Ragioni e migrazioni (1)

La polarizzazione comporta il rifiuto di immaginarsi che l’altro possa avere delle ragioni.

Eppure a volte mi sembra che abbiano tutti delle ragioni; o comunque accettare questa possibilità è l’unico modo possibile per iniziare una riflessione su cosa fare: io sono convinto che stiamo vivendo il momento più importante della storia dall’estinzione dei dinosauri, e perdere tempo a litigare è suicida e criminale, insieme.

Quando dico tutti, intendo innanzitutto i migranti stessi, cui di solito nessuno pensa; poi quelli che tifano per il Capitano Salvini che ci salva dagli immigrati e quelli che invece tifano per la Capitana Rackete che salva gli immigrati.

Cito un episodio di cronaca di cui nessuno si ricorderà tra qualche mese, ma che ha diviso gli italiani in due schieramenti urlanti e totalmente incapaci di ascoltarsi a vicenda (i migranti non li ascolta nessuno per principio).

Partiamo dalle ragioni dei migranti.

Quello che una volta chiamavano “Terzo Mondo” è un po’ a chiazze: in Nigeria c’è chi ordina la pizza in aereo da Londra.

Ma per non rendere troppo lungo il discorso, chiamerò Terzo Mondo quella parte del mondo da cui la gente tende a emigrare di corsa, se solo può.

E perché tende a farlo?

Dodici anni fa (mi sento un po’ Cassandra, pensando a cosa è successo poi nel 2011) scrissi qui:

Quando il sole arde forte sull’Egitto e fa salire verso il cielo l’odore onnipresente dei rifiuti, i giovani – ragazzi spesso di una straordinaria ma sprecata autodisciplina, curiosità e intelligenza – si trovano a milioni nei caffè, con un’unica certezza: ma fish mustaqbal, “non c’è futuro“. E hanno, ovviamente, ragione.

Esiste però una magra consolazione: tutti sanno che c’è un Egitto degli egiziani, un posto ancora più caldo, devastato, afflitto dalla miseria e ancora più privo di qualunque speranza.

E’ il Sudan, un paese messo così male che i suoi giovani sognano di emigrare in Egitto, stendere un tappeto per strada e vendere peperoncini ai passanti.

Con una discutibile metafora, gli abitanti dell’arido Sudan sarebbero “animali della giungla“, assicurano gli egiziani, che dicono che laggiù, laggiù, l’unico treno, sul suo unico binario, viaggia così in ritardo che spesso si sa solo in che settimana passerà.”

Nascere oggi in posti del genere, per certi versi, è come nascere in un villaggio dell’Aspromonte nel 1938.

Anzi, il Cairo oggi è più vicino a Milano, almeno in aereo, di quanto fosse l’Aspromonte per mulo e treno allora.

L’aspromontese probabilmente parlava griko, aveva dei santi che i milanesi ignoravano del tutto, era analfabeta, sapeva (a differenza dei milanesi) esattamente come far crescere certe piante, ma non capiva bene come funzionava un orologio, per cui non ci prendiamo in giro con discorsi retorici, “ma era pur sempre Italia!”

Lo studente del Cairo allevato in classi di cinquanta ragazzi si esercita dalla mattina alla sera a parlare in inglese, e comunque comunica tutti i giorni via Whatsapp con il cugino a Milano.

Due secoli di colonialismo hanno forgiato, da una parte, un mondo di Occidentali che non sanno nulla del resto del mondo; e un mondo di Occidentalizzati che conoscono il mondo molto meglio degli “occidentali” (sfido un italiano povero a emigrare in Pakistan e cavarsela).

Non è colpa di nessuno dei bianchi di oggi, ciò che è successo, e nessuno deve chiedere scusa a nessuno; e sospetto che non fosse nemmeno colpa se dei giovani fossero partiti un secolo o due fa, alla conquista del mondo. Ma il mondo è così, a causa dell’Occidente.

