Voci della resistenza irachena

Stefano Chiarini, sul Manifesto di ieri, ha intervistato Salah al Mukhtar, un altro degli invitati di Chianciano.

«Ritiratevi dall’Iraq prima che sia troppo tardi»

«Il governo ha paura delle nostre parole». Parla Salah al Mukhtar l’ex diplomatico al quale Fini ha negato il visto

STEFANO CHIARINI
INVIATO A BEIRUT

«La partecipazione dell’Italia alla guerra contro il popolo iracheno è molto grave e siamo addolorati per il danno inferto dal vostro governo ai rapporti con l’Iraq e con il mondo arabo. Le truppe italiane, al di là del loro comportamento, sono infatti parte dell’occupazione e quindi comunque responsabili dei massacri, dei saccheggi, delle distruzioni compiuti dagli altri contingenti e dai reparti locali da loro addestrati. Speriamo che il governo italiano si accorga di quanto sia sbagliata la sua politica in Iraq prima che sia troppo tardi». Salah al Mukhtar, scrittore, giornalista, diplomatico, attualmente in esilio nello Yemen, sembra più sorpreso e preoccupato che indignato di fronte all’atteggiamento del governo Berlusconi nella crisi irachena e al diniego del visto che gli avrebbe permesso di partecipare alla conferenza di Chianciano sulla resistenza irachena. «Come giudica questo inaspettato rifiuto?» chiediamo all’esponente dell’opposizione irachena. «Mi sembra soprattutto un modo per distruggere la credibilità di tanti discorsi sulla libertà di parola, i diritti umani, la democrazia. Normalmente sono i paesi dittatoriali del terzo mondo ad avere paura delle parole e dei convegni e in questo caso il governo italiano è sceso al loro livello. Spero che la prossima volta siano più saggi e che possa incontrare il vostro meraviglioso popolo».

Come giudica il processo politico in corso in Iraq…

Non si tratta di un vero processo politico ma di un espediente degli occupanti per cooptare alcuni dignitari locali e qualche politico per dare un velo di legittimità alla loro presenza. Come tutti sanno l’occupazione è illegale e così lo sono tutti i suoi atti. Ciò vale anche per la cosiddetta costituzione. A tale proposito va ricordato che gli occupanti, secondo la Convenzione di Ginevra non hanno alcun diritto di cambiare la costituzione del paese occupato, le sue leggi, la sua composizione demografica. Più nel merito la nuova costituzione è una ricetta per dividere l’Iraq in tre stati sulla base del settarismo confessionale e del razzismo. Ciò vorrebbe dire la scomparsa dell’Iraq, uno dei paesi più importanti dalla nazione araba. Questo è il motivo per il quale tutti gli iracheni hanno respinto questa costituzione, resistendo con le armi e con la politica per gettarla nel cestino della storia. La resistenza non permetterà questo scempio. L’Iraq è un unico paese con una maggioranza araba di oltre l’85%. Gli Stati uniti, per cancellare il carattere arabo dell’Iraq, con il pieno sostegno di Tehran, stanno cercando di indebolire e dividere questa maggioranza e a tal fine hanno portato nel paese oltre 3 milioni di iraniani e di curdi turchi, illegalmente, ed altrettanto arbitrariamente hanno dato loro la cittadinanza irachena. Il tutto dopo la distruzione dell’anagrafe per mano di mercenari addestrati dalla Cia.

Da chi è composta la resistenza irachena?

