Come al solito, Aisha Farina si prende zero in political correctness, cosa che va tutto a suo merito.
Tutto il testo che segue è di Aisha Farina.
BismillahirRahmanirRahim
Caro Miguel,
ho letto il tuo interessante articolo.
Mi permetto una piccola precisazione riguardo al niqâb nelle scuole.
Prima di tutto, non è esatto dire che non ci siano stati (anche se raramente) casi di giovani munaqqabât; ti allego ad esempio una vecchia intervista ad una sorella italiana diplomatasi (appunto con – o nonostante- il suo bel niqâb) nel 2000, e pubblicata sulla rivista che curavamo in Italia, "Al-Mujahidah".
Inoltre, ti assicuro che tante altre giovani di mia conoscenza manifestano, parlando con me come con altre sorelle, il desiderio di velarsi integralmente, cosa che per esempio in un paese come l’Inghilterra non presenterebbe particolari problemi. E dove infatti qualche decina di convertite italiane sono già emigrate per salvare soprattutto i bambini dal vero e proprio terrorismo psicologico cui sono sottoposti quotidianamente nelle nostre scuole: "E perché porti il foulard? E perché digiuni il Ramadân? Tua madre ti obbliga? Tuo padre ti minaccia? E se ti volessi far cristiano? E se volessi fare la ballerina? E cosa ne dicono i tuoi di Bin Laden?..."… Mi fermo, ma ti assicuro che non sto scherzando, le domande (evidentemente non della farina del sacco di innocenti scolari) sono proprio sempre, e purtroppo solo, queste. E cominciano in seconda elementare.
Per questo, oggi come oggi è già un bel jihâd per le nostre giovani indossare un semplice fazzolettino, per non parlare del niqâb.
Percio’ io, molto a malincuore, mi vedo costretta a consigliare alle sorelline che non possono emigrare (ché questo è il mio primo consiglio) di mettersi bene il loro foulard, e di pazientare, per il niqâb, fin dopo il diploma, a meno che non si sentano cosi’ coraggiose da andare a scuola, ogni mattina, come se scendessero sul campo di battaglia.
E a tutte queste femmine o femministe (ché poi non vedo come si possano chiamare cosi’ delle donne che oggettivamente inquietano, minacciano, combattono e terrorizzano altre donne), a queste pseudo-femministe – dicevo – vorrei chiedere come facciano ad essere cosi’ sicure che noi musulmane siamo proprio quelle succubi inette che esse immaginano. Vorrei chiedere come mai, nella loro arroganza di donne occidentali, debbano pensare, guardandoci velate, che cio’ che non piace a loro debba per forza non piacere neppure a noi.
E vorrei chiedere se sia mai venuto loro il dubbio di essere state prese in giro dai loro colleghi politici, che starnazzano da quasi un decennio a proposito della liberazione della donna afghana dal burqa, e per liberarla meglio la ricoprono, coi suoi bambini, di meravigliose bombe…
Queste ipocrite che sostengono di volerci far del bene spogliandoci del nostro meraviglioso niqâb non ricordano, secondo te, quella donna Prassede di manzoniana memoria, la quale era, come loro, tanto convinta in cuor suo di voler far del bene (e il bene, si sa, si deve talvolta fare anche contro il volere dell’interessato…)? E pure donna Prassede (come queste sue degne compari) era convinta di fare il bene per volontà del cielo… peccato che il più delle volte confondesse il cielo col suo cervello storto!…
Grazie e buon lavoro,
Aisha Farina
Col niqâb alla maturità
Intervista alla sorella Amina
tratto da "Al-Mujahidah" n. 14 (marzo 2001)
(i nomi delle persone sono stati sostituiti per rispetto alla loro privacy)
La prima volta che ho parlato con Amina,l’ascoltavo e – subhanaAllah – mi sembrava di ascoltare qualcuna delle storie delle Shabiyyât!! Dapprima era riluttante nel raccontare la sua esperienza, perché, disse, non voleva sembrare una che si mette in mostra. Io penso invece che, ascoltando la sua storia, molte sorelle giovani potranno avere la forza di dichiarare apertamente la loro fede e di praticare l’Islâm.
Domanda: cara sorella, vorresti raccontarci come hai cominciato ad avvicinarti all’Islâm?
Risposta: Circa 3 anni fa, frequentando la terza superiore dell’Istituto professionale per il turismo nella mia città, feci amicizia con il rappresentante degli studenti in Consiglio d’Istituto, che era un musulmano marocchino. Avevamo un bel rapporto d’amicizia, in quanto, essendo curiosa, gli rivolgevo molte domande sulla sua cultura cosi’ distante dalla mia. Un giorno, durante il corso di educazione ambientale, questo ragazzo era nel nostro gruppo, e parlando ci chiese: "Ma voi credete in Dio?". Io gli risposi di si’, anche se non ne avevo la piena certezza. Allora lui mi disse: "Facciamo un esempio: vedi quel cespuglio pieno di rose? Che rosa sto guardando?". Io ne indicai una, e lui mi confermo’: "E’ giusto. Come hai fatto a scoprirlo?". Gli risposi: "Ma che ne so? Sarà stato per caso! Perché c’ho fortuna!". E lui: "Questa è la differenza tra voi e i musulmani: noi, quando accade ogni singolo avvenimento, pensiamo: E’ stato per volere di Allah. Invece voi parlate della fortuna…".
Quello fu il primo episodio che mi spinse veramente a pormi delle domande/
D. E cominciasti a leggere il Corano?
R. Si’, l’estate seguente comprai il Corano e cominciai a leggerlo.
D. All’inizio che impressione ti fece?
R. Fin da subito, ebbi un profondo senso di colpa nei confronti di Dio, pensando a quanti errori avevo commesso. Infatti, anche se, essendo giovane, fino ad allora mi sembrava di non aver commesso "niente di male", pian piano mi rendevo conto che davanti ad Allah (SWT) anche quelle che qui in occidente vengono ritenute "piccolezze" erano comportamenti sbagliati.
D. Fammi un esempio.
R. Per la prima volta pensavo "veramente" al Giorno del Giudizio. Infatti, fino a quel momento, l’avevo sempre presa alla leggera, ritenendo che la religione potesse essere veramente praticata soltanto dai vecchietti.
Io, ragazza del 2000, chiedevo aiuto a Dio soltanto nei momenti del bisogno.
D. E dopo avere studiato un po’ l’Islâm decidesti subito di praticare la religione?
R. SubhanaAllah, appena capii che l’Islâm chiede all’uomo di praticare, ossia di seguire in tutto e per tutto la Legge di Allah, la Shari’ah, sentii dentro di me come una spinta a cambiare stile di vita.
D. SubhanaAllah sorella! E’ la prima volta che sento una convertita che è riuscita a capire cosi’ presto la necessità di far seguire alla fede le azioni!
Ma avevi parlato con qualche sorella musulmana nel frattempo? Eri stata in qualche moschea?
R. No, solo col Corano.
Allah l’Altissimo dice:
In verità il tuo Signore è perdonatore e misericordioso nei confronti di quelli che commisero il male per ignoranza e poi si pentirono e si corressero (Corano XVI. An-Nahl, 119)
D. Allora cominciasti da subito a pregare?
R. Chiesi a Muhammad (quel mio compagno di scuola) un libretto per la preghiera.
D. Ma lui cosa ti disse?
R. Quando seppe della mia intenzione di diventare musulmana, ando’ di corsa a cercarmi il libretto della Salât. Era il mese di ramadân. Io cominciai a studiare e a pregare di notte, di nascosto dai miei. Quando Muhammad si rese conto che facevo sul serio, subhanaAllah mi disse che avrebbe voluto sposarmi!
D. Certamente i kuffâr che sentissero queste parole penserebbero che ti sei "convertita per amore" come dicono sempre quando is trovano davanti una italiana musulmana. Che cosa diresti per far capire loro che non è cosi’?
R. Queste sono le loro solite battutine! Al contrario, Muhammad, pur essendo marocchino, essendo vissuto in Italia fina dall’età di nove anni, non aveva mai approfondito la sua religione, ed è stato proprio vedendo una ragazza italiana che fino quasi al giorno prima era in minigonna con la sigaretta (astaghfirullah), imparare la Salât e pregare, che decise di approfondire i suoi studi islamici.
D. Quanto ci hai messo ad imparare la Salât?
R. Una settimana.
D. SubhanaAllah, ma come hai fatto?
R. In un hadîth Qudsî Allah l’Altissimo dice: "Quando il servo s’avvicina a Me di un palmo, Io M’avvicino a lui d’un cubito; e se egli s’avvicina a Me d’un cubito, Io M’avvicino a lui d’un braccio, e se egli viene verso di Me camminando, Io vado verso di lui a passo veloce".
D. Quando hai pronunciato la Shahâdah?
R. Nel gennaio del ’99
D. E con la tua famiglia com’è andata?
R. Dice Allah (SWT):
Quindi, ogni loro avversione nei miei confronti aumentava la mia fede (Imân), perché sapevo che si trattava di una prova che mi aveva mandato Allah. Addirittura, sono arrivati a cacciarmi di casa.
D. SubhanaAllah, ma dove sei andata?
R. Alhamdulillah, in quel momento ero già sposata, e sono andata a vivere dai miei suoceri con mio marito.
D. Ma come mai allora vivevi ancora in famiglia?
R. E’ una storia un po’ lunga. Io e Muhammad ci siamo sposati in moschea subito dopo la mia conversione, ma siccome ero ancora minorenne, non potevo andare a vivere a casa sua, per non mettere nei guai i miei suoceri… Infatti i miei genitori ci hanno anche denunciati, ma naturalmente le accuse sono cadute nel vuoto, perché per la legge italiana "non" eravamo marito e moglie, dato che il matrimonio islamico non vale!! I miei genitori non avrebbero avuto nulla da dire se la loro figlia minorenne avesse avuto "il ragazzo", o anche più di uno, ma il fatto che si fosse sposata in moschea li faceva vergognare, astaghfirullah!!
D. E dunque tuo marito lo vedevi solo a scuola?
R. No, mio marito, dato che si era fatto una famiglia, si era messo a lavorare, dunque non ci vedevamo mai, perché mio padre mi accompaganva in macchina davanti alla scuola e mi veniva a prendere.
D. E tutto questo quanto è durato?
R. Alhamdulillah solo un paio di mesi, ma per me erano tanti, perché Muhammad mi avrebbe potuto aiutare nello studio dell’Islam, e darmi dei consigli su come comportarmi con gli altri, sostenermi riguardo all’hijâb, ecc…
Alla fine la smisero con quell’atteggiamento, perché vedevano che non serviva a nulla. pero’, nei mesi seguenti, continuarono ad ostacolarmi per cio’ che riguardava la pratica dell’Islam e cercavano di allontanarmi da mio marito, anche se alhamdulillah ci vedevamo di nascosto.
D. Ma mettevi già il velo?
R. In quel momento no. Mettevo il foulard, ma ero costretta a togliermelo prima di entrare a casa. Quando qualcuno racconto’ a mia madre di avermi vista nella strada con l’hijâb, mia madre mi picchio’.
Io mi chiusi in camera a pregare, lei mi scopri’ e mi picchio’ di nuovo.
Cercai di mantenere la calma ricordando che Allah ci avvisa, nel Corano:
D. Ed è stato in quel momento che ti ha cacciata?
R. Non proprio. Io le dissi che, se mi avesse accettata col foulard, avrei aspetato di finire la scuola prima di mettermi il niqâb (come volevo fare) e di andare a vivere con mio marito, altrimenti me ne sarei andata subito. Lei mi minaccio’ un po’ pesantemente… Mancava poco perché arrivassi ai 18 anni, dunque cercai di avere Sabr? pero’, appena diventata maggiorenne, i miei genitori mi obbligarono ad andarmene, e dunque andai a vivere con Muhammad a casa dei suoi genitori e misi il niqâb.
D. E come eri arrivata a questa decisione? Andando a scuola, non hai avuto problemi? Ti faccio questa domanda, perché moltissime sorelle giovani hanno paura addirittura a mettersi il foulard a scuola! Tu come ti sei organizzata da munaqqaba?
R. Dice Allah l’Altissimo:
Studiando la vita del Profeta (sallAllahu ‘alayhi waSallam), naturalmente ho studiato anche la vita delle sue spose, le Madri dei Credenti. Sappiamo che queste donne benedette, che devono essere l’esempio da seguire per ogni musulmana in ogni tempo, si velavano completamente. Dice Allah:
Certamente, il niqâb deve essere il compimento di un percorso di fede, perché coprirsi non basta: occorre migliorare costantemente il proprio comportamento islamico e la pratica religiosa; la Salât, il digiuno, ecc.
Comunque, per quanto ti prendano magari in giro, per la strada, se c’è una donna munaqqaba su un mariciapiede e una in minigonna su quello opposto, gli uopmini dicono "quella signora" parlando della prima, e quella in minigonna la chiamano in un altro modo…
D. E a scuola come hai fatto?
R. Diciamo che tutta la scuola si è divisa in due gruppi, sia per cio’ che riguardava i professori,che per i compagni. Alcuni cercarono di venirmi incontro, dicendomi che, pur non condividendo la mia scelta, era doveroso rispettarla. Altri mi presero in giro, e qualche professore cerco’ in tutti i modi di mettermi i bastoni tra le ruote, soprattutto in vista della maturità.
D. SubhanaAllah, penso sia il primo caso in Italia di esame di maturità con il niqâb. E com’è andata?
R. Alhamdulillah il presidente della commissione esaminatrice era una professoressa, cosi’ ho fatto vedere il viso solo a lei. L’esame alhamdulillah è andato bene, ho fatto la tesina su "pregiudizi e stereotipi sulle donne musulmane" e alla fine ho preso 81/100.
D. SubhanaALlah! E alla fine i tuoi genitori non sono stati contenti? Avranno capito che la tua era una decisione presa seriamente! Ora li vedi?
R. Dopop che è nata la mia bambina, ci siamo un po’ riavvicinati; io cerco di mantenere i legami di parentela, perché il rispetto per i genitori ci è stato ordinato da Allah (SWT) nel Corano, anche quando essi siano miscredenti…
Diciamo che all’inizio cercavo in tutti i modi di far loro "Da’wah", perché l’essere diventata musulmana era per me una gioia cosi’ grande che volevo condividerla con tutti… Mi sembrava che l’Imân potesse soltanto accrescersi cercando di condividere la grande pace che avevo trovato con tutti quanti.Credevo impossibile che qualcuno, dopo essere venuto a conoscenza dei contenuti del Corano, potesse rifiutarlo! I miei argomenti mi sembravano molto convincenti, parlavo col cuore, eppure, semplicemente, non venivo ascoltata! Poi, un giorno, sentii la conferenza di un fratello e capii una cosa fondamentale. Questo fratello diceva che, se tu hai davanti a te una persona assetata, e hai l’acqua, vorresti dargliela… Eppure, se questa persona non ha un recipiente in cui raccoglierla, tu non puoi versargliela in testa, perché lo irriti e non lo disseti…
Da quel momento, ho capito che, pur essendo nostro dovere fare Da’wah, bisogna avere presente che non tutti ascolteranno; infatti, Allah Ta’ala ci ha spiegato che Egli guida chi vuole…
D. E per tua figlia, cosa chiedi ad Allah ta’ala? Come pensi di affrontare le difficoltà di educare i nostri bambini in questa società non-musulmana?
R. InshaAllah mio marito ed io abbiamo il desiderio di andare a vivere, appena possibile, in un Paese Islamico. Se cio’ non ci sarà ,possibile, chiedo ad Allah Ta’ala di aiutarmi ad educare i miei figli soprattutto riuscendo ad essere un esempio per loro. Infatti, se i bambini crescono in un ambiente religioso, se vedono la mamma e il papà che pregano, digiunano, ecc. anche loro saranno naturalmente portati a divenire buoni Musulmani.
Alhamdulillah, in questo periodo stiamo ancora vivendo a casa dei miei suoceri, che mi hanno tanto aiutata. Infatti, essendo italiana, ho imparato un sacco di cose vivendo in una casa organizzata islamicamente. Comunque, inshaAllah cerchiamo una casa per noi, anche se, come ti ho detto, spero di andare presto in un altro Paese inshaAllah.
D. Che cosa vorresti consigliare alle altre sorelle italiane?
R. Vorrei consigliare loro di avere timore solo di Allah. Non abbiate paura di indossare l’hijâb, anche a scuola, anche quando magri un professore vi insulta o vi schernisce. Sappaite che, come dice Allah Ta’ala nel Corano, ognuno di noi avrà delle prove da superare per dimostrare la sua fede. Pero’, alla fine chi si tiene stretto al Corano e alla Sunnah, inshaAllah trionferà in questa vita e nell’Altra.
