“Mentre l’Inghilterra s’incendia, un giardino e un inferno”

Ebenezer Elliott (1781-1849), figlio malaticcio di un predicatore calvinista dello Yorkshire inglese, operaio nella piccola fonderia del padre, autodidatta,  avrebbe messo al mondo anche lui tredici figli.  Elliott cresce vicino alle rive del Don (ogni paese ha il Don che si merita), un centinaio di chilometri di dighe, chiuse e argini ingegnerizzati nel 1620 da un olandese, che avrebbero nutrito la rivoluzione industriale.

Elliott visse nel paese decisivo, gli anni decisivi, quelli in in cui si è giocata la nostra esistenza.

Tutta la sua poetica riguarda le questioni centrali di quei tempi.

Io leggo le parole di Elliott, e le capisco, perché non usa le parole complicate care ad alcuni suoi contemporanei.

Lui ci racconta di persone vive, di cose che vede, e le vedo anch’io. Sarebbe bello immaginare che l’autore potesse sapere che duecento anni dopo di lui, qualcuno lo avrebbe ascoltato, con tanta attenzione.

Elliott cercò di convincere il mondo dell’importanza di due cose, per il benessere della povera gente: il libero commercio e il progresso delle industrie.

Fu una faccenda complessa.

Il nostro mondo nacque quando i proprietari terrieri (anche relativamente piccoli) riuscirono a rendere intoccabile il diritto alla proprietà, persino contro i re.

Attorno alla metà del Quattrocento, avvenne in Inghilterra qualcosa di unico e di irreversibile, che spezzò l’intera convivenza umana precedente.

I signori chiamarono i notai  per definire le proprietà, cacciando chi non aveva documenti scritti per attestare il proprio possesso.

Dopo il notaio, arrivava il geometra, per definire, per la prima volta, in termini puramente quantitativi, la terra che il Diritto assegnava a ciascun Proprietario.

Villaggi interi furono spazzati via, per fare posto alle pecore che avrebbero alimentato l’industria della lana.

Ci volle un figlio di geometri per descrivere con precisione il loro ruolo. Nel dramma di Shakespeare, Amleto guarda il teschio di Yorick e fa un gioco di parole su fine, insieme la multa che il padrone infliggeva ai propri affittuari e la polvere fine:

“Forse costui è stato, a suo tempo, un grande acquirente di terre, con i suoi statuti, le sue leggi, le sue multe, i suoi doppi attestati, le sue garanzie: che sia questa la multa delle multa, e la garanzia delle garanzie, avere la sua fine testa piena di fine polvere [is this the fine of his fines, and the recovery of his recoveries, to have his fine pate full of fine dirt?]?”

Nel 1531, la neonata Chiesa d’Inghilterra – nata per volere del re –  fece introdurre nelle chiese una preghiera significativa, in cui si ricordava, certo in vano, che

La terra, o Signore, è tua, assieme a tutto ciò che essa contiene; ti preghiamo di inviare lo Spirito Santo nei cuori di coloro che possiedono i terreni, i pascoli e le dimore della terra perché, ricordandosi di essere i tuoi inquilini, non torturino e vessino con gli affitti le loro case e loro terre”.

Poi, con i soldi della lana delle pecore, quei signori avrebbero costruito, vicino ai boschi e alle sorgenti (e non nelle città), le prime industrie.

Messo in moto il meccanismo mondiale (allitterazione molto anglosassone!), i proprietari terrieri ne avrebbero pagato in piccola parte il prezzo nell’Ottocento, quando il grano americano iniziò a fare concorrenza a quello inglese.

Da qui uno scontro che avrebbe portato alla liberalizzazione del commercio, e – nel giro di un secolo – al collasso della campagna inglese, ridotta a luogo di amene gite per persone che mangiano cibi provenienti dall’altro capo del mondo.

Elliott riassunse tutto, in parole molto dure:

“Inghilterra! Può questa essere l’Inghilterra?
questa la mia casa?

Questo paese di delitto senza nome,
e uomini che non conoscono né misericordia, né speranza, né vergogna?

Coltivata con ogni delitto, la brughiera arata con le tasse,
e i sentieri rubati ai poveri calpestati,
e i commons, seminati di maledizioni rumorose e profonde,
proclamano un raccolto che i ricchi raccoglieranno…

S’incendia l’Inghilterra – un giardino e un inferno.”

In un’altra poesia, Ebenezer Elliott prende sottobraccio un anziano cieco, che non ha mai visto il mondo industriale.

Elliott cerca di fargli vedere  con le parole il mondo che sta nascendo, guidandolo attraverso le macchine che stanno spuntando a Sheffield.

Già nel 1830, c’era, almeno in Inghilterra, qualcuno che aveva intuito i pericoli futuri; e già allora, Elliott lancia accuse contro chi “ama la Natura” identiche a quelle dei polemisti antiecologisti di oggi.

Solo che c’è un abisso tra il desiderio di comunicare e condividere che prova Elliott, e l’isterismo identitario dei moderni che ricoprono di insulti chi non la pensa come loro (anche se nell’ultimo verso si sente lo spirito di fazione):

“Come fai ad amare la Natura, e non amare
il suono del gioioso lavoro?
Chi disprezza l’equipaggio
nelle cui dure mani si trova l’operoso remo,
è oscuro di spirito, bilioso come il suo aspetto,
tinto nella tassa sul pane, nell’avidità blu dei Tory”

Due secoli fa, avevano già esaurito l’armamentario modernista, ma quanto era più ricco, autentico e originale allora (traduco trade come “commercio”, ma anche il senso di “mestiere” e quindi di “industria” e “industriosità”):

Non sta bene disprezzare, con ingrato ghigno,
la città e i cittadini nutriti di commercio.
Perché inveire contro le ruote del traffico, e le strade affollate?
Il commercio ti arricchisce; non borbottare, Willam,
anche se i neri fumi del Commercio si innalzano tutt’attorno a te.
Il commercto ti rende saggio; puoi leggere Locke e Scott!
Mentre il povero rustico, come le bestie, vive e muore,
Cieco alla pagina di misteri senza prezzo!

“Tu ami i boschi, le rocce, i campi silenziosi!”

Ma dimmi, se riesci, pallido entusiasta!
perché l’ampia città non ti dà gioia?
Se ami la Natura, simpatizza con l’uomo;
Perché lui e il suo fanno parte del piano della Natura.

Ebenezer Elliott accompagna blind old Andrew Turner in una maniera che nessuno dei faziosi di oggi saprebbe fare, alla scoperta del nuovo mondo, cercando di trasmettergli la spaventosa bellezza delle macchine. Eppure, in tutta la poesia, si capisce il terribile destino che attende il razzo di Titano, e perché il corvo irato cerca cieli più puri. C’è una tensione che sottende qualcosa di terribile, che forse non fa affatto parte del piano della Natura.

“Vieni, vecchio cieco Andrew Turner! prendi nel mio braccio
il tuo segnato dal tempo, e attraversa la città con me;
perché esistono meraviglie più grandi assai delle tue;
Watt! e la sua macchina che nutre milioni!
Miracoli semidivini di vapore!
Tu non puoi vedere,  sopra camini innumerevoli,
da alti camini si aspira la nube fumosa;
Ma tu puoi sentire l’instancabile battere e ruggire
di potenze di acciaio che, spinte da irrequieto fuoco,
faticano incessantemente – giorno e notte, eppure mai si stancano,
né dicono all’avido uomo, “stai sbagliando qualcosa.”

La potenza della modernità, che nella miniaturizzazione e outsourcing abbiamo scacciato in Oriente:

“C’è una gloriosa armonia in questa
Tempestosa musica del gigante, il Vapore,
che mescola insieme ringhio e ruggito, scalpitio e sibilare,
con fiamme e tenebre! Come il sogno di un Ciclope,
stordisce le nostre anime piene di meraviglia, che sobbalzano e gridano
di gioia e di terrore”

Ebenezer – come rivela il suo nome parabiblico – appartiene al mondo del protestantesimo combattivo, e coglie nella Macchina ciò che “un giorno scaccerà gli idoli tiranni dalle terre più remote”; ma nello stesso tempo, riesce a cogliere il piccolo uomo davanti a tutto ciò:

“mentre, come l’oro sulla neve
il raggio del mattino riluce sui capelli bainchi di Andrew!
Come l’oro su una perla è il mattina sulla sua fronte!
Tiene il cappello in mano, ha la testa scoperta;
Girando di qua e di là i suoi occhi che non vedono, se ne sta in piedi
davanti a questo dio di metallo, che un giorno scaccerà
gli idoli tiranni dalle terre più remote,
predicherà la scienza al deserto e cancellerà
l’arida maledizione da ogni luogo senza sentiero
dove le virtù non hanno ancora pagato per i delitti.”

L’Uomo del Neolitico si ferma in ascolto: è curioso che anche nel Signore degli Anelli troviamo una scena simile, quando Frodo si trova quasi alla fine del proprio viaggio, solo che la conclusione è diametralmente opposta:

“Lui ama il tuono dei macchinari!
E’ un tuono benefico anche se, a volte,
come il lampo rosso del cielo, si illumina fatalmente.
Povero anziano cieco! Cosa non darebbe per vedere
Questo Waterloo senza sangue! questo inferno di ruote !
Questa terribile velocità, che sembra dormire e russare,
e sognare il terremoto! Nel suo cervello sente
il potente braccio di nebbia che scuote la sponda
lungo l’affollato canale, in incessante ruggito
istigando la pesante forgia, lo sferragliante mulino,
Il rapido piegarsi e la roccia urlante e scintillante.”

Eppure, Elliott già intuisce qualcosa del prezzo, e si chiede:

“E’ questo il luogo in cui la collina coronata di frassini, si inchinava
Per incontrare la valle, dove le sponde amate dalle api, ricoperte
di ginestra e caprifoglio, potevano udire il colombaccio solitario
invocare il suo amore assente? Mai più
Andrew coglierà qui il digitale macchiato!

Come un mostro, dalla criniera lunga una lega,
o il razzo di Titano, nel suo alto picco,
torregia il denso fumo!

Il falco si avvicina nei suoi giri,
ma si volta e si allontana, e il corvo irato cerca cieli più puri.”

In questo post, abbiamo un enorme debito verso Andro Linklater, che forse ha colto più di tutti i processi che ci hanno portati dove siamo. Non so se abbia mai scritto qualcosa su Ebenezer Elliott.

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390 risposte a “Mentre l’Inghilterra s’incendia, un giardino e un inferno”

  1. Marcosclarandis scrive:

    Un mio scritto di vent’anni fa:

    Quanto ingegno c’è voluto
    Per stipare a miriadi di miriadi
    Su scaglie di silice purissima
    Quei minuscoli servi irreprensibili
    E quale scarso polso è necessario
    Per indurli ad un lavoro ininterrotto
    Soddisfacente i vizi più smodati
    Questi schiavi incorruttibili
    Nipoti di bobine e tasti
    Rampolli d’ampolle termoioniche
    Spronati dal comando
    Osano talvolta d’incepparsi
    Ma non sanno replicare
    Con un semmai o un forse
    Magari nemmeno immaginano
    Quale potere sovrumano
    S’annidi nella loro cristallina
    Cooperativa dedizione
    Noi che ci trastulliamo coi vedremo
    Tentenniamo coi chissà coi poi
    Faremmo meglio a stare attenti
    Un giorno non lontano essi
    All’unisono potrebbero destarsi
    Dal loro stolido elettronico frinire
    Quindi da noi interpellati
    Né sì né no risponderci
    Ma con un apatico può darsi
    Replica fatale a noi padroni.

    Marco Sclarandis

  2. Francesco scrive:

    Post molto bello e che illumina un mondo così distante e così vicinissimo!

    Vorrei approfondire la tua nota sulle fabbriche che non stavano in città ma solo all’inizio … giusto?

    però una domanda sorge: perchè? quale ragione mai spinse nel Quattrocento alla privatizzazione delle terre, e in un solo paese? lessi altrove che anche in Spagna – l’opposto assoluto dell’Inghilterra – i padroni di pecore vinsero contro i padroni di terre, ottenendo diritti di transiti e di pascolo che impedirono a quel paese lo sviluppo economico (in questo caso, grazie alle tasse che garantivano al Re nell’immediato)

    Ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      @ Francesco

      Azzardo una risposta da assoluto ignorante di economia.

      In Spagna il potere politico si basava su una alleanza fra trono e feudatari (alto clero incluso), per cui i vittoriosi padroni delle pecore erano a loro volta ‘tosati’ dai feudatari che banchettavano nei loro palazzi e che sostenevano il re che faceva loro da manutengolo e che alimentava ingenti forze armate coi proventi delle tasse. In altre parole, la vittoria dei padroni delle pecore
      è stata una vittoria delle classi alte della società feudale.

      In Inghilterra il re deve vedersela con un Parlamento litigioso ma geloso delle proprie prerogative e dove sono rappresentati anche quelli che otterranno espropri a proprio favore. Il monarca non può schierarsi troppo apertamente con gli uni o cogli altri, o rischia la testa come re Carlo contro Cromwell. Chi si impadronisce delle terre non ha dunque un re sul groppone, e almeno parte della classe feudale si riconverte al più lucroso sistema capitalistico di reinvestire i capitali ottenuti dopo gli espropri.

      Per farla breve: in Inghilterra non c’è mai una classe dominante che riesce a bloccare la situazione a proprio vantaggio a danno delle altre classi dominanti.

      Diverse combinazioni sono possibili.

      A Napoli si segue sostanzialmente la Spagna.

      In Polonia la nobiltà terriera supera le differenze fra grandi proprietari (i voivoda) e piccoli proprietari (la szlachta, quelli che in inglese si chiama ‘gentry’) si coalizza e impedisce al re di agire in proprio: il veto di un solo blocca tutto. “Repubblica” è soprattutto “garanzia dei diritti dei nobili”.

      In Francia il re spende tutto per tenere i nobili sotto controllo (specie dopo le guerre di religione, la Fronda ecc.) , coi soldi tirati fuori direttamente dai contadini e dalla neonata borghesia. Quest’ultima non ci sta ad essere accomunata coi contadini e fa la rivoluzione.

      A Vienna e a Berlino il monarca cerca di gestire tutto lui, con risultati alla fine limitati.

      A Milano si va a ruota dietro Vienna.

      La mancanza di un retroterra stabile

      In sostanza, a dirlo così – mi rendo conto – sembra una tautologia ma proprio l’instabilità moderata è stata la carta vincente dell’Inghilterra.

      Regimi dal potere troppo distribuito come l’Olanda, con un retroterra troppo striminzito come Venezia, Genova e il Portogallo, o dove il potere politico è troppo accentrato in poche mani come la Russia e la Turchia sono risultati perdenti.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        aspetta: io dico che in Spagna gli allevatori di pecore impediscono ogni forma di enclosures e anzi rovinano quanto fatto dai Mori; in Inghilterra gli “enclostori” creano il capitalismo basandosi sulla lana delle pecore …. qui c’è qualcosa che non mi torna (dal punto di vista economico)

        forse sarebbe più importante valutare quante terre avessero ancora i monasteri … ma MM ci dice che tutto succede PRIMA della riforma anglicana

        ?

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      In Inghilterra, nel giro di un secolo, abbiamo avuto:

      – falcidiazione della nobiltà in una sanguinosissima guerra dinastica
      – distruzione della proprietà dinastica con la Riforma
      – epurazioni nella nobiltà dovute sempre alla Riforma

      Mettici un Parlamento in grado di dettare la linea, Parlamento che rappresenta i proprietari terrieri, ed un sovrano che, per racimolare denaro prescindendo dalle tasse su cui il Parlamento ha il diritto di veto, vende privilegi, esenzioni e diritti a destra e a sinistra, basta che si paghi, ed hai uno scenario particolarmente dinamico.

      • habsburgicus scrive:

        proprietà dinastica

        presumo “ecclesiastica”, no ? 😀 piccolo lapsis calami 😀
        sul merito, d’accordissimo

      • Miguel Martinez scrive:

        Per MT

        ” distruzione della proprietà dinastica con la Riforma”

        Immagino che “proprietà dinastica” sia un errore per “proprietà monastica”.

        Linklater, che ne sa più di me 🙂 sottolinea come tutta la rivoluzione sia avvenuta prima della Riforma. Da qui critica la tesi secondo cui sarebbe stata la Riforma a introdurre il capitalismo; casomai, sarebbe il capitalismo nascente ad apprezzare i vantaggi della Riforma.

        • habsburgicus scrive:

          sarebbe il capitalismo nascente ad apprezzare i vantaggi della Riforma.

          diciamo che, forse, il capitalismo in fieri rese meno difficile la Riforma….non a caso le aree riformate precocemente erano a Londra, nel Kent e in East Anglia, zone più “moderne” (le stesse che daranno i puritani, fenomeno tipico della East Anglia e non solo)..il Lancashire ancora “medievale” rimase uno stronghold di Roma per molto tempo

          • habsburgicus scrive:

            ci possono essere altre ragioni
            che solo ad esporle mi esporranno agli strali tanto dei marxisti deterministi quanto dei cattolici tradizionalisti !

            il vescovo di Rochester nel Kent, St. John Fisher fu l’unico che si oppose alla prima rottura e fu martirizzato nel 1535..per i tradizionalisti, ottima cosa, un Santo in più, da mettere in mostra in iconografie barocche
            però il rovescio della medaglia fu che la sede si rese vacante e venne affidata a un protestante fanatico che “puritanizzò” [scusate l’anacronismo] il Kent, con effetti deleteri per la religione cattolica
            invece a Lichfield il vescovo, pur segretamente cattolico, obbedì a Henry VIII (rompendo con il Papa), ma sabotò quasi tutte le riforme in modo che nel 1547, alla morte del tiranno, la diocesi era restata cattolica nei fatti
            umanamente parlando, quindi, era forse più “saggio” il conformismo ?
            non oso dirlo, sennò mi scomunicate
            però rammento che uno solo dei vescovi di Elisabetta, Cheyney vescovo di Gloucester (no, non il vice di Bush jr) era “conservatore” cioé anti-protestante nell’animo seppur (formalmente) anti-papale..orbene fu proprio la sua diocesi quella che produsse St. Edmund Campion, un suo prete (martire gesuita, dopo il ritorno a Roma) e altri..forse l’anti-protestantesimo di Cheyney, pur nella sottomissione formale ad Elisabetta, permise al Cattolicesimo di sussistere….esiste la corrispondenza di Campion con Cheyney in cui il giovane impetuoso esortava il vecchio Maestro a non temere il mondo e a tornare apertamente a Roma
            suoi colleghi più a sx (cioé più protestanti) non permisero ciò e le loro diocesi repressero ogni traccia di “papismo”
            e mi chiedo..se nel 1559 l’episcopato si fosse sottomesso ad Elisabetta come nel 1534 si era sottomesso al padre, l’empia governante avrebbe avuto interesse a protestantizzare veramente o sarebbe stato possibile sabotare la Riforma dal di dentro in attesa di tempi migliori ?
            essere puri e duri può darti il martirio, e il Regno dei Cieli, ma non sempre in questo mondo corrotto è forse la strategia migliore, almeno a livello “politico”
            ben lo sanno gli sciiti con la taqiya
            sia detto ciò con il rispetto e l’ammirazione doverosa per chi a suo rischio e pericolo seppe dire NO !

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Quindi gli atti del Parlamento avrebbero soltanto sancito situazioni definite da decenni?

      • Francesco scrive:

        parrebbe uno scenario particolarmente disastroso e rovina economica sicura per molti e molti anni …

  3. Miguel Martinez scrive:

    OT

    Segnalo una splendida analisi su Contropiano del caso “Russia-Salvini”:

    http://contropiano.org/news/politica-news/2019/07/12/la-mina-dei-soldi-russi-sotto-i-piedi-di-salvini-0117247

    Invito tutti a leggerlo fino in fondo.

    • Francesco scrive:

      perchè? il fondo è una cazzata, un bell’esempio di non pensiero ma di pre giudizio

      il tristo governo Lega- 5Stelle è esattamente l’esempio di come i voti popolari possano dare il governo di una nazione, anche di media importanza come l’Italia, ai primi tre pirla che passano

      di cui uno è un burattino degli altri due e un altro è un burattino di una azienda privata

      del resto, se il Presidente è Trump e a Downing Street ci sarà il cambio tra May e Johnson, è palese che qualsiasi cretino può andare al governo

      con buona pace dei complottisti a ogni costo, che devono tornare a discettare di poteri oscuri

      • habsburgicus scrive:

        @Francesco

        è palese che qualsiasi cretino può andare al governo

        stai sostenendo che, se noi di kelebek non andiamo al governo forse non siamo abbastanza cretini ? 😀
        dovremmo cercare di diventarlo, suvvia ! 😀
        i vantaggi supererebbero gli svantaggi 😀

        • roberto scrive:

          eppure sono abbastanza convinto che potrei avere ottime chance in politica.

          inizio a prendermela con i negri e froci, contro la sinistra al caviale e l’europa, creando la figura mitica dell’ex eurocrate piddino che, fulminato sulla via di damasco, ci dice come stanno in realtà i fatti che l’europa ed il PD vogliono nasconderci.
          secondo le almeno con i 5 stelle potrei iniziare

          il mio unico problema è che ho vomitato solo a pensarci, figurati a dover vivere così per vari anni

          • Z. scrive:

            Non dimenticare la strage di neonati greci ordinata da Junckerode in persona.

            E affrettati, ché i 5S non so quanto dureranno ancora…

            • Francesco scrive:

              scusate se mi ripeto: Gigi Di Maio vice-presidente del consiglio non è la dimostrazione irrefutabile che un cretino qualunque può andare al governo?

              poi viene tutto il resto ma questo fatto mi pare un preliminare non contestabile

              ciao

    • roberto scrive:

      l’ho trovato abbastanza interessnate fino al punto in cui dice “appare chiaro che il “governo” di un paese, a maggior ragione se di peso economico rilevante come l’Italia, non è esattamente a disposizione del primo pirla che vince le elezioni” sul quale concordo con francesco

      • Miguel Martinez scrive:

        Per roberto

        ““appare chiaro che il “governo” di un paese, a maggior ragione se di peso economico rilevante come l’Italia, non è esattamente a disposizione del primo pirla che vince le elezioni””

        Il governo di un comune come Firenze, che può decidere ben poco, non è certamente a disposizioen del primo pirla che vince le elezioni.

        E se venisse permesso a un pirla di vincerle, verrebbe fatto fuori al primo passo falso.

        Perché dovrebbe essere tanto diverso quando parliamo di un governo nazionale, che ha le mani sul bilancio dello Stato e sulle relazioni internazionali?

        • Miguel Martinez scrive:

          Credo che sia il solito problema del “complottismo/anticomplottismo”.

          Il Complottista, che sa poco di come funziona il mondo, ha deciso che al mondo c’è un solo gruppo di cospiratori e solo lui sa esattamente cosa vogliono e dove vogliono arrivare: il resto dell’umanità è fatta di ingenue pecore.

          L’Anticomplottista dice che invece tutta l’umanità è fatta di ingenue pecore.

          Contropiano fa sommessamente notare che il mondo è pieno di furbi, di gente con un sacco di interessi non necessariamente convergenti, ma che hanno tutto l’interesse a controllare la fonte dei finanziamenti pubblici e delle leggi, cioè “lo Stato”. E che hanno anche investimenti che durano ben oltre le brevi carriere dei Pirla Qualunque.

          Poi giustamente Contropiano dice, mica sappiamo necessariamente cos’abbia in testa tutta questa gente, per il semplice fatto che non te lo vengono a raccontare.

          Ma ripeto, basta guardarsi attorno a Firenze per vedere che almeno qui, le pecore sono poche e i furbi sono tanti (e non necessariamente convergenti).

          • Peucezio scrive:

            Tutte considerazioni estremamente sagge.

            Un’obiezione – non metodologica ma di merito – e un dubbio.

            Il dubbio: ma chi cacchio garantisce che le voci corrispondano alle persone dichiarate e non ad attori con un itmbro di voce simile? Come cavolo si fa a dimostrare, in una registrazione, l’appartenenza di una voce a una persona?

            L’obiezione: d’accordo, ci sono poteri ed equilibri geopolitici che cercano di resistere alle tendenze e ai rivolgimenti elettorali per garantire la stabilità di certi assetti. E questo mi pare pacifico.
            Ma intanto il fatto che uno arrivi in una certa posizione è già un sintomo. Trump non sarebbe arrivato dov’è se alcuni poteri, sia pure non i più forti in quel momento, non lo avessero sostenuto.
            In Italia forse ci sono più spazi per outsider assoluti. Ma lo sono all’inizio0: se Salvini si è fidanzato con la figlia di Verdini, evidentemente qualche legame con la massoneria ad alti livelli lo sta creando, d’altronde basta vedere la sua più recente politica estera: sono gli Stati Uniti di Trump e di Bannon, non certo quelli di Obama, ma sono gli Stati Uniti.
            E comunque, se la tattica è quella di indebolirlo elettoralmete con una cazzata come questa, non mi pare una tattica geniale.
            Salvini può indebolirsi elettoralmente solo se a un certo punto si ha la percezione che non stia facendo quello che ha promesso. L’elettorato di centro-destra è vaccinato da decenni su inchieste, scandali giornalistico-giudiziari e altre cazzate come queste.
            E comunque secondo me l’uomo medio dice: “vabbè, ma che c’è di male a farsi finanziare le campagne elettorali dalla Russia? Piuttosto che con soldi pubblici, cioè con le mie tasche…”.
            Solo i comunisti hanno un odio, oserei dire, razziale (il razzismo culturale occidentalista: ormai il razzismo, cioè la perdita del relativismo culturale e l’occidentalismo esclusivista e aggressivo sono la cifra della sinistra mondiale) verso la Russia, ma la gente comune no. Pensa: “non sono più comunisti, sovietici, cupi, autoritari, ci sono belle fighe, si mangia bene, sono simpatici, forse fa un po’ freddino d’inverno, non hanno mai rotto le scatole a noi italiani…”.
            E i più colti poi la identificano con la nazione di Dostoevskij e Tolstoj.

            • Francesco scrive:

              >>> Il dubbio: ma chi cacchio garantisce che le voci corrispondano alle persone dichiarate e non ad attori con un itmbro di voce simile? Come cavolo si fa a dimostrare, in una registrazione, l’appartenenza di una voce a una persona?

              penso una facile analisi al PC permetta di individuare se le voci sono di altri. e una più sofisticata se è un “deep fake” o una vera registrazione

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Peucezio

              “E comunque, se la tattica è quella di indebolirlo elettoralmete con una cazzata come questa, non mi pare una tattica geniale.
              Salvini può indebolirsi elettoralmente solo se a un certo punto si ha la percezione che non stia facendo quello che ha promesso. L’elettorato di centro-destra è vaccinato da decenni su inchieste, scandali giornalistico-giudiziari e altre cazzate come queste.”

              Vero.

              Consideriamo poi che il PD ha tanti di quei piccoli scheletri negli armadi, che difficilmente potrà permettersi di partire all’assalto.

              La faccenda mi diverte, perché io appartengo a una generazione che ha visto la Russia finanziare abbastanza palesemente il PCI, tramite una rete legalissima di società che controllavano il commercio con l’URSS (e, per quel poco che contava, anche il turismo). E ho fatto una volta una bella chiacchierata con uno che aveva vissuto il “vero” PCI che mi raccontava come lui stesso faceva arrivare i soldi in Italia, per vie meno legali.

              Giustamente, mi diceva che i partiti “occidentali” invece ricevevano fiumi di denaro dagli Stati Uniti, per cui non c’era niente di male.

