Il Palmerino

Ieri, ho scoperto una cosa buffa.

Camminavamo tra muri e cipressi, sotto Fiesole.

Tempo fa, avevo scritto un post in cui parlavo di Julia Bolton, l’eremita del cosiddetto Cimitero degli inglesi, a piazzale Donatello.

E vedendo quella strana dimora dei morti, in mezzo al mare di traffico, mi era venuto in mente il famoso quadro di Arnold Böcklin, L’Isola dei Morti.

Mentre camminiamo, Jacopo mi racconta che Böcklin avrebbe tratto l’ispirazione per quel quadro, proprio del Cimitero degli inglesi. E quindi avevo doppiamente ragione…

Jacopo mi dice che Böcklin era vissuto dalle parti dove stavamo camminando.

Visitiamo per la prima volta la Villa Il Palmerino, guidati da Linda, che è nata in California e da cinque anni lavora la ceramica a Firenze e parla un perfetto italiano: adesso sta imparando lentamente a decorare i vasi che crea.

Pensate che Firenze è fatta tutta di muri e chiusure, l’aperto è sempre dall’altro lato del muro, proprio come il Giardino Nidiaci, o come i mille giardini segreti.

Passiamo il cancello della Villa, quindi, e non entriamo ma usciamo.

Uno spazio immenso, che finisce lontano con un pino, e ancora oltre, la Torre di Maiano, costruita nell’Ottocento dall’inglese John Temple Leader.

E di là, c’erano invece le terre di Lord Acton, che ci fece tutto un bosco.

Dove stiamo noi, Il Palmerino, apparteneva invece a Violet Paget, che scriveva sotto il nome di Vernon Lee. Inglese, ma nata in Francia e avrebbe vissuto in tutta Europa.

Chi legge questo blog, sa quanto io le sia legato.

Sospetto che non fosse una persona molto simpatica; e non condivido la metà delle sue idee. Ma la metà che condivido è una parte fondamentale della mia esistenza. Se non altro, perché nella totale ingratitudine dei fiorentini, ha salvato il Centro Storico dalla modernizzazione irreversibile. I localari che devastano Firenze possono fare soldi, grazie alla bellezza che lei ha salvato.

Federica oggi ha in mano la villa, e parliamo per tre ore senza un attimo di sosta, perché abbiamo mondi interi da raccontarci (anch’io ho una piccola storia su Vernon Lee che lei non conosceva), e smettiamo soltanto perché devo andar via.

I nonni di Federica, che erano pittori, avevano acquistato la villa e le terre subito dopo la morte di Vernon Lee, e avevano deciso di custodirne la memoria.

Oggi, Federica tiene aperta la casa colonica per ospitare persone particolari che hanno qualcosa da realizzare, nello spirito di Vernon Lee che ha riflettuto davvero su tutto.

Ascoltiamo la violinista – mi sembra di ricordare inglese – che suona, e incrociamo il giovane tedesco che sta studiando filosofia araba (“quale filosofo in particolare?” E lui ride, e risponde, “tutti!”).

Ma che ci stavano a fare tutti questi inglesi, e anche Böcklin, e il mitico Demidoff russo (quello che dicono prendesse a scudisciate la moglie), e tanti altri su quelle colline?

Federica ci fa vedere una vecchia foto del colle, brullo e pieno di cave.

“I fiorentini che avevano le ville qui sono andati giù in città, appena hanno potuto, nei nuovi palazzi dove c’erano gli ascensori e tante comodità. E allora sono arrivati gli stranieri, che hanno cambiato tutta la fisionomia del luogo: se vedi parchi e ville che sembrano toscani, è merito loro”.

In quegli anni, vi fu una quantità impressionante di persone straordinariamente sensibili, che affollavano a nord e a sud Firenze. E che hanno sentito e conosciuto Firenze molto di più dei fiorentini stessi.

Ci guardiamo in faccia – Jacopo viene da una famiglia fiorentina storica, Federica anche, ma entrambi hanno vissuto anni fuori dalla città; io e Linda invece veniamo da un altro continente.

La prima domanda che mi viene in mente è, di che campavano quegli inglesi?

Ho il sospetto che non lo sapessero bene nemmeno loro: John Temple Leader era un radicale, Vernon Lee si dichiarava addirittura anarchica, eppure aveva una villa, una casa colonica, una terza casa in mezzo che fece costruire lei, e le terre tutt’attorno, e guidava pure una Bentley.

