La Maddalena, il vento, la morte e il silenzio

Un intenso vento freddo che piega i cipressi, e torniamo a vedere la Certosa, sul Monte Acuto.

Sto leggendo in questi giorni Miguel Benasayag, Cinque lezioni di complessità, che è un libretto da intellettualone francese adottivo: affermazioni assiomatiche una dopo l’altra, impossibili da verificare perché non c’è mai un esempio concreto, ma che lo stesso ti fanno nascere un sacco di idee.

Resto affascinato, anche se non del tutto convinto, da un concetto: che il modo in cui le persone, in diverse epoche, vedono il mondo, cambi non solo le persone, ma anche il mondo stesso.

Ci devo riflettere, ma provo a pensare al mondo dei certosini, che fuggivano il mondo in un’epoca in cui persino i re di quel mondo avevano meno comodità dell’ultimo carcerato di Sollicciano oggi.

I certosini erano eccezionali, ma non strani: proprio il mondo li ammirava.

Magari pochi avevano il coraggio di imitarli, ma non c’erano dubbi: i frati contemplativi valevano di più – in ordine ascendente – dei mercanti, dei cavalieri, dei re, dei preti, ma anche dei frati impegnati in qualche apostolato…

E allora i chiassosi, rissosi, lussuriosi, invidiosi, intriganti, avidi umani della Firenze del Trecento cosa consideravano un modello?

I certosini cercavano luoghi selvatici, che loro chiamavano deserti.

Alla Certosa, ogni frate aveva una propria cella. Che non era scomoda: era una casetta più che discreta. Quindi non cercavano la sofferenza, che a modo suo ci sarebbe ancora quasi comprensibile: cercavano il silenzio.

Il cibo (e il vino) venivano consegnati dai fratelli laici attraverso una finestrella, congegnata in modo che chi lo portava non potesse essere visto.

Ogni cella aveva una vasca per raccogliere l’acqua piovana e un piccolo orto, e i muri furono disegnati in modo tale che nessun fratello potesse mai vedere l’altro.

Alla mezzanotte, in un mondo senza elettricità, si alzavano per pregare (il giorno di allora iniziava con la notte).

“Pregare” vuol dire cantare, quindi qualcosa di molto lontano dal parlare. E qui ci sarebbe da aprire un capitolo su quanto fosse diversa la liturgia di allora, ma chiudiamolo subito.

Pregavano/cantavano insieme ai fratelli per tre lunghe ore: nella cappella, ci sono dei fori per terra e nel soffitto, che accedono a una cassa armonica inesplorata, come quella di un violino.

promemoria… la prossima volta, dobbiamo andarci con la nostra cantante lirica

Si dormiva, poi si pregava insieme di nuovo al sorgere del sole.

Si pregava insieme di nuovo la sera, e si andava a dormire verso il tramonto.

Una volta la settimana, ci si trovava insieme per un pranzo comune in silenzio – come sempre, vegetariano; per il colloquio, in cui i frati potevano parlare tra di loro. E si faceva persino una passeggiata.

Alla fine di una vita intera passata così, si moriva.

Nell’immenso cortile, vedo delle lapidi tombali, dedicate a ricordare, con i soliti toni eccessivi da lapicida fiorentino, le virtù di questa o di quella persona.

Ma quelle sono solo le tombe dei benefattori, di quelli che ritenevano un onore poter contribuire a un tipo di vita più valida della loro.

Le tombe dei certosini sono tutt’altra cosa.

Sassi grigi incorniciano dei rettangoli.

Dentro ogni rettangolo, un frate è stato sepolto, senza bara, in un sudario.

Sulla fossa, si piantava un’anonima croce di legno, che presto deperiva.

E’ primavera, e ci sono le margherite sulle tombe e nel cielo, fischiano i rondoni.

Accanto alla chiesa in cui cantavano, una sacrestia, dedicata a un unico tema: accanto alla grande teca carica di reliquie, una serie di affreschi che ricordano che il destino della Chiesa è sempre la persecuzione.

Lo rappresentarono, nel Cinquecento, con un parallelo che non conoscevo.

In alto, un affresco raffigura la strage degli Innocenti: la persecuzione inizia prima della Crocifissione. E lì c’è una madre primordiale che affonda ferocemente i suoi denti nel braccio di un soldato di Erode.

Sotto, raffigurazioni macabre delle torture inflitte dagli sgherri di Enrico Ottavo d’Inghilterra ai fedeli cattolici: è la prima volta che vedo rappresentato così un evento contemporaneo all’artista.

Pensieri confusi… su come la legittimazione provenga sempre dal sangue e dalla morte, fonte unica della vita.

Strano che una Chiesa allora trionfante si vedesse come agnello sacrificale, mentre la Chiesa morente di oggi non ci pensi.

Nella Sala del Capitolo, c’è un gran dipinto della Crocifissione.

Ci sono sempre loro, le Tre Marie: Maria la Madonna Madre di Storie, Maria Maddalena e Maria Tutte le Altre (in cui convergono storia su storia).