Ma è incredibile ciò che è successo al mondo negli anni che più annoiano, quando si studia la storia, diciamo il 1880…

Ci si chiede perché i giovani siano disposti a morire pur di emigrare nel 2010, mentre non lo fossero, poniamo, nel 1960. Quando forse “stavano peggio”, secondo semplici criteri statistici.

Sappiamo tutti che “Occidente” e “Oriente” vogliono dire poco (soprattutto se usati da un messicano nato a migliaia di chilometri a ovest dall’Italia), ma possono fare comodo se pensiamo ai tempi degli imperi.

Una volta c’era l’Occidente – Inghilterra, Olanda, Francia, Stati Uniti – che dettava al mondo come doveva vivere.

Oggi da noi in Occidente, non lo si prende più troppo sul serio, la scuola è un parco giochi dove imparare a sentirsi inclusivi; ma in Oriente, ci si sono attaccati come zecche

Manish Jain ha colto lo spirito con cui centinaia di milioni di giovani sono stati scolarizzati nel Terzo Mondo:

“L’attuale sistema educativo si fonda su un modello industriale settecentesco legato alle fabbrica… nel  caso migliore, è irrilevante, nel caso peggiore è un’attività criminale, che ha istupidito le persone, ha distrutto la loro creatività, le ha scollegate dalla loro cultura e ha fatto sì che se ne vergognassero, perdendo ogni connessione con il mondo naturale e la propria comunità.”

e aggiunge:

“Non riesco più ad accettare una narrativa dell’educazione, che mi insegna che mia nonna nata in un villaggio fosse analfabeta, primitiva, arretrata, stupida, incolta, sottosviluppata, incivile e incapace  di gestire i propri affari.”

Quanti italiani potrebbero riconoscersi in questo quadro, ma non ne hanno il coraggio.

Ignazio Buttitta, che quando vivevo in Sicilia mi fu citato innumerevoli volte:

“Un populu,
diventa poviru e servu
quannu ci arribbanu a lingua
addutata di patri:
è persu pi sempri.

Diventa poviru e servu
quannu i paroli non figghianu paroli
e si manciunu tra d’iddi.”

Per anni e anni, il giovane del Terzo Mondo è stato istruito a ritenere che l’unico modo valido di vivere fosse quello del Primo Mondo. E la conseguenza che la gente ne ha tratta è stata inevitabile: andiamoci allora nel Primo Mondo!

Visto che l’immigrazione di cui si parla adesso è quella dall’Africa Nera, aggiungiamo anche una pseudocultura africana, dove alle tradizioni reali si sostituiscono rap e hip-hop americani – già più di vent’anni fa, bande di tagliagole della Liberia cercavano avidamente di copiare nomi e usanze delle gang nere di New York; e su un altro piano, la sauditizzazione dell’Islam in Africa e l’evangelizzazione del cristianesimo.

Insomma, mi sembra normale che l’Africa – dove il 60% della popolazione ha meno di 25 anni – voglia andarsene altrove.

Dalla ragione del babbo contadino che ha cinque figli da mantenere, all’aspirante ingegnere elettronico che spera almeno di fare il facchino alla Conad.

In un’Italia senza frontiere, l’Aspromonte si è svuotato in pochi anni.

In un mondo senza frontiere, l’Africa si riverserebbe sull’Europa in tempi ancora più brevi.

Sparando una cifra a caso, diciamo che mezzo miliardo di persone, si riverserebbero domani sull’Europa, se potessero.

Un po’ come l’Aspromonte si riversò su Milano, ma con alcune importanti differenze.

Ad esempio, siccome l’Aspromonte faceva pur sempre parte dell’Italia, poteva contare su stipendi per poliziotti e insegnanti e guardie forestali, e quindi almeno qualcuno aveva motivi validi per restarci.