Mi viene in mente in mente un mio amico siciliano. Uno zio molto benestante gli spiegava i meriti della Massoneria, e come aiutasse tanta povera gente, senza fare preferenze.

Il mio amico disse, “ma voi siete tutti ricchi!”

E lo zio massone rispose, “certo, solo i ricchi sono incorruttibili!”

Forse molti di loro sfuggivano allo stesso mondo terribile che i loro soldi stavano partorendo.

Saranno stati, come diceva Ruskin, la playing class, ma hanno giocato davvero bene.

Dietro la casa colonica, Federica ci fa vedere un intero anfiteatro.

L’ha costruito lei, a mano, spostando sasso su sasso, finché il giardiniere non si è commosso, e allora hanno cominciato una gara a chi si svegliava per primo a spostare i sassi.

Racconto a Federica ciò che ha significato per me il Balletto delle Nazioni.

Vernon Lee scrisse questa opera teatrale all’inizio della Prima guerra mondiale. Tutti sono bravi a fare i pacifisti con il senno di poi, lei invece colse nel momento stesso i meccanismi che portarono all’autodistruzione dell’Europa che lei tanto amava.

Sto per dire che l’opera non è mai stata rappresentata, ma prima ancora che io possa parlare, Federica mi racconta di come loro l’abbiano rappresentata davvero, alla Villa.

Hanno fatto un lavoro immenso (e me l’ha confermato oggi una mia amica inglese), ma non hanno fatto il video, solo qualche foto, con le ballerine che si calavano di colpo dalle finestre da cui Vernon Lee un tempo si affacciava.

Tutto questo è unico, non trasferibile, e possibile solo nel Centro del Mondo.

Ma ogni luogo è unico, non trasferibile, ed è il Centro del Mondo.

Che è il cuore della visione, chiamiamola così, localista.

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52 risposte a Il Palmerino

  1. Mirkhond scrive:

    “E di là, c’erano invece le terre di Lord Acton, che ci fece tutto un bosco.”

    Lord Acton della stessa famiglia legata ai Borbone-Napoli?

  2. PinoMamet scrive:

    I ricchi sono corruttibilissimi, invece.

    E non pagano i portoni.

    • Z. scrive:

      Non diventano ricchi staccando assegni…

    • Mirkhond scrive:

      E la massoneria è un’associazione di disinteressati filantropi.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Pino Mamet

      “I ricchi sono corruttibilissimi, invece.

      E non pagano i portoni.”

      E’ una grossa domanda.

      Sicuramente, i ricchi che alla fine dell’Ottocento si sono impossessati delle colline sotto Fiesole, erano figli di figli di buona donna, altrimenti non sarebbero stati ricchi.

      Ma non erano, forse figli di buona donna loro stessi.

    • Peucezio scrive:

      Pino,
      “I ricchi sono corruttibilissimi, invece.”

      Forse ci sono due categorie di uomini, trasversali a ricchi e poveri.
      Quelli che ci tengono alla ricchezza (perché ce l’hanno e vogliono accrescerla o perché non ce l’hanno e vogliono acquisirla) e quelli che non ci tengono (perché ne hanno tantissima o perché ne hanno così poca da non avere nulla da perdere né prospettiva di guadagnarne sul serio).
      Parlo della ricchezza intesa come soldi, non come beni: chi ama i soldi per ciò che puoi comprarci non ama i soldi, ma la bella vita.
      Invece chi ama i soldi davvero (e sono tantissimi) li ama di per sé.

      • PinoMamet scrive:

        Ci sono solo due categorie di uomini: quelli che credono alle categorie, e quelli che non credono alle categorie… 😉

        • Peucezio scrive:

          Vabbè, che significa, che ogni individuo è diverso da tutti gli altri?
          E ci voleva Pino Mamet (che pure è persona preparata e originale) per scoprirlo?

          E allora perché usiamo gli aggettivi e diciamo che uno è egoista, generoso, gretto, brillante, testardo, egocentrico, umile, ambizioso, ecc. ecc.?

          Per me ogni affermazione che non apporta un elemento informativo reale è inutile.
          Individuare una partizione può essere semplificatorio, ma propone un criterio interpretativo, in quanto tale non scontato.
          Dire che tutti gli individui sono diversi, scusami, ma è un luogo comune, una banalità.