Gli Stati uniti pensavano di poter controllare facilmente l’Iraq ma ben presto hanno capito che il partito Baath, in generale e il presidente Saddam Hussein, in particolare, avevano messo in piedi un’organizzata e sofisticata resistenza armata. Se guardate alla mappa dell’Iraq dopo due anni e mezzo di occupazione noterete che la resistenza in realtà controlla gran parte delle città irachene dal nord, al centro e al sud dell’Iraq. La resistenza è molto organizzata, ben addestrata, ben preparata, ed era pronta ad entrare in azione già due anni prima dell’invasione americana. Ogni giorno la resistenza compie più di 300 operazioni contro gli occupanti senza tenere conto delle azioni individuali o di gruppi locali. L’Amministrazione Bush, per nascondere il fatto che la resistenza in Iraq è portata avanti dal popolo iracheno non parla altro che di questo personaggio fantastico di Zarqawi ma ogni iracheno sa bene che la resistenza è un movimento di liberazione nazionale iracheno al 100%. Un dato confermato dagli alti comandi Usa in Iraq secondo i quali il numero degli stranieri nelle file della resistenza non supererebbe il 10%. In ogni caso non c’è da meravigliarsi che molti amanti della libertà e della nazione araba siano accorsi in Iraq da tutto il mondo come già successe in Palestina, in Spagna, in Vietnam e a Cuba. La componente più rilevante della resistenza è costituita dal Baath dal momento che il partito, la più grande organizzazione politica nazionale con oltre sei milioni di sostenitori, si è preparato per anni a questo tipo di guerriglia. La resistenza inoltre, nella quale vi sono anche altri partiti e tutte le tendenze, etnie e confessioni presenti in Iraq, ha comunque una direzione unificata e un unico comando.

Non c’è il pericolo di una guerra intestina tra sunniti e sciiti?

Il primo governo iracheno dopo la fine dell’occupazione sarà un esecutivo di coalizione al quale parteciperanno tutte le organizzazioni che portano avanti la lotta e le nuove istituzioni si baseranno sui principi democratici. Ciò porterà alla formazione di un Fronte di Salvezza Nazionale ma per far questo sarà necessario che tutti i partiti iracheni portino avanti un processo di revisione critica del passato. Per quanto riguarda il presunto scontro tra sunniti e sciiti è un’ illusione degli occupanti. In ogni famiglia irachena potete trovare sciiti, sunniti e curdi e i legami tra di loro sono assai più forti delle tensioni politiche.

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12 risposte a Voci della resistenza irachena

  1. utente anonimo scrive:

    Personalmente, sentire questi qua del ba’th fa un po’ pena. Sinceramente, spero in una resistenza irachena affrancata dall’esercito di bugiardi e serial killer di Saddam. Pensare che rientrino dalla finestra, rifacendosi una verginità da “resistenti”, mi lascia molti dubbi.

    Alessandro

  2. utente anonimo scrive:

    L’Iraq agli iracheni. Questo e’ il primo passo, l’abc del diritto dei popoli all’autodeterminazione. Qualsiasi movimento nazionale e’ meglio dell’imperialismo; l’unica verifica, l’unico “distinguo” politicamente accettabile e’ appurare che il movimento nazionale non sia un mero strumento esterno di un’altra potenza imperialista. Che poi i nemici degli Usa siano sempre dittatori folli e sanguinari, mentre si tace su tutti gli altri paesi della stessa area geo-politica comincia un po’ a stufarmi. Di una cosa sono sicuro: questi “folli assassini” sul piano della spesa sociale interna hanno fatto sempre meglio degli “amici occidentali” vicini… per non parlare della laicita’… Sia chiaro che questo non avviene per filosofie contrapposte, e’ che nel regime nazionalista le ricchezze rimangono in patria e qualche briciola per il popolo rimane… nel regime fantoccio filoimperialista le ricchezze per lo piu’ emigrano 😛

    Concludo con un’osservazione. Proprio perche’ noi siamo fra gli occupanti dovremmo appoggiare la resistenza. E appoggiarla significa anche “stimolarla” verso obiettivi politicamente piu’ significativi… Spargere veleno e infamare politicamente la resistenza significa obiettivamente dare una mano al proprio imperialismo contro di essa… Ed io da buon marxista non lo faro’ mai…

    Massimo

  3. utente anonimo scrive:

    Ale, scusa se faccio sempre il bastiancontrario con te:-), ma a me pare che i baathisti un po’ di ragione ce l’abbiano. Vedi, senza scomodare servizi segreti e fare elucubrazioni, il fatto che gli amerikani in terra straniera hanno l’elasticità mentale di un brachiosauro. Hanno democratizzato il Giappone facendo fuori l’aristocrazia terriera mediante la riforma agraria, hanno fatto la denazificazione della Germania Ovest e la defascistizzazione dell’Italia (facendo mettere pure nella Costituzione la temporanea ghettizzazione dgli ex- fascisti) e credono che bisogna fare così dappertutto dove mettono piede. Ed è sbagliato, secondo me. Il Partito Comunista albanese non era tutta una manica di banditi e se te lo dice uno a cui i comunisti non stanno molto simpatici (e che una delle ragioni per cui è andato via dal proprio paese è perché ancora comandano loro), anzi, ho conosciuto un sacco di comunisti brava gente. In più, in Iraq, da quel che so il Baath viene più o meno identificato con l’ intera “etnia” arabo-sunnita, pertanto credo che “demonizzare” en bloc il baath sia stato controproducente, anche perché – dalla mia esperienza- spesso e volentieri si prende la tessera per avere un impiego e “partiti” simili sono dei fantasmi, quel che conta è il N.1, il Tiranno, punto e basta.. Intanto andavano giudicati e condannati quelli che si erano personalmente macchiati di crimini, poi doveva essere stabilito un equilibrio fra le parti in causa, ex-baathisti ed ex-militari compresi. L’emarginazione, caro Ale, genera frustrazione e la frustrazione si trasforma in rabbia. La quale, quando trova un kalashnikov combina guai grossi. Ma il brachiosauro di cui sopra se ne frega di queste quisquilie…

    Ciao

    Ritvan

  4. utente anonimo scrive:

    Quando sento parlare di “regime fantoccio” ogniqualvolta c’è di mezzo un regime più o meno democraticamente eletto ed appoggiato dagli yankees, non so perché ma mi viene l’urticaria. Niente-niente, anche un certo regime italico del dopoguerra, di cui un certo Palmiro Togliatti fu ministro della giustizia era un “regime fantoccio”? E, siccome le modalità costitutive di tale regime non sono granché cambiate da allora, non è che io sono venuto ad abitare in un paese dal “regime fantoccio”? Azz.. , ma allora, siccome “nazionalista” è meglio di “fantoccio”, perché almeno le briciole rimangono a nosotros, giuro che appena mi danno la cittadinanza (se non son morto prima di vecchiaia) mi precipito a votare per la Alessandra Mussolini, un cognome che è una garanzia di sacro Amor Patrio e abbondanza di briciole (e anche un po’ perché sogno di vedere la Sacra Nipote a torso nudo:-) a fare la “battaglia del grano” da cui ricavare le suddette briciole). Anzi, ma che dico, votare è da “fantocci”..mi correggo, imbraccio il mio vecchio kalashnikov e agli ordini della Mussolini mi metto in Marcia per Roma…Azz…ma io a Roma ci sto già..Come faccio a diventare un bravo “nazionalista”? :-). Vabbé, vuol dire che per ora non mi rimane altro che rinunciare alla fede matrimoniale quando sarà avviata la campagna “l’oro alla Patria”:-).

    Ritvan

  5. utente anonimo scrive:

    Ritvan caro, ho il sospetto che ti diverta a fare il bastiancontrario giusto per stuzzicare :-)… ragion per cui ti rispondo in modo asistematico e desultorio proprio come fai tu (per una sola volta, benintesi :-)), a cominciare dall’inesattezza più plateale:

    >in Iraq, da quel che so il Baath viene più o meno identificato con l’ intera “etnia” arabo-sunnita< Quel che sai, in questo caso, è sbagliato. Primo perché non esiste un’ “etnia” arabo-sunnita e in secondo luogo perché, se è vero che il ba’th era per buona parte composto da uomini di origine sunnita, è altrettanto vero che Saddam non disdegnava nessuno come collaboratore, purché fedele, e diversi “sciiti” figuravano tra i suoi più stretti collaboratori. Questa cagata del ba’th=sunniti, utilissima per i giornalisti a corto di argomenti, ma inutilizzabile sul piano dell’analisi della situazione, è tra quelle che fanno incazzare di più il mio amico sociologo-iracheno-sunnita Adel Jabbar, che infatti ha rinnciato, per sfinimento, a tentare di spiegarlo pubblicamente. Per Saddam tu potevi essere anche un testimone di Geova, l’importante era che non gli rompessi le scatole. Quindi anche la tua conclusione sull’emarginazione, giusta in linea di principio, non è applicabile al mio ragionamento. I sunniti si sentono emerginati? Beh, questo ha poco a che vedere con la deba’thificazione dell’Iraq. Anzi, l’identificazione tra ba’th e sunniti è stato il grimaldello degli americani (la faccio breve…) per emarginare i sunniti e tentare di fratturare l’unità dell’Iraq. >”demonizzare” en bloc il baath sia stato controproducente<
    E chi ha mai detto che sia stato giusto demonizzare il ba’th in blocco?

    >Intanto andavano giudicati e condannati quelli che si erano personalmente macchiati di crimini< Invece coloro che, secondo te, hanno portato in Iraq una guerra legittima (mi pare di aver capito che la pensi così, anche se non si sa mai...) stanno tenendo in galere vergognose un po' tutti quanti: sciiti, sunniti, comunisti, nazional-socialisti, e anche un po' a casaccio. Dunque, per finire, Ritvan, io credo che gli Amreicani stiano seminando frustrazione e risentimento a piene mani e volontariamente, altro che incapacità… altrimenti, che scusa avrebbero per rimanere dove sono?
    E questo, a prescindere dal Ba’th, che è stato per qualche lustro uno dei migliori alleati degli interessi USA in Medioriente. Quindi, sentire membri dell’elite ba’thista parlare a nome della resistenza e del popolo iracheno, come se fossero delle verginelle, perdonami, ma mi fa sobbalzare sulla sedia.

    Alessandro

  6. utente anonimo scrive:

    Io ho conosciuto un’intera generazione di arabi, in particolare giordani, che si sentono baathisti.

    Non si può ridurre tutta la questione del Baath a Saddam Hussein e al suo governo, o alle variabili alleanze politiche che Saddam ha scelto nel corso del lungo periodo in cui era al potere.

    Non diventiamo dei Chomsky, che riducono tutta la storia umana, da Vercingetorige in qua, a “dittatori canaglia al servizio degli americani” :-))

    Miguel Martinez

  7. utente anonimo scrive:

    >Io ho conosciuto un’intera generazione di arabi, in particolare giordani, che si sentono baathisti< Allora saprai di certo che il Ba’th fu un fenomeno arabo che naque in libano e fu fondato da un cristiano, Michel Aflaq. E anche che il ba’thismo iracheno ha poco ha che vedere con il ba’thismo originario, e con quello siro-libanese o giordano, proprio come dici tu, Miguel, quando ricordi che “Non si può ridurre tutta la questione del Baath a Saddam Hussein e al suo governo”. Anch’io ho conosciuto torme di arabi, soprattutto siriani, che si definiscono ba’thisti, e che cionondimeno guardavano Saddam come il fumo negli occhi, e lo consideravano più o meno come lo considera Chomsky. Non il ba’thismo tout court, ma il ba’thismo iracheno è il ba’thismo di Saddam Hussein – e mi pare che il signore dell’intervista fosse un uomo di Saddam, non un candiso utopista socialista panarabo – cioè un tiranno infame che a lungo è stato una canaglia al servizio degli americani. Come Vercingetorice 🙂 Alessandro

  8. utente anonimo scrive:

    Se hai notato, Ale, “etnia” era messo fra virgolette, proprio per sottolineare in modo “plateale” che non si trattava di un etnia nell’accezione classica del termine, bensì di un gruppo sociale non esattamente paragonabile ad un ceppo etnico.