Mezzomiliardo è ovviamente una sparata: uno studio sulle migrazioni che andasse oltre agli insulti contro Salvini o la Boldrini dovrebbe prendere in considerazione quanti riuscirebbero a campare delle rimesse dei migranti (ma anche delle conseguenze negative, che si vivono in Messico, di una vita parassitaria di questo tipo), quanti tornerebbero a casa comunque, e tanti altri fattori di cui in fondo non sappiamo niente.

Però mezzomiliardo ci dà un ordine di grandezza.

E qui si pone il primo grande problema, quando parliamo di migrazioni.

Non stiamo parlando di quaranta persone salvate da un naufragio.

Non stiamo parlando di quaranta membri di una banda di spacciatori ghanesi.

Non stiamo parlando di quaranta estremisti islamisti.

Stiamo parlando di mezzo miliardo di persone.

Tutto il nostro sistema di diritto è fondato sui piccoli numeri: io ho il diritto di viaggiare in aereo, se pago il biglietto e non lancio bottiglie dai finestrini.

Ma cosa succede se centinaia di milioni di persone viaggiano in aereo, comportandosi ognuna perfettamente, e contribuiscono ad avvelenare il clima (semplifico) tanto da provocare centinaia di milioni di morti?

E’ molto difficile pensare in termini di Grandi Numeri: in fondo, cerchiamo sempre storie umane, di poche persone, buone o cattive.

Ammetto che fu un po’ anche il mio problema con Marx, che mi sembrava sempre un po’ disumano, nella capacità che aveva di vedere solo le grandi questioni,  mentre io pensavo unicamente a questo o a quell’individuo.

Forse però la sintesi tra Grandi Numeri e vita di persone, l’aveva colto Wendell Barry:

“Le razze e i sessi ora perfettamente fusi nell’inseguire l’obiettivo.
Coloro che erano già stati schiavi, coloro che erano già stati oppressi, ora erano liberi
di vendersi a chi offriva il prezzo più alto
e di entrare nelle prigioni che pagavano di più”

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36 risposte a Ragioni e migrazioni (1)

  1. Z. scrive:

    Non direi che il mondo è così a causa dell’Occidente. E per essere precisi, non lo direi nemmeno se non ti conoscessi, o se conoscendoti fingessi di non capire che “per causa” è un modo neppur troppo dissimulato per dire: per colpa dell’Occidente 😉

    • Peucezio scrive:

      E a causa di chi allora?
      Immaginati l’Africa oggi se avesse continuato a evolvere (probabilmente in misura minima) secondo le sue dinamiche interne. Sarebbe qualcosa di lontanamente simile a ciò che è?

      • Z. scrive:

        Se ci pensi, non esistono “dinamiche interne all’Africa”, Ezio: del resto, lo stesso concetto di Africa è una creazione dell’uomo.

        Esistono persone, culture, popoli che si incontrano e si scontrano. Alcune culture prevalgono, altre soccombono, e il risultato è il mondo che conosciamo.

        Questo succede da sempre: sin dalla preistoria i popoli migrano dentro e fuori l’Europa, l’Asia, l’Africa. Come sarebbe il mondo se le migrazioni non fossero mai esistite? boh…

        • Peucezio scrive:

          Respingo completamente questa visione.
          L’Occidente ha sconvolto equilibri plurimillenari in mezzo mondo. E’ come un virus devastante che di colpo si inocula in un organismo fino a quel momento sano.
          Quello che dici tu poteva valere fino al Medio Evo, diciamo fino all’invenzione della polvere da spro e delle armi da fuoco.

          Pensa all’America: non aveva visto l’uomo bianco fino a un certo momento, poi di colpo arrivano da nulla ‘sti personaggi completamente diversi e distruggono tutto, abbattono imperi antichi, sconvolgono tutti gli equilibri.
          Gli avrà fatto molto più effetto che a noi se sbarcassero gli extraterrestri.
          Lo chiami incontrarsi e scontrarsi? E no, questa è l’irruzione dell’estraneo assoluto, dell’alieno, del marziano.
          Pensa che in Africa (ovviamente subsahariana; per quella settentrionale vale ciò che dici) scambiarono i primi europei per spiriti dei morti, perché erano troppo pallidi per essere uomini vivi.