          Sempre che tu volessi dire ciò.
          Se invece ti limitavi a constatare che c’è chi è più incline alle categorizzazioni, d’accordo: è verissimo.
          Ma in tal caso vai ascritto a tale insieme 🙂

        • Peucezio scrive:

          Al di là comunque di queste un po’ stucchevoli discussioni metodologiche, è piuttosto evidente come le persone abbiano proprio un diverso rapporto con le risorse e anche come la prevalenza degli uni o degli altri crei modelli di società e di civiltà diversi.
          E il rapporto con la gratuità (vedi, per dire, l’Italia rinascimentale o invece l’Inghilterra vittoriana) a me pare una chiave interpretativa molto feconda del fenomeni storici e sociali.

          Poi sei libero di non usarla, se t’interessa altro.

        • PinoMamet scrive:

          No, io non sono particolarmente incline alle categorizzazioni.
          Ci sono persone che mi stanno più sul cazzo di altre, e non nutro simpatie per le diseguaglianze sociali, e non mi metto a farne giustificazioni o condanne basate su presunte caratteristiche di gruppo: i nati ricchi sono fatti così, i nati poveri sono fatti in quest’altro modo eccetera.

          Francamente, e senza offesa, lo trovo un modo adolescenziale di ragionare.
          sì, generalizzare è sempre possibile, ma pensare per categorie e pretendere di inserire il mondo intero in uno schema mentale pretendendo che non sia contraddittorio è una pura perdita di tempo- e non ne vedo alcuna utilità né pratica né metodologica.

          PS
          naturalmente che ci siano ricchi avari e ricchi scialacquatori NON è una banalità, e ci voleva Peucezio per dirla… 😉

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Pino Mamet

            “i nati ricchi sono fatti così, i nati poveri sono fatti in quest’altro modo eccetera.”

            Certo.

            Semplicemente, a Firenze tra fine Ottocento e inizio Novecento, sono approdati molti che erano ricchi, e venivano dal resto d’Europa.

            Tutto sommato, faccio fatica ad attribuire a questi specifici individui dei danni, che invece posso attribuire a imprenditori italiani della stessa epoca.

            Se condividiamo questa premessa, possiamo cercare di capire insieme perché è stato così: le mie ipotesi, semplicistiche, valgono quelle di chiunque altro.

          • Peucezio scrive:

            Pino,
            sai che non vedo proprio l’oggetto del contendere?
            Io non condanno nessuno, al massimo esprimo preferenze.
            E dove avrei parlato di schema non contraddittorio? La realtà è tutta una contraddizione, fin nei minimi dettagli.
            Il punto è arrivare a una sintesi, a delle coordinate generali, per poter poi articolare ulteriormente il discorso, individuandole le mille sfaccettature, complessità e contraddizioni.
            Altrimenti è tutto uguale e tanto vale tacere.

            E comunque non vedo il senso di fare un’obiezione metodologica generale e astratta, anziché, se si ha da dire in merito, esprimersi appunto nel merito del rapporto fra uomini, risorse, gratuità, avidità e modelli sociali, estetici, economici, morali che ne discendono, che io trovo un argomento di estremo interesse, magari tu no, del tutto legittimamente, ma fare eccezioni polemiche astratte e di metodo davvero non riesco a capire in cosa arricchisca la discussione.

            • PinoMamet scrive:

              Peucè, ritorniamo all’inizio:

              non credo che sia utile a qualcosa dividere gli uomini in “due categorie”.

              Di queste famose “due categorie” ne ho sentite talmente tante che viene spontaneo pensare- a me perlomeno- che sia praticamente un tropo, un espediente retorico.

              Del resto mi pare che tu abbia preso la mia frase un po’ troppo sul serio…

              anche tu fai notare che non è obbligatorio avere una statistica per tutto, no?

              Nello stesso modo, non è che per ogni battuta si debba aprire una discussione filosofica 😉

            • PinoMamet scrive:

              Cose che non c’entrano:

              lavorando in un liceo linguistico, vedo cinque giorni su sette colleghi tedeschi, e colleghi napoletani.

              Più una marea di bidelli napoletani:
              in effetti, mi chiedo se sia mai stato indetto un concorso per bidelli fuori dall’area partenopea.

              C’è anche un bidello che potrebbe benissimo essere uscito dalla penna di De Crescenzo.

              Beh, ti dirò, visto che parliamo di categorie e di volksgeist 😉 :

              non riesco a immaginarmi due tipologie di persone più diverse!!

              • roberto scrive:

                napoletano sposato con tedesca conferma
                🙂

                no, scherzo, ci sono völker ancora più lontani, olandesi e scandinavi per esempio

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Peucezio

        “Forse ci sono due categorie di uomini, trasversali a ricchi e poveri.”