Grande introduzione e splendida intervista. Che ci dicono due cose. Nel momento stesso che si afferma che i casi ci sono, si riducono alle loro esattissime dimensioni, mostrando che basta un minino di buon senso degli operatori scolastici per risorverli, quando molto raramente s’incontrano. E soprattutto mostra come la dissuasione efficace sia fatta già dal costume prima di qualunque legge. I politici che sembrano essere alla testa del plotone, sono meschini succhiaruote. Direi che tutto il cancan mediatico di certe manifestazioni politiche antislam e dei loro portabandiera è fatto per nascondere questa semplice verità che sono a rimorchio invece che alla testa.p
eheh, la Farina si prenderà anche zero in "politically correct", ma tu Miguel con l’introduzione ("della blog") ti prendi un bel 10 pieno in neo-linguaggio femminista!
Saluti
ps. Non sai che comunque per avere il 10 e lode dovevi mettere l’asterisco ? "de* blog".
Che palle ‘ste religioni… tutte la stessa solfa.
Trovo le religioni monoteistiche la peggiore piaga cui ha condotto la meraviglia dell’homo sapiens dinnanzi alla natura.
Ci vediamo all’inferno.
Interessante introduzione e interessante intervista, ma non ci trovo niente di splendido, se non la conferma che siamo animali simbolici e che abbiamo un disperato bisogno di appartenenza identitaria. Non c’è una virgola nelle risposte della ragazza che testimoni anche vagamante l’esigenza (mi si perdoni la vaghezza dell’espressione) di essere una persona migliore, cioè più buona, più giusta, più comprensiva verso gli altri.
Certo l’intervista (più che un intervista, un dialogo tra persone che condividono in partenza molte delle conclusioni) dipinge un quadro desolante di incomprensione familiare e sociale. E guardare le cose da punti di vista inconsueti aiuta a smascherare certi modi di pensare: una famiglia "occidentale" forse tollera di più un fidanzato al mese che un marito musulmano. Ciò non toglie che tra la figlia di Ahmed picchiata perché mette la minigonna e la figlia di Luigi picchiata perché mette il niqâb non ci sia poi tanta differenza. Cerco di figurarmi il modo in cui la ragazza viene "espulsa" da una comunità familiare ed "accolta" nell’altra e quel che vedo -ma posso sbagliarmi- sono due momenti speculari della stessa medesima dinamica identitaria.
Certe volte penso che dovremmo innalzare un monumento al relativismo culturale. Beninteso, come forma il più possible pacifica di convivenza tra culture diverse (e come antidoto al dilagante imperativo dell’integrazione), perché per il resto, per quanto flessibile sia la forma menits, certi meccanismi restano incomprensibili.
Almeno per me: io continuo a pensare che Allah c’entri poco col guardare la stessa rosa (banalmente, come al solito, trovo che sia un’ipotesi non necessaria – Occam torna sempre utile in questi casi). La dinamica della conversione e dell’esperienza di fede della ragazza è uguale a quella di tanti altri cattolici (qualcuno legga le interviste o lettere alla redazione di Tracce), testimoni di Geova o evangelici del settimo giorno (tutti peraltro abbastanza apocalittici rispetto agli integrati della massa edonistica e secolarizzata) e ha poco da dire agli altri in quanto dominata da una logica tutta autoreferenziale.
Ha senza dubbio ragione la Farina, quando contesta con forza l’idea che le donne musulmane siano delle succubi inette, eppure io noto un salto tra l’introduzione e la descrizione della conversione: nella prima sono portato a pensare a una scelta non solo libera e consapevole, ma anche razionale e argomentabile; in realtà quando vedo che si tratta di un imperativo psicologico indotto dall’adesione a precetti indiscutibili, il mio interesse si limita a che ognuno abbia la libertà di coltivare le sue stravaganze.
In pratica, abbiamo una ragazza che si sente fortificata nella fede perché i suoi sono miscredenti e la ostacolano e che al contempo non li abbandona del tutto solo perché è stato ordinato da Allah (SWT) nel Corano e che al contempo spera di andare presto a vivere in un Paese Islamico inshaAllah. Mah!
Val
Per Val n. 4
Un punto interessante.
Tu dici che questa testimonianza rientra in una tipologia precisa, comune a cattolici, TdG, musulmani, ecc. che
"ha poco da dire agli altri in quanto dominata da una logica tutta autoreferenziale."
Capisco perfettamente quello che vuoi dire.
Però noto che:
1) intanto proprio questa tua frase sottolinea un’inattesa trasversalità: parli di qualcosa in comune tra realtà che si ritengono del tutto autoreferenziali
2) attenzione a svilire l’aspetto autoreferenziale del religioso. Ogni discorso fa riferimento a qualcosa. Se non fa riferimento alle proprie fonti, farà semplicemente riferimento a qualche Luogo Comune condiviso in un dato momento da parte di una società.
Le religiosità troppo attente al "dialogo" infatti finiscono semplicemente per amplificare e ripetere passivamente ciò che la società di quel momento ritiene sia il bene.
Miguel Martinez
Per n. 2
No, non era per femminismo 🙂
E’ che mi fa sorridere il fatto che ci sia una coppia, con due blog che viaggiano a coppia e vengono censurati a coppia e vengono attaccati a coppia nei media.
Per questo scherzo su la/il blog.
Tanto è solo un caso, credo, che si sia convenuto assegnare un articolo maschile a questa parola inglese, senza che ci fossero motivi etimologici (come per parole come therapy, ad es.) o di traduzione (come password, cioè "parola di passo") per fare scegliere un genere al posto di un altro.
Miguel Martinez
1) se fosse un dialogo tra due cattoliche (o cattolici), sarebbero il tipo di fanatici noiosi e limitati che non mi interesserebbe conoscere.
2) la faciloneria nel trovare Dio nel guardare la stessa rosa fa impallidire i più letterali fanatici protestanti
3) le lettere di Tracce hanno ben altro tenore, sennò CL sarebbe un movimento tollerato e accettato … e il Meeting di Rimini non potrebbe esistere (ha lo scopo di incontrare persone DIVERSE dai ciellini e NON per convertirle)
4) in effetti, più che di religione il post parla di psicolgia, forse patologica
5) un dubbio: la situazione "occidentale" di prima non mi pare meno patologica. insomma, dalla padella nella brace.
ciao
Francesco
PS io ho spesso sorriso per l’ostentata iper-religiosità del linguaggio, e voi?
Francesco
secondo me questa impressione di fanatismo e patologia psicologica è dovuta soprattutto al linguaggio da convertiti
(mi immagino che un giapponese convertito al cattolicesimo si esprimerebbe proprio nello stesso modo, tolto il fatto che nessuno gli romperebbe il cazzo per la sua religione agli esami di Maturità)
Vero che è un linguaggio autoreferenziale e iniziatico, come è stato fatto notare, che serve a rimarcare l’appartenenza del convertito a un gruppo nuovo, estraniandolo da quello vecchio che non comprende il linguaggio:
"ho fatto il Ghiùr.." "lo ho incontrato durante la Ango Sesshin" ecc.
In effetti lo stesso tipo di linguaggio:
1- è usato non solo dai convertiti, ma anche dalle minoranze, in certe occasioni;
2- non è imposto in realtà da nessuno.
Però credo che un giapponese convertito al cattolicesimo non lo troveresti così patologico! 😉
Per Val #4
Concordo in toto, specie quando parli del monumento al relativismo. Vedi, un mio caro amico, che conosco come un fratello dal 1973 (sic!), da agnostico divento’ Testimone di Geova. Convertì la fidanzata e tutta la propria famiglia. Lui e lei ruppero con la famiglia di lei. Dopo quasi un quarto di secolo di militanza, lui e la moglie ridiventarono agnostici, e tali hanno cersciuto il loro figli. Ora hanno rotto con la famiglia di lui, che è rimasta testimone di Geova. Io sono per tutto il tempo rimasto ottimo amico suo e in buoni rapporti con tutte e due le famiglie. Con una esperienza del genere, difficile non concordare con quanto scrivi tu.
Ciao!
Andrea Di Vita
Tra le cose migliori che la cultura ottomano-musulmana ha lasciato in eredità in Grecia c’è sicuramente lo tzifteteli, il ballo femminile diretto discendente della danza del ventre in cui le giovani greche si applicano con ottimi risultati.
Non so quanto lo tsifteteli abbia a che fare con l’Islam; probabilmente tanto quanto il niqab e gli altri vestiti coprenti di cui una parte delle donne musulmane fa uso.
Qui non si tratta di religione, ma di usanze etniche.
E’ cosa nota, ma è sempre meglio specificare.
Per il resto, da simpatizzante libertario, penso che ognuno sia libero di vestirsi come meglio crede, e trovo un po’ noiose le discussioni "teologiche" riguardo questi temi.
Se continueranno a criminalizzarlo, el niqâb sará "la Kresta" del futuro.. e per i maschietti ribelli si potrebbero sempre commercializzare folte e lunghe barbe sintetiche con lo strapp…
Punk islam o Islam Punk?
Dalle lettere a Tracce (rivista internazionale di Comunione e Liberazione):
Tania: […] lavoravo al Meeting (di Rimini, ndr) e mi domandavo cosa fosse questo Meeting e cosa ci facessi io. La vita che mi circondava in quei giorni mi obbligava a rispondere a quelle domande e la risposta stava nel mio rapporto con Cristo. All’inizio è stata una lotta: da una parte c’era la stanchezza, dall’altra la coscienza di far parte di qualcosa di grande. Un giorno ero molto stanca e me ne sono andata a passeggiare mentre gli altri lavoravano. Quando sono tornata ho visto che tutti lavoravano, ma il mio lavoro non lo stava facendo nessuno e quindi tutto era rallentato. Ho pensato che ognuno di noi era come parte di una catena, legati l’uno all’altro. Mi sono chiesta: "Qual e il centro di questa catena? Chi la sta facendo? Chi ha radunato questa gente di paesi diversi in questa cucina, a fare questo lavoro assieme?" E così ho capito: è Colui che ci ama, ci fa felici, è Cristo. Riconosecere questo mi ha colpito molto.
Andrea: Caro don Julian, il giorno dopo gli Esercizi (spirituali, ndr) ho invitato alcuni colleghi al bar durante una pausa di lavoro. La sera stessa, tornato a casa, ho guardato il Volantone di Pasqua appeso alla porta di ingresso e ho letto per l’ennesima volta quella frase che non capivo: "Noi diciamo quello che dovrebbe essere o quello che non va e non si parte dall’affermazione che Cristo ha vinto". Improvvisamente ho capito. La pausa al bar, infatti, non era stata dominata da quel clima angosciante fatto di "secondo me", "non si può vivere così" e via dicendo sulla situazione lavorativa, ma da una strana letizia che mi ha permesso di guardare i miei colleghi con uno sguardo diverso, più umano, più profondo in cui i risultati del campionato di calcio, le proposte inascoltate per migliorare l’azienda e le questioni sindacali non erano "tutto", ma una parte del tutto, importanti certo, ma abbracciate dalla grande Presenza che portavo nel cuore.
Monica: […] In quaresima, la superiora (che dirige l’asilo dove va il figlio, ndr) mi ha chiesto un testo su cui meditare […]. Io avevo nella borsa il libretto di Don Giussani Egli solo è e gliel’ho prestato. Dopo la prima lettura la superiora mi dice: "Niente è più commovente del vedere la passione di quest’uomo che, per amore di Gesù, partecipa della sua vita e sofferenza". […] Da quel giorno, per tutti i venerdì di quaresima, e non solo, otto suore continuano a pregare per il movimento di CL, perché, come mi ha detto una di loro "non manchi mai la fede nel mondo".
Ezio: […] concludo raccontandoti cosa è stata per me la vacanzina con don Eugenio (con altri membri del movimento, ndr) , perché la fatica iniziale (mia moglie con il mal di schiena che praticamente si trascinava, l’impossibilità di stare con gli amici per più di qualche secondo perché poi dovevo inseguire qualche figlio ecc) era inizialmente uno scandalo che mi faceva addirittura pensare di tornare a casa. Invece standoci è diventato possibilesperimentare che l’unica posizione ragionevole è quella di un sì, l’unica cosa richiesta è cedere, anche se questo abbandono ha generato nell’immediato un disagio che rischiava di far pensare che non era possibile. Ma qui entra in gioco Lui in persona attraverso una compagnia, e tutto cambia.
Antonio: […] Prima della vacanza estiva(di CL ndr) non partecipavo alla messa da circa due anni. Prima della vacanza non credevo in Dio, mi credevo più forte, più potente. Ero uno di quelli che pensano "dov’è Dio nei momenti di difficoltà?". Ma dopo questa vacanza mi sono accorto che Dio è il centro della vita, la cosa più importante, ci dà la libertà, lui fa parte integrante dime.
Luana: […] Prima di incontrare il movimento io ero perduta perché non trovavo nulla che mi facesse felice, era solo gioia di un momento. Sapevo di essere triste, ma non sapevo di essere disperata. Io ho risposto alla domanda degli Esercizi: "Cosa cercate?" non pensando, ma incontrando ciò che di fatto io cercavo ed è in questo che io ripongo la mia speranza ed è Lui che mi rinnova, è Lui che mi sostiene: Cristo.
Sono lettere prese da un paio di numeri soltanto, giusto per dire che non ho fatto selezioni particolari. Molte altre che non cito sono dello stesso tenore, per lo più raccontano di qualche crisi personale o di come l’appartenenza a CL dia senso alla vita.
I corsivi sono miei. Mi sembrano esempi interessanti, anche in relazione alla testimonianza della giovane convertita musulmana. Vi ritrovo almeno queste caratteristiche:
1) un linguaggio da iniziati;
2) un’enfasi notevolissma sull’appartenenza;
3) la tendenza ad attribuire un surplus di significato a fatti ordinari;
4) una forma di accesso alla verità personale e mai verificabile.
Aggiungerei che spesso (ma non così spesso da poter generalizzare) intravedo una qualche forma di disagio psicologico associato all’esperienza di fede.
Nel complesso (e la cosa sarebbe più chiara se per non tediarvi troppo avessi riportato anche altre lettere o articoli della rivista in questione) ciò che balza agli occhi è un mondo autoreferenziale, un universo emotivo impermeabile ad un’analisi critica dall’esterno.
Val
Certo che se la giovane illuminata da dio/allah/quellocheè era prima cattolica (e non sanamente menefreghista) non ha fatto un grosso salto di qualità…
Io se dovessi cambiare religione vorrei diventare un Jedi, ti danno pure la spada laser!
Anarcoma
Francamente a me fa molto più paura chi non prova disagio, psicologico o patologico, fate voi, a vivere in questo mondo. Che è poi la peggiore autoreferenzialità che ci sia. Solo un settario oggi può fare un minimo di analisi critica della situazione.p
A MM n. 5
Non sono certo di aver colto la prima delle due obiezioni. Forse ho risposto in parte col post precedente. Parlo di logica autoreferenziale nel senso che l’esperienza di fede e di vita comunitaria si giustificano a vicenda in una logica a spirale che esclude un parametro di verità esterno. (Per intenderci: sequela e appartenenza sono la condizione per la comprensione.) Mi sfugge dove stia la trasversalità e tra cosa: certo che le fedi hanno qualcosa in comune, l’incomunicabilità.
Quanto alla seconda obiezione, hai ragione. Ma avrai notato che non ho nemmeno citato la parola dialogo. Non ho mai pensato che le religioni debbano, né che, per la loro stessa natura, possano "dialogare". Debbono convivere, e ancora una volta viva il relativismo culturale. Abbiamo già toccato diverse volte questo problema: possiamo pure rivalutare la funzione sociale delle religioni come forma più o meno voluta di resistenza verso i Luoghi Comuni, ma è un discorso pragmatico e in ultima analisi un po’ cinico, che lascio volentieri agli atei devoti di turno. Mi piace pensare che basti un po’ di pensiero laterale e un po’ di sense of humour per disinnescare il Pensiero Unico che in dato momento è condiviso dalla società. Di sicuro fatico a credere che qualche metafisica verità assoluta sia condizione necessaria ad avere una società più libera.
Val
>>Francamente a me fa molto più paura chi non prova disagio, psicologico o patologico, fate voi, a vivere in questo mondo.