Ora, sappiamo tutti che le donne a quei tempi non potevano, eccetera…

Però se in cima al mondo morale, non c’erano i re o i guerrieri o i ricchi, ma i silenziosi, che non potevano nemmeno loro, non è così strano vedere che ai piedi di Gesù ci fossero solo donne.

Lungo il Legno della Croce

(il figlio di Adamo, Seth, si era fatto dare un piccolo seme dell’Albero del Bene e del Male e da lì nacquero tutti gli Alberi delle Storie)

cola il sangue.

Scende giù, fino all’inframondo, il Mictlān, si diceva in Messico.

Dove si trovano i due teschi, quello di Adamo e quello di Eva, alla pari.

Il sangue li bagna, e loro diventano, un pochino, Dio, che a pensarci lo dicevano anche gli antichi messicani.

E infatti, mia madre aveva un crocifisso di legno fatto da qualche artigiano indio, tutto colorato, che raffigurava la stessa scena che si vede alla Certosa, sebbene in tutt’altro stile (alla base, mi sembra che ci fosse un solo teschio).

In mezzo c’è lei, la Maddalena, dai capelli selvaggi e liberi, che abbraccia legno e sangue.

Maddalena l’hanno confusa con tutte – anche con Maria l’Egiziana che da ragazzina l’avevano mandata a battere -, ma proprio perché è confusa, Maddalena riunisce tutte le nostre vite.

Allora mi viene in mente la Maddalena più intensa di tutte, quella piccolina che Donatello settantenne ricavò da un pioppo bianco.

Il vento intenso fa sbattere finestre, in alto un gabbiano tutto illuminato dal sole si lancia verso il Chianti, e attorno verde su verde, e per un attimo, solo un attimo, riesco a sentire che sono possibili molti altri mondi.

Però a patto che accolgano anche la morte e il silenzio.


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52 risposte a La Maddalena, il vento, la morte e il silenzio

  1. Andrea Di Vita scrive:

    @ Martinez

    “moriva”

    Sarà che sono per natura malfidato e sospettoso di ogni eccesso, ma mi sono sempre chiesto quanto di quella clausura a vita fosse volontario, e quanto invece convenisse all’integrità dell’asse ereditario delle famiglie di origine. Anche se uno era preso da un sincero afflato mistico – che so – a trent’anni, che faceva se a cinquanta cambiava idea? Lo cantava ai confratelli attraverso il buco?

    E questa è una domanda che interessa tutta la cultura che ha generato quella vita. Quanto in realtà di quell’ostentato disprezzo del mondo era duraturo e sincero, e quanto era puro conformismo?

    O, in altre parole: sono davvero possibili, altri mondi?

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • Miguel Martinez scrive:

      Per ADV

      “O, in altre parole: sono davvero possibili, altri mondi?”

      Penso che tutto sia vero.

      Quello che hai detto è verissimo, come è vero che quei frati hanno vissuto davvero un altro mondo dal nostro.

      Alla fine, ciò che conta è ciò che si vive.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      “sono davvero possibili, altri mondi? ”

      Quanta parte della mia vita è stata dettata dalle necessità? Un bel po’, direi. eppure non per questo si può dire che non abbia avuto un certo margine di manovra.
      Allo stesso modo, il clero non era composto solo da certosini.

      “Anche se uno era preso da un sincero afflato mistico – che so – a trent’anni, che faceva se a cinquanta cambiava idea? Lo cantava ai confratelli attraverso il buco?”

      I voti si possono sciogliere.

      • Francesco scrive:

        ecco, storicamente mi pare sia la risposta da dare al malfidente (!) Andrea

        la Chiesa già allora permetteva di “liberarsi” a chi lo avesse chiesto

        ti tocca ammettere che un altro mondo c’è stato, proprio nel senso fisico che piace a noi per dire che la cosa è vera

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Francesco

          “ammettere”

          In teoria certo si’.

          In pratica se uno veramente taglia i ponti col mondo a vent’anni a cinquanta non ci può tornare più.

          Non conosce nessuno al di fuori delle mura del convento, non ha beni al sole che’ entrando in clausura ha rinunciato a tutto, anche se ha competenze rivendibili (erborista? amanuense?) non ha un capitale da investirvi, verosimilmente non ha più nessuno al mondo.

          È come quegli ergastolani che dopo trent’anni si scopre essere stati condannati per sbaglio e vengono liberati in un mondo che non sarà mai più il loro. O come quel soldato giapponese che era rimasto nella giungla perché non sapeva che la guerra era finita. In futuro magari ci saranno astronauti ridotti così, dopo viaggi durati anni sul tempo terrestre.

          In tutti questi casi la scelta di “morire al mondo” è irreversibile, non conosce risurrezione (almeno in questa vita).

          Ecco perché dubito della sincerità di tutte queste adesioni alla clausura perpetua.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

  2. Moi scrive:

    PAZZESCO

    Checco Zalone con Helen Mirren (… credevo fosse un’ incredibile sosia !) in stile pseudo-Iglesias !

    https://www.donnaglamour.it/checco-zalone-helen-mirren-vacinada/people/

    https://www.youtube.com/watch?v=iJpD7XumXOQ

    La Vaccinada

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Moi

      Dopo la regina Elisabetta che ha la Bond-girl per 007-Daniel Craig la Nonita Elen Mirren che seduce il maturo sciupafemmine apulo non mi stupisce affatto… 🙂

      Ciao!