        A pelle, e senza voler proporre sistemi economici o politici…

        Mi scontro quotidianamente con gente che venderebbe la propria madre, e ancora di più la tua, per fare soldi. E che sono la grande maggioranza di quelli che “hanno successo”, che “fanno girare l’economia”, che “coniugano tradizione e innovazione”, che “creano posti di lavoro” e che mi danno da mangiare.

        Però incontro occasionalmente anche persone che hanno molti soldi in banca, quasi invisibili, in genere ereditati, che cercano di non rovinare la vita agli altri, anzi hanno spesso ideali forti, e comunque hanno una grande sensibilità umana, anche se non sempre riescono a immedesimarsi nei destini di quelli che non hanno nulla.

        Uno di questi sta cercando di far sopravvivere un luogo meraviglioso della nostra città, senza mercificarlo e senza distruggerlo, ma senza cederlo ai burocrati del Comune… è una questione difficile da giudicare, ma garantisco per le sue buone intenzioni.

        • supervice scrive:

          E’ anche vero che si tratta di possedimenti, ossia delle prime ville che sono state recintate a muro sulle colline fiorentine.
          Ora l’andazzo è stato imitato al punto che è impossibile fare una passeggiata lunga sulle vecchie strade bianche fiorentine: prima o poi ti trovi un muro o una recinzione.
          Hanno salvaguardato un qualcosa con lo spirito del tenutario, che è cosa diversa dalla campagna aperta del contado fiorentino.

  3. Simone B. scrive:

    Scrive Miguel: “ha salvato il Centro Storico dalla modernizzazione irreversibile”

    Andrebbe corretto con: ha contribuito alla parziale salvezza del centro storico ecc.

    Lo sventramento del centro fu un gran crimine però ho sempre avuto una certa ammirazione per la capacità di impostare il futuro che pensavano di avere nella città dell’epoca; se il piano Poggi fosse stato realizzato completamente sarebbero rimasti soltanto i monumenti principali isolati ed inseriti in assetto urbano differente.

    Oggi c’è paura anche a rifare la pavimentazione di una strada.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Simone B.

      “Andrebbe corretto con: ha contribuito alla parziale salvezza del centro storico ecc.”

      Certo.

      diciamo,è stata tra le poche persone che hanno fatto qualcosa di concreto per contribuire ecc..

    • Peucezio scrive:

      Simone B.,
      “Oggi c’è paura anche a rifare la pavimentazione di una strada.”.

      E meno male.
      La Puglia è stata letteralmente sfregiata da rifacimenti di pavimentazioni. Fatte al solo fine di vendere sottobanco a peso d’oro quelle antiche a ricconi veneti perché le piazzassero nelle loro ville. La pavimentazione fra l’altro ha un impatto fortissimo sull’estetica generale di un luogo.

      • Z. scrive:

        Non sapevo niente di queste cose… Si fregavano la pavimentazione delle strade per rivenderle?

        • Peucezio scrive:

          Beh, ovviamente non sono cose che si ufficializzano, ma è un po’ un segreto di Pulcinella.

          Sulle chianche di Bari Vecchia (quelle sostituite da quelle nuove, non bruttissime, ma moderne e abbastanza anonime) ogni persona che ho sentito mi ha dato una versione diversa. Le autoritàò sostengono siano nei depositi del Comune, ma non so se nessuno le abbia mai viste.

          Una volta su un forum telematico incappai in un tizio che con la massima disinvoltura diceva apertamente che voleva acquistare le chianche di un’antica masseria.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Zeta

          “Non sapevo niente di queste cose… Si fregavano la pavimentazione delle strade per rivenderle?”

          🙂

          Io l’altro giorno ho visto dove è andata a finire una buona parte della pavimentazione di Piazza della Signoria, scomparsa misteriosamente negli anni Ottanta

          • supervice scrive:

            Oltre al fatto che parte del casino della movida è fatto proprio dalle nuove pavimentazioni.
            Le vecchie in pietra serena, con le sue irregolarità, smorzavano il suono in modo da spaccare meno le palle ai vicini.
            Con le pavimentazioni nuovi, bastano 20 persone per fare il casino che prima ne facevano 100.

          • Z. scrive:

            Io sarei per divellere le pavimentazioni antiche o pseudo-antiche del centro, rivenderle a chi le vuole comprare e asfaltare a dovere.