Non giochiamo a non capirci. Io non ho mai parlato di paura, cercavo solo di descrivere e di capire un fenomeno. E sappiamo tutti bene che non esiste una definizione di normalità psicologica: ben venga il disagio di fronte a questo mondo, ma non di fronte ai precetti di Allah.
Tutto è relativo (ah, buon vecchio relativismo). C’è disagio e disagio, e poi cos’ha questo mondo di così disagevole rispetto ad altri mondi: sicuri che non fosse peggio negli anni Ottanta, o Settanta, o Sessanta o Cinquanta, o Quaranta, o Trenta, o Venti (ad libitum…)?
ciao
Val
Non vedo cosa ci sia di strano in quei fenomeni. Si arriva a una verità per intuizione. Ecco l’improvviso dei testi.
Questo mondo fa schifo. Tutto lì. Verità intuitiva e indimostrabile? Fa schifo lo stesso.p
per ControIL n. 17
Non so se sono fenomeni strani. Per me sono interessanti.
In questo momento ho avuto improvvisamente un’intuizione che mi ha svelato la verità. Ti basta come spiegazione? Non credo. Qualunque sia l’intuizione, se non è condivisa è irrilevante.
Se è condivisa può diventare una verità di fede (indiscutibile) o una verità di ragione (discutibile). Ma la verità assoluta non esiste, è semplicemente un consenso provvisorio.
A me questo mondo non fa così schifo. Cioè, forse sì, ma non abbstanza da farmi deprimere per tutta la mia permanenza qui né per farmi credere al regno dei cieli.
Quella è la mia intuizione di questo mondo. Non riguarda gli altri di cui si parla, che non conosco quale abbiano.
Certo che mi basta. Non è detto che ci creda io, ma mi basta. Mentre non mi dice niente il consenso condiviso. Possiamo essere sei miliardi a condividere qualcosa, ciò non vuol dire che la verità non stia invece dalla parte dell’unico che crede diversamente. La verità (relativa fin che vuoi) non è un consenso. È la capacità di saper vedere meglio le cose.p
Forse si dice "il blog" al maschile per l’ assonanza con il " block notes" , da pronunciare com’ è scritto, su cui scrivere.
Avete visto il Porta a Porta sull’ Islam a scuola, iersera ?
Per come la vedo io:
Art. 1
Storia delle Religioni obbligatoria come materia di studio ancillare alla Storia dell’ Arte. (Provate voi a spiegare cos’ è una piramide-tempio-chiesa-sinagoga-moschea senza ricorrere alla religione. E ditemi perché i turisti dovrebbero visitare gli orrendi palazzoni odierni.)
Art. 2
Se a un/a genitore/trice non sta bene un /a fidanzato/a o un abbigliamento della propria prole, ha pieno diritto al solo brontolìo, senza limiti di intensità.
Art.3
Purché il volto sia riconoscibile, ogni abbigliamento d’ ispirazione religiosa è lecito, vello del tatanka compreso purché le corna, potenziale oggetto contundente ad altissimo rischio, siano di gomma piuma.
XXX
Consenso condiviso è una tautologia. Consenso provvisorio vuol dire che è verità ciò su cui siamo d’accordo qui ed ora. So che a molti questa definizione fa schifo, ma la tua alternativa è credere che al mondo ci sia qualche illuminato e una massa di ciechi. Poiché gli illuminati non sono tenuti a spiegare la loro intuizione, i ciechi sono tenuti ad aver fede.
Così funzionano le religioni. E di fatto il meccanismo è sempre stato questo: quando si dà per scontata l’esistenza di una verità esterna al discorso, cioè non convenzionale e non consensuale, c’è sempre qualcuno che può proclamarsi più vicino di me ad essa e sentirsi in diritto di dirmi come mi devo comportare. La metafisica è sempre violenta.
E a te basta la mia spiegazione finché e del tutto vuota di contenuto. Perché i problemi, in assenza di un sano relativismo, nascono quando due intuizioni delle tue sono in contrasto.
Val
…graffio parole sulla spiaggia_
cerco indizi in mezzo ai sassi_
la strategia della scrittura crea nascondigli ed enigmi_
ho spostato di un millimetro il mio mundus imaginalis ed ho scoperto al’Khadir, jalaludin Rumi, Hafez, cose diverse, insomma, da quelle che emergono in certe interviste_____leggendo jalaludin Rumi trascrivo:"il grande miracolo dell’Amore é che porta l’innamorato a degli stadi sempre più elevati. E’ sicuramente un vino che dà alla testa e che inebria l’umanità di un’ebrezza di eternità. Allah mi ha creato dal vino dell’Amore! Gli chiesi: "caro intelletto dove sei dunque?" e l’intelletto mi rispose: " siccome sono stato cambiato in vino x’ dovrei ritornare uva verde?" D’amore per Te ogni mattina l’intelletto diventa pazzo, si arrampica sulla terrazza del cervello e suona il flauto. L’Amore ento’ nella moschea e disse: "oh! maestro e guida, sradica le catene dell’esistenza, perché resti nel ferro del tappeto della preghiera..???.." Jalaludin Rumi. ciao,______________jam
Quella cosa va bene per decidere se andare in pizzeria o in birreria. Ci sono questioni più complesse che non possono trovare consenso qui e ora. Casomai potranno trovare una soluzione lì e allora, a seconda di come andranno i fatti. Ma una soluzione non vuol dire consenso, ma che una parte prevarrà sull’altra. Se ci si basasse sul consenso (impossibile da ottenere per tutti), mi sai dire a che servono gli stati?p
Sono un somaro, avevo scritto un commento lungo e piacevolmente sarcastico e ho sbagliato il codice di autenticazione, o come diavolo si chiama.
Ora mi tocca riassumere: prima parte, normale retorica da minoranza suppostamente perseguitata, ma ci va bene perché la retorica islamofila, al contrario di quella islamofoba, non si trova spesso. Certo, sciapate come quella delle femministe che terrorizzano le nostre sorelline – le femministe, noto centro di timore e tremore – la bella penna della sig. Farina poteva anche risparmiarcele; per quanto riguarda la seconda parte, io ci vedo la sempiterna superficialità e cieca arroganza dei ventenni "ribelli". Certo, questa come ribelle è abbastanza reazionaria (leggendo la parte in cui nota soddisfatto come gli uomini guardino diversamente le ragazze in minigonna, "poco serie", mi sarei aspettato che il periodo si concludesse con una massima di antica saggezza quale "d’altra parte se espongono vorrà dire che vendono" o altra simile sapienza grata ai campagnoli e ai giudici di Cassazione), ma per il resto non ci vedo nulla di strano né di patologico. Solo una ragazzina, in quanto tale un po’ scemotta, può vedere della miscredenza nella normale preoccupazione dei genitori di una neanche ventenne che vuole convertirsi e sposare un marocchino. Ma va bè, sarò strano io. Mi stupisce semmai di più che una comunità religiosa seria e totalmente priva di minigonne come quella islamica abbia accolto con entusiasmo i propositi della ragazzina, invece di rimandarla indietro con uno scappellotto come si dovrebbe fare con gli immaturi.
Via, il concetto di fondo dovrei averlo riscritto, insciallah.
tamas
molto più interessante del post, non me ne voglia il tenutario dellu bloggu (forma asessuata), mi pare la diversione degli ultimi commenti.
tamas
Non capisco cosa vuoi dire, non mi pare che tu risponda alle mie obiezioni. Ripendiamo il filo della discussione: io parlo di logica autoreferenziale delle religioni (o di come queste sono testimoniate e vissute dai fedeli); tu obietti che è normale perché la verità si coglie per intuizione e che essa esiste a prescindere dal suo riconoscimento; io ribatto che se così fosse il mondo si dividerebbe tra pochi illuminati e molti ciechi cui non resta che credere senza capire. Non vedo che c’entrino gli stati. Non parlo di consenso su questioini pratiche, ma della differenza tra dogmi religiosi comprensibili solo da chi ha fede (credo ut intelligam), e verità sempre disponibili alla falsificazione. Se mai esiste un qualcosa che ha il diritto di chiamarsi verità non sono certo le intuizioni di chi si autoproclama illuminato, ma le acquisizioni scientifiche ottenute grazie alla continua messa in discussione delle rpemesse e dei risultati. Poi, certo, il dibattito epistemologico è leggermente più complesso di così e si potrebbe ragionevolmente arrivare alla conclusione che tanto le verità di fede come quelle scientifiche sono narrazioni, con un testo e un contesto. Ma ciò non fa che rendere ancor più evanescente il concetto di verità e ancor più ridicola la pretesa di derivare precetti e obblighi da verità intuite e non discutibili.
All’atto pratico, tanto per non parlare astrattamente: sulle leggi fondamentali della fisica o della chimica c’è un consenso unanime e generalizzato (che travalica ogni diversità culturale); sulle leggi morali e religiose tutti dicono il contrario di tutto. Eppure sono i religiosi e non i chimici ad avere la pretesa di avere la verità assoluta. Non è un bel paradosso?
Mi si obietterà che l’animo umano ha sete di verità morali e non di formule chimiche. Vero, ma allora che ognuno si tenga la propria intuizione sulla vita senza rompere troppo gli zebedei agli altri!
Val
Miguel, non sono ancora riuscito a capire se il tuo filoislamismo (so che è una parola che non ti rende giustizia e comunque brutta in sé, come quasi tutti i filo-…ismi e gli anti-…ismi, ma la uso per evitare macchinose perifrasi) sia dovuto al fatto che nell’Occidente contemporaneo l’Islam è percepito come l’alterità – e un’alterità non neutra, ma ostile – quindi lo difendi per smontare quello che ritieni un mito collettivo o se proprio lo ammiri in sé, se intrinsecamente l’Islam ti piace e ti ci senti affine più di altri culti (o del non culto)? Con Islam non intendo solo una dottrina o una pratica religiosa, ma tutto ciò che vi si accompagna, in termini culturali, antropologici, storici ecc.
Insomma, lo difendi perché è la religione dei poveri cristi immigrati che vengono pure disprezzati e visti come mezzi terroristi o perché ti piace in sé’
L’ultimo intervento era mio.
Il giorno in cui qualcuno riuscirà a spiegarmi perché a un certo punto queste chiaviche di cookie che dovrebbero fare sì che uno venga riconosciuto quando entra in un sito smettono di funzionare e ti constringono a rifare il login, sarò un uomo più felice.
Il #26 è per ControlL #23.
P.S. ho notato anch’io la soddisfazione per il velo che, a differenza della minigonna, ti fa considerare "una signora" e non una di quelle. Suppongo, ma è una supposizione da vero ignorante, che sia una motivazione non irrilevante per quelle che si avvicinano all’Islam, mentre sarà più probabilmente una giustificazione a posteriori per chi nell’Islam ci è cresciuta e oggi vede il velo messo in discussione in un altro contesto.
Peucezio: Il giorno in cui qualcuno riuscirà a spiegarmi perché a un certo punto queste chiaviche di cookie che dovrebbero fare sì che uno venga riconosciuto quando entra in un sito smettono di funzionare e ti constringono a rifare il login, sarò un uomo più felice.
Be’, dai: considerando che il mondo fa schifo e che dovremmo tutti farne una malattia, tu ti accontenti di poco! 😉
Val
Mi sapresti falsificare il concetto di numero? E quello di punto? La geometria euclidea, come sai, è stata falsificata. Mica è stata buttata a mare. S’usa ancora, e vorrei vedere che non fosse così. Non s’userà più quando sarà diventata strumento inutile. Può darsi tra mille anni possa accadere.
Il ruolo dell’intuizione è fondamentale anche nella scienza. L’intuizione, per definizione, non è mai autoreferenziale, perché è un salto logico. Dopo torna indietro e riesamina tutti i dati alla luce di ciò che s’è intuito. Questo è einstein, tanto per dire. È così che ha scoperto le sue leggi della relatività, per sua ammissione.
La signorina prima andava in minigonna, poi intuisce la verità del corano, riesamina i dati e si mette il niqab. Anche questo è einstein.
Ma perché imporlo a chi non lo vuole? E difatti la signorina non l’imponeva a nessuno della sua classe. Quando si dice così si passa sul piano sociale, dove esistono forze che effettivamente impongono delle cose. Ma lo scenario allora cambia completamente, dev’essere affrontato con altri strumenti, e appaiono all’orizzonte gli stati.p
Non ho letto tutta la discussione, scusate
ma a me pare che l’esempio della rosa sia meno ingenuo di quanto sembri.
Non è "questi musulmani non sono ancora arrivati ad Occam, ahahah";
io lo leggo più come:
"voi occidentali non credete più in Dio; credete in Occam; Dio per voi è un’ipotesi non necessaria. Invece noi musulmani, come i vostri nonni i per i quali ‘non si muove foglia che Dio non voglia’, sappiamo benissimo che Dio è un di più, è controintuitivo, ha bisogno di una rivelazione; e nonostante questo ci crediamo, per questo la nostra fede ha un valore particolare"
"io e te guardiamo la stessa rosa, umanamente, per caso- i tuoi occhi per caso si sono posati lì, i miei anche. Ma al di sopra di questo, questo caso è stato voluto e previsto da Dio".
Ciao
Per Peucezio n. 27
Bella domanda, cui faccio un po’ fatica a rispondere. Anche perché cerco di separare i ragionamenti dai sentimenti più immediati, che comunque chiaramente condizionano anche i ragionamenti.
No, sicuramente il mio "filoislamismo" non è solo perché i "musulmani sono nemici dell’Occidente" (semplifico per capirci).
Certamente, il fatto che nell’Islam vi sia un fondo estraneo alla mercificazione capitalista (parlo di un fondo, perché anche i musulmani sanno fare benissimo i capitalisti, talvolta della peggiore specie) gli fa guadagnare punti di simpatia…
L’Islam ha sicuramente elementi affascinanti: non ultimo, il fatto che montanari analfabeti berberi, pescatori malesiani e operai parigini abbiano un qualcosa in comune; la maniera non gerarchica in cui i riti islamici si impongono da sé; il ciclo di vita dell’Islam; e anche il principio di profonda uguaglianza e solitudine davanti a Dio, assieme alla solidarietà sociale.
Tutto ciò che ha anche conseguenze sul piano antropologico e psicologico: non sono di quelli che dicono che l’Islam sia una sorta di "opinione personale", secondo il modello illuminista della religione tollerabile.
Lascio ai musulmani stessi litigare su quello che sarebbe il "vero" Islam, nel sospetto che per ciascuno di loro il "vero" Islam sia quello che praticano loro 🙂
Per questo, non dico mai, "ma il vero Islam non c’entra niente con" questo o quest’altro: per me l’Islam è ciò che realmente esiste, in tutta la sua immensa varietà e con tutte le sue contraddizioni.
E con tutto il rispetto per i convertiti, credo che musulmani si debba nascere: un certo ritmo di vita, un sottile modo di impostare le cose, è qualcosa che non è possibile copiare.
Certe sensibilità e aspirazioni si formano da piccoli; le mie sono state formate in un ambiente totalmente non islamico, da una parte cattolico-messicano, dall’altra nordico-laico. E se le manifestazioni dell’Islam mi possono piacere, è un piacere esotico, non intimo e condiviso.
Fine dell’intervallo di autopsicanalisi.
Tutto ciò è ovviamente pura fuffa soggettiva rispetto alle domande che un musulmano credente porrebbe. Che non è, "ti piace l’Islam", ma "credi che Muhammad sia l’ultimo inviato di Dio in terra, oppure no?"
Miguel Martinez
x XXX ((#20)
Se permetti, nel tuo art. 2 (Se a un/a genitore/trice non sta bene un /a fidanzato/a o un abbigliamento della propria prole, ha pieno diritto al solo brontolìo, senza limiti di intensità.) dopo la parola "prole" va aggiunta "maggiorenne": sai, alla cosiddetta "patria potestà" sui figli minorenni almeno il diritto di mandare a letto senza cena e/o senza playstation la figlia tredicenne che vuole uscire conciata come una…diciamo escort, va:-) glielo vogliamo lasciare?
provo a rispondere tanto a Pino quanto a ControlL:
magari è una excusatio non richiesta, ma vorrei sgombrare il campo dal solito equivoco che si ingenera appena uno gioca un po’ a fare l’illuminista scettico. Non c’è nessun "ah ah ah" nei confronti degli islamici, solo la costatazione di far riferimento a due paradigmi incommensurabili, per usare una ben nota terminologia. Se qualcuno dà una spiegazione divina alla coincidenza di due sguardi su una rosa, la mia reazione naturale è: "dimostramelo". Oppure un’alzata di spalle. La spiegazione della rosa non è ingenua, certo, e forse svela qualcosa sull’autorappresentazione del musulmano in occidente e del meccanismo dell’occidentale convertito: in un mondo completamente secolarizzato, scientifico, scettico, noi continuiamo a credere contro ogni evidenza. Il nostro "appeal" sta proprio in questo, non nel fatto che le nostre verità teologiche siano più convincenti di altre. (Credo che questo meccansimo valga, con qualche variante, anche per i movimenti carismatici cristiani, nonostante tutta la retorica ratzingeriana sul cristianesimo come unico vero erede della razionalità greca.)