      Andrea Di Vita

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Mi sembra esagerato: vorrebbe dire dare a Zaia e a Rigoli la dignità di un Bellarmino.

    • firmato winston scrive:

      Se leggi altrove la notizia con qualche particolare in piu’, risulta tutt’altra cosa, probabilmente altrettanto poco credibile, ma tant’e’.
      Comunque, se proprio ti interessa (a me no), ti invito ad approfondire prima di trinciare giudizi.
      Come sempre i media semplificano e contano balle, e la gente ci casca con tutti e due i piedi: Crisanti, e la Regione Veneto, la denuncia per diffamazione e il risarcimento danni li rischiano da parte della ditta che produce i test. Se non erro, e’ solo questo genere di responsabilita’ che la procura sta cercando di accertare, verificando se quanto affermato da Crisanti e’ vero, o almeno verosimile.
      Non e’ che si puo’ dire che gli altri vendono o comprano merda pericolosa per la salute pubblica come se niente fosse, specie se si occupano posti di grande visibilita’ e autorevolezza. Si puo’ fare danno e si puo’ essere chiamati a risponderne.

      D’altra parte, come diceva lo storico Paolo Prodi, uno dei fratelli saggi del piu’ noto politico, viviamo nel mondo del pan-normativismo giuridico positivo, nel quale si crede di poter affrontare e risolvere qualsiasi problema a colpi di leggi, norme, tribunali, avvocati, e… galera per tutti.

  3. Miguel Martinez scrive:

    Perché la roba al supermercato costa poco?

    Source : https://ilsalvagente.it/2021/05/04/120440/
    Non lasciamo vincere i furbetti dell’olio
    OLIO

    Ci risiamo. A distanza di 6 anni dalla precedente inchiesta nulla è cambiato.Ancora una volta il mensile il Salvagente, smaschera i furbetti dell’olio mediante un campionamento a scaffale e facendo eseguire le analisi chimiche in laboratori accreditati e con un panel test che lascia spazio a pochi dubbi. Su 15 bottiglie di olio di grandi marchi esaminati , 7 sono stati bocciati dal panel test e tra questi vi sono nomi noti del settore oleario: Carapelli Frantolio, Colavita Mediterraneo tradizionale, De Cecco Classico, la Badia Eurospin, Cirio Classico, Coricelli, Il Saggio Olivo Todis.

    Ebbene qui non si staaffermando che gli oli bocciati fanno male alla salute, semplicemente che i consumatori vengono ingannati perché convinti di acquistare un olio extravergine così come indicato in etichetta e si ritrovano un olio di una categoria inferiore ad un prezzo superiore dal 30 al 50%.

    • Francesco scrive:

      perchè le truffe dovrebbero avere più a che fare con i supermercati che con altre modalità di vendita?

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “perchè le truffe dovrebbero avere più a che fare con i supermercati che con altre modalità di vendita?”

        Perché ci trovi una cosa che costa 1.42 euro, compresi costo lavoro, imballaggio, trasporti, margine del supermercato…

        E sai che se fosse ciò che dice di essere, dovrebbe costare circa 3 euro ancora prima di essere lavorato, imballato, trasportato e supermercatato.

        • Francesco scrive:

          la mia domanda è: perchè questa truffa dovrei trovarla più al supermercato che al mercato o al negozietto dietro casa?

          mio padre ricorda con piacere di essere entrato, secoli fa, dal pescivendolo del suo paesino ligure e averlo trovato che travasava acciughe spagnole in vasetti di acciughe nostrane. “sono buone lo stesso” disse l’infame

          🙂

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Francesco

            “la mia domanda è: perchè questa truffa dovrei trovarla più al supermercato che al mercato o al negozietto dietro casa?”

            Certo, i truffatori sono ovunque, anzi è più facile controllare quelli grossi probabilmente.

            Il punto che io volevo sottolineare è però un altro: che c’è una truffa più grossa sottostante a tutta l’economia della “roba a poco prezzo”, che caratterizza i nostri tempi di folle (apparente) abbondanza.

            E che questa truffa è in qualche modo inevitabile, non è solo il frutto di “mele marce”.

            Sarebbe facile se il problema fossero solo gli “avidi speculatori senza scrupoli” o “le autorità che non vegliano abbastanza”.

            • Francesco scrive:

              beh, la roba a poco prezzo è alla base del sistema dall’inizio dell’Ottocento

              rimane uguale a prima di allora che chi compra ha, dovrebbe avere, una certa tendenza a controllare cosa compra

              non ho idea di cosa dovrebbe costare un litro di olio buono ma in generale per il produttore di qualsiasi cosa il prezzo è sempre troppo basso

              è il gioco delle parti al mercato – non so come fosse ai tempi delle gilde e dei mercati medievali iperregolati

              ciao

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “rimane uguale a prima di allora che chi compra ha, dovrebbe avere, una certa tendenza a controllare cosa compra”

                Il discorso è molto più complesso: per il cliente, le acciughe spagnole sono buone quanto quelle liguri 🙂

                Io posso dire se mi piace o no la cotoletta di pollo al Conad, o se mi piace il prezzo ((1.40 € la confezione di due cotolette) ma non ho idea se sia stato allevato disboscando l’Amazzonia.

