Il fascismo reale ha avuto tre distinte retoriche.
La retorica delle radici, con il suo popolo di santi, eroi e navigatori.
La retorica dello stile, genialmente parodiata da Corrado Guzzanti.
E la retorica della sinistra: a differenza di altri paesi, quasi tutta la retorica politica italiana è stata in qualche misura di sinistra, legata ai temi della redenzione sociale.
Tutte e tre queste retoriche svolgono un ruolo importante nel neofascismo. Mentre Evola ha osteggiato in maniera coerente ogni tendenza di sinistra, questo non è vero per i suoi seguaci, e soprattutto per i numerosi neofascisti non evoliani.
Non c’è nulla di sorprendente in questo. Il fascismo reale conosceva bene le questioni di classe: si può legittimamente definire il fascismo una “dittatura del grande capitale e degli agrari”, oppure – in maniera opposta – la manifestazione della “classe media emergente”.
Ma oggi, oggettivamente, quasi nulla distingue socialmente i neofascisti da persone di altre idee. Ci sono neofascisti ricchi e poveri, operai e commercialisti, disoccupati e bancari, delinquenti e poliziotti. E quasi tutti, come la grande maggioranza degli italiani, appartengono mentalmente al ceto medio globalizzato.
È naturale che queste persone abbiano idee di destra o di sinistra sulle questioni pratiche, in funzione dei loro interessi reali: la paranoica paura delle “infiltrazioni fasciste nel movimento” rende impossibile capire il fatto elementare che un ferroviere o un insegnante fascista possano voler davvero maggiori garanzie sociali.
I neofascisti di sinistra trovano abbondante materiale retorico nel patrimonio del fascismo con cui giustificare le loro scelte. Dire che questa retorica sia falsa perché lo fu quella del fascismo significa non cogliere il problema e non capire perché la retorica di sinistra dei neofascisti sia insieme autentica e impotente.
Negli ultimi anni, il concetto delle radici, così caratteristico del mondo neofascista, si è diffuso ovunque; e ovunque si tratta dello stesso fenomeno: se i neofascisti ci sono arrivati per primi, era solo perché la storia li aveva esclusi dal consenso illuministico del secondo dopoguerra.
È un concetto infatti profondamente legato alla natura umana: essenzialmente, noi siamo la nostra memoria. Se io “sono” Miguel Martinez, è in realtà perché mi ricordo che qualcuno mi ha chiamato così molto tempo fa. E quello che sono, come individuo, è legittimato da una serie di ricordi che costituiscono la mia identità. Ricordi accuratamente filtrati, selezionati e – come dimostra la psicologia – spesso inventati di sana pianta.
Ora, se tu e io abbiamo lo stesso padre, diventiamo fratelli. Il fatto che tu e io oggi abbiamo bisogno l’uno dell’altro, che sia per affinità caratteriale, per comodità materiale o semplicemente perché ci serve un po’ di calore umano, si giustifica quindi raccontandoci storie a proposito di nostro padre. Per farlo, dobbiamo fare finta di molte cose: ad esempio, che il padre non sia morto o che non siano passati quarant’anni da quando ci prendeva in braccio. Dobbiamo anche far finta che sia stata una bravissima persona, altrimenti le sue colpe ricadranno anche sul nostro sodalizio.
Non solo: può darsi che tu e io non abbiamo affatto lo stesso padre, ma siamo come fratelli oggi. E allora, molto semplicemente, ci inventiamo un padre in comune.
Tutti abbiamo sentito dire, con quanta cura i beduini si ricordino di lunghissime catene genealogiche, e ammiriamo probabilmente il loro amore per la tradizione. Ma gli antropologi che hanno studiato i beduini dell’Arabia Saudita sono rimasti alquanto sorpresi nel vedere che nel tempo che è passato tra la visita di uno studioso e quella di un altro, i loro informatori hanno cambiato completamente la propria genealogia. Nonni e bisnonni sono cambiati, guarda caso nella maniera più compatibile alle ultime alleanze a alle ultime litigate dei narratori.
Questo ci chiarisce un punto cruciale. La vera memoria umana non dura molto oltre la vita di un uomo e tende comunque a rimuovere fatti scomodi o dolorosi, oppure a ricamare su quelli veri. Gli antropologi hanno stabilito che la durata massima di un reale ricordo collettivo è di circa quarant’anni, quando va bene.
Il resto è memoria culturale, cioè una serie di rielaborazioni del passato che servono soprattutto a giustificare qualcosa del presente. Alcuni anni fa, è uscito lo splendido film, Il Consiglio d’Egitto, tratto da un romanzo di Sciascia che non ho letto; è indimenticabile la recitazione di Silvio Orlando, mentre falsifica antichi documenti per adattare la storia agli interessi complessi e spesso divergenti di vari nobili siciliani.
Il ceto medio globalizzato, televisizzato, che vive in luoghi e condizioni identiche da Seattle a Siena, cerca di recuperare furiosamente un’identità di gruppo, basato su frammenti autentici e inverosimili invenzioni; da cui la tendenza surreale ma sempre più diffusa a usare il pronome “noi” per parlare di fenomeni lontanissimi nel tempo, che riguardavano forse qualche lontano antenato genetico di cui nulla sappiamo, e che ovviamente non poteva sapere nulla di noi. “Noi ebrei eravamo a Gerusalemme tremila anni fa”, “noi neri siamo la culla dell’umanità”, “noi indiani abbiamo inventato la medicina”. Marco D’Eramo racconta di aver incontrato sul treno un signore che si sentiva molto etrusco.
La “Tradizione”, con la “T” rigorosamente maiuscola, a cui si rifà una gran parte del mondo neofascista è un ente del genere, solo che pretende di essere universale. È una caleidoscopica ricerca di camerati nei luoghi più improbabili: camerati Sioux e vichinghi, camerati indù e samurai. Un’idea di questa grandiosa mescolanza ce la dà questa canzone del cantautore Gabriele Marconi, significativamente intitolata Ricordi. A rischio di togliere qualcosa alla sua poesia, ricordiamo che Marconi avrà sì e no quarant’anni e abita a Roma:
“Ricordo la grande pianura, la barba imbiancata dal vento del Nord,
la gente guardare stupita la spada di ferro e il mio grande destriero
quando l’Europa nasceva…..Ricordo Alessandro ferito lottare cantando col vento dell’Est
e il cielo d’Europa oscurato dai dardi lanciati da mille guerrieri
quando l’Europa nasceva, quando l’Europa nasceva…Le mie ossa affondano nelle Termopili, il mio sangue scorre nel Tevere,
la mia pelle adesso è un tamburo che batte la danza d’estate a Stonehenge.Ricordo la prua del mio drakkar solcare la schiuma veloce nel vento del Sud
e bianche colonne segnare la riva, Trinacria inebriava di mille profumi.
quando l’Europa cresceva…Ricordo la corte felice, l’amore e la guerra cantavo laggiù
e il sogno imperiale spiegava le ali del falco di Svevia nel sole del Sud
quando l’Europa cresceva, quando l’Europa cresceva….Le mie ossa affondano nella Vandea, il mio sangue scorre nel Piave,
la mia pelle adesso è un tamburo che batte una marcia di guerra a Verdun.Ricordo l’Italia di Fiume, i reduci offesi da fame e terrore
e il sogno rinascere a ottobre, gli antichi valori rinascere in me
quando l’Europa sperava…Ricordo la spiaggia infuocata coprirsi di sangue e di gloria giù ad El Alamein
e il vento dell’Ovest tradire nel fango di Yalta, nel fumo a Berlino
quando l’Europa moriva, quando l’Europa moriva…Le mie ossa affondano al centro di Praga il mio sangue scorre a Parigi,
la mia pelle adesso è un tamburo che batte una marcia da Derry a Belfast.Guerriero d’Europa ricordi la strada era lunga da qui all’aldilà,
ma un urlo di gioia esplodeva al tuo arrivo, fratelli abbracciavi per l’eternità!Le mie ossa affondano nelle Termopili, il mio sangue scorre nel Tevere,
la mia pelle adesso è un tamburo che batte la danza d’estate a Stonehenge.”
Ovviamente tutto ciò non ha nulla a che fare con la realtà. Ma non è semplicemente una canzone: nel mondo neofascista, le immagini incantatrici creano la realtà, smuovono gli animi. E alla fine, fanno spesso rischiare la vita, perché – ci piaccia o no – la vita è anche sogno. Quindi questa visione onirica è straordinariamente potente, pur essendo solo una fusione di diverse retoriche, ognuna delle quali ha le sue origini in qualche fatto storico.
Infatti, quelle che a prima vista sembrano immagini generiche di coraggio guerriero, sono in realtà di parte. Non c’è Spartaco e non ci sono gli spartachisti, non ci sono gli ultimi difensori di Madrid dall’assalto di Franco. Non ci sono i Viet Cong, né gli Arditi del Popolo. Solo Derry e Belfast rimangono come curiosa eccezione.
Alcune sono immagini che si rifanno a una vecchia retorica anticomunista – come il riferimento a Praga; oppure fascista, come Fiume, Berlino, El Alamein e il mese di “ottobre”. Altre provengono da ottocentesche bizzarrie occultiste, come la “danza d’estate a Stonehenge”.
Altre dal patrimonio controrivoluzionario, come il riferimento alla Vandea. E così via.
Nessuna ha a che fare con le radici reali di chi le canta. In fondo le radici d’Italia sono la cucina, la chiesa, i dialetti, le lotte sociali, la famiglia patriarcale, la precoce cultura urbana. Non certo il drakkar che solca la schiuma veloce.
La “Tradizione”, nell’accezione neofascista, è un’interessante costruzione. In parte si tratta di residui di fantasie occultiste, a loro tempo progressiste e anticattoliche, diffuse nelle logge massoniche, sull’esistenza di una presunta filosofia universale.
Su questo si innesta il filone romantico, ma anche un filone parascientifico che nasce dalla scoperta di un fenomeno strano: che dal Bengal all’Irlanda esiste un’unica famiglia di lingue, che farebbe pensare all’esistenza in tempi preistorici di un unico popolo, gli indoeuropei.