Ora, ammettiamo pure che credere ad Allah o alla Trinità non sia molto differente che credere alla gemotria di Euclide o alla teoria dei quanti in termini di processi cognitivi. Resta il fatto che la geometria di Euclide è falsificabile, la Trinità no. Che entrambe abbiano un loro potere descrittivo, cioé che funzionino all’interno di un certo paradigma di riferimento, è l’ennesimo indizio che parlare di verità come descrizione oggettiva del reale non ha più senso. Da questo punto di vista parlo di verità come di consenso su una narrazione. Svanisce ogni pretesa di corrispondenza ad una verità metafisicamente intesa, e da questo punto di vista, sì, tutte le intuizioni hanno pari dignità. Sul piano epistemologico l’unica differenza sta nei protocolli adottati per condividere o meno una data narrazione (il che per me fa rientrare dalla finestra l’idea che in fin dei conti una pur minima distinzione tra fede e ragione si possa tracciare). Non sono molto d’accordo che sul piano sociale le cose cambino radicalmente: se accettiamo che esista una verità, accettiamo implicitamente che la realtà fisica debba adattarsi all’idea metafisica. Una concezione che porta in sé un chiaro germe di violenza, che si tratti di aderire a utopie di società future o a un sedicente ordine "naturale" (fosse quello rivelato dagli dei o quello delle forze del mercato).
Val
"Sul piano epistemologico l’unica differenza sta nei protocolli adottati per condividere o meno una data narrazione (il che per me fa rientrare dalla finestra l’idea che in fin dei conti una pur minima distinzione tra fede e ragione si possa tracciare).
Val"
Non ho capito bene questo punto:
me lo spiegheresti? Grazie!!
Soltanto una cosa, le femministe non terrorizzano le donne e le ragazzine che si convertono all’islam, a meno che per femministe non si intendano, sbagliando e parecchio, donne come la santanchè e la sbai.
Riguardo a come si potrebbe considerare la donna in minigonna, "una di quelle", credo sia cosa che esula dalla questione che stiamo discutendo, voglio dire che chiunque, anche una neo convertita, potrebbe dissentire da tale generico e stupido giudizio.
maria
Per Val #21 e #35
”La metafisica è sempre violenta.”
Qui sta il punto, qui il discrimine fra chi è credente e chi è libero dalle fedi.
Filosoficamente, questa violenza della metafisica è stata denunciata -almeno per quanto riguarda l’Occidente da Platone in poi- da Nietzsche e, con basi diverse, da Heidegger e Severino. Il fatto è che coi presocartici (penso a Parmenide) l’Essere accede all’uomo solo per via negativa (per quello che non è, per quello che non fa), mentre da Platone in poi si presume di arrivare alla realtà ”ultima” delle cose mediante il ragionamento. E siccome le basi di ogni ragionamento, quando non continuamente confrontare con l’esperienza, sono postulati arbitrari ogni metafisica è aoppuno fondata su una oiginaria violenza concettuale. Questa violenza concettuale è -ma ci è voluto Marx per capirlo- conseguenza dell’impatto sul linguaggio della violenza pratica di un gruppo umano sull’altro. Ad esempio, Aristotele comincia la sua Metafisica con l’analisi dei significati del verbo ‘essere’ in una cultura che dà per scontato che lo straniero che non parla greco non sia propriamente umano e che definisce i suoi eroi dell’Iliade ‘uomini dal parlare articolato’.
Ora, nel momento in cui l’essere umano crede, si abbassa alla presunzione di attingere ad una Realtà invisibile ai non credenti. In altre parole, rinuncia al sano buonsenso della massaia che quando va a comprare le uova e le trova ammuffite non dà retta al negoziante che le dice ”non si preoccupi, signora, vedrà che appena torna a casa tornerano fresche come appena uscite dalla gallina”. Ovviamente c’e’ chi preferisce le banane alle uova, e i kiwi alle banane, e non c’e’ nè ci sarà mai modo di metter d’accordo le diete di tutti. Nè il fatto di essere in tanti a condividere lo stesso atteggiamento lo rende più sensato: il fatto di avere, come dice Martinez, qualcosa di arbitrario in comune fra l’operaio parigino e il pescatore malesiano non lo rende meno arbirario. E cio’ che è arbitrario è percio’ stesso violento, una forzatura -per dirla con il linguaggio caro a Jam- sul mare dell’Essere.
Una volta avevamo le adunate oceaniche. Di recente abbiamo avuto milioni a Roma per il funerale di un papa. Simili scene da brivido si ripeteranno, ma ci sarà sempre chi terrà accesa la fiammella della ragione. Questa elegante speranza rallegra la mia solitudine.
”Che entrambe abbiano un loro potere descrittivo, cioé che funzionino all’interno di un certo paradigma di riferimento, è l’ennesimo indizio che parlare di verità come descrizione oggettiva del reale non ha più senso.”
Cioè, come ricorda -credo- lo stesso Bertrand Russell, tutte le fedi possono avere torto insieme, ma non possono avere tutte ragione E non c’e’ modo di stabilire quale abbia ragione; il che implica che a tutti gli effetti non ha senso stabilire quali di esse abbia ragione.
”Da questo punto di vista parlo di verità come di consenso su una narrazione. Svanisce ogni pretesa di corrispondenza ad una verità metafisicamente intesa, e da questo punto di vista, sì, tutte le intuizioni hanno pari dignità.”
Feyerabend sparlava quando diceva che l’astrologia è una narrazione (nel senso che intendi tu) alla stregua dell’astronomia. Chissà che avrebbe detto delle comete. Dal punto di vista della storia degli esseri umani, certo, le narrazioni e i miti hanno egual valore, tanto che un grande come Dumézil ammise di non essere mai riuscito a distinguere chiaramente fra religione e magia. Per dirla con il mio ex pofessore di storia della scienza, Enrico Bellone (nonchè ex direttore de Le Scienze), ”non si possonio dedurre le equazioni delle’elettromagnetismo [scrite per la prima volta da Maxwell a metà del XIX secolo] dalla condizione della classe operaai inglese a quel’epoca”. Mentre, aggiungo io, si puo’ benissimo trovare nelle origini del sistema indù delle caste una gisutificazione a posteriori dei privilegi degli invasori arii dell’India rispetto alle popolazioni soggette (senza per questo postulare un rapporto di causa ed effetto fra le due cose).
”Sul piano epistemologico l’unica differenza sta nei protocolli adottati per condividere o meno una data narrazione (il che per me fa rientrare dalla finestra l’idea che in fin dei conti una pur minima distinzione tra fede e ragione si possa tracciare).”
Esatto. Il giorno che una persona capisce che la scienza non è una vacca sacra, ma un metodo, forse si renderà conto dell’inutilità delle vacche sacre. Il che rende, ha reso e renderà sempre sospetto il libero esercizio della ragione ai preti di ogni colore. Per il resto, venticinque talleri pensati non saranno mai venticinque talleri pesati, con tanti saluti alla prova ontologica.
Ciao!
Andrea Di Vita
Le divagazioni sono ottime, abbondanti e ben accette.
Però vorrei ricordare il tema, che nessuno è obbligato a seguire, ma che va tenuto a mente.
Esiste la proposta di vietare il niqab nelle scuole italiane, perché segno di asservimento femminile.
Io ho semplicemente negato che il problema esistesse: ho detto, non ci sono ragazze con il niqab nelle scuole italiane.
Aisha Farina, che ne sa ovviamente molto più di me, mi corregge, dicendo che un piccolo numero esiste, o esisteva.
E ci presenta un caso concreto. Questo caso concreto è interessante, perché probabilmente è l’unico che sia stato presentato finora in rete, o nei media tout court. Di altri casi, non sappiamo nulla.
Ora, questa portatrice di niqab ci racconta la propria esperienza e le proprie motivazioni, su cui si è (legittimamente) divagato a lungo.
Ma il punto è: queste motivazioni – le uniche di cui siamo a conoscenza – danno valore o no alla proposta di vietare il niqab nelle scuole?
Miguel Martinez
a Pino #36
Azz… speravo che nessuno me lo chiedesse!
Diciamo che è una mia intuizione… 🙂
A parte scherzi, non so se ho formulato il concetto in modo corretto, probabilmente utilizzo certi termini in modo improprio. Quel che tento di dire è, approssimativamente, questo: che la verità è un gioco linguistico ed è interna al discorso. Se si condividono le regole del gioco, è tutto ok. Io continuo a pensare che tutto questo, benché faccia svanire l’idea di verità come oggettività (e quindi anche ogni pretesa, tanto scientifica quanto morale o religiosa, di possedere verità assolute) non annulli del tutto i confini tra scienza e fede, che hanno regole del gioco incommensurabili.
Val
Miguel, grazie della risposta esaustiva e interessante. E’ esattamente ciò che volevo capire.
Un paio di mie note personali (così faccio un po’ di autopsicoanalisi pure io ): condivido molto l’idea che islamici veri si nasce e credo ciò valga per quasi tutte le religioni.
Alcuni elementi che tu delinei (l’estrema diversità di contesti, l’uomo solo di fronte a Dio) li trovo fortemente caratterizzati nel senso della modernità ed è il motivo per cui io invece non li apprezzo.
Apprezzo lo spirito di resistenza alla mercificazione: per conntrapporsi al mondo capitalista dei ricchi, può servire un mondo islamico, di centinaia di milioni di persone, che possa fare da bandiera per il riscatto dei poveri.
Solo che quando si deve combattere un nemico forte, si diventa un po’ come lui: è difficile combattere il capitalismo occidentale rimanendoradicato nella propria tribù di cinquanta anime, isolata e semrpre uguale a sé stessa. Ma una volta che ti sei sradicato e hai omologato l’articolazione in nome di una religione globale, hai già fatto un grosso regalo al nemico, che vuole distruggere l’alterità e la pluralità.
Chiaramente ho schematizzato molto: so bene che l’Islam non è né un monolite né una multitudine anarchica di individui ognuno con una sua visione personalissima e scoordinata.
Per Martinez #39
”divagazioni”
Giusto, e me ne scuso. Ma la risposta a Val mi stava propriosulla punta dela lingua 🙂
”niqab”
Nessun simbolo di chiara appartenenza etnico-religiosa nella scuola pubblica! Ancora più di tutto il resto dello Stato, la scuola pubblica è e deve essere laicista allo stato puro, altrimenti si individua un alunno non per la funzione che svolge (quella di discente) ma per l’identità di appartenenza, identità cui la scuola deve rimanere trasparente. Altrimenti, oltre alla mai abbastanza deprecata bestialità del crocifisso alle pareti e dell’ora di religione, dovremmo avere in classe che so gli immigrati tibetani con la tonaca color zafferano, o gli immigrati pellerossa col copricapo di piume d’aquila. Da questo punto di vista -anche se i responsabili domestici della stiratura dei panni ne sono indubbiamente felici- l’abolizione dell’uniforme uguale per tutti gli alunni al di fuori delle elementari è un vero peccato.
Ciao!
Andrea Di Vita
In parte avevo già risposto, ma riprendo il tema. Quell’intervista dimostra che ora come ora il problema neppure esiste in temini seri. Esiste la questione più generale che lo stato potrebbe aver delle leggi che vietano di girare in modo da non poter essere riconosciuto in luoghi pubblici. Solo qui, fuori dallo scontro di civiltà, avrebbe un senso il divieto d’indossare indumenti come il niqab, il casco o altro indumento che copri il volto.
Un divieto scolare d’un dato indumento in quanto simbolo d’identità religiosa è invece una forzatura che s’inquadra pienamente in quello scontro.
Io terrei ben distinta la questione del crocifisso a scuola dai divieti fatti agli alunni. Senza che per me abbia gran che importanza la cosa, il crocifisso c’è lì per scelta statale. Come vestirsi è deciso in ambito privato. Ora non è che il discente quando va a scuola si spoglia del resto e diventa tabula rasa da imprimere; porta tutto se stesso a scuola. Dunque può mostrare, se gli va, chi sia e a cosa creda senza che ciò debba destare particolare scandalo. Io sono contrario, la ritengo autentica fesseria, anche al grembiule nelle elementari e all’asilo, se non nei casi in cui un grembiule serva a preservare i vestiti dallo sporcarsi fino a rovinarsi in alcune attività scolari.p
Chissà che la divagazione, per quanto astratta, non si sia allontanata troppo dal cuore della questione.
Io la vedo così: non ci sono verità rivelate da implementare, né diritti naturali da rendere positivi. Le norme sono sempre e comunque risultanti da rapporti di forza: se il legislatore pensa che sia obbligatorio portare un foulard rosso a pois bianchi, o al contrario che portare il niqab sia illegittimo, le motivazioni sono irrilevanti.
(Ciò non toglie che nel processo di formazione delle norme, in un sistema vagamente democratico, ci sia discussione sulle motivazioni e che si faccia riferimento a criteri ideali, metafisici o religiosi. Ma alla fine il punto è sempre quello di avere sufficiente consenso e potere per "imporre" la propria norma.)
Questo come premessa: se poi mi si chiede un’opinione personale, ho sempre avuto una profondissima e istintiva antipatia per l’ossesione di nascondere il volto. Le espressioni del viso, lo sguardo, il sorriso, sono un aspetto così importante dell’umano che posso immaginarci una persona senza gambe, ma non una senza faccia. Dal punto di vista legislativo, però, il mio criterio (quello che vorrei diventasse norma) è che non vada mai preseguito nulla che non sia manifestamente aggressivo o pericoloso. Per cui no, per quanto imbecilli mi sembrino le motivazioni di chi vuole portare il velo in una scuola italiana, non credo ci siano ragioni per impedirglielo. E’ anche vero che la scuola pubblica la voglio laica e aconfessionale. Non si può fingere che la scuola, per quanto pubblica, non sia parte di un progetto pedagogico nazionale che asseconda, integra o confligge con la pedagogia familiare. Anche la neutralità è una scelta… non neutrale. Di sicuro la mia preferenza va alla buona vecchia scuola pubblica e aconfessionale, e francamente se permettere il velo dissuade qualcuno dall’invocare contributi pubblici per le scuole islamiche forse il gioco vale la candela.
Insomma è tutto molto complicato e contraddittorio, come sempre tenere assieme le libertà di tutti è un’acrobazia mortale.
Val
Per controlL #43
”Io sono contrario, la ritengo autentica fesseria, anche al grembiule nelle elementari e all’asilo”
Permettimi un appunto proveniente dalla esperienza personale genitore di figlia alla V elementare. Loro vanno col grembiule, eppure già così metà dei suoi compagni di classe passa il tempo a confrontarsi su chi è più alla moda a furia di ”appiccicchini”, cioè di adesivi con facce da manga che -a differenza delle vecchie care figurine dei calciatori” non si distinguono per la maggiore o minore rarità ma solo per il fatto di essere stati più o meno pubblicizzati in TV. Tremo al pensiero di cosa succederebbe se si togliesse il grembiule unico per tutti. Una volta sotto il grembiule ci stavano gli scarponcini di pelle del ricco e gli zoccoli del povero -c’e’ una bellissima pagina di Domenico Rea al riguardo. Almeno in classe si poteva quanto meno fingere di essere uguali. Oggi, se si arriverà ad integrare davvero i figli degli immigrati , dei rom ecc. a scuola garantendo un effettivo adempimento dell’obbligo scolastico per tutti ci si ritroverà nella situazione descritta da Rea. La diferenza nell’ostentazione del reddito è ua barriera altrettanto spietata di quela di religione o di razza, e il grembiule unico ne elimina una gran parte. Da sottotenente di complemento, inoltre, ho notato la stessa cosa in caserma. L’abito fa il monaco: l’avere tutti la stessa uniforme, indipendentemente dalla differenza di classe sociale originaria, fa molto per lo spirito di corpo dei militari.
Ciao!