            Parte della pavimentazione potrà essere conservata al museo medievale, nella misura in cui risalga effettivamente al medioevo.

            • Z. scrive:

              (parlo delle strade dove devono passare i mezzi a motore. Per le altre mi accontento che ci si cammini comodamente)

              • Peucezio scrive:

                La soluzione è semplice: basta chiuderle ai mezzi a motore.
                Che in stradine antiche, strette e tortuose che dovrebbero essere godute dai passanti a piedi, non si capisce cosa ci facciano.
                Invece si pongono limitazioni assurde in strade già asfaltate 🙂

              • Peucezio scrive:

                Comunque, tanto per capire, la venidta dev’essere legale o può essere anche sottobanco? In questo caso non vale la tua venerazione della Sacra Legge positiva? 🙂

                Comunque stavo considerando che ci sono diverse strade di Pompei larghe e diritte dove un’automobile passerebbe comodamente se non fosse per quell’inutile e scomoda pavimentazione di epoca romana.

              • Z. scrive:

                Ezio,

                — La soluzione è semplice: basta chiuderle ai mezzi a motore —

                Ecco, per quelle chiuse vanno benissimo i lastroni. Magari non i cosi tipo piazza Santo Stefano, invece, che sembrano utensili di tortura. Ti ci porto la prossima volta che scendi.

                PS: Perché mai la vendita dovrebbe essere illegale? Io farei un’asta pubblica, con proventi al Comune. Da reimpiegarsi, magari, in asfalto di buona qualità.

          • maria scrive:

            Miguel, non sai quante volte mi sono chiesta dove sono andate le pietre che hanno tolto da diverse vie e piazze qui a Firenze.

            • Miguel Martinez scrive:

              per Maria

              “Miguel, non sai quante volte mi sono chiesta dove sono andate le pietre che hanno tolto da diverse vie e piazze qui a Firenze.”

              ne riparleremo tra qualche giorno 🙂

      • Simone B. scrive:

        Neanche io sapevo che in Puglia si vendessero le pavimentazioni. Pensavo si limitassero a farsi saccheggiare gli ulivi secolari.

        ———
        Per Peucezio:
        In ogni caso quello che mi rattrista è la mancanza di coraggio nel disegnare i centri storici delle città.

        Come tu scrivesti in un altra occasione in Italia abbiamo la fortuna di poter passeggiare in centri storici che nella stragrande maggioranza dei casi sono quelli antichi e sui quali si sono aggiunti via via i nuovi interventi cosa che non capita all’estero dove spesso si tratta di falsi storici.

        Però ad esempio a Firenze nel 1944 i tedeschi fecero saltare tutta la zona intorno al Ponte vecchio e nel dopoguerra invece di ricostruire com’era e dov’era si decise di far riprogettare la zona ad architetti contemporanei (Michelucci, Baroni ecc.). Secondo me fu la scelta giusta ed anche coraggiosa frutto di una fiducia nel presente e nel futuro che allora c’era.

        Il risultato di quegli interventi ci appaiono oggi deludenti tanto che sulla zona aleggia un certo squallore. Ecco, secondo me dovremmo avere il coraggio di riprogettarla nuovamente e se il risultato in futuro gli riapparirà non adeguato ci rimetteranno mano. Come è sempre successo ma ormai qui è diventato un tabù. Basta vedere la vicenda dell’uscita posteriore degli Uffizi, vinta oltre 20 anni fa da Isozaki ed ancora non realizzata per timore di sbagliare.

        • Z. scrive:

          Gli ulivi secolari pare vengano corrotti dalla Xylella, quella cosa che non esiste…

        • Peucezio scrive:

          Simone B.,
          ti dirò che io preferisco il falso.
          Perché se hai otto edifici autentici e due mancanti, se li ricostruisci uguali salvi la bellezza del contesto, rendendo esteticamente fruibili gli otto veri, mentre se se ne fai di nuovi, rompi la bellezza dell’insieme e deturpi di fatto gli otto antichi, pur senza toccarli direttamente.

          Ammenoché non si sapesse elaborare un’architettura che riproduce stilemi dell’epoca e ricrea una perfetta armonia, senza ricalcare gli edifici realmente esistenti prima, ma mi pare una strada arrischiata e in fondo anche non molto sensata.