L’esistenza di questo popolo non è affatto improbabile. Ma pretendere di ricostruirne i valori e la cultura, come fanno i “tradizionalisti”, in base ai frammenti delle varie culture di popoli che secoli e secoli dopo parlavano lingue indoeuropee è quantomeno discutibile. Per intenderci, sarebbe come cercare di ricostruire la visione filosofica di Marx mettendo insieme un comizio di D’Alema, uno studio sull’abbigliamento in uso nei centri sociali di Padova e il volantino di un gruppo maoista nepalese.
Non solo. Il drakkar veloce e tutto il resto dell’immaginario neofascista è in gran parte un immaginario cinematografico, di derivazione statunitense. Proprio chi insiste di più sulle “radici europee”, inveendo magari contro gli Stati Uniti, si riempie la casa di poster di forzuti guerrieri pseudo-tolkieniani, disegnati da artisti statunitensi.
Hmm…secondo me, pensarci bene, anche il riferimento agli irlandesi è giustificato.
Nazionalismo, odio per l’Inghilterra e – tu ci insegni – tributo alla “propria” sconfitta (e in questo caso è, sia pur arbitrariamente, fatta propria) sono temi ricorrenti nella produzione di estrema destra. Del resto anche le altre immagini sono immagini di sconfitte: alcune sono sconfitte sul campo (Vandea, Verdun, Berlino), altre sul lungo termine (quelle di Alessandro, degli Svevi e di Roma).E tra cattolicesimo e protestantesimo, il militante italiano dell’area suppongo tenda a schierarsi col primo.
Però fa pur sempre effetto constatare che il Marconi sul Piave combatteva le stesse nazioni che neanche trent’anni dopo l’incessante marcia trionfale dell’Unione Sovietica avrebbe travolto 🙂
Z.
Non sono d’accordo con la tua concezione nichilistica della tradizione.
Sei decisamente troppo negativo e attribuisci alle menzogne un valore del tutto uguale rispetto alle verità.
Pur essendo affascinante.
E poi, se la memoria, che ci costituisce perchè ci dice chi siamo, è una palla (volgarizzo), allora tutto è nulla.
Ciao
Francesco
>Non c’è Spartaco e non ci sono gli spartachisti, non ci sono gli ultimi difensori di Madrid dall’assalto di Franco. Non ci sono i Viet Cong, né gli Arditi del Popolo MM<
Grazie al piffero:-), mica è un kompagno il Marconi! A ciascuno i suoi miti, per parafrasare Sciascia.(per chi fosse arrivato sul gommone:-) va spiegato che anche gli “arditi del popolo” erano dei kompagni, mica dei kamerati).
>Solo Derry e Belfast rimangono come curiosa eccezione.<
Ma no, son d’accordo con la spiegazione di Z., il fascistone cattolico ha da esse’, contro la bieca eresia albionica: il “Dio stramaledica gli inglesi” resta sempre attuale:-).
>Marco D’Eramo racconta di aver incontrato sul treno un signore che si sentiva molto etrusco.<
Sì, le “radici” a comando e secondo convenienza credo siano abbastanza diffuse. In una lista di discussione, un veterinario senese che si occupa di cavalli volle replicare ad un collega animalista che rimproverava ai senesi il truculento:-) palio di Siena. Alla fine del logorroico panegirico del palio, il vet senese se ne uscì con un esilarante chiusura del tipo “noi senesi siamo eredi degli etruschi, un popolo pacifico che non fece guerre per settecento anni”. Cosa tutta da verificare e che, comunque, col discorso se il palio infrangesse o meno, qui e adesso, le regole dell’animalismo c’entrava come i classici cavoli a merenda. Superfluo aggiungere che – pur non essendo io un animalista – lo ritvanizzai a dovere:-).
Ciao
Ritvan
>Alcuni anni fa, è uscito lo splendido film, Il Consiglio d’Egitto, tratto da un romanzo di Sciascia che non ho letto; è indimenticabile la recitazione di Silvio Orlando, mentre falsifica antichi documenti per adattare la storia agli interessi complessi e spesso divergenti di vari nobili siciliani.<
Toh, proprio come certi “storici” kompagni hanno infarcito i testi scolastici con descrizioni tipo:”le foibe sono cavità carstiche, dove i fascisti buttavano gli antifascisti” e “il Muro di Berlino fu eretto dagli occidentali”. Oppure che Mussolini vinse le elezioni del 1924 perché mise ad ogni seggio un drappello di fascistoni con il manganello e l’olio di ricino per spaventare la schiacciante maggioranza:-) di bravi, pacifici ed innocui kompagni intenzionati, invece, a votare per il “Sol dell’Avvenir”.
Ciao
Ritvan
P.S. Ah, a titolo informativo. Alla fine, nel romanzo di Sciascia (che è per l’appunto solo un romanzo) il falsario filofeudale veniva sputtanato. I falsari kompagni, invece, ancora non lo sono. La differenza sta tutta qui.
Dove sta scritto che il muro di berlino fu eretto dagli occidentali? io ho sempre saputo che fu eretto dalla DDR e cioè dai comunisti, come ho sempre saputo che nelle foibe non furono buttati gli antifascisti;
vedi ritvan tu vuoi sempre strafare anche quando non ce n’è bisogno.
Una riprova sono proprio le elezioni del 24 che tu di nuovo ritiri in ballo stravolgendo quanto qui detto in proposito .
maria
Dimenticavo di aggiungere… tra i ricordi di Gabriele Marconi, manca anche qualunque elemento cristiano. Notevole in un continente che è stato cristiano per molti secoli.
Miguel Martinez
Accidenti Miguel com’è interessante questa puntata, non so dove andrai a finire, non capisco nemmeno tutto ,come altri hanno già confessato, ma ti leggo e mi si attivano un sacco di link .
Mi sembra di stare in un teatro e di essermi spostata dalla platea a dietro le quinte ma anche viceversa:-) oppure come quella volta che per uno sciopero bianco al teatro comunale venivano cambiate le scene senza calare il sipario per cui si vedeva tutta la macchineria teatrale, straordinaria, in azione, che dava un senso di straniamento incredibl
Non sarò mica un caso clinico?
maria
maria
mi è partito commento senza aver finito e con la solita doppia firma:-)))
vabbè non lo finisco perchè il più l’ho detto…
maria la pasticciona
Carissima Maria,
ti svelo un trucco. In realtà in questi giorni sono sotto una pressione mostruosa per il lavoro, e anche per la consegna di un capitolo di un libro (insha’Allah), e quindi sostanzialmente ripropongo qui, a puntate, un testo che avevo scritto un paio di anni fa, nelle mie inquiete mattinate pre-aurorali.
Miguel Martinez
Per Francesco,
ripeto che apprezzo molto i tuoi interventi. Non sei mai d’accordo, ma continui a seguire e leggere fedelmente.
E questo indica sia una grande pazienza (avessi dovuto seguire un blog con cui non sono d’accordo, sarei già scoppiato da un pezzo), e anche una grande indipendenza di pensiero, che si avvicina all’impermeabilità.
Allo stesso tempo, è come se di tuo non dicessi mai niente. Fai sempre delle critiche (e fai benissimo a farle, anzi te ne sono grato), dici che non ti piacciono né i rossi né i neri, ma sembra che finisca sempre lì.
Una cosa tua, affermativa, positiva?
Miguel Martinez
I versi sono belli , e immagino che cantati facciano ancora più effetto. Io non mi dannerei troppo l’anima se le immagini sono prese da un’immaginario che per gran parte è costruzione americana. La storia la fa il vincitore, non significa che lo sconfitto non racconti la sua storia, ma che il vincitore ha mezzi molto più potenti per imporre la propria. Prendere pezzi di storia o d’immagini storiche imposte da una fonte esterna, e ricostruirle secondo un ordine diverso, a me pare un’ottima cosa. Alle volte non ci è permesso, nella situazione di debolezza in cui si versa, fare di più. E può dare risultati di sorprendente bellezza e originalità. Come questo esempio di un grande poeta di destra, ezra pound, che prende pezzi diversi di elegie del grande properzio e li traduce e assembla in una poesia/meditazione della morta di straordinaria potenza e modernissima, pur essendo spesso traduzione letterale dei singoli passi dell’antico poeta, nella forma. Ecco un esempio, letterario in questo caso, di tradizione/innovazione.
Quando, quando, e in qualunque momento la morte chiude le nostre palpebre,
Muovendo nudi sopra l’Acheronte
……….Su un’unica zattera, il vincitore e il vinto,
Mario e Giugurta insieme,
………………………….un solo groviglio di ombre.
Cesare medita piani contro l’India,
il Tigri e l’Eufrate d’ora in poi scorreranno ai suoi ordini.
Il Tibet sarà pieno di poliziotti romani,
I parti si avvezzeranno alla nostra statuaria
………………………e adotteranno la religione romana;
Un’unica zattera sulla caliginosa riviera d’Acheronte,
………..Mario e Giugurta insieme.
Né al mio funerale ci sarà un lungo corteo,
…………………………che trasporti aviti lari e immagini;
Non trombe gonfiate della mia vacuità,
Né ci sarà un letto Attalico;
………Le vesti profumate saranno assenti.
Un piccolo funerale plebeo.
………Bastanti, bastanti e d’avanzo
Ci saranno tre libri alle mie esequie
Che io porto, mio dono non indegno, a Persefone.
Tu seguirai lacerata il petto nudo
Né sarai stanca d’invocare il mio nome, né troppo stanca
………Per posare l’ultimo bacio sulle mie labbra
Quando l’onice sirìaca è spezzata.
…………………………………….«QUEGLI …..CHE ADESSO È ARIDA POLVERE
……………………………………..ERA UN TEMPO LO SCHIAVO DI UN’UNICA
………………………………………….PASSIONE»
Dammi questo poco d’epitafio
………………………..«Morte, perché tardi vieni? »
Tu, qualche volta, piangerai un amico perduto,
………Perché si costuma:
Questa cura per i trapassati,
Da quando Adone fu trafitto in Idalia, e Citerea
Corse piangendo con le chiome effuse.
……….Invano, tu richiami indietro l’ombra,
Invano, Cinzia. Vano richiamo a uno spettro che non risponde,
……….Esile voce viene da esili ossa.
In fin dei conti, essendo una meditazione sulla morte, non credo sia così fuori tema questa magnifica poesia del poeta fascista, e fascista benché americano.p
Un’altra osservazione…
E’ senz’altro vero che anche i militanti dell’area attingono a piene mani dall’hollywoodiano (dopo Braveheart un’altro dei riferimenti più comuni, guarda caso, è Wallace). Ma non è così strano, dopotutto.