    Se non esiste un’etnia arabo sunnita e una arabo-sciita, allora non esiste neanche un etnia curda e neanche una turcomanna o altro. Che bello, tutti IRAKENI senza “se” e senza “ma”!:-). Peccato che la realtà non sia così.

    Mi dispiace per il tuo amico sociologo, ma il concetto di “etnia” non implica necessariamente l’esistenza contemporanea di TUTTE le caratteristiche “classiche”: comuni caratteri fisici, storico-demografici, linguistici e culturali. Ormai, con buona pace di Hitler, tedeschi ed austriaci sono due etnie separate, anche se parlano entrambe tedesco. Anche sciiti e sinniti irakeni, dopo secoli di “separazione in casa” se non sono vere e proprie etnie, un po’ “etnie” lo sono.

    Sui collaboratori “etnici” di Saddam, hai dimenticato quello che da il nome al reggiseno irakeno:-), ossia Tarek Aziz, cristiano. Ma il fatto che Saddam non disdegnasse leccapiedi buddisti non fa del Batth un partito dalla gerarchia buddista e dove ogni buddista leccapiedi poteva facilmente fare carriera e sistemare la sua tribù. Negare che – al di la di leccapiedi occasionali Testimoni di Geova – i sunniti componevano lo zoccolo duro del Baath ed erano l’ “etnia” preferita di Saddam (non posso dire “religione” preferita, abbi pazienza, Saddam se ne fregava altamente della religione, tranne quando fu agli sgoccioli) è negare l’evidenza.

    Ma poi, scusa, se i kattivi amerikani volevano proprio cercare solo un “grimaldello”, perché non se la presero con gli sciiti, correligionari degli ayatollah di Teheran, bestia nera di ogni Bush che si rispetti? C’avevano già pronto anche un Moqtada al Sadr, sciita di ferro che agitava i kalashnikov ed incitava alla “guerra santa”, non c’era bisogno di inventarselo come Al Zarqawi:-) che volevano altro? Una bella botta agli sciiti e via, invece di prendersela coi poveri sunniti. Come vedi, il tuo ragionamento non fila.

    Hai capito bene, la guerra in Iraq la giudico legittima, anche se , col senno di poi, inopportuna. Ma non parlo delle galere, lì ci possono essere benissimo sunniti, curdi, comunisti e anche qualche bel cristiano come Tarek Aziz (con gran dispiacere di Socci, immagino, che forse griderà alla “persecuzione dei cristiani”:-) ), io parlo della vita politica, dell’epurazione dell’esercito, della Costituzione che relega i sunniti, tutti, in posizione di minoranza povera. Qui sta l’errore, secondo me.

    Caro Ale, quando si fa “resistenza” non si può andare tanto per il sottile e dire ai baathisti:”No, tu, no, tu sei stato per qualche lustro uno dei migliori alleati degli interessi USA in Medioriente, pertanto pussa via!”. Non lo fecero i potenti alleati con Stalin che si spartì la Polonia (e anche un po’ di altre terre intorno) con Hitler, figurati se lo possono fare oggi i poveri “resistenti” non baathisti. O che tu fai, vorresti sabotare la Gloriosa Resistenza, per caso?:-).

    Ciao

    Ritvan (e non t’incazzare!:-) )

  9. utente anonimo scrive:

    Se si dà un calcio al vespaio, inutile lamentarsi che le vespe pungano. Questa è oggi la situazione degli americani in iraq. E ad ogni sgonfione ideologico pro occidente va buttata in faccia questa semplice verità di reazione fisica. Vi lamentate che le “incivili” vespe vi pungono? È il meno che potevate aspettarvi, dopo averle disturbate, sia pure per “alti e nobili” motivi. Ma il dato politico dell’autodeterminazione dei popoli è troppo semplicistico, ridotto da massimo in quel modo. Chi ha detto che una borghesia locale sia meno esosa d’una borghesia internazionale? Oggi più che mai, le guerre “locali” hanno cause internazionali che esorbitano ampiamente dalle questioni nazionalistiche. Lo dico da marxista, oggi la soluzione migliore dell’iraq sarebbe un compromesso tra una dirigenza americana meno stupida dell’attuale e la guerriglia più avvertita e cosciente. A una formazione comunista spetterebbe il compito di difendere le condizioni economiche immediate dei lavoratori da qualunque governo borghese arrivasse il potere. Anche perché il prezzo del petrolio e la sua distribuzione non sarebbe certo in mano all’iraq, se anche fosse “indipendente”. p