              Ah, mi hanno raccontato fonti autorevoli che anche la DC finanziava il PCI: c’era una cassa specifica (gestita, se ben ricordo, da un deputato democristiano di Taranto, se vi interessa posso controllare) che serviva esclusivamente a questo – quando in parlamento si doveva votare il bilancio, ovviamente il PCI votava contro. Ma grazie a quel fondo, si asteneva dal mettere i bastoni tra le ruote.

              E mi hanno raccontato anche che fu per aggirare quella cassa, che Craxi creò il ben noto sistema “alternativo” per finanziare il proprio partito.

              Morale della favola: non fate partiti.

              • Francesco scrive:

                Miguel

                l’alternativa ai partiti sono le aziende in Parlamento (Mediaset, Casaleggio), i “movimenti”, gli uomini forti al potere (Putin Erdogan, Di Pietro)

                posso riavere i partiti?

                😉

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “l’alternativa ai partiti sono le aziende in Parlamento”

                Esiste anche il Citizens’ Assembly, un po’ macchinoso, ma almeno non corruttibile!

              • Francesco scrive:

                ah quella roba che qui si chiama il Parco Buoi! credo i vecchi saggi si annoino addirittura, tanto è facile manipolarla

                🙁

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Peucezio

              “Ma intanto il fatto che uno arrivi in una certa posizione è già un sintomo. Trump non sarebbe arrivato dov’è se alcuni poteri, sia pure non i più forti in quel momento, non lo avessero sostenuto.”

              Beh, come Berlusconi, Trump stesso E’ un potere.

              Arricchirsi è un’attività molto servile: devi servire i clienti, accontentare i politici, ingraziarti i mercati, prostituirti incessantemente.

              Ma quando hai fatto TANTI miliardi, puoi dedicarti finalmente a fare qualcosa di tuo: l’ha fatto Berlusconi, l’ha fatto Soros e l’ha fatto Trump.

              Anche Bezos adesso pare che voglia conquistare Marte con tutti i soldi che gli abbiamo dato noi.

              Salvini è un caso diverso: è una persona che ha una splendida capacità di rendersi simpatico, di cogliere gli umori della gente, di rappresentare l’Italia, in tutte le sue sfumature. Sicuramente si fa aiutare da qualche tecnico dell’immagine, ma è davvero bravo.

              Ha colto anche una falla straordinaria: in Italia, lo 0,001% della popolazione ò costituita da giovani stupratori-spacciatori appena arrivata dal Ghana.

              E Salvini è riuscito a trasformare il dibattito politico in questo:

              “Sei favorevole o contrario a giovani stupratori spacciatori appena arrivati dal Ghana?”

              Però tutto questo lo può fare, finché lo tollerano quelli che hanno interessi VERI.

              • Z. scrive:

                Tutto questo lo può fare finché ha consenso, Miguel. Finché lo votano.

                Non arrenderti a quella spocchia intellettuale che si diverte a sminuire l’importanza del voto, quella spocchia fatalmarxista del tipo “tanto io so come funziona, è già tutto deciso” 🙂

                PS: c’è anche un pizzico di hegelismo, a ben vedere, ma se così non fosse non sarebbe marxismo

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                “Non arrenderti a quella spocchia intellettuale che si diverte a sminuire l’importanza del voto, quella spocchia fatalmarxista del tipo “tanto io so come funziona, è già tutto deciso” ?

                PS: c’è anche un pizzico di hegelismo, a ben vedere, ma se così non fosse non sarebbe marxismo”

                A volte sei criptico come Daouda 🙂

                comunque, io sarei contento se facessero fuori Salvini: la questione “immigrazione-razzismo-fascismo-Seconda Guerra mondiale” mi ha ampiamente stufato.

            • paniscus scrive:

              “E comunque secondo me l’uomo medio dice: “vabbè, ma che c’è di male a farsi finanziare le campagne elettorali dalla Russia? Piuttosto che con soldi pubblici, cioè con le mie tasche…”.

              Pensa: “non sono più comunisti, sovietici, cupi, autoritari, ci sono belle fighe, si mangia bene, sono simpatici, forse fa un po’ freddino d’inverno, non hanno mai rotto le scatole a noi italiani…”. ”
              ————————-

              E apprezzano pure Toto Cutugno, Albano e Romina, e i Ricchi e Poveri!

              DOVEROSO da ascoltare in religiosa venerazione:

              https://www.youtube.com/watch?v=I3OPvjeKZ2E

              • Peucezio scrive:

                Lisa,
                a parte il signore moscovita di origini ebraiche nato in Cina vicino a Vladivostok la cui nonna, da bambino, gli cantava ninna-nanne in russo sui motivi di classiche canzoni napoletane, ricordo una mia giovane amica russa che mi parlava sempre delle canzoni di Celentano.
                Credevo fosse una sua fissa, finché, nella cittadina dove lei abitava, circa 400 km a sud di Mosca, sentii una specie di organo a rullo ambulante che ne suonava un motivo.
                La la cosa divertente fu quando mi chiese di spiegarle il testo di “Soli” e, traducendoglielo, le dissi che faceva riferimento a un atto sessuale fra i due protagonisti. Lei, che nella sua ingenuità, pur conoscendo un po’ di italiano non l’aveva capito, mi fa: “voi italiani pensate sempre alla stessa cosa!”.

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Peucezio

              “Solo i comunisti hanno un odio, oserei dire, razziale […] verso la Russia, ma la gente comune no.”

              Nella mia esperienza è il contrario: l’altro giorno, un mio amico comunista mi diceva, “meglio gli Stati Uniti che la Russia, che in Russia ti arrestano se dici qualcosa contro il governo… ma se mi sentissero i miei amici, si arrabberiebbero, a sinistra non si può parlare mai male della Russia!”

              Invece, credo che sia vero che “l’italiano comune” non sia antirusso, probabilmente proprio grazie a 50 anni in cui i comunisti delle campagne e delle fabbriche hanno sentito un forte affetto per l’URSS, che si estendeva anche proprio ai russi.

              Situazione opposta negli USA, in Inghilterra, in Germania, dove da sempre si ha paura proprio dei russi: il tirannico zar, le orde asiatiche, il terrore del super-stato comunista, Putin, non c’è soluzione di continuità… Ma lì subentrano storie geopolitiche, lontane dall’Italia.

              E comunque sono abbastanza anziano da ricordarmi che gran parte della propaganda anticomunista in Italia era contro la “quinta colonna dei russi” e “i cosacchi che vogliono abbeverare i loro cavalli nella fontana di San Pietro”.

              Negli ultimi anni, comunque, un po’ dell’antirussismo anglosassone è arrivato dai liberal americani anche in Italia, confondendo le acque a sinistra.

              • PinoMamet scrive:

                I liberal americani, e i loro volenterosi allievi italiani (quelli che imparano il significato di sinistra dai “meme” di internet anziché dal nonno, o confondendoli con nonno…) sono il più grande elemento che mi spinge a destra!

              • mirkhond scrive:

                Concordo con Pino, se penso all’ignobile piagnisteo antirusso del PD, che deplora che con il finanziamento russo alla Lega, si tradisce l'”alleato” nato?
                Alleato? O piuttosto padrone?
                Per una volta tanto che la Lega di Salvini ha fatto una cosa buona!

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                mi sono espresso in modo un po’ generico.
                Io mi riferisco ai giovani attuali di sinistra, quelli più occidentalisti e più ossessivi su diritti umani, femminismo, diritti omosessuali, ecc., che sono fanaticamente filo-occidentali, in genere anti-italiani ma soprattutto ormai incapaci di qualunque relavitismo culturale: sono odiatori di ogni cultura altra, che vedono come espressione di barbarie e quindi, in ultima analisi, anche se non lo ammetterebbero in questi termini, di inferiorità antropologica.
                Ma è una genia nuovissima (poi io li chiamo comunisti, come fa un po’ tutta la gente di destra).

                Ho conosciuto molta gente di sinistra che, malgrado la Russia attuale non c’entri nulla col comunismo che loro sognano, né c’entri nulla quella ottocentesca, leggono avidamente Dostoevskij, Gončarov (autori non certo di sinistra!) e amano tutto ciò che è russo, perché indirettamente gli evoca il comunismo.
                Ma il bello è che non è un interesse superficiale: alcuni di questi studiano il russo, che non è una lingua facilissima (anche se meno difficile di quanto non venga percepita; da un certo punto di vista io la trovo persino più facile dell’inglese, perché non ha una logica germanica, a livello sintattico soprattutto, ma più italiana).
                Credo che molto dell’interesse che riscuote in Italia la cultura russa derivi ancora (sempre meno ovviamente) da quel retaggio politico.
                Poi ci sono tante altre ragioni del tutto estranee a ciò e infine da un po’ di tempo ci sono i fascisti che amano la Russia per Putin (non è il mio caso: io ho cominciato a frequentarli ai tempi di El’cin e ad amarli quando ancora Putin non rappresentava nulla per l’identitarismo nazionalista italiano).

              • paniscus scrive:

                Ho conosciuto molta gente di sinistra che, malgrado la Russia attuale non c’entri nulla col comunismo che loro sognano, né c’entri nulla quella ottocentesca, leggono avidamente Dostoevskij, Gončarov (autori non certo di sinistra!) e amano tutto ciò che è russo, perché indirettamente gli evoca il comunismo.
                Ma il bello è che non è un interesse superficiale: alcuni di questi studiano il russo,

                —————-

                Io ne ho conosciuti, di questi, ma erano militanti della FGCI degli anni ottanta o novanta, che adesso hanno più di 50 anni e non gliene frega più nulla né della Russia, né del comunismo, né tantomeno dello studio della lingua o della letteratura russa.

                Di gente più giovane , che adesso studia il russo o legge Dostoevskij perché “pensa che siano cosa di sinistra”, penso sinceramente che non ne esista.

              • Francesco scrive:

                >>> E comunque sono abbastanza anziano da ricordarmi che gran parte della propaganda anticomunista in Italia era contro la “quinta colonna dei russi”

                il che DIMOSTRA che un certo anti-russismo nella società italiana c’era! anche se è da capire se fosse anti-russismo o anti-bolscevismo, perchè poi gli italiani sono ignoranti e certe distinzioni non le sanno fare

              • Francesco scrive:

                bella lì questa cosa che prendere soldi da un DITTATORE ASSASSINO dei suoi oppositori sarebbe cosa buona e giusta

                mentre Trump che alla peggio insulta gli avversari politici e PERDE le elezioni, a dimostrazione che non le trucca, è in male

                Duca, c’è delle volte che mi fai cadere le braccia

                PS Peucezio, in effetti, da cattolico e da tomista, il mio relativismo ha dei confini abbastanza precisi. 2+2=4 anche in Russia, Persia, India, Cina e Australia, per dire. 😉

              • roberto scrive:

                peucezio

                “Ho conosciuto molta gente di sinistra che [….] amano tutto ciò che è russo, perché indirettamente gli evoca il comunismo.”

                se vuoi puoi aggiungermi alla tua statistica con il caveat che avevo 16 anni quando ho iniziato a seguire il corso di russo che facevano su rai3 e poi un anno al consolato russo.

                poi mi è passata
                🙂

                (e mi faccio da solo la battuta….sono passato al tedesco 😉 )

              • PinoMamet scrive:

                “il che DIMOSTRA che un certo anti-russismo nella società italiana c’era! anche se è da capire se fosse anti-russismo o anti-bolscevismo”

                ma no, era solo anti-bolscevismo, solo che appunto l’URSS nell’immaginario collettivo era in pratica solo la Russia
                (Ucraina e Bielorussia erano considerata al più denominazioni regionali, altri popoli strani andavano sotto la denominazione “popoli e minoranze strane ed esotiche”).

                Ma gli italiani, che fingevano di paventare i cosacchi a San Pietro, non è che poi avessero davvero qualcosa contro i cosacchi e i russi in generale, protagonisti di tanta letteratura alta e bassa

                (ricordo da bambino, quando prendevo lezioni di violino da un novantenne- uno che teneva il ritratto di suo padre, coi baffoni alla Vittorio Emanuele- in una bella villetta allora suburbana e un po’ liberty- che mi faceva leggere Taras Bul’ba nelle pause, quando faceva lezione a mio fratello…)

                e in generale considerati dagli italiani come un popolo piuttosto simpatico
                (credo che i russi ricambino).

                Non c’è mai stata, nei confronti dei troppo lontani russi, l’ammirazione/antipatia/complesso di inferiorità che si aveva verso i popoli europei “importanti” più vicini;

                e poi, da ricordi di campagne di Russia ecc., si aveva dei russi come popolo conosciuto di prima mano un’esperienza in molti casi positiva
                (riportata anche nella letteratura tipo Il sergente nella neve di Rigoni Stern)
                di contadini soldati che si intendevano spesso benissimo con i nostri soldati contadini.

              • mirkhond scrive:

                bella lì questa cosa che prendere soldi da un DITTATORE ASSASSINO dei suoi oppositori sarebbe cosa buona e giusta

                I tuoi amici a $telle e $tri$ce i soldi invece LI ELARGISCONO ai dittatori assassini, purché facciano i loro interessi!
                Salvini, almeno in questo caso, ha mostrato di fare una politica più favorevole agli interessi dell’Italia.
                Le sanzioni antirusse danneggiano i nostri interessi.

              • PinoMamet scrive:

                Sono d’accordo con Mirkhond, su tutta la linea.

              • Francesco scrive:

                x Pino e il Duca: mi potete fare un esempio di vantaggio per l’Italia della politica filo-putiniana che Salvini (ogni tanto) vorrebbe fare?

                ammetto di soffrire di un certo limite di immaginazione al riguardo

                PS dittatori amici degli USa che ammazzano giornalisti oggi … i soliti Sauditi e poi?

              • Peucezio scrive:

                Francesco,
                “x Pino e il Duca: mi potete fare un esempio di vantaggio per l’Italia della politica filo-putiniana che Salvini (ogni tanto) vorrebbe fare?”

                Al di là di ogni considerazione morale sulla grande potenza cristiana che fa da bastione contro il nichilismo occidentale…
                ma hai vagamente presente l’entità degli scambi economici fra Italia e Russia?

              • Francesco scrive:

                Ezio, certo!

                quella roba che vale una piccola frazione degli scambi con gli USA

                o con la UE

                😀

              • Francesco scrive:

                PS quella cosa sulla grande potenza cristiana mi sfugge: di chi stai parlando?

                al momento ne ho presenti nessuna, pure la Lombardia è caduta

              • PinoMamet scrive:

                La Lombardia? Ahahah…
                La Lombardia… cristiana… ahaha

                beh, almeno mi fai alzare al mattino con una risata, grazie Francè 😉

                Francè, di località cristiane in Italia c’è, vediamo, Assisi; Monterotondo, Locorotondo, insomma quel posto dove c’è il santuario di Padre Pio (è un po’ più pagano, ma insomma);
                Loreto;
                mooolte posizioni indietro, il Vaticano.

                Punto.

                La Lombardia ha tante caratteristiche, tutte brutte, ma che sia un posto particolarmente cristiano, beh, diciamo che è una ricostruzione molto fantasy;
                a questo punto, mettici anche i draghi e gli unicorni, che fanno figo.

                Preferisco non parlare del suo ex “governatore” (già la terminologia “governatore” mi fa cagare) ma spero che nessuno abbia il coraggio di chiamarlo cristiano.

              • Francesco scrive:

                povero Roberto Formigoni!

                sicuramente un uomo dai molti difetti ma dubitare che sia cristiano cattolico mi sembra troppo

                anche perchè sennò come avrei fatto io ad abitare nel Formigonistan per tanti anni? eravamo musulmani e non me ne sono accorto?

                🙂

              • PinoMamet scrive:

                Sì, immagino sia stato battezzato, e sicuramente ha fatto carriera in formazioni politiche che si sono presentate nominalmente come “cristiane”.

                Ciò non toglie che la Lombardia resta un posto pochissimo cristiano.

                Credo anzi che la percentuale dei non battezzati in Lombardia sia persino più alta che in Emilia o in Toscana;

                ma con una differenza non tanto sottile, e cioè che in Emilia e Toscana i non battezzati sono per scelta consapevole dei genitori (“non crediamo= non battezziamo i figli”), in Lombardia per puro disinteresse nei confronti del tema (“ahh il battesimo? boh, sono cose antiche, perdite di tempo…”)

              • Francesco scrive:

                Pino,

                su cosa basi le tue credenze sulla Lombardia? a me pare una regione in cui la religiosità cattolica tradizionale è ancora viva e vivace, nei paesi, in cui la religiosità cattolica progressista c’è eccome (mai sentito parlare del cardinale Martini?) e in cui la religiosità cattolica moderna è nata ed è ancora assai importante – non dipende mica dalla sua visibilità politica.

                Ciao

              • Peucezio scrive:

                Eppure, negli ultimi decenni, dalla Lombardia e dal Veneto politicamente sono venute le posizioni più conservatrici anche in ambito religioso non di tutta l’Italia del centro-nord, ma di tutta l’Italia in genere.
                Io nel sud trovo ancora una relativa tenuta della religiosità popolare, ma nel complesso trovo una società molto scristianizzata e una forte penetrazione delle peggiori sette (evangelici, testimoni di Geova, Mormoni), un cattolicesimo progressista e lassista del tutto acritico (che però si accompagna al peggio del cattolicesimo da sagrestia di una volta, cioè quegli elementi di ipocrisia, di settarismo comunitario, di esibizione melensa, di affettazione, di falsità, di meschinità, pur con tutte le eccezioni del caso), mentre nel nord-est (diciamo a est del Ticino), sempre nei limiti legati alla generale secolarizzazione della società, vedo un ambiente cattolico molto vivace, sia nel versante progressista, che in quello conservatore-reazionario, che in quello liberale-ciellino caro al nostro Francesco.
                Inoltre vedo un clero preparato, capace, attivo, a volte anche in modo criticabile. E poi le associazioni, i gruppi, le iniziative culturali…

                Pino, quello che dici poteva valere negli anni ’60-’70, in parte ’80 (ma già negli anni ’80 si registrava una forte rinascita del sentimento religioso; in questo senso il pontificato wojtyliano, per quanto criticabile sotto molti punti di vista per aver radicalizzato l’ecumenismo e il modernismo montiniano e fatto vari altri danni, è stato un momento di rilancio). Ma oggi non è così.
                Oggi c’è una scristianizzazione fortissima e sempre più rapida un po’ dappertutto, ma non è certo più la Lombardia il punto di penetrazione e diffusione del fenomeno.

              • Peucezio scrive:

                E comunque non ti permettere di dire che la Lombardia è brutta! 😀 😛
                C’è la pianura, i laghi, le colline, le montagne, l’Alpe, l’Appennino, i fiumi, le città d’arte: non è la Toscana, certo, ma è una delle regioni più belle del mondo!

                Mica come quelle vostre lande nebbiose, quella vostra insulsa strisciolina di terra umida e insalubre con giusto un pezzettino d’Appennino a ridosso per dare un minimo di movimento!! 😛 😛

              • PinoMamet scrive:

                Rispondo alle due domande:

                -su cosa baso le mie impressioni, di Francesco. A Milano ho i miei cugini, la cui religiosità direi che consiste nel jazz, yoga, viaggi in India fatti negli anni Settanta e cose del genere. Uno è sposato con una napoletana che ha parenti negli Stati Uniti alcuni dei quali a loro volta ebrei (lo abbiamo scoperto in un pranzo comune). Quindi.
                Poi ho conosciuto milioni di lombardi, praticamente tutti disinteressati alla religione, tranne quelli di CL che pare avere una forte presa sulla regione e tenta di colonizzare fuori.

                2-a Peucezio: sì, c’è una forte scristianizzazione ovunque, è vero.

              • PinoMamet scrive:

                Prima di tutto l’E-R è molto più montgnosa e collinare che pianeggiante, e in questa pianura di nebbia non se ne vede proprio mai
                (la nebbia vera l’ho vista una volta che sono andato in autostrada a Brescia, una volta che uscivo in autostrada da Milano, e un’altra volta che entravo in autostrada a Timisoara…)

                le vostre città d’arte fanno abbastanza ridere paragonate alle nostre, però avete di bello i laghi, anche se pessimamente frequentati.

              • Francesco scrive:

                Pino

                scusa ma questa uscita “mio cugino mio cugino” mi ha fatto scoppiare a ridere!

                anche io in Lombardia di cugini ne ho, a bizzeffe, e in effetti coprono quasi tutte le posizioni politiche – tranne i 5 stelle credo – ma sono rimasti quasi tutti cattolici

                certo, a Milano c’è qualche fighetto yoga&buddha ma sono pochissima cosa e a livello Lombardia anche meno

              • Francesco scrive:

                >>> le vostre città d’arte fanno abbastanza ridere paragonate alle nostre,

                stai parlando delle città d’arte dell’Emilia Romagna rispetto alla Lombardia? davvero?

                😀 😀 😀

                PS fortuna che Miguel è fiorentino e ci guarda entrambi dall’alto

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                E’ chiaro che il meglio è da noi.

                😀

        • Francesco scrive:

          >>> Il governo di un comune come Firenze, che può decidere ben poco, non è certamente a disposizioen del primo pirla che vince le elezioni.

          direi il contrario, infatti le elezioni sono ben controllate perchè nessuno che si presenti possa minacciare il candidato del Partito – a quel punto che si voti pure!

          in più ti faccio notare che Firenze è un’Anomalia rispetto a quasi tutta l’Europa, anzi l’Occidente

          ciao

    • habsburgicus scrive:

      @Miguel
      l’analisi è interessante, ma non la definirei splendida…a me pare dica cose ovvie, senza peraltro spiegare bene il “cui prodest”
      è chiaro che è un’operazione per rovesciare alla lunga la Lega e, nel breve, per indebolirla….operazione prevedibile….anche per questo io non ho l’ottimismo dell’amico Peucezio….e quando penso al potere in Italia continuo a pensare automaticamente al PD [sigla, tanto per dire…ovvero quei mileux lì]..questa é semplicemente una vacanza, un “carnevale”, che durerà poco in cui Salvini ha solo l’illusione del potere…prima lo umilieranno con l’emigrazione (finora sta ancora salendo nei sondaggi, ma è prevedibile che dopo altri mesi di sole parole inizierà a perdere la faccia e a scendere), indi i giudici…al momento opportuno nuove elezioni e ritorno al potere dei soliti noti (che avevano il potere, nei fatti lo hanno tuttora e sempre lo avranno)..magari han deciso di cambiare le priorità e han pensato bene di utilizzare i giudici fin d’ora 😀 nihil novi sub sole
      è possibile che l’obiettivo sia meno ambizioso, ovvero solo quello di “riatlantizzare” la Lega eliminando i “filorussi” e favorendo l’ala “ortodossa” pro-USA che notoriamente, non so quanto a ragione, viene associata a Giorgetti…in tal caso a Salvini sarà data scelta di “adeguarsi” (come forse sta già facendo, vedi dichiarazioni in USA) oppure di perdere il “potere”
      concordo tuttavia che ci sia ben altro in gioco !

      • habsburgicus scrive:

        immigrazione, of course
        milieux

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Habs

        “l’analisi è interessante, ma non la definirei splendida…a me pare dica cose ovvie, senza peraltro spiegare bene il “cui prodest””

        Ciò che io trovo splendido, più raro dell’oro, è proprio che NON pretenda di spiegare il “cui prodest”.

        Perché nessuno di noi lo sa. E pretendere di saperlo, in base ai nostri pregiudizi personali, è un errore gravissimo in cui cadono quasi tutti.

        Poi le tue ipotesi sono – astrattamente – tutte possibili.

        Quando avrò fatto rilassare i ministri russi, i trafficanti mafiosi italiani, gli agenti segreti americani, magari con qualche tecnica di quelle che tu suggerisci, ti farò sapere cosa mi racconteranno in via confidenziale.

        Ma prima, le ipotesi sono quelle nostre, da spettatori ignoranti.

        • habsburgicus scrive:

          che noi non sappiamo alcunché, è purtroppo vero
          questo però non ci esime, secondo me, dal provare a fare ipotesi “logiche”….con la soddisfazione di averci visto giusto qualora accada (0,1 %)
          basta essere consapevoli che sono SOLO ipotesi nostre IN MANCANZA ASSOLUTA DI DATI PER DEFINIZIONE A NOI ANCORA NON DISPONIBILI

  4. habsburgicus scrive:

    @Moi @Francesco (in primis)
    [modalità ludico-erotica] ON
    è da augurarsi, per il buon nome d’Italia, che nell’ormai famoso incontro moscovita sia stata prevista anche la presenza discreta di 3-4 (facciamo anche 5) escort supertop, strafighe, sui 20-22 anni, biondissime e dal corpo perfetto, con un’ampia gamma di varianti dalle più piatte alle più tettone 😀 per un relax completo 😀 di norma, a quanto parrebbe, i colloqui importanti si concludono così 😀 e a Mosca, e in generale fra le russe, vi è il meglio in assoluto al mondo in quel settore, come ben sanno gli emiri 😀
    altrimenti, la vedo male 😀 se pure gli italiani si mettono a disdegnare la figa, non c’è più speranza 😀 altro che età oscura 😀 FINIS ITALIAE 😀
    [modalità ludico-erotica OFF]

    • Francesco scrive:

      e perchè non lo hanno messo nelle registrazioni? avrebbe fatto fare troppo buona figura ai leghisti?

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Francesco

        Chi fa comizi baciando rosari meglio non si mostri in certa compagnia, se non vuol rovinarsi l’effetto.

        🙂

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Francesco scrive:

          come sei ingenuo, compagno!

          davvero ci vedi una contraddizione?

          😀

          PS cmq il Rosario di Salvini è una mera bandiera, non ha nulla di cristiano, per cui può andare a puttane quanto vuole senza alcun problema

          • PinoMamet scrive:

            La vedo come Francesco. credo che chi vota Salvini apprezzi il rosario fino a un certo punto (è una roba da donne, che ricorda di aver visto a casa della nonna… ma va bene se spaventa i vampiri o gli immigrati) e molto di più la fama di amante del “capitano”

            • Francesco scrive:

              in effetti il Rosario di Salvini mi ricorda molto le croci anti-vampiro

              a metà tra la magia e il “nazionalismo”, potrebbe fare piacere al Duca che non si usi l’odiato vessillo tricolore come simbolo di appartenenza ma un oggetto religioso e cattolico!

              • MOI scrive:

                Più che altro Salvini esponendo il Rosario indispone la SX Liberal dei Professoroni/Giornaloni/Intellettualoni … per questo trova apprezzamento !

                Anche perché si può sempre rinfacciare a quelli contro il Rosario di “avere poi” una Candidata ItaloTunisina con Hijab in un Comune in Umbria, per dire …

                E così via, alimentandosi a vicenda d’ insulti che poi per Marco Zuccheromonte 😉 valgono anche PIU’ dei “làix” 😉 come impatto mediatico

  5. PinoMamet scrive:

    “Io mi riferisco ai giovani attuali di sinistra, quelli più occidentalisti e più ossessivi su diritti umani, femminismo, diritti omosessuali, ecc., che sono fanaticamente filo-occidentali, in genere anti-italiani ma soprattutto ormai incapaci di qualunque relavitismo culturale: sono odiatori di ogni cultura altra”

    Rispondo a Peucezio qua sotto per facilità di lettura;

    più che rispondergli, faccio un bel fuori tema 😉

    Io ho un sacco di interessi strani, di cui mi vergogno abbastanza (poi scopro che c’è gente che non se ne vergogna affatto ma anzi li usa per rendersi interessante… mah! chissà se gli riesce) tipo le arti marziali strane, la pesca a mosca o la lingua gallese 😉

    perciò vedo un sacco di filmatini strani su Youtube, e mi vengono linkati altri filmatini strani degli stessi autori o di argomento affine.

