Immigrazione, ambiente, clima…

Antonino Bonan è un amico meteorologo, che dal profondo Veneto propone spesso riflessioni interessanti.

Per motivi familiari, conosce bene anche la questione delle migrazioni (al plurale) dall’Africa.

Mi ha scritto l’altro giorno una riflessione che ho trovato interessante, sul rapporto tra cambiamento climatico e migrazioni, di cui si parla molto in questo periodo.

Da una parte, condivido con lui la riflessione che ogni migrazione è diversa: guardo sempre con sospetto la retorica che vorrebbe che l’Immigrato Intercambiabile – siriano-peruviano-nigeriano – stia sempre “in fuga” da “dittature, massacri e catastrofi climatiche” e quindi vada “accolto” come “profugo”. Con ambigue associazioni emotive – è in realtà Colpa Nostra, eppure noi siamo Buoni e Generosi.

Dall’altra però è anche vero che il flusso, dalle mille origini diverse, è quasi sempre verso i grandi agglomerati urbani. E in questo c’è un elemento comune.

Immigrazione e clima

di Antonino Bonan

Propongo un piccolo commento sulla “questione immigrazione”, spesso tirata in ballo alludendo più o meno apertamente alle motivazioni che si immagina spingano la maggior parte dei migranti a cambiare vita in un altrove.

Oltre ad essere di per sè inumano, è anche largamente fuorviante trattare la migrazione come una questione unitaria. Quanto meno, essa è tanto complessa da far giustamente ritrarre ogni persona ragionevole dalla sua analisi complessiva. Infatti dovremmo essere ragionevoli, se proprio non riusciamo ad essere umani, vero? Si noti il paradosso su cui si potrebbe riflettere ulteriormente: come si fa essere ragionevoli e non umani? basta risolvere le “questioni” con gli algoritmi e l’intelligenza artificiale? saranno questi a risparmiarci lo sforzo di essere umani quando si tratta di tenere in conto i nostri simili?

Pare che si stia entrando in una stagione (forse purtroppo breve e piena d’infingimenti, ma non è questo il punto) nella quale la questione clima vien messa lì a monopolizzare apparentemente tutto, come se anche l’economia dovesse inchinarsi ad essa… figuriamoci se non si pretende che anche i migranti si inchinino, con dignità, ma si inchinino.

Mentre l’inchino dei potentati economici è solo quanto precede un altro giro di valzer, sempre con loro a dirigere le danze.

Ebbene, si può anche dar retta agli studi come questo del CNR, che hanno la loro bella validità scientifica ma scontano una qualche sorta di climacentrismo: forse non serve un un Copernico, a notare che sarebbe almeno altrettanto facile interpretare gli stessi dati secondo altre chiavi: l’esaurimento delle risorse, i rapporti di forza militari, oppure una chiave più prettamente economico-finanziaria.

L’importante è comunque non cedere alle forzature degne dei peggiori arrampicatori di specchi, che abbondano a destra o a manca: costoro magari addossano tutto alle responsabilità di un Trump o di un Putin, per dire (o a qualche matteuccio nostrano). Non sarebbero affatto delle semplificazioni. Sarebbero interpretazioni più astruse degli epicicli di Tolomeo.

Qui è il punto, in realtà: chi migra lo fa per campare, o quanto meno per una delle questioni più complesse per l’individuo umano d’ogni epoca: campare meglio (la complessità sta nell’intendere quel “meglio”). Poi, c’è chi ne approfitta. Stop.

Nelle terre di origine troppe volte si campa peggio (oppure si crede di campare peggio, tuttavia solo in alcuni casi si tratta di illusione… e non di semplice realtà), per motivi che stanno a monte della migrazione. A monte: si tratti di clima, di guerre o persecuzioni, di situazioni finanziarie o chissà che. Vattelapesca, a catalogarli con un minimo di attendibilità. Solo l’inumanità della burocrazia può fingere di applicare queste catalogazioni come Verità. E’ purtroppo il suo lavoro, se qualcuno lo accetta. Che però lo facciano moltissimi esseri umani di ogni posizione sociale e politica, dicendo cose tipo “migranti climatici sì e migranti economici no”, è quantomeno preoccupante.

Dunque i motivi sono motivi, e se restano sul piatto….. il minestrone rimane immangiabile, soprattutto per chi di alternative non ne vede molte.

Dati i motivi, gli effetti macro sono principalmente la sommatoria di quelli micro: sommatoria di quel che passa il singolo migrante sulla propria pelle, sia il delinquente sia il gran lavoratore, in mezzo tra i due il povero disoccupato.

Chi invece lascia al margine il micro (ci sono i volontari e le “forze dell’ordine”, signora mia… e speriamo che ci aiutino a far argine a questa plebaglia di barbari) sparlando di immigrazione solo sui numeri del macro, venga da destra o da manca, finisce subito col cucinare il solito e sempre peggior minestrone. E tutti lì a cercare inutilmente di distinguere i vari ingredienti, in un pentolone che li ha già miscelati alla grande.

In soldoni, io dico: è inutile sottolineare il ruolo cruciale dei potentati economici nelle migrazioni, magari opponendolo al ruolo dei cambiamenti climatici o di qualche altra Grande Causa.

Possiamo concentrarci semmai sui Motivi, senza con questo pretendere di cancellarli in odio al disagio in noi provocato dalle migrazioni stesse. Che dunque ci saranno, come ci sono sempre state.

Nel frattempo le migliori menti vedono i Motivi e li sanno analizzare? Bene. Allora ragioniamoci: di economia, come di clima.

Altrimenti, poi è facile che si caschi in soliti o nuovi guasti sul tema, come ad esempio questo.

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