          Il fatto è che siamo in un’epoca capace di dire poco rispetto ai giganti del passato, almeno in Italia, se non, tutt’al più quando è nel suo contesto: un quartiere nuovo può essere anche molto bello se progettato in modo originale da gente veramente capace e dotata di senso estetico. Ma proprio perché è un insieme organico.
          Oggi non si può più fare la stratificazione storica come un tempo, perché lo stacco fra gli stili è troppo grande, esprime proprio civiltà diverse, senza continuità (fra una chiesa barocca e una romanica in teoria passa un mondo, in realtà si armonizzano piuttosto bene malgrado tutto).

          • roberto scrive:

            ho gli stessi gusti in questo caso

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Peucezio

            “ti dirò che io preferisco il falso.”

            L’esempio più notevole per me è il bellissimo centro di Varsavia, dove il palazzo più vecchio credo che non abbia più di sessanta o settant’anni (magari esagero un po’, ma il mio ricordo è quello).

            Una perfetta città nordeuropea/medievale/barocca, che non sembra per nulla falsa.

          • PinoMamet scrive:

            Come in molte materie, anche in questa sono completamente e felicemente schizofrenico.

            Una parte di me trova bello il “gusto classico”, quale che sia, dal romanico al neoclassico passando per il barocco e il gotico, e vorrebbe vedere solo città “belle”, cioè di questi stili che mi sembrano tutti armonici, a modo loro.

            Un’altra parte sa che l’architettura, l’arte eccetera non si possono fermare e fossilizzare, e ama le sperimentazioni, le innovazioni e le avanguardie.

          • Simone B. scrive:

            Le considerazioni espresse da Peucezio sono condivisibili ed anche giuste ma io continuo a pensarla diversamente.

            Un solo punto mi trova in assoluto disaccordo ed è quando fa l’esempio della convivenza tra tra stili molto diversi come romanico e barocco: secondo me ci appaiono ottimamente armonizzati perché siamo abituati a vederli così ma non so se all’epoca delle costruzioni seicentesche facessero quest’effetto, anzi credo che lo stacco tra i due stili fosse clamoroso, solo che all’epoca si voleva rinnovare tutto sia per dimostrare di essere ricchi abbastanza da poterlo fare sia perché non vedevano l’ora di staccarsi da certi schemi.

            Poi menomale che non tutto sia stato cancellato, sia chiaro. Anche se, almeno in Toscana, il romanico ed il gotico si è salvato sopratutto in virtù della miseria nera in cui erano caduti alcuni luoghi tipo San Gimignano e simili.

  4. Moi scrive:

    Le vecchie in pietra serena, con le sue irregolarità, smorzavano il suono in modo da spaccare meno le palle ai vicini.
    Con le pavimentazioni nuovi, bastano 20 persone per fare il casino che prima ne facevano 100.

    ————-

    Molto interessante … ma perché le Amministrazioni (chissà che Partito amministra initerrottamente …) vogliono più casino ?!

    Oppure NON lo sanno perché se ne fregano, tanto abitano altrove ?

  5. Mirkhond scrive:

    Peucezio e Habsurgicus

    https://youtu.be/d4W0oSyvcOo

  6. Miguel Martinez scrive:

    Su Repubblica oggi, interessante articolo sul conflitto azero-armeno:

    “”Difenderemo le chiese”: ora gli armeni temono una guerra di religione
    05 Ottobre 2020
    Viaggio a Shushi, capitale culturale dell’autoproclamata repubblica caucasica. “L’Azerbaijan rivuole le nostre montagne”

    dal nostro inviato PIETRO DEL RE
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    SHUSHI (Nagorno-Karabakh) – Sono ovunque le cicatrici dell’eroica battaglia della primavera 1992, quando le milizie armene riuscirono a espugnare al prezzo di migliaia di vite la capitale culturale del Nagorno-Karabakh, fortificata da mura ciclopiche in cima a un monte che sfiora i 1.800 metri. Molte chiese e molte moschee di Shushi sono ancora cumuli di pietre, così come sono in rovina gli edifici di numerosi quartieri, mai ricostruiti per i tanti morti e tanti profughi provocati dalla guerra che da allora oppone i secessionisti appoggiati dall’Armenia all’esercito dell’Azerbaijan.

    La cattedrale di Ghazanchetsots, il cui campanile fu scapitozzato dagli azeri prima della disfatta, è stata però restaurata quasi subito, come un simbolo di rinascita, per farla nuovamente svettare, massiccia e solitaria, sulla collina più alta della città.