          • MOI scrive:

            Pensa che in Africa (ovviamente subsahariana; per quella settentrionale vale ciò che dici) scambiarono i primi europei per spiriti dei morti, perché erano troppo pallidi per essere uomini vivi.

            [cit.]

            ————-

            … fonte ?

          • Z. scrive:

            Ma da sempre le migrazioni hanno sconvolto gli equilibri preesistenti. Quelle preistoriche, poi, hanno sconvolto equilibri che spesso erano ben più che soltanto plurimillenari!

            Noi ci concentriamo soprattutto sul periodo che chiamiamo storico, meglio se da Roma in avanti; spesso, poi, valorizziamo soprattutto ciò che è accaduto negli ultimi secoli.

            Questo modo di ragionare è normale, e se mi passi la battuta è anche umano, ma l’uomo esiste da centinaia di migliaia di anni (e parliamo dell’Homo sapiens, altrimenti dovremmo proseguire a retrodatare).

            Per altri versi, la polvere da sparo non ha immediatamente trasformato la fanteria medievale nella fanteria meccanizzata del XX secolo. Numerose culture hanno resistito eccome alla penetrazione europea.

            Insomma, guardo con molta perplessità certe interpretazioni della storia dell’umanità così occidento-centriche 🙂

            • Peucezio scrive:

              Beh, non escludo che in altre epoche storiche (e soprattutto preistoriche) siano accadute cose analoghe, cioè equilibri sconvolti dall’esterno da popoli lontani e diversissimi come livello tecnologico, che irrompono del tutto inaspettatamente.
              Io mi riferivo al nostro ciclo storico.

              Poi c’è il fatto che oggettivamente i nostri mezzi sono i più potenti di tutta la storia umana, quindi fanno un casino centuplicato (molto di più, anzi).
              Però è anche vero che tutto è in proporzione.

          • Francesco scrive:

            Direi che Peucezio ha pienamente ragione e solo un letteralismo estremista può impedire di riconoscerlo.

            C’è stato un bel salto di qualità con il colonialismo dei bianchi “civilizzati” nel 1700 e 1800 rispetto a quello che si era visto prima, in Africa e Asia.

            In America erano bastati i bianchi “poco civilizzati” del 1500 🙂

            • Z. scrive:

              Ma certo, così come c’è un salto ulteriore al giorno d’oggi. Nel quale, come ci ricorda spesso Miguel, ci si può spostare con una facilità che era pressoché inimmaginabile fino a pochi decenni fa.

              Tutto dipende dalla scala. Hai presente il gioco della storia dell’universo ridotto a un giorno? ecco 🙂

  2. PinoMamet scrive:

    Ma io capisco benissimo che se uno si prende su dalla Nigeria, attraversa il deserto su un cassone di camion, si fa picchiare e stuprare in Libia e infine si stipa in un gommone per sbarcare, di tutti i posti, a Lampedusa (della quale probabilmente ignora pure l’esistenza), qualche ragione deve pur averla.

    Ma credo che lo sappiano persino i politici…

    • Francesco scrive:

      no, questo lo escluderei.

      anzi, sicuramente gli elettori di quei politici non vogliono sapere che i migranti abbiano qualche motivo per voler emigrare. loro non vogliono neppure sapere che fermarli richiede mezzi degni di Leopoldo, Alfredo, Giuseppe, Il Sung.

      vogliono solo sentirsi dire che non verranno più negri.