Andrea Di Vita
In merito al grembiule, concordo completamente con le osservazione di Andrea Di Vita.
da qua prendo, non so perché, il telegiornale regionale del Veneto: giorni fa, c’era un servizio su una scuola media, mi pare pubblica, che aveva istituito un regolamento sull’abbigliamento piuttosto restrittivo (per gli standard italiani):
niente cravatte o uniformi militari, per carità, ma una polo e una felpa uguali per tutti.
Tanto bastò per creare il "caso".
Però gli studenti e i genitori, intervistati, si dissero alla fine soddisfatti, quasi tutti.
Immagino i meno soddisfatti siano stati quelli che intendono la scuola come luogo di "sfoggio": che non ha da essere.
Invece sui simboli religiosi o di appartenenza la penso come controIL: la scuola, l’edificio cioè e le materie che vi studiano e come, è di tutti, e deve essere laica;
il privato studente o insegnante è di sè stesso, e può indossare i crocefissi i maghèn davìd le mezzelune le kippah e i veli che gli pare.
Ciao!!
Barak’Allahu fiki sorellona ‘Aisha!!!
Invece sui simboli religiosi o di appartenenza la penso come controIL: la scuola, l’edificio cioè e le materie che vi studiano e come, è di tutti, e deve essere laica;
il privato studente o insegnante è di sè stesso, e può indossare i crocefissi i maghèn davìd le mezzelune le kippah e i veli che gli pare.
maria
un’insegnante velata?
No, non sarei d’accordo. Il foulard va bene, come altri tipi di "abbigliamento" ma il velo no, chi insegna, a mio parere, deve mostrare il volto .
Totalmente d’accordo con p. sulla differenza tra ciò che la scuola indossa (crocifissi o altro) e ciò che indossa il singolo studente.
Ovvio che il niqab può creare problemi concreti… come fa un insegnante a sapere se l’alunna Marescotti Fatima Jessica sia veramente lei, o sua sorella laureata in fisica? 🙂
Ma in tutto questo, noto una certa incapacità dei "laici" a dare alla religione lo stesso peso che danno alla politica, che è una forma di credenza profondamente analoga.
Per dire, cosa penserebbero se ci fosse la falce e martello in tutte le classi, non come simbolo politico per carità, ma come simbolo universale del lavoro…
oppure se tutti gli alunni venissero costretti a fare il saluto romano.
Quest’ultimo mi sembra che sia il parallelo più chiaro con il divieto del velo da taluni auspicato: rifiutarsi di andare a capelli scoperti in pubblico costerebbe, ad alcune persone, più o meno quello che costerebbe a molti "democratici" italiani levare il braccio destro gridando "camerati a noi".
Poi, uno può dire che alzare il braccio destro e gridare "camerati a noi" è un semplice gesto, che non costa niente; o dire che serve comunque all’integrazione sociale; o che fuori scuola si può anche non fare.
Però il prezzo psicologico è quello. E tutto il limite del pensiero laicista verrà fuori nel momento stesso in cui qualcuno dirà, "ma che c’entra, fare il saluto romano è politico, il velo è solo una sciocchezza religiosa".
Miguel Martinez
….la metafisica é sempre dolcissima, Nietzsche e Heidegger sono dei filosofi metafisici , agiscono all’interno, da-sein, esserci, x esserci bisogna esistere per esistere bisogna essere completi-totali-dentroefuori. L’alchimia é sorella della profezia, cosi si esprime il Profeta Mohammed, hermes trismegisto, la tavola smeraldina, il misticismo é alchimia chimica metamorfosi trasformazione. E la natura racchiude i simboli affinché la fisica-alchemica si rifletta nel cuore della gente. ciao,———- jam
x VAL 12
ti invito a prendere gli indici degli stessi numeri di Tracce e a non trovarci articoli molto poco autoreferenziali, inviti a leggere libri decisamente non scritti da ciellini, insomma, a non trovarci quella curiosità per tutto ciò che di sinceramente umano si può incontrare nella vita
certo, se il linguggio dell’esperienza cristiana disturba, è un pò come comprarsi l’opera omnia di Cicciolina e lamentarsi dei nudi …
Francesco
x p. 17
sei un grande
Francesco
PS questo mondo non fa solo schifo, comunque
Possiamo essere sei miliardi a condividere qualcosa, ciò non vuol dire che la verità non stia invece dalla parte dell’unico che crede diversamente.
mi sto innamorando!
Francesco
>>Possiamo essere sei miliardi a condividere qualcosa, ciò non vuol dire che la verità non stia invece dalla parte dell’unico che crede diversamente.
Già, se non fosse che chi dice questo non si pensa mai come uno dei sei miliardi, bensì come uno dei detentori della verità. Chissà come mai.
Val
x Francesco n. 51
Ma non è che io mi lamento del linguaggio dell’esperienza cristiana, cerco solo di individuarne le caratteristiche. In molti aspetti non mi sembrava differire molto da quello della conversione della giovane musulmana.
Quando dico che si tratta di un linguaggio per iniziati, mi si potrebbe obiettare che anche quello dei fisici nucleari è un linguaggio da iniziati. Però continuo a pensare che l’intuizione dei fisici nucleari sia difficilmente paragonabile a quella religiosa. A me la ragione di ciò sembra persino banale: le sensazioni personali non possono mai essere una prova.
Tracce: te le concedo tutte, ma descrivermi Tracce come un giornale curioso delle altre esperienze e aperto al mondo è un po’ troppo! 🙂 Nessuno glielo chiede, del resto: è una specie di bollettone parrocchiale del movimento. Sui libri, pur considerando che i libri interessanti scritti da ciellini si contano sulle dita di una mano monca, l’apertura non è molto maggiore. E poi c’è il solito ricicciaggio dei soliti 5 o 6 autori continuamente riproposti, peraltro in una versione ciellinizzata: Pavese, Montale, Peguy, Claudel, Leopardi….
ciao
Val
Per Francesco n. 51
Nella tua insopportabilità, ogni tanto mandi bagliori:
"certo, se il linguggio dell’esperienza cristiana disturba, è un pò come comprarsi l’opera omnia di Cicciolina e lamentarsi dei nudi …"
E’ uno dei commenti più validi che abbia letto sul tema dell’esperienza religiosa.
Miguel Martinez
Per Martinez #49
”E tutto il limite del pensiero laicista verrà fuori nel momento stesso in cui qualcuno dirà, ‘"ma che c’entra, fare il saluto romano è politico, il velo è solo una sciocchezza religiosa".”
Non è un limite, ma il suo massimo pregio, specialmente a scuola. Infatti se un alunno mi fa il saluto romano in classe (e questo non è affatto difficile da trovarsi, così come una volta non era difficile trovare l pugno chiuso) lo si puo’ sfidare ad argomentare le sue idee. La sua risposta servirà all’intera classe come occasione di riflessione e confronto. Io ho imparato molto di più da quelli che la pensando diversamente da me che da quelli che la pensavano come me, non fosse che per il semplice fatto che dai secondi ho appreso argomenti, dai primi come rispondere agli argomenti contrari. Già i Greci sapevano che le discussioni di politica erano un punto cruciale dell’esperienza pedagogica. Se l’alunno che fa il saluto romano o il pugno chiuso è preparato, lo potrà essere sulle sue idee come se rispondesse ad ua interrogazione di geografia o di storia. Se è un pappagallo che ripete a memoria, si sputtanerà subito di fronte a tutti. Invece se Jam o Francesco si mettono a cantare il Cantico delle Creature a metà di una interrogazione, l’insegnante puo’ fare solo tre cose: a) aspettare pazientemente che finiscano b) sbatterli fuori dall’aula c) unirsi a loro (e a quel punto l’alternativa ce l’hanno gli altri alunni). La fede in primo luogo si predica e si testimonia, la politica in primo luogo si discute. Infatti la fede è ‘sostanza di cose sperate ed argomento delle non parventi’. La politica è invece l’insieme delle ‘cose comuni della città’. Conseguentemente, la prima deve stare fuori dall’esperienza scolastica, la seconda ci entra dentro a piedi giunti.
Ciao!
Andrea Di Vita
Non so se sono d’accordo o meno.
Va bene, a scuola non si prega (cioè, magari in privato a bassa voce prima dell’interrogazione 🙂 ) mentre discutere di Almirante è un’attività più che comprensibile: sono d’accordo.
Però:
parlando di cibo halal nelle mense, ecco che esce subito la posizione dei "beceri" ("noialtri si mangia il maiale");
ma, a esperienza mia, la più rappresentata non è mica questa; no;
la più comune è quella dei laici duri e puri ("sono sciocchezze preistoriche…");
loro non concepiscono la cosa, quindi non deve concepirla nessun altro.
Scusate, ma grazie al cazzo: se uno non fosse musulmano, non sarebbe musulmano.
Se a uno non piacciono i nudi, non si compra i film di Cicciolina.
Ed ecco la mia amica laica e progressista di sinistra, medico, che racconta in tono genuinamente scandalizzato dell’ebreo "molto ortodosso" che in Francia un sabato le ha chiesto per cortesia di suonarle un campanello, e lei ha rifiutato con orrore "perché queste cose io non le concepisco!!"
bada bene, non per orgoglio, come avrei rifiutato io ("io te lo suono se lo suoni tu a me, sennò vaffanculo"); non per gusto della discussione ("il campanello è un fuoco? cosa ne dice Rambam?") non per fretta come avrebbe fatto un milanese ("non c’ho mica tempo da perdere io");
non romanamente per presa per il culo;
no, da vera laica, e reggiana testa quadra, non lo ha suonato perché lei "quelle cose non le concepisce".
Allora, a me i ciellini che sequestravano un’aula per andarci a discutere, o pregare, o Dio sa, mi stavano sul cazzo.
Ma non mi verrebbe in mente di dire che pregare è una cazzata.
Ciao!
x Val 55
va là che elencando gli autori di prosa e di poesia proposti alle bovine menti dei ciellini potresti proseguire per pagine e pagine!
certo, magari sono come me che riesco a malapena a leggere un bel fumettone rilegato al massimo, nella vecchiaia decadente e trista …
"le sensazioni personali non possono mai essere una prova": interessante affermazione, cosa intendi per sensazioni? perchè ho il sospetto che detto campo copra il 90% della vita umana e il 100% del senso della vita umana.
un pò troppo per attaccarsi come cozze al 10% che può essere conosciuto con la scienza, non pensi?
Francesco
x Andrea 57
mi manca quel conseguentemente … da dove esce?
Francesco
—–Invece sui simboli religiosi o di appartenenza la penso come controIL: la scuola, l’edificio cioè e le materie che vi studiano e come, è di tutti, e deve essere laica;
il privato studente o insegnante è di sè stesso, e può indossare i crocefissi i maghèn davìd le mezzelune le kippah e i veli che gli pare.PinoMamet—-
>un’insegnante velata?
No, non sarei d’accordo. Il foulard va bene, come altri tipi di "abbigliamento" ma il velo no, chi insegna, a mio parere, deve mostrare il volto . maria<
Maria, Maria, ovviamente per "veli che gli pare" Pino intendeva solo quelli che lasciano scoperto il viso (hijab, per dirla in modo colto:-) ). E anch’io concordo con lui.
>Ed ecco la mia amica laica e progressista di sinistra, medico, che racconta in tono genuinamente scandalizzato dell’ebreo "molto ortodosso" che in Francia un sabato le ha chiesto per cortesia di suonarle un campanello, e lei ha rifiutato con orrore "perché queste cose io non le concepisco!!"
bada bene, non per orgoglio, come avrei rifiutato io ("io te lo suono se lo suoni tu a me, sennò vaffanculo");…PinoMamet<
Scusa ma che c’entra "l’orgoglio"?! Poi, se lui non poteva suonare il campanello quel giorno, non poteva suonare né per sé e né per te: o che per caso gli avresti chiesto di presentarsi l’indomani a casa di un tuo amico a cui andavi a far visita e suonare lì il campanello per te?:-)
Ciao
x Francesco n. 59
> va là che elencando gli autori di prosa e di poesia proposti alle bovine menti dei ciellini potresti proseguire per pagine e pagine
va là che son sempre gli stessi da trent’anni, riproposti sempre nella versione parziale che si adatta allo schema ciellino (va bene il Pasolini tormentato e "reazionario", non quello comunista e omosessuale, ecc.)
> cosa intendi per sensazioni? perchè ho il sospetto che detto campo copra il 90% della vita umana
questa è la solita obiezione. e allora? ciò dimostra che la verità è un concetto che è meglio tener fuori dalla vita umana!
> e il 100% del senso della vita umana.
Molto probabile. Ma le tue sensazioni determinano il 100% del senso della tua vita, non della mia. E questo vale per ogni testa pensante ed ogni cuore desiderante sulla faccia della terra.
> un pò troppo per attaccarsi come cozze al 10% che può essere conosciuto con la scienza, non pensi?
Sì che lo penso. Penso anche che sul restante 90%, però, valga la regola al punto precedente. Le rivelazioni colte grazie all’intuzione valgono come verità solo per chi le coglie, non erga omnes.
P.S. ti prego, scrivi un po’ con l’apostrofo! so che è da pedanti, ma è più forte di me! 🙂
ciao,
Val
"Scusa ma che c’entra "l’orgoglio"?! "
è che di solito non faccio favori ad altre persone che non abbiano il buon gusto di ricambiarmi con del denaro 🙂
"Poi, se lui non poteva suonare il campanello quel giorno, non poteva suonare né per sé e né per te: o che per caso gli avresti chiesto di presentarsi l’indomani a casa di un tuo amico a cui andavi a far visita e suonare lì il campanello per te?:-)"
Ovviamente! 🙂
Ciao!!
ritvan
un piccolo fraintendimento dato dal fatto che aisha farina aveva parlato della giovane sorella diplomatasi con e malgrado il niqab ,e dal concetto riguardante la libertà di abbigliamento, compresi i veli e altri simboli religiosi, che pino rivendicava per studenti e insegnanti .
Ciao Miguel.
Non capisco perché, per affrontare un problema come quello della sensatezza di una proposta di legge repressiva, tu dia tanto spazio – non solo con il link …- alle (attuali) idee di una particolare estremista ideologica, che in quanto tale ha ben poco a che fare con l’Islam che conosco io, e con i musulmani che frequento, dei quali leggo, o che studio (a meno che dell’Islam si abbia l’immagine caricaturale diffusa dai cristianisti di varia estrazione).
L’unico contributo "rilevante" che fornirebbe Aisha F. al tema, sarebbe il fatto (nella sua singolarità piuttosto insignificante) di una ragazzina che ha usato una particolare offerta semiotica per dire, appunto con i segni di un inconsueto linguaggio simbolico, qualcosa di molto diverso da quello che la verbalizzazione ideologica della scelta la spinge a dire (l’Islam, la religione, il Corano, sic!… etc.).
MI sembra ci sia una tendenza di tutti i mezzi di comunicazione (compresi i blog, evidentemente…) a prendere particolarmente sul serio certi personaggi affascinati dalla violenza e dallo scontro, soprattutto sulla base della spettacolarità delle loro dichiarazioni fiammeggianti.
I personali deliri settari della signora Aisha F. sono tanto rappresentativi delle ansie, preoccupazioni, interessi, quotidianità di milioni di musulmani europei (e non solo), quanto i deliri culturalisti della signora Oriana F. delle ansie di quegli indigeni europei che vivono con forme indefinite di disagio la trasformazione delle loro società. (E il fatto è che, poi, , se si dà loro spazio, ideologhe come loro creano di fatto uno pseudo-campo di espressione per il disagio – costretto poi a declinarsi secondo le loro formulazioni).
La cosa per cui provo un immenso sconforto è che delle signore che esprimono un proprio disagio curvando alla violenza un certo vocabolario ideologico, trovino comunque chi dia loro spazio. Analogamentge a Ferruccio de Bortoli, che tu hai criticato in passato in modo assolutamente impeccabile.
Parlando dei "musulmani ordinari", è tanto sciocco rivolgersi per un parere a "guenonisti" alla Pallavicini quando a povere, povere sciagurate che diffondono (in un loro piccolo mondo settario) deliri di odio e di intolleranza spacciandoli per conformità a messaggi divini (cfr. per es. ummusama.wordpress.com/2009/07/04/il-pericolo-dellapostasia-e-la-lotta-contro-la-fitna/)
Giuseppe
Ciao Miguel.
Non capisco perché, per affrontare un problema come quello della sensatezza di una proposta di legge repressiva, tu dia tanto spazio – non solo con il link …- alle (attuali) idee di una particolare estremista ideologica, che in quanto tale ha ben poco a che fare con l’Islam che conosco io, e con i musulmani che frequento, dei quali leggo, o che studio (a meno che dell’Islam si abbia l’immagine caricaturale diffusa dai cristianisti di varia estrazione).
L’unico contributo "rilevante" che fornirebbe Aisha F. al tema, sarebbe il fatto (nella sua singolarità piuttosto insignificante) di una ragazzina che ha usato una particolare offerta semiotica per dire, appunto con i segni di un inconsueto linguaggio simbolico, qualcosa di molto diverso da quello che la verbalizzazione ideologica della scelta la spinge a dire (l’Islam, la religione, il Corano, sic!… etc.).
MI sembra ci sia una tendenza di tutti i mezzi di comunicazione (compresi i blog, evidentemente…) a prendere particolarmente sul serio certi personaggi affascinati dalla violenza e dallo scontro, soprattutto sulla base della spettacolarità delle loro dichiarazioni fiammeggianti.
I personali deliri settari della signora Aisha F. sono tanto rappresentativi delle ansie, preoccupazioni, interessi, quotidianità di milioni di musulmani europei (e non solo), quanto i deliri culturalisti della signora Oriana F. delle ansie di quegli indigeni europei che vivono con forme indefinite di disagio la trasformazione delle loro società. (E il fatto è che, poi, , se si dà loro spazio, ideologhe come loro creano di fatto uno pseudo-campo di espressione per il disagio – costretto poi a declinarsi secondo le loro formulazioni).
La cosa per cui provo un immenso sconforto è che delle signore che esprimono un proprio disagio curvando alla violenza un certo vocabolario ideologico, trovino comunque chi dia loro spazio. Analogamentge a Ferruccio de Bortoli, che tu hai criticato in passato in modo assolutamente impeccabile.
Parlando dei "musulmani ordinari", è tanto sciocco rivolgersi per un parere a "guenonisti" alla Pallavicini quando a povere, povere sciagurate che diffondono (in un loro piccolo mondo settario) deliri di odio e di intolleranza spacciandoli per conformità a messaggi divini (cfr. per es. ummusama.wordpress.com/2009/07/04/il-pericolo-dellapostasia-e-la-lotta-contro-la-fitna/)
Giuseppe
Ciao Miguel.
Non capisco perché, per affrontare un problema come quello della sensatezza di una proposta di legge repressiva, tu dia tanto spazio – non solo con il link …- alle (attuali) idee di una particolare estremista ideologica, che in quanto tale ha ben poco a che fare con l’Islam che conosco io, e con i musulmani che frequento, dei quali leggo, o che studio (a meno che dell’Islam si abbia l’immagine caricaturale diffusa dai cristianisti di varia estrazione).
L’unico contributo "rilevante" che fornirebbe Aisha F. al tema, sarebbe il fatto (nella sua singolarità piuttosto insignificante) di una ragazzina che ha usato una particolare offerta semiotica per dire, appunto con i segni di un inconsueto linguaggio simbolico, qualcosa di molto diverso da quello che la verbalizzazione ideologica della scelta la spinge a dire (l’Islam, la religione, il Corano, sic!… etc.).
MI sembra ci sia una tendenza di tutti i mezzi di comunicazione (compresi i blog, evidentemente…) a prendere particolarmente sul serio certi personaggi affascinati dalla violenza e dallo scontro, soprattutto sulla base della spettacolarità delle loro dichiarazioni fiammeggianti.
I personali deliri settari della signora Aisha F. sono tanto rappresentativi delle ansie, preoccupazioni, interessi, quotidianità di milioni di musulmani europei (e non solo), quanto i deliri culturalisti della signora Oriana F. delle ansie di quegli indigeni europei che vivono con forme indefinite di disagio la trasformazione delle loro società. (E il fatto è che, poi, , se si dà loro spazio, ideologhe come loro creano di fatto uno pseudo-campo di espressione per il disagio – costretto poi a declinarsi secondo le loro formulazioni).
La cosa per cui provo un immenso sconforto è che delle signore che esprimono un proprio disagio curvando alla violenza un certo vocabolario ideologico, trovino comunque chi dia loro spazio. Analogamentge a Ferruccio de Bortoli, che tu hai criticato in passato in modo assolutamente impeccabile.
Parlando dei "musulmani ordinari", è tanto sciocco rivolgersi per un parere a "guenonisti" alla Pallavicini quando a povere, povere sciagurate che diffondono (in un loro piccolo mondo settario) deliri di odio e di intolleranza spacciandoli per conformità a messaggi divini (cfr. per es. ummusama.wordpress.com/2009/07/04/il-pericolo-dellapostasia-e-la-lotta-contro-la-fitna/)
Giuseppe
Per Giuseppe n. 66
Hai toccato dei punti di estremo interesse, e dovrei scrivere un lungo post per risponderti.
Scusami quindi lo stile un po’ telegrafico con cui ti rispondo.
1) Chi viene censurato altrove, ha diritto al doppio di spazio qui a prescindere 🙂
2) Mai cedere al ricatto del "zitto non facciamo conoscere i nostri cattivi, limitiamoci a smascherare i loro cattivi". E’ un meccanismo micidiale, perché tutti si limitano a correre verso una situazione in cui tutti dicono le stesse cose, cioè nessuno dice più niente. E ogni altra forma di pensiero sarà vietata.
3) Aisha Farina non rappresenta affatto tutti i musulmani. Però rappresenta qualcosa che esiste realmente dentro l’Islam, che non è semplicemente una sorta di banale fotocopia del liberalismo occidentale. E qui ci sta tutta la bellissima frase di Francesco:
"certo, se il linguggio dell’esperienza cristiana disturba, è un pò come comprarsi l’opera omnia di Cicciolina e lamentarsi dei nudi …"
4) Il sistema dà incessantemente la caccia agli "estremisti", appoggiato in questo da tutte le persone di buoni sentimenti. E li rappresenta a modo loro. Bene, qui gli estremisti – di tutte le tendenze – hanno il diritto di presentarsi per ciò che sono. E ovviamente non piaceranno; però gli altri hanno l’occasione di valutarli per come sono, non per come vengono rappresentati.
5) Non sarà perché nascondo Aisha Farina sotto il tappeto (o il niqab 🙂 ) che gli altri non la vedranno. I media ne parleranno ugualmente, a prescindere.
6) La storia non consiste semplicemente nell’affannosa caccia alla "convivenza" ottenuta silenziando ogni forma di conflitto.
7) Io non ho alcun obiettivo politico, da realizzare attraverso compromessi, nascondendo realtà spigolose. E non mi interessa più di tanto quello che "gli altri diranno".
Miguel Martinez
Sempre per Giuseppe…
Infine, due cose:
1) Propongono una legge contro le estremiste del niqab. Bene, visto che la legge riguarda loro, sentiamole.
2) Ferruccio De Bortoli non somiglia a Aisha Farina, per un piccolo, enorme particolare. Quando De Bortoli se ne andrà in esilio in Senegal e gli chiuderanno pure i blog, mentre Aisha Farina inveisce contro di lui su un milione di copie del Corriere della Sera, state tranquilli che darò più spazio a lui che a lei.
Miguel Martinez
per Andrea Di Vita, n. 45
La storia del grembiule che servirebbe a nascondere la diversa qualità dei vestiti, e quindi ad "attenuare i segni delle differenze di classe sociale" è una storia che ci raccontavano qualche decennio fa, quando non si era sommersi dalla pubblicità globale e quando anche l’ostentazione più frivola era infinitamente più ingenua di adesso. E le differenze di censo si esprimevano attraverso sottili differenze di stile vero e proprio, di materiali più o meno pregiati, di tagli e cuciti su misura, di abiti di boutique rispetto a quelli da supermercato.
Adesso, le competizioni consumistiche non sono certo di quel genere lì, ma riguardano soprattutto scarpe, zaini, accessori sportivi, telefonini, radio e lettori di musica, che si potrebbero tranquillamente ostentare in evidenza del tutto indisturbata anche se si portasse il grembiule.
Quindi, se mi si dice che il grembiule aiuta l’identificazione con il gruppo classe e può migliorare l’attitudine all’ordine, al rigore e all’accettazione delle regole, ci posso pure credere… ma che serva a ridurre il peso delle differenze di censo, lo trovo davvero implausibile. Forse era valido 40 anni fa, ma sicuramente non oggi.
Lisa
> se mi si dice che il grembiule aiuta l’identificazione con il gruppo classe e può migliorare l’attitudine all’ordine, al rigore e all’accettazione delle regole, ci posso pure credere… ma che serva a ridurre il peso delle differenze di censo, lo trovo davvero implausibile. Forse era valido 40 anni fa, ma sicuramente non oggi.
sicuramente non l’aumenta, ed è più facile da lavare 🙂
(insomma, un pensierino a reintrodurlo io lo farei)
Val
"certo, se il linguggio dell’esperienza cristiana disturba, è un pò come comprarsi l’opera omnia di Cicciolina e lamentarsi dei nudi …"
Miguel, perché consideri bellissima questa frase?
Mi interessa capire se diamo un diverso valore allo stesso significato o se la leggiamo in modo diverso, innanzitutto.
Poi, la questione del linguaggio mi interessa per molti diversi aspetti, di cui spero si riesca a discutere più avanti
Val
Per Francesco #60
”conseguentemente”
La politica si occuopa di cose comuni ai cittadini, quindi i cittadini – a prescindere dalle loro fedi personali – sono coinvolti e devono poter essere messi in condizione di discuterne criticamente. La fede è atto intimo, quindi mettrla in piazza vale come attività di predicazione e/o testimonianza. Come conseguenza del fatto che la scuola pubblica deve essere laica, la scuola ammetterà e incoraggerà la discussione politica, si manterrà invece alla larga dalla predicazione7testimonianza religiosa. Insomma, una classe puo’ essere uno sopazio di discussione, non un palcoscenico per ‘martyroi’.
Ciao!
Andrea Di Vita
Per PinoMamet °58
”loro non concepiscono la cosa, quindi non deve concepirla nessun altro.”
Padronissimi di rinunciare alla salsiccia, ma non di impedire a me di mangiarla. In ditta abbiamo avuto due consulenti turchi. Uno mangiava e beveva, l’altro si è fatto tradurre tutto il menu della mensa per evitare il maiale. Fin qui tutto bene. Pero’ era anche lo stesso che, dovendo pregare verso la mecca cinque volte al giorno e dovendo fare le abluzioni prima di ogni preghiera, fu sorpreso da una segretraria in bagno mentre si lavava i piedi nudi nel lavandino del bagno dell’ufficio. Alla larga!
”no, da vera laica, e reggiana testa quadra, non lo ha suonato perché lei "quelle cose non le concepisce".”
Più che laica, maleducata. Nemmeno io le concepisco. Pero’ se uno in sedia a rotelle mi chiede per favore di premergli il pulsante dell’ascensore perchè lui non ci arriva, gli faccio il favore volentieri. Allo stesso modo, se uno si riduce al punto di non schiacciare il pulsante perchè il Talmud vieta di accendere fuochi di sabato (e il fuoco è una forma di elettricità, per cui la scintilla innescata dallo schiacciamento delpulsante è equiparata al fuoco da parte di alcuni rabbini della scuola di Lubavitch) allora è l’equipollente di un handicappato e merita la stessa premurosa cortesia di uno sula sedia a rotelle.
Ciao!
Andrea Di Vita
Per Lisa #69
”Forse era valido 40 anni fa, ma sicuramente non oggi.”
Oggi come ieri, l’abito fa il monaco. Non conta solo il nascondere le differenze di censo, ma il sottolineare anche visivamente il senso di appartenenza ad una comunità.
Anche quando escono dalle mura di casa i ragazzi/ragazze sono personalità in formazione, dunque per definizione non hanno ancora una personalità abbastanza forte da affermarsi al di fuori di un gruppo. Allora è molto meglio che l’identità di gruppo gliela fornisca la scuola stessa.
Togliete il grembiule ai ragazzi/ragazze e si faciliterà il loro raggrupparsi in branchi, questi sì al di fuori di ogni regola soggetti alla sola legge del più forte.
Persino nei luoghi dove a differenza della scuola l’esigenza educativa non è prioritaria (penso agli ospedali, ai monasteri o alle caserme) questo rimane vero.
Ad esempio, in caserma non si dà la stessa uniforme a tutti per nascondere le differenze di senso ma con una funzione positiva: l’affermazione anche visiva della uguaglianza (di fronte al dovere) e dell’appartenenza a un gruppo. Per esperienza personale posso dire che c’e’ una diretta corrispondenza fra il grado di trasandatezza medio dell’uniforme dei soldati e la frequenza di atti di prevaricazione, piccoli furti, violenze private ecc. Non a caso i cosiddetti ‘nonni’ si fanno un vanto di portare l’uniforme stazzonata. Addirittura, in guerra le spie catturate si fucilano solo se prive di divisa, mentre vanno trattate da prigionieri secondo la convenzione di Ginevra se in divisa. Non a caso i peggiori crimini di guerra sono stati compiuti da sempre da formazioni non appartenenti agli eserciti regolari (milizie, SS, vigilantes, bestie di Arkan, khmer rossi ecc.). Lo spirito di corpo di cui la comune divisa è la prima manifestazione e il primo stimolo è la prima barriera contro le prevaricazuioni di ogni sorta all’interno del corpo stesso.
Ciao!
Andrea Di Vita
Ciao Miguel.
Scusa tu, se – cercando di rispondere alle tue osservazioni – scriverò un commento piuttosto lunghetto. Cercherò di spezzarlo in tre parti.
1) Chi viene censurato altrove, ha diritto al doppio di spazio qui a prescindere 🙂
Questa riaffermazione del principio della libertà di parola si scontra con il problema costitutivo di tutti i media (tra cui vi è appunto anche il tuo blog). Il problema fondamentale dei media non è il rispecchiamento del “mondo”. E non solo per questioni ideologiche. Ci sono limiti strutturali molto più importanti. Di fronte a un enorme numero quotidiano di “fatti”, opinioni, prese di posizione, etc. ogni medium deve scontrarsi con la necessità di una scelta impietosa, una scelta che ha poi per conseguenza la costruzione del mondo fittizio costituito dagli elementi che sono passati attraverso quella selezione.
Lo stesso vale per un blog. È chiaro che il tuo blog ha uno spazio limitato da offrire, e le esperienze che potrebbe in teoria presentare (anche quelle altrove censurate) sono innumerevoli.
Così non è preciso affermare in modo generale che “chi viene censurato altrove, ha diritto al doppio di spazio qui”. C’è un numero enorme di posizoni censurate nella nostra società che, per forza di cose, non possono entrare tutte nel tuo blog. E se lo facessero non si tratterebbe appunto più del tuo blog. Un esperimento illuminante su meccanismi di questo genere è stato fornito dalle non-stop a microfono aperto di radioradicale negli anni 80.
Il tuo blog non è (per fortuna) un Hyde Park. È molto più simile a una testata giornalistica. E anche nel tuo blog il ruolo della selezione dei contenuti, della “scelta redazionale”, è assolutamente centrale.
A una di queste scelte si indirizzavano le mie perplessità.
2) Mai cedere al ricatto del "zitto non facciamo conoscere i nostri cattivi, limitiamoci a smascherare i loro cattivi". E’ un meccanismo micidiale, perché tutti si limitano a correre verso una situazione in cui tutti dicono le stesse cose, cioè nessuno dice più niente. E ogni altra forma di pensiero sarà vietata.
Credo che qui ci sia un malinteso. Io non mi sento parte di nessun “noi” collettivo, e tantomeno lo contrappongo a un “loro”. La signora Aisha F. non fa parte né dei miei “buoni”, né dei miei “cattivi”. La mia obiezione era più semplice: la signora Aisha F. non ha nulla di socialmente rilevante da dire sul problema del niqab. Lei in merito ha solo i suoi personali fantasmi, e la sua interpretazione del testo coranico e della Sunna, che non sono appunto affatto quelli della stragrande maggioranza dei musulmani che vivono in Europa: e sono loro, proprio questi musulmani “ordinari”, che vivono l’interazione problematica (per ora) di due (o più) codici semiotici, in una complessa fase di adattamento reciproco.
Quanto all’osservazione che (solo?) la dissonanza offerta da posizioni come quella della nostra sciagurata Aisha scongiurerebbe il rischio di un mondo “dove tutti dicono le stesse cose, e cioè niente”, mi sembra che parta da una concezione irrealistica della genesi e del funzionamento dei sistemi di discorso.