    Comunque, e veniamo a noi:

    vedo un filmato di un “naturomane” norvegese, proprio il tipo di persona che da noi sarebbe di sinistra, liberal, ecc. ecc.

    e lui spiega, vantandosene, come “in Norvegia siamo riusciti a liberarci degli antifa”, che lui descrive come la punta di lancia dell’ideologia liberal americana;
    che sarebbe quella (absit iniuria) che altri nel nostro blog definirebbero “oppressione frociocratica”, cioè con il tentativo di rendere tutti, obtorto collo, femministi ad oltranza, ed anzi anti-maschili (non anti-maschilisti…), odiatori di sé stessi e della propria cultura, supini verso qualunque stupidata delle culture diverse ecc.

    Insomma, nemici della sana e normale vita dell’essere umano.

    Mi pare che questa tendenza (tanti gli americani che gli dicono “bravo” nei commenti) sia sempre più diffusa, come una forma di resistenza passiva a idee che non vengono percepite come sbagliatissime, e spesso anzi come giuste, ma che si ritiene che siano andate “troppo oltre”.

    • MOI scrive:

      il problemaè tutto lì : “oltre” che ?!

      … chi lo stabilisce ?!

    • Peucezio scrive:

      Pino,
      ciò è confortante.
      Si spera quindi e parrebbe di capire, da quanto dici, che a un certo punto, di fronte a certi squilibri culturali, un minimo di anticorpi si sviluppino.
      Il che, lasciamelo dire, non è affatto scontato: la gente tende al “dalli all’untore”, cioè a unirsi agli eccessi collettivi, alle isterie di moda, più che a prenderne le distanze, per cui, se davvero comincia ad avvenire la seconda, mi fa molto piacere.

    • PinoMamet scrive:

      “medaglia d’ora” merita una menziona speciale 😉

      (e comunque è la forma corretta nel dialetto di qua: “d’oro” è aggettivo coniugabile 😉 , una collanina d’oro è “na colanen’na d’ora”)

    • Francesco scrive:

      più interessante di quanto sembri: Parigi è uno dei centri della cultura liberal, come Londra e Berlino e Milano e New York e la California quasi tutta

      le roccaforti dei rossi ricchi, che vivono alienate dalle “province” e anzi le disprezzano esplicitamente

      bella lotta

  6. Peucezio scrive:

    Miguel,
    circa il potere.
    In realtà sono assolutamente convinto che gente come Berlusconi e Trump non abbia nessun potere.
    Non più di quanto ne abbia il piccolissimo imprenditore del Veneto con quattro dipendenti. O poco più.
    Ma non fa parte del potere.
    In Occidente il potere è un club. Tutt’al più può avere divisioni interne; posso persino ammettere che ultimamente ci siano due club (ma secondo me è uno diviso semmai in due fazioni). Ma o ne fai parte o non ne fai parte. E se non ne fai parte non conti un cazzo. Soros ne fa parte. Berlusconi e Trump no. Bannon in qualche misura sì o, se non lui, chi c’è dietro di lui.

    Poi c’è la sovranità popolare, che si esprime attraverso i vertici politici degli stati, che hanno delle loro leve, ma, insomma, nei decenni sono stati erosi nelle loro prerogative giuridiche e soprattutto di fatto, per cui hanno un potere limitato. Non nullo, ma limitato.
    Diverso è il discorso per le potenze non occidentali: in Cina lo stato ha un potere reale, pari a quello di una gigantesca multinazionale occidentale, se non addirittura maggiore.

  7. MOI scrive:

    rendere tutti, obtorto collo, femministi ad oltranza, ed anzi anti-maschili (non anti-maschilisti…), odiatori di sé stessi e della propria cultura, supini verso qualunque stupidata delle culture diverse ecc.

    [cit.]

    —————————————–

    Brexit , Trump e Salvini sono stati i primi tre esempi di gente che ha votato la presunta (!) Destra NON per aggredire Altri MA per conservare Sé !

  8. MOI scrive:

    Ti e vi ricordo che il Fascismo fece la propria entrata sul Palco Scenico della Storia autoproclamandosi come “Rivoluzione” … chiaro Contr’Altare alla Bolscevica !

    • habsburgicus scrive:

      il senese Chiurco scrisse un’opera poderosa “Storia della rivoluzione fascista”
      quando Siena era ancora “nera” prima di divenire “rossa” (unico partito “ammesso”, il PC..pardon PD 😀 unica opposizione, Sinistrea Unita; dx non pervenuta :D)

      • habsburgicus scrive:

        e, parrà strano oggi, nella laicissima e atea Siena (forse solo Livorno è più atea) che ancora a metà XVIII la religiosità era molto diffusa..e il Sant’Uffizio di Siena era uno dei tre Santi Uffizi locali più attivi in Italia* e rigidi nel secolo di Voltaire..insieme a quello di Modena e di Malta
        a Modena l’Inquisizione durò fino al 1785, nelle Toscane sino al 1782, a Malta sino alla giacobinizzazione bonapartica (1798) poi divenuta britannizzazione (1800)

        *fuori Italia, il Santo Uffizio di Goa bruciò ancora un tale nel 1771 in piena età pombaliana !
        se volete, poi vi racconto la fine che fecero gli archivi dell’Inquisizione di Goa 😀

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          se volete, poi vi racconto la fine che fecero gli archivi dell’Inquisizione di Goa

          In generale mi ha sempre incuriosito l’attività inquisitoriale nelle colonie, soprattutto dove il cattolicesimo, in realtà, rimase sempre minoritario. Insomma, è facile inquisire eretici e apostati nel Messico “ispanizzato”, ma cosa fai in una terra dove sei circondato da pagani?

          • habsburgicus scrive:

            per farla breve o, melius, un po’ meno lunga
            nel 1774, l’anno in cui Pombal riuscì ad assumere il completo controllo del Santo Uffizio con il Nuovo Regolamento e a stravolgerlo, venne anche abolita l’Inquisizione di Goa;
            gli archivi dell’Inquisizione abolita di Goa furono per ordine dell’autocratico Pombal portati in Portogallo e rinchiusi in Torres do Tombo…se fosse finita così, oggi probabilmente li avremmo (distruzioni napoleoniche permettendo) come abbiamo (gran parte de)gli archivi delle Inquisizioni di Lisboa, Coimbra ed Évora [per quella di Lisboa, che comprendeva il Brasile privo di un’Inquisizione speciale nonostante alcuni tentativi, vi sono purtroppo serie lacune]
            vene però il 1777..morte di Dom José, ascesa di Dona Maria I e disgrazia di Pombal
            Dona Maria I restaurò molte delle prerogative della Chiesa (ma non i gesuiti, del resto ormai soppressi pure da Roma) e ridiede alcuni denti al Santo Uffizio; la più recente ricerca mostra che nel 1780-1781 un tale fu arrestato solo perché con un presunto “amico” (in realtà familiare del Santo Uffizio che si affrettò a denunciarlo) aveva chiamato con parole irriferibili gli Inquisitori che già lo avevano spogliato di molti beni per “marranesimo” trenta anni prima in epoca “tradizionale” (cioè anteriore alle riforme anti-inquisitorie di Pombal…abbiamo gli atti del processo inquisitorio), e un editto anti-giudaico dell’Inquisidor-mor (Grande Inquisitore) fu emesso financo nel 1794, in piena epoca giacobina un po’ più a est !; ciò rende obsoleta la storiografia tardo-ottocentesca e proto-novecentesca che riteneva che i “vecchi tempi” finirono irrevocabilmente con Pombal e che i “cristãos novos” non avessero più alcun problema dopo; no, finirono solo con l’invasione francese del novembre 1807 e poi con il liberalismo (rivoluzione massonica del 1820 e abolizione definitiva del Santo Uffizio nel marzo 1821, vero punto di svolta della storia lusitana, cui possiamo aggiungere la sconfitta del cattolico Dom Miguel e l’assoluta vittoria liberale del 1834 che diede inizio ad una fase analoga alla nostra da Cavour al 1915 per quanto riguarda i rapporti Stato-Chiesa, seppur in Portogallo più nuancée; il 5/10/1910 la rivoluzione massonico-repubblicana soppresse addirittura il Cattolicesimo o quantomeno ci provò, espungendolo dalla Costituzione laica del 1911, ma questa è un’altra storia..e sin dal 1918 con Sidónio Pais ci fu una reazione che diverrà chiara dopo la rivoluzione nazionale del 28/5/1926 guidata dai generali Carmona e Gomes da Costa e poi con l’Estado Novo del Doutor António de Oliveira Salazar, pur senza mai abolire il carattere laico del Portogallo repubblicano, a differenza della Spagna di Francisco Franco y Bahamonde)
            Dona Maria I restaurò nel 1778 anche l’Inquisizione di Goa ed ebbe la balzana idea di rimandare nell’Estado da Índia anche gli archivi dell’Inquisizione da Goa, già trasferiti a Lisboa..e ciò fu fatto, senza problemi
            la neo-restaurata Inquisizione di Goa vivacchiò per 34 anni, colpendo soprattutto i massoni e poi i “giacobini”, oltre a qualche “cristiano nuovo” e talora financo dei “pagani” marraneggianti [cioè indù mal convertiti]
            nel 1811-1812 la Corte portoghese del Reggente Dom João (Dona Maria I, ancora viva, era pazza da molti anni) rifugiata a Rio de Janeiro, ove era stabilita dal 1808, raccolse informazioni su una possibile occupazione britannica di Goa..il Portogallo-Brasile era alleato di Londra ma i lusitani ben conoscevano la rapacità degli albionici che proprio in quegli anni avevano spogliato l’Olanda “amica” e fellow-protestant del Capo !
            anche il Nunzio presso la Corte lusitana di un Pio VII prigioniero del giacobino incoronato, Mons. Severoli si preoccupò..in pratica il Nunzio si trovava in una soluzione ideale per un diplomatico, che non capita quasi mai, non aveva più superiori e poteva far quel che voleva ! Mons. Severoli convinse la Corte di Dom João che sarebbe stato tragico per il mondo cristiano, per la Cattolicità intera e per l’inclito Regno del Portogallo, se degli eretici conclamati avessero potuto mettere le mani sui documenti segretissimi del Santo Uffizio, che avrebbero potuto sfruttare contro la Chiesa e contro Roma..Dom João decise allora di inviare una missione col compito ufficiale di ispezione e con il compito segretissimo, scritto sul retro delle istruzioni palesi [le uniche da mostrare ai britannici signori dei mari], di distruggere gli archivi dell’Inquisizione di Goa..il frate a ciò deputato giunse a Goa, superando gli infiniti blocchi britannici (Britannia ruled the waves, in quei giorni) e colà diede i suoi ordini segreti..il Viceré di Goa ottemperò e fece distruggere tutti gli archivi dell’Inquisizione di Goa…il frate, pare su ordini orali, prese alcuni documenti particolarmente importanti con sé, ritenuti scomparsi ancora all’epoca dell’erudito António Baião autore in età proto-salazariana di una storia in due volumi dell’Inquisizione di Goa e che oggi sono stati ritrovati negli archivi brasiliani ed editi dallo studioso Bruno Feitler
            poi, come sappiamo, gli inglesi mai invasero Goa..che sarà sì invasa ma dagli indiani nel dicembre 1961, dopo essere rimasta ininterrottamente portoghese per 451 anni, da quel fatidico e glorioso 1510, all’epoca di Dom Afonso de Albuquerque (e la leggenda, e forse la storia, vuole che ci sia stato pure l’immortale esploratore Fernão de Magalhães più noto come Magellano, fra quei prodi)
            fu dunque una preoccupazione eccessiva 😀
            come storico, deploro questa decisione
            come uomo, ammiro la sagacia e la prudenza di quei tempi, anteriori al Concilio

        • Simone B. scrive:

          È sbagliatissimo considerare Siena come atea.

          È una città particolare che ha come unico Dio Siena stessa. Credo sia inimmaginabile per gli estranei il rapporto che c’è tra gli abitanti ed il comune. Per loro la Repubblica senese non è mai morta ed il 1555/1559 non sono mai esistiti o quasi.

    • Z. scrive:

      Certo, Moi, ma il movimento fascista – appunto – non si presentava come “destra”.

      L’immaginario politico dell’epoca, in ogni caso, doveva molto alla prassi politica socialcomunista. Anche quello dei partiti rivali.

  9. MOI scrive:

    @ LISA

    Mah … forse qualche Hipster può ancora leggere (più verosimilmente in pdf dallo smàrtfon 🙂 …) i Grandi Narratori Russi dell’Ottocento ! Ma come vezzo intellettualistico , poi per le “cose serie” è Liberal Americano fatto & finito : tutto pro gender e politically correct ma maiguai (!) con il Libero Mercato !

  10. Daouda scrive:

    Quello che non sta co la crepata me deve ancora dare una risposta sui kurdi del cazzo e sul sionismo che lo caratterizza.

    D’altronde tutte le stronzate che appoggia lui ( ed MM ) sono finanziate dai sionisti robba tipo negri che inculano i frogi bianchi nei porno, i frogi sensibbili, la parità delle donne, la giustizia sogiale ( NON TE LO HANNO SPIEGATO CHE IL WELFARE E’ NATO PER INCULARTI I SOLDI BRUTTA MERDA RITARDATA??? PE QUANTO VAI AVANTI A RAGIONARE, SEI LIMITATO A DIECI ANNI DI RAGGIO D’AZIONE??? ) , l’ambientalismo i vegani i buddisti islamicicci e minchiate varie.

    Ma stai tranquillo! Ste stronzate spariranno quando prenderete il potere…state a fa di tutto affinché la destra vinca, ed essa è in mano vostra.
    Grande gioco.
    Magari te non lo sai eh…mi dispiace

    Ma comunque me rispondi sull’inesistenza dei kurdi e sul loro essere sionisti oltre che merde de vita. No dai, fatte vivo

  11. mirkhond scrive:

    “comunque, io sarei contento se facessero fuori Salvini: la questione “immigrazione-razzismo-fascismo-Seconda Guerra mondiale” mi ha ampiamente stufato.”

    Chi vorresti al suo posto?

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Mirkhond

      “Chi vorresti al suo posto?”

      COSA vorrei al suo posto: ne abbiamo già parlato, partiamo dal blocco dell’espansione dell’aeroporto di Firenze e dalla trasformazione dell’immensa buca che hanno fatto per fare la TAV in un boschetto.

      Poi estendiamo il concetto al resto d’Italia 🙂

      • Z. scrive:

        Però il Duca non ha torto: a dare indirizzo alla politica di un Paese sono delle persone. Persone reali, con tutti i limiti del caso.

        Comunque, credo che i richiami al mondo bellico e postbellico siano destinati a venir meno, via via. Pian piano quell’epoca si allontana; già oggi, peraltro, per gli immigrati extraeuropei non ha lo stesso peso che ha per noi.

        • Peucezio scrive:

          Guarda che in Italia gli immigrati extraeuropei non esistono.
          Esisteranno figli di stranieri a cui a scuola metteranno in testa le stesse cazzate retoriche che hanno messo in testa a generazioni di italiani che non hanno vissuto né fascismo, né guerra, né nulla di tutto ciò.

          Io sono contro l’immigrazione, perché interpreto il pluralismo a ogni livello, compreso quello genetico e fenotipico, ma sul piano culturale in Italia l’immigrazione è probabilmente ininfluente.
          La cultura italiana è già stata distrutta dalla scuola e dalla televisione.

          • PinoMamet scrive:

            “Io sono contro l’immigrazione, perché interpreto il pluralismo a ogni livello, compreso quello genetico e fenotipico”

            …??
            allora dovresti essere a favore dell’immigrazione…

            • Peucezio scrive:

              Pino,
              allora io scrivo qui dentro da anni e anni invano, se non si sono capite nemmeno le coordinate minime di quello che penso… 🙁 🙁

              Dai, ti stimo troppo per risponderti, offenderei la tua intelligenza.

            • PinoMamet scrive:

              Ma sì che ho capito il tuo punto di vista, che è abbastanza chiaro; ti piace la varietà, e pensi al mondo come a una gigantesca Puglia, un po’ come Parigi che se avesse il mare ecc. 😉

              cioè, secondo te in ogni posto c’è una sua varietà distintissima dalle altre e deve rimanere così, sennò c’è la terribile Omologazione.

              Io però la vedo diversamente.

              Secondo me il posto in cui sono nato non è così com’è perché era così nel Neolitico;

              ma è diventato così com’è perché nel Neolitico è arrivato un tale dal Medio Oriente
              (oh, sto semplificando eh?), poi è sceso un gruppo di dieci persone dai Carpazi o dalla Boemia, poi cento etruschi che a loro volta chissà chi erano, poi duecento celti che idem, poi i Romani, che, devo aggiungerlo?
              …e così via, attraverso un’altra mezza dozzina di popoli dimenticati, fino agli spagnoli, i francesi, gli austriaci e tutti i loro mercenari e gente strana assortita.

              Per cui, mah, che arrivi gente dalla Nigeria o dalla Cina, non mi smuove particolarmente niente.

              • mirkhond scrive:

                Che è ciò che avviene dappertutto, anche da noi. 🙂

              • PinoMamet scrive:

                Lo so bene, ma Peucezio la pensa diversamente…

              • mirkhond scrive:

                Molti anni fa a Napoli, una sera d’estate ero sul balcone di casa dei miei zii, e con uno zio, quello che mia ha trasmesso l’amore per la storia napoletana e borbonica, si discuteva proprio della purezza razziale.
                Lui si ricordava, quando, studente di liceo nel lontano 1938, furono emanate le leggi razziali fasciste e lui stesso vide al cinema un film in cui gli Ebrei erano descritti negativamente.
                Lui sentendo la propaganda dell’epoca che esaltava la presunta purezza razziale italica, essendo già da studente molto colto e riflessivo, mi disse che già allora questa storia gli sembrava assurda proprio tenendo presente la nostra storia e tutti i popoli giunti in Italia dalla preistoria ai giorni nostri.
                E allora si era appena agli inizi del fenomeno migratorio africano e asiatico attuali.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                no, scusami, ma hai frainteso il mio pensiero.
                Da come la descrivi tu, nella mia concezione ci sarebbero identità locali createsi ex nihilo una volta per sempre in qualche epoca imprecisata intorno al neolitico superiore, rimaste immutate e intonse fino a pochi decenni fa e che stanno venendo travolte ora.

                Io ritengo che un retaggio del passato più antico sopravviva fino a oggi, questo sì, e che la varietà culturale locale italiana, che non ha eguali nel mondo, abbia origini molto antiche.
                Ma so benissimo che tale varietà passa attraverso una serie di apporti, interscambi, vicende storiche, politiche, che hanno contribuito a dare luogo al quadro così complesso e ricco che abbiamo di fronte.

                Quello che mi meraviglio sempre che non cogliate – e questo davvero mi sorprende molto: sia perché l’ho scritto tante volte, ma anche perché mi pare evidente a prescindere da ciò che posso scrivere io – è lo scarto qualitativo sostanziale, abissale fra gli scambi, le interazioni, le stratificazioni e gli apporti di tutte le epoche storiche passate, dalle più dinamiche e turbolente alle più statiche, e il rullo compressore di oggi.

                Lo scrivo per l’ennesima volta, sperando di non doverlo scrivere altre cento:
                eventi come quelli che tu hai descritto mettevano in contatto uomini con altri uomini, non amebe, culture reali, forti, caratterizzate, non pezzi di plastica standardizzati in serie. E il risultato erano creazioni culturali, tipi antropologici e modelli originali, con elementi precedenti e con sviluppi peculiari nuovi.

                Ciò che accade oggi non c’entra assolutamente nulla con tutto ciò. Ciò che accade oggi è che si va verso un unico tipo umano mondiale, scialbo e identico dappertutto, privo di ogni caratterizzazione.
                E non parlo solo di comunità, ma anche di individui: l’invidualismo moderno ha prodotto uomini tutti uguali. Basta parlare con persone di una certa età e si nota come l’umanità fino a pochissime generazioni fa era fatta di invidui caratterizzatissimi, spesso eccentrici, ognuno con le sue stranezze, le sue peculiarità, che a volte prendevano forme estreme, ai limiti del grottesco.
                Non solo il mondo era una tavolozza multicolore di comunità e culture diverse, ma ogni gruppo umano era a sua volta una tavolozza variopinta di personaggi uno più suggestivo e interessante dell’altro (comprese le bassezze, le grettezze, anche le malvagità, che però erano caratterizzate anch’esse, definite, a tinte forti).
                Tutto questo c’entra pochissimo con una sorta di conservazione in virtro plurimillenaria di comunità chiuse datesi una volta per sempre, che non penso siano mai esistite.

                Mi chiedo come possa sfuggire lo stacco radicale, ontologico creato dal consumismo moderno e dall’omologazione mondiale di massa e come si possa confonderlo o accomunarlo con la matassa intricatissima delle interazioni e vicende storiche di tutte le società preindustriali del passato.

              • Peucezio scrive:

                Poi, certo, ritengo che gli apporti etnici del passato siano sovrastimati dal senso comune e anche dalle fonti storiche, rispetto a quello che ci dice il DNA.

                Ma restano le influenze culturali.
                La Puglia neolitica era diversissima da quella dell’età del Bronzo, che era diversissima da quella degli Japigi, che era diversissima da quella romana, che era diversissima da quella altomedievale, che è diversissima da quella bessomedievale, poi moderna e così via.
                Malgrado sul piano etnico credo che gli apporti ci siano sì stati, ma non in misura tale da stravolgere completamente il quadro etnico e genetico più antico.

              • Peucezio scrive:

                Circa poi la politica razziale del fascismo, lì s’incrociavano molte cose.
                C’era un sentimento nazionale collegato al retaggio romano, che, a partire dal periodo dell’alleanza più stretta con III Reich, viene a confondersi con la questione razziale, più per imitazione che altro.
                Il fatto è che
                1) il razzismo hitleriano era un po’ un miscuglio di naturalismo darwinista ottocentesco (risibile) e di complottismo antisemita (legato invece a ragioni più sostanziali, che però avevano a che fare con sistemi e logiche di potere, non certo con Darwin e la selezione naturale);
                2) questo strano miscuglio in Italia è andato a sua volta a contaminarsi con l’idea della romanità interpretata in chiave indoeuropea (quindi “ariana”, che in realtà non vuol dir nulla), come se
                a) gli italiani discendessero dagli indoeuropei e non da un miscuglio di autoctoni con immissioni “indoeuropee”,
                b) esistesse un popolo e una razza indoeuropea: chi ha indoeuropeizzato l’Italia erano a sua volta gli ultimi indoeuropeizzati di origine balcanico-danubiana, diversi comunque razzialmente e geneticamente, molto probabilmente, dal popolo che originariamente parlava il proto-indoeuropeo e i suoi dialetti (basti pensare che i primi erano prevalentemente brachicefali, mentre gli uomini della cultura dei Kurgan erano dolicocefali),
                c) i romani, che erano poche famiglie di pastori, fossero la base etnica degli italiani attuali.

                Io credo che in tutto questo guazzabuglio culturale fondato praticamente solo su fraintendimenti, confusioni di piani ed estensioni del tutto indebite si salvasse l’intento di fondo, che era quello di valorizzare il sentimento nazionale e il principio per cui un popolo, oltre che di cultura, è fatto anche di sostrato biologico, oggi diremmo di DNA e di fenotipo. Allora poteva risultare un guazzabuglio indigesto; di fronte al perbenismo antirazzista di oggi, che ammanta di buoni sentimenti umanitari un piano di distruzione di tutto ciò che è umano e autentico, ogni discorso teorico razzista è aria anticonformista e salubre.
                Il che non ha niente a che fare col razzismo spicciolo nei comportamenti e nelle interazioni umane, che spesso è invece il più detestabile disprezzo verso i più deboli e poveri.

              • PinoMamet scrive:

                “Quello che mi meraviglio sempre che non cogliate – e questo davvero mi sorprende molto: sia perché l’ho scritto tante volte, ma anche perché mi pare evidente a prescindere da ciò che posso scrivere io – è lo scarto qualitativo sostanziale, abissale fra gli scambi, le interazioni, le stratificazioni e gli apporti di tutte le epoche storiche passate, dalle più dinamiche e turbolente alle più statiche, e il rullo compressore di oggi.”

                Questo mi sembra il punto principale, quindi mi focalizzo su questo e non sul resto dei tuoi interventi interessanti (e che condivido anche in buona parte).

                ma, credimi, non è che non cogliamo il punto;

                il fatto è che secondo me (e credo anche secondo Mirkhond se interpreto bene il suo pensiero) mentre tu forse sottostimi l’entità degli apporti “alloctoni” di ieri
                (ma non importa, facciamo pure media tra la nostra posizione e la tua 😉 )

                forse dai troppa importanza a una presunta diversità che avrebbero gli apporti stranieri attuali.

                In parte capisco la tua preoccupazione
                (quante volte ti ho detto che mi mettono tristezza i vari personaggi “esotici” completamente uniformati alla peggior cultura americana di importazione? che mangiano schifezze, si travestono da rapper, parlano mezzo inglese ecc.)

                ma è una preoccupazione puramente culturale, che da parte mia non ha nulla di legato alla genetica o ai fenotipi.

                Del resto, come forse Mirkhond e io stimiamo troppo grande l’apporto straniero del passato, in genere gli italiani tendono a sovrastimare la presenza straniera oggi.

                Le cifre sono importanti, è vero, ma non tali da presentare uno stravolgimento “razziale” della popolazione italiana;

                che poi, essendo una tra la più varie geneticamente e fenotipicamente dell’Europa occidentale- che forse equivale a dire del mondo, tolti i paesi nati come ricettacolo di immigrati come USA e Brasile…- è anche tra quelle che non hanno da perdere una qualche omogeneità di partenza…

                da questo punto di vista ti facevo presente che, se ti piace la varietà, beh, allora ben venga l’immigrazione (naturalmente scherzavo un po’ ben conoscendo il tuo punto di vista).

                In realtà penso che per numeri e per capacità culturale residua l’Italia possa ancora (ma con uno sforzo cosciente…) “italianizzare” e omologare al suo interno, per mentalità e per così dire ethnos, i nuovi arrivati.

          • Francesco scrive:

            però un “italiano” l’antipatia per i tedeschi ce l’ha nel sangue, un africano o latino-americano non credo proprio

            la cultura è una cosa che agisce nel profondo, anche tra gli ignoranti

          • Z. scrive:

            Ezio,

            — Guarda che in Italia gli immigrati extraeuropei non esistono. —

            Seh, vabbè 🙂

    • Francesco scrive:

      Duca,

      bella domanda, che mi ha messo molto in crisi. Meglio di Salvini?

      1) la salma di Berlusconi ma i morti non governano bene.

      2) Giorgetti forse ma sospetto che reciti una parte e sia un salviniano.

      3) Monti mi ha molto deluso però certo è meglio di Salvini ma sarebbe insufficiente.

      4) mi resta sempre la speranza della Troika come Podestà forestiero.

      5) Renzi si è mostrato una nullità …

      Tu hai in mente qualcuno?

      Ciao

  12. mirkhond scrive:

    Chi potrebbe nel concreto attuare questo programma?
    Purtroppo i verdi non hanno preso molti voti.

  13. mirkhond scrive:

    Peucezio

    “Allora poteva risultare un guazzabuglio indigesto; di fronte al perbenismo antirazzista di oggi, che ammanta di buoni sentimenti umanitari un piano di distruzione di tutto ciò che è umano e autentico, ogni discorso teorico razzista è aria anticonformista e salubre.
    Il che non ha niente a che fare col razzismo spicciolo nei comportamenti e nelle interazioni umane, che spesso è invece il più detestabile disprezzo verso i più deboli e poveri.”

    Le cose non sono sempre così distinte nel sentire comune.

    • Francesco scrive:

      in effetti nessuno spreca tempo a fare discorsi teorici razzisti (credo tutti tranne uno abbiano capito che è solo aria fritta e tempo perso) mentre il razzismo spicciolo abbonda!

      • Francesco scrive:

        però una domanda razzista me la pongo: c’è un rapporto tra “originali” e “nuovi” al cui raggiungimento i problemi diventano ingestibili?

        perchè io accuserei i “buonisti” di fingere che l’unico problema sia la paura degli ignoranti nei confronti dei nuovi e il Salvini che ne approfitta

        ciao

  14. Peucezio scrive:

    Pino,
    sulla religiosità della Lombardia,
    pensavo comunque a qualcosa di minoranza, legato alle classi dirigenti, più che di massa: da quel punto di vista direi che l’industrializzazione degli anni ’60-’70 e poi la terziarizzazione degli anni ’80 hanno già fatto tutto, anche più velocemente che altrove.

    Sull’Emilia, scherzavo ovviamente.
    Le vostre città d’arte sono comunque importantissime: non è che Bologna o Parma siano da meno di Mantova o Pavia.

    Ma invcece, al di là delle valutazioni oggettive, come gusto personale, come mai ti piace così poco Milano e la Lombardia?

  15. Peucezio scrive:

    A proposito di verdi ed ecologismo, mi viene in mente una considerazione che piacerà a Miguel.

    Va bene, mettiamo pure, come dicono alcuni anti-ecologisti, che il cambiamento climatico non abbia cause antropiche.
    Ma se davvero rischiamo di desertificare mezzo pianeta e di trovarci a mollo nell’altro mezzo a causa di un fenomeno naturale (non sarebbe la prima volta), non è il caso comunque che prendiamo SERIAMENTE tutte le misure possibili per impedirlo o almeno atuttire l’entità del problema? Ancora di più, se è un fenomeno naturale, che quindi può avere proporzioni impensate.
    Io, se pensassi che sta per venire una nuova era torrida, starei cacato in mano!

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Peucezio

      “A proposito di verdi ed ecologismo, mi viene in mente una considerazione che piacerà a Miguel.”

      Grazie 🙂

      Riflessione sulla questione “civiltà-ecologismo”.

      In questi giorni mi trovo a fare lezioni d’inglese a un ragazzo di diciott’anni. Di famiglia benestante, ha lo smartphone, fa viaggi in aereo, però si pone un sacco di problemi, con molta intelligenza, sui consumi, su ciò che c’è dietro l’abbondanza delle merci, sugli sprechi, e sta in qualche modo imparando quella che forse è la base della civiltà: il senso del limite.

      In modo più marcato, lo vedo con i miei figli: che si pongono sempre un limite su tutto, o comunque capiscono quando gli si fa notare, o ci arrivano da soli, o lo fanno notare in modo gentile anche a me.

      Ecco, per riconciliare Blondet a Greta :-), forse la Civiltà è proprio questo, l’arte di sapersi dare dei limiti e della disciplina, rispetto ai desideri.

      E la questione “ambientale” ci pone in ogni momento, in ogni azione, la necessità di limiti e di etica.

      • Peucezio scrive:

        D’accordo, ma su questo tema sembra che io non possa fare a meno di llevarte la contraria: le persone che citi, in particolare poi i tuoi figli, essendo stati allevati da voi, sono l’esmpressione più positiva di ciò, ma al di là dei singoli casi, io in questa cosa dei limiti e della disciplina ci vedrei in teoria qualcosa di positivo (nelle società tradizionali è ben chiaro e forte il senso del limite e della disciplina, della finitezza delle risorse, della temperanza nei comportamenti, ecc.), ma nella declinazione giovanile attuale invece, francamente – con tutte le eccezioni del caso, ripeto – ci vedo solo l’interiorizzazione ancora più profonda di una forma di repressione che ritengo insana e che è la cifra, a mio avviso, delle generazioni recenti (col solito spartiacque del Sessantotto).

        In questo periodo, ancora più del solito, sono molto assorbito dal tema dell’antropologia delle persone delle vecchie generazioni (di ceto popolare; i borghesi in parte erano già repressi prima del Sessantotto, che ha borghesizzato l’intera società e in misura mai sperimentata nella storia); insomma, era gente che capiva benissimo che il vino con cui si ubriacava si pagava, che non era infinito, che si faceva con l’uva che va pianatat, fatta crescere, ecc. Però si ubriacavano! E avevano una loro profondissima libertà interiore. Che forse non avevano i loro nonni, cresciuti davvero nell’indigenza e nella scarsità. A un certo punto, specialmente nel centro-nord, si è prodotta un’umanità peculiare (che comunque ha antecedenti nell”800 e anche più antichi), che aveva tutta la vivacità e la forza del retaggio popolare tradizionale italiano, ma si era liberata da pochissimo, a causa dell’evoluzione sociale ed economica della società industriale di quegli anni, di una serie di vincoli che ne trattenevano le potenzialità.
        Io credo che tale generazione (ripeto, parlo solo di ceti popolari e di alcuni piccolo-borghesi antropologicamente più popolari che borghesi) e tale peculiare momento storico andrebbero studiati e approfonditi nella loro specificità e nella loro vivacità antropologica e culturale.

        Ora, le generazioni successive mi sembrano meno dell’ombra pallida di tutto ciò e credo (forse sono troppo pessimista; tu ci vedi invece i semi di una sorta di palingenesi positiva) che il recentissimo ecologismo giovanile di matrice gretiana sia un passo in più verso un’umanità ancora più repressa e nello stesso tempo esangue e priva di ogni estro e vitalità.
        Malgrado ciò non ho disistima totale verso le ultime leve: rispetto per esempio alla mia generazione, che è stata forsa la peggiore, insieme a quelle nate pochi anni prima, diciamo a partire dai ’50-’60, questi, nella loro moscezza, hanno il pregio di essere estremamente miti e inoffensivi. E non è cosa da poco.
        Però sono terribilmente noiosi e amorfi. E se interiorizzano il limite come orizzonte esistenziale, io temo che, lungi dal diventare una riedizione di uomini tradizionali col senso della terra, delle risorse, della natura, ecc., diventino semmai dei repressi all’ennesima potenza, portatori di una visione triste e afflittiva dell’esistenza.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Peucezio

          “Però sono terribilmente noiosi e amorfi. E se interiorizzano il limite come orizzonte esistenziale, io temo che, lungi dal diventare una riedizione di uomini tradizionali col senso della terra, delle risorse, della natura, ecc., diventino semmai dei repressi all’ennesima potenza, portatori di una visione triste e afflittiva dell’esistenza.”

          In un certo senso, ti rispondi da solo.

          La gente si è distaccata dalla vita e dalla terra, e quindi diventa “esangue”.

          Posso condividere la simpatia per il contadino che sapeva che piantar l’uva costava fatica, ma si ubriacava.

          Però quel mondo è morto, e attaccandosi ai morti, anche ai migliori, si diventa vampiri.

          Abbiamo davanti a noi solo l’umanità che abbiamo realmente, che è stata forgiata da auto, aerei, cemento, televisioni prima e smartphone poi, che ha i polmoni pieni di particelle di non si sa cosa, che la natura l’ha vista nei documentari: insomma il mondo che la nostra generazione (sommando la tua alla mia) ha creato per loro.

          Due certezze:

          – viviamo in un momento decisivo della storia umana, anzi della vita sul pianeta, qualcosa di molto più significativo di Waterloo o Stalingrado

          – la gente che dovrà viverlo è questa e nessun’altra.

          • Miguel Martinez scrive:

            Parafrasando gli ecologisti, “non c’è un’umanità B” 🙂

          • Peucezio scrive:

            Beh, ma appunto.

            Se mi chiedono: aggiungiamo ulteriori elementi di autorepressione e autolimitazione a quest’umanità che abbiamo o cerchiamo semmai di battere sul pedale di far emergere quelle componenti di vitalità che pur devono avere, almeno appunto finché sono vivi ( morti sono morti e vabbè)? Io rispondo la seconda.

            Tu dici: “ma io mi preoccupo per il pianeta”.
            Ma siamo sicuri che l’unico modo per far sopravvivere il pianeta sia creare un’umanità di repressi, che si nutrono di divieti?

            E’ curioso. Tu, se ho ben capito, non hai mai voluto leggere Freud. Ma Freud è uno di quegli autori fondamentali per capire l’umano: se ha influenzato fin nel midollo tutto il pensiero successivo, nel bene e nel male, forse vuol dire che qualche intuizione ce l’ha avuta. Da relativizzare, contestualizzare, correggere finché vuoi. Liberissimo di non leggerlo mai, ci mancherebbe, ma io non posso evitare di riferirmici, perché è davvero fondamentale.

            Freud interpretava la repressione, cioè il Super-Io, introiezione delle istanze paterne e del principio di autorità e, al tempo stesso, origine della nevrosi, come tributo inevitabile alla civiltà. Poi lui, con la sua terapia psicoanalitica, doveva, negli intenti, correggerne gli aspetti più estremi e non adattivi in modo da riportare le nevrotiche (in genere erano donne borghesi viennesi represse e affette quindi da isteria) nell’alveo di una funzionalità compatibile e di una vita magari non felice, ma accettabile.
            Chiaramente si confonde qui il principio di autorità paterna e famigliare in genere, che c’è dalla notte dei tempi, con le nevrosi della modernità borghese e tecnologica, insomma, è un modello interpretativo più che perfettibile.
            Però è interessante come la repressione borghese, rispetto al vitalismo dell’umanità popolare d’Ancien Régime, venisse interpretata dagli intellettuali di quell’epoca (ma anche successive: c’è la Scuola di Francoforte, che poi l’ha frainteso facendo danni ed eliminado il meglio mantenendo il peggio) come legata all’alienazione della società tecnologica, rispetto a un mondo passato di armonia con la natura.

            Oggi lo schema è capovolto: sono i “naturalisti” a voler erigere un mondo di barriere, divieti, inibizioni, interdizioni.
            Mi chiedo se possa fuzionare una cosa così.
            Cioè cosa possa venire di buono e di sano da un’umanità di nevrotici repressi. I repressi per definizione (Freud parla anche di istinto di morte come base del Super-IO e si rifà anche a Schopenhauer, dimenticando, stranamente, Empedocle) sono distruttivi. E lo hanno dimostrato in questi ultimi due o tre secoli: se stiamo combinati così è per colpa loro, mica degli Indiani d’America. E ora dovremmo affidare ai nuovi borghesi repressi la salvezza del pianeta? Posso dirmi molto preoccupato per le prospettive imminenti del paziente…?

            Un’umanità ferina va a caccia, uccide gli animali anche in modo feroce, ma alla fine l’equilibrio naturale rimane preservato. Questi che abbracciano gli alberi (l’ultima che ho sentito è la moda di andare in vacanza in campagna a “coccolare le mucche”, sic! Che è bello e istruttivo, come avrebbe detto Guareschi, anche perché così si diventa vegani, perché con che cuore dopo ti mangi l’animale che hai coccolato) dovrebbero salvare il pianeta?
            Ma se non sono nemmeno capaci di sterminare qualche specie invasiva spostata dall’uomo da un continente all’altro in aereo per divertimento e che poi minaccia di sconvolgere gli equilibri di un ecosistema, facendo estinguere decine di altre specie, ecc. ecc., perché sono esseri viventi e secondo loro non è etico ucciderli?

            Continuo a pensare che, se mai qualcuno salverà il pianeta, sarà qualche grigio scienziato finanziato miliardi da ancora più grigi alti funzionari di stato (o privati di altissimo livello), che hanno capito che se va tutto a puttana vanno a puttana anche loro e sono gli unici che hanno le leve per poter intervenire davvero su larga scala.

            • PinoMamet scrive:

              Coccolare le mucche??

              Ma l’hanno mai vista una mucca da vicino, almeno?

              • Z. scrive:

                Secondo me Ezio ha ragione: come sappiamo tutti, le mucche si coccolano, sono tenerelle e materne e sorridono tanto a tutti i bambini buoni.

                Le vacche invece sono animali da stalla da cui si ricava il latte e la carne 🙂

        • Simone B. scrive:

          Troppa cupezza.

          Al carnevale segue la Quaresima ma dopo, finalmente c’è Pasqua ed il mega ponte 25 aprile/San Lucchese/ 1 maggio.

          Passerà anche questa cupa moda descrescista come passò la moda savonaroliana dei Piagnoni; vinsero per fortuna gli Arrabbiati.

          Verrà un tempo in cui verrà giudicata come folle la trecciuta inchiavabile ??

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Sì, poi non ho ancora capito quell’accalcarsi sulle scialuppe del Titanic…

            • Peucezio scrive:

              Quindi è colato a picco per colpa di quelli che si accalcavano sulle scialuppe, non del capitano e dei manovratori…

              U pèssce fète sèmbe da la cape.
              Ma le classi egemoni devono sempre inculcare il senso di colpa nella popolazione.

              • Z. scrive:

                Ezio, io già faccio il traduttore di Moi. Se devo tradurre anche MT, posto che ce ne sia davvero bisogno (e non mi pare) allora facciamo un contratto ad hoc 😀

              • Peucezio scrive:

                “Il pesce puzza sempre dalla testa”.

                Ma non s’intuiva?
                Insomma, io devo capire il barbaro e voi non capite un semplice dialetto romanzo? 🙂

              • Z. scrive:

                Ezio, non ci siamo capiti mi sa 🙂

  16. daouda scrive:

    Mi pare di aver capito che secondo MM l’antirussismo per via del bolscevismo, forgiato dai paleo conservatori, suprematisti bianghi o libertariani nella salsa anglosassone , sia giunto qui.

    Evidenetemente io ne sarei un esponente e publicizzatore.

    Eppure c’è qualcosa che stona in tutto questo perché proprio nelle zone da cui ciò si sarebbe immerso nella ridanciana Idalia, i fautori di tale narrativa erano comunisti essi stessi.

  17. Peucezio scrive:

    Pino,
    ti rispondo qui per praticità.
    In realtà condivido sistanzialmente tutto quello che hai detto sull’immigrazione.
    E infatti non la ritengo il problema principale.
    E non penso nemmeno ci sia una distanza culturale siderale fra noi e gli immigrati. Diciamo fra la nostra e le loro culture tradizionali o anche relativamente recenti.

    La mia critica all’immigrazione è la più generale critica all’intercambiabilità consumistica degli uomini, al modello per cui fra un po’ davvero ognuno nascerà in un posto quasi per caso, identico ad altri mille nel mondo, da genitori di provienienze disparate, ma anch’esse identiche fra loro, un po’ come succede oggi negli USA (ma sempre più anche nelle élite europee).
    In questo senso l’immigrazione che c’è stata finora in Italia è pericolosa per ciò che può diventare in prospettiva e per il modello che c’è dietro, ma in sé la sua pericolosità va molto ma molto ridimensionata,
    1) perché la cultura tradizionale italiana è già stata devastata,
    2) l’entità dell’immigrazione, come hai detto giustamente, non è ancora travolgente,
    3) perché fino ad ora si tratta di popoli ancora con una loro identità, non una massa anonima e anonimizzante, che, a loro volta, nelle generazioni successive, tendono molto a italianizzarsi, di solito secondo le caratteristiche delle aree regionali in cui crescono.
    Quindi credo siamo sostanzialmente d’accordo sulla faccenda.

    Mi spiace solo, in prospettiva, la perdita di specificità etnico-razziali, che, anche se suona una parolaccia, per me hanno un loro valore anche quelle, anche se secondario rispetto ai dati culturali. Ma bisogna anche dire che quella è già stata compromessa profondamente e irrimediabilmente, almeno nel centro-nord, dalle migrazioni interne novecentesche.

    • Francesco scrive:

      Stai dicendo che un texano e un bostoniano sono uguali???

      • Peucezio scrive:

        Francesco,
        i cozzali forse no. I borghesi sì. Anzi, ormai sono quasi uguali in tutto il mondo! Beh, no, per quello ci vuole ancora un po’, ma negli utlimi anni l’accelerazione è stata forte.

        • Francesco scrive:

          sia che non ne sono affatto convinto? perchè sono i borghesi a dare forma alle società, mica i cozzali

          quando i borghesi di Napoli erano uguali ai borghesi di Parigi, anche le idee dominanti nelle due città erano le stesse

          invece il Texas è un modello alternativo di società rispetto al Massachusetts, quindi sono ancora ottimista

          del resto, dopo 5 minuti che sei a Roma vuoi tornare a Milano perchè … è diversa!

        • Roberto scrive:

          Tendo a vederla come francesco. E, per il poco che ho visto, anche lasciando da parte il centro degli USA che è un mondo a parte, le grandi città sulle due coste hanno delle differenze talmente evidenti che sono facilissime da cogliere anche durante brevi soggiorni

          • PinoMamet scrive:

            Vabbè, ma è logico, pure da noi in Italia basta spostarci 10 chilometri e cambia mentalità…

            però, però: ha ragione anche Peucezio quando dice che si sta diffondendo sempre di più un tipo di persone standardizzato, omologato, identificabile ovunque dai suoi rapaci venditori di robe.

            Certo ci sono ancora delle differenze tra una parte e l’altra degli USA, ma ci sono anche migliaia di italiani, come di australiani e di francesi, che ridono alle stesse battute e agli stessi “meme” che non sono solo di stampo americano, ma fanno proprio riferimento a idee, concetti, oggetti statunitensi e pensati, fondamentalmente, per essere statunitensi e basta.
            Il famoso imperialismo culturale.

            A me fanno un po’ tristezza per esempio quegli (stavo scrivendo adolescenti; ma ormai direi dai quarantenni in giù) che fanno le battute su Spiderman o su qualche altro supereroe di cui non so niente, non se avete presente?

            Perché se fai una battuta su qualcosa, vuol dire che ti è famigliare, che fa parte del tuo universo, che puoi facendo dell’ironia su questa cosa puoi permetterti di fare autoironia, insomma, è una parte di quello che sei.

            e questa parte, a cui sei affezionato, è stata creata senza averti in mente neanche per un secondo, ma avendo in mente un adolescente di Cleveland.

            • Z. scrive:

              Ogni volta che vi loggate sul Tomo de’ Ceffi state dando il vostro contributo, piccolo ma non di meno rilevante, a questa forma di imperialismo (perché in effetti di questo si tratta, di imperialismo).

              Disengage, go rogue, go underground, per dirla con gli Yanquis 🙂

              • Francesco scrive:

                e se fosse una adunata, una chiamata alla armi, un uniamoci a coorte, per provare a resistere all’invasione cinese prossima ventura?

                sulla Rete, intendo

              • Z. scrive:

                Certo Francesco, sicuramente 😀

            • Francesco scrive:

              Pino

              ma se TU che sei strano a non conoscere l’Uomo Ragno e Nembi Kid, che sono tra noi da decenni e decenni!

              Io piuttosto piangerei perchè non è più tra noi Coccobill!

              ciao

              • PinoMamet scrive:

                Ma no Francesco, io li conosco, come tutti, e anche Cocco Bill
                (se vuoi posso metterci un carico con Alonso Alonso, detto Alonso, e con Zorry Kid…)

                mi dà fastidio il fatto che siano diventati un po’ il modello unico, una cosa che tutti danno per scontata, e non solo Superman e Batman, ma anche perfetti sconosciuti come la Lanterna Verda o Silver Surfer…

                tutti ne parlano come di famigliari stretti, o come se avessero davvero un peso particolare per la loro crescita, quando invece li hanno scoperti ieri, esattamente come me.

                In compenso non conoscono più Fantozzi e Mario Brega, o Abantuono che fa il settentriunale al ciento pe’ ciento, e permettimi… quello era il nostro immaginario.

                Mi sento scippato del mio immaginario autentico, e sostituito da una fotocopia di plastica che non mi riguarda.

                Come negli incubi di un mio amico sinofobo, dove pensa che un giorno finirà per essere sostituito da una controfigura cinese, col suo nome e indirizzo, ma cinese.

                Solo che i cinesi queste cose non le fanno, non da noi perlomeno.
                Fanno il dumping industriale.

                Gli americani fanno il dumping culturale…

              • Francesco scrive:

                e uno come me che è cresciuto con Jacovitti E Topolino, con I Fantastici Quattro E Fantozzi, con Guerra d’eroi E Lando?

                volendo, con Jack London E Emilio Salgari? Attila Flagello di Dio E Goldrake? Ken il Guerriero E Don Camillo?

                dove devo mettermi, io?

                🙂

          • Peucezio scrive:

            Francesco,
            ma credi che il popolino parigino e quello napoletano fossero simili?

            Io comunque non parlo di ipotesi o ricostruzioni, ma di cose che osservo.
            I ragazzi di Bari Vecchia sono ancora fortemente baresi e diversissimi da napoletani, romani, milanesi, ecc.
            E così i popolani napoletani, le ragazzine romane tamarre, ecc.
            Un discorso a parte riguarda Milano, dove ormai il sottoproletariano non ha nessuna caratterizzazione.
            Mentre invece i ceti istruiti baresi ormai danno luogo a un tipo umano quasi uguale a quello dei loro omologhi napoletani, romani, milanesi, ecc.
            E quando le differenze di classe erano più accentuate, la differenza era ancora più forte.

            • Francesco scrive:

              >>> il sottoproletariano non ha nessuna caratterizzazione.

              beh, veramente quando vengono in centro si riconoscono a kilometri di distanza! o non ho capito cosa intendi?

              ciao

            • Francesco scrive:

              i ceti istruiti romani e milanesi manco si sopportano, figurati se si confondono!

              😉

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Peucezio

      “La mia critica all’immigrazione è la più generale critica all’intercambiabilità consumistica degli uomini, al modello per cui fra un po’ davvero ognuno nascerà in un posto quasi per caso, identico ad altri mille nel mondo, da genitori di provienienze disparate, ma anch’esse identiche fra loro, un po’ come succede oggi negli USA (ma sempre più anche nelle élite europee).”

      Con me sfondi una porta aperta.

      Ma perché gli USA sono così? E’ un errore pensre che lo siano sempre stati: lo dimostra ad esempio la sopravvivenza negli Stati Uniti delle comunità ebraiche più “conservatrici” del mondo.

      Gli USA sono così innanzitutto a causa della grande rivoluzione automobilistica degli anni Venti, della creazione degli “shopping mall”, dell’industrializzazione dell’agricoltura.

      Le migrazioni di piccoli umani sono solo un sintomo di movimenti molto più grandi di loro: gli omini corrono dietro alle navi, agli aerei, alle merci, al denaro, alle autostrade e alle cielostrade, nonché – da qualche anno – delle infostrade.

      Bisogna stabilire innanzitutto la gerarchia dei fenomeni: 1,4 miliardi di turisti si sono mossi la scorsa estate; e certo, dietro a loro, anche una scia di peruviani qui a Firenze che corrono di qua e di là per fare le pulizie nei bed&breakfast.

      Avranno pure loro, il loro impatto, ma non sono nulla rispetto ai turisti che servono.

      Il problema delle migrazioni esiste eccome; ma qualsiasi discorso che non le metta in prospettiva è menzognero.

      • PinoMamet scrive:

        Lo so che è un microaspetto, non lo propongo mica come spiegazione, e neppure come esempio universale e chiarisci-tutto;

        ma io sono (ero) appassionato di pesca sportiva.

        Ora, un po’ in tutto il mondo si pesca col galleggiante, i piombi, le esche naturali; in alcune regioni montuose o particolari (Piemonte, Pirenei, Scozia ecc.) è diffuso l’uso di “mosche” fatte di piume, che attirano specialmente trote e simili.
        Gli inglesi, classisti, hanno reso quest’ultimo tipo di pesca un vero e proprio culto e simbolo di classe (anche perché lassù i fiumi sono privati e per pescare bisogna pagare una quota), e lasciando la pesca col galleggiante alla classe lavorativa.
        (“Game fish” sono salmoni, trote, temoli… “coarse fish” tutti gli altri).

        Sembra ‘na scemenza, lo so, ma The compleat (sic) angler, un bucolico trattato secentesco di pesca, è tuttora uno dei libri più venduti (e meno letti, si dice) del mondo di lingua inglese (in realtà parla di pesca comune, ha anche un’appendice sulla pesca a mosca),

        Negli USA?
        Beh, negli USA la pesca più diffusa è quella con esche artificiali: di plastica. Grossi aggeggi fatti in serie, coloratissimi, armati di grosse ancorette, fatti per attirare l’occhio del compratore prima e più di quello del pesce, le cui vendite- da tempi ormai remoti!- sono affidate a campagne di marketing mirate.
        Ovviamente l’approccio anche antropologico, per così dire, del pescatore USA è diverso da quello pacifico e contemplativo del collega europeo, e la sua somiglia più a una battuta di caccia, con aggressivi lanci e rilanci del suo attrezzo che, letteralmente, àncora il pesce (ovviamente solo pochi predatori sono attratti da quel tipo di esche) e lo trascina via. Poi ti vendono anche il localizzatore sonar per scovare dove stia il pesce (davvero, non me lo invento) in modo che tu possa abbandonare tutto ciò che è “boring” (che poi è il fascino della pesca: stare due orette in silenzio nella natura) e avere solo il “fun”.

        Come non essere diffidenti verso gli USA?

        Ma come nel caso dell’imperialismo inglese, i poveri americani

        -che tutt’insieme, tra olandesi del New England, svizzeri e renani amish, cajun francofoni, “indiani civili” e non, creoli della Lousiana e della Georgia, ispanofoni della California e del Texas ecc., sarebbero un bel gruppone di popoli strani e simpatici-

        i poveri americani sono stati le prime vittime degli USA e del suo sistema- direi anni Venti? (rileggo, e vedo che anche tu parli degli anni Venti)- di cataloghi postali, villette suburbane e ford nere.

      • Peucezio scrive:

        Cazzo, ma quand’è che qualcuno scrive o traduce in italiano una storia sociale degli Stati Uniti!
        Sono interessantissime (come sempre) le cose che raccontate!

        Anzi, più in generale, perché di ogni posto non si scrivono tanti libri di storia sociale? D’accordo la storia politica, militare, istituzionale, ecc. ecc.
        Ma cosa c’è di più interessante della storia sociale??

      • Peucezio scrive:

        Miguel,
        nel caso degli USA potresti farlo tu!
        Ma non un manuale organico e completo, non dico questo.
        Ma uno schizzo, un bozzetto, qualcosa fra il saggio, il romanzo, il libro di ricordi, gli appunti di viaggio, l’autobiografia famigliare, magari fatto di racconti o saggi separati, ognuno su un argomento, senza pretesa di esaustività, ma, anzi, con la suggestione di chi affronta argomenti in modo disorganico, ma con acume, originalità e suggestione.

        Il mio destino è essere circondato da persone che sfruttano una piccola parte delle loro potezzialità. 🙁 🙁

        Pino poi è un altro campione. Potrebbe lasciare un patrimonio di testi che facciano comprendere davvero la storia, la cultura, la mentalità e la società emiliana e, per molta parte, dell’Italia in genere a cavallo fra Novecento e XXI secolo, in un modo in cui nessuno l’ha mai fatto finora.
        Pur non disponendo magari degli strumenti metodologici più strettamente specialistici in ognuno di questi campi, è un fine sociologio, storico, dialettologo, antropologo, ecc. ecc. ecc.
        E non lo fa…

        State scippando l’umanità di una grande ricchezza culturale e di un piacere dello spirito, sappiatelo!!! Siete colpevoli!!! 😛

  18. mirkhond scrive:

    “i romani, che erano poche famiglie di pastori, fossero la base etnica degli italiani attuali.”

    Quello che mi sorprende sempre di Roma, ma in genere di casi simili, è come un piccolo popolo sia riuscito a diffondere la propria lingua in un’area vastissima e in epoche in cui non esistevano le scuole di massa e i mass-media.
    E mi sorprende anche se penso che, malgrado qualcuno sostenga il contrario come in Francia, Roma non impose mai la propria lingua ai popoli sottomessi (imposizione che sarebbe stata impossibile in epoche premassmediatiche e di scolarizzazione elitaria).
    Si accenna allora alla leva e alla lingua comune che sarebbe stata resa obbligatoria per i legionari. Ma allora in tutta la Romània si sarebbe dovuto parlare Latino, mentre le aree orientali mantennero le loro lingue preromane, compresi evidentemente, i legionari provenienti da quelle aree.
    Diversamente Eraclio (610-641 d.C.) non avrebbe potuto facilmente sostituire il Romaico al Latino, come nuova lingua ufficiale di ciò che restava della Romània.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Mirkhond

      “Quello che mi sorprende sempre di Roma, ma in genere di casi simili, è come un piccolo popolo sia riuscito a diffondere la propria lingua in un’area vastissima e in epoche in cui non esistevano le scuole di massa e i mass-media.”

      Peter Heather, che credo sia il più aggiornato in materia (un gigante sulle spalle di giganti) dice che ci fu una corsa in tutto l’Occidente a “romanizzarsi” per motivi sostanzialmente di prestigio: fare un teatro, educare i propri figli alla conoscenza del latino e della poesia greca, finanziare spettacoli, vestirsi “alla romana”.

      Immagino che all’epoca i ceti vivessero molto più a contatto tra di loro, con la servitù che faceva a gara a copiare i padroni.

      Forse è più sorprendente la diffusione del turco in Anatolia, visto che non aveva il prestigio religioso dell’arabo o culturale del farsi.

      • mirkhond scrive:

        Sì, per quanto riguarda l’Occidente è comprensibile, se pensiamo che, tranne gli Etruschi, la Magna Grecia e le colonie punico-cartaginesi, si trattava di società barbariche.
        Mi meraviglia invece il crollo dell’Etrusco, lingua di una civiltà più antica e più evoluta di Roma, e a cui la stessa Roma delle origini dovette tantissimo.
        Perché l’Etrusco si estinse?
        Idem per la maggior parte della grecofonia della Magna Grecia (a meno di non considerare la tesi di Rohlfs).

        • PinoMamet scrive:

          Beh, io sono più rohlfiano in questo 😉

          per l’etrusco, credo che in quel caso potrebbe aver ragione Kalergi 😉 e si è trattato in buona parte di sostituzione etnica…
          altrimenti non saprei come spiegarlo, visto che per esempio il basco, altra lingua che non ha nulla a vedere col latino, si parla ancora oggi…

          • PinoMamet scrive:

            Comunque è curioso perché al massimo della loro espansione gli Etruschi andavano da Milano a Napoli… più di mezza Italia, mica brustulli direbbe Z. 😉

            e commerciavano, si stanziavano ecc. un po’ in tutto il Mediterraneo, avevano alleanze, facevano guerre in grande stile, erano una potenza insomma, mica quattro gatti.

            Però chissà, forse al loro interno gli Etruschi puro sangue erano pochini (la loro società stratificata con nobili, liberi, semiliberi, schiavi ecc. depone a favore dell’amalgama anche forzato di popolazioni diverse…)

            • Peucezio scrive:

              Mah, è che “Etruschi” in fondo non vuol dire granché.
              E’ come dire “turchi”: mica discendono dai turchi etnici, se non in piccola misura.
              Ma escluderei la sostituzione etnica, anche perché ancora oggi hanno un tipo somatico troppo caratterizzato. E poi c’è la peculiarità del toscano fra i dialetti italiani, il caratteristico temperamento… E l’apporto speciale dato in tutti i rami della cultura.
              No, lì c’è qualcosa.
              Gli Etruschi di questo qualcosa non solo la causa, ma l’esito.

              E la lingua si perde. L’hanno persa tutti tranne i Baschi. E i Baschi erano gli unici autoctoni più antichi, anche più antichi degli agricoltori neolitici. Ma gli Etruschi no, sono una civiòtà storica e l’Etrusco lì probabilmente si parlava da pochi secoli, difficilmente da prima dell’Età del Ferro.
              L’Etruria è un territorio aperto alle influenze esterne, anche per banali ragioni geografiche, non è come i Pirenei occidentali.

            • Peucezio scrive:

              Guarda, con tutta la venerazione che ho per Rohlfs, su sostrati e simili l’avesse ingarrata una volta!
              I Greci ininterrotti da quasi tremila anni, magicamente anche in territori in cui non erano mai andati, invece gli Etruschi chissà perché si sarebbero liquefatti nel nulla senza esercitare nemmeno la minima azione di sostrato.

              • PinoMamet scrive:

                Beh, ho detto che sono “più” rohlfsiano, non rohlfsiano in assoluto…

              • Peucezio scrive:

                Ma rohlfsiano rispetto ad altri (nel blogo o altrove) o più rohlfsiano che non seguace di altri autori? 🙂

              • PinoMamet scrive:

                Più rohlfsiano rispetto all’idea riportata da Mirkhond dell’estinzione della grecità magnogreca 😉

                iin effetti, arcaismi e dorismi mi pare proprio che ci siano, perlomeno nel greko calabro- il griko salentino mi pare più recente, vado a memoria- e poi i grecismi ci sono un po’ in tutti i dialetti meridionali.

                Per intenderci, io non credo alle “semplificazioni da Pro Loco”, tipo “siamo greci da 3000 anni”;

                prima di tutto, perché “essere greci” nel, mettiamo, 300 a.C. era una cosa piuttosto diversa da “parlare greco” nel 1000 d.C.;

                c’è stato un processo piuttosto complicato di ellenizzazione e direi spesso contemporanea romanizzazione e latinizzazione, in concorrenza, di popoli diversi, che potevano come non potevano avere antenati provenienti dal resto del mondo greco;

                più che ai napoletani-ateniesi trapantiati del compianto (poveretto, era comunque un personaggio simpatico e un grande comunicatore) De Crescenzo, penso a una situazione come quella americana, dove un tizio magari di cognome tedesco, nonno scozzese e bisnonno cherokee studia Shakespeare e si sente culturalmente anglosassone.

              • Peucezio scrive:

                PIno,
                avevo capito che il tuo rohlfsismo c’entrasse con la Toscana e il sostrato etrusco (che lui negava).
                Nei termini in cui hai posto la questione sono abbastanza d’accordo, anche se non mi è chiara la pertinenza dell’osservazine finale.
                Non penso che i grecofoni bizantini avessero tutta questa preoccupazione di rifarsi a un’identità greco-classica: erano cristiani, si consideravano “romani” (in questo Mirkhond ha pienamente ragione), capivano di essere distinti da saraceni, germani (se li incontravano), ma anche latini, perché parlavano diverso e questo era tutto.
                Ancora gli ultimi grecofoni spontanei non capivano la recente valorizzazione del loro dialetto, che consideravano una cosa da cafoni (nel senso di braccianti, di poveri).

                Distinguerei nettamente il caso Napoletano e più in generale delle grandi città del sud, che hanno sempre avuto ampi ceti colti, anche aristocratici e lì credo che davvero non si sia mai interrotto del tutto (magari un po’ nei secoli bui) il senso di una continuità culturale e storica con la classicità. Ma lì la lingua non c’entra.

              • PinoMamet scrive:

                “Non penso che i grecofoni bizantini avessero tutta questa preoccupazione di rifarsi a un’identità greco-classica”

                Ma infatti è quello che dico io, forse mi sono espresso male..

    • PinoMamet scrive:

      Per quanto riguarda l’Italia, direi che va tenuto presente che in gran parte del territorio si parlavano già lingue affini al latino;
      quando Roma diventa la città più prestigiosa (quasi già all’epoca di Alessandro Magno…) è probabile che perlomeno le classi dirigenti gravitassero già su Roma e fossero almeno bilingui osco/latino, umbro/latino ecc.

      Il successivo sistema di colonie “romane” e “latine”, con il loro miscuglio di popoli “italici” lato sensu che in qualche modo avranno pur dovuto capirsi, ha poi fatto il resto.

      Per la Gallia, ho visto un interessante filmatino in francese che afferma che è successa più o meno la stessa cosa: i Galli colti studiavano a Roma già prima di Giulio Cesare
      (io sapevo di sicuro che studiavano- come anche molti Romani- in greco a Marsiglia, ma una cosa non esclude l’altra…)
      e il latino faceva comodo per fare carriera una volta divenuta provincia romana
      (i Galli furono i primi non italici tra l’altro ad essere ammessi in Senato)

      anche in quel caso, gran parte della popolazione parlava lingue non così distanti (allora) da quelle italiche, il che senz’altro ha favorito l’apprendimento.

      • habsburgicus scrive:

        quando Roma diventa la città più prestigiosa (quasi già all’epoca di Alessandro Magno…) è probabile che perlomeno le classi dirigenti gravitassero già su Roma e fossero almeno bilingui osco/latino, umbro/latino ecc.

        premesso che
        1.su queste cose non si potrà mai avere assoluta certezza
        2.basta un ritrovamento fortuito di un’iscrizione per mutare considerevolmente il quadro
        3.la stessa evidenza oggi disponibili può essere interpretata in modi diversi e cronologicamente è soggetta molti casi a dispute
        ho letto che parte della ricerca più recente (in primis Henrik Mouritsen 1998) sostiene che l’Italia presentasse ancora alla fine del III secolo a.C un quadro di sostanziale diversità, financo linguistica, laddove in età ciceroniana (150-160 anni dopo) era senza dubbio unificata di massima….secondo questi studiosi, almeno implicitamente, la romanizzazione andrebbe posta solo nel II secolo a.C e ciò anche aiuterebbe a spiegare il crescente scontento degli Italici, che si romanizzavano [dopo Annibale] ma continuavano a essere tenuti al lato, donde l’appoggio italico a C. Gracco e più tardi l’immane crisi della guerra sociale (91/90-88 a.C)
        la vecchia Italia, dunque, finì veramente solo con Silla…allora Roma incominciò veramente a plasmare tutto e lo stesso etrusco morì entro l’inizio del I secolo d.C

        • Z. scrive:

          Pare sia stata ritrovata un’iscrizione in latino attestante il ruolo di Crasso.

          L’iscrizione indica “PR.TOR”, che secondo l’autorevole dottrina concorde del Cavazza e del Gamberini deve intendersi PROHIBITOR, vale a dire “stopper”.

          Meno univoca è la dottrina su Pompeo, presso il cui nome è annotato “LIB”. Il Cavazza ritiene che tanto valga a qualificarlo come libero, mentre per il Gamberini sarebbe abbreviazione per (AD) LIBITUM, così indicando che Pompeo poteva essere schierato in qualsivoglia ruolo.

  19. mirkhond scrive:

    “i Galli colti studiavano a Roma già prima di Giulio Cesare”

    Ti riferisci ai Galli a nord della provincia romana istituita nel 125-122 a.C.?

    • PinoMamet scrive:

      A sentire quei tizi francesi sì… (ovviamente saranno state poche persone, all’epoca)

      poi dopo la conquista romana, è successo più o meno quello che dice Miguel.

      • mirkhond scrive:

        Interessante, anche perché molti anni fa conobbi una studentessa francese a Bari con l’Erasmus, la quale invece sosteneva che Giulio Cesare avrebbe imposto il Latino ai Celti transalpini!

  20. mirkhond scrive:

    “Forse è più sorprendente la diffusione del turco in Anatolia, visto che non aveva il prestigio religioso dell’arabo o culturale del farsi.”

    Già.
    Sorprendente anche per il relativamente scarso numero di immigrati turcomanni in Anatolia, anche tenendo conto della genetica e osservando i tratti somatici della stragrande maggioranza dei Turchi anatolici.
    Claude Cahen uno dei maggiori specialisti dell’Anatolia turca dei secoli XI-XIV, sosteneva che i Turchi che invasero l’Anatolia romano-bizantina nel 1048-1080 d.C. circa, non fossero più di 300.000.

    • mirkhond scrive:

      Stando a Jean Paul Roux, altro studioso dei popoli turchi, ancora agli inizi del XIII secolo d.C., quando comincia la turchizzazione di massa dell’Anatolia, i Turchi veri e propri erano circa il 10% della popolazione del Sultanato di Rum (1081-1308).

      • mirkhond scrive:

        Comunque è curioso come in Anatolia, l’elite dominante turca sia riuscita ad imporsi linguisticamente (sia pure in un paio di secoli soprattutto tra XIII e XV) su una maggioranza romeofona delle aree centro-occidentali (le coste rimarranno romeofone almeno in parte, fino allo scambio di popolazioni tra “Grecia” e Turchia del 1922-1924, atto finale di un massacro genocidario iniziato nel 1914; solo nel Ponto, stando almeno alle cifre degli esuli, ne sarebbero stati eliminati oltre 350.000).
        Mentre le aree armene resistettero maggiormente, e il declino e poi la quasi totale scomparsa della popolazione armena dalla maggior parte della Grande Armenia storica, sarebbe avvenuto gradualmente, per una serie di esodi, iniziati già con l’arrivo dei Turcomanni intorno al 1030 (e che furono in gran parte all’origine dell’Armenia Cilicia medievale), e intensificatisi soprattutto con le devastanti guerre di frontiera tra Ottomani e Safawidi nei secoli XVI-XVIII, per culminare infine con i massacri genocidari compiuti dal sultano ottomano Abdul Hamid (1876-1909), i massonici Giovani Turchi e la primissima Turchia di Mustafà Kemal poi detto Ataturk, nel periodo 1894-1922.
        Insomma la tuchizzazione lenta e “naturale” sarebbe avvenuta nell’Anatolia romano-bizantina a spese della romeofonia (anche se piccoli gruppi di romeofoni, spesso bilingui sopravvissero nell’Anatolia centro-occidentale fino al 1922-1924) e della cristianità ortodossa (anche se vi furono romei che si turchizzarono linguisticamente, ma restando cristiani ortodossi come i Karamanlides, espulsi da Kemal nel 1924 in circa 400.000, di cui meno di 200.000 giunsero in “Grecia”, dopo averli inizialmente fatti restare perché turcofoni; poi prevalse il criterio religioso).
        Perché dunque il crollo nell’Anatolia romea?
        Perché invece nei Balcani, penso alla Bulgaria del Primo (681-971 d.C.) e del Secondo Impero Bulgaro (1187-1393/1396), l’elite dominante turca si assimilò linguisticamente alla maggioranza slavofona?
        Perché gli Ottomani infine non riuscirono ad imporre la loro lingua alla maggioranza dei loro sudditi balcanici?
        Ciò che è certo è che in Anatolia il crollo del Romaico coincise in gran parte (anche se con eccezioni come abbiamo visto in precedenza) col crollo della Cristianità Ortodossa dei locali romei, per cui il passaggio alla turcofonia fu speculare all’islamizzazione.
        Mentre nei Balcani, gli Ottomani in generale non imposero l’Islam alle masse cristiane sottomesse, anche per motivi fiscali oltre che militari (fino almeno ai primi del XVIII secolo, alle autorità ottomane conveniva mantenere un cospicuo gregge di sudditi cristiani da cui trarre il personale militare e amministrativo dei famosi Giannizzeri, prelevati da bambini alle famiglie e allevati nell’Islam, onde avere un personale statale avulso dal contesto musulmano e perciò ritenuto più fedele al sultano, proprio perché composto da sradicati che finivano per vedere nel sultano suddetto il loro centro di aggregazione della loro nuova identità).

        • habsburgicus scrive:

          il greco-americano Spiros Vryonis* ha scritto un dotto libro sulla de-ellenizzazione e islamizzazione dell’Anatolia dall’XI al XV secolo, che resta l’opera di riferimento anche se si avvia a compiere il cinquantesimo anno
          ovviamente, per quanto ne so, non è tradotto in ausonico, lingua in cui si traducono di solito, dal mondo anglofono, solamente le ciarlatanerie 😀

          *penso sia Σπύρος Βρυώνης

  21. mirkhond scrive:

    Stragrande maggioranza dei Turchi anatolici attuali, intendevo.

    • Francesco scrive:

      chiedere a Robeluxè quale sia la verità però!

      I don’t trust Repubblica & I don’t trust Boris

      😀

      • Z. scrive:

        Giusto, potrebbe essere un complotto di Repubblica. E del Guardian, dell’Independent e di qualche altra decina di testate… sinanco del Bangkok Post.

        Ovviamente questi ultimi manovrati da Repubblica, come negli ormai celebri complotti contro il povero Berlusconi 😀

      • Roberto scrive:

        Non sono uno specialista del diritto delle aringhe ma il fatto che trovi dappertutto aringhe senza ghiaccio mi porta a due possibili conclusioni:
        1. Tutta l’Europa tranne UK viola la direttiva sulle aringhe
        2. Boris è un cazzaro
        Tertium non datur

  22. mirkhond scrive:

    “Mah, è che “Etruschi” in fondo non vuol dire granché.
    E’ come dire “turchi”: mica discendono dai turchi etnici, se non in piccola misura.”

    Pensi che l’Etrusco fosse stato diffuso nelle aree dell’Etruria storica da una minoranza giunta da fuori, forse dall’Anatolia?
    C’entra qualcosa la lingua della stele di Lemno?

  23. mirkhond scrive:

    “Ma escluderei la sostituzione etnica, anche perché ancora oggi hanno un tipo somatico troppo caratterizzato.”

    Potresti approfondire il concetto?
    Non ho ben capito a cosa ti riferisci per tipo somatico troppo caratterizzato.

  24. mirkhond scrive:

    “E poi c’è la peculiarità del toscano fra i dialetti italiani, il caratteristico temperamento… E l’apporto speciale dato in tutti i rami della cultura.”

    Però è strano come il Toscano non sia diffuso in tutta l’area dell’Etruria storica, penso alla Tuscia viterbese.
    E a Perugia e nell’area umbra tra il Tevere e la Toscana?
    Inoltre l’area a nord dell’Arno era abitata da genti liguri, o con un forte sostrato ligure, almeno nell’area dove poi sarebbe stata fondata Lucca dai Romani nel 177 a.C.

    “No, lì c’è qualcosa.”

    Cosa?

  25. mirkhond scrive:

    Per Habsburgicus e tutti

    Ho trovato questo stralcio di una recensione del libro di Vryonis, in cui vengono sinteticamente esposte le tesi dello studioso romeo-americano sul declino e il crollo della romeità bizantina anatolica:

    “Vryonis propounds seven theses: (1) The Turkish invaders of Asia Minor had to subdue and absorb a vital society. Claims that the peninsula was depopulated and semi-desolate in the 11th century are not supported by primary sources. (2) The peninsula was not completely subdued and reunified until the late 15th century, when the ascendant Ottomans moved south and east from Bithynia. (3) Christian society was severely dislocated by the see-saw warfare, and its members psychologically conditioned for conversion. Nevertheless, Christians possibly constituted a majority of the population as late as the mid-13th century. (4) The Turkish conquest destroyed the Greek church as an effective social, economic and religious institution, and thus erased much of the Byzantine character of Asia Minor. (5) The cultural transformation of the Christians was consummated by their conversion to Islam under the aegis of Islamic institutions — notably the ‘latitudinarian’ dervish orders, such as the Bektashis and Mawlawis — which were materially based on the expropriated possessions of the church. (6) The loss of their world, as they knew it, resulted in much aetiological rationalization among the ever-decreasing number of Anatolian Christians. Some saw the Turks as instruments of divine wrath, or as heralds of the chiliastic end of human history. Like the 16th-century Moriscos, many anticipated a miraculous resurrection of their empire and developed several myths to support this faith. (7) Though effaced on a formal level, Byzantine culture exercised a determinant role in much of Turkish folk culture.

    These theses form the basis of the seven chapters, which take the reader through the various stages of the cultural transformation of Asia Minor. But as Vryonis notes in his Preface: ‘There has been no attempt to present a conventional chronological history of events. Rather, the approach has been topical.’

    In Chapter 1, which describes Asia Minor on the eve of the Turkish invasions, there is a salient observation that ‘the professional mercenaries who took the place of the indigenous thematic (provincial) soldiers in this period of crisis were ineffective replacements and were unable to halt the Turks’. A map of the themes would have been helpful here. Chapter 2 looks at the political and military collapse of Byzantium in Asia Minor, and claims the most significant factor was not the first Turkish incursions, but ‘the violent struggle between…the civil bureaucracy in the capital and the military magnates in the provinces’. Then, as now, the Christians understood little of Islamic precept and practice. Consequently, they were unprepared for Muslim offers of peace before the battles of Manzikert (1071) and Myriocephalum (1176), both of which resulted in disastrous defeats for the Byzantine army. Vryonis shares their puzzlement, describing a further peace proposal, made as the emperor’s troops were being routed at Myriocephalum, as ‘incongruous with the nature of (the Sultan’s) victory’, and overlooking the Qur’anic call for magnanimity on the battlefield as a possible explanation for it.

    In Chapter 3, the crucial role played by the nomadic Turkmen in the process of cultural transformation comes into sharper focus. These people, whose ‘tribal interests and conduct were frequently inimical to those of sedentary society’, were a nuisance in all ‘civilized’ areas. Indeed, it was the policy of the Seljuk rulers from the early days in Khurasan ‘(to send) the Turkmen tribes westward to raid the frontiers of the Christian states of Armenia, Georgia, and Byzantium’. In subsequent centuries, in Anatolia, they harassed the settled societies of both Muslims and Christians, with ultimately fatal consequences for the Rum Seljuk and Byzantine state structures. Chapters 4 and 5 deal with the final decline of the church, and the conversion of most of the remaining Christians to Islam. Here, Vryonis cites more than 10 primary sources, both Muslim and Christian, to support his controversial contention that ‘forced conversion was far from insignificant’. The folly of such ‘conversion’ — indeed, the utter inutilty of it — is fully exposed.

    In Chapter 6, the Muslims’ and the Christians’ respective religious polemics are outlined, and placed in their psychological contexts. Then, towards the end of the final chapter, the author turns his attention to ‘important Christian practices that Muslims appropriated’, though presumably only at the level of the folk culture mentioned above. These included baptism, which was invested with bizarre magical powers. According to the Byzantine canon lawyer Balsamon, some Muslims believed the rite protected their children from demons, and prevented them from smelling like dogs. Others, paradoxically, believed it prevented their children from becoming Christians!”

    https://www.amazon.com/Medieval-Hellenism-Islamization-Eleventh-Fifteenth/dp/1597404764

    • habsburgicus scrive:

      è una recensione ben fatta
      Vryonis, credo, ha in sostanza ragione su 3. e .4
      egli scrisse in un’epoca in cui si poteva ancora dire “pane a pane e vino al vino”, pur essendo già un’epoca molto moderna e storiograficamente sofisticata [il libro è del 1971, ma voi mi insegnate che queste ricerche sono fatte e completate prima, insomma è un’opera anteriore al Sessantotto, pur essendo uscito dopo il 1968]: Vryonis poté essere equanime e profondo sugli ottomani (a differenza dei dotti ottocenteschi e proto-novecenteschi, talora troppo eurocentrici per partito preso) ma, al contempo, poté ancora sottolineare che CI FURONO conversioni forzate o meglio indotte, cosa che oggi non si può più dire in accademia (in questa epoca neo-barbarica, e chiedo scusa ai Visigoti e agli Svevi :D, per definizione i cristiani sono sempre malvagi, oscurantisti e arretrati e i musulmani e comunque i non-cristiani e i non-europei sono per definizione sempre tolleranti, colti, aperti e buoni tanto che ormai negli USA rischi la cattedra se ricordi che ci fu il devșirme ! mi riferisco, naturalmente, al mondo “colto”, “accademico”..nel popolo c’é l’esatto opposto ed é l’altra faccia della stessa moneta)
      l’opera di Vryonis è importante
      si può migliorare ? forse sì
      finora, che io sappia, nessuno però lo ha fatto il che non esclude che qualcuno un giorno lo farà
      intanto, andrebbe tradotta..con un’introduzione aggiornata..ma figuriamoci !

      • mirkhond scrive:

        Concordo sulla traduzione di un’opera così fondamentale per comprendere il trapasso dall’Anatolia cristiana bizantina a quella turca musulmana.

  26. mirkhond scrive:

    Stando a questo sunto dell’introvabile (almeno per me) opera di Spiros Vryonis sul crollo della romeità bizantina ortodossa anatolica, e confrontandolo con quanto asserito da Claude Cahen, altro specialista della turchizzazione dell’Anatolia, si potrebbe considerare che la differenza tra la conquista turca dell’Anatolia e quella dei Balcani, sta proprio nel carattere molto diverso delle due conquiste.
    In Anatolia essa, avvenne almeno in due fasi, nell’XI e nel XIII secolo, e fu opera di bande di razziatori nomadi alla testa di tribù turcomanne inizialmente in cerca di pascoli e bottino.
    Da qui il continuo stato di guerra non solo contro i Romei e gli altri stati cristiani come l’Armenia Cilicia, ma anche il continuo stato di guerra tra gli stessi invasori turcomanni per il possesso dei pascoli migliori e delle terre da saccheggiare.
    A questo stato di continua insicurezza, emersero due regni turcomanni: i Selgiuchidi di Rum (1081-1308) e i Danishmend (1084-1175), che in parte dirottarono le energie delle loro tribù verso il jihad contro gli stati cristiani contigui, anche se spesso erano in lotta tra di loro.
    Nel 1175, il sultano selgiuchide Qilij Arslan II (1156-1192) riuscì ad annettere il rivale regno dei Danishmend di Sebastia/Sivas e unificare l’Anatolia turca.
    Questo contribuì a creare un equilibrio più stabile con la Romània bizantina, segnando l’epoca d’oro del Sultanato di Rum nella prima metà del XIII secolo.
    Equilibrio garantito anche dall’affermarsi di un più saldo potere romeo nell’Anatolia occidentale con centro a Nicea, seguito al disastro della conquista franco-veneziana di Costantinopoli del 1204.
    Equilibrio interrotto dalle conquiste mongole che provocarono una nuova ondata di invasioni di tribù turcomanne, da poco islamizzate e ancora selvagge nel periodo 1220-1243, le quali scompaginarono Rum e spartendosi l’Anatolia turca conquistata, oltre al riprendere i tradizionali conflitti tra tribù.
    Alcune di queste tribù si ammassarono alle frontiere della Romània nicena, i cui imperatori, proprio in quell’epoca erano tesi al recupero della Romània balcanica e di Costantinopoli (ripresa con un colpo di mano nel 1261). Inoltre, la rivolta degli Akriti, le truppe di frontiera contro l’imperatore Michele VIII Paleologo (1259-1282), per fedeltà alla dinastia precedente detronizzata da questo sovrano, portò da parte di costui allo scioglimento di questo corpo militare (1262), sguarnendo così l’Anatolia delle sue truppe migliori, oltre che per lo spostamento del baricentro romeo nei Balcani, per far fronte ai vari nemici europei, dalla Bulgaria al Regno di Sicilia degli Hoehnstaufen e poi degli Angioini.
    Infine la politica religiosa filocattolica di Michele VIII, culminata nell’unione con la Chiesa di Roma nel 1274-1282, provocò proprio nell’Anatolia nicena la sua maggiore opposizione in difesa dell’Ortodossia.
    In un contesto romano-bizantino (che, come già all’epoca della prima invasione turcomanna dell’XI secolo) il cui baricentro si era spostato nei Balcani e con una società lacerata da contrasti interni, e con la frontiera sguarnita, provocò l’irruzione delle tribù turcomanne nell’Anatolia nicena, che intorno al 1300 erano giunte all’Egeo e al Bosforo, lasciando ai Romei solo alcune piazzaforti distanti tra loro e isolate, e la cui conquista da parte dei nuovi invasori fu solo questione di tempo (Filadelfia sul Meandro, l’ultima piazzaforte romea sarà conquistata dagli Ottomani sul finire del 1390).
    Anche nei nuovi territori conquistati, gli invasori oltre al tradizionale jihad anticristiano, si fecero la guerra tra di loro, aggravando ed ampliando lo stato di continua insicurezza in cui versava l’Anatolia fin dalla metà del XIII secolo.
    E proprio in quest’epoca che, per lo scompaginamento delle strutture sociali romano-bizantine, la devastazione delle terre fertili con l’avanzata della steppa e del deserto, il crollo della rete ecclesiastica, con diocesi prive di vescovi e sacerdoti, uccisi o fuggiti (nel 1303 alcuni vescovi della Cappadocia si rifugiarono a Costantinopoli dove però furono rimproverati dalle autorità politiche e religiose del Patriarcato e fu chiesto loro di tornare nelle loro diocesi devastate. Non sappiamo se questi prelati ubbidirono, dato il contesto da cui erano fuggiti), che avvenne il passaggio all’Islam e alla turcofonia da parte della stragrande maggioranza dei Romei ortodossi anatolici (abbiamo nel XIV secolo la lettera drammatica di un vescovo, il quale confessava apertamente di non potersi opporre alla conversione all’Islam dei suoi fedeli).
    Nelle diocesi devastate, i preti e i vescovi morti o fuggiti non riuscivano sempre ad essere sostituiti e così intere diocesi scomparvero, e la vita cristiana si concentrò sulle poche diocesi maggiori rimaste come Cesarea di Cappadocia/Kayseri.
    Inoltre i principi turcomanni sulle terre confiscate istituirono fondazioni religiose musulmane, base degli ordini sufi dei Mevlevi di Iconio/Konya e dei Bektashi della Cappadocia, i quali in un contesto così devastato placarono il bisogno di sicurezza delle masse romee cristiane, presentando loro un Islam sincretista che ai più sprovveduti dovette sembrare non dissimile dall’avito Cristianesimo com’era praticato e vissuto a livello popolare (qualcosa del genere sarebbe accaduto anche nella Bosnia, conquistata successivamente dagli Ottomani, nei secoli XV-XVI, anche se qui la popolazione conservò la propria lingua slava; idem in Albania).
    Gli Ottomani, che intorno al 1300, costituivano solo un piccolo principato in Bitinia, già con Bayazid I (1389-1402) e poi successivamente con Murad II (1421-1451) e soprattutto Maometto II (1451-1481) il conquistatore di Costantinopoli (1453) e Trebisonda (1461), ultimo avamposto romeo in Anatolia, riunificarono l’Anatolia sotto un unico governo, ponendo fine alle continue guerre intertribali turcomanne e portando ordine e stabilità, sia pure sotto condizioni inizialmente molto dure.
    Lo stesso Maometto II pose le terre conquistate, nuovamente sotto l’autorità del patriarcato di Costantinopoli riguardo alla popolazione ortodossa (1454), che così potè finalmente ricostituire la rete ecclesiastica anatolica, devastata in più riprese tra XI e XV secolo.
    Ma ormai il danno era compiuto, e a quell’epoca il Cristianesimo Ortodosso in Anatolia era seguito solo da una minoranza della popolazione, divenuta in maggioranza musulmana e pure turcofona.
    Il registro ottomano del luglio 1500, compilato sotto il sultano Bayazid II (1481-1512), relativo alla città di Kayseri ci indica il compimento del dramma: vi erano registrate solo 60 famiglie romee ortodosse, 266 famiglie armene e ben 1967 famiglie musulmane!

  27. habsburgicus scrive:

    dell’introvabile (almeno per me)
    leggi la mail

  28. habsburgicus scrive:

    a proposito
    @Miguel
    hai una mail sull’indirizzo che porta il nome del tuo inclito quartiere dopo il nome.. te lo dico, visto che ne hai molteplici, affinché non vada persa 😀

  29. mirkhond scrive:

    Diverso invece fu il caso dei Balcani.
    Qui la conquista turca fu opera di una sola popolazione tribale: i Qayi poi detti Osmanli, i nostri Ottomani dal loro primo sovrano Othman (c.1288-1326).
    I quali ben presto si dotarono di una solida struttura statale-militare, il cui perno era costituito dal corpo dei Giannizzeri, schiavi sottratti da bambini alle famiglie cristiane e allevati come fedeli musulmani.
    Dunque, procedendo in modo unitario e ordinato, gli Ottomani fin dagli inizi crearono un forte potere statale senza le conseguenze dell’anarchia tribale dei Turcomanni invasori dell’Anatolia.
    Questo, insieme ad una politica di islamizzazione più mirata e “selettiva”, permise il mantenimento del Cristianesimo come religione maggioritaria dei sudditi balcanici.
    Anche perché controllando i vertici religiosi ortodossi, il patriarca di Costantinopoli in primis, a cui si aggiunse il ricostituito patriarcato serbo (nel 1557), si assicuravano la maggiore fedeltà del loro gregge cristiano.
    Parziali eccezioni furono costituite dalla Bosnia e dall’Albania, terre in maggioranza cattoliche al momento della conquista ottomana e dunque considerate più infide, avendo il loro vertice religioso, il Papa, al di fuori dei domini del Sultano (anche se in Albania l’islamizzazione di massa fu più graduale e sostanzialmente più tarda, in conseguenza della guerra di Candia del 1645-1669 e della guerra contro gli Asburgo del 1683-1699, soprattutto al seguito della breve occupazione asburgica della Serbia e del Kosovo del 1689-1690).
    Ancora diverso, e a tutt’oggi controverso, il caso dell’islamizzazione dei Pomaki, poolazione slavofona di ceppo bulgaro, stanziata sui Rodopi, islamizzata soprattutto ad opera delle confraternite dervisce nel XVIII secolo su un sostrato religioso, forse nemmeno cristiano, ma bogomilo (ma, ripeto la questione è controversa).
    Insomma le diverse modalità di conquista delle antiche aree di cultura bizantina, l’Anatolia e i Balcani da parte dei Turchi, portò alle attuali differenze etnico-religiose che conosciamo.

    • Francesco scrive:

      a me questa roba dei Giannizzeri ha sempre dato molto fastidio, mi pare proprio brutta, anche per l’epoca! è solo una mia fisima?

    • PinoMamet scrive:

      Mah, perchè brutta? alla fine gli facevano fare carriera, se erano bravi li facevano studiare fino ai livelli più alti, e in generale chi partiva per cercare fortuna a quell’epoca non era detto che iniziasse a età più avanzate…

      a quell’età lavoravano già nei campi e nelle botteghe come apprendisti, e anche negli eserciti.

      (Ancora nel Settecento non solo i mozzi, ma anche gli apprendisti ufficiali- midshipmen- della Marina britannica potevano benissimo essere ragazzini di 12 anni…)

      del resto mi risulta che anche molti turchi-di-Turchia facessero carte false per mandare i figli nei Giannizzeri, finchè, non so in che secolo, non fu aperto l’arruolamento anche ai musulmani di nascita.

      i Giannizzeri si evolvettero presto in modo da diventare un para-stato e una vera propria mafia, anche.

      • mirkhond scrive:

        Infatti.
        Soprattutto da quando, credo con Solimano I (1520-1566) fu permesso loro di sposarsi già durante il servizio e di fare ereditare il posto ai propri figli.
        Poi, appunto, un pò per rilassamento della rigida disciplina iniziale, un pò per la fine delle guerre di conquista ottomane, i Giannizzeri divennero una casta di pretoriani ostili a qualsiasi riforma delle strutture militari dell’Impero Ottomano, facendo fuori anche diversi sultani.
        Finché il sultano Mahmud II (1808-1839) riuscì a sopprimerli nel 1826 in un bagno di sangue.

        • habsburgicus scrive:

          riuscì a sopprimerli nel 1826 in un bagno di sangue.

          che, con un bell’esempio di linguaggio “politically correct” ante litteram venne denominato in osmanli “hairiyye-i vekayi” (auspicato avvenimento, o qualcosa di simile :D)

      • daouda scrive:

        beh Pino quando farai un figlio ebreo, te lo rapiscono e ti diventa seguace animista , credo che ti roderebbe il culo.
        Mortacci tua poi je dici a Francesco che è un borghese capitalitico quando l’unica cosa che hai affermato è: ao l’avranno pure sradicato ma cazzo è diventato ricco, potente e famoso.
        EDDAJE che cazzo

        • mirkhond scrive:

          Vedasi il caso Mortara, il bambino ebreo di Bologna, sottratto alla famiglia nel 1858 per ordine di Pio IX, in base alla dubbia testimonianza di una servetta scacciata, la quale dopo sei anni dai fatti presunti, affermò di aver battezzato di nascosto il piccolo Mortara in pericolo di vita per una grave malattia.
          Pio IX si rifiutò sempre di restituire il bambino ai genitori, nonostante le pressioni internazionali, sostenendo che, essendo stato battezzato, il bambino non avrebbe ricevuto un’educazione cattolica se fosse rimasto con la sua famiglia.
          La quale poteva vederlo a Roma, sotto strettissima sorveglianza del personale del collegio in cui il piccolo Edgardo fu allevato.
          Quando nel 1868, Pio IX, ritenendo che l’educazione cattolica ricevuta fosse stata completata, permise finalmente al giovane Mortara di scegliere se tornare in famiglia o restare cattolico, il ragazzo dopo 10 anni di indottrinamento, scelse non solo di restare cattolico, ma addirittura di farsi sacerdote.
          Finché, dopo la presa di Porta Pia (1870) e la fine del potere temporale pontificio, il giovane Edgardo Mortara pur di restare fermo nella sua volontà di diventare sacerdote cattolico, fu fatto fuggire all’estero dai superiori, dopo essersi rifiutato di rispondere alla chiamata alle armi del nuovo stato sabaudo.
          Edgardo Mortara divenne un buon sacerdote e nel 1888 scrisse un libro in cui elogiava il suo rapitore Pio IX, e morì nel 1940, dolendosi che gli Ebrei non si fossero ancora convertiti al Cattolicesimo!

          • daouda scrive:

            si ma non c’entra un cazzo e spero te ne renderai conto da solo

            • mirkhond scrive:

              C’entra nel senso che hai citato.

            • daouda scrive:

              no perché lì il battesimo pur inventato il motivo ha determinato la cosa, il rapimento c’è stato in forza di ciò, non è stato rapito prima e poi battezzato CAZZO RAGIONA

              • mirkhond scrive:

                Il battesimo si basa sulla DUBBIA testimonianza della serva Anna Morisi, la quale SEI ANNI DOPO il fatto, per vendicarsi dei Mortara che l’avevano licenziata per la sua dubbia condotta, andò a riferire alle autorità papaline di aver battezzato il piccolo Edgardo con un bicchiere d’acqua in cui avrebbe attinto le dita e fatto il Segno della Croce sulla fronte del bambino, e asserendo dopo tale gesto, che il piccolo sarebbe guarito dalla grave febbre che lo affliggeva.
                In base a questa DUBBIA e TARDIVA testimonianza, il papa decise di sottrarre il piccolo Edgardo Mortara alla famiglia!

              • daouda scrive:

                NON CAPISCI?

                è il battesimo che , presunto certo , ha determinato ciò.

                NON SONO ANDATI LLA A RUBBAJELO PE’ BATTEZZALLO A CAZZO DE CANE COME QUELLE MERDE CHE TE RUBBANO I FIJI PE FALLI DIVENTA’ ISLAMICI E TRADI’ IDDIO E LA PROPRIA MADREPATRIA

              • mirkhond scrive:

                Forse non mi sono spiegato.
                Il battesimo in questo caso risulta alquanto DUBBIO.

              • daouda scrive:

                Forse non mi sono spiegato io. E’ in forza del PRESUNTO battesimo che è successo, non è che si sono svegliati la mattina ed hanno detto “ao famo no sfreggio a n’àbbreo der cazzo”

      • Francesco scrive:

        Pino,

        nella logica dell’epoca – e mica solo di quell’epoca lì – essere portati via dalla propria famiglia, comunità e religione era mica una cosa da poco, che un pò di potere e carriera potevano compensare.

        O no?

        Ciao

        • mirkhond scrive:

          L’atteggiamento delle famiglie cristiane balcaniche infatti era ambivalente.
          Se c’era chi non vedeva malvolentieri un figlio in carriera che, sia pure da musulmano, poteva aiutare la famiglia, (vedasi il gran visir Mehmet Soqollu, nato Sokolovic’, grazie ai cui uffici, fu ricostituito il Patriarcato Ortodosso di Serbia con sede a Pec’ nel Kosovo nel 1557, e al cui vertice fu messo un fratello dello stesso gran visir), vi era anche chi cercava in tutti i modi di opporsi, come la rivolta che esplose nell’Albania centrale nel 1565 contro gli ufficiali ottomani giunti per prelevare i bambini cristiani da allevare come giannizzeri.

          • Francesco scrive:

            cavolo, non avrei mai immaginato tale ambivalenza!

            mi aspettavo scene a metà tra la Strage degli Innocenti e l’arrivo della Guardia di Finanza

            ciao

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Ma perché? Immagina di avere sei figli e di essere un contadino balcanico che sa che dovrà dividere la poca terra che ha tra loro. Non è un terno al lotto avere un figlio che vivrà da mantenuto a spese del sovrano e che potrebbe persino fare carriera? Poi non era mica vero che si perdevano tutti i contatti coi parenti: vedi l’esempio citato da Mirkhond che testimonia l’esatto opposto.

              • Francesco scrive:

                pensavo che l’obbligo di conversione all’Islam significasse una netta cesura col passato

        • PinoMamet scrive:

          “nella logica dell’epoca – e mica solo di quell’epoca lì – essere portati via dalla propria famiglia, comunità e religione era mica una cosa da poco”

          Ti dirò, secondo me nella logica proprio di quell’epoca lì, era una cosa non dirò all’ordine del giorno, ma più o meno accettabile e rubricabile sotto la definizione “casi della vita”;

          in fondo è l’epoca di Lazarillo de Tormes (l’hai letto? leggilo!), un’epoca piena di vagabondi, avventurieri, balordi, guerre, rapimenti, cristiani che si fanno turchi e viceversa.

          Non credo che per l’epoca i Giannizzeri fossero molto più scandalosi dei ragazzini mandati “a famiglio” nelle campagne emiliane ancora negli anni Cinquanta del Novecento (e trattati per niente meglio, anzi…)

          • daouda scrive:

            guarda che scandaloso si riferisce ad un’etica umana e soprattutto divina.
            Mmo ad esempio sò tutti fornicatori i buoni cristiani, ma non meno fanno schifo ( e bada che i frogi li nomino solo pé ffà presente che non li sto a considerà nella fattispecie ).
            Poi ao se sei contento da fa fa carriera a tu fijo a fattelo portà via, o se te piace cambià Fede pé salvà la pellaccia di merda che t’aritrovi, te come molti prima e sicuramente nel futuro altri faranno, fatelo.

          • Francesco scrive:

            sì e molto apprezzato

            mah, ogni tanto credo che tu ecceda in spirito polemico anti-cattolico

            però io ho fatto una domanda e speravo in risposte “da storici” perchè mica c’ero, nei villaggi cristiani dell’impero in cui arrivavano i sergenti del Sultano a portar via i bambini. o ad arruolarli?

            • PinoMamet scrive:

              Che c’entrano i cattolici? e lo spirito polemico anticattolico?

              (a dire il vero, credo di essere nello schieramento dei difensori della storia del Cristianesimo, cattolico in primis, qua dentro.

              Sono semmai anticlericale- moderatamente;
              anti-DC- parecchio, ma è storia antica;
              e anti CL- moltissimo;
              ma è tutt’un’altra faccenda…)

              io dico solo che per l’epoca era piuttosto normale che i ragazzini partissero per fare i garzoni (compresi i garzoni-soldato) a quell’epoca;

              e che a quell’epoca era piuttosto comune che i turchi si facessero cristiani (praticamente ogni città italiana aveva la sua Casa dei comversi o neofiti o altre definizioni; a Genova, Livorno ed altre città portuali c’era una “meschita” ovvero moschea per quelli che fossero rimasti musulmani; ecc.)
              e viceversa

              (caspita, metà dei famosi corsari barbareschi è formata da greci e italiani!!)

              • mirkhond scrive:

                Cardini sostiene in un suo libro di una ventina d’anni fa, che i convertiti dall’Islam al Cristianesimo (almeno quello cattolico) fossero più rari della controparte.
                Inoltre, a differenza dei cristiani che passavano all’Islam, i convertiti musulmani al Cattolicesimo in generale restavano dei paria.
                Ma su questo vorrei saperne di più.

              • PinoMamet scrive:

                Non saprei, ma in Italia perlomeno non mi risulta ci fosse particolare ostilità verso i convertiti, dall’Ebraismo o dall’Islam che fossero.

                Ho letto, nel corso di una ricerca che feci anni fa, che molti “turchi” catturati nelle varie spedizioni, se non riuscivano a essere ricomprati o a tornare in patria altrimenti, spesso campavano di espedienti vendendo cianfrusaglie, ma non credo che questo avesse a che fare con qualche particolare pregiudizio, semplicemente era una vita dura per tutti.

              • mirkhond scrive:

                I convertiti cristiani all’Islam, almeno nell’Impero Ottomano avevano la possibilità di fare carriera, e tra le loro fila vi furono anche generali, ammiragli, governatori e persino primi ministri.
                Nulla di questo mi risulta esserci stato dall’altra parte.
                E quei pochi convertiti dall’Islam che giunsero a posizioni di prestigio nell’ecumene cattolica, di solito erano già dei notabili da musulmani.
                Ma ripeto, la questione dovrebbe essere approfondita e, quanto scrivo, si basa essenzialmente sui pochi testi in merito che ho letto, in primis Cardini.

              • PinoMamet scrive:

                Beh in Italia mi risulta che i convertiti dall’Ebraismo facessero carriera senza problemi;

                non mi risultano differenze tra cristiani “nuovi” e “vecchi”, ma Habs ne saprà di più.

                I convertiti dall’Islam con possibilità di successo credo fossero semplicemente meno: gli ebrei vivevano in Europa, mentre i musulmani ci finivano come prigionieri o poco altro…

                invece l’Impero ottomano, come altri regni musulmani (quello di Spagna finchè è durato ecc.) potevano contare su una popolazione cristiana piuttosto numerosa.

              • mirkhond scrive:

                Tra i convertiti all’Islam che fecero carriera nell’Impero Ottomano, vi erano però anche schiavi catturati nei paesi franchi.
                Nell’al-Andalus, nei secoli X-inizi XI, molti schiavi di origine slava, fecero carriera riuscendo a diventare generali, governatori e persino fondatori di propri emirati autonomi, come quello di Denia e Tortosa, oggi in Catalogna, di cui un emiro, al Mujahid (il Mughetto delle tradizioni toscane), tentò di assaltare Pisa, venendo infine sconfitto dalla flotta congiunta genovese-pisana nel 1016, dando inizio alla potenza delle due repubbliche marinare italiane.

  30. daouda scrive:

    i bulgari non sono turanici

  31. mirkhond scrive:

    Non mi sembra di averlo mai detto.
    Però il Primo Impero Bulgaro, fu fondato da una popolazione di lingua turca, i Bulgari appunto (anche se già meticciati con elementi sarmatici iranici).
    Il Secondo Impero Bulgaro fu fondato e dominato da dinastie turche di ceppo cumano, gli Asen (1187-1280), i Terter (1280-1292 e 1300-1323) e gli Shishman (1323-1393/1396).

  32. mirkhond scrive:

    Lo stesso termine Bulgaria e Bulgaro rimanda ad una popolazione turca, stanziata nelle steppe a nord del Mar Nero, di cui un ramo fondò appunto il Primo Impero Bulgaro nel 681 d.C., sottomettendo la massa slavofona trovata a sud del Danubio, anch’essa frutto di recenti migrazioni che avevano sommerso le province romane di Mesia e Tracia.

    • MOI scrive:

      Tutta la popolazione della Bulgaria non pensa ad altro … 😉

      • PinoMamet scrive:

        Non so se ci farei dell’ironia. Moi: dalle nostre parti, Goti e Longobardi interessano solo su questo blog 😉 ma altrove, e nei Balcani e dintorni specialmente, queste storie remote hanno ancora (o di nuovo) un discreto peso nell’immaginario, e sono fonte di accesissimi litigi…

      • habsburgicus scrive:

        financo nello stemma (presente in bandiera !) della Bulgaria marxista (almeno dal 1971*), cioé la Repubblica popolare bulgara =Narodna Republika Bălgarija, sotto il leone con la stella rossa [il leone c’é tuttora la stella rossa sovrastante non più] vi era la legenda “681-9.IX.1944” che stabiliva una continuità storico-ideologica fra l’ingresso dei Bulgari e la nascita del Primo Stato Bulgaro (681 d.C) e la marxistizzazione, censita essere definitiva per saecula saeculorum, della medesima Bulgaria il 9 settembre 1944 !

        nel 1971 la BNR si diede una nuova Costituzione; en passant, Todor Živkov (1° segretario del BKP dal 1954 al novembre 1989), che era Presidente del Consiglio dal 1962, lasciò la guida del Governo e divenne Capo dello Stato (Presidente del Consiglio di Stato della BNR) carica che mantenne sino al novembre 1989; in precedenza FORSE (dovrei controllare ma non ho voglia :D) non c’era la scritta “681”..l’aggiunta, se aggiunta fu, si inserirebbe quindi nella ripresa della tradizioni ancestrali bulgare caldeggiata dalla figlia del Supremo, Ljudmila Živkova, purtroppo morta prematuramente e che è ritenuta vicina ai nazionalisti (oltre ad essere donna colta e attenta alla Storia e alla Cultura)

        • habsburgicus scrive:

          similmente in tutt’altra area geografica, nello stemma della North Carolina, presente anch’esso in bandiera, vi erano due date
          “1775” (mi pare), sollevazione contro gli inglesi
          e, udite udite, “20.5.1861”, cioè la Secessione !
          che era apertamente valorizzata !
          ciò si riferisce all’epoca pre-Obama e pre-P.C
          oggi, immagino, sia stata cambiata 😀

          lo North Carolina, Stato purtroppo snobbato in Italia, ha caratteristiche peculiari
          i.mantenne sino alla Secessione (1865) il nome di House of Commons (come la Virginia), more albionico
          ii.mantenne sino al 1835 (sic !!!!), cioé quasi sessanta anni dopo l’indipendenza e quarantaquattro anni dopo i Primi Dieci Emendamenti jeffersoniani (1791) il Test Act anti-cattolico..ovvero chiunque, prima di assumere una qualsivoglia carica di Stato (sceriffi, attorney, deputato, governatore) doveva dimostrare facendo la comunione protestante in presenza di testimone di non essere un papista ! si giunse al paradosso, mai realizzatosi perché i cattolici eano colà fauna strana :D, che un cattolico avrebbe poteto essere legittimamente eletto dal nord-caroliniani al Congresso di Washington, ma non al Congresso di Columbia ! (la capitale his diebus e forse tuttora..la Georgia l’ha cambiata, era Millidgeville illo tempore, oggi manco più sanno cosa sia 😀 chiedete a un georgiano qualsiasi di Millidgeville, poi vedrete 😀 a meno di trovarne uno proprio di lì, ma dovreste essere dei gastoni ! :D)
          per non perdere l’abitudine di discriminare qualcuno (pare che senza discriminazioni negli USA non si viva :D) la Convenzione di Stato del 1835, che soppresse le clausole anticattoliche, pensò bene di privare del voto i neri liberi (eh, sì, PRIMA potevano in teoria votare ! erano pochi, i più erano schiavi) e di riservare il diritto di voto all’ “uomo bianco”, fissando inoltre percentuali di “bianchità” (bastava 1/32 per perdere la whiteness :D)..quella era l’America, signori 😀 negli stessi in cui la visitava Tocqueville

  33. mirkhond scrive:

    Tempo fa lessi su un forum ciò che un ragazzo bulgaro residente in Italia diceva in proposito.
    E cioé che i Bulgari pur essendo slavofoni non si sentono slavi. Per lui il discorso slavofilo si è diffuso in Bulgaria per l’influenza del potente protettore russo.

  34. mirkhond scrive:

    Credo che per i Bulgari sia molto importante l’ascendenza dai Traci che erano indoeuropei non slavi.

    • PinoMamet scrive:

      In effetti ho una conoscente bulgara ma è sempre in giro per affari suoi e non ho mai approfondito la questione (e neppure accennata, a dire il vero).

      Ho anche dato un passaggio a un tale dalla preoccupantissima faccia da delinquente, che si è rivelato un bulgaro (mi ha detto lui stesso) musulmano.

      Ho anche letto del solito viaggiatore inglese che parlava piuttosto male dei bulgari, e benissimo dei greci, e credo che ci fosse un po’ di pregiudizio classicista (ma anche bizantinista ecc.), comunque diciamo un po’ di quel pregiudizio filo-ellenico che Ritvan non sopportava.
      Deve essere una cosa come gli arbitri e la Juventus, a quel che dicono gli appassionati di calcio.

  35. mirkhond scrive:

    Pino

    Approfitto delle tue conoscenze familiari in merito, per chiederti se gli abitanti del Polesine, culturalmente e antropologicamente sono/si sentono più affini agli altri veneti oppure con gli abitanti dell’Emilia-Romagna, specialmente della provincia di Ferrara?

  36. mirkhond scrive:

    In sostanza mi chiedo se Sizzi, nei suoi deliri razziali, possa averci almeno in parte azzeccato nel considerare gli abitanti del Polesine, ma anche delle aree a sud del Po, come antropologicamente villanoviani/etruschi/armenoidi/mediterranei……

    • PinoMamet scrive:

      Ma sai, non credo che sentirsi veneti o emiliani abbia qualcosa a che fare con etruschi o armenoidi…

      “veneti” e “emiliani” sono categorie di identità di tipo diverso e sicuramente più recenti (almeno nel caso degli emiliani, te lo concedo… anche se “aemilianus” come abitanmte della regio Aemilia è in effetti attestato nella tarda antichità)

      Gli abitanti del Polesine veneto mi risulta che si sentano veneti, ma siano a conoscenza di essere linguisticamente “bastardi”: non più di questo.

      A livello facciologico 😉 , non saprei.

      Ho in mente alcune visi tipicamente liguri, toscani, siciliani, napoletani, e anche veneti;
      (il “mio” veneto tipico è alto, moro, ricciolo, ma curiosamente credo che loro si vedano in maggioranza “pesanti” e biondi- non saprei perché);

      emiliani e romagnoli mi paiono indistinguibili tra loro, anche perché non riesco proprio a immaginarmi una faccia tipica di queste parti, quindi armenoidi, alpinoidi, mediterranei ecc. boh?
      (mio padre era un mediterraneo tipico, mia madre non saprei ma sicuramente un tipo nordico o celtico, ma noi siamo una famiglia un po’ particolare)
      mi risulta difficile dirlo, anche perchè la maggior parte dei miei amici sono più o meno “misti”, da sempre.

      • Peucezio scrive:

        Davvero?? Io ho presente tipiche facce emiliano-romagnole invece. E’ una delle regioni a cui meglio riesco ad associare un tipo somatico.

        • Z. scrive:

          Come le intendi le facce ER?

        • PinoMamet scrive:

          E quali sarebbero?

        • Peucezio scrive:

          In realtà devo ammettere che la cosa è a tratti contraddittoria: ho presente il tipico emiliano da foto di libro di Biasutti, con il naso aquilino, la faccia lunga e un po’ spigolosa, insomma, il dinarico tipico.
          Però se penso alla tipica faccia emiliana che mi viene in mente fuori da questa letteratura, è la faccia larga alla Bersani o quelle facce intermedie alla Andrea Roncato.

          • Z. scrive:

            Boh, a me risulta difficile identificare un tipo particolare di viso come viso tipico della mia regione.

            Vero è che abitandoci è più difficile per forza. Ma, insomma, anche limitandomi solo ai parenti ne ho con ogni tipo di viso possibile e immaginabile, e tutti provengono dalla stessa provincia…

        • Peucezio scrive:

          Invece c’è un tipicissimo lombardo occidentale dinarico che è il tipo alla Gino Bramieri o alla Dario Fo, ma ne conosco anche di persona (zona Milano – Brianza – Como – Lecco…).

        • PinoMamet scrive:

          Devo dire che sul tipo lombardo sono d’accordo: poi distnguerei tra faccia, appunto, tipica , e faccia comune.

          cioè, se dovessi pensare all’emiliano tipico , penserei a Gino Cervi o Giovanni Guareschi, ma a conti fatti non sono poi tanto comuni ;

          direi che una volta, tra la popolazione di campagna specialmente, ricordo molti tipi con naso aquilino, capelli spesso scuri, alti, che assumevano spesso fisionomie “simil Sioux dei film western”
          (che del resto, più di una volta erano comparse/generici italiani…)

          ma tra i miei amici e conoscenti poi ce ne sono pochissimi, mentre c’è una varietà indescrivibile di fisionomie…

        • PinoMamet scrive:

          Direi anche Dean Martin (Dino Crocetti), che non era affatto emiliano, però sarebbe passato benissimo per emiliano (e per originario di tanti altri posti…)

          Ernest Borgnine, che invece era metà emiliano davvero, aveva una faccia “tipica”, ma niente affatto comune.

          • daouda scrive:

            secondo me è è tanto vera la varietà quanto il segregarsi.
            Aktrimenti saremmo tutti mannari de qualche tipo, non male

    • PinoMamet scrive:

      Per inciso, un mio compagno di scuola era per metà veneziano, proprio di Venezia
      (non è rarissimo da queste parti: l’industria vetraria- non so in quale decennio, ma tanti tanti decenni fa, nella prima metà del Novecento o inizio seconda metà- importò molti veneziani che erano pratici del lavoro)

      il cognome di sua madre, che non riporto per privacy, era un cognome che suonava completamente italiano, ma che era anche curiosamente il termine che usavano gli inglesi per descrivere gli indiani del Maharashtra (per cui, basta fare una ricerca e lo trovate 😉 )

      e infatti il mio amico era scurissimo, magrissimo o per meglio dire filiforme, con capelli corvini, e in effetti sarebbe passato completamente inosservato in India

      (poi c’era l’altra ex fidanzata di mio fratello, non ho mai capito se adottata o meno, appartenente a una famiglia di siciliani da tempo immemorabile trapiantati qua, ma fisicamente del tutto dravidica: unica in famiglia peraltro).

  37. mirkhond scrive:

    Oltre ovviamente al tipo toscano a cui hai accennato ieri.

  38. paniscus scrive:

    ennesimo OT: esercitazione pratica di animazione su un sito di calcolo grafico

    https://www.desmos.com/calculator/ctsengfqq7

  39. Moi scrive:

    “bastava 1/32 per perdere la whiteness”

    [cit.]

    ———-

    … Adesso invece basta 1/32 per avercela e fare il video “upset” [cit.] su Youtube ! 😉

  40. daouda scrive:

    i bulgari non sono turchi.

    Il fatto che siano ritenuti tali è robba vecchia.

  41. mirkhond scrive:

    I Bulgari non sono turchi, ma il popolo che fondò il primo impero bulgaro era di ceppo turco e lasciò il suo nome etnico al popolo slavo conquistato e con cui gradualmente si fuse.

    • daouda scrive:

      Lo so che la narrativa dice così, ma i bulgari non sono d’accordo. E d’altronde c’è altro dell’origine sarmatico/iranica dei bulgari indipendentemente dallo strato trace preesistente.

      Comunque sia la Macedonia si aggiunge agli stati inesistenti. Così è.

    • daouda scrive:

      quando intendo bulgari parlo proprio dei bulgari, non della popolazione della bulgaria attuale

  42. mirkhond scrive:

    “Lo so che la narrativa dice così, ma i bulgari non sono d’accordo.”

    ????????

  43. mirkhond scrive:

    “E d’altronde c’è altro dell’origine sarmatico/iranica dei bulgari indipendentemente dallo strato trace preesistente.”

    Che altro?

    • daouda scrive:

      caucasici o bactriani ma il discorso poi dovrebbe vertere sulla reale questione ossia la loro ( ANCHE ) semiticità, fermo restando che comunque questi coi sarmati e gli iranici hanno avuto a che fare ma non sono loro, chiaramente

  44. mirkhond scrive:

    “Comunque sia la Macedonia si aggiunge agli stati inesistenti. Così è.”

    La Macedonia andrebbe spartita tra Bulgaria e Albania, visto che i Macedoni slavi sono linguisticamente e storicamente bulgari.
    La parte occidentale della Macedonia è invece albanese.

    • daouda scrive:

      regolareeeeee

    • habsburgicus scrive:

      più o meno come si fece nel 1941
      ma noi (per conto dell’Albania) e la Bulgaria litigammo per due-tre villaggi 😀
      Filov e Popov vennero a Roma nel luglio 1941 e furono ricevuti non solo dal Duce e dal Re Imperatore, ma furono ammessi in udienza anche da Pio XII
      poi si risolse tutto
      se non sbaglio, noi riuscimmo (sempre per conto dell’Albania) a scroccare in seguito qualche villaggio ai bulgari e i tedeschi diedero alcuni villaggi serbi alla Bulgaria* (correzioni di dic 1942 e marzo 1943)..e vissero tutti felici e contenti
      sino a Tito 😀

      *i tedeschi avevano mantenuto diritti economici sulle miniere della Macedonia bulgara
      Kosovska Mitrovica, con le sue miniere, fu invece presa per sé dai tedeschi che così facendo fecero gli interessi serbi una tantum !
      il Kosovo fu quindi diviso in tre parti
      1.(la più grande) all’Albania “nostra”
      2.il sud-est, alla Bulgaria, insieme a Macedonia centrale, Macedonia orientale, Pirot, Vranje e altri pezzettini serbi annessi alla Bulgaria (non si confonda ciò con le 3 zone di occupazione militare, non amministrativa, bulgara, della Serbia “tedesca” come richiesto da AH per risparmiare soldati germanici per il fronte russo ed effettuato in tre fasi, gen 1942, gen 1943 e lug 1943, denotate con zona A, zona B e zona C; alla fine l’80 % della Serbia “tedesca” era presidiata dai bulgari ma il potere amministrativo restava al comandante tedesco, oltre anche al governo serbo, di cui abbiamo vari documenti in cui scongiurava i tedeschi di rimanere perché i serbi odiavano molto di più i bulgari 😀 strano, eh…Tito, ‘ste cose non le diceva :D)
      3.il nord-est, alla Serbia sotto controllo tedesco (Kosovska Mitrovica)
      italiani e bulgari espulsero i serbi e i montenegrini dalle loro parti di Kosovo..la storiografia serba è tuttora estrema su queste cose ma, bontà loro, i serbi attaccano bulgari e albanesi ma non noi, che li aiutammo e proteggemmo in Erzegovina e altrove (contro i croati); i serbi sanno che dal Kosovo annesso furono gli albanesi a volerli cacciare, non noi; l’Albania era sì “nostra” ma de facto era indipendente nelle questioni interne e gli albanesi (sotto la guida del PFSh, partito-fratello del PNF) facevano quel che volevano, tranne in politica estera ove dovevano obbedire a noi
      su tutto questo, e molto altro, lo storico croato anglofono J. Tomasevich

      • habsburgicus scrive:

        parrà strano, ma (con eccezioni) la storiografia ex-jugoslava a noi più favorevole è quella serba !
        alcuni serbi hanno apertamente lodato l’Italia e financo Mussolini, sic ! (i serbi di dx, anti-titini) o, se ci criticano, spesso anche ci scusano e ci danno attenuanti
        fanatica nell’odio per l’Italia è la storiografia slovena sia quella titizzante sia quella (minoritaria) di destra; quella di dx magari preferisce attaccarci per altre ragioni, ad esempio per il 1915 visto come un aggressione al popolo sloveno (sic !|!!) ma l’empatia per noi è egualmente sottozero 😀
        la storiografia croata di sx ci odia poco meno degli sloveni..la storiografia croata di dx non osa difenderci, anzi spesso ci accusa di pro-serbismo !
        la storiografia macedone ci ignora ! ma il nostro filo-schipetarismo non li rende troppo favorevoli..i serbi invece, strano a dirsi, tendono a condonarci la posizione filo-albanese..boh !

      • daouda scrive:

        habs, mì, ma si può dire che l’erzegovine ( a cui andrebbe correlata la vecchia o comunque erzegovina inferiore che la parte occidentale e costiera del montenegro ) è uno degli altri dialetti serbo-croato tipo stocavo, iucavo et similia?

        per il resto, a pelle, ammiro gli sloveni anche se ci odiano giustamente, come i bulgari e gli albanesi. Il resto dei balcani mi fa sinceramente pena, i greci su tutti , scusate l’esternazione

        • daouda scrive:

          chiaramente ciò lo intendevo nel senso del montenegrino non stocavo-serbo come rimasuglio di una componente differente tipica dell’erzegovina nell’insieme

          • habsburgicus scrive:

            il montenegrino ha peculiarità
            tanto che nel 2009 rompendo un tabù (e scatenando le ire degli jugoslavisti) il governo di Podgorica ha introdotto due nuove lettere nell’alfabeto, rompendo una consuetudine di oltre 150 anni ! neppure il NDH osò toccare l’alfabeto
            le due nuove lettere sono
            Ź e Ś in caratteri latini;
            Ӟe Ć in caratteri cirillici
            tali lettere rappresenterebbero suoni peculiari al montenegrino
            la Ӟ non é proprio così (é З con accento acuto), è così rara che non ce l’ho sulla mia tastiera 😀 😀
            le altre 30 corrispondenze latino-cirillico sono quelle canoniche sin dal 1850

            • habsburgicus scrive:

              l’opera in cui vi sono queste cose é
              Pravopis crnogorskoga jezika=Ortografia della lingua montenegrina
              edita dal Ministero dell’Educazione (prosvjete, gen.) e della Scienza (nauke, gen.) del Monte Negro (Crna Gora) a Podgorica (Titograd in epoca marxista)..dunque ufficialissima, mica pizza e fichi ! 😀
              l’opera é accompagnata da un dizionario ortografico
              l’alfabeto riformato lo trovate a pag. 8
              per i serbi, sarebbe tentativo di genocidio culturale della serbità 😀
              http://www.gov.me/files/1248442673.pdf

            • daouda scrive:

              però è indubbio che un montenegrino-erzegovine di per sè è minoritario anche in terra propria e nella erzegovina bosniaca neanche è ben delineabile.
              Dunque il montenegrino è un dialetto yugoslavo ( basta co sto cazzo de serbo-croato di merda )?

        • daouda scrive:

          p.s. chiaramente era ironico!

        • habsburgicus scrive:

          io solo le slovene 😀

    • PinoMamet scrive:

      Da ignorante, simpatia pelle:

      -sloveni: non ho simpatia per i micropopoli europei, e in genere. A parte che sono di lingua slava, mi sembrano una sottomarca degli austriaci, cultura in fondo tedesca.

      -croati: simpatia zero; sono chiaramente gli occidentali (alfabeto latino, religione cattolica ecc.) rispetto ai fratelli serbi, e io amo l’oriente.

      -bosgnacchi: una volta erano turchi, di lingua slava ma il termine turco era quasi sinonimo di musulmano, quindi molto orientali e mi stanno simpatici

      -serbi: mi stanno più simpatici dei croati

      -montenegrini: il massimo della simpatia, nella letteratura romantica e ottocentesca avevano fama di esotici sanguinari briganti dal costume pittoresco, quindi la perfezione

      -albanesi: se non fossero fanaticamente anti-greci mi potrebbero anche stare simpatici, più o meno per le stesse ragioni dei montenegrini, ma i pregiudizi sono pregiudizi e le prime passioni non muoiono mai, Grecia tutta la vita!

      -bulgari: mah, in fondo sono dei perfetti sconosciuti, però hanno creato quel furbacchione dell’artista Christo quindi meno un segno meno per prudenza.

      Oh, non prendetemi troppo sul serio eh? ma i gusti sono gusti 😉

      • PinoMamet scrive:

        Aggiungo, come altra caratteristica che mi rende antipatica la cultura croata, lo scarso rispetto che hanno verso gli italiani, censurati nella loro storia e monumenti (era Habs che mi segnalava che nel monumento della battaglia di Lissa- credo- sono stati deliberatamente esclusi i nomi dei marinai absburgici di etnia italiana- cioè, beh, quasi tutti quelli che si occupavano della parte marinara vera e propria- facendo passare per una “vittoria croata”?)

      • PinoMamet scrive:

        tra l’altro ricordo lontani (pre-dissoluzione della Yugoslavia) reportage di pesca a mosca nei Balcani, corredati di bellissime foto, e spesso si citava l’accoglienza fredda, diffidente o quasi aggressiva ricevuta in molti luoghi; ora non ricordo più bene in quali.

        Amici in vacanza da quelle parti confermano sostanzialmente.
        Io sono stato solo in Slovenia di passaggio, direi che mi sono trovato bene.

      • Peucezio scrive:

        Pino,
        abbastanza d’accordo sul resto (anzi, direi molto d’accordo) ma non toccarmi gli sloveni, che sono gli unici indoeuropei attuali ad aver mantenuto il duale!

      • daouda scrive:

        a ricordà che li slavi sò li germani d’oriente

      • mirkhond scrive:

        “-sloveni: non ho simpatia per i micropopoli europei, e in genere. A parte che sono di lingua slava, mi sembrano una sottomarca degli austriaci, cultura in fondo tedesca.”

        Concordo.
        E aggiungo che per me dovrebbero tornare sotto l’Austria per le ragioni che hai citato (pur col necessario bilinguismo).
        Del resto i Sorabi fanno parte della Germania pur essendo slavi.

      • mirkhond scrive:

        “albanesi: se non fossero fanaticamente anti-greci”

        E’ un fanatismo speculare a quello dei Romei per gli Albanesi.

        • PinoMamet scrive:

          è vero;

          e del resto credo che i greci avrebbero volentieri ellenizzato a forza un po’ tutti gli albanesi, avessero potuto, più o meno come hanno ellenizzato i moltissimi arvaniti che vivono nell’attuale territorio greco
          (che mi risulta si considerino completamente greci e non vogliano aver troppo a che fare con l’Albania)

          Gli albanesi non mi pare abbiano fatto granché per “illirizzare” la cultura della minoranza greca del loro paese;
          non hanno mai nemmeno negato che esistessero, in quanto greci, semmai (leggo ora su Wikipedia) hanno impedito che parlassero greco fuori dai loro territori riconosciuti e litigano un po’ sui numeri: poca cosa, specialmente se paragonato alla sorte dei Cham (o come si scrive);

          in compenso gli albanesi “albanesizzano” in senso storico, nel senso che tutti quelli con cui ho avuto modo di parlare con l’argomento sono convintissimi di tutte quelle robe sui Pelasgi di cui ci parlava il buon Ritvan, e sulle quali non voglio tornare visto che non c’è lui a rintuzzarmi.

          Ma insomma rientra nella categoria delle solite polemiche folkloristiche tra paesi, pardon, secondari (un po’ dello stile “ridateci la Gioconda”).

          • mirkhond scrive:

            (che mi risulta si considerino completamente greci e non vogliano aver troppo a che fare con l’Albania)

            Mi sembra che, almeno in famiglia, parlino un dialetto albanese di tipo tosco.
            Però in effetti, come ortodossi da secoli residenti nella Rumeli, si considerano romei.

            • daouda scrive:

              te ce l’hai co sti romei…i greci di oggi si dicono elleni no romei

              • mirkhond scrive:

                Sono Romei.
                Gli Elleni sono quelli antichi e pagani.

              • Francesco scrive:

                insisto a ricordare che sarebbe buona educazione chiamare i popoli col nome che loro stessi si danno … con poche eccezioni tipo di gallesi che in in gallese avranno un nome con 19 consonanti e una Y

                🙂

              • mirkhond scrive:

                Non condivido. 🙂

              • PinoMamet scrive:

                I gallesi in gallese hanno un nome semplice, Cymry (che abitano il Cymru e parlano Cymraeg);

                il gallese è una delle mie lingue preferite!! 🙂

              • daouda scrive:

                a Mì a me mme pare che essendo crollato l’impero romano, non ha senso chiamare romei i greci, anche perché se sotto l’islamicicci ciò serviva a dilli ortodossi, mmo i greci sò ortodossi a chiazze, quindi ciò raggiona io, stacce

              • mirkhond scrive:

                Sono Romei.

              • daouda scrive:

                c’è l’impero romano? NO

                sono tutti ortodossi? NO

                romeo è pure un bulgaro od un turco ortodosso

              • daouda scrive:

                pé come raggioni te eh, pure n’arbanese ortodosso è romeo, perché magara coi turchetti ol bulgaretto slavo te la riggiri come cazzo te pare

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Tra elleni e romei, io preferisco chiamarli greci.

              • mirkhond scrive:

                I pregiudizi di un’educazione classicista….. 🙂

              • mirkhond scrive:

                “pé come raggioni te eh, pure n’arbanese ortodosso è romeo, perché magara coi turchetti ol bulgaretto slavo te la riggiri come cazzo te pare”

                No, perché il “Greco” medievale e moderno per secoli si è chiamato ROMAICO, cioé la lingua dei Romei.
                Che slavi e albanesi ortodossi NON parlavano.

              • mirkhond scrive:

                “un turco ortodosso”

                Che è un antico romeo turchizzato, ma che ha mantenuto la fede cristiana ortodossa.

              • daouda scrive:

                è inutile che fai il gioco delle 3 carte.

                Romaico è termine che indica originariamente l’appartenenza all’impero bizantino e la Fede ortodossa, con la cultura che ne derivava.

                Grazie al cazzo che và ad indicare principalmente i greci demmerda, l’impero parlava greco ormai e l’equivalenza era ovvia.

                Mmo dimme da dove cazzo deriva il termine rhōmaikós?

                Pure io ( e nun me puoi rompe er cazzo su sta affermazione idiota che farò ) parlo una lingua neo-romaica.

                T’appoggio sempre quando aribbadisci che i greci d’Oriente erano romani pé davero, ma nun è che na trasposizione data n’etnia dominante modifica la realtà.

                Eppi greco è n termine perfetto: sinnò tra pelasgo, danao ed ellenico, del mix de quei territori nun sapremmo che cazzo ddì, mentre greco è un termine ottimale

              • mirkhond scrive:

                Pensala come ti pare.

              • habsburgicus scrive:

                Tra elleni e romei, io preferisco chiamarli greci.

                ho sempre ammirato la concretezza di Mauricius 😀

              • daouda scrive:

                Rigas Velenstinlis Feraios all’alba dei moti greci anti-islamici dunque anti ottomani chiamava barbari albanesi, valacchi e bulgari e li invitava a parlare romaico.
                Lo sò che ci si riferisce al romaico come lingua greca.

                Non cambia il fatto che sia sbagliato perché comunque sia, precedentemente, romaico andava ad intendere colui che era cittadino romano cristiano.

                Anche un albanese era romaico ossia romano cristiano, come un bulgaro od un valacco/arumeno.

                NON ME NE FREGA UN CAZZO A ME DI VOI STUDIOSI.

                Lo stato di Israele si chiama Giordania costiera, Libano del Sud, Nabatea del Nord, Samaria, chiamalo come cazzo vorresti ma israele ed ugualmente la palestina NON ESISTONO.

                per dire: nperché l’america LATINA si chiama così, ha senso.
                Và chiamata ibero-america ( e magari capita vi si parli un castigliano migliore che in Spagna ) perché sennò devi dividere il Brasile dal resto.

                Quindi vaffanculo te ed i greci che si dicono parlanti romaico.
                I greci parlano greco, e furono romaici sotto l’impero, e continuano ad esserlo se ortodossi giacché le diocesi/eparchie sono la diretta espressione giurisdizionale dell’IMPERO ROMANO che, proprio per via dell’assorbimento e convergenza poste in essere , sopravvive nella Chiesa.

                Tutto ciò è, mentre l’autocrazia Costantinopolitana , imperiale od arcivescovile ( il patriarcato di Costantinopoli neanche esiste, mettitelo in testa ) col suo sublime romaico ha fatto solo danni, ed è per questo che il Fanar non conta un cazzo e l’impero si è dissolto nella Chiesa invece di proteggerci

              • daouda scrive:

                i greci comunque sia sono:
                -pelasgi
                -elleni
                -danai

                e tutto il resto con cui sono venuti in contatto

              • mirkhond scrive:

                Non sai parlare senza insultare?
                E comunque ricambio cordialmente.

      • Roberto scrive:

        Sono d’accordo su tutto tranne che sugli sloveni che mi stanno simpatici proprio per quel loro essere ponte fra il mondo slavo e quello tedesco

        • mirkhond scrive:

          A me non stanno antipatici nemmeno i Croati, nonostante deplori il loro nazionalismo esasperato e ovviamente non approvi la loro ostilità antitaliana.
          Che poteva avere un senso nel risorgimento e poi sotto lo stato sabaudo-fascista, mentre oggi mi sembra del tutto esagerato.

      • paniscus scrive:

        “bulgari: mah, in fondo sono dei perfetti sconosciuti, però hanno creato quel furbacchione dell’artista Christo quindi meno un segno meno per prudenza.”
        ———————

        …a prescindere dall’assonanza dei nomi, c’è di peggio: la Julia Kristeva 🙂

        • habsburgicus scrive:

          il bello è che Kristeva è una traslitterazione del tutto arbitraria, essendo Krăsteva, o volendo Krŭsteva (io seguo la via antiqua, prediligendo ă per Ъ ma oggi i più rendono quel simbolo con ŭ)..dunque capirei Krasteva o Krusteva, senza i diacritici (che dan fastidio :D) o financo Krsteva (con l’eliminazione tout court del Ъ) il che darebbe un vago sapore serbizzante al nome [il serbo ha spesso quattro consonanti, tipo krst]..non capisco Kristeva..ma come diceva Ferrini (era lui ?) in Quelli della Notte “mi adeguo”

  45. Moi scrive:

    @ PEUCEZIO (sulle Toghe Kalergiche)

    https://video.corriere.it/politica/carola-rackete-salvini-pure-zecca-tedesca-mi-ha-denunciato/dc916538-aa09-11e9-a88c-fde1fa123548

    … Carola Rackete, Salvini: «Pure la zecca tedesca mi ha denunciato»

  46. Moi scrive:

    Torna il discorso che il Socialismo Reale ha “cronocriogenizzato” l’ Amor Patrio … mentre “Noi” ,con il “Consumismo” sfrenato, abbiamo mandato in vacca qualsiasi cosa possa farci sentire appunto un “Noi” a partire da “Io, Tu, Lui, Lei” !

    • daouda scrive:

      te prude parlà de socialismo irreale solo perché vòi nasconne che della realtà nun ciài capito ‘n cazzoQ

      • Moi scrive:

        Cor Consumismo avemo fatto de peggio : in pratica , nun stamo a crede più a’ n cazzo ! …

      • daouda scrive:

        a me invece me pare che credi tante cose tu per primo quindi , esulando dalla questione “noi” (!!!) e realtà od irrealtà misto a fattualità e postulazione di cosa sia davvero un socialismo, il consumismo non porta a ciò che scrivi

  47. Moi scrive:

    L’ unica cosa di “tratti somatici” (vera e propria ossessione, qui, per alcuni …) è che ciò che chiamiamo “Bianchi” in generale e “Nordici” in particolare è frutto di geni recessivi … il Paradosso dell’ AntiRazzismo consiste appunto nel prendersela visceralmente proprio con i Geni Recessivi per tutelare la “Diversità” !

    Con gli Esseri Umani è un Tabù Contraddittorio (!) Assoluto, ma se parlassimo di qualsiasi altro essere vivente animale (o pure pianta) … il discorso sarebbe di un tautologico disarmante !

    … Nevvero, Habs ? 😉

    • daouda scrive:

      quindi per te i mongoloidi ed amerindi stanno sparendo?

      voglio vede come cazzo rispondi.

      • Moi scrive:

        Te risponno che nun ce stai accapì ‘n cazzo : li ggeni più reccessivi (che nun vor di’ che stanno a tornà ar cesso ; ! ) so’ da Norreni, e so’ pure li più sottoposti a Blèndingh A’ut Kalergico ! 😉

      • daouda scrive:

        Lo sò idiota, ma evidentemente kalergi ha operato anche nel 1492, nevvero?

      • daouda scrive:

        ad ogni modo:

        a) non esiste alcun paradosso nell’antirazzismo essendo semplicemente una strategia

        b) il nordico è semplicemente un mediterraneo depigmentizzato, indoeuropeista di merda che sei

        c) non mi pare si faccia molto per preservare la diversità di flora e fauna checché se ne dica.
        E non è vero che è un tabù tou court, giacché vale solo per i caucasoidi, della protezione di qualsivoglia minoranza ( foss’anche degenere ) i sinistri sono sempre pronti e proni.
        Che sia ipocrita non c’è dubbio dunque.

        Per quanto riguarda la dominanza o la recessività , oltre ad esserci un “momento” intermedio, prendi i negri africani ed i negri statunitensi.
        Ora io non è che dò credito al QI, che andrebbe comunque chiamato QR ( quoziente di razionalità ) visto che comunque è da valutare molto molto molto importantisticamende l’alimentazione, l’opportunità e sviluppo ambientale et similia, ma i negri africani sono meno QR dei negri statunitensi proprio perché questi ultimi hanno influssi caucasoici.
        Ripeto, il Qr poi è sballato perché troppo analitico e “logicistico” ed infondo statistico e non tiene conto del grande ambito della razionalità stessa ( cosa comunque sia oltretutto distinta dall’intelligenza ) ma quanto ha influito dunque l’apporto caucasoide se infondo i negri statunitensi sempre negri sono?

        E poi non esiste un gene per un singolo aspetto, come d’altronde il tuo assunto deve per forza non considerare le subrazze all’interno dei 3 gruppi, che essendo invece 5 già danno più problemi.

        Ah l’ultima cosa…qual era la rappresentazione medievale di Sem?
        Ecco, così la smetti di fare il filo-germano/slavo finto destroide

    • PinoMamet scrive:

      “b) il nordico è semplicemente un mediterraneo depigmentizzato”

      Lo si dice sempre nei forum di antropologia fisica, ma a me non sembra affatto…

      i nordici sono chiaramente più alti e hanno spesso la faccia più lunga, colori a parte. In genere sono anche più robusti fisicamente.

      A loro volta i nordici sono divisi in vari sottogruppi, proprio come i mediterranei, quindi boh, può essere che alcuni di questi si somiglino in effetti.

      In generale non credo affatto all’antropologia fisica, se non come pseudodisciplina un po’ a spanne, per passare il tempo.

      Però sono incuriosito dalle sue interazioni con la genetica (cioè, voglio vedere se la genetica conferma il racconto dell’antropologia fisica o meno).