      🙁

  3. Francesco scrive:

    >>> “Non riesco più ad accettare una narrativa dell’educazione, che mi insegna che mia nonna nata in un villaggio fosse analfabeta, primitiva, arretrata, stupida, incolta, sottosviluppata, incivile e incapace di gestire i propri affari.”

    reazione immediata: beh, cazzi tuoi che soffri di sgangherato e malriposto orgoglio sovranista.

    reazione pacata: lo stesso meno un 5% a essere generosi

    • Simone B. scrive:

      Non sono d’accordo con te.

      La stessa visione c’era ( o meglio c’è) anche nei confronti dei contadini italiani considerati analfabeti, primitivi ecc ecc dai cittadini.

      Solo che non era vero. Erano portatori di un esperienza millenaria grazie alla quale avevano imparato a ricavare dalla terra molto di quello che è veramente indispensabile per vivere. Ed erano consapevoli che chi li disprezzava non sarebbe sopravvissuto a lungo a parti inverse.

      I più anziani mi hanno sempre raccontato con orgoglio il momento del passaggio del fronte (luglio 1944) quando il mondo ( per un breve periodo) si rovesciò: i contadini avevano da mangiare in abbondanza mentre i cittadini disprezzatori dovevano supplicarli per mettere qualcosa sotto i denti.

      • Francesco scrive:

        davo per assodato quanto dici e fa parte di quel 95% di permanenza del vaffa.

        la vita umana è quello che NON è indispensabile per vivere e, in questo senso, i contadini non sono pienamente umani – non lo sarebbero se non avessero un sacco di roba inutile e per questo veramente umana.

  4. Francesco scrive:

    >>> Per anni e anni, il giovane del Terzo Mondo è stato istruito a ritenere che l’unico modo valido di vivere fosse quello del Primo Mondo. E la conseguenza che la gente ne ha tratta è stata inevitabile: andiamoci allora nel Primo Mondo!

    e questo è un clamoroso non sequitur storico oltre che logico. Per un paio di secoli, la conseguenza dell’incontro tra Occidente e Resto del Mondo è stata “facciamolo anche noi qui come loro e diventiamo forti come gli uomini bianchi (“o anche meglio”). Rifaccio il caso esemplare del Giappone – ma credo che l’America Latina almeno a parole sia su quella strada da sempre.

    Troverei interessante capire quando e come c’è stato il passaggio da “facciamo anche noi qui come fanno gli occidentali” a “andiamo a vivere da loro che qui non c’è speranza”. Magari non guardando solo a un caso particolare come l’Egitto, eternamente in lizza per il record di squilibrio tra risorse di base e popolazione.

    Ciao

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Francesco

      “Troverei interessante capire quando e come c’è stato il passaggio da “facciamo anche noi qui come fanno gli occidentali” a “andiamo a vivere da loro che qui non c’è speranza”.”

      Concordo.

      L’Egitto non è un caso unico: pensiamo alla Siria, alla Libia, all’Algeria, al Sudan, all’Iraq o allo Yemen, o alla Nigeria, o alla Gambia, o al Senegal.

      Quest’ultimo peraltro un paese abbastanza stabile politicamente.

      O al Messico, che da duecento anni ha un sistema politico clonato su quello statunitense, solo che non funziona così 🙂

      Credo che il passaggio da “facciamo anche qui un Primo Mondo!” a “andiamocene via di qui, al Primo Mondo!” abbia una storia lunga: leggevo il curioso fatto, che non fa comodo a nessuno, che gli algerini hanno cominciato a stabilirsi in massa in Francia negli anni ’70: prima facevano in genere solo parte dell’anno e tornavano a casa. Il motivo della decisione di trasferirsi in Francia: i sindacati e la sinistra avevano cominciato una campagna contro “gli immigrati che rubano il lavoro agli operai francesi”, e quindi cercavano di mandar via gli “stagionali” algerini. I quali, per difendersi, si sono “radicati” in Francia.