                Il problema è sempre quello dei costi esternalizzati.

                La gente si lamenta del costo degli smartphone; in realtà vengono tutti venduti molto sottocosto, il cliente paga senza rendersene conto, donando i propri dati – infatti uno dei pochi smartphone che non spia e non ruba costa 800 dollari https://shop.puri.sm/shop/librem-5/

              • Andrea Di Vita scrive:

                @ Martinez

                “buone quanto quelle Liguri”

                Aaaaarrrggghhhh

                Questo dimostra quanto il cliente abbia bisogno di essere educato.

                Ciao!

                Andrea Di Vita@ mart

              • PinoMamet scrive:

                In effetti le acciughe spagnole del Cantabrico sono migliori…

              • Miguel Martinez scrive:

                Per PinoMamet

                “In effetti le acciughe spagnole del Cantabrico sono migliori…”

                Potevi dire che eri contro il ddl Zan, che Fedez puzza, che ti piace la Meloni, che le bocce sono meglio della fisica… ma adesso ti sei messo DAVVERO nei guai con ADV!

              • PinoMamet scrive:

                😀

                e non mi piace neppure la Meloni!

                (ho un debole per Mara Carfagna, però)

    • Francesco scrive:

      perchè? c’è qualcosa di nuovo nell’estremismo wokista dei ricchi fighetti di New York?

      è ormai un luogo comune da decenni

      • Fuzzy scrive:

        Ah! Allora sono io che casco dal pero.
        Diciamo che 300 e passa dollari per un menù vegano per me sono una novità, tenuto conto che di materia prima ci saranno a dir molto, ma molto, 20 dollari.
        Io con una cassetta di verdura da 15 euro (di quella buona) vado avanti per una settimana.
        Però immagino che qui si tratti di vantare uno status. E anche questa mi sembra nuova rispetto a come viene considerata la cucina vegana qui da noi, cioè una specie di supplizio autoinflitto per ragioni ideologiche. C’è chi dice religiose. Vedi i monaci.
        Per quanto mi riguarda penso che sarebbe arrivato il momento di sdoganare il veganesimo (io sono vegetariano) e catalogarlo finalmente tra le cose “normali”.

        • Francesco scrive:

          eh no, il veganesimo è un segno distintivo dei ricchi coglioni che si credono meglio dei normali coglioni

          quando diventasse una cosa di massa, lo lasceranno per qualche altra stupidaggine

          ah, nel mondo reale è esattamente un “supplizio autoinflitto per ragioni ideologiche” ma cosa conta il mondo reale?

          PS una volta ho assaggiato delle polpettine vegane, molto buone!

  4. massimo scrive:

    Ma del bacio di Biancaneve ne vogliamo parlare ? e menomale che non lo hanno definito con qualche termine anglofono o comunque straniero . Forza che alla fine qualsiasi cosa sara’ un crimine .

  5. Andrea Di Vita scrive:

    @ martinez

    Mica solo l’Amazzonia è diventata sorgente di CO2, che ti credevi?

    https://www.linkedin.com/posts/the-economist_there-is-hope-for-south-east-asias-beleaguered-activity-6794138331073576960-Lykd

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • Miguel Martinez scrive:

      Per MT

      “Se la cifra generale stanziata per la transizione ecologica non raggiunge il 37% dei fondi complessivi, richiesto come quota minima dal Regolamento europeo, l’investimento per la biodiversità si ferma a 1,19 miliardi su 231 complessivi, corrispondenti allo 0,51%. Tali fondi sono destinati alla rinaturalizzazione del Po (360 milioni), alla digitalizzazione dei parchi (100 milioni), a interventi sui sistemi marini e costieri (400 milioni) e alla tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano (330 milioni).”

      “Valorizzazione del verde urbano ed extraurbano” può significare molte cose, compreso campetto di calcio nel giardino pubblico o abbattimenti di alberi “vecchi” da sostituire con alberi “nuovi”.

      Non lo metterei nella “natura”.

    • Francesco scrive:

      x MT

      scusa ma noi si partecipa all’assalto alla diligenza? credevo fossimo spettatori

      in ogni caso, pare che la diligenza potrebbe anche partire in ritardo, o non partire, i cattivoni del Nord hanno dei dubbi in merito

  6. daouda scrive:

    Set è il figlio di Adamo, Seth è una divinità egizia

    • Moi scrive:

      … Gran bazza : tòtt in cà 😉 per far dispetto a Salvini e la Meloni ! 😉

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Moi

        “Gran bazza : tòtt in cà 😉 per far dispetto a Salvini e la Meloni !”

        Mai nessuno che proponga di togliere il coprifuoco prima: che so, via libera dalle 3.30 anziché dalle 5.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per ADV

      “OT…ma… GAUDIO!”

      Beh, in effetti, spero di poter lasciar aperte le finestre la notte quest’estate!

    • PinoMamet scrive:

      Gaudio per cosa? Perché la Meloni “ha perso”?
      Perché, come Miguel, non ami la movida sotto casa?
      O perché ti piace stare in casa?
      O perché i terribili bottegai che non pagano le tasse devono fallire tutti?

      Mah.

      A me il casino dà fastidio, ma ci sono mezzi più divertenti di risolvere il problema piuttosto che obbligare tutti a una vita monacale e rovinare l’economia italiana un altro po’, ad maiorem Speranzae gloriam.

      Ceterum censeo Speranzam cacciandum esse.

      • Francesco scrive:

        guarda che se cerchi sull’enciclopedia “il tizio che si tagliò i coglioni per far dispetto alla moglie” c’è la foto di Andrea tutto fiero!

        😉

      • PinoMamet scrive:

        Vabbè, ma vediamo il lato positivo.

        È stata bocciata la proposta d far versare una caparra di 30 mila euro alle attività gestite da stranieri, e solo da quelle, allo scopo di “evitare che chiudano dopo due anni senza pagare le tasse”;

        nella realtà: allo scopo di impedire che gli stranieri riescano ad aprire attività oneste, punto e basta, e lasciarli perciò spacciare e gestire la prostituzione e rimanere perciò un valido argomento in mano alla destra per racimolare voti.

  7. Andrea Di Vita scrive:

    @ tutti

    OT. Giusto per ricordare.

    Dopo il “sofagate” nessuna buona notizia
    Pubblicato il 2 Maggio 2021 · in Interventi ·
    di Francisco Soriano

    Sono passate ormai poche settimane dal “sofagate” del Bosforo connotate da un incredibile carico di polemiche: dalla dissertazione infinita sui protocolli diplomatici, alle raffinate interpretazioni dei giornalisti nostrani sulle variabili del pensiero islamico che riguardano la condizione della donna e la situazione dei diritti umani nelle moderne società mediorientali.

    Tuttavia una sottile e invincibile speranza ci aveva indotti a pensare che si sarebbe parlato con più severità del presidente Recep Tayyip Erdoğan, anche in virtù della coraggiosa quanto “mirabile” definizione del nostro primo ministro Mario Draghi riguardo al satrapo turco: “un dittatore con il quale si è costretti a dialogare”. Sono bastate poche ore perché tutto tacesse, incredibilmente e inesorabilmente. Nessuno più sottolinea che poche settimane fa la Turchia ha deciso di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul, che aveva come piattaforma di confronto “la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”. Pochi ricordano che, dopo il deprecabile tentativo di colpo di stato del luglio del 2016, Recep Tayyip Erdoğan ha instaurato, con leggi emergenziali e rastrellamenti degni di una dittatura sudamericana, un sistema di incarcerazioni, torture e condanne a morte di migliaia di persone. Come la Storia più volte ci ha mostrato, in periodi di disordine o transizione politica, si assiste a una recrudescenza delle restrizioni e delle persecuzioni nei confronti dei dissidenti e degli oppositori politici. Il pretesto viene spesso ricercato in un’azione violenta o in una condizione sopravvenuta di forte contrapposizione sociale e politica per sentirsi legittimati ad attuare qualsiasi crimine nei confronti dei dissidenti, legittimando in questo modo le proprie azioni seppur compiute al di fuori delle leggi dello Stato e aggirando, all’occorrenza, anche i diritti umani delle persone. In Turchia lo sforzo governativo repressivo nei confronti della dissidenza si è caratterizzato piuttosto in una azione normalizzatrice, indirizzata allo spegnimento di un qualsiasi barlume di reazione alle misure autoritarie in ogni campo del sapere e nella quotidianità della vita civile dei cittadini.  Seppur estranei al tentativo di golpe, molte persone sono state colpite con una sistematica strategia del terrore con mezzi da squadrismo fascista. Negli ultimi mesi sono finiti dietro le sbarre i vertici di associazioni umanitarie come Amnesty International, schiere di giornalisti dissenzienti (più di 160), circa cinquemila magistrati, molti dei quali non si sono piegati alle imposizioni del regime; alcuni di loro sono stati dichiarati colpevoli per aver rivendicato processi giusti in cui le persone potessero almeno difendersi dalle accuse con strumenti e garanzie eque.

    In questi giorni sono sotto processo 17 dipendenti del quotidiano “Cumhuriyet”, un giornale di opposizione i cui giornalisti rischiano pene gravissime per terrorismo. I presunti “terroristi” sono amministratori e avvocati del quotidiano, editorialisti, corrispondenti, giornalisti accreditati. Nei mesi scorsi il gruppo musicale Yorum, fondato nel 1985, ha subito la morte di tre dei suoi componenti; tutti sono stati imprigionati nelle carceri turche perché accusati di essere esponenti della sinistra radicale, nonché di essere elementi pericolosi per la sicurezza pubblica. I primi a morire per uno sciopero della fame erano stati i due cantanti: la giovane Helin Bölek e Mustafa Koçak, che si rifiutavano di mangiare da circa 300 giorni. Il terzo a spegnersi lentamente e drammaticamente è stato İbrahim Gökçek. I musicisti erano stati accusati di collaborare con il “Fronte rivoluzionario della liberazione popolare”, una formazione politica di estrema sinistra tacciata come organizzazione terroristica. Già dal 2002, comprovando l’ossessione del regime turco nei confronti del Grup Yorum, vennero arrestate due donne: la cantante Selma Altin e la violinista Ezgi Dilanm. Le due furono torturate e picchiate ripetutamente dal momento dell’arresto, addirittura nelle autovetture delle forze speciali, dove alla prima fu rotto il timpano per le percosse sul volto, alla seconda le fu fratturato il braccio per non consentirle più di esibirsi in spettacoli musicali. Alle due veniva contestato il reato di aver chiesto, insieme ad altri 25 attivisti, la restituzione del corpo di un manifestante ucciso dalla polizia dopo un attacco a una questura del quartiere Gazi.

    Da circa due anni con un’azione bellica definita cinicamente “Sorgente di luce”, le forze armate turche coadiuvate da altri elementi provenienti dalla galassia dell’integralismo islamico (dopo le vicende della guerra civile in Siria) e da gruppi di combattenti inquadrati come mercenari, hanno dato vita a un’operazione di invasione bellica e territoriale ai danni delle popolazioni curde al nord della Siria. Questa deriva criminale è una insopportabile violazione territoriale e una profanazione di luoghi in cui antichissime popolazioni vivono da millenni. L’obiettivo principale del dittatore “necessario” Recep Tayyip Erdoğan è la cancellazione, in quei luoghi, delle esperienze di autodeterminazione come modello di governo. Non è assolutamente marginale ricordare che la sete di espansionismo dei turchi non si è arrestata neppure dopo le condanne internazionali ai crimini del passato, gravissimi, ricordati come eccidi e genocidi a carico delle popolazioni armene verso cui si nutre un odio senza fine. La discriminazione delle etnie in territorio anatolico è un elemento quasi normale anche nei confronti delle minoranze religiose cristiane.

    Dopo l’insediamento di Joe Biden, qualcosa sembra essere cambiato nel senso che il presidente americano ha dichiarato di riconoscere il genocidio perpetrato ai danni del popolo armeno, in un discorso che si è tenuto nel 106° anniversario dello sterminio nei territori dell’Impero Ottomano avvenuto nel 1915, quando furono massacrati secondo le stime degli storici circa un milione e mezzo di civili armeni. La scrittrice di origini armene Antonia Arslan ben chiarisce questa nuova dinamica: “È un passo importante […]. Gli altri presidenti americani non lo hanno mai fatto. Hanno usato sempre altre espressioni, ‘massacro’, ‘sterminio’, il termine armeno Metz Yeghern, ‘grande crimine’. Tranne Ronald Reagan, che una volta l’ha usata ma non nella occasione ufficiale del 24 aprile. Anche Barack Obama se n’era guardato bene, anche se aveva fatto l’errore di prometterlo in campagna elettorale alla comunità armena d’America, che sono un milione e mezzo di persone belle robuste”. […] “La parola genocidio come sappiamo è inventata di recente da un ebreo, Raphael Lemkin, che si riferiva non solo alla Shoah, di cui la sua famiglia è stata vittima, ma anche alla tragedia armena. Lemkin studiava il caso armeno dal 1921, il che denota chiaramente che alcuni intellettuali ebrei avevano capito la pericolosità di quello che era successo agli armeni già in tempi non sospetti. Biden usando questa parola, ne conosce le implicazioni”. Le implicazioni sono gravissime perché il genocidio è un crimine che non ha prescrizione ed è sanzionato dalle Nazioni Unite dalla dichiarazione del 1948. Pochi danno peso al conflitto in atto fra Armenia e Azerbaijan, in questo momento in una fase di stallo solo per un cessate il fuoco. La questione è che la politica estera di Erdoğan è guidata da una idea espansionistica neo-ottomana, come già asserito da storici e intellettuali turchi non oppositori del regime. Infatti in questo conflitto è in ballo una connessione territoriale con l’Armenia che il despota turco vorrebbe dividere per avere facile accesso in territorio azero fino ai confini con le repubbliche islamiche dell’Asia centrale, dove si cercano nuovi approdi e alleanze. Tutto questo sembra monitorato dai russi che storicamente sono alleati e protettori degli armeni e comunque guardano con sospetto questa invadenza turca sullo scenario internazionale.

    Sono ancora vive nelle nostre menti le raccapriccianti e disumane immagini del corpo martoriato di Hevrin Khalaf. La donna di origini curde venne uccisa circa un anno fa da miliziani jihadisti legati alle forze di occupazione turche in territorio nord-siriano: la giovane curda era un’attivista per i diritti umani e di genere e segretaria generale del Partito del futuro siriano (Future Syria Party). La lotta contro l’autodeterminazione delle donne è uno dei target del governo di Erdoğan, sempre attento e preoccupato alla questione femminile, evidentemente percepita come elemento di instabilità sociale e politica. Un anno fa avevano fatto discutere le parole della massima autorità islamica della Turchia, assecondate e rafforzate dal presidente Erdoğan in persona, che recitava la possibilità concreta dell’omosessualità a “generare malattie” e “provocare un decadimento della discendenza”, legando questa presunta problematica alle diffuse forme di adulterio e di diffusione dell’HIV. Contro questa deriva, ancora una, contro i diritti umani delle persone, si era schierato l’ordine degli avvocati di Ankara, delle associazioni Lgbt e della comunità gay. Ancora una volta Erdoğan non si è smentito, andando in televisione e rivelando che “quel che ha detto il responsabile della Presidenza per gli affari religiosi è assolutamente giusto per chi si ritiene essere musulmano”. Tanto è bastato per l’apertura di un’inchiesta contro l’ordine degli avvocati perché si sono macchiati di una grave colpa: “offesa ai valori religiosi adottati da una parte della popolazione”.

    Dopo 238 giorni di sciopero della fame nelle famigerate carceri turche è morta nell’ultima settimana di aprile Ebru Timtik. La giovane avvocata turca e attivista per i diritti umani era stata incarcerata perché condannata a 13 anni con l’accusa di terrorismo. È evidente che il fonema terrorismo per i “burocrati del Male” turchi assume un significato che comprende infinite e imperscrutabili variabili. Ebru Timtik aveva scelto lo sciopero della fame come protesta dal febbraio dell’anno scorso, alimentandosi solo con acqua zuccherata e vitamine, cercando inutilmente ascolto e appoggio nella rivendicazione di un processo equo. Infatti proprio insieme al collega e condannato Aytac Unsal, in sciopero della fame, la donna faceva parte dell’associazione contemporanea degli avvocati, particolarmente sensibile alla difesa di casi che riguardano i diritti umani delle persone. I due avvocati sono stati accusati di essere attivisti dell’organizzazione marxista-leninista radicale Dhkp-C. In questo quadro però, a Timtik non veniva perdonata la sua attività di difesa nei confronti della famiglia di Berkin Elvan: un giovane minorenne morto dopo il ferimento nella repressione delle proteste di Gezi Park nel 2013. Dopo la pronuncia del tribunale di Istanbul e della Corte Costituzionale in merito alla scarcerazione della donna, le sue condizioni si erano aggravate ed era stata trasferita in ospedale al fine di evitare il peggio. La sua morte sembra essere stata inutile. Il feretro dopo aver lasciato il Consiglio di medicina legale di Istanbul si è diretto verso il foro della città. Prima di giungere a destinazione senza che venisse concesso il permesso alla propria famiglia della donna di seguire il percorso sono scoppiati violenti tafferugli con la polizia dove la folla, che voleva omaggiarla, ha dovuto subire una dura repressione.

    Come riportato da qualche attento analista su alcune pagine dei giornali, l’aspetto più paradossale e kafkiano del sistema giudiziario turco è che, nella maggior parte dei casi, il difensore dell’imputato finisce in carcere con le stesse accuse di chi si vuol difendere. Una mostruosità in termini di giurisprudenza e della tutela dei diritti umani. Una situazione ai limiti della sopportazione se si pensa che vi è una sovrapposizione fra mandato difensivo e accuse del proprio assistito. Il sistema giudiziario turco e quello carcerario rappresentano una variante medioevale in termini di diritto che getta il Paese in una agghiacciante condizione di progressiva persecuzione e tortura verso chi dissente. Deve far riflettere quanto il sistema giudiziario sia sottomesso a quello esecutivo, quanto le stesse istituzioni di diritto vengano violate dall’arresto di avvocati e giudici “recalcitranti”, giornalisti, musicisti, persone che orbitano nel mondo dell’arte e della cultura, studenti e oppositori che subiscono continuamente tortura anche per le pene detentive propinate prima del processo.

    Questo stato di cose viene sapientemente orchestrato dalle autorità mantenendo nell’ambiguità la definizione di “organizzazione terroristica armata”, la tutela della sicurezza dello stato, l’appartenenza a “gruppi illegali” che metterebbero in pericolo l’ordine costituito, tanto da determinare l’interpretazione più o meno ampia dei pubblici ministeri e dei giudici nei confronti degli accusati. Dunque le presunte violazioni vanno “naturalmente” a colpire giudici e avvocati che, sottoposti ad attenta analisi circa le loro ideologie e gli aspetti che riguardano i propri valori giuridici, subiscono le stesse restrizioni riservate ai presunti colpevoli, difesi o giudicati all’occorrenza. L’esempio più eclatante consiste nell’inversione dell’onere della prova per coloro i quali vengono accusati di essere responsabili di reati connessi al terrorismo in violazione al principio di presunzione di innocenza. L’elenco delle violazioni ai più elementari valori del diritto è così ricco di variabili che necessiterebbe una possente azione di condanna e protesta della comunità internazionale ai crimini di stato che, in Turchia, sono sempre più numerosi. Non bastano i rapporti di organizzazioni internazionali come quello della Commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa del febbraio 2020: in questo documento si sottolinea “l’erosione e la violazione dell’indipendenza della magistratura e l’ineffettività dei rimedi dinanzi alla Corte costituzionale turca a garanzia dei diritti fondamentali”. Nel 2016 dopo la deriva del colpo di stato in un rapporto delle Nazioni Unite si poneva l’accento soprattutto sull’aumento della durata delle detenzioni; ciò avveniva addirittura prima della formalizzazione delle accuse e si denunciava il controllo e la registrazione da parte della polizia dei colloqui fra detenuti e difensori, nonché la possibilità per le stesse autorità di arrestare il difensore. Alle stesse conclusioni giungeva il “Progress report” del 2019, cioè il rapporto della Commissione che ogni anno descrive “i punti di progresso” nei negoziati fra l’UE e i paesi candidati a farne parte.

    Una deriva autoritaria che desta una preoccupazione senza eguali perché la Turchia è attore principale di una serie di azioni di destabilizzazione dell’intera area mediterranea. Nessuna buona notizia dalla Turchia di Recep Tayyip Erdoğan.

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    Ciao!

    Andrea Di Vita

  8. Miguel Martinez scrive:

    OT…
    da cui scopriamo che:

    1) i pescatori francesi riescono ancora a trovare il pesce perché lo rubano sulle coste inglesi

    2) L’isola di Jersey si era posta dei bei obiettivi EcoVerdi e Sostenibili, che dipendono da un cavo subacqueo che porta loro energia francese (di provenienza atomica)

    3) quando la coperta si fa stretta, tutti iniziano a tirarla dalla propria parte

    Fonte : https://www.theguardian.com/world/2021/may/06/thursday-briefing-jersey-tensions-as-navy-sent-to-protect-port
    Il castello di Mont Orgueil dietro una bandiera dell’isola al porto di Gorey a Jersey.
    Giovedì, briefing: Tensioni a Jersey, la marina inviata a proteggere il porto

    Pescherecci francesi minacciano il blocco per l’accesso alle acque … gli elettori si dirigono alle urne … razzo spaziale cinese impostato per il fine settimana crash
    Gio 6 maggio 2021 06.27 BST

    Boris Johnson ha inviato due motovedette della Royal Navy per proteggere Jersey da un temuto blocco da parte dei pescherecci francesi in mezzo alla disputa sull’accesso post-Brexit alle acque intorno all’isola della Manica. In precedenza il capo della pesca per la regione della Normandia, Dimitri Rogoff, ha detto che 100 pescherecci francesi sarebbero salpati oggi al porto di Jersey per protestare. Egli ha affermato che sarebbero poi tornati pacificamente in porto.

    Le due barche di pattuglia della Royal Navy, HMS Severn e HMS Tamar, sono armate con cannoni progettati per proteggere da imbarcazioni d’attacco in rapido movimento e due mitragliatrici sul ponte. La mobilitazione riecheggia le guerre del merluzzo degli anni ’70, quando ci furono violenti scontri in alto mare tra le navi britanniche e i pescatori islandesi.

    Il ministro francese per gli affari marittimi, Annick Girardin, ha avvertito all’inizio della settimana che il cavo elettrico sottomarino dell’isola dalla Francia potrebbe essere spento come rappresaglia per la mancanza di accesso. Il capo dell’Associazione dei pescatori di Jersey, Don Thompson, ha detto: “Questo si avvicina molto a un atto di guerra”. Jersey Electricity ha detto che potrebbe passare ai suoi generatori di energia di riserva. Ian Gorst, ministro degli affari esteri di Jersey, ha detto che il ricorso ai generatori a olio combustibile avrebbe fatto fallire gli obiettivi verdi dell’isola.

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Martinez

      “verdi”

      Ma come?

      Non hanno centrali solari ed eoliche?

      E la decrescita felice, allora?

      (P.S. e quella è un’isoletta. Figuriamoci una città.)

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Miguel Martinez scrive:

        Per ADV

        “Ma come?

        Non hanno centrali solari ed eoliche?

        E la decrescita felice, allora?”

        Allora, riassumiamo, che su questo proprio non ci capiamo.

        Qui vogliono mantenere gli stessi livelli energetici di prima (stabilità felice) o anche aumentarli (crescita felice), aggiungendo pale e pannelli felici.

        La decrescita, felice o no, implica la riduzione del consumo energetico. Anche senza pale e pannelli.

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Cosa c’entri Latouche con un’isoletta inglese paradiso fiscale che si alimenta con il nucleare francese credo lo sappia solo AdV.

  9. Miguel Martinez scrive:

    OT

    Purtroppo nella sezione “riservata agli abbonati”, ma finalmente si accorgono che non esistono solo Capitan Citofono e il Coglione Tatuato:

    Source : https://www.repubblica.it/politica/2021/05/06/news/ddl_zan_femministe_fedeli-299572145/?ref=RHTP-VS-I287409039-P7-S4-T1
    Politica

    Il ddl Zan sull’omotransfobia divide a sinistra. Le femministe: “Via la norma sulla misoginia”
    06 Maggio 2021 2 minuti di lettura

    Roma. Le femministe storiche sono le più perplesse. Il disegno di legge Zan contro l’omotransfobia suscita un groviglio di contrarietà a sinistra, tra intellettuali, Arcilesbica e persino la presidente della commissione parlamentare sui femminicidi, la dem Valeria Valente chiede che quella legge cambi, così come l’ex ministra della Scuola, Valeria Fedeli.

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