Provo a fare un esempio semplice: chi, prima del neolitico, avesse espresso il timore apocalittico che una sorta di consenso generale contro il cannibalismo (o, molti secoli dopo, contro la caccia alle streghe) sarebbe stato “un meccanismo micidiale, perché tutti si [sarebbero limitati] a correre verso una situazione in cui tutti dicono le stesse cose, cioè nessuno dice più niente. E ogni altra forma di pensiero sarà vietata”, avrebbe avuto profondamente, e radicalmente, torto. Il fatto anzi che si giunga a linguaggi condivisi è la precondizione per lo sviluppo di nuove opposizioni. I nostri attuali linguaggi ideologici (compresi quelli “religiosi”: l’islam, il cristianesimo, la teosofia, etc.) sono tutti, senza eccezione, frutti di ibridazioni, e convergenze del tipo di quelle che tu sembri temere.
Ma non hanno affatto indotto tutti a "dire la stessa cosa".
Parte prima – continua … (temo 🙂
Seconda (e ultima) parte …
3) Aisha Farina non rappresenta affatto tutti i musulmani. Però rappresenta qualcosa che esiste realmente dentro l’Islam, che non è semplicemente una sorta di banale fotocopia del liberalismo occidentale. […]
Ci sono diverse posizioni dentro l’Islam che non sono tutte “banali fotocopie del liberalismo occidentale”. Rispetto a questa pluralità, la posizione di A. F. si caratterizza in particolare per una forma di ottusa ferocia.
Un’Islam diverso dal modello (in realtà dai modelli, spesso perfino contraddittori) del liberalismo non assume per forza di cose la forma di un delirio di intolleranza.
Il punto non è affatto il linguaggio di una presunta “esperienza” (cristiana o islamica): questa esperienza è una costruzione fittizia a posteriori, altamente intellettualizzata. Questa presunta “esperienza” è ideologia.
4) Il sistema dà incessantemente la caccia agli "estremisti" […]. E li rappresenta a modo loro. Bene, qui gli estremisti – di tutte le tendenze – hanno il diritto di presentarsi per ciò che sono. […].
Nel caso particolare, direi che gli schemi idioti e superficiali con i quali vengono rappresentati sono forse meno sgradevoli della loro autopresentazione :-).
5) Non sarà perché nascondo Aisha Farina sotto il tappeto (o il niqab 🙂 ) che gli altri non la vedranno. I media ne parleranno ugualmente, a prescindere.
Mi sembra che tu abbia un’immagine imprecisa delle “paure” degli italioti. È un lavoro immenso (e spossante) sforzarsi di mostrare a quelle persone "impaurite", ideologizzate, aggressive, che i loro fantasmi non hanno nulla a che fare con la realtà (come facevi giustamente osservare tu, zero morti in “attentati terroristici islamici” in Italia negli ultimi venti anni).
Ora, presentare il punto di vista di una persona che (in questo momento) rappresenta in modo caricaturale quelle paure, mi sembra non aiuti molto a capire.
6) La storia non consiste semplicemente nell’affannosa caccia alla "convivenza" ottenuta silenziando ogni forma di conflitto.
“Storia” qui è usata in senso ambiguo: se intendi quello che ci mostra l’esperienza, è chiaro che i conflitti sono costantemente presenti (anche all’interno dell’Islam, come è ovvio). E non è mai stato possibile per nessuno silenziare ogni forma di conflitto.
Se per “storia” intendi gli sforzi di singoli di intervenire in questo tessuto di conflitti e lacerazioni, allora non ogni conflitto merita di esere valorizzato. Anzi l’azione ideologica, o politica, nella "storia" consiste fondamentalmente nel silenziare alcune forme di conflitto, nel rifunzionalizzarne alcune, nel trascurarne altre come irrilevanti etc.
7) Io non ho alcun obiettivo politico […]. E non mi interessa più di tanto quello che "gli altri diranno".
Mi sembra che l’intero tuo blog sia, di nuovo per fortuna, la più radicale smentita del fatto che non saresti interessato a quelo che altri diranno/dicono etc.
Anzi, l’aspetto migliore della controinformazione (scusa il brutto termine …) che spesso riesci a costruire sta proprio nella sua costituzionale apertura all’essoterico, alla doxa, alle opinioni, all’immaginario, ai discorsi … a quello che gli altri dicono, diranno etc. (uno dei pregi del tuo lavoro è la cura anche stilistica, l’accurata scelta lessicale etc.).
8) Propongono una legge contro le estremiste del niqab. Bene, visto che la legge riguarda loro, sentiamole.
Umm, così sembri prendere sul serio, letteralmente, la motivazione ufficiale della proposta di legge. In realtà l’obiettivo degli estensori della proposta di legge riguarda tutt’altro. Visibilità mediatica, lavorio per la costruzione costante di forme di allarme sociale, di differenza, di timore, etc.
Il niqab e le motivazioni delle donne che lo usano sono del tutto pretestuose.
9) Ferruccio De Bortoli non somiglia a Aisha Farina, per un piccolo, enorme particolare. […]
Qui non sono evidentemente riuscito a esprimere con chiarezza il parallelo: io non notavo alcuna somigliana tra Ferruccio e Aisha (chiamamoli così). Notavo che di fatto, l’operazione che aveva compiuto lui dando voce ai deliri “politicamente scorretti” di una persona come Fallaci, era analoga a quella che (redazionalmente) compivi tu con la scelta di dedicare spazio a un’ideologa la cui visione del mondo – come quella di O.F.- trasuda odio e intolleranza (per altri esseri umani, e non tanto per i modi di organizzare i loro rapporti).
Giuseppe
Per Andrea Di Vita,
73 e 74;
incredibile, sono d’accordo quasi del tutto col suo secondo intervento, e quasi per niente col primo.
Parto da questa farse:
"Padronissimi di rinunciare alla salsiccia, ma non di impedire a me di mangiarla"
come darti torto?
peccato però che in Italia la situazione sia quella opposta, cioè qualcuno è padronissimo di mangiare la salsiccia, e vorrebbe imporre di mangiarla anche ad altri.
Perché "noi la mangiamo" (balla: io non la mangio) o perché "non mangiarla è un’assurdità medievale", il risultato è sempre lo stesso.
Non è la mensa halal o kosher a essere imposta a tutti: casomai è il contrario.
E poi uno che segue un’interpretazione letteralistica o integrale dei suoi testi sacri non è un handiccapato: è una persona dotata di cervello che sa di andare incontro a delle conseguenze, che possono comprendere la mia amica maleducata e testa quadra, oppure io che ritengo che un favore non ricambiale equivalga a un lavoro e perciò debba essere pagato 🙂 ecc. ecc.
Invece sono abbastanza d’accordo su quanto dici delle divise, che hanno a sinistra una cattivissima fama assai poco meritata.
Ciao!!
>….lo stesso che, dovendo pregare verso la mecca cinque volte al giorno e dovendo fare le abluzioni prima di ogni preghiera, fu sorpreso da una segretraria in bagno mentre si lavava i piedi nudi nel lavandino del bagno dell’ufficio. Alla larga!ADV<
Qual era il problema? O che per caso quel lavandino veniva usato per mangiarci dentro (come suggeriva lo slogan di una pubblicità di qualche tempo fa)?:-)… E metterci un bidet in quel bagno, no, eh?
Ciao
Ritvan (sloggato)
Eh no, questa no, ragazzi, nun je la pozzo fare…
Sono appena uscita da un thread chilometrico (all’incirca 500 messaggi in totale) in cui le frequentatrici di un forum ad altissima densità di Mamme Italiane Medie si scannavano sulla discussione se lavarsi i piedi nel lavandino fosse sconcio o no, e se fosse antiigienico o no… 🙁
Lisa
Per Ritvan #78
Si vede che non ti ci sei trovato. Di solito la preghiera del muslumano ha anche scadenze pomeridiane, e dopo una certa ora i piedi puzzano. Anche quella dei fedeli osservanti.
(e poi siamo a Genova, e i bidet costano)
Ciao!
Andrea Di Vita
Per Pino Mamet
”peccato però che in Italia la situazione sia quella opposta, cioè qualcuno è padronissimo di mangiare la salsiccia, e vorrebbe imporre di mangiarla anche ad altri.
Perché "noi la mangiamo" (balla: io non la mangio) o perché "non mangiarla è un’assurdità medievale", il risultato è sempre lo stesso.
Non è la mensa halal o kosher a essere imposta a tutti: casomai è il contrario.”
Ma quando mai. Ma se siamo pieni fino agli occhi di vegetariani, crudisti, vegani, celiachici, allergici, intolleranti, salutisti, testimoni di geova (che non mangiano il sanguinaccio di carnevale), cattolici praticanti che non mangiano carne di venerdì, ebrei che mangiano sloo kosher, musulmani che mangiano solo halal…(o che ce li ho tutti io in ditta? Nessun altro ne incontra mai?) Se cominciamo a stare dietro a tutti, non se ne esce più. Liberissimo uno di guiardare disgustato la mia bistecca al sangue e il mio sanguinaccio, liberissmo io di mangiarla.
”E poi uno che segue un’interpretazione letteralistica o integrale dei suoi testi sacri non è un handiccapato: è una persona dotata di cervello che sa di andare incontro a delle conseguenze”
Precisamente. Se sceglie di comportarsi come un handicappato, ne paghi le conseguenze e non rompa le scatole al resto del mondo.
Ciao!
Andrea Di Vita
x Val 63
> va là che elencando gli autori di prosa e di poesia proposti alle bovine menti dei ciellini potresti proseguire per pagine e pagine
va là che son sempre gli stessi da trent’anni, riproposti sempre nella versione parziale che si adatta allo schema ciellino (va bene il Pasolini tormentato e "reazionario", non quello comunista e omosessuale, ecc.)
a prescindere dal fatto che il Pasolini comunista è patetico e banale, se viene consigliato un libro poi il giudizio è di chi legge. più di questo, cosa può fare una guida? la libertà è sempre personale. io ci trovo più libri di quanti farò in tempo a leggerne, e spesso neppure mi fanno voglia (troppe aperture a sinistra per un ex-montanelliano) ma trovo difficile negare l’apertura mentale (o ti mancano Odifreddi e Pemmac?)
> cosa intendi per sensazioni? perchè ho il sospetto che detto campo copra il 90% della vita umana
questa è la solita obiezione. e allora? ciò dimostra che la verità è un concetto che è meglio tener fuori dalla vita umana!
sbagliato, dimostra che il tuo concetto di verità è assai poco utile per la vita umana ….
> e il 100% del senso della vita umana.
Molto probabile. Ma le tue sensazioni determinano il 100% del senso della tua vita, non della mia. E questo vale per ogni testa pensante ed ogni cuore desiderante sulla faccia della terra.
scusa, chi ha detto che le sensazioni (usiamo pure questo sostantivo) in quanto personali siano soggettive, incomunicabii, ingiudicabili, arbitrarie? mi pare un trucchetto sofistico di basso livello.
> un pò troppo per attaccarsi come cozze al 10% che può essere conosciuto con la scienza, non pensi?
Sì che lo penso. Penso anche che sul restante 90%, però, valga la regola al punto precedente. Le rivelazioni colte grazie all’intuzione valgono come verità solo per chi le coglie, non erga omnes.
"solo per chi le coglie", quindi per tutti quelle che lo colgono, mi basta e avanza.
P.S. ti prego, scrivi un po’ con l’apostrofo! so che è da pedanti, ma è più forte di me! 🙂
chiedo umilmente scusa, ho gravi lacune in ortografia.
ciao
Francesco
PS la tua "regola di vita" è ben peggio di quella dei templari
Ma quando mai. Ma se siamo pieni fino agli occhi di vegetariani, crudisti, vegani, celiachici, allergici, intolleranti, salutisti, testimoni di geova (che non mangiano il sanguinaccio di carnevale), cattolici praticanti che non mangiano carne di venerdì, ebrei che mangiano sloo kosher, musulmani che mangiano solo halal…(o che ce li ho tutti io in ditta? Nessun altro ne incontra mai?)
maria
anche in alcuni ospedali già si servono pasti differenziati per etnia
"maria
anche in alcuni ospedali già si servono pasti differenziati per etnia"
Mi sembra cosa buona e giusta
(quello dell’alimentazione è un tema che mi appassiona molto, perché le mie abitudini alimentari mi alienano da gran parte della cucina italiana, e da quasi tutta quella locale; eppure- e io sono di gusti mooooolto difficili- qualcosa rimedio sempre; segno che alla fine non ci vuole molto per accontentare un po’ tutti)
>Di solito la preghiera del muslumano ha anche scadenze pomeridiane, e dopo una certa ora i piedi puzzano…ADV<
Già, ma anche la cacca, a quanto mi risulta:-). O che per caso in quel bagno era vietato anche cagare?:-)
Ciao
ebbene lo confesso, :-)anch’io nel bagno dell’ufficio in estate, nel pomeriggio prima di uscire, talvolta mi sono lavata i piedi nel lavandino perchè non tornavo immediatamente a casa, avendo cura poi di ripulire bene…
Scusate, gente, ma voi siete abituati a lavarvici le mani, nel lavandino, o no? Magari essendo appena rientrati da fuori, ed averle tenute direttamente a contatto con maniglioni di autobus, manubri di biciclette, borse e zaini strascicati ovunque, carrelli di supermercati, corrimani di scalinate pubbliche o di scale mobili, pulsanti di ascensori e di bancomat, monete e banconote passate attraverso migliaia di mani diverse…
Di sicuro (a meno di non far parte di una bizzarra conventicola di barefooters ideologici) mediamente le mani sono MOLTO più zozze dei piedi.
E allora quale sarebbe il problema sull’anti-igienicità dei piedi, che se ne stanno mediamente protetti dalle scarpe per quasi tutta la giornata, e che quindi non vengono quasi mai a contatto con polvere, terra, fango, schifezze e promiscuità varie?
Solo perché i piedi sudano di più? Ma allora che differenza c’è con lo sciacquarsi le ascelle, o il collo, specialmente in piena estate?
Oppure perché comportano maggior vicinanza di "secrezioni" intime? E allora come la si vede l’abitudine (assolutamente sdoganata, e anzi apprezzata) di lavarsi i denti nello stesso lavandino, con relativi sputacchi?
Boh, qua mi sa che torniamo al discorso che si faceva giorni fa, sulla confusione sistematica tra "igiene" e "decoro sociale"…
Lisa
>>> cattolici praticanti che non mangiano carne di venerdì
e basta, è una regola che è stata abrogata decenni fa!!!
e si dice celiaci, che sono degli invasati ma dei malati
uffa
Francesco
Francesco: se la regola è stata abrogata decenni fa, come mai appena pochi mesi fa alcuni comuni hanno pensato bene di modificare il menu delle mense scolastiche APPOSTA per i venerdì di quaresima, sollevando una bufera che la metà basta?
Senza contare che normalmente, anche tra chi rispetta rigorosamente la regola, i bambini sono sempre stati esentati, quindi le scuole erano esattamente il luogo meno adatto per rivangarla…
Lisa
>Di solito la preghiera del muslumano ha anche scadenze pomeridiane, e dopo una certa ora i piedi puzzano…ADV<
Aggiungo che che il "muslumano":-) si dovrebbe lavare i piedi (e altro) per ben 5 volte nell’arco della giornata, prima di ogni preghiera. E mi sembra difficile che a queste condizioni i suoi piedi puzzino, a meno che il tizio non soffra di una certa sindrome chiamata "bromidrosi" (ovvero "sudorazione fetida"). Sù, kompagno, non mi fare l’islamofobo!:-)
ADV,
a parte che le SS non erano irregolari, ma militarmente inquadrate con tanto di divisa e mostrine, la scuola non è una caserma, né lo è l’università. E francamente non vedo la necessità di vestire gli studenti come tanti piccoli Balilla (o Pionieri, che è lo stesso).
Z.
Lisa,
— Francesco: se la regola è stata abrogata decenni fa, come mai appena pochi mesi fa alcuni comuni hanno pensato bene di modificare il menu delle mense scolastiche APPOSTA per i venerdì di quaresima, sollevando una bufera che la metà basta? —
Francesco ha ragione, a quanto ne so.
Detto questo, ci sono alcuni cattolici che decidono di non mangiar carne il venerdì di Pasqua, altri che decidono di non mangiar carne tutti i venerdì di Quaresima e altri ancora che durante i venerdì di Quaresima digiunano.
Z.