  5. Francesco scrive:

    >>> Eppure a volte mi sembra che abbiano tutti delle ragioni;

    piena e totale ammirazione per questo incipit, che racchiude il meglio del kelebekkismo!

  6. Simone B. scrive:

    Segnalazione tecnica (senza ancora aver letto il post)

    Solo io ho un problema di visualizzazione della pagina?
    Sulla parte sinistra vedo sovrapposto un altro testo.

  7. Miguel Martinez scrive:

    Per Moi

    la fonte è un articolo di Luigi Bisignani sul Tempo, chiaramente “anti-immigrazione” (e poi non si capisce chi sarebbero “i preti in rivolta”); ma il ragionamento tutto sommato mi sembra che fili:

    https://voxnews.info/2019/07/01/preti-in-rivolta-contro-bergoglio-i-migranti-ci-costano-troppo/

    Rivolta dei sacerdoti contro i costi per l’accoglienza degli immigrati sostenuto dalle diocesi della Chiesa cattolica con i soldi dell’8 per mille.

    I preti protestano contro il Vaticano per la disparità di trattamento rispetto ai migranti, pari a circa 130 euro.

    E’ la differenza tra i 900 al mese spesi dalle diocesi italiane per mantenere un singolo migrante, e i 770 che, invece, percepiscono come stipendio i preti.

    I consacrati, secondo quanto raccontato dal Tempo, non sarebbero più disponibili ad assecondare quella che ritengono un’ingiustizia.

    Ma si sa, i 900 euro al mese erano fino ad ora un investimento. Infatti se il Vaticano spendeva questa cifra, era anche vero che ne incassava dallo Stato 35 al giorno, con un guadagno netto di 150 euro. Ma ora, con l’avvento di Salvini, non è più così, e i 21 euro di media al giorno non coprono i costi, portando ad una perdita mensile di quasi 300 euro. Che spiega anche la levata di scudi dell’apparato chiesaiolo contro Salvini.

    [Nell’articolo del Tempo, si sottolinea come i preti a volte accumulino diversi incarichi; e quindi il Vaticano sta cercando di pagare loro solo quello meglio retribuito, e mettere il resto nel fondo per migranti].

    • Francesco scrive:

      Beh, se non altro Papa Francesco è serio quando parla di accoglienza ai migranti. Se continua così riuscirà a far chiudere bottega alla Chiesa Cattolica Romana ma sarà stato coerente e quindi si sentirà felice e giusto.

  8. Andrea Di Vita scrive:

    @ Martinez

    “mezzo miliardo”

    E’ la tesi de “Il campo dei santi”. Il romanzo e’ intriso di razzismo, contrappone continuamente – e con decoroso lirismo – la nobile eredità del Bianco all’animale natura primitiva del Nero.

    Pero’ lo spunto narrativo è degno della migliore fantascienza: cosa succederebbe se domani l’intera popolazione dell’India si presentasse in barca davanti a Marsiglia?

    L’autore descrive un’apocalisse. (Mi stupisce che nessuno abbia ancora ristampato il libro, in fondo l’orina fallace fece fare dei bei soldini all’editore).

    Sospetto pero’ che di apocalissi così ce ne siano sempre state. Come dice Chesterton, ogni generazione vive la fine del mondo.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

    • supervice scrive:

      A quanto suggeriscono le mie letture da non laureato, mi risulta che il suolo africano non sia fertile (non si sono verificati gli effetti positivi del disgelo post-glaciazione), che in loco non ci siano sistemi efficienti che portino a incrementi di produttività in agricoltura, che non hanno industrie, che hanno sistemi statali a dir poco fatiscenti, e che figliano come se non ci fosse un domani (come sempre hanno fatto, ma ora non ci sono i tassi di mortalità che c’erano prima); se non sarà mezzo miliardo, saranno centinaia di milioni. Non è fantascienza.
      E va anche detto che lo struzzo non mette la testa sotto la sabbia: la appoggia per terra per far finