diporto cosa molto in voga [altrove]. Sdegnano ed aborriscono i mimi, i fattucchieri, i cantastorie, le canzoni scurrili, gli spettacoli dei giocolieri, e così pure le vanità e le follie contrarie alla verità. Tagliano corti i capelli sapendo che, come dice l’apostolo, è vergognoso per un uomo curarsi la chioma (I Cor, 11,4). Non si acconciano mai, si lavano dirado, ma sono piuttosto irsuti per la capigliatura negletta, bruttati di polvere, abbronzati dal l’armatura e dal forte calore.
    8. Quando giunge l’ora della battaglia, essi si armano di dentro con la fede e di fuori col ferro e non con l’oro, affinché i nemici abbia no terrore di loro e non invidia, essi sono armati, cioè, e non ornati Vogliono cavalli forti e veloci e non ricoperti da sgargianti gualdrappe e finimenti di lusso: essi si preoccupano infatti della battaglia e non dello sfarzo, della vittoria, non della gloria, e badano d’esser piuttosto causa di terrore che d’ammirazione. Pertanto non turbolenti ed impetuosi, senza precipitarsi con leggerezza, si ordinano ponderatamente e con ogni cautela e prudenza si dispongono in assetto di guerra, così come è stato scritto dai nostri padri, come veri figli del [nuovo] Israele pieni di pace s’avanzano per la battaglia (cfr. TI Mac, 15, 20). Ma al momento dello scontro, e allora soltanto, smessa la dolcezza di prima, come dicessero: Non devo forse odiare chi Ti odia, o Signore, e detestare i Tuoi avversari? (Sal, 138,21) fanno impeto contro i propri avversari, reputano i propri nemici branchi di pecore e mai, pur essendo pochissimi, temono la crudele barbarie e la schiacciante moltitudine. Essi hanno infatti appreso a non confidare nelle proprie forze, ma ad attendere la vittoria dal volere del Dio degli eserciti, al quale, secondo quanto è scritto nel Libro dei Maccabei, pensano sia molto agevole mettere molti nelle mani di pochi; e che per il Dio dei cieli non fa differenza salvare i molti o i pochi, poiché la vittoria non sta nel numero dei combattenti, ma nella forza che vien dall’alto (I Mc, 3, 18-19). E di ciò hanno fatto molto spesso esperienza, così che generalmente uno solo ne incalza quasi mille e due ne hanno messi in fuga diecimila (cfr. Sal 90). Così dunque per una singolare ed ammirabile combinazione sono, a vedersi, più miti degli agnelli e più feroci dei leoni, a tal punto che dubito se sia meglio chiamarli monaci o piuttosto cavalieri. Ma, forse, potrei chiamarli più esattamente in entrambi i modi, poiché ad essi non manca né la dolcezza del monaco né la fermezza del cavaliere. E di questa qualità cosa si potrebbe dire se non che è opera di Dio, ed è degna di ammirazione ai nostri occhi (Ct, 3,7-8)? Dio stesso ha scelto per sé tali uomini ed ha raccolto dai confini estremi del mon do questi Suoi ministri [ ministri della Sua giustizia] tra i più valorosi d’Israele, per custodire con fèdeltà e vigilmente il letto del vero Salomone – cioè il Santo Sepolcro – tutti armati di spada ed esperti quant’altri mai nell’arte della guerra (Sal, 117, 23).

     

    p

  12. PinoMamet scrive:

     Che vita di merda però!
    Eh, scusa!

    Ciao!! 🙂

  13. utente anonimo scrive:

    Per Martinez #5

    ”E così Guénon può tirare fuori il peggio dai collezionisti di titoli fasulli che sono però assolutamente passivi e conformisti rispetto al sistema, tanto siamo nel Kaliyuga e "non facciamo politica".”

    Ne ”Il mattino dei Maghi ” c’e’ un bellissimo paragrafo sull’esperienza allucinante che uno degli autori (Pauwels) ha avuto in un circolo di seguaci di Guènon. Seguaci che attirbuivano al Maestro la tesi horbigeriana e blavatskiana delle ‘molte Lune’ che avrebbero preceduto l’attuale satellite della Terra, e il cui schiantarsi avrebbee provocato la scomparsa di Mu e di Lemuria. Siamo in pieno ‘Terzo Occhio’ di Lobsang Rampa, insomma. Quel pochissimo che so Di Guènon ne fa qualcosa di più di Voyager e Martin Mystère..:-)

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  14. Santaruina scrive:

    Miguel:

    E così Guénon può tirare fuori il peggio dai collezionisti di titoli fasulli che sono però assolutamente passivi e conformisti rispetto al sistema, tanto siamo nel Kaliyuga e "non facciamo politica".

    Questo è vero, ma, ripeto, non è colpa di Guénon, ma degli argomenti di cui Guénon trattava.

    Per fare un esempio, sia tu che Oriana Fallaci avete parlato del rapporto tra occidente ed islam.
    Se qualche tuo lettore dichiarandosi tuo ammiratore inizia a bruciare le moschee, è chiaro che la colpa non è tua, e nemmeno del modo in cui hai trattato l’argomento.

    E’ lui che, oltre ad essere squilibrato, non ha compreso nulla dei tuoi scritti.

    E l’esempio con Guénon non è così lontano.
    Borghezio ad esempio organizza gite con maiali al seguito sui luoghi in cui dovrebbero sorgere moschee, e quando vuol fare il colto cita Guénon, che morì mussulmano.
    Non occorre aggiungere altro.

    Lo stesso per tutti gli esoteristi da supermarket che fanno incetta di titoli fassuli.
    Se avessero letto i libri di Guénon oltre la copertina avrebbero visto che Guénon considerava la moltiplicazione di questi pseudo ordini nel migliore dei casi segno della decadenza spirituale del mondo moderno.

    Infine, un ultima considerazione.
    Leggendo il tuo post si potrebbe avere l’idea che per Guénon l’iniziato dovesse scegliere una religione, una qualsiasi, e poi "fare finta" di seguirla, dal momento che il suo status lo esentava dal seguire la religiosità del "popolino".

    Questa versione non appartiene a Guénon, anche se è pensiero comune di alcuni "guenoniani" (tanto per cambiare).
    In verità Guénon sosteneva che gli aspetti esoterici e quelli exoterici di una religione sono complementari, e non vi può essere ricerca esoterica separata da una scrupolosa e convinta adesione all’exoterismo della propria religione.

    A presto

  15. Santaruina scrive:

    x Andrea:

    Quel pochissimo che so Di Guènon ne fa qualcosa di più di Voyager e Martin Mystère..:-)

    Mi sentirei di consigliarti di leggere qualcosa di Guénon direttamente.
    In rete si trovano anche suoi articoli che si possono leggere in 5-10 minuti, da cui ci si può fare una idea perlomeno del modo in cui Guénon trattava gli argomenti.

    Cerca ad esempio "critica del democraticismo", un articolo che di "esoterico" non ha nulla, ma che in quanto ad analisi del sistema democratico si dimostra assai interessante.

    A presto

  16. utente anonimo scrive:

    Per Santaruina #11

    Grazie!

    Andrea Di Vita

  17. utente anonimo scrive:

    I migliori guénoniani sono gli schuoniani americani (!), perchè comprendono (meglio di Guénon) il Cristianesimo via Schuon, e, nel loro pragmatismo tipicamente anglosassone, praticano realmente ciò che accettano essere una "norma di vita" (una "religione tradizionale", quasi sempre il cattolicesimo o l’ortodossia o l’Islam).
    Cari saluti,
    Marco

  18. utente anonimo scrive:

    questi guenoniani sembrano avere la stessa mentalità ristretta delle sette di islamo-comunisti-falliti che vedono nell’ Islam la nuova frontiera della lotta all’imperialismo capitalista americano.

  19. utente anonimo scrive:

    scusa martinez saresti cosi gentile da spiegarmi a cosa ti stai riferendo?
    "Chi non conosce affatto René Guénon, o magari ne ha sentito solo parlare in qualche demente lista di proscrizione intellettuale redatta da complottisti, "

  20. todikaion scrive:

    Ciao Santa il fatto è che quando c’è la preminenza dell’ esoterismo lo scenario è proprio quello; la forma exoterica diventa un guscio vuoto.

  21. kelebek scrive:

    Per n. 15

    Non è un riferimento preciso. Semplicemente, ho incrociato molte volte cose tipo,

    "Tizio svolgeva il ruolo di ideologo della banda, infatti la polizia ha trovato a casa sua  tra cui opere di un tale René Ghennon,delirante estremista".

    Insomma, roba non di eccellente qualità.

    Miguel Martinez

  22. utente anonimo scrive:

    Per tutti

    L’avevo detto che sono ignorante. Nel ”Mattino dei Maghi” si parla dei sguaci di Gurdijev, non di Guènon come ho erroneamente scritto nel mio post #9. Cenere sul mio capo.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  23. utente anonimo scrive:

    http://www.youtube.com/watch?v=9wR_x0g__Fk

    Tu chè sai l’arabo, cosa vuol’dire quell scritto ??

  24. utente anonimo scrive:

    Da  http://www.zen-it.com,  un articolo della Rivista di Studi Tradizionali.

    L’articolo è di Giovanni Testanera

    Ormai da tempo ci siamo dovuti abituare ad osservare i risultati, spesso incongrui, a volte mostruosi, del contatto tra l’esposizione delle dottrine tradizionali e i pregiudizi profondamente radicati che animano la mentalità moderna: e se a volte tali produzioni si presentano evidentemente informate a un’esplicita volontà di volgarizzazione, tale da screditarli agli occhi dei lettori più seri, in altri casi esse tentano, più o meno esplicitamente, di presentare gli aspetti «inusitati» che inevitabilmente accompagnano tali commistioni come il segno evidente di una missione di carattere «provvidenziale», resa necessaria dalla straordinarietà dei tempi odierni.

    È chiaro che, in questo secondo caso, i soggetti che si presentano come «missionati» devono giocare la loro parte con particolare prudenza, poiché il rischio di essere additati come «eccentrici», o magari come pericolosi esaltati, è sempre dietro l’angolo; ma nei rari casi in cui l’operazione riesce, grazie al tranquillizzante pragmatismo di cui tali «missionati» riescono talvolta a dar prova… dietro le quinte, è possibile che essa finisca per riscuotere un qualche credito anche in ambienti che non si reputerebbero particolarmente ingenui, ma che, di fronte a questo genere di temi, si comportano con la medesima irrazionalità che caratterizza purtroppo il «grosso pubblico».

    È però vero che proprio tali reazioni favorevoli inducono invariabilmente tali «missionati» ad alzare la posta in gioco, finendo presto o tardi per sconfinare nel campo della pura e semplice ciarlataneria e rendendosi, per così dire, troppo ingombranti anche per coloro che inizialmente ne avevano favorito l’ascesa; ma è purtroppo inevitabile che a questo punto la reazione dei «raggirati» finisca per gettare il discredito anche sulle autentiche dottrine tradizionali, che finiscono così con l’essere le prime vittime dell’azione di tali personaggi. Ed è proprio questo rischio che può rendere opportuno occuparsi delle produzioni di autori che, di per sé, parrebbero troppo palesemente distanti dall’ambito degli «studi tradizionali» come intesi da René Guénon, ma che, utilizzando il nome di quest’ultimo per diffondere idee che nulla hanno a che fare col punto di vista che fu il suo, tendono inevitabilmente a far riverberare sulla sua opera i risultati delle proprie intraprese.
    ***
    Un esempio tipico di simili produzioni ci è fornito dalla lettura del n° 5 della rivista Il Messaggio, ornata dall’immodesto sottotitolo «Rivista di Studi Metafisici» e organo del «Centro Studi Metafisici di Milano», un «luogo di scambi fraterni aperto a coloro che intendono approfondire la comprensione delle dottrine metafisiche tradizionali», i cui «membri riconoscono con gratitudine l’influenza delle formulazioni sintetiche di metafisica tradizionale esposte da René Guénon» (1).

    Il «marchio di fabbrica» di tale «centro», attivo da poco più di un decennio tra l’Italia e la Francia, consiste nella mescolanza di termini e concezioni propri dell’esoterismo e della metafisica con espressioni e idee tratte dall’ambito religioso, mescolanza «giustificata», agli occhi degli affiliati al «Centro Studi Metafisici», dalla negazione della separazione tra gli ambiti esoterico e religioso che sarebbe stata sostenuta da René Guénon (2).

    Va innanzitutto rilevato che, come dovrebbe essere noto, Guénon stesso ha costantemente sostenuto una concezione diametralmente opposta a quella che il «Centro Studi Metafisici» gli attribuisce, e a questo proposito riteniamo opportuno, prima di esaminare nel dettaglio la rivista in questione, riportare una sua esauriente citazione, tratta dal terzo capitolo di Considerazioni sull’iniziazione, che fissa in termini inequivocabili il punto di vista di René Guénon sull’argomento [i corsivi sono nostri]: «L’intervento di un elemento "non-umano" può definire in maniera generale tutto quel che è autenticamente tradizionale; ma la presenza di tale carattere comune non è una ragione sufficiente perché non si facciano poi le distinzioni necessarie, e in particolare perché si confonda l’ambito religioso con quello iniziatico, o perché si veda al massimo, tra i due, soltanto una differenza di grado, quando c’è invece una reale differenza di natura, e, possiamo dire, addirittura di natura profonda. Quest’ultima confusione è anch’essa molto frequente, principalmente in coloro che pretendono di studiare l’iniziazione "dal di fuori", con intenzioni che possono d’altronde essere assai diverse, per cui è indispensabile denunciarla formalmente: l’esoterismo è qualcosa di essenzialmente diverso dalla religione, e non è la parte "interiore" di una religione come tale, anche quando assume la sua base e il suo punto di appoggio in essa come accade in alcune forme tradizionali, ad esempio nell’Islamismo; né l’iniziazione è una sorta di religione speciale riservata a una minoranza, come sembrano immaginare, ad esempio, coloro che parlano dei misteri antichi facendoli passare per "religiosi". Non possiamo sviluppare in questa occasione tutte le differenze che separano le due sfere religiosa e iniziatica, giacché, più ancora di quando si trattava soltanto dell’ambito mistico, che non è se non una parte della prima, questo ci porterebbe sicuramente molto distante; sennonché ci basterà, per lo scopo che ci prefiggiamo al presente, precisare che la religione prende in considerazione l’essere unicamente nello stato individuale umano e non mira assolutamente a farlo uscire da esso, anzi, tende al contrario ad assicurargli le condizioni migliori proprio in tale stato, mentre l’iniziazione ha come scopo essenziale di andare al di là delle possibilità di questo stato e di rendere effettivamente possibile il passaggio agli stati superiori, e infine di condurre inoltre l’essere al di là da qualsiasi stato condizionato».
    ***
    Già dalle prime righe dell’editoriale che apre il n° 5 della rivista, il «Centro Studi Metafisici» afferma a chiare lettere ciò che costituisce l’«originalità» della sua «testimonianza» rispetto a ciò che si conosce pubblicamente della stragrande maggioranza di coloro che si sono interessati fino ad oggi di studi tradizionali: «L’aspetto vissuto della spiritualità, che qualificheremmo volentieri con aggettivi come "applicato", "concreto", "pratico", e quindi "reale"» è infatti, secondo tale Centro, «la pietra d’inciampo alla cui prova cadono molti esponenti illustri dell’entourage degli "studi metafisici"».

    Ciò che salta all’occhio in prima battuta è l’assimilazione tra aggettivi come «concreto» o «pratico» e il termine «reale», che sembrerebbe più adatta a un periodico di divulgazione scientifica che a una «rivista di studi metafisici»; può darsi che per il «Centro Studi Metafisici» usare un termine piuttosto che l’altro non abbia, in pratica, alcun risvolto «concreto»: tuttavia questo non doveva essere esattamente il punto di vista di René Guénon, se è vero che questi così si esprimeva, nel capitolo VII de La Crise du Monde moderne: «a proposito di "realtà", dobbiamo menzionare un altro fatto, che rischia di passare inosservato da molti, ma che è assai degno di nota come segno dello stato d’animo di cui parliamo [ovvero del "materialismo pratico"]: è che questa parola, nell’uso corrente, è esclusivamente riservata alla sola realtà sensibile. Siccome il linguaggio è l’espressione della mentalità di un popolo e di un’epoca, bisogna concludere da ciò che, per coloro che parlano così, tutto ciò che non cade nel dominio sensibile è "irreale", cioè illusorio o del tutto inesistente; è possibile che essi non ne abbiano realmente coscienza, ma questa convinzione negativa non è meno presente in fondo a loro stessi, e, se affermano il contrario, si può essere sicuri che, benché non se ne rendano conto, questa affermazione non risponde per loro che a qualcosa di molto più esteriore, se non di puramente verbale».

    A un esame più accurato, verrebbe poi da chiedersi quali siano gli strumenti di cui disponga il «Centro Studi Metafisici» per giudicare gli «aspetti vissuti» dell’operato di autori che si presume non siano «personaggi pubblici» («aspetti vissuti» che – a rigor di termini – non dovrebbero interessare nessuno), e se quindi gli appartenenti a tale Centro pratichino una sorta di intelligence… casereccia (cosa della …

  25. utente anonimo scrive:

    Da  http://www.zen-it.com,  un articolo della Rivista di Studi Tradizionali.

    L’articolo è di Giovanni Testanera

    Ormai da tempo ci siamo dovuti abituare ad osservare i risultati, spesso incongrui, a volte mostruosi, del contatto tra l’esposizione delle dottrine tradizionali e i pregiudizi profondamente radicati che animano la mentalità moderna: e se a volte tali produzioni si presentano evidentemente informate a un’esplicita volontà di volgarizzazione, tale da screditarli agli occhi dei lettori più seri, in altri casi esse tentano, più o meno esplicitamente, di presentare gli aspetti «inusitati» che inevitabilmente accompagnano tali commistioni come il segno evidente di una missione di carattere «provvidenziale», resa necessaria dalla straordinarietà dei tempi odierni.

    È chiaro che, in questo secondo caso, i soggetti che si presentano come «missionati» devono giocare la loro parte con particolare prudenza, poiché il rischio di essere additati come «eccentrici», o magari come pericolosi esaltati, è sempre dietro l’angolo; ma nei rari casi in cui l’operazione riesce, grazie al tranquillizzante pragmatismo di cui tali «missionati» riescono talvolta a dar prova… dietro le quinte, è possibile che essa finisca per riscuotere un qualche credito anche in ambienti che non si reputerebbero particolarmente ingenui, ma che, di fronte a questo genere di temi, si comportano con la medesima irrazionalità che caratterizza purtroppo il «grosso pubblico».

    È però vero che proprio tali reazioni favorevoli inducono invariabilmente tali «missionati» ad alzare la posta in gioco, finendo presto o tardi per sconfinare nel campo della pura e semplice ciarlataneria e rendendosi, per così dire, troppo ingombranti anche per coloro che inizialmente ne avevano favorito l’ascesa; ma è purtroppo inevitabile che a questo punto la reazione dei «raggirati» finisca per gettare il discredito anche sulle autentiche dottrine tradizionali, che finiscono così con l’essere le prime vittime dell’azione di tali personaggi. Ed è proprio questo rischio che può rendere opportuno occuparsi delle produzioni di autori che, di per sé, parrebbero troppo palesemente distanti dall’ambito degli «studi tradizionali» come intesi da René Guénon, ma che, utilizzando il nome di quest’ultimo per diffondere idee che nulla hanno a che fare col punto di vista che fu il suo, tendono inevitabilmente a far riverberare sulla sua opera i risultati delle proprie intraprese.
    ***
    Un esempio tipico di simili produzioni ci è fornito dalla lettura del n° 5 della rivista Il Messaggio, ornata dall’immodesto sottotitolo «Rivista di Studi Metafisici» e organo del «Centro Studi Metafisici di Milano», un «luogo di scambi fraterni aperto a coloro che intendono approfondire la comprensione delle dottrine metafisiche tradizionali», i cui «membri riconoscono con gratitudine l’influenza delle formulazioni sintetiche di metafisica tradizionale esposte da René Guénon» (1).

    Il «marchio di fabbrica» di tale «centro», attivo da poco più di un decennio tra l’Italia e la Francia, consiste nella mescolanza di termini e concezioni propri dell’esoterismo e della metafisica con espressioni e idee tratte dall’ambito religioso, mescolanza «giustificata», agli occhi degli affiliati al «Centro Studi Metafisici», dalla negazione della separazione tra gli ambiti esoterico e religioso che sarebbe stata sostenuta da René Guénon (2).

    Va innanzitutto rilevato che, come dovrebbe essere noto, Guénon stesso ha costantemente sostenuto una concezione diametralmente opposta a quella che il «Centro Studi Metafisici» gli attribuisce, e a questo proposito riteniamo opportuno, prima di esaminare nel dettaglio la rivista in questione, riportare una sua esauriente citazione, tratta dal terzo capitolo di Considerazioni sull’iniziazione, che fissa in termini inequivocabili il punto di vista di René Guénon sull’argomento [i corsivi sono nostri]: «L’intervento di un elemento "non-umano" può definire in maniera generale tutto quel che è autenticamente tradizionale; ma la presenza di tale carattere comune non è una ragione sufficiente perché non si facciano poi le distinzioni necessarie, e in particolare perché si confonda l’ambito religioso con quello iniziatico, o perché si veda al massimo, tra i due, soltanto una differenza di grado, quando c’è invece una reale differenza di natura, e, possiamo dire, addirittura di natura profonda. Quest’ultima confusione è anch’essa molto frequente, principalmente in coloro che pretendono di studiare l’iniziazione "dal di fuori", con intenzioni che possono d’altronde essere assai diverse, per cui è indispensabile denunciarla formalmente: l’esoterismo è qualcosa di essenzialmente diverso dalla religione, e non è la parte "interiore" di una religione come tale, anche quando assume la sua base e il suo punto di appoggio in essa come accade in alcune forme tradizionali, ad esempio nell’Islamismo; né l’iniziazione è una sorta di religione speciale riservata a una minoranza, come sembrano immaginare, ad esempio, coloro che parlano dei misteri antichi facendoli passare per "religiosi". Non possiamo sviluppare in questa occasione tutte le differenze che separano le due sfere religiosa e iniziatica, giacché, più ancora di quando si trattava soltanto dell’ambito mistico, che non è se non una parte della prima, questo ci porterebbe sicuramente molto distante; sennonché ci basterà, per lo scopo che ci prefiggiamo al presente, precisare che la religione prende in considerazione l’essere unicamente nello stato individuale umano e non mira assolutamente a farlo uscire da esso, anzi, tende al contrario ad assicurargli le condizioni migliori proprio in tale stato, mentre l’iniziazione ha come scopo essenziale di andare al di là delle possibilità di questo stato e di rendere effettivamente possibile il passaggio agli stati superiori, e infine di condurre inoltre l’essere al di là da qualsiasi stato condizionato».
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    Già dalle prime righe dell’editoriale che apre il n° 5 della rivista, il «Centro Studi Metafisici» afferma a chiare lettere ciò che costituisce l’«originalità» della sua «testimonianza» rispetto a ciò che si conosce pubblicamente della stragrande maggioranza di coloro che si sono interessati fino ad oggi di studi tradizionali: «L’aspetto vissuto della spiritualità, che qualificheremmo volentieri con aggettivi come "applicato", "concreto", "pratico", e quindi "reale"» è infatti, secondo tale Centro, «la pietra d’inciampo alla cui prova cadono molti esponenti illustri dell’entourage degli "studi metafisici"».

    Ciò che salta all’occhio in prima battuta è l’assimilazione tra aggettivi come «concreto» o «pratico» e il termine «reale», che sembrerebbe più adatta a un periodico di divulgazione scientifica che a una «rivista di studi metafisici»; può darsi che per il «Centro Studi Metafisici» usare un termine piuttosto che l’altro non abbia, in pratica, alcun risvolto «concreto»: tuttavia questo non doveva essere esattamente il punto di vista di René Guénon, se è vero che questi così si esprimeva, nel capitolo VII de La Crise du Monde moderne: «a proposito di "realtà", dobbiamo menzionare un altro fatto, che rischia di passare inosservato da molti, ma che è assai degno di nota come segno dello stato d’animo di cui parliamo [ovvero del "materialismo pratico"]: è che questa parola, nell’uso corrente, è esclusivamente riservata alla sola realtà sensibile. Siccome il linguaggio è l’espressione della mentalità di un popolo e di un’epoca, bisogna concludere da ciò che, per coloro che parlano così, tutto ciò che non cade nel dominio sensibile è "irreale", cioè illusorio o del tutto inesistente; è possibile che essi non ne abbiano realmente coscienza, ma questa convinzione negativa non è meno presente in fondo a loro stessi, e, se affermano il contrario, si può essere sicuri che, benché non se ne rendano conto, questa affermazione non risponde per loro che a qualcosa di molto più esteriore, se non di puramente verbale».

    A un esame più accurato, verrebbe poi da chiedersi quali siano gli strumenti di cui disponga il «Centro Studi Metafisici» per giudicare gli «aspetti vissuti» dell’operato di autori che si presume non siano «personaggi pubblici» («aspetti vissuti» che – a rigor di termini – non dovrebbero interessare nessuno), e se quindi gli appartenenti a tale Centro pratichino una sorta di intelligence… casereccia (cosa della …

  26. utente anonimo scrive:

    Da  http://www.zen-it.com,  un articolo della Rivista di Studi Tradizionali.

    L’articolo è di Giovanni Testanera

    Ormai da tempo ci siamo dovuti abituare ad osservare i risultati, spesso incongrui, a volte mostruosi, del contatto tra l’esposizione delle dottrine tradizionali e i pregiudizi profondamente radicati che animano la mentalità moderna: e se a volte tali produzioni si presentano evidentemente informate a un’esplicita volontà di volgarizzazione, tale da screditarli agli occhi dei lettori più seri, in altri casi esse tentano, più o meno esplicitamente, di presentare gli aspetti «inusitati» che inevitabilmente accompagnano tali commistioni come il segno evidente di una missione di carattere «provvidenziale», resa necessaria dalla straordinarietà dei tempi odierni.

    È chiaro che, in questo secondo caso, i soggetti che si presentano come «missionati» devono giocare la loro parte con particolare prudenza, poiché il rischio di essere additati come «eccentrici», o magari come pericolosi esaltati, è sempre dietro l’angolo; ma nei rari casi in cui l’operazione riesce, grazie al tranquillizzante pragmatismo di cui tali «missionati» riescono talvolta a dar prova… dietro le quinte, è possibile che essa finisca per riscuotere un qualche credito anche in ambienti che non si reputerebbero particolarmente ingenui, ma che, di fronte a questo genere di temi, si comportano con la medesima irrazionalità che caratterizza purtroppo il «grosso pubblico».

    È però vero che proprio tali reazioni favorevoli inducono invariabilmente tali «missionati» ad alzare la posta in gioco, finendo presto o tardi per sconfinare nel campo della pura e semplice ciarlataneria e rendendosi, per così dire, troppo ingombranti anche per coloro che inizialmente ne avevano favorito l’ascesa; ma è purtroppo inevitabile che a questo punto la reazione dei «raggirati» finisca per gettare il discredito anche sulle autentiche dottrine tradizionali, che finiscono così con l’essere le prime vittime dell’azione di tali personaggi. Ed è proprio questo rischio che può rendere opportuno occuparsi delle produzioni di autori che, di per sé, parrebbero troppo palesemente distanti dall’ambito degli «studi tradizionali» come intesi da René Guénon, ma che, utilizzando il nome di quest’ultimo per diffondere idee che nulla hanno a che fare col punto di vista che fu il suo, tendono inevitabilmente a far riverberare sulla sua opera i risultati delle proprie intraprese.
    ***
    Un esempio tipico di simili produzioni ci è fornito dalla lettura del n° 5 della rivista Il Messaggio, ornata dall’immodesto sottotitolo «Rivista di Studi Metafisici» e organo del «Centro Studi Metafisici di Milano», un «luogo di scambi fraterni aperto a coloro che intendono approfondire la comprensione delle dottrine metafisiche tradizionali», i cui «membri riconoscono con gratitudine l’influenza delle formulazioni sintetiche di metafisica tradizionale esposte da René Guénon» (1).

    Il «marchio di fabbrica» di tale «centro», attivo da poco più di un decennio tra l’Italia e la Francia, consiste nella mescolanza di termini e concezioni propri dell’esoterismo e della metafisica con espressioni e idee tratte dall’ambito religioso, mescolanza «giustificata», agli occhi degli affiliati al «Centro Studi Metafisici», dalla negazione della separazione tra gli ambiti esoterico e religioso che sarebbe stata sostenuta da René Guénon (2).

    Va innanzitutto rilevato che, come dovrebbe essere noto, Guénon stesso ha costantemente sostenuto una concezione diametralmente opposta a quella che il «Centro Studi Metafisici» gli attribuisce, e a questo proposito riteniamo opportuno, prima di esaminare nel dettaglio la rivista in questione, riportare una sua esauriente citazione, tratta dal terzo capitolo di Considerazioni sull’iniziazione, che fissa in termini inequivocabili il punto di vista di René Guénon sull’argomento [i corsivi sono nostri]: «L’intervento di un elemento "non-umano" può definire in maniera generale tutto quel che è autenticamente tradizionale; ma la presenza di tale carattere comune non è una ragione sufficiente perché non si facciano poi le distinzioni necessarie, e in particolare perché si confonda l’ambito religioso con quello iniziatico, o perché si veda al massimo, tra i due, soltanto una differenza di grado, quando c’è invece una reale differenza di natura, e, possiamo dire, addirittura di natura profonda. Quest’ultima confusione è anch’essa molto frequente, principalmente in coloro che pretendono di studiare l’iniziazione "dal di fuori", con intenzioni che possono d’altronde essere assai diverse, per cui è indispensabile denunciarla formalmente: l’esoterismo è qualcosa di essenzialmente diverso dalla religione, e non è la parte "interiore" di una religione come tale, anche quando assume la sua base e il suo punto di appoggio in essa come accade in alcune forme tradizionali, ad esempio nell’Islamismo; né l’iniziazione è una sorta di religione speciale riservata a una minoranza, come sembrano immaginare, ad esempio, coloro che parlano dei misteri antichi facendoli passare per "religiosi". Non possiamo sviluppare in questa occasione tutte le differenze che separano le due sfere religiosa e iniziatica, giacché, più ancora di quando si trattava soltanto dell’ambito mistico, che non è se non una parte della prima, questo ci porterebbe sicuramente molto distante; sennonché ci basterà, per lo scopo che ci prefiggiamo al presente, precisare che la religione prende in considerazione l’essere unicamente nello stato individuale umano e non mira assolutamente a farlo uscire da esso, anzi, tende al contrario ad assicurargli le condizioni migliori proprio in tale stato, mentre l’iniziazione ha come scopo essenziale di andare al di là delle possibilità di questo stato e di rendere effettivamente possibile il passaggio agli stati superiori, e infine di condurre inoltre l’essere al di là da qualsiasi stato condizionato».
    ***
    Già dalle prime righe dell’editoriale che apre il n° 5 della rivista, il «Centro Studi Metafisici» afferma a chiare lettere ciò che costituisce l’«originalità» della sua «testimonianza» rispetto a ciò che si conosce pubblicamente della stragrande maggioranza di coloro che si sono interessati fino ad oggi di studi tradizionali: «L’aspetto vissuto della spiritualità, che qualificheremmo volentieri con aggettivi come "applicato", "concreto", "pratico", e quindi "reale"» è infatti, secondo tale Centro, «la pietra d’inciampo alla cui prova cadono molti esponenti illustri dell’entourage degli "studi metafisici"».

    Ciò che salta all’occhio in prima battuta è l’assimilazione tra aggettivi come «concreto» o «pratico» e il termine «reale», che sembrerebbe più adatta a un periodico di divulgazione scientifica che a una «rivista di studi metafisici»; può darsi che per il «Centro Studi Metafisici» usare un termine piuttosto che l’altro non abbia, in pratica, alcun risvolto «concreto»: tuttavia questo non doveva essere esattamente il punto di vista di René Guénon, se è vero che questi così si esprimeva, nel capitolo VII de La Crise du Monde moderne: «a proposito di "realtà", dobbiamo menzionare un altro fatto, che rischia di passare inosservato da molti, ma che è assai degno di nota come segno dello stato d’animo di cui parliamo [ovvero del "materialismo pratico"]: è che questa parola, nell’uso corrente, è esclusivamente riservata alla sola realtà sensibile. Siccome il linguaggio è l’espressione della mentalità di un popolo e di un’epoca, bisogna concludere da ciò che, per coloro che parlano così, tutto ciò che non cade nel dominio sensibile è "irreale", cioè illusorio o del tutto inesistente; è possibile che essi non ne abbiano realmente coscienza, ma questa convinzione negativa non è meno presente in fondo a loro stessi, e, se affermano il contrario, si può essere sicuri che, benché non se ne rendano conto, questa affermazione non risponde per loro che a qualcosa di molto più esteriore, se non di puramente verbale».

    A un esame più accurato, verrebbe poi da chiedersi quali siano gli strumenti di cui disponga il «Centro Studi Metafisici» per giudicare gli «aspetti vissuti» dell’operato di autori che si presume non siano «personaggi pubblici» («aspetti vissuti» che – a rigor di termini – non dovrebbero interessare nessuno), e se quindi gli appartenenti a tale Centro pratichino una sorta di intelligence… casereccia (cosa della …

  27. utente anonimo scrive:

    (cosa della quale dubitiamo fortemente), ovvero se ritengano che la «spiritualità», come da essi intesa, debba necessariamente concretizzarsi in qualcosa di esteriormente visibile agli occhi del pubblico. Quest’ultima possibilità ci sembra purtroppo la più verosimile, e il fatto che essa venga avanzata in una rivista ove si fa esplicito riferimento alla «necessità dell’esoterismo» (3), ovvero di qualcosa che, se le parole hanno ancora un senso, dovrebbe caratterizzarsi per la sua «interiorità», non sarebbe l’ultima delle contraddizioni…

    Ma attendendo di comprendere quali siano i mezzi che consentono al «Centro Studi Metafisici» di emettere tali giudizi, dobbiamo chiederci a questo punto a cosa possa corrispondere una «spiritualità concreta» che si esprime attraverso il suo «aspetto vissuto»: e per tagliar corto alle molteplici confusioni che potrebbero nascere dalla terminologia piuttosto confusa e «mistica» utilizzata dal «Centro Studi Metafisici», ci riporteremo innanzitutto all’ adamantina chiarezza delle parole di René Guénon: «non esiste alcuna differenza tra la conoscenza intellettuale pura e trascendente […], ovvero la conoscenza metafisica effettiva […] e la realizzazione iniziatica, come d’altronde non ne esiste tra l’intellettualità pura e la vera spiritualità» (4). Dobbiamo quindi a questo punto chiederci: è possibile che la «conoscenza intellettuale», ovvero la «conoscenza metafisica» (5), possa essere ricompresa nell’ambito della «vita»? Le parole di René Guénon, nel capitolo della sua Introduzione generale allo studio delle dottrine indù dedicato ai caratteri essenziali della metafisica, non possono lasciare dubbi: in esso leggiamo come la metafisica stessa sia «essenzialmente costituita da ciò di cui non è possibile alcuna esperienza», situandosi «al di là di tutte le distinzioni che condizionano la conoscenza delle cose individuali, di cui quella del soggetto e dell’oggetto è il tipo generale e fondamentale»; ancora, ne La metafisica orientale, egli afferma che «la prima cosa da fare per chi vuole pervenire veramente alla conoscenza metafisica è di situarsi al di fuori del tempo, diremmo volentieri nel "non-tempo"» e che «il dominio metafisico è interamente al di fuori del mondo fenomenico».

    Dovremmo quindi ammettere che qualcosa che si colloca interamente al di fuori del mondo fenomenico sia qualificabile con aggettivi quali «concreto» e «pratico»? O che ciò di cui non è possibile alcuna esperienza sia, nel contempo, sottomesso alle limitazioni della vita individuale? Ciò che ci pare alquanto più «realistico» è che, semplicemente, la «spiritualità» e la «conoscenza metafisica» come intese dal «Centro Studi Metafisici» non corrispondano affatto a ciò che con questo nome designava René Guénon, ma rappresentino piuttosto qualcosa di limitato all’ambito individuale e fenomenico, come la «vita» stessa, e non sfuggano, proprio per ciò, alla sfera dell’azione: «vita e azione sono strettamente solidali, la sfera dell’una corrisponde a quella dell’altra» (6).
    ***
    Tutto ciò compone un quadro a suo modo coerente: tra l’abbassamento della conoscenza metafisica al livello dell’esperienza umana e la confusione dell’esoterismo con la religione vi è più di un legame, e in effetti questo secondo tema ritorna anche in questo numero de Il Messaggio con un’insistenza poco comune: «[…] i mezzi propri alla conoscenza metafisica […] sono di ordine religioso» (p. 54); «la conoscenza intellettuale, partendo dalla prospettiva simbolica, propria dei riti religiosi […] si ricollega in una sorta di apertura o suggerimento analogico [?] agli stati superiori dell’essere» (p. 45); «i mezzi sacrali e rituali insiti in quelle religioni che mantengono ancora le due dimensioni exoterica ed esoterica […]» (p. 45); «[…] l’esoterismo, via iniziatica per realizzare l’unio mystica» (p. 59) (7); potremmo continuare a lungo con citazioni di questo tenore, ma ci pare più interessante cercare di risalire, sulle tracce della «spiritualità concreta», alla radice di una tale attitudine, che riproduce la confusione tra esoterismo e misticismo con l’aggravante di sostituire al misticismo – che rappresenta almeno, nelle sue forme ortodosse, quanto vi è di più elevato nell’ambito religioso – la religione tout-court (8).

    Proprio a proposito della confusione tra esoterismo e misticismo, René Guénon scriveva: «[tale confusione] diventò più grave quando di [essa] ci si impadronì in certi ambienti religiosi, con intenzioni visibilmente molto più coscienti [rispetto a quelle degli orientalisti, che furono i primi a introdurla,] e con un partito preso che non era più semplicemente quello di far rientrare tutto, di riffa o di raffa, negli schemi occidentali. Fino a quel momento, infatti, in tali ambienti ci si era accontentati di negare semplicemente l’esistenza di ogni esoterismo, atteggiamento che era evidentemente il più comodo, in quanto dispensava dall’esaminare più a fondo qualcosa che era considerato particolarmente imbarazzante, e che di fatto lo è, per coloro che – come gli exoteristi esclusivi – hanno la pretesa che non debba esserci nulla che sfugga alla loro competenza; sembra però che a un certo momento ci si sia resi conto che una simile negazione, totale e "semplicistica", non era più possibile, e che, nello stesso tempo, una mossa più abile sarebbe stata quella di snaturare l’esoterismo in modo da poterselo "annettere", per così dire, facendolo passare per qualcosa che – come il misticismo – è in realtà compreso nell’exoterismo religioso. Si sarebbe così potuto ancora continuare a non pronunciare la parola esoterismo, visto che il termine misticismo ne avrebbe preso il posto sempre e dappertutto, e la cosa in sé sarebbe stata – così facendo – tanto ben travestita, che sarebbe parsa rientrare nel campo dell’exoterismo; quest’ultimo obiettivo era senza dubbio quello che più importava ai fini che si volevano raggiungere, e il suo ottenimento avrebbe permesso a qualcuno di emettere a cuor leggero "giudizi" su cose che egli non avrebbe avuto alcuna veste per trattare e che, in ragione della loro vera natura, erano, sotto ogni riguardo, completamente fuori della sua "giurisdizione"» (9).

    Che tale attitudine «annessionistica» si ripresenti oggi sotto forme diverse, dall’apparenza più esotica, non può stupirci più del fatto che si tenti, seppure sotto modalità palesemente incongrue, di farla passare come se corrispondesse a quanto voluto da Guénon stesso (10); tutto ciò rappresenta, a dire il vero, qualcosa di un po’ peggio che una semplice incomprensione, e corrisponde a un tentativo, non necessariamente cosciente in tutti coloro che ne sono gli «esecutori», di utilizzare le dottrine tradizionali esposte da René Guénon per fini del tutto estranei, per non dire contrari, a quelli dichiaratamente perseguiti da Guénon attraverso la sua opera.
    ***
    Non riteniamo necessario proseguire oltre in queste riflessioni, che già rischiano di eccedere lo spazio che è possibile dedicare al commento di simili iniziative, ma non possiamo esimerci dal segnalare il brevissimo articolo di ‘Abd al Wahid Pallavicini che chiude il numero 5, consistente in un intervento tenuto in occasione di un incontro organizzato dal Grande Oriente d’Italia. Dobbiamo ammettere che, memori dell’atteggiamento non particolarmente rispettoso di tale autore nei confronti della Massoneria (11), già il semplice dato della sua partecipazione a una simile iniziativa ci ha stupito non poco; ma ancor più ci ha sorpresi il contenuto di tale intervento, ove, in un cumulo di incoerenti dichiarazioni ricamate attorno al titolo del convegno («Massoneria e Religione: alternative o complementari per la costruzione dell’uomo?»), egli ha trovato il modo di inserire una dichiarazione che ben rivela la sua reale attitudine nei confronti della Massoneria: «circa l’ipotesi dell’alternativa, bisogna considerare la finalità, e […] ci viene detto, da parte massonica, che questa concerne la "costruzione dell’uomo" […]. Nella massoneria ci sono, o per lo meno ci sono state, finalità diverse a seconda dei tempi e dei …

  28. utente anonimo scrive:

    (cosa della quale dubitiamo fortemente), ovvero se ritengano che la «spiritualità», come da essi intesa, debba necessariamente concretizzarsi in qualcosa di esteriormente visibile agli occhi del pubblico. Quest’ultima possibilità ci sembra purtroppo la più verosimile, e il fatto che essa venga avanzata in una rivista ove si fa esplicito riferimento alla «necessità dell’esoterismo» (3), ovvero di qualcosa che, se le parole hanno ancora un senso, dovrebbe caratterizzarsi per la sua «interiorità», non sarebbe l’ultima delle contraddizioni…

    Ma attendendo di comprendere quali siano i mezzi che consentono al «Centro Studi Metafisici» di emettere tali giudizi, dobbiamo chiederci a questo punto a cosa possa corrispondere una «spiritualità concreta» che si esprime attraverso il suo «aspetto vissuto»: e per tagliar corto alle molteplici confusioni che potrebbero nascere dalla terminologia piuttosto confusa e «mistica» utilizzata dal «Centro Studi Metafisici», ci riporteremo innanzitutto all’ adamantina chiarezza delle parole di René Guénon: «non esiste alcuna differenza tra la conoscenza intellettuale pura e trascendente […], ovvero la conoscenza metafisica effettiva […] e la realizzazione iniziatica, come d’altronde non ne esiste tra l’intellettualità pura e la vera spiritualità» (4). Dobbiamo quindi a questo punto chiederci: è possibile che la «conoscenza intellettuale», ovvero la «conoscenza metafisica» (5), possa essere ricompresa nell’ambito della «vita»? Le parole di René Guénon, nel capitolo della sua Introduzione generale allo studio delle dottrine indù dedicato ai caratteri essenziali della metafisica, non possono lasciare dubbi: in esso leggiamo come la metafisica stessa sia «essenzialmente costituita da ciò di cui non è possibile alcuna esperienza», situandosi «al di là di tutte le distinzioni che condizionano la conoscenza delle cose individuali, di cui quella del soggetto e dell’oggetto è il tipo generale e fondamentale»; ancora, ne La metafisica orientale, egli afferma che «la prima cosa da fare per chi vuole pervenire veramente alla conoscenza metafisica è di situarsi al di fuori del tempo, diremmo volentieri nel "non-tempo"» e che «il dominio metafisico è interamente al di fuori del mondo fenomenico».

    Dovremmo quindi ammettere che qualcosa che si colloca interamente al di fuori del mondo fenomenico sia qualificabile con aggettivi quali «concreto» e «pratico»? O che ciò di cui non è possibile alcuna esperienza sia, nel contempo, sottomesso alle limitazioni della vita individuale? Ciò che ci pare alquanto più «realistico» è che, semplicemente, la «spiritualità» e la «conoscenza metafisica» come intese dal «Centro Studi Metafisici» non corrispondano affatto a ciò che con questo nome designava René Guénon, ma rappresentino piuttosto qualcosa di limitato all’ambito individuale e fenomenico, come la «vita» stessa, e non sfuggano, proprio per ciò, alla sfera dell’azione: «vita e azione sono strettamente solidali, la sfera dell’una corrisponde a quella dell’altra» (6).
    ***
    Tutto ciò compone un quadro a suo modo coerente: tra l’abbassamento della conoscenza metafisica al livello dell’esperienza umana e la confusione dell’esoterismo con la religione vi è più di un legame, e in effetti questo secondo tema ritorna anche in questo numero de Il Messaggio con un’insistenza poco comune: «[…] i mezzi propri alla conoscenza metafisica […] sono di ordine religioso» (p. 54); «la conoscenza intellettuale, partendo dalla prospettiva simbolica, propria dei riti religiosi […] si ricollega in una sorta di apertura o suggerimento analogico [?] agli stati superiori dell’essere» (p. 45); «i mezzi sacrali e rituali insiti in quelle religioni che mantengono ancora le due dimensioni exoterica ed esoterica […]» (p. 45); «[…] l’esoterismo, via iniziatica per realizzare l’unio mystica» (p. 59) (7); potremmo continuare a lungo con citazioni di questo tenore, ma ci pare più interessante cercare di risalire, sulle tracce della «spiritualità concreta», alla radice di una tale attitudine, che riproduce la confusione tra esoterismo e misticismo con l’aggravante di sostituire al misticismo – che rappresenta almeno, nelle sue forme ortodosse, quanto vi è di più elevato nell’ambito religioso – la religione tout-court (8).

    Proprio a proposito della confusione tra esoterismo e misticismo, René Guénon scriveva: «[tale confusione] diventò più grave quando di [essa] ci si impadronì in certi ambienti religiosi, con intenzioni visibilmente molto più coscienti [rispetto a quelle degli orientalisti, che furono i primi a introdurla,] e con un partito preso che non era più semplicemente quello di far rientrare tutto, di riffa o di raffa, negli schemi occidentali. Fino a quel momento, infatti, in tali ambienti ci si era accontentati di negare semplicemente l’esistenza di ogni esoterismo, atteggiamento che era evidentemente il più comodo, in quanto dispensava dall’esaminare più a fondo qualcosa che era considerato particolarmente imbarazzante, e che di fatto lo è, per coloro che – come gli exoteristi esclusivi – hanno la pretesa che non debba esserci nulla che sfugga alla loro competenza; sembra però che a un certo momento ci si sia resi conto che una simile negazione, totale e "semplicistica", non era più possibile, e che, nello stesso tempo, una mossa più abile sarebbe stata quella di snaturare l’esoterismo in modo da poterselo "annettere", per così dire, facendolo passare per qualcosa che – come il misticismo – è in realtà compreso nell’exoterismo religioso. Si sarebbe così potuto ancora continuare a non pronunciare la parola esoterismo, visto che il termine misticismo ne avrebbe preso il posto sempre e dappertutto, e la cosa in sé sarebbe stata – così facendo – tanto ben travestita, che sarebbe parsa rientrare nel campo dell’exoterismo; quest’ultimo obiettivo era senza dubbio quello che più importava ai fini che si volevano raggiungere, e il suo ottenimento avrebbe permesso a qualcuno di emettere a cuor leggero "giudizi" su cose che egli non avrebbe avuto alcuna veste per trattare e che, in ragione della loro vera natura, erano, sotto ogni riguardo, completamente fuori della sua "giurisdizione"» (9).