  10. utente anonimo scrive:

    Nell’Iraq di Saddam le risorse petrolifere e minerarie dell’Iraq non erano certo in mano a multinazionali americane. Ne’ vi erano basi militari straniere. Nell’Iraq di oggi e’ esattamente il contrario.

    Avere “capitali e soldati” stranieri in casa rende molto ma molto piu’ ardua qualsiasi ipotesi di democratizzazione. Uno sguardo storico mostra chiaramente quale sia la reazione statunitense a mutamenti democratici e/o socialisti.

    Marx si schiero’ totalmente coi cinesi contro gli “evoluti” inglesi a proposito della “guerra dell’oppio”, ne’ si sogno’ di sperare in una sorta di conquista coloniale “soft”, cioe’ con una specie di patteggiamento fra le parti.

    Sulle condizioni di vita di lavoratori e popolazione dell’Iraq e’ fuor di dubbio che stavano meglio prima, ma del resto dal modello Usa cosa ti vuoi aspettare visto i tassi di poverta’ e mortalita’ da terzo mondo che hanno in casa loro…

    I comunisti poi dovrebbero occuparsi di ben altro che delle condizioni economiche dei lavoratori… dovrebbero cercare di incidere sull’indipendenza nazionale e sui rapporti di forza per il controllo delle risorse e della produzione.

    Cambiando discorso direi che mi sembra alquanto fuori luogo parlare di governo fantoccio per una delle piu’ grandi potenze militari e industriali quale l’Italia e’. Che vi sia un’alleanza subalterna agli Usa e’ fuor di dubbio, ma solo in virtu’ di interessi storicamente convergenti… non siamo mica una colonia. Le colonie le abbiamo…

    Massimo

  11. utente anonimo scrive:

    E difatti c’era il programma “oil for food”, se volevano vendere qualcosa. Sulle basi, è uno dei motivi dell’intervento americano, ma di basi, un mucchio, ne abbiamo anche qui. Ha senso per l’iraq uno sbocco “vietnamita”? Quel paese da solo non può battere l’america, l’accordo con la parte USA meno ciecamente guerrafondaia è la soluzione migliore per quel paese, non certo per il mondo; ma di iraq si parla, non della rivoluzione mondiale, che ha bisogno di ben altre forze che della resistenza irachena. Certo che i comunisti non devono fermarsi alla difesa delle condizioni immediate dei lavoratori, ma questo aspetto è molto più importante di tante cose “politiche”, spesso campate per aria. Marx, giustamente, metteva a nudo la spietatezza dei metodi dei civili e democratici inglesi. Ma non si sarebbe mai sognato di pensare che l’arretrata cina potesse fermare l’avanzata del capitalismo al suo interno. E non solo per motivo di forza militare, ma soprattutto di forza economica: “le merci sono le artiglierie che abbattono qualunque muraglia cinese”. Figuriamoci il deserto iracheno. p

  12. utente anonimo scrive:

    Concordo con l’analisi pragmatica di p. a proposito di un possibile accordo in Iraq, cosa che del resto avevo espresso anche tempo fa. Ma mi viene un dubbio atroce: è lui che sta diventando liberale o io che sto cadendo nelle grinfie del marxismo?:-) :-).

    Ritvan

    P.S x Massimo: dove sarebbero ‘ste colonie dell’Italia, ad Aviano o al Cermis?:-). Ma se anche un piccolo e cafoncello capoclan dell’Albania come Berisha non volle cedere il suo turno di intervento all’ONU al Berlusca senza una contropartita, ma di che “colonie” stai parlando?

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