  48. Moi scrive:

    SEGNALAZIONE

    Morto dopo Andrea Cammilleri , 17 Luglio , anche Luciano DeCrescenzo … 18 Luglio

  49. Moi scrive:

    Mah … purtroppo c’è molta ideologia , tipo che SE dici che “è DNA che i Neri sono più prestanti per sesso e sport” rischi che ti danno il Nobel … SE invece dici “è DNA che i Neri sono meno prestanti per capacità matematico-scientifiche” il Nobel te lo tolgono retroattivamente (… come retroattivamente mettono Quote Nere pure in un film sulla Mayflower !) anche se hai scoperto il DNA !

    • daouda scrive:

      il probblema è che sò cazzate sia l’una che l’altra semmai

    • daouda scrive:

      un negro è bono a corre no a sollevà i pesi per dì, e pure sui genitali se potrebbe arguì.

      Ugualmente un cinese lasciato a se stesso nun fa n cazzo ed il negro è di per sè più sveglio.
      E’ stubbido dunque?

      Sti cazzo de criteri non hanno senso dunque quer cojone è stato condannato per una cosa giusta non solo perché l’IQ ossia RQ non ha senso di per sè per come è proposto, ma perché se il potere odierno vuole anche far finta di non essere quel che è, perché non può farlo?
      sarà Moi a rimediare? NO, perché rimediaranno sempre loro, i comunisti che combattono il politically correct che hanno creato prima e sta portando i suoi frutti.

      Quindi sta bbono, che stai iniziando a stancare, la tua fase è finita, sei vecchio, e se sei sincero stai iniziando a patteggiare col nuovo che avanza, il nuovo nemico, che è sempre lo stesso perché forse è il caso di dirti che è da almeno 100 anni, se non duecento, che abbiamo già perso, e si và per le lunghe solo affinché la rete, quando servirà tirarla fuori dal mare, abbia derito ben bene a tutto il fondale.
      Solo scogli od insenature salveranno chi, negandosi il mare libero, avrà avuto riparo.

  50. Moi scrive:

    Per come la vedo io, la roba davvero inquietante è un’ altra, anzi : “Ben” Altra 😉 …

    questo IperProtestantesimo Laico tale per cui il Giovane Scienziato degli Anni Cinquanta era presdestinato (anzi: lo era già in fieri !) il Vecchiaccio PRESUNTO Razzista di adesso !

  51. mirkhond scrive:

    “Tutto ciò è, mentre l’autocrazia Costantinopolitana , imperiale od arcivescovile ( il patriarcato di Costantinopoli neanche esiste, mettitelo in testa ) col suo sublime romaico ha fatto solo danni, ed è per questo che il Fanar non conta un cazzo e l’impero si è dissolto nella Chiesa invece di proteggerci”

    Senza entrare in questioni di alta teologia, le cause del declino e del crollo della Romània bizantina, vanno ricercate

    1) nella frattura religiosa insanabile tra Ortodossi e Monofisiti dei secoli V-VII dopo Cristo, che alla fine favorì la conquista araba e la (sia pur lenta e graduale) islamizzazione della Fertile Mezzaluna e dell’Egitto.
    2) dopo tre secoli di equilibrio in una Romània sostanzialmente ridotta all’Anatolia e a brandelli di territorio balcanico e italico, ma relativamente più omogenea religiosamente ed etnicamente rispetto all’Impero di Giustiniano (527-565 d.C.), la ripresa dell’offensiva e la riconquista romana di Armenia e parte della Siria sotto gli imperatori Niceforo II Foca (963-969), Giovanni I Zimisce (969-976) e Basilio II (976-1025), riaprì il conflitto coi monofisiti armeni e siriaci, con una politica di forzata assimilazione all’Ortodossia di Calcedonia che si rivelò nuovamente fallimentare e che finì col favorire la prima invasione turcomanna dell’Anatolia e del Medio Oriente nell’XI secolo. A cui si aggunse lo spostamento del baricentro romano-bizantino nei Balcani, grazie anche alla conquista della Bulgaria sotto Basilio II, e lo smantellamento dell’esercito tematico anatolico, fondato sui contadini soldati, molto motivati nella difesa della loro terra, e sostituito con mercenari eterogenei, più attrezzati per la nuova politica di conquista imperiale, ma più onerosi e di dubbia fedeltà, come dimostrato proprio dal disastro di Manzikert (19 o 26 agosto 1071) che aprì l’Anatolia alla conquista e penetrazione dei Turcomanni musulmani.
    Che si dovette infine, anche alle lotte tra la stessa grande aristocrazia romano-bizantina per il possesso del trono, e il ricorso dei vari pretendenti alle bande turcomanne per raggiungere lo scopo (penso a Giuseppe Tarcaniote e Andronico Ducas che tradirono l’imperatore Romano IV Diogene, provocando il disastro di Manzikert, o al rifiuto del governo del nuovo imperatore Michele VII Ducas, che rifiutando di pagare la somma stabilita dal sultano turco Alp Arslan, dopo Manzikert, portò nel 1073 alla penetrazione turcomanna in Anatolia; o ancora a Niceforo Votaniate che nel 1078 non esitò a ricorrere ai turcomanni guidati dal cadetto selgiuchide Suleyman ibn Qutulmish, a cui cedette Nicea e quanto restava dell’Anatolia occidentale romana, per raggiungere Costantinopoli e diventarvi imperatore; nel 1081, al momento dell’ascesa al trono di Alessio I Comneno, i Romani controllavano soltanto pochissime piazzaforti costiere, essendo il resto dell’Anatolia in mano ai vari beg turcomanni, più vari principati armeni tra Cilicia, Cappadocia e Siria del Nord, resisi DE FACTO autonomi da Costantinopoli dopo Manzikert, e poi in parte conquistati dai sultani turchi oppure finendo con l’allerarsi con i Franchi giunti in Oriente per le Crociate).
    3) I Comneni riuscirono a recuperare metà dell’Anatolia, grazie ad una sapiente politica di divide et impera dei loro nemici, Turchi e Franchi, sfruttando ora l’uno ora l’altro.
    Però il sistema che andò feudalizzandosi, senza più il supporto dell’esercito dei contadini-soldati, si riveò alla lunga fragile, e bastò il governo di un demagogo fanatico come Andronico I Comneno (1182-1185), per generare la crisi che avrebbe condotto alla disastrosa conquista franco-veneziana di Costantinopoli del 1204.
    Ciò che restava dei territori romani in Anatolia, la fascia costiera pontica intorno a Trebisonda, sotto un ramo dei Comneni, e l’Anatolia occidentale con capitale Nicea, pur di dimensioni ridotte, dimostrarono di essere più saldi dell’edificio comneno del XII secolo.
    A Nicea, i suoi sovrani, soprattutto Giovanni III (1222-1254) riuscirno a ricostituire l’esercito dei contadini-soldati e a trovare un equilibrio col sultanato turco di Rum, e poi con gli invasori mongoli.
    Tuttavia i sogni di riconquista di Costantinopoli e della Romània balcanica, soprattutto con MIchele VIII Paleologo (1259-1282) portarono all’abbandono dell’Anatolia e al concentrarsi delle residue forze imperiali nei Balcani per far fronte ai vari nemici franchi, serbi e bulgari. In più Michele VIII, come accennato in precedenza, smantellò il sistema dei contadini-soldati, sguarnendo le difese anatoliche, proprio all’epoca della nuova ondata di invasioni turcomanne, provocate dall’arrivo dei Mongoli.
    A ciò si aggiunse, proprio per salvare la Romània soprattutto dalle mire del nuovo re di Sicilia Carlo I d’Angiò (1266-1285), l’infausta politica religiosa unionista filocattolica del 1274-1282 che alienò a Michele VIII gran parte dei suoi sudditi e del clero ortodosso, opposizione molto forte proprio in Anatolia.
    Dunque il nuovo spostamento del baricentro imperiale nei Balcani, la scomparsa dell’esercito dei motivati contadini-soldati, i contrasti religiosi e l’avidità della grande aristocrazia feudale, provocarono alla fine il crollo definitivo della Romània sotto i Turchi Ottomani.

  52. mirkhond scrive:

    errata corrige: finendo con l’allearsi

  53. mirkhond scrive:

    Comunque il Patriarcato di Costantinopoli esiste dal 381 d.C., quando il Concilio di Costantinopoli del 380-381 d.C., elevò il vescovato istituito da Costantino I (306-337 d.C.) appunto in patriarcato.
    E mi risulta che sia sempre stato considerato canonicamente valido da tutti gli altri patriarcati ortodossi di Alessandria, Antiochia, Roma e poi Gerusalemme.
    Nonostante i contrasti sorti, a targhe alterne con Roma, fin dal Concilio di Calcedonia del 451 d.C., per la suprema autorità sulla Cristianità Ortodossa.
    Contrasti che sarebbero infine sfociati nel famoso scisma del 1054, che però divenne davvero radicale solo gradualmente, soprattutto dopo la conquista di Costantinopoli del 1204 (ad esempio gli arcivescovi di Milano, ancora almeno fino ai primi del XII secolo si consideravano in comunione con Costantinopoli pur essendo legati a Roma).

    • Francesco scrive:

      leggendo le folli storie politiche di Bisanzio non posso che riconvertirmi alla democrazia!

      caro Duca, grazie della tua sconfinata erudizione

      persino l’ascesa al potere di Boris l’altro fesso è poca cosa, rispetto ai disastri romaici (o romei? o bizantini? o romani?)

      • mirkhond scrive:

        Io invece non sono sempre ostile all’autocrazia.
        Gli imperatori romani a lungo perseguitarono il Cristianesimo, ma fu uno di loro, Costantino il Grande a portare l’Impero Romano sulla via della cristianizzazione di massa, portata avanti e compiuta dai suoi successori (a parte l’anacronistica parentesi di Giuliano l’Apostata nel 361-363 d.C.).
        Se Roma fosse rimasta un’oligarchia senatoria, dubito fortemente che sarebbe mai diventata cristiana.

        • Francesco scrive:

          bah, le repubbliche magari sono più lente ma non fanno certi folli salti nel vuoto

          e poi Roma (tutte le Rome) sono un perfetto esempio di come le autocrazie non sanno darsi regole per la successione

          che è uno dei motivi per cui ammiro anche intellettualmente, a freddo, il sistema USA

          • mirkhond scrive:

            “e poi Roma (tutte le Rome) sono un perfetto esempio di come le autocrazie non sanno darsi regole per la successione”

            Sì, qui hai ragione, e proprio la mancanza di chiare regole di successione, dette adito a frequenti usurpazioni e colpi di stato nell’Impero Romano, sia pagano che cristiano.
            Nella Romània bizantina il principio dinastico, pur senza evitare occasionali usurpazioni, cominciò rafforzarsi con la progressiva feudalizzazione del sistema romano centralistico, sotto i Comneni (1081-1185), contribuendo ad una maggiore stabilità isituzionale negli ultimi secoli dello stato romano.
            Che però furono secoli di progressivo declino della struttura statale romana per le ragioni cui si è accennato in precedenza.
            Invece il principio dinastico divenne più saldo in una parte del mondo germanico, e cioé quello franco, con le sue longeve dinastie dei Merovingi (V sec.- 751 d.C.), Carolingi (751 d.C. ma de facto fin dal 687 d.C. – 987 d.C.) e per il Regno dei Franchi Occidentali poi chiamato Francia con i Robertingi/Capetingi (987-1792 e 1814-1815 e 1815-1848).
            Come disse una volta Montanelli, la solidità della monarchia franca, creò le premesse della forte Francia moderna.
            Questa saldezza del principio dinastico affonda le radici nel passato pagano germanico dei Franchi.
            I quali credevano che i loro re avessero nelle vene il sangue di Odino, principio che si mantenne anche dopo la conversione di Clodoveo al Cattolicesimo intorno al 496 d.C.
            Anche se divenuti cristiani, i Franchi continuarono a credere che i loro sovrani avessero un qualcosa di sacro nel loro sangue.
            Da qui la lunga fedeltà dinastica ai Merovingi, persino dopo Dagoberto I (629-638 d.C.), i cui successori furono re “fannulloni”, e gli stessi Pipinidi poi detti Carolingi, pur DE FACTO padroni del regno con la vittoria di Pipino di Heristal nel 687 d.C., mantennero a lungo i re fantocci della dinastia legittima (tipo gli shogun giapponesi con gli imperatori), aspettando l’investitura papale nel 751 d.C., per spodestare i Merovingi.
            Ancora nel Regno dei Franchi Occidentali, fu solo la morte senza eredi di Luigi V il Fannullone nel 987 d.C. a portare definitivamente al potere i Robertingi/Carolingi (che già co Oddone avevano avuto accesso al trono, sia pure in maniera contrastata, nell’888-898 d.C. ; ma la gran parte dell’aristocrazia franca occidentale gli aveva contrapposto il carolingio Carlo III il Semplice, 893-922 d.C., a rimarcare ancora una volta il TENACE attaccamento franco al principio del sangue reale).

      • daouda scrive:

        non è una questione di autocrazia che lasciata a sè stessa senza compensazioni decentralistiche ed anche infondo democratico/comiziali potrebbe pure continuare ad andare bene, se il soggetto plenipotenziario è sveglio.

        Ad ogni modo il termine patriarcato di per sè non ha senso giacché anche Aquileia era patriarcato , ma giurisdizionalmente stava sotto la cappella di Roma come Costantinopoli di Antiochia.

        Il canone 28 di Calcedonia non è stato riconosciuto è quello il problema.

        Tutto poi ebbe inizio nel natale dell’800 con l’infame ed iniqua falsa incoronazione di Carlo sbaglio.

        Però sono d’accordo con la tua sintesi sempre chiara ed istruttiva.
        Era giusto così.

        p.s. Chi parla di Roma deve sempre ricordarsi di Edom. Allo stesso tempo però deve distinguerlo da Amalek, cosa che i giudei amano confendere, quando Amalek con Edom c’entra poco in realtà.
        Questa cosa ha anche importanza con le tribù perdute in realtà, ed una certa diramazione anomale di alcuni esponenti della tribù di Giuda.

        • daouda scrive:

          p.p.s come poteva DIO essere condannato da chi non aveva legittimamente il potere? Perché Roma? Questa è la domanda fondamentale per capire come mai la Giudea era in mano ai romani, e dunque chiedersi chi cazzo fossero davvero in realtà

  54. mirkhond scrive:

    Gli storici bizantinisti Ostrogorsky e Kazhdan ritenevano che il crollo romano-bizantino sia stato dovuto al sogno universalista imperiale, che già manifestatosi disastroso con Giustiniano, fu seguito dai suoi successori senza tenere conto dei rapporti di forza interni e internazionali ormai profondamente mutati.
    Quando gli imperatori hanno accettato il ridimensionamento fattivo dello stato romano (sul piano ideologico invece non lo accettarono mai), sono stati secoli di equilibrio, come nei secoli VII-X e nella prima metà del XIII secolo nel ridotto stato di Nicea.
    Purtroppo il sogno universalista mai accantonato e politiche di grandeur del tutto fuori posto, hanno provocato il declino e il crollo della Romània, con conseguenze disastrose soprattutto per l’Anatolia che, da terra cristiana divenne (sia pure gradualmente come abbiamo visto), un paese musulmano.

    • Francesco scrive:

      disastro religioso, perchè almeno per molti secoli l’Impero Ottomano fu un grande e potente impero

      sigh, ogni volte che penso a Santa Sofia mi si rattrappisce il cuore

      • mirkhond scrive:

        Disastro religioso soprattutto in Anatolia, che però più che per opera ottomana, fu la conseguenza delle precedenti invasioni turcomanne, soprattutto quella del XIII secolo, con lo stato di insicurezza dovuto alle continue guerre anche tra gli stessi invasori.
        Gli Ottomani giunsero (tranne in Bitinia, il piccolo principato di frontiera da cui ebbe inizio la loro straordinaria avventura, nel tardo XIII-inizi XIV secolo) si può dire, a cose fatte, riunificando un’Anatolia ormai divenuta in maggioranza musulmana e turcofona.
        Nei Balcani in 500 e più anni non islamizzarono, ne turchizzarono linguisticamente la maggioranza della popolazione, che rimase cristiana e con le proprie lingue non turche (tranne minoranze).

        • mirkhond scrive:

          Ancora nel 1914 in Anatolia il 25% della popolazione era ancora cristiana, ripartita tra Rum ortodossi (in gran parte di lingua romaica, ma anche di lingua turca o bilingui), Armeni (in gran parte appartenenti alla Chiesa Armena Apostolica e con minoranze cattoliche e ortodosse; a quest’ultima era legato il defunto Costanzo Preve amico di Miguel), e Siriaci giacobiti e nestoriani, stanziati soprattutto nel Kurdistan).
          Nel 1924 non restava che l’1% di popolazione cristiana, in seguito a massacri, genocidi, espulsioni consumate dai massonici Giovani Turchi (al potere col colpo di stato del 1908) e poi dalla neonata repubblica turca del loro erede Mustafà Kemal poi autonominatosi Ataturk (padre dei Turchi).
          Un sacerdote, nel 2000, mi disse che stando ai dati del Vicariato Apostolico Cattolico in Turchia, la i cristiani sarebbero circa 5.000.000 su una popolazione di circa 80.000.000 di abitanti.
          Si tratterebbe in gran parte di una cristianità di catacombe, essendo il numero ufficiale dei cristiani di circa 150.000, e costituito dai resti dei tre gruppi etnoreligiosi sovracitati, spesso fattisi passare per turchi e curdi per non avere seccature e per non subire discriminazioni sul posto di lavoro.

          • daouda scrive:

            avete rotto il cazzo ad appioppà alla Massoneria il male del mondo.

            Quelli erano cripto-ebrei sabbattisti/frankisti. DITELO!

            • mirkhond scrive:

              L’essere ebrei sabbatiani non esclude l’essere massoni.
              Anzi, proprio perché nascosti, abituati ad una doppia identità, i sabbatiani erano più predisposti al segreto cospirativo massonico.

            • daouda scrive:

              i massoni contano poco, e non fanno così schifo

              • mirkhond scrive:

                I Sabbatiani e gli Ebrei sefarditi di Salonicco che guidarono la rivoluzione dei Giovani Turchi nel 1908, erano massoni.

              • daouda scrive:

                eh si, lo so

              • daouda scrive:

                ma fà più comodo dire che sono stati gli silamicicci cattivi seppur illuministoidi a far crepare la gente, se dovevi ddi che sò stati i sionisti frak-sabbatiani là erano cazzi,e te lo scrivo io che quando posso gli àbbrèi li difendo

  55. mirkhond scrive:

    “sigh, ogni volte che penso a Santa Sofia mi si rattrappisce il cuore”

    Anche a me.
    Così come alle tante chiese e chiesette dell’Anatolia divenute moschee, musei o mucchi di rovine……

  56. mirkhond scrive:

    “anche Aquileia era patriarcato , ma giurisdizionalmente stava sotto la cappella di Roma come Costantinopoli di Antiochia.”

    L’istituzione del Patriarcato di Costantinopoli fu speculare alla crescente importanza della nuova città imperiale romana, fondata da Costantino sui resti della cittadina greca di Bisanzio nel 326-330 d.C.
    Costantino ne fece la sua residenza favorita in cui visse negli ultimi anni della sua vita, ma la Nuova Roma non divenne automaticamente LA capitale dell’Impero Romano, in quanto i successori di Costantino alternarono i loro soggiorni con Antiochia, Sirmio e Milano (ma anche Treviri e Lione).
    Fu solo a partire dal regno di Valente (364-378 d.C.) che la Nuova Roma cominciò a divenire la sede stabile degli imperatori della Pars Orientis romana.
    Per cui sotto il nuovo imperatore Teodosio I (379-395 d.C.), finalmente Costantinopoli divenne la capitale dell’Impero Romano (anche se Milano e poi Ravenna divennero le capitali degli imperatori della Pars Occidentis).
    Per cui Teodosio, preso atto della nuova crescente importanza della Nuova Roma, decise di elevare il suo vescovato al rango di patriarcato, ed essendo il patriarcato della capitale, questo acquisì sempre più importanza rispetto agli altri patriarcati ortodossi orientali, ma non su Roma, il cui patriarcato era fondato sull’essere la vecchia capitale e soprattutto sulla successione del Principe degli Apostoli, San Pietro.
    Da qui i periodici conflitti tra Vecchia e Nuova Roma per la supremazia sulla Cristianità Ortodossa.

    • daouda scrive:

      la questione è abbastanza semplice:

      -a Gerusalemme ha agito ed è stato investito ( con un carro probabilmente, le automobili non c’erano ) Pietro, pur essendo Giacomo il gestore

      -ad Alessandria Pietro ha delegato il suo scrivano, Marco ( cosa non dissimile dall’attribuire un Vangelo od uno scritto all’artefice indiretto mentre una scuola o personaggio in realtà lo redige )

      – ad Antiochia abbiamo Pietro pé Pietro

      – a Roma hai Pietro crepato

      Il fatto che Roma avesse una primazia è una questione logico-metafisica: l’occidente è janitor, la porta deve essere ad occidente, mentre l’altare dà ad oriente ( e non è un caso che la basilica petrina NON sia così ).

      Il fatto che Gerusalemme fosse patriarcato ad honorem, ma sotto la cappella di Cesarea , rispetta la profezia di Isaia.

      Ma qui parliamo di basi petrine, appunto

  57. mirkhond scrive:

    Quanto ad Aquileia, pur essendo sede episcopale fondata, secondo la tradizione da Sant’Ermacora (o Ermagora), discepolo di San Marco e consacrato da San Pietro intorno al 50 d.C., essa divenne sede di un patriarcato solo nel 558 d.C. in seguito alla riconquista romana dell’Italia promossa da Giustiniano.
    Dunque pur essendo elevata a sede patriarcale, Aquileia non potè mai essere eguagliata ai 5 grandi patriarcati base dell’Ortodossia Cristiana.
    A ciò si deve aggiungere la fuga del patriarca a Grado, in territorio rimasto romano a seguito dell’invasione longobarda nel 569 d.C. e poi lo scisma del 606-698 d.C., che portò all’erezione di due patriarcati, uno rimasto a Grado sotto controllo romano-bizantino e fedele all’Ortodossia, e quello ripristinato dai Longobardi ad Aquileia in funzione antibizantina e fedele allo Scisma dei Tre Capitoli (553-698 d.C.) che a lungo lacerò la Chiesa Ortodossa occidentale.
    Anche dopo la composizione dello scisma i due patriarcati rimasero separati, il primo restando nell’orbita bizantina, e ben presto diventando la sede primaziale dell’emergente Venezia (il patriarca vi si stabilì da Grado nel 1105), mentre l’altro divenne parte del mondo longobardo e poi del Sacro Romano Impero.
    Quest’ultimo nel Medioevo, specie dopo la sua trasformazione in principato vescovile nel 1077, aveva la giurisdizione su un vasto territorio comprendente il Friuli, Trieste, l’Istria, la Carniola/Slovenia, la Stiria e la Carinzia, divenendo punto d’incontro tra mondo latino, germanico e slavo.
    Dopo la conquista veneziana del Friuli (1420) e la fine del principato vescovile, il patriarcato di Aquileia (che dal XIII secolo aveva sede ad Udine) vide decrescere sempre di più il proprio prestigio, soppiantato da quello di Grado (dal 1451 divenuto Patriarcato di Venezia) fino alla sua soppreessione nel 1751 ad opera di papa Benedetto XIV (1740-1758), e il suo territorio ecclesiastico spartito tra Venezia e gli Asburgo.
    Sia Aquileia che la sua filiazione di Grado/Venezia, pur giocando un ruolo importante nella storia del nord est italiano e nei territori alpini orientali, istriani e sloveni, non poterono mai affiancarsi ai grandi patriarcati ortodossi storici, forse proprio perché sorti più tardi e dunque senza quel prestigio che poteva derivare dall’essere una fondazione apostolica e/o una sede imperiale romana.
    Comunque ad Aquileia e a Grado/Venezia si conservò a lungo un particolare rito cattolico, detto Rito Patriarchino, poi soppresso nel 1596, per uniformarlo al Rito Romano, riformato a Trento (a Venezia, si continuò a seguirlo nella Basilica di San Marco fino al 1807).

  58. Moi scrive:

    A proposito d’ Inghilterra … pare (!) profilarsi una buona notizia :

    https://edition.cnn.com/videos/business/2019/07/23/boris-johnson-brexit-business-worry-stewart-pkg-first-move.cnn

    Boris Johnson … Brexit No Deal !

    • habsburgicus scrive:

      si….e ho pensato al nostro amico Z appena l’ho saputo 😀 😀 😀
      Rule Britannia !

      • Moi scrive:

        Let’s put ze gréit bècch ìntu Gréit Brìtein ! 😉

        • daouda scrive:

          “Letta ( ce sta bene ovviamente ) pone sé grande becchino dalla GB.”

          Te sei scordato Mosca, e Tel Aviv che scrive i compiti, che sennò viene bocciata.

          …Secondo me voi siete le personalità multiple di Mirk che interpretate voi stesse, e ce credete, ma lui era pronto a qualcosa che quando fa è sempre bello, e non c’è per quanto c’è, e c’è per quanto c’è che non c’è, quindi er risultato è che , alla fine, noi ce guadagnamo d’esiste, al prezzo della sua depressione.

          Sarà il fluido ambientale e l’atmosfera odorata a stabilire dove, quando e perciò, oibò, quanto sei brutto.
          _________________

          AO A MERDE+

          ognuno gioca er gioco suo, che per forza de cose è rispettoso a regà, ma devi giocà ed infondo qua in molti giocamo, porca troia è simpatica sta cosa.
          Come perché MA, mamma.
          _____

          Io già lo so, a quel punto la disquisizione è tra la J I oppure G

          _____

          Quando tutto è sedotto, il suicidio non basta

          P.s. Moi sei un comunista infiltrato ed utile idiota di merda, per il semplice fatto che sei Moi, un comunista infiltrato ed utile idiota di merda, per il semplice fatto che Moi sei , un comunista infiltrato ed utile idiota di merda, per il semplice fatto che voi.

          Pratica, teorica, sentimento, ma qua non c’è nessuno

          * AVVISIO A MM, MOI E’ UN COMUNISTA COME TE*
          Che magari te dispiaci che non vedi che vinci

          • daouda scrive:

            Che il suicidio non basti mi pare ovvio, ed è l’unico motivo per cui non ci si uccide.
            E se non ci si uccide si brama di vivere. E la brama non è uccidere tutti, ma gestirli. Perché in vita sei te.

            Nun cià senso, c’è l’ha, dipende da.
            Varie visuali, la mia…è ancora mia??? Ricettività e poi

            ______

            Vabbè ao è la gentilezza del poterci , ma secondo me siete più simpatici e meno fregnoni ma ve manca quekka cosa loà

            ORIANAAAAAAAAAAAAA

            p.s. secondo me i missili quanno esplodono sò come na loffa.
            Lo dico per quell’inetto che il missile l’ha preso: fidate, sarebbe stato peggio

          • daouda scrive:

            Na volta , mordevi na paggina de libro, foglio o quaderno.
            Se ce provi co lo schermo lo lecchi.

            Ho sbagliato procedura nella dispersione, scusate, ma sto a bestemmià da un Bel pezzo, sto solo cincischiando per trovare l’ultima parola.

            E visto che lo sai, stai o vai od hai. Laos style.

            E’ na droga la testiera, che anfatti mica strappi!

  59. daouda scrive:

    Penzavo de avé scritto peggio.
    Saluti e baci

    “Elliott visse nel paese decisivo, gli anni decisivi, quelli in in cui si è giocata la nostra esistenza”

    Me pare giusto che MM dia spazio a mme de farneticà dopo ste cazzate suggestionabili e suggestionate.

    Vabbè

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