L’ollivuddiano è ormai patrimonio di tutto l’occidente, anche di chi non ama gli Stati Uniti. Se anche io rifiutassi l’Italia e la sua cultura, l’italiano resterebbe pur sempre la mia lingua madre, quella in cui saprei esprimermi in modo più preciso e completo che in qualsiasi altra.
In effetti, i canti popolari degli indios contro l’oppressione spagnola sono in larga parte cantati in spagnolo.
Z.
>Dove sta scritto che il muro di berlino fu eretto dagli occidentali? Maria<
Nel superbo papiro dei kompagni prof.Luciano Gallino e Ivana Vitrotto, autori di un indimenticabile testo di storia e di economia per i licei dal titolo “Stato giuridico – stato economico” (Lattes editore, 2004, vol.I). E precisamente:”I paesi vincitori si spartirono il territorio tedesco in quattro settori e la città di Berlino avrebbe dovuto essere posta sotto il controllo sovietico, in quanto collocata nella parte orientale della Germania. Tuttavia, a causa del ruolo fortemente simbolico rivestito dalla capitale, le potenze occidentali nel 1961 riuscirono ad attuare il proposito di separare materialmente la città in due zone con la costruzione di un muro che segnasse il confine tra il sistema capitalistico dell’ovest e l’economia socialista dell’est.”. T’è capi’?
>io ho sempre saputo che fu eretto dalla DDR e cioè dai comunisti,<
Merito esclusivo della kompagna prof tua che casualmente non scelse per voi il sullodato papiro:-).
>come ho sempre saputo che nelle foibe non furono buttati gli antifascisti<
Tu sì o coltissima ex Discepola (e sempre per merito della kompagna prof tua:-) ), ma quelli che leggevano il dottissimo testo ad uso di licei “Vocabolario della lingua parlata in Italia”, (ed. del Calendario, 1967 e che non risulta sia stato aggiornato) del kompagno Carlo Salinari (uno dei pianificatori dell’agguato di via Rasella, per capirci:-) ), si convincevano in modo tetragono che:”FOIBA: Dolina con sottosuolo cavernoso che indica particolarmente le fosse del Carso nelle quali, durante la guerra ‘40-‘45, furono gettati i corpi delle vittime della rappresaglia nazista.”. Tié!:-)
>vedi ritvan tu vuoi sempre strafare anche quando non ce n’è bisogno.<
Eh, si, ma in quanto a “strafare” sono un dilettante al confronto dei sullodati kompagni testaioli:-)
>Una riprova sono proprio le elezioni del 24 che tu di nuovo ritiri in ballo stravolgendo quanto qui detto in proposito.<
Beh, visto quanto sopra e per le note virtù transitive – ovvero se i kompagni mentono così spudoratamente su fatti notissimi, figuriamoci su quello meno noti, tipo le elezioni del 1924 – ” quanto qui detto in proposito” dalla premiata ditta Geo&Maria sono delle emerite castronerie. E non spreco il mio tempo a spiegarvi il perché, tanto non vorreste capire lo stesso:-).
Ciao
Ritvan
>Dimenticavo di aggiungere… tra i ricordi di Gabriele Marconi, manca anche qualunque elemento cristiano. Notevole in un continente che è stato cristiano per molti secoli. Miguel Martinez<
Ecché, la Vandea si sollevò forse al grido di “Allahu akbar”?:-). Comodo classificare l’episodio genericamente come “controrivoluzionario”, ma ti ricordo p.es. che gli insorti si autodefinirono “Armata Cattolica e Reale”.
Ciao
Ritvan
gaetano salvemini non era un kompagno e le cose dette sul 1924 non erano castronerie, se non la tua sui voti transitati nel pci.
maria
ritvan le mie informazioni riguardo al famigerato listone del ’24 le ho prese non da un manuale scolastico, ma dal De Felice, storico molto amato da storace e gasparri (che penso non lo abbiano mai letto) e da me molto rispettato almeno per il periodo suddetto.
Hai ragione a non sprecare il tuo tempo … ma va a … parlà al bar 😉
geo
Ritvan,
ti dò atto di avermi portato degli esempi precisi che gettano una pessima luce sugli autori, in special modo a quelli del libro edito nel 2004.
Riguardo ai libri di testo, però, scommetto che se facessimo un’indagine a tutto campo ne scopriremmo delle belle anche dall’altra parte.
Ciò non giustifica assolutamente gli autori in questione.
Però mi chiedo se nelle cavità carsiche dette anche foibe non siano stati buttati anche degli antifascisti. Mi voglio informare.
Infine riguardo a quello che so ti dico che molto dipende non dalla scuola ma da letture e vicende individuali.Con me la scuola ha fatto pochi danni.
maria
Ritvan,
siccome mi pareva impossibile che il prof. Luciano Gallino dell’Università di Torino avesse scritto quella bestialità sul muro di berlino, ho fatto un giro in rete e ho scoperto che si tratta di un suo omonimo, un anonimo professore che insegna in un istituto tecnico del torinese.
Non so chi sia e quale cultura storico politica abbia il Gallino del libro, ma capisci bene che il valore della tua affermazione tesa a dimostrare le falsità della storiografia di sinistra viene molto ridimensionata.Luciano Gallino, sociologo di sinistra, non ha scritto quel libro.
maria
Brava maria questo si chiama controinformazione 🙂
geo
Miguel,
se avessi le spalle abbastanze larghe, mi farei un blog mio. Non le ho, e ti faccio le pulci. Scusa.
Credo che la verità non possa essere sostituita dalla menzogna se non per un tempo limitato. Poi o la vecchia verità riemerge, anche nella cultura popolare, o muore la menzogna, soppiantata da una nuova verità nel ruolo di “mito”.
E quindi non credo che la memoria di un popolo possa essere quella che tu dai per scontata e provata dalle scienze sociali.
Credo di essere, negli schemi che mi sembri seguire, un piccolo borghese cosciente, un bigotto per scelta, uno che crede veramente nelle cose che i genitori insegnano ai figli piccoli per abitudine.
E i neri, mi pare, esprimono un bisogno di identità e tradizione che tu liquidi come psicotico, ingiustamente.
Sui rossi tendo ad essere più liquidatorio. Ma detesto altrettanto i liberal, per me il Male si incarna più in Repubblica o nella Stampa che nell’Unità o nel Manifesto (anche se quella specie di Male ha tracimato parecchio).
Francesco
p,
sappi che apprezzo molto le tue poesie, che peraltro non trovo commentate su google.
Mi sapresti dire come mai Properzio, o Pound, scrivessero di ” Poliziotti” romani in Tibet, anziché di militi o soldati ?
Aurora.
Elegantissimo lo scambio Ritvan-Maria-Ritvan-Maria sui libri di testo.
Dall’affermazione generica e discutibile alla citazione inoppugnabile, alla controinformazione sul nome dell’autore…
Miguel Martinez
>Brava maria questo si chiama controinformazione 🙂 geo<
Dalle mie parti si chiama “controinformazione del c..zo”. Care kompagne, dove avrei scritto che l’esimio prof. Gallino, sodale della Vitrotto nell’infame falsifazione, sia un prof. dell’Università di Torino, nonchè “sociologo di sinistra”?
Ma vergognatevi!
Ritvan
ma ritivan,
io non ho detto questo, ho semplicemente chiarito che Luciano Gallino professore di Torino, molto noto, non era l’autore del libro e che dell’autore del libro non conoscevo le idee politiche che non è detto fossero di sinistra.
Tutto qui, perchè dovrei vergognarmi?
Se io citassi per esempio Massimo D’Alema o Vincenzo La Grassa per determinate cose, poco lusinghiere, tutti capirebbero che sono il ministro degli esteri e il filosofo di ripensare marx. Se invece fossero degli omonimi ,gli interessati smentirebbero e chi li ha citati prenderebbe atto. Non ti pare?
Siceramente non vedo perchè dovrei vergognarmi e perchè sei così incazzato:-)
maria
>Siceramente non vedo perchè dovrei vergognarmi e perchè sei così incazzato:-) maria<
Se non lo capisci da sola, dopo aver letto quel che ho scritto io e quel che hai scritto tu, è inutile ogni spiegazione. Specie dopo il tuo ineffabile commento sulle idee del meno noto Gallino che “non è detto che fossero di sinistra”.
Comunque, negare l’evidenza è “virtù” tipicamente femminile. E se ci si mette in mezzo pure il “Sol dell’Avvenir” allora l’effetto diventa dirompente.
Ciao
Ritvan
>Però mi chiedo se nelle cavità carsiche dette anche foibe non siano stati buttati anche degli antifascisti. Mi voglio informare.<
Ma va, non sei più così sicura come nel commento in cui dicevi: “..come ho sempre saputo che nelle foibe non furono buttati gli antifascisti”? Il kompagno macellaio di via Rasella e a tempo perso prof di lingua e letteratura ti ha messo la pulce nell’orecchio? Nel caso, guarda un po’ cosa ne avrà scritto il Supremo Storico Salvemini:-).
Ciao
Ritvan
P.S. Porca miseria, questi storici comunisti da te tanto tenuti in considerazione sono così biechi da censurare e non dar risalto nemmeno alle rivelazioni sulle foibe del kompagno di via Rasella:-)
Nessuna pulce ritvan ma procedendo nella discussione mi sono semplicemente chiesta questo, non per vanificare o rinnegare la gettata dei fascisti nelle buche carsiche, ma perchè in quella terra ci furono lotte terribili anche prima della resa dei conti.
Tutto qui, la tua malizia in questo caso è fuori luogo:-)
maria
scusa se insisto ritvan , ma rifletti un attimo, tu fai un post con un protagonista un certo professor Luciano Gallino per dimostrare che la storiografia di sinistra falsifica la storia, io ne prendo atto e ti rispondo accettando quello che scrivi pensando al Luciano Gallino di sinistra, noto personaggio, a torto o a ragione non importa. Poi essendo molto perplessa per via anche della data, 2004, faccio una ricerca e scopro che il Gallino in questione è un professore di una scuola tecnica del torinese; non so altro di lui se non la frase che tu riporti e alla quale credo.