    “In epoca sovietica, la cattedrale era usata come granaio e come garage, mentre gli azeri ci tenevano le armi”, racconta Arman Gorodnichi, un giovane sacerdote che incontriamo in cattedrale. “L’Azerbaijan vuole riconquistare queste montagne perciò terrorizza la popolazione bombardandola pesantemente per spingerla a fuggire”, continua il prete che ci conduce nel vasto scantinato della canonica, dove hanno trovato rifugio diverse famiglie da quando, sabato scorso, Baku ha cominciato a bersagliare Shushi e Stepanakert, la piccola capitale dell’autoproclamata repubblica del Karabakh, con l’artiglieria pesante e con i droni da combattimento uccidendo e ferendo decine di civili.

    “Ma non lasceranno la città neanche se la bombardano con l’atomica, perché si considerano i custodi della cultura e della religione cristiana a cui da sempre ha fatto riferimento il popolo di questa terra. Sono consapevoli che ogni muro e ogni strada di Shushi è stato costruito nei secoli con il sudore dei loro antenati. Sono sopravvissuti a molti massacri e sono certi che sopravviveranno anche a una possibile, nuova invasione azera”.

    Per capire le radici del conflitto che funesta quest’enclave basta esaminare la storia della città che già due secoli fa fu separata in due aree ben distinte: in una vivevano i musulmani azeri, nell’altra i cristiani armeni. Dopo la conquista bolscevica del Caucaso nel 1920 per volere di Stalin, queste montagne furono arbitrariamente assegnate all’Azerbaijan. “Lo stesso anno, dopo la richiesta della maggioranza dei suoi abitanti di venir annessi all’Armenia, la repressione dell’esercito fu durissima fino a trasformarsi in un pogrom, con turchi e azeri che arrivarono da oltre confine e che, soltanto a Shushi, massacrarono ventimila armeni”, racconta il prete.

    Paradossalmente, sebbene la cattedrale di Ghazanchetsots sia la sede della diocesi della chiesa apostolica armena del Karabakh, il monumento più prezioso di Shushi è una splendida moschea persiana costruita alla fine dell’Ottocento, anch’essa chiusa durante il comunismo sovietico e anch’essa danneggiata dai violenti combattimenti del 1992.

    Con due eleganti minareti costruiti in mattoni e un edificio centrale in pietra, la moschea Govhar Agha è stata recentemente restaurata da una fondazione armena. “In città non è rimasto un solo musulmano, ma questa moschea fa parte del nostro patrimonio storico-artistico e andava quindi protetta e riportata ai suoi antichi splendori”, dice ancora Gorodnichi. “Durante i lavori di ricostruzione, sotto la scuola coranica della moschea, sono stati rinvenuti i resti di un mausoleo proto-cristiano, perché com’è accaduto spesso in questa regione, l’ultimo a conquistare una città ha costruito i suoi luoghi di culto su strutture preesistenti”.

    Il prete ci vuole mostrare un altro sito alle porte di Shushi, che inizialmente pensiamo si tratti di un’attrazione turistica dopo aver letto la scritta, anche in inglese, riportata su un’insegna arrugginita: Hunut gorges, le gole di Hunut, che in un panorama fiabesco si aprono ripidissime tra pareti di roccia sovrastate da boschi rigogliosi. “È da queste rupi che dopo averle violentate i turchi e gli azeri buttavano di sotto le armene incinte”, dice il prete con lo sguardo rivolto verso l’orrido.

    Quando gli diciamo che poco prima il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, s’era detto “profondamente preoccupato dall’escalation delle ostilità” e che aveva chiesto alla Turchia di usare la sua “considerevole” influenza su Baku per calmare le tensioni, il prete scoppia a ridere. Poi, dice: “L’Azerbaijan non ci avrebbe mai aggrediti senza l’appoggio, o meglio, l’incoraggiamento di Ankara. Siamo un sassolino nella scarpa di Erdogan che vorrebbe estendere il suo impero dai Balcani alla Cina. Ma in mezzo ci siamo noi”.