    Che tale attitudine «annessionistica» si ripresenti oggi sotto forme diverse, dall’apparenza più esotica, non può stupirci più del fatto che si tenti, seppure sotto modalità palesemente incongrue, di farla passare come se corrispondesse a quanto voluto da Guénon stesso (10); tutto ciò rappresenta, a dire il vero, qualcosa di un po’ peggio che una semplice incomprensione, e corrisponde a un tentativo, non necessariamente cosciente in tutti coloro che ne sono gli «esecutori», di utilizzare le dottrine tradizionali esposte da René Guénon per fini del tutto estranei, per non dire contrari, a quelli dichiaratamente perseguiti da Guénon attraverso la sua opera.
    ***
    Non riteniamo necessario proseguire oltre in queste riflessioni, che già rischiano di eccedere lo spazio che è possibile dedicare al commento di simili iniziative, ma non possiamo esimerci dal segnalare il brevissimo articolo di ‘Abd al Wahid Pallavicini che chiude il numero 5, consistente in un intervento tenuto in occasione di un incontro organizzato dal Grande Oriente d’Italia. Dobbiamo ammettere che, memori dell’atteggiamento non particolarmente rispettoso di tale autore nei confronti della Massoneria (11), già il semplice dato della sua partecipazione a una simile iniziativa ci ha stupito non poco; ma ancor più ci ha sorpresi il contenuto di tale intervento, ove, in un cumulo di incoerenti dichiarazioni ricamate attorno al titolo del convegno («Massoneria e Religione: alternative o complementari per la costruzione dell’uomo?»), egli ha trovato il modo di inserire una dichiarazione che ben rivela la sua reale attitudine nei confronti della Massoneria: «circa l’ipotesi dell’alternativa, bisogna considerare la finalità, e […] ci viene detto, da parte massonica, che questa concerne la "costruzione dell’uomo" […]. Nella massoneria ci sono, o per lo meno ci sono state, finalità diverse a seconda dei tempi e dei …

  29. utente anonimo scrive:

    (cosa della quale dubitiamo fortemente), ovvero se ritengano che la «spiritualità», come da essi intesa, debba necessariamente concretizzarsi in qualcosa di esteriormente visibile agli occhi del pubblico. Quest’ultima possibilità ci sembra purtroppo la più verosimile, e il fatto che essa venga avanzata in una rivista ove si fa esplicito riferimento alla «necessità dell’esoterismo» (3), ovvero di qualcosa che, se le parole hanno ancora un senso, dovrebbe caratterizzarsi per la sua «interiorità», non sarebbe l’ultima delle contraddizioni…

    Ma attendendo di comprendere quali siano i mezzi che consentono al «Centro Studi Metafisici» di emettere tali giudizi, dobbiamo chiederci a questo punto a cosa possa corrispondere una «spiritualità concreta» che si esprime attraverso il suo «aspetto vissuto»: e per tagliar corto alle molteplici confusioni che potrebbero nascere dalla terminologia piuttosto confusa e «mistica» utilizzata dal «Centro Studi Metafisici», ci riporteremo innanzitutto all’ adamantina chiarezza delle parole di René Guénon: «non esiste alcuna differenza tra la conoscenza intellettuale pura e trascendente […], ovvero la conoscenza metafisica effettiva […] e la realizzazione iniziatica, come d’altronde non ne esiste tra l’intellettualità pura e la vera spiritualità» (4). Dobbiamo quindi a questo punto chiederci: è possibile che la «conoscenza intellettuale», ovvero la «conoscenza metafisica» (5), possa essere ricompresa nell’ambito della «vita»? Le parole di René Guénon, nel capitolo della sua Introduzione generale allo studio delle dottrine indù dedicato ai caratteri essenziali della metafisica, non possono lasciare dubbi: in esso leggiamo come la metafisica stessa sia «essenzialmente costituita da ciò di cui non è possibile alcuna esperienza», situandosi «al di là di tutte le distinzioni che condizionano la conoscenza delle cose individuali, di cui quella del soggetto e dell’oggetto è il tipo generale e fondamentale»; ancora, ne La metafisica orientale, egli afferma che «la prima cosa da fare per chi vuole pervenire veramente alla conoscenza metafisica è di situarsi al di fuori del tempo, diremmo volentieri nel "non-tempo"» e che «il dominio metafisico è interamente al di fuori del mondo fenomenico».

    Dovremmo quindi ammettere che qualcosa che si colloca interamente al di fuori del mondo fenomenico sia qualificabile con aggettivi quali «concreto» e «pratico»? O che ciò di cui non è possibile alcuna esperienza sia, nel contempo, sottomesso alle limitazioni della vita individuale? Ciò che ci pare alquanto più «realistico» è che, semplicemente, la «spiritualità» e la «conoscenza metafisica» come intese dal «Centro Studi Metafisici» non corrispondano affatto a ciò che con questo nome designava René Guénon, ma rappresentino piuttosto qualcosa di limitato all’ambito individuale e fenomenico, come la «vita» stessa, e non sfuggano, proprio per ciò, alla sfera dell’azione: «vita e azione sono strettamente solidali, la sfera dell’una corrisponde a quella dell’altra» (6).
    ***
    Tutto ciò compone un quadro a suo modo coerente: tra l’abbassamento della conoscenza metafisica al livello dell’esperienza umana e la confusione dell’esoterismo con la religione vi è più di un legame, e in effetti questo secondo tema ritorna anche in questo numero de Il Messaggio con un’insistenza poco comune: «[…] i mezzi propri alla conoscenza metafisica […] sono di ordine religioso» (p. 54); «la conoscenza intellettuale, partendo dalla prospettiva simbolica, propria dei riti religiosi […] si ricollega in una sorta di apertura o suggerimento analogico [?] agli stati superiori dell’essere» (p. 45); «i mezzi sacrali e rituali insiti in quelle religioni che mantengono ancora le due dimensioni exoterica ed esoterica […]» (p. 45); «[…] l’esoterismo, via iniziatica per realizzare l’unio mystica» (p. 59) (7); potremmo continuare a lungo con citazioni di questo tenore, ma ci pare più interessante cercare di risalire, sulle tracce della «spiritualità concreta», alla radice di una tale attitudine, che riproduce la confusione tra esoterismo e misticismo con l’aggravante di sostituire al misticismo – che rappresenta almeno, nelle sue forme ortodosse, quanto vi è di più elevato nell’ambito religioso – la religione tout-court (8).

    Proprio a proposito della confusione tra esoterismo e misticismo, René Guénon scriveva: «[tale confusione] diventò più grave quando di [essa] ci si impadronì in certi ambienti religiosi, con intenzioni visibilmente molto più coscienti [rispetto a quelle degli orientalisti, che furono i primi a introdurla,] e con un partito preso che non era più semplicemente quello di far rientrare tutto, di riffa o di raffa, negli schemi occidentali. Fino a quel momento, infatti, in tali ambienti ci si era accontentati di negare semplicemente l’esistenza di ogni esoterismo, atteggiamento che era evidentemente il più comodo, in quanto dispensava dall’esaminare più a fondo qualcosa che era considerato particolarmente imbarazzante, e che di fatto lo è, per coloro che – come gli exoteristi esclusivi – hanno la pretesa che non debba esserci nulla che sfugga alla loro competenza; sembra però che a un certo momento ci si sia resi conto che una simile negazione, totale e "semplicistica", non era più possibile, e che, nello stesso tempo, una mossa più abile sarebbe stata quella di snaturare l’esoterismo in modo da poterselo "annettere", per così dire, facendolo passare per qualcosa che – come il misticismo – è in realtà compreso nell’exoterismo religioso. Si sarebbe così potuto ancora continuare a non pronunciare la parola esoterismo, visto che il termine misticismo ne avrebbe preso il posto sempre e dappertutto, e la cosa in sé sarebbe stata – così facendo – tanto ben travestita, che sarebbe parsa rientrare nel campo dell’exoterismo; quest’ultimo obiettivo era senza dubbio quello che più importava ai fini che si volevano raggiungere, e il suo ottenimento avrebbe permesso a qualcuno di emettere a cuor leggero "giudizi" su cose che egli non avrebbe avuto alcuna veste per trattare e che, in ragione della loro vera natura, erano, sotto ogni riguardo, completamente fuori della sua "giurisdizione"» (9).

    Che tale attitudine «annessionistica» si ripresenti oggi sotto forme diverse, dall’apparenza più esotica, non può stupirci più del fatto che si tenti, seppure sotto modalità palesemente incongrue, di farla passare come se corrispondesse a quanto voluto da Guénon stesso (10); tutto ciò rappresenta, a dire il vero, qualcosa di un po’ peggio che una semplice incomprensione, e corrisponde a un tentativo, non necessariamente cosciente in tutti coloro che ne sono gli «esecutori», di utilizzare le dottrine tradizionali esposte da René Guénon per fini del tutto estranei, per non dire contrari, a quelli dichiaratamente perseguiti da Guénon attraverso la sua opera.
    ***
    Non riteniamo necessario proseguire oltre in queste riflessioni, che già rischiano di eccedere lo spazio che è possibile dedicare al commento di simili iniziative, ma non possiamo esimerci dal segnalare il brevissimo articolo di ‘Abd al Wahid Pallavicini che chiude il numero 5, consistente in un intervento tenuto in occasione di un incontro organizzato dal Grande Oriente d’Italia. Dobbiamo ammettere che, memori dell’atteggiamento non particolarmente rispettoso di tale autore nei confronti della Massoneria (11), già il semplice dato della sua partecipazione a una simile iniziativa ci ha stupito non poco; ma ancor più ci ha sorpresi il contenuto di tale intervento, ove, in un cumulo di incoerenti dichiarazioni ricamate attorno al titolo del convegno («Massoneria e Religione: alternative o complementari per la costruzione dell’uomo?»), egli ha trovato il modo di inserire una dichiarazione che ben rivela la sua reale attitudine nei confronti della Massoneria: «circa l’ipotesi dell’alternativa, bisogna considerare la finalità, e […] ci viene detto, da parte massonica, che questa concerne la "costruzione dell’uomo" […]. Nella massoneria ci sono, o per lo meno ci sono state, finalità diverse a seconda dei tempi e dei …

  30. utente anonimo scrive:

    3-parte

    tempi e dei luoghi ma soprattutto a seconda della partecipazione, o meno, alle corporazioni di mestiere, che sempre hanno costituito il necessario fondamento alla possibilità di "edificazione"».

    Dunque, pare di capire, secondo Pallavicini un Massone non avrebbe altra possibilità di raggiungere il fine della propria iniziazione (il quale, beninteso, sarebbe variabile «a seconda dei tempi e dei luoghi») se non attraverso la partecipazione alle «corporazioni di mestiere», il che ci dà ancora una volta un’idea del «materialismo» financo grottesco del «Centro Studi Metafisici» nell’affrontare quanto attiene all’ambito dell’operatività iniziatica. Del resto, ancora una volta, è lo stesso Guénon a «rimettere al suo posto» l’autore in questione, attraverso parole che non ci pare ammettano ulteriori repliche, tratte proprio dal cap. XXIX di Considerazioni sull’iniziazione, dal titolo «"Operativo" e "speculativo"»: «per il fatto che la forma dell’iniziazione massonica è legata a un mestiere – cosa che del resto, come abbiamo indicato, è ben lungi dal costituire un caso eccezionale – e che i suoi simboli e i suoi riti, in una parola i suoi metodi propri, in tutto ciò che hanno di "specifico", assumono essenzialmente il loro appoggio nel mestiere di costruttore, si è finito col confondere "operativo" con "corporativo", fermandosi in tal modo all’aspetto più esteriore e più superficiale delle cose, com’è naturale che capiti a chi non abbia nessuna idea, o addirittura nessun sospetto, della "realizzazione" iniziatica».

    Non pensiamo sia un caso che, seguendo le tracce della fantomatica «spiritualità concreta» oggetto delle aspirazioni del «Centro Studi Metafisici», ci si sia imbattuti in una negazione di fatto degli aspetti più elevati ed essenziali dell’iniziazione massonica che il Fr René Guénon mise magistralmente in luce. Come egli stesso scriveva: «i pretesi antimassoni non sono in realtà che degli "anti-orientali"»
    (12)
    , e in effetti non è difficile vedere, al di là di un’ossequiosa devozione di facciata, come le posizioni del «Centro Studi Metafisici» che abbiamo passato in rassegna mirino in realtà a «sterilizzare», agli occhi dei lettori meno accorti, quell’inestimabile forma di «aiuto dell’Oriente» costituita dall’opera stessa di René Guénon, abbassandola al livello di una delle tante forme di «esotismo devozionale» che purtroppo affollano l’Occidente moderno. E non è forse un caso se gli stessi ambienti ecclesiastici che mantengono un atteggiamento inequivocabilmente ostile nei confronti di René Guénon, della Massoneria, e più in generale dell’esoterismo, non vedano di cattivo occhio che l’apertura di un convegno del «Centro Studi Metafisici» venga affidata a… un Vescovo: e se il motivo di tale inusuale «apertura» fosse la certezza di non trovarsi di fronte a una manifestazione del tanto temuto «esoterismo», ci permetteremmo, per una volta, di manifestare il nostro pieno accordo con gli attuali rappresentanti dell’exoterismo occidentale.

               

  31. utente anonimo scrive:

    3-parte

    tempi e dei luoghi ma soprattutto a seconda della partecipazione, o meno, alle corporazioni di mestiere, che sempre hanno costituito il necessario fondamento alla possibilità di "edificazione"».

    Dunque, pare di capire, secondo Pallavicini un Massone non avrebbe altra possibilità di raggiungere il fine della propria iniziazione (il quale, beninteso, sarebbe variabile «a seconda dei tempi e dei luoghi») se non attraverso la partecipazione alle «corporazioni di mestiere», il che ci dà ancora una volta un’idea del «materialismo» financo grottesco del «Centro Studi Metafisici» nell’affrontare quanto attiene all’ambito dell’operatività iniziatica. Del resto, ancora una volta, è lo stesso Guénon a «rimettere al suo posto» l’autore in questione, attraverso parole che non ci pare ammettano ulteriori repliche, tratte proprio dal cap. XXIX di Considerazioni sull’iniziazione, dal titolo «"Operativo" e "speculativo"»: «per il fatto che la forma dell’iniziazione massonica è legata a un mestiere – cosa che del resto, come abbiamo indicato, è ben lungi dal costituire un caso eccezionale – e che i suoi simboli e i suoi riti, in una parola i suoi metodi propri, in tutto ciò che hanno di "specifico", assumono essenzialmente il loro appoggio nel mestiere di costruttore, si è finito col confondere "operativo" con "corporativo", fermandosi in tal modo all’aspetto più esteriore e più superficiale delle cose, com’è naturale che capiti a chi non abbia nessuna idea, o addirittura nessun sospetto, della "realizzazione" iniziatica».

    Non pensiamo sia un caso che, seguendo le tracce della fantomatica «spiritualità concreta» oggetto delle aspirazioni del «Centro Studi Metafisici», ci si sia imbattuti in una negazione di fatto degli aspetti più elevati ed essenziali dell’iniziazione massonica che il Fr René Guénon mise magistralmente in luce. Come egli stesso scriveva: «i pretesi antimassoni non sono in realtà che degli "anti-orientali"»
    (12)
    , e in effetti non è difficile vedere, al di là di un’ossequiosa devozione di facciata, come le posizioni del «Centro Studi Metafisici» che abbiamo passato in rassegna mirino in realtà a «sterilizzare», agli occhi dei lettori meno accorti, quell’inestimabile forma di «aiuto dell’Oriente» costituita dall’opera stessa di René Guénon, abbassandola al livello di una delle tante forme di «esotismo devozionale» che purtroppo affollano l’Occidente moderno. E non è forse un caso se gli stessi ambienti ecclesiastici che mantengono un atteggiamento inequivocabilmente ostile nei confronti di René Guénon, della Massoneria, e più in generale dell’esoterismo, non vedano di cattivo occhio che l’apertura di un convegno del «Centro Studi Metafisici» venga affidata a… un Vescovo: e se il motivo di tale inusuale «apertura» fosse la certezza di non trovarsi di fronte a una manifestazione del tanto temuto «esoterismo», ci permetteremmo, per una volta, di manifestare il nostro pieno accordo con gli attuali rappresentanti dell’exoterismo occidentale.

               

  32. utente anonimo scrive:

    3-parte

    tempi e dei luoghi ma soprattutto a seconda della partecipazione, o meno, alle corporazioni di mestiere, che sempre hanno costituito il necessario fondamento alla possibilità di "edificazione"».

    Dunque, pare di capire, secondo Pallavicini un Massone non avrebbe altra possibilità di raggiungere il fine della propria iniziazione (il quale, beninteso, sarebbe variabile «a seconda dei tempi e dei luoghi») se non attraverso la partecipazione alle «corporazioni di mestiere», il che ci dà ancora una volta un’idea del «materialismo» financo grottesco del «Centro Studi Metafisici» nell’affrontare quanto attiene all’ambito dell’operatività iniziatica. Del resto, ancora una volta, è lo stesso Guénon a «rimettere al suo posto» l’autore in questione, attraverso parole che non ci pare ammettano ulteriori repliche, tratte proprio dal cap. XXIX di Considerazioni sull’iniziazione, dal titolo «"Operativo" e "speculativo"»: «per il fatto che la forma dell’iniziazione massonica è legata a un mestiere – cosa che del resto, come abbiamo indicato, è ben lungi dal costituire un caso eccezionale – e che i suoi simboli e i suoi riti, in una parola i suoi metodi propri, in tutto ciò che hanno di "specifico", assumono essenzialmente il loro appoggio nel mestiere di costruttore, si è finito col confondere "operativo" con "corporativo", fermandosi in tal modo all’aspetto più esteriore e più superficiale delle cose, com’è naturale che capiti a chi non abbia nessuna idea, o addirittura nessun sospetto, della "realizzazione" iniziatica».

    Non pensiamo sia un caso che, seguendo le tracce della fantomatica «spiritualità concreta» oggetto delle aspirazioni del «Centro Studi Metafisici», ci si sia imbattuti in una negazione di fatto degli aspetti più elevati ed essenziali dell’iniziazione massonica che il Fr René Guénon mise magistralmente in luce. Come egli stesso scriveva: «i pretesi antimassoni non sono in realtà che degli "anti-orientali"»
    (12)
    , e in effetti non è difficile vedere, al di là di un’ossequiosa devozione di facciata, come le posizioni del «Centro Studi Metafisici» che abbiamo passato in rassegna mirino in realtà a «sterilizzare», agli occhi dei lettori meno accorti, quell’inestimabile forma di «aiuto dell’Oriente» costituita dall’opera stessa di René Guénon, abbassandola al livello di una delle tante forme di «esotismo devozionale» che purtroppo affollano l’Occidente moderno. E non è forse un caso se gli stessi ambienti ecclesiastici che mantengono un atteggiamento inequivocabilmente ostile nei confronti di René Guénon, della Massoneria, e più in generale dell’esoterismo, non vedano di cattivo occhio che l’apertura di un convegno del «Centro Studi Metafisici» venga affidata a… un Vescovo: e se il motivo di tale inusuale «apertura» fosse la certezza di non trovarsi di fronte a una manifestazione del tanto temuto «esoterismo», ci permetteremmo, per una volta, di manifestare il nostro pieno accordo con gli attuali rappresentanti dell’exoterismo occidentale.