Ora dire che non conosco le idee politiche del professore in questione e che quindi la sua citazione non porta acqua al mulino della tua tesi ti pare tanto vergo0gnoso? a me pare il minimo che uno possa dire dal momento che non posso giudicare da una frase le idee politiche del suo autore, dovrei sfogliare tutto il libro o conoscerlo meglio come persona, non ti pare?
Ripeto sarebbe come credere che il campo antipmerialista ha cambiato politica perchè in un blog uno che si chiama Miguel Martinez ha giudicato la resistenza irachena un branco di terroristi, la cosa mi sembrerebbe strana e allora mi faccio un giro in rete e scopro che a Tradate di sotto esiste un altro Miguel Martinez, che una volta in un blog ha fatto quelle affermazioni.
Probabilmente il vero Martinez nel frattempo scrive per rettificare che il Martinez in questione è un suo omonimo, e allora chi sosteneva la sua conversione alla causa dei neocon deve fare una rettifica e colui che ci ha creduto spandendo la notizia pure 🙂
maria
“uno che si chiama Miguel Martinez ha giudicato la resistenza irachena un branco di terroristi”
diciamo che se si iniziasse a riconoscere i fatti lampanti si potrebbe iniziare a fare politica. Quando Adolf Hitler diede ordini equivalenti alla strategia della resistenza irachena, persino i nazisti si rifiutarono di obbedire, io sono orripilato dalle prospettive degli abitanti di quel paese ancora più che dalla crassa incompetenza di chi ha scatenato la guerra.
Sarà il mio stomachino delicato di borghese cattolico, sarà.
Per il resto starei nel mezzo: chiaro che quel Gallino è di sinistra, chiaro che conta ben poco, basterà vedere chi mai ha adottato il suo libro di testo (OT certo che a leggerli i libri di testo ne verrebbero fuori delle belle, ma finchè lo fanno i fascisti ….).
Che io sappia, nelle foibe si finiva per la colpa di essere di stirpe italica, molto più che per motivi politici.
Francesco
Che io sappia, nelle foibe si finiva per la colpa di essere di stirpe italica, molto più che per motivi politici.
maria
francesco conosco poco quella storia che è rimasta , per me, abbastanza laterale e vorrei colmare questa mia lacuna, una delle tantissime:-)
Penso però che anche codesto fosse un motivo, prima della fine.
maria
Ho trovato questo sulle foibe ma di materiale se ne trova molto in rete.
Metto questo perchè appunto, come diceva Francesco, l’italianità era uno dei motivi per essere gettati nelle fosse.
Naturalmente queste poche righe non danno tutto il senso degli avvenimenti di quei luoghi e di quel periodo
maria
Le foibe devono il loro sinistro significato all’uso che ne fecero i partigiani jugoslavi durante e dopo la II guerra mondiale. Erano fosse comuni per esecuzioni sommarie collettive, in gran parte di italiani. Talvolta le vittime venivano fucilate subito dopo l’arresto. Altre volte venivano prima smistate ai campi di prigionia, dove giacevano in condizioni disumane: frustati, bastonati, denutriti, spesso costretti a picchiarsi fra loro per un pezzo di pane e per il divertimento dei loro sequestratori, i prigionieri venivano solitamente uccisi a coppie, legati sull’orlo della foiba e falciati con la mitragliatrice.
Le prime foibe: autunno del ’43
Il fenomeno iniziò nell’autunno del ’43, subito dopo l’armistizio, nei territori dell’Istria, abbandonati dai soldati italiani che li presidiavano e non ancora sotto il controllo dei tedeschi, quando i partigiani delle formazioni slave, ma anche gente comune, per lo più delle campagne, fucilarono o gettarono nelle foibe centinaia di cittadini italiani, bollati come “nemici del popolo”. Il numero delle vittime non è quantificabile con precisione. Comunque dovrebbero essere un migliaio tra infoibati, caduti nelle zone costiere e dispersi in mare.
Le foibe di aprile-giugno ’45
Le foibe, però, ebbero la loro massima intensità nei quaranta giorni dell’occupazione jugoslava di Trieste, Gorizia e dell’Istria, dall’aprile fino a metà giugno ’45, quando gli Alleati rientrarono a Trieste occupata dalle milizie di Tito. Tra marzo e aprile, alleati e jugoslavi si impegnarono nella corsa per arrivare primi a Trieste. Vinse la IV armata di Tito che entrò in città il 1º maggio alle 9.30. Suppergiù nelle stesse ore i titini occupavano anche Gorizia. Dei partigiani garibaldini non c’era traccia. Erano stati dirottati verso Lubiana e gli fu permesso di rientrare nella Venezia Giulia soltanto venti giorni dopo. A cose fatte. Come scrive Gianni Oliva, gli ordini di Tito e del suo ministro degli esteri Kardelj non si prestavano a equivoci: «Epurare subito», «Punire con severità tutti i fomentatori dello sciovinismo e dell’odio nazionale». Era il preludio alla carneficina, che non risparmiò nemmeno gli antifascisti di chiara fede italiana, nemmeno membri del Comitato di liberazione nazionale.
Ci fu una vera e propria caccia all’italiano, con esecuzioni sommarie, deportazioni, infoibamenti. In quel periodo solo a Trieste furono deportate circa ottomila persone: solo una parte di esse potrà poi far ritorno a casa. I crimini ebbero per vittime militari e civili italiani, ma anche civili sloveni e croati, vittime di arresti, processi farsa, deportazioni, torture, fucilazioni. La mattanza si protrasse per alcune settimane, sebbene a Trieste e a Gorizia fra il 2 e il 3 maggio fosse arrivata anche la seconda divisione neozelandese del generale Bernard Freyberg, inquadrata nell’VIII armata britannica. Finì il 9 giugno quando Tito e il generale Alexander tracciarono la linea di demarcazione Morgan, che prevedeva due zone di occupazione – la A e la B – dei territori goriziano e triestino, confermate dal Memorandum di Londra del 1954. È la linea che ancora oggi definisce il confine orientale dell’Italia. La persecuzione degli italiani, però, durò almeno fino al ’47, soprattutto nella parte dell’Istria più vicina al confine e sottoposta all’amministrazione provvisoria jugoslava.
Le cifre
Quante furono le vittime? Secondo alcuni: 20-30 mila. Ma un’indagine minuziosa del Centro studi adriatici raccolta in un albo pubblicato nel 1989 le fa scendere a 10.137 persone: 994 infoibate, 326 accertate ma non recuperate dalle profondità carsiche, 5.643 vittime presunte sulla base di segnalazioni locali o altre fonti, 3.174 morte nei campi di concentramento jugoslavi. Non solo fascisti: erano presi di mira tutti coloro che si opponevano al disegno dell’annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia, compresi molti antifascisti, membri del Cln che avevano fatto la Resistenza al fianco dei loro assassini. La “caccia al fascista”, infatti, si esercitò, perfino con maggiore precisione, nei confronti di antifascisti, i componenti dei Comitati di Liberazione Nazionale di Trieste e di Gorizia, e gli esponenti della Resistenza liberaldemocratica e del movimento autonomistico di Fiume. Dunque, infoibati perché italiani. Lo sostiene anche lo storico Giovanni Berardelli: “La loro principale colpa era quella di essere, per la loro nazionalità, un ostacolo da rimuovere al programma di Tito di annessione del Friuli e della Venezia Giulia”. Da cui l’odierna accusa di genocidio o di pulizia etnica.
“Le foibe – sintetizza lo storico triestino Roberto Spazzali – furono il prodotto di odii diversi: etnico, nazionale e ideologico. Furono la risoluzione brutale di un tentativo rivoluzionario di annessione territoriale. Chi non ci stava, veniva eliminato”.
http://www.romacivica.net/anpiroma/DOSSIER/Dossier1a8.htm
Lì, come in altri punti, pound modernizza, che certo di “poliziotti”, e neppure di “tibet”, termine geografico non in uso dai romani, non si parla in properzio. Ma i milites romani avevano funzione anche di ordine pubblico nelle province conquistate, facevano operazioni di “peace keeping”, come si direbbe ipocritamente oggi, per cui la licenza di pound non è così astrusa. Serve a dar risalto all’uso che in ogni tempo gli imperi fanno dei loro soldati, al di là dei termini con cui i vari linguaggi li designano. Neanch’io l’ho trovata in rete questa poesia, ma pound è un autore i cui libri ancora si vendono, e questo limita la libera circolazione dei suoi scritti.p
>..quando i partigiani delle formazioni slave, ma anche gente comune, per lo più delle campagne, fucilarono o gettarono nelle foibe centinaia di cittadini italiani, bollati come “nemici del popolo”.<
Ecco la falsificazione targata “anpiroma”! Tutta colpa degli slavi (che mi stanno sulle balle, è vero, ma la verità è verità), sì, magari anche qualche rozza e non meglio precisata “persona di campagna” che si riuniva ad altri rozzi villici pari suoi a fare un plotone d’esecuzione come se fosse una scampagnata. Ma per favore, c’è un limite all’indecenza!
Ciao
Ritvan
Qui c’è l’opera di Claudia Cernigoi sulle foibe. Così a occhio credo si tratti della prima edizione (1997) ma potrei sbagliarmi.
http://www.fisicamente.net/index-612.htm
Si tratta di un’opera estremamente dettagliata, frutto di un lungo lavoro sul territorio friulano, che contiene comparazioni e controlli incrociati tra numerosi elenchi e liste: un lavoro quanto mai necessario per controllare duplicazioni e incongruenze (talvolta si trova qualcuno contemporaneamente infoibato presso Lubiana e deceduto in Germania, come il cap. Serbo Eugenio).
Ma nel libro si trova anche altro. Ad esempio qualche “simpatico” verso di apologia delle foibe. Vi lascio il “piacere” della lettura e mi limito ad osservare che l’autore della simpatica filastrocca si chiamava Cobolli Gigli. Un altro buon motivo per chiedere le dimissioni della nuova, inetta dirigenza juventina. Ptui! 🙂
Buona lettura, per chi intende cimentarViSi 😀
Z.
Ritty
persino il Manifesto fornisce la stessa versione, pur scusando slavi e villici per essere stati maltrattati dagli italiani di città nel corso del ventennio (e odiandosi cordialmente da sempre).
Non ti agitare. Che ti esprimi in maniera confusa, neppure ho capito bene cosa vuoi dire.
Ciao
Francesco
>Non ti agitare. Che ti esprimi in maniera confusa, neppure ho capito bene cosa vuoi dire. Ciao Francesco<
Lo immaginavo, ma me l’aspettavo da Maria:-), non da te. Ebbene, metti al posto dei villici dall’istinto omicida certa gente che più tardi organizzò in tutta Italia manifestazioni al grido di “Trieste alla Jugoslavia!” e avrai la verità completa. Quella che il Manifesto non ammetterà mai, nemmeno sotto tortura.
Ciao
Ritvan
A quando una contestualizzazione storica delle foibe che vada oltre le strumentalizzazioni reciproche? Il PCI tacque sulla colpa dei partigiani titini, ma a nessuno gliene frega niente, ma proprio niente, di S. Sabba, unico campo di concentramento nazista in Italia, una bella risaia, o di quello che fece Ante Pavelic nella splendida Croazia ustasa con il bell’aiuto dei Tedeschi e degli Italiani. Si’, la scoperta del giorno e’ che la guerra fa un bel po’ schifo.
Poi se si vuole utilizzare il termine “slavo” in senso dispregiativo, beh, che dire, non ho parole. Ha piu’ o meno lo stesso valore indicativo di “neolatino”. Gli infoibatori furono per lo piu’ sloveni, che curiosamente si oppongono a farsi riconoscere come appartenenti al ceppo slavo (che e’ un’altra cosa dall’utilizzo sbrigativo di un aggettivo che sa di determinismo spiccio, non meno di “Albanese”), ma cio’ che successe nell’incudine sopra l’adriatico meriterebbe di essere studiato PIENAMENTE e IN TUTTA LA SUA LUNGHEZZA.
Antonello
>A quando una contestualizzazione storica delle foibe che vada oltre le strumentalizzazioni reciproche? Il PCI tacque sulla colpa dei partigiani titini,…Antonello<
No, veramente il PCI tacque in primo luogo sulle colpe proprie, ossia dei propri partigiani che si misero zelantemente al servizio dei macellai infoibatori titini. E’ un po’ diverso.
>ma a nessuno gliene frega niente, ma proprio niente, di S. Sabba, unico campo di concentramento nazista in Italia, una bella risaia, o di quello che fece Ante Pavelic nella splendida Croazia ustasa con il bell’aiuto dei Tedeschi e degli Italiani.<
E chi te l’ha detto? La differenza sta nel fatto che le schiffeze sansabbatine e paveliciane stanno nei testi storici italica da tempo immemore:-), mentre le foibe no e quando ci stanno curiosamente o son piene di “antifascisti” o le hanno riempite esclusivamente slavi titini e villici zoticoni e vendicativi italici.
>Si’, la scoperta del giorno e’ che la guerra fa un bel po’ schifo.<
Perché, san saba e foibe me le chiami “guerra”?
>Poi se si vuole utilizzare il termine “slavo” in senso dispregiativo, beh, che dire, non ho parole.<
Ecco, fai bene a non aver parole. Che qualcuno abbia usato “slavi” in senso dispregiativo, te lo sei inventato di sana pianta, kompagno! “Mi stanno sulle balle” in buon italiano significa “non li sopporto”, “mi danno fastidio”, toh, alla massima estensione possibile “li odio”, ma il disprezzo, ripeto, te lo sei messo di tasca tua.
>Ha piu’ o meno lo stesso valore indicativo di “neolatino”.<
Col piffero! Ne ha molto di più, invece, poiché serbi, croati, sloveni, montenegrini e anche bosniaci (musulmani compresi) parlano una lingua, il serbocroato, mentre mi risulta che italiani, francesi e spagnoli parlino lingue diverse.
>Gli infoibatori furono per lo piu’ sloveni, che curiosamente si oppongono a farsi riconoscere come appartenenti al ceppo slavo<
Embè, tra i termini “sloveno” e “slavo” non c’è alcunché in comune:-). Se gentilmente ce lo dicono da dove credono di essere venuti, fosse pure dalla Oceania, personalmente sarei disposto a considerarli compatrioti di Megan Gale:-). Una tale gentilezza non si nega a nessuno:-).
>(che e’ un’altra cosa dall’utilizzo sbrigativo di un aggettivo che sa di determinismo spiccio, non meno di “Albanese”),<
Se permetti, straparli di cose che non conosci. “Albanese” non sa affatto di “determinismo spiccio”. Gli albanesi sono un popolo europeo la cui origine si perde nella preistoria e la loro lingua è – secondo un prestigioso istituto filologico svedese, mica di Tirana:-) – la più antica fra quelle di ceppo indoeuropeo. Gli sloveni, invece, lo sanno anche i bambini che son calati dalle steppe del Volga nei Balcani a partire dal VI sec.d.C., insieme a serbi, croati e compagnia bella di ceppo slavo. Però, ripeto, se loro preferiscono inventarsi un’altra origine, si accomodino, chi sono io per negar loro un tale piccolo piacere?:-)
>ma cio’ che successe nell’incudine sopra l’adriatico meriterebbe di essere studiato PIENAMENTE e IN TUTTA LA SUA LUNGHEZZA.<
E anche nella larghezza e profondità. Soprattutto quest’ultima, nel caso delle foibe….
Ciao
Ritvan
Per Maria,
ricordati che Ritvan deve avere l’ultima parola.
Sempre.
Miguel Martinez di Tradate di Mezzo
Ooooh, grazie mille Z.!
Nel papiro da te consigliato ho trovato nell’introduzione una confessione di ammirevole sincerità da parte del kompagno ricercatore storico Volk:
“Contro il revisionismo, ormai divenuto dottrina semi-ufficiale anche della sinistra di governo, non serve a mio avviso cercare di difendersi, come fanno parte degli ex comunisti locali sulla questione delle foibe, vantando meriti patriottici e scaricando le presunte responsabilità sui comunisti sloveni e croati, facendo così il gioco di chi vuole ridurre tutto a contrapposizione nazionale, A mio avviso la sfida del revisionismo va accettata ritorcendogli contro i suoi stessi argomenti, come ha fatto l’autrice di questo libro, e abbandonando l’impostazione oleografica della Resistenza. La Resistenza non è stata infatti solamente lotta di liberazione nazionale, ma anche lotta per il potere da parte della classe operaia e delle altre classi subalterne.”
Ecco, se qualcuno si prende la briga di leggere i miei ultimi commenti, era la stessa cosa che dicevo io: le foibe furono principalmente “lotta di classe” e sloveni “rossi” e italiani “rossi” ne condividono la responsabilità. Alla faccia dei villici sparsi dall’istinto omicida che ammazzavano per non meglio precisate ragioni:-).
Ciao
Ritvan (una volta tanto d’accordo con un kompagno:-) )
>Per Maria, ricordati che Ritvan deve avere l’ultima parola. Sempre.
Miguel Martinez di Tradate di Mezzo<
Veramente Maria a ‘sto punto se la dovrà vedere col papiro prefatto dal kompagno Volk. Lotta kompagnicida sara!:-)
Hasta la victoria, siempre:-)
Ritvan il Bieco Albanese Non Slavo:-)
>Ma nel libro si trova anche altro. Ad esempio qualche “simpatico” verso di apologia delle foibe. Vi lascio il “piacere” della lettura e mi limito ad osservare che l’autore della simpatica filastrocca si chiamava Cobolli Gigli. Un altro buon motivo per chiedere le dimissioni della nuova, inetta dirigenza juventina. Ptui! 🙂 Z< Faccio la maria anch’io:-) e nella molto onorevole scia della “controinformazione alle vongole”:-) ti informo che la bieca canzoncina fu pubblicata nei 1919, pertanto trattasi indubbiamente di omonimo/ascendente/collaterale dell’attuale presidente juventino. A meno che tu non sostenga – come faceva il nostro amato:-) Enver Hoxha – che le colpe dei “nemici del popolo” si debbono perpetuare di generazione in generazione:-).
Ciao
Ritvan
Oggi i croati parlano croato, gli sloveni parlano sloveno (ed entrambi usano entrambi i caratteri latini), i serbi parlano serbo e i bosniaci parlano bosniaco (e utilizzano anche l’alfabeto cirillico).
Questi idiomi non nascono negli anni novanta con la disgregazione dell’ex Yugoslavia, ma sono sostanzialmente gli idiomi originari delle rispettive popolazioni.
Il “serbocroato” (oggi pochissimi si azzardano a parlarlo) è una lingua molto recente, creata per così dire a tavolino nell’ottocento da intellettuali serbi e croati per dare una base linguistica comune ai popoli balcanici e porre le basi per una unificazione politica.
E’ un’operazione che potrebbe a buon diritto essere citata tra gli esempi di “costruzione della Tradizione” di cui parlava l’autore del blog.
Prospero
Veramente Maria a ‘sto punto se la dovrà vedere col papiro prefatto dal kompagno Volk. Lotta kompagnicida sara!:-)
Hasta la victoria, siempre:-)
Ritvan il Bieco Albanese Non Slavo:-)
maria
veramente che la resistenza non sia stata fenomeno univoco dal punto di vista ideologico è cosa acclarata perlomeno da una ventina d’anni.
Guerra di classe, guerra patriottica,
guerra civile è stato detto, ci sarà dunque da sbizzarrirsi ancora per lungo tempo, oddio, senza tuttavia renderla una specie di fantasiosa narrazione come tenderebbero a fare alcuni e non faccio nomi:-)
Riguardo al compagno Volk che predilige uno dei tre aspetti ti dirò che la sua recensione mi ha fatto venire voglia di leggere il libro di Cernigoi che credo studio non certamente alle vongole ma ricerca molto seria.
Ritvan,
per la precisione l’autore aveva come cognome Cobol ai tempi del mirabile componimento. In seguito tal cognome fu italianizzato in “Cobolli Gigli”. Non è esattamente un cognome diffuso tipo “Rossi” o “Russo”, sicché suppongo che qualche parentela ci sia.
Sbaglio? Forse, ma com’è noto oltre che juventino sono stalinista, sicché nel dubbio si condanna, non si assolve. E dato che le colpe dei padri – così si dice – ricadono sui figli, beh, una ragione in più per liberarsi del Cobolli Gigli d’oggidì, tristo sottoprodotto dello squallido clan Elkann 🙂
Z.
p.s.:
Alla fine di questo interessante (e affascinante) saggio a puntate sull’identità dei neri, rivendico l’irrinunciabile orgoglio dei bianconeri. La nostra storia di decisioni irrevocabili, di rinnovamenti nella continuità, di trionfi e vittorie, non sarà certo schiacciata dall’ignobile voto di scambio tra Guido Rossi e Provetti Tronchera (della serie: moralizziamo il calcio! E come no…). L’incessante marcia trionfale della Juventus continuerà invitta, e il turpe Moratti cominci pure a scucire il suo scudetto-trasferello dall’indegna casacca! 😀
Ritvan, a volte ti fai prendere la mano e supponi cose che non ho inteso, la stessa cosa che mi imputi.
Prima di tutto, da dove vieni fuori quel “Kompagno”? T’ho mai detto d’esserlo, o olo dai per scontato se dico che le foibe furono l’ultimo anello sanguinoso di un conflitto molto piu’ ampio, che fece vittime fra la popolazione “slava” in misura qualche decina di migliaia di volte superiore alle foibe (si contano almeno mezzo milioni di balcanici uccisi dai soli Ustasa con l’apporto nazista, e le condizioni dei campi di concentramento in Croazia erano talmente orribili fa far ritornare le SS allarmate in Germania a far rapporto sull’esagerazione dei “camerati” balcanici! Pensa te!).
Non ho da difendere il PCi, tra l’altro nelle foibe, come gia’ ricordato, ci finirono anche partigiani rossi, il loro silenzio e’ a maggior ragione vile. Ma non dirmi che si sa in Italia di S. Sabba o di quello che successe nei Balcani per opera dei fascisti (in senso generale), ti assicuro che non se ne sa niente, mentre le foibe sono sulle bocche di tutti.
Poi, sul termine “slavo”: gli slavi balcanici che parlano sloveno, macedone e serbo-croato sono, precisamente, jugoslavi, cioe’ “slavi del sud”. Cechi, Slovacchi e Polacchi sono “slavi dell’Europa centrale”, Ucraini, Bielorussi e Russi sono “slavi orientali”. Non sono legati per lingua se non alla radice, esattamente come i popili neolatini: “slavo”, quindi, come “neolatino”, non significa niente, viene utilizzato per lo piu’ per offendere (a volte anche persone che slave non sono, come gli Albanesi e i Rumeni). Tanto cher esiste il corrispettivo orientale di “slavo” in senso dispregiativo: almeno nei Balcani, si utilizza il termine “latin” per unire, offendendo, le popolazioni italiane, spagnole, francesi, portoghesi e (errore anch’esso corrispettivo) addirittura Inglesi e tedeschi.
E non e’ necessario che mi presenti la storia del termine “albanese”: la conosco e non ho nessun problema con essa. Il punto e’ che in Italia e’ spesso usato alla stregua di “slavo” in senso spregiativo. Non e’ giusto, ma se molti Italiani sono teste di cazzo, che ci posso fare se non maledire la mia nazione una volta di piu’, come se questo servisse?
Naturalmente il post precedente e’ firmato
Antonello,
e non so come mi e’ venuto, ma correggere “decine di migliaia” con “migliaia” rispetto ai morti. Mi si sono sovrapposti due misure di comparazione e ho fatto un casotto.
x Prospero (commento 43).
Premetto che non sono un esperto di lingue, tanto meno di quelle slave (e si vede:-) ), e inoltre il confine fra “lingua” e “dialetto” non mi è molto chiaro, ma vorrei lo stesso fare qualche appunto:
Anche “il bergamasco” e “il siciliano” a ‘sto punto possono essere considerati “idiomi originari” delle rispettive popolazioni. Cionondimeno, entrambe le popolazioni parlano una lingua “costruita a tavolino”, seppure un po’ prima del serbocroato. E cionondimeno, entrambe le popolazioni sono ITALIANI. Cambia solo il percorso politico, rispetto al Grande Stato degli Slavi del Sud.
Il macedone mi risulta essere anch’esso una lingua “costruita a tavolino”, e anche di recente, pertanto le lingue non s’inventano solo per unire, ma anche per dividere. E, infine, sarei curioso di sapere se anche i montenegrini vorranno “riscoprire” un loro “idiome originario”.
Ciao
Ritvan
>Ritvan, a volte ti fai prendere la mano e supponi cose che non ho inteso, la stessa cosa che mi imputi. Antonello<
Sì, ma con la non disprezzabile differenza che io suppongo giusto e tu supponi sbagliato:-).
>Prima di tutto, da dove vieni fuori quel “Kompagno”?<
Come ho già spegato in precedenza, per me la “compagnitudine” è una “forma mentis” che si riflette nel parlato, nello scritto e nei ragionamenti (ed è perciò facilmente individuabile) e non è neccessariamente legata al possesso di una tessera con sustampigliato falce e martello.
>T’ho mai detto d’esserlo,<
Esplicitamente no, ma i tuoi scritti lo dimostrano – nell’accezione di cui sopra – senza ombra di dubbio.
>o lo dai per scontato se dico che le foibe furono l’ultimo anello sanguinoso di un conflitto molto piu’ ampio, che fece vittime fra la popolazione “slava” in misura qualche decina di migliaia di volte superiore alle foibe (si contano almeno mezzo milioni di balcanici uccisi dai soli Ustasa con l’apporto nazista, e le condizioni dei campi di concentramento in Croazia erano talmente orribili fa far ritornare le SS allarmate in Germania a far rapporto sull’esagerazione dei “camerati” balcanici! Pensa te!).<
Sì, ma si parlava di foibe, si cercava di analizzare il meccanismo, l’identità di vittime e carnefici, i motivi per cui nei libri di Storia, anche molto seri, non se ne parlava (e ho un’interessante antologia, incollabile a richiesta) e in quelli poco seri si facevano addirittura grossi falsi. Se uno improvvisamente salta su a dire “ah, ma San Saba, gli ustasha, perché a nessuno frega niente?!”, ecco, allora si tratta senza ombra di dubbio di un “kompagno”. Sempre nel senso di cui sopra.
>Non ho da difendere il PCi,<
Ma difatti, i più feroci critici del PCI sono anch’essi dei kompagni. Vuoi un nome per tutti? Il nostro p.
>tra l’altro nelle foibe, come gia’ ricordato, ci finirono anche partigiani rossi, il loro silenzio e’ a maggior ragione vile.<
Sì, ma vi furono buttati da rossi come loro e si sa che i kompagni (e non solo loro) i panni sporchi usano lavarli in famiglia.
>Ma non dirmi che si sa in Italia di S. Sabba o di quello che successe nei Balcani per opera dei fascisti (in senso generale), ti assicuro che non se ne sa niente,<
Non lo metto in dubbio, visto che fior di deputati (vedi inchiesta delle Iene) non sanno un beneamato c..zo su quando fu fatta l’unità d’Italia. Ma tu confondi due piani differenti: un conto è QUEL CHE E’ SCRITTO SUI LIBRI DI STORIA (testi scolastici compresi) e un altro è quel che rimane “stampigliato” nei cervelli italici. Sul secondo c’e poco da fare (anche se molto da discutere), visto che non possiamo aprire “campi di rieducazione”:-). Ma sul primo, se permetti, sì. E sulle foibe l’inversione di tendenza dei testi di Storia è cominciata solo con la demolizione del Muro di Berlino ed è tuttora in corso. Tutto qui
>mentre le foibe sono sulle bocche di tutti.<
Probabilmente se le avessero messe per tempo nei libri di Storia, come fecero con San Sabba e compagnia bruttissima, oggi la gggente se ne fregherebbe altrtettanto allegramente. Si sa che la “novità” incuriosisce e fa parlare. Ma vedrai che passerà presto. Tutto passa.
>Poi, sul termine “slavo”: gli slavi balcanici che parlano sloveno, macedone e serbo-croato sono, precisamente, jugoslavi, cioe’ “slavi del sud”. Cechi, Slovacchi e Polacchi sono “slavi dell’Europa centrale”, Ucraini, Bielorussi e Russi sono “slavi orientali”. Non sono legati per lingua se non alla radice, esattamente come i popili neolatini: “slavo”, quindi, come “neolatino”, non significa niente, viene utilizzato per lo piu’ per offendere<
Abbi pazienza, ma perché un essere umano appartenente al ceppo slavo si dovrebbe offendere se viene chiamato “slavo”?! Francamente non capisco.
>(a volte anche persone che slave non sono, come gli Albanesi e i Rumeni).<
Io sono uno di quelli che hanno inviato lettere (pubblicate) ai giornali che davano la notizia della solita porcata di un mio compatriota, chiamandolo prima “albanese” e poi “slavo” (è una regola non scritta del giornalismo variare gli appellativi, non si dovrebbe ripetere diverse volte nello stesso pezzo lo stesso appellativo). Ho sempre premesso che non ci trovavo nulla di offensivo nell’essere chiamato “slavo”, solo che era una castroneria, visto che gli albanesi non sono slavi.
>Tanto cher esiste il corrispettivo orientale di “slavo” in senso dispregiativo: almeno nei Balcani, si utilizza il termine “latin” per unire, offendendo, le popolazioni italiane, spagnole, francesi, portoghesi e (errore anch’esso corrispettivo) addirittura Inglesi e tedeschi.<
Non so negli altri paesi balcanici, ma ti posso assicurare che nell’Albania arcaica si usava il termine “latin” per definire “l’Occidente” (inglesi e tedeschi compresi) senza alcuna accezione dispregiativa. C’era anche il sinonimo “freng/frang” (francese) e tutto ciò che veniva dall’occidente si definiva “alla frenga (franga)”. P.es. uno vestito all’occidentale era definito “vestito alla franga”, ma non c’era assolutissimamente disprezzo: semmai rispetto ed ammirazione, non disgiunti da una certa invidia:-).
Kompagno:-), mi sa che c’hai una coda di paglia, supponendo disprezzi dove non ce n’è.
>E non e’ necessario che mi presenti la storia del termine “albanese”: la conosco e non ho nessun problema con essa. Il punto e’ che in Italia e’ spesso usato alla stregua di “slavo” in senso spregiativo.<
E chissenefrega, non ce lo metti? Se permetti me la vedo io con chi dovvesse usarlo in senso “dispregiativo”, che c’entri tu?
>Non e’ giusto, ma se molti Italiani sono teste di cazzo, che ci posso fare se non maledire la mia nazione una volta di piu’, come se questo servisse?<
Che c’entra mo’ la nazione? Ognuno risponde della testa di cazzo che si ritrova sulle proprie spalle. Italiani ed albanesi compresi. E pure gli inglesi. (vedi P.S.)
>…e non so come mi e’ venuto, ma correggere “decine di migliaia” con “migliaia” rispetto ai morti. Mi si sono sovrapposti due misure di comparazione e ho fatto un casotto.<
Si ma ne hai fatto un altro, cercando di correggere il primo:-). Cala, cala, kompagno!:-). Se la matematica non è un’opinione e se nelle foibe son finite qualche migliaio di persone, mentre nel bordellazzo ustasha (e prendo per buone le cifre sicuramente esagerate:-) da te fornite) mezzo milione, il termine giusto per definire la proporzione è “centinaia”.
Ciao
Ritvan
P.S. Un inglese trapiantato in Romagna ed ossessionato dalla soffocante presenza dei “rossi” (ovviamente non nel senso di vini, di cui si dichiara grande estimatore, anzi, secondo me perfino troppo:-) ) scrive ogni domenica su “Libero”. Trattasi di certo Nicholas Farrell, giornalista e storico a tempo perso: da storico ha scritto una biografia di Mussolini e da giornalista fu quello che intervistò Berlusconi qualche anno fa, quando questi se ne uscì nel corso dell’intervista con i luoghi di vacanza dove il Duce mandava gli oppositori politici.
Ebbene, due domeniche fa, il nostro scrisse fra l’altro: “Sono razzista. Lo sono anche perché se mi trovo a piedi e davanti a me si manifesta un nero o una zingara o un albanese scappo preventivamente”.
Scrissi al giornale in questi termini:“A parte il fatto che un razzista che si rispetti dovrebbe scrivere “negro” e non “nero”, a parte che non mi risulta che una zingara sia mai zompata addosso ad un omone coi baffi per stuprarlo, io da albanese, sono molto curioso di sapere come fa il nostro ineffabile suddito razzista di Sua Maestà Britannica trapiantato in quel di Romagna a riconoscere a vista un mio compatriota albanese.”
Ovviamente:-) la lettera non fu pubblicata, ma so per certo che il fallocefalo d’oltremanica l’ha letta. E immagino che si sia sentito di merda. Come si merita.
P.S.2 (al commento 49)
Dimenticavo di dire che quando osservavo ai giornalisti la castroneria di chiamare un albanese “slavo”, suggerivo loro di ottemperare alla regola della variazione dell’appellativo utilizzando il termine “balcanico”.
Ciao
Ritvan
Come ho già spegato in precedenza, per me la “compagnitudine” è una “forma mentis” che si riflette nel parlato, nello scritto e nei ragionamenti (ed è perciò facilmente individuabile) e non è neccessariamente legata al possesso di una tessera con sustampigliato falce e martello.
maria
soltanto? e nel soma come si manifesta, a parte le tre narici,:-) che potrebbero essere state ridotte alle umane due ,dopo provvidenziale intervento di chirurgia plastica?
Ritvan:Come ho già spegato in precedenza, per me la “compagnitudine” è una “forma mentis” che si riflette nel parlato, nello scritto e nei ragionamenti (ed è perciò facilmente individuabile) e non è neccessariamente legata al possesso di una tessera con sustampigliato falce e martello.
>maria: soltanto? e nel soma come si manifesta, a parte le tre narici,:-) che potrebbero essere state ridotte alle umane due ,dopo provvidenziale intervento di chirurgia plastica?<
Mah, dubito che un kompagno che si rispetti ricorra alla chirurgia plastica, notoriamente bieco vizio borghese/berlusconiano:-). Al massimo, se proprio volesse neutralizzare quel canale, se lo occluderebbe infilandoci dentro un ferro rovente. Rigorosamente senza anestesia:-).
Per il resto, la reazione “pissicosomatica” dipende tutto da individuo ad individuo: c’è chi somatizza di più, chi di meno e chi affatto. P.es. ad alcune kompagne crescono floridi baffi alla Stalin oppure a certi compagni viene un tic consistente nell’alzare in modo del tutto involontario il pugno chiuso all’altezza della tempia:-).
Ciao
Ritvan il Tuo Maestro di Compagnitudine:-)
Sto cambiando abbonamento ADSL, e perciò ho qualche problema con internet in questi giorni, il che spiega perchè stia rompendo meno, ultimamente.
Stasera in via eccezionale sono collegato col lento modem interno del MacMini o MiniMac o come accidenti si chiama, al filo del telefono normale, io poi de ‘ste cose non so niente, famo a capisse.
Premetto che non voglio fare quello che ce l’ha coi rossi e coi neri, anche perchè sotto sotto io starei coi rossi, se fossero fatti a modo mio, si intende.
Però, chiedo a Miguel- lo so, è una fissa mia- non può essere che pure i rossi, certi rossi, sotto sotto ce l’hanno questo elitarismo e senso del camerata e disagio per chi davvero volesse unirsi a loro?
E ricerca e difesa di uno stile, di comportamento linguaggio e anche banalmente abbigliamento?
E anche insomma indifferenza per i risultati, tanto non importa il vincere quanto il far parte del club degli eletti?
Giuro che non avevo letto i tuoi utlimi post, non ti racconto palle, e oggi pomeriggio pensavo che ad esempio i centri sociali mi ricordavano la caccia alla volpe o il circolo del polo (boh, dico per dire, non ho mai cacciato la volpe a cavallo e neppure mai giocato a polo).
Però la cosa a sinistra mi sembra più sfumata, e perciò più insidiosa.
E non può essere che è proprio per questo sottile, ma presente a mio parere, elitarsimo, che insomma i rossi non hanno vinto, dove pure avrebbero potuto?
Non per orrore dei Cosacchi a San Pietro e della Siberia, ma per antipatia pura e semplice, e perchè Berlinguer era ricco, dopo tutto?
O proietto sul passato le caratteristiche della sinistra (non tutta, una parte, ovvio) di oggi, e relative reazioni?
Che poi la sinistra in Italia ha il monopolio del “giusto”, il che a uno come me starebbe anche bene, se non fosse che così diventa difficile criticarla, il che non è mai bene.
Perchè se la critico mica sono fascio o qualunquista, anzi sono magari più rosso di certi rossi da caccia alla volpe; è che io vorrei che una certa idea di uguaglianza sociale vincesse davero, e questi invece non lo so mica tanto se lo vogliono.
Paolo
Ah, per chiarezza:
non sono quello che ce l’ha coi politici ricchi eccetera, spero si sia capito che il senso del mio discorso non è questo, proprio sto parlando di un’altra cosa.
Ma ce l’ho neppure col proverbiale figlio di papà che finge di… ecctera eccetera e poi farà il lavoro di suo padre eccetera eccetera (per quanto, lo ammetto, costui non è in cima alla mia lista dei simpatici);
ma voglio solo chiedere se un certo elitarismo di certi gruppi di sinistra lo noti solo io, o ci sia davvero.
Paolo
Per Paolo, n. 53
Non credo che la sinistra sia oggi elitarista economicamente.
Lo è moralisticamente: quasi sempre, quello di sinistra si erge a giudice della specie umana, e stila l’elenco dei buoni e dei cattivi.
Lo è intellettualmente, nel senso che una discreta minoranza di gente di sinistra, anche per niente di ceto socio-economico elevato, ha letto parecchi libri e giornali.
In questo caso, la superiorità è reale (chiaramente anche altrove, ci sono minoranze, però più piccole, che “hanno letto”). Ma è anche strutturale, in quanto “chi ha letto” gode di un rispetto maggiore all’interno della sinistra che altrove, perché il cuore sociale della sinistra sono i “ceti intellettuali subalterni” di cui parla Marino Badiale.
Infine, qualunque gruppo di sinistra è elitario, per la Legge Darwiniana dei Gruppi Umani: i posti da capo sono per definizione pochi, particolarmente in tempo di carestia, e quindi il capo è sempre preoccupato che qualcuno possa rubargli il posto.
Per questo motivo, il tonto nuovo è gradito, l’intelligente no.
Miguel Martinez
Aggiungo, a proposito di elitarismo economico – c’è stato un momento, dal 1968 al 1973 circa, in cui i figli della borghesia più colta erano in gran parte militanti dell’ultrasinistra.
E qui sarebbe interessante studiare il fenomeno (anche se di breve durata) del declassamento esteriore come status symbol, e come chiave d’accesso alla libertà sessuale.
Però:
1) ribadisco il concetto di borghesia colta, non di una borghesia qualunque
2) questa gente è quasi tutta andata via, in poco tempo, dopo essersi debitamente divertita
3) oggi esiste certamente una parte (alta) dell’imprenditoria che tifa Prodi, come dimostra lo scontro pre-elettorale al vertice della Confindustria. In questo però non c’è alcuna scelta ideologica “di sinistra”.
Per favore, non includete nella lista dei “borghesi che hanno giocato a fare gli estremisti di sinistra” Giangiacomo Feltrinelli.
Chiunque lo abbia conosciuto, vi testimonierà che era un grande ingenuo, ma molto sincero nelle sue scelte. E ha dato, letteralmente, tutto per la causa in cui credeva.
Miguel Martinez
Ritvan: Ovviamente:-) la lettera non fu pubblicata, ma so per certo che il fallocefalo d’oltremanica l’ha letta. E immagino che si sia sentito di merda. Come si merita.
Da quel poco che so di Farrell dubito assai che abbia capito il senso della tua lettera, e ancor più che si sia sentito di merda.
Piuttosto Farrell non fa che spanderne su chiunque: certamente su albanesi, nordafricani, zingari – ma anche (e talvolta soprattutto) sulla Romagna, sui romagnoli e sulle loro abitudini. Ciò lo rende, diciamo, piuttosto antipatico agli abitanti della terra di Romagna che lo ospita sempre più malvolentieri. Persino ai pochi che ne condividono in parte le deliranti opinioni politiche. E devo dire che sembra che la cosa non gli dispiaccia, anzi…sembra prenderci gusto 🙂
Più in generale, non sai che fortuna hai a non leggere il giornale locale dove scrive Farrell, la Voce di Romagna. Giornale che vanta meravigliosi articoli di tal Morra, tipo (cito testualmente) “L’Islam è fascista? Forse. Ma è soprattutto comunista”.
Titoli che paiono usciti dai peggiori incubi di Miguel 🙂
Z.
Ma se a questo farrel non piace la Romagna perchè non se ne va a stare altrove?
maria
Miguel, post 56
Sono d’accordo, basta pensare alla vicenda Marino, o alla “compagna” Perrone, miliardaria, parente dei proprietari del Messaggero, che ospitava , uno degli implicati del rogo di Primavalle.
Sarò settaria ma non ho mai amato simili persone che poi hanno lasciato il tempo che hanno trovato e sono rimasti indenni con i loro soldi e loro privilegi di nascita.
L’episodo di primavalle è esemplare per la rappresentazione di un clima e di una tipologia politica e umana di quel tempo. E il caso Ramelli che sto leggendo adesso ancora di più.
Storia interessante quella degli anni Settanta che offre infiniti spunti di riflessione storico-politica a tutti , riflessione utile anche per il presente. Viglio dire per essere chiara, in ogni caso, anche oggi, chi sempre ci rimette di più, in presenza di qualsasi politica, non è certamente il cosiddetto ceto medio riflessivo o i girotondi, statene certi, a rimetterci saranno sempre i soliti, quelli che non cascano mai da ritti.
Naturalmente con queste brevi parole non intendo esaurire il discorso sul tema borghesia-sinistra.
maria
maria: Ma se a questo farrel non piace la Romagna perchè non se ne va a stare altrove?
Infatti…è precisamente la domanda che ci facciamo tutti 🙂
Forse ha deciso che il senso della sua vita consiste nello scassare i coglioni al prossimo…o forse le voci sul cattivo clima e sulla cattiva cucina della perfida Albione non sono poi del tutto infondate (o quantomeno il Nicola preferisce piadina, Sangiovese e sole a pudding, gin e pioggia a catinelle) 😀
Z.
ah la piadina:-) io conosco una favolosa signora ravennate che quando viene a trovare la figlia fa con le proprie mani i tortellini e la piadina;questa mangiata calda ,appena fatta, anche senza nulla è favolosa, niente a che vedere cone quelle industriali che si trovano in giro nei supermercati. Sì, Z, mi sa che farrel metta nel conto anche questo….
maria
>Per favore, non includete nella lista dei “borghesi che hanno giocato a fare gli estremisti di sinistra” Giangiacomo Feltrinelli.
Chiunque lo abbia conosciuto, vi testimonierà che era un grande ingenuo, ma molto sincero nelle sue scelte. E ha dato, letteralmente, tutto per la causa in cui credeva.
Miguel Martinez< Sono d’accordo, non era il solito borghese annoiato che gioca a fare il rivoluzionario per brivido d’avventura, invece di fare chessò, rally o alpinismo. Era proprio stronzo autentico, intimamente convinto delle idiozie che propugnava. E la risposta che diede alla vedova Pasternak – da me menzionata qui tempo fa – lo dimostra.
Ciao
Ritvan
Grazie Ritvan,
noi piccolo borghesi nutriamo un odio profondo e appassionato per i grandi borghesi con ubbìe di rivoluzione proletaria.
Francesco
>Da quel poco che so di Farrell dubito assai che abbia capito il senso della tua lettera, e ancor più che si sia sentito di merda. Z<
Uh, il solito senso di superiorità intellettiva di voi biechi stalinisti:-). Io credo che qualunque essere umano, per quanto in basso sia collocato nella scala dell’evoluzione:-), se gli fai presente che – al di là di convinzioni più o meno ideologiche – ha scritto una caz..ta dal punto di vista pratico, se ne accorge.
>Piuttosto Farrell non fa che spanderne su chiunque: certamente su albanesi, nordafricani, zingari <
Sì, è nel suo diritto (si fa per dire:-) ), purtroppo il sangiovese non cura fobie ed idiosincrasie di stampo razzista, ma prima bisognerebbe che il fobico impari che l’Albania non sta nel Magreb:-). Eh, i bei tempi in cui la Gran Bretagna era un colossale Impero su cui non tramontava mai il sole e pertanto i sudditti di Sua Maestà Britannica venivano istruiti meglio a conoscere la geografia del Mondo:-).
>ma anche (e talvolta soprattutto) sulla Romagna, sui romagnoli e sulle loro abitudini.<
Diciamo piuttosto soprattutto sui romagnoli di una ben definita fede politica:-)
>Ciò lo rende, diciamo, piuttosto antipatico agli abitanti della terra di Romagna che lo ospita sempre più malvolentieri.<
Diciamo sempre agli abitanti di una certa fede politica. Meglio così: così impara sulla propria pelle che la famigerata teoria dell’ “ospite” versus “padrone di casa”, tanto decantata dai suoi sodali, non vale solo per gli extracomunitari e si può ritorcere anche contro un suddito di Sua Maestà Britannica.
>Persino ai pochi che ne condividono in parte le deliranti opinioni politiche.<
Eh, sì, perché a quei pochi scatta la reminiscenza di “perfida Albione” e “Dio stramaledica gli inglesi”:-). Essere un fascista inglese in Italia è un po’ come essere un “fascista” albanese:-). Lo capisco e lo compiango:-).
>E devo dire che sembra che la cosa non gli dispiaccia, anzi…sembra prenderci gusto 🙂<
Mi ricorda qualcuno….me!!:-)
>Più in generale, non sai che fortuna hai a non leggere il giornale locale dove scrive Farrell, la Voce di Romagna.<
Mah, fortuna….mi potrei sempre abbonare, no?:-)
>Giornale che vanta meravigliosi articoli di tal Morra,<
Morra Gianfranco? In tal caso ti informo che non sono tanto fortunato, visto che il sullodato infesta abbondantemente anche le pagine di “Libero” che io purtroppo:-) leggo.
>tipo (cito testualmente) “L’Islam è fascista? Forse. Ma è soprattutto comunista”.<
Mah, anch’io non sarei tanto lontano da tale concezione, solo che non metterei tutto l’islam nello stesso calderone. Penso che il fondamentalismo islamico abbia più attinenza col comunismo, piuttosto che col fascismo, dato che ne condivide uno dei principi fondamentali ( e secondo me il più importante), quello dell’ “internazionalismo” e dell’uguaglianza di razze, nazioni e tribù sotto la stessa bandiera “ideologica”.
>Titoli che paiono usciti dai peggiori incubi di Miguel 🙂<
Ma no, non credo che MM si scandalizzi più di tanto di queste quisquilie dal vago sapore bizantino. Io credo che per lui sian tutti bbboni, fascisti, comunisti, fondamentalisti islamici o induisti, vegetariani o Testimoni di Geova:-)basta che combattano senza “se” e senza “ma” il bieco imperialismo usano:-).
Ciao
Ritvan
>Grazie Ritvan,<
Non c’è di che, Francesco, dovere di verità.
>noi piccolo borghesi nutriamo un odio profondo e appassionato per i grandi borghesi con ubbìe di rivoluzione proletaria.<
Odio ben riposto, mi pare. Io credo che un grande borghese non annoiato, ma anzi appassionato al suo lavoro, sia spinto a caldeggiare la GRP non per migliorare le condizioni del proletariato o per realizzare una bella utopia, bensì per poter fare il borghese ancora più grande e potente, anzi onnipotente. Mi spiego. Prendiamo sempre il caso del Feltrinelli. Aveva anche altri interessi industriali, ma la sua principale attività era l’editoria. Era un grande editore, certo, ma non il più grande e, comunque, nell’ambito di un sistema liberaldemocratico (anche se alle vongole, come quello italico) non poteva ambire ad avere il monopolio dell’editoria e vedere tutti strisciare ai suoi piedi per avere l’onore della pubblicazione. Ma pensa te che goduria sarebbe stato per il kompagno Feltrinelli quando, dopo il trionfo del Sol dell’Avvenir lui sarebbe stato il candidato “naturale” e senza concorrenti a ricoprire il ruolo di Grande Capo dell’Unica Casa Editrice di Stato! In pratica, il Grande Satrapo di tutta l’Intelligentsia Italica e con tutti gli agi, comodi, benefit e lussi di cui un gran borghese era abituato. Roba da orgasmi multipli al solo pensiero!!!:-)
Ciao
Ritvan
Ritvan, rispondo brevemente perche’ ho poco tempo: mi sembra che, sulla questione foibe, il discorso abbia portato alla constatazione che la cultura italiana di sinistra ha volutamente ignorato gli errori dei “Compagni” nelle foibe, trasmettendo l’errore alla cultura scritta. Condivido. Solo che adesso le foibe sono argomento di viva attualita’ (una novita’ come hai detto) che colpisce l’uomo della strada (o meglio, l’uomo da salotto), mentre il pur criticabile silenzio sulle foibe non ha mai marcato l’immaginario del suddetto, proprio perche’ cultura scritta.
poi, alla fine, culla mia “kompagnizudine”, beh, sono problemi tuoi, prendero’ in esame la prognosi e ti sapro’ dire. Rimane che le foibe, globalmente parlando, sono un dettaglio in un quadro molto piu’ ampio (tremendo, ma rimane dettaglio). E questo porche’ della carneficina balcanica nella seconda guerra mondiale, non potrebbe essere altrimenti (hai ragione comunque , le proporzione sono in centinaia di volte).
Non mi imbarco nella dinamica della decisione dell’infoibazione collettiva da parte dell’armata jugoslava, perche’ pertiene ad una storia che non conosciamo (la confusione che regnava in Jugoslavia alla fine della seconda guerra mondiale e che porto’ alla lotta fra stalinisti e titotisti nei ’50, con la vittoria di questi ultimi).
Un’ultima curiosita’: da dove ti viene questa passione smodata per Guareschi, che ho sempre trovato scrittore strapaesano e mediocre? O anche questo mio giudizio fa parte della mia “Kompagnitudine??
Sì Ritvan, precisamente Morra Gianfranco. Un giorno dovrai spiegarmi il perché della tua lettura quotidiana di Libero…
uhm, ripensandoci, forse preferisco non saperlo :-)))
Z.
>Sì Ritvan, precisamente Morra Gianfranco. Un giorno dovrai spiegarmi il perché della tua lettura quotidiana di Libero… uhm, ripensandoci, forse preferisco non saperlo :-))) Z<
Deciditi, perdio, lo vuoi sapere o no?:-)
Ciao
Ritvan