    Torniamo in fretta nel seminterrato della canonica, per pranzare assieme alle famiglie ospitate dalla diocesi. Vediamo soprattutto anziani, donne e bambini, perché come ci spiega Gorodnichi, ogni volta che si riaccende questa guerra, gli uomini dai 18 ai 70 anni creano un esercito di volontari, come se tutta la popolazione maschile fosse composta da riservisti. Un razzo sparato dall’Azerbaijan esplode a poche centinaia di metri. “Per fortuna, ancora risparmiano le chiese”, dice il prete. “Ma li conosco: tra qualche giorno non si faranno più scrupoli. E allora diventeremo noi il loro primo bersaglio”. “

  7. Miguel Martinez scrive:

    Una notizia che certamente susciterà reazioni 🙂 , il mio commento dopo:

    https://t.me/offtopic_lab/771

    “🏘 #COVID19 e crisi degli affitti brevi
    👨‍⚖ Il 17 agosto scorso il tribunale di #Milano ha accolto la richiesta di concordato con riserva relativa a un accordo di ristrutturazione del debito presentata dallo studio legale Giliberti Triscornia per conto di #Halldis. La procedura, introdotta nella legge fallimentare del diritto civile nel 2010 dopo lo scoppio della crisi economica, è relativa alla sospensione di azioni esecutive di riscossione del debito da parte dei creditori in presenza di accordi tra le parti.

    🏢 Halldis era la regina degli affittacamere a Milano: opera negli affitti brevi gestendo 1400 appartamenti nelle principali città italiane e 150 appartamenti all’estero situati anche in 30 palazzi e 500 ville. A Milano gestisce tra gli altri 63 appartamenti sui 13 piani alti della Torre #Galfa. E’ controllata dalla Windows on Europe (Woe) di cui è socio principale l’imprenditore fiorentino Leonardo Ferragamo con oltre il 32%.

    📉 L’indiscussa forza finanziaria degli azionisti indica che anche le imprese più solide in quest’epoca di stravolgimenti stanno andando incontro a una costante perdita di profitti. La Milano smart che pernotta nei B&B sembra all’inizio di una crisi che solo il tempo – e le lotte – ci racconterà come irreversibile o meno.

    🅰️ Le difficoltà del mercato degli affitti a breve termine è parte oggi di una crisi mondiale: a inizio agosto Booking.com ha licenziato un terzo del proprio personale, mentre a inizio maggio è stata invece #Airbnb a lasciare a casa 1900 lavoratori (pari al 25% del totale).”

    • Miguel Martinez scrive:

      E commento mio…

      1) sicuramente dal concordato di Halldis, ci avranno rimesso i lavoratori, molto più del signor Ferragamo (che già nel 2008 era in causa con il fisco italiano per l’evasione di 20 milioni di euro, avendo saggiamente messo la sede della sua azienda così “made in Italy” in Olanda).

      Ma i lavoratori ci lavoravano, e Ferragamo ci guadagnava, perché:

      2) La Halldis esiste perché in Italia, fino a pochi giorni fa, chi fa “affitti brevi” è equiparato alla vecchietta che campa con la pensione del marito e affitta occasionalmente anche la stanza vuota dove viveva prima suo figlio.

      3) E perché in Europa, Airbnb non è considerato un albergatore, ma un semplice “intermediario”, che (ad esempio) in Francia nel 2017 ha pagato 100.000 euro di tasse

      4) Airbnb Europa ha ovviamente sede a Dublino, dove – almeno nel 2013 – pagava il 2% di tasse https://www.forbes.com/sites/timworstall/2013/09/13/what-a-surprise-airbnb-chooses-dublin-as-european-headqaurters-here-comes-the-2-tax-rate/

      • roberto scrive:

        3. Beh questo mi pare evidente! È proprio la ragione d’essere di Airbnb
        4. Hehehe vedi che il Lussemburgo non è né il solo cattivo né il peggiore 🙂
        2. È esattamente la ragione per la quale non vorrei che Airbnb sparisse. So benissimo che ci sono grandi storture da correggere, che in certe città c’è ne sono più che in altre, ma nella *mia* esperienza 8 volte su 10 che ho usato Airbnb (e lo uso sempre quando viaggio in famiglia) erano casi così (diciamo anche che li cerco ed è abbastanza semplice individuare le case dei privati rispetto a quelle gestite da società)

      • roberto scrive:

        Comunque su Airbnb le forze del bene (cioè l’UE) hanno appena battuto un colpo
        (L’articolo non è precisissimo, ma tant’é, non ti posto la sentenza che è lunga e noiosa)

        https://www.ilpost.it/2020/09/23/airbnb-affitti-brevi-sentenza-corte-giustizia-europea/

  8. supervice scrive:

    Il tizio è riuscito anche a pedonalizzare tutti i lungarni, e ora per andare da mia mamma devo raddoppiare la percorrenza, inquinando ovviamente meno.
    Anche in questo caso è stata adoperata la tattica della rana bollita: prima due mesi su un pezzo di lungarno, e poi si chiude tutto, tanto di fiorentini a Firenze non ce ne sono più.

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