               

  33. utente anonimo scrive:

    1.                      Le frasi virgolettate sono tratte dal sito Internet della COREIS (Comunità Religiosa Islamica) di Milano, organizzazione «collaterale» al «Centro Studi Metafisici».
    2.                      «Guénon ha indicato l’impossibilità di separare gli ambiti exoterico ed esoterico in quanto manifestazione di una fonte unica, la rivelazione»: così lo stesso «Centro Studi Metafisici» nell’articolo «Testimonianze», in Il Messaggio n. 1. Tale affermazione è stata già esaminata nell’articolo di Antonello Balestrieri «René Guénon e il Centro Studi Metafisici di Milano», pubblicato nel n. 92 della Rivista di Studi Tradizionali, ove si valuta l’attendibilità delle produzioni del «Centro Studi Metafisici» in relazione alle idee esposte da René Guénon, giungendo a conclusioni che, come è facile immaginare, non sono propriamente favorevoli per il sopra menzionato «centro».
    3.                      «Necessità dell’esoterismo e della comunità spirituale», di Elio Bergia e Alessandro Distefano, Il Messaggio n° 5.
    4.                      Iniziazione e realizzazione spirituale, cap. II.
    5.                      Nell’«Editoriale» de Il Messaggio n° 2 si trattava, in effetti, proprio di «conoscenza metafisica vissuta»…
    6.                      René Guénon, Oriente e Occidente, «La superstizione della vita». Che questo sia il punto di vista dal quale si pone il «Centro Studi Metafisici» è del resto ribadito senza mezzi termini dagli stessi redattori de Il Messaggio: «René Guénon rendeva attuale la conoscenza metafisica attraverso l’esperienza orizzontale [!?] nel mondo terrestre», come se la «conoscenza metafisica» potesse derivare la sua realtà da un’«esperienza»…
    7.                      A proposito dell’«unio mystica» di cui è qui questione, vale la pena riportare ciò che Guénon affermava a proposito della confusione tra iniziazione e misticismo in «Kundalinî Yoga», articolo che costituisce ora il cap. III di Studi sull’Induismo (pag. 29, nota 1, Edizioni Luni); parlando di samadhi, tradotto impropriamente con «estasi» da un autore inglese, Guénon sosteneva con estrema chiarezza e decisione: «l’uso di questa parola è tanto più inopportuno in quanto essa è normalmente impiegata, nel linguaggio occidentale, con riferimento a stati mistici, ossia a cose che sono di ordine del tutto diverso e con le quali è di importanza essenziale che si eviti ogni confusione: del resto, essa significa etimologicamente "uscire da se stessi" (il che è di fatto appropriato per gli stati mistici), mentre il termine samadhi indica, propriamente, al contrario, "un rientrare" dell’essere nel suo proprio Sé».
    8.                      Dobbiamo ammettere tuttavia che, anche nell’ambito semplicemente religioso, l’attivismo esasperato di cui il «Centro Studi Metafisici» si fa promotore non ci pare sia generalmente considerato come prova di una particolare serietà…
    9.                      Iniziazione e realizzazione spirituale, cap. XIV.
    10.                   Nel numero de Il Messaggio che ha fornito lo spunto a queste riflessioni compare una replica, passabilmente stizzita, a una nota di un articolo ove si rilevava come le pie divagazioni del «Centro Studi Metafisici» abbiano ben poco a che fare con i contenuti dell’opera di Guénon; a una tale constatazione, che agli occhi di qualunque lettore di Guénon dovrebbe apparire niente meno che ovvia, il «Centro Studi Metafisici» oppone una replica che, per meschinità dei toni e inconsistenza degli argomenti, non può che lasciare allibiti. E ciò dovrebbe soddisfare anche chi sia curioso dei risultati… tangibili derivanti da certe pratiche di «spiritualità concreta»!
    11.                   Tra le molteplici «punzecchiature» che Pallavicini ha avuto, almeno fino a una certa epoca, l’abitudine di emettere nei confronti della Massoneria, ci pare interessante riprodurne una, per l’attinenza che presenta rispetto al tema di questa recensione; in un articolo dall’«enigmatico» titolo «È ancora necessario porre la domanda dopo che la Sfinge ha già parlato?» (nel numero speciale della rivista Vers la Tradition: «Fin du deuxième millénaire du cycle chrétien… et fin de l’âge sombre?») così egli si pronunciava nei confronti dei massoni «toccati» dall’opera di Guénon: «Nella misura in cui i tentativi guenoniani per il ristabilimento dei veri obiettivi dell’Ordine sono stati respinti dalla censura delle Obbedienze [!?], i massoni di spirito autenticamente tradizionale, che non possono farsi intendere negli ambienti ufficialmente iniziatici [?] possono ancora essere considerati come veri e regolari massoni e rappresentare dal di fuori la loro Organizzazione, pur avendo disobbedito alla loro gerarchia, quella della loro stessa Obbedienza?». Da cui si comprende come, secondo la stravagante concezione di «regolarità massonica» adottata da Pallavicini, i massoni che condividessero quanto scritto da Guénon dovrebbero dubitare della loro stessa «regolarità»: veramente uno strano modo per «riconoscere con gratitudine l’influenza» di un autore che dedicò diverse centinaia di pagine della sua opera alla Massoneria, evidentemente con un intento ben diverso da quello che traspare da queste parole di Pallavicini… Ma poi, da quale posizione Pallavicini stesso emette un tale giudizio? Che egli non sia massone lo afferma a chiare lettere lui stesso (cfr. «Mise au point» contenuta nel n° 81 della rivista Vers la Tradition, sept., oct., nov. 2000). Se fosse un semplice profano, che giudica «dall’esterno» la «regolarità» di appartenenti ad un’autentica organizzazione iniziatica, si porrebbe, anche in questo caso, in una posizione molto difficilmente difendibile in termini coerenti con l’opera di René Guénon. Ma se fosse, come pare, il capo di un’organizzazione iniziatica (sulla cui «regolarità» non abbiamo alcuna veste o motivo di pronunciarci) che nulla ha a che fare con la Massoneria, come sarebbe configurabile una tale ingerenza nelle questioni interne di un’altra organizzazione iniziatica, se non come la manifestazione di una presunta «competenza», implicante, di fatto, un rapporto di subordinazione della seconda alla prima? Ma anche se ci si volesse sforzare di non vedere il lato pesantemente «sospetto» di queste «invasioni di campo», si dovrebbero comunque tenere presente queste parole di René Guénon, che ci ricordano ancora una volta l’immensa distanza che separa tale autore dai risultati delle elaborazioni del «Centro Studi Metafisici di Milano»: «si deve ben capire che le relazioni tra organizzazioni che appartengono a forme tradizionali differenti non sono mai "di diritto" e non possono avere un carattere "ufficiale", se in un caso simile si può usare questa parola» (da una lettera pubblicata in questi termini e sotto la data del 20.5.1938 in Soufisme d’Orient et d’Occident n° 6, «numéro spécial René Guénon», 2001). Questa osservazione, forse di non facile comprensione quanto alle sue vere ragioni, dovrebbe però ammonire coloro che ammettono ai loro «incontri» – more profano – non importa chi, che certe presenze assumono in qualche caso, in conseguenza …

  34. utente anonimo scrive:

    1.                      , in conseguenza della natura degli «invitati» e al tipo dei loro «interventi», la colorazione di vere e proprie «infiltrazioni» di influenze ostili, certamente destabilizzanti per loro stessa volontà e intenzione.
    2.                      Études sur la Franc-Maçonnerie et le Compagnonnage, T. I, pag.192.

  35. utente anonimo scrive:

    Ho postato l’articolo precedente.
    Non sono pratico di blog e pensavo si potesse inserire in un unico commento.

    Marco

  36. utente anonimo scrive:

    Miguel sei leggermente impreciso e questa leggerezza svela le tue usuali astuzie.

    Il "prodotto" René Guénon è un prodotto pubblico.

    Accetto la distinzione guenoniani  – guenonisti .

    i primi di solito non riescono ad intus-legere ciò che Guénon scrisse. D’altronde è qui che si scatenano le diatribe come quelle tra massoni vs islamici guenoniani, massoni vs cattolici, cattolici guenoniani vs tradizionalisti , cattolici vs islamici , neopagani vs guenoniani, neopagani vs cattolici.

    Ben altri incroci sarebbero possibili.

    Dai troppa importanza ai guenoniani. Di solito sono degli illusi o degli id(i)olatri.
    indipendentemente dalle figure anche rilevanti che ci sono, non hanno voce in capitolo.
    Non sono marxista perché ho letto marx o da lui rimango affascinato…dovremmo ammettere allora che l’8% del 70% degli aventi diritto al voto in Italia siano marxisti consci e coerenti il fatto loro?

    Ho citato Marx proprio perché lo hai nominato tu. Marx è si responsabile di stalin.
    La socializzazione è morte, l’errore produce sconquassi.
    Avendo errori all’interno del suo costrutto, marx determina errori in chi lo interpreta.
    Se poi hai altre opinioni riguardo l’economia e la politica marxista, tali sono, appunto.

    L’errore che si fa con Guénon , in generale,  è invece non capirlo o strumentalizzarlo, il ché è completamente diverso.

    Veniamo infatti ai guenonisti.

    il loro problema è non essere (spesso) iniziati oppure non esser giunti ad uno sviluppo elevato oppure non avere le qualificazioni adatte per spingersi più oltre.
    Ciò ingenera problematiche di tipo individuale che nel lavoro di Guénon sono quasi assenti.
    Non si può però negare che tali individui siano consapevoli dei Principi nella loro superficialità

    Brevi precisazioni, seguendo il pregievole Santa :

    a)Leggere Guénon non inizia ad alcunché

    b) una tradizione è composta da parte interna ed esterna e non si ha l’una senza l’altra e non si segue l’una senza l’altra

    c) l’esoterismo non è dentro la religione ma è la religione che è dentro l’estoterismo ( ciò che è in alto è come ciò che in basso, inversamente ; il meno non comprende il più, il più comprende il meno)

    d) guénon illustra e non ha una sua dottrina. se si è cattolici, induisti, musulamni od ebrei si è cattolici, induisti, musulmani od ebrei. Non esistono infatti, se ci si attiene alla tradizione i guenoniani proprio perché l’illstrazione è resa necessaria dalla deviazione viziosa e stupida, non dalla dottrina deficitaria

    e) la massoneria ed il cattolicesimo sono la tradizione ad oggi dell’occidente.Un massone non può non essere cattolico.
    Esse non sono antagoniste affatto. Anzi.
    C’è un gran bel gioco affinché questo sia…e questi musulmani che citi ne sono coinvolti…

    X  todikaion: è quando l’esoterismo sparisce che l’exoterismo diventa un guscio vuoto…

  37. utente anonimo scrive:

    […] l’illstrazione è resa necessaria dalla deviazione viziosa e stupida, non dalla dottrina SUPPOSTA  deficitaria , il chè è impossibile dacché non avremmo tradizione ma impostura ed eterodossia quindi falsità e vizio.

    Un massone non può non essere cattolico IN  OCCIDENTE.
    ( La massoneria è generalizzata ovunque infatti; il ché, come ogni cosa, ha un doppio aspetto  in base ad ogni tipo di livello di interpetazione plausibile e contingente ad essa legato )

    saluti

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