Pino,
— quello dell’alimentazione è un tema che mi appassiona molto, perché le mie abitudini alimentari mi alienano da gran parte della cucina italiana, e da quasi tutta quella locale —
Dsgrazié.
;-))
Z.
"ADV,
a parte che le SS non erano irregolari, ma militarmente inquadrate con tanto di divisa e mostrine, la scuola non è una caserma, né lo è l’università. E francamente non vedo la necessità di vestire gli studenti come tanti piccoli Balilla (o Pionieri, che è lo stesso).
Z."
C’hai ragione sulle SS, che mi immagino assai puntigliose in materia di regolamenti;
però, mentre il mito "de destra" attribuisce grandi poteri taumaturgici all’uniforme in materia di miglioramento morale, la vulgata uguale e contraria "de sinistra" sostiene che il solo contatto con una divisa provochi effetti collaterali quali spirito autoritario, incapacità di pensiero autonomo, fascismo.
Ora, uniforme o divisa non vuol mica dire automaticamente quella degli Avanguardisti, ma neppure quella dei boyscout;
vuol dire un abito uguale per tutti gli appartenenti a un’organizzazione, che ne so, l’Assistenza pubblica, i Carmelitani, la squadra di baseball di Collecchio.
Alle Elementari noi si portava il grembiulino, e questo non comportò, che io sappia, l’insorgere di fascismo in nessuno.
La scuola veneta che ti dicevo prevede felpa e maglietta uguali per tutti, con il logo della scuola medesima, mica l’orbace o le mostrine dei Fallschirmjaeger.
Un abbigliamento scolastico uniforme, che susciterebbe enormi clamori in Italia ma mi pare abbastanza comune (anche se non generale) in altre latitudini, non cancellerebbe per magia le differenze di classe sociale, naturalmente; ma le appianerebbe e le metterebbe un po’ in secondo piano.
Ciao!!
PS
Lo so, ma non ce la posso fare a mangiare formaggi e maiali morti :-((
🙂
@ Ritvan Shehi … ok per la maggiore età, ma lo sai : si è sempre "più femministi", con le figlie degli altri !
@ Lisa … visto quanto sei ferrata in MIM (Mamme Italiche Medie) e confusioni sociali igiene-decoro, posso suggerirti di farne il prossimo post sul tuo blog ?
Sarebbe un peccato se tutte queste "info" e considerazioni andassero perdute fra i commenti, no ?
XXX
#27
09:47, 26 ottobre, 2009
Per Ritvan #90
”"bromidrosi"”
Ah, si chiama così? Ecco, appunto quella cosa lì.
Ciao!
Andrea Di Vita
#27
09:47, 26 ottobre, 2009
Per Ritvan #90
”"bromidrosi"”
Ah, si chiama così? Ecco, appunto quella cosa lì.
Ciao!
Andrea Di Vita
#27
09:47, 26 ottobre, 2009
Per Ritvan #90
”"bromidrosi"”
Ah, si chiama così? Ecco, appunto quella cosa lì.
Ciao!
Andrea Di Vita
Pino,
— però, mentre il mito "de destra" attribuisce grandi poteri taumaturgici all’uniforme in materia di miglioramento morale, la vulgata uguale e contraria "de sinistra" sostiene che il solo contatto con una divisa provochi effetti collaterali quali spirito autoritario, incapacità di pensiero autonomo, fascismo. —
Cosa dica la vulgata di sinistra non saprei.
Quel che dico io è che mi pare fantasiosa – per non dire di peggio – l’idea di tentare il recupero a suon di grembiulini quella coesione sociale che la società ha irrimediabilmente perduto da decenni.
La divisa dei Fallschirmjaeger un senso ce l’aveva eccome. E pure quella della Folgore. Ma nella Folgore si entra volontari: a scuola tocca andarci, se non si aspira a diventare manovali non qualificati.
Però ammetto che sarei curioso di vedere l’effetto che fa costringere tutte le matricole del DAMS a rasarsi i capelli corti, a togliere gli orecchini, a raschiarsi via i tatuaggi visibili e a indossare il grembiulino nero 🙂
Z.
"E con tutto il rispetto per i convertiti, credo che musulmani si debba nascere: un certo ritmo di vita, un sottile modo di impostare le cose, è qualcosa che non è possibile copiare."
Ehm, ehm, ehm… Gentile e colto Miguel, mi spiace dissentire ma… Ti ricordo che il Profeta stesso ss nonostante fosse già hanif, puro monoteista come ben saprai, è diventato anch’esso musulmano all’età di quarant’anni… Mica poi bisogna copiar nulla da nessuno. Il tutto, modo di vivere, atteggiamento pacato, etc. col tempo viene da sé, con l’aumento della propria fede, se Dio vuole… Musulmani non si nasce nè si diventa, a parer mio: musulmani si è destinati ad essere. Ciao Aisha (non Farina, n’antra, che comunque saluto), una "convertita" 🙂
x Z 92
Quaresima e Venerdì Santo sono periodi speciali, in cui in effetti sono previsti astensione della carne e digiuno.
ma qui nessuno ha precisato che si parlasse di quei limitati periodi
Francesco
"Cosa dica la vulgata di sinistra non saprei"
Apposta ci sto io a dirtelo 🙂
"Quel che dico io è che mi pare fantasiosa – per non dire di peggio – l’idea di tentare il recupero a suon di grembiulini quella coesione sociale che la società ha irrimediabilmente perduto da decenni."
Se la ha perduta, lo avrà fatto pur per qualche motivo, e se c’è una causa, ci sarà anche un rimedio.
Far capire agli studenti che lo studio che hanno intrapreso, perlomeno in ambiente scolastico, ha più valore del conto in banca di papà, non mi sembra una cattivissima idea. E un abbigliamento uniforme, tanto per cominciare (perché da qualche parte si dovrà pur cominciare) aiuterebbe anzichenò.
"La divisa dei Fallschirmjaeger un senso ce l’aveva eccome. E pure quella della Folgore."
Sì, ed era esattamente lo stesso senso della divisa di Marines americani, o della squadra di baseball di Collecchio, se è per questo, cioè farsi riconoscere come membri di una organizzazione, evitando magari di essere scambiati per gli avversari.
"Ma nella Folgore si entra volontari"
Ai miei tempi c’era il servizio di leva, e l’uniforme la portavano tutti, mica i solo i parà.
Peraltro i tuoi esempi presi dall’ambito militare dimostrano che la vulgata di sinistra è viva e vegeta 😉
Uniforme, ti ripeto, non è mica sinonimo automatico di uniforme militare, tantomeno di "uniforme militare in odore di fascismo".
Significa un abito uguale per tutti.
C’è mica bisogno di arruolarsi nella Folgore per vederla.
Basta andare in un ospedale, in una squadra sportiva, in una banda di paese…
"Però ammetto che sarei curioso di vedere l’effetto che fa costringere tutte le matricole del DAMS a rasarsi i capelli corti, a togliere gli orecchini, a raschiarsi via i tatuaggi visibili e a indossare il grembiulino nero :-)"
Esagerato! Io prospettavo camicia o maglietta uguale per tutti gli studenti di una scuola media, tu addirittura vorresti imporre il grembiule nero agli universitari;
che, in un mondo perfetto, dovrebbero essere abbastanza maturi per sapere trovare l’originalità artistica in cose un po’ più originali di orecchini e tatuaggi;
che, mi rendo conto quando vado in spiaggia, sono ormai una vera uniforme 🙂
Ciao!
Pino,
— Se la ha perduta, lo avrà fatto pur per qualche motivo —
Senza dubbio.
— e se c’è una causa, ci sarà anche un rimedio —
No, non necessariamente. Se ci fosse un rimedio a ogni problema la vita sarebbe più semplice 🙂 Naturalmente, se anche un rimedio vi fosse, dubito passerebbe per ia divisa scolastica.
— Sì, ed era esattamente lo stesso senso della divisa di Marines americani, o della squadra di baseball di Collecchio —
Anche nei Marinz e nel Collecchio Baseball si entra volontari. A scuola ci si va per amore o per forza: di regola, per forza. Più calzante quindi il paragone con la divisa dei carcerati, laddove esiste ancora 🙂
— Ai miei tempi c’era il servizio di leva —
E non è che questo valesse a renderli tempi migliori, ammetterai.
— Peraltro i tuoi esempi presi dall’ambito militare dimostrano che la vulgata di sinistra è viva e vegeta 😉 —
Veramente l’esempio dei Fallschirmjaeger era tuo. Io ho citato la Folgore propio come esempio parallelo di un corpo aviotrasportato che non operi in un regime, come diresti tu, in odore di fascismo. Peraltro, che io sia "di sinistra" è cosa discutibile e assai discussa 🙂
— Esagerato! Io prospettavo camicia o maglietta uguale per tutti gli studenti di una scuola media, tu addirittura vorresti imporre il grembiule nero agli universitari —
No, Pino, perdonami: se a mio figlio dev’essere imposta una divisa alle medie come all’epoca delle case chiuse e del reato di concubinato, io semplicemente pretendo che col comunistume zozzoso e immaturo del DAMS si faccia altrettanto 🙂
— che, in un mondo perfetto, dovrebbero essere abbastanza maturi per sapere trovare l’originalità artistica in cose un po’ più originali di orecchini e tatuaggi —
Il mondo reale assomiglia a un mondo perfetto tanto quanto io assomiglio a Carlo Federico Grosso 🙂
Z.
"Anche nei Marinz e nel Collecchio Baseball si entra volontari. A scuola ci si va per amore o per forza: di regola, per forza. Più calzante quindi il paragone con la divisa dei carcerati, laddove esiste ancora :-)"
Daje.
Vabbè, invece dell’USMC eccoti il buon vecchio esercito italiano di leva, dove si andava per forza;
ma eccoti anche diverse altri lavori, che io ti cito sempre e tu non mi contesti mai, dove si sta vestiti tutti uguali senza che ci si senta "carcerati":
infermieri e paramedici in generale, spazzini, vigili del fuoco, personale degli alberghi ecc.
Mi dirai che nessuno è obbligato a fare il vigile del fuoco o l’autista di ambulanze.
Vero, però una volta che accetti di farlo accetti anche l’abbigliamento adeguato, quindi l’obbligo c’è.
"– Ai miei tempi c’era il servizio di leva —
E non è che questo valesse a renderli tempi migliori, ammetterai."
Infatti non l’ho scritto per questo motivo, per contestarti il punto che ricontesto qua sopra, vale a dire che nei corpi militari, a differenza che a scuola, si entra volontari.
"Veramente l’esempio dei Fallschirmjaeger era tuo."
Tu però lo hai accettato, rigirandolo a tuo modo; io ti contesto l’uso che tu ne hai fatto.
I"o ho citato la Folgore propio come esempio parallelo di un corpo aviotrasportato che non operi in un regime, come diresti tu, in odore di fascismo"
Ah basta dirlo; perché sai, la Folgore è regolarmente citata come reparto proprio "in odore di fascismo", indipendentemente da chi governi oggi in Italia.
Lieto di sapere che non condividi certi pregiudizi e non identifichi l’uniforme, neanche quella dei militari più "convinti", con il fascismo.
🙂
"No, Pino, perdonami: se a mio figlio dev’essere imposta una divisa alle medie come all’epoca delle case chiuse e del reato di concubinato…"
A dire il vero, correggimi se sbaglio, mi pare che la scuola pubblica italiana non abbia mai imposto altra uniforme che non il famigerato grembiulino delle Elementari;
non so neppure se questo fosse in vigore al tempo che dici, però si usava quando ho fatto le Elementari io
(le case chiuse erano già chiuse da un pezzo).
Inoltre, mentre ignoro le leggi inglesi, indiane, giapponesi e di diversi paesi africani in tema di prostituzione e di concubinato, so per certo che in molte scuole di queste zone l’uniforme c’è tuttora, e trovo bello, per niente fascista e molto democratico, vedere degli studenti africani, magari poverissimi, indossare con orgoglio la camicia e i pantaloni della loro scuola.
"Il mondo reale assomiglia a un mondo perfetto tanto quanto io assomiglio a Carlo Federico Grosso :-)"
Guarda, io non sono un grande idealista, ma se qualcosa si può cambiare non vedo perché non farlo.
Ciao!! 🙂
Errata corrige:
"non l’ho scritto per questo motivo, MA per contestarti il punto…"
PS
Ma a me, poi, che me frega delle divise a scuola?
Però l’equazione divisa = fascistone militarista no, dai…
🙂
Ciao!!
Pino,
— Mi dirai che nessuno è obbligato a fare il vigile del fuoco o l’autista di ambulanze. —
…mentre a scuola ci si deve andare volenti o nolenti? Sì, probabilmente dirò qualcosa del genere 🙂
— Vero, però una volta che accetti di farlo accetti anche l’abbigliamento adeguato, quindi l’obbligo c’è. —
Anch’io metto la "divisa" laddove richiesto. E siccome non sono ostile alle divise – ricordo bene, e anzi cito spesso, una tua osservazione sull’esercito israeliano – non lo trovo qualcosa di insensato, affatto. La differenza è che ho deciso liberamente di intraprendere una certa strada, mentre a scuola – specie alle elementari e alle medie – tocca andarci per forza (in Italia è pure obbligatorio per legge).
— Infatti non l’ho scritto per questo motivo, per contestarti il punto che ricontesto qua sopra, vale a dire che nei corpi militari, a differenza che a scuola, si entra volontari. —
Nell’Italia di oggi, vi si entra volontari. E’ dell’Italia di oggi che si sta discutendo, non di quella di ieri. Dove non stupisce che vigessero le divise per gli scolari, per numerose ragioni non necessariamente contestabili.
— Ah basta dirlo; perché sai, la Folgore è regolarmente citata come reparto proprio "in odore di fascismo", indipendentemente da chi governi oggi in Italia. —
E ti dirò: stando a testimonianze dirette di persone a me vicine, che nella Folgore hanno militato, non si tratta necessariamente di un becero pregiudizio. Ciò non toglie 1) che l’Italia non sia un paese fascista e 2) che ogni corpo militare debba avere un’uniforme, per ragioni più che ovvie e che col fascismo hanno poco o nulla a che spartire. Ripeto, non sono ostile alle divise in quanto tali.
— A dire il vero, correggimi se sbaglio, mi pare che la scuola pubblica italiana non abbia mai imposto altra uniforme che non il famigerato grembiulino delle Elementari —
Dipende al periodo a cui ti riferisci. Negli anni Sessanta la divisa alle medie – e persino alle superiori – era tutt’altro che rara. Parlo naturalmente di scuole pubbliche, non private.
— Inoltre (…) trovo bello, per niente fascista e molto democratico, vedere degli studenti africani, magari poverissimi, indossare con orgoglio la camicia e i pantaloni della loro scuola. —
Su questo non hai tutti i torti, devo ammettere. Anzi, hai pure una bella fetta di ragione. Mi verrebbe da risponderti che l’Italia non è l’Africa (ancora per poco, temo) ma in realtà devo ammettere che questo argomento è di per sé molto valido.
Però trovo che sarebbe fuori luogo, in nome della divisa, costringere qualcuno a violare un precetto religioso. E resto fermo, anzi fermissimo sulla rasatura dei pidocchiosi del DAMS 🙂
Z.
Direi che siamo sostanzialmente d’accordo, sia sui precetti religiosi, sia sul DAMS 😉
Ciao! 🙂
Direi di sì.
Solo che qua ci sorge un brobblema: cosa essere religione?
Cioè, facciamo un elenco delle religioni i cui precetti applicati sono ammessi a derogare alle divise, discriminando le altre? come si fa?
Z.
x Z 106
beh, se il fine della società il bene comune, mi pare uno sforzo che vale la pena di fare.
Preferisco adattare le regole agli esseri umani che non il contrario.
Poi, quando Pippo Nasturzio dichiarerà che la sua religione prevede che giri nudo con in testa una corona di gigli, troverò un giudice di buon senso che lo faccia mettere alla gogna.
Ciao
Francesco o’ andreottiano
Francesco,
lungi da me voler incoraggiare i ciccionazzi d’ambo i sessi a girare nudi per strada 🙂
Solo, ho molti dubbi che lo Stato possa decidere che alcune religioni sono serie e vanno tutelate mentre altre sono stupidaggini e possono essere pretermesse solo in base ad un criterio maggioritario.
Con tutti i problemi che già ci sono in ambito religioso, davvero pensiamo che sia saggio andarne a tirar fuori altri con le divise scolastiche? Temo che si solleverebbe un vespaio di cui possiamo, tutto sommato, fare benissimo a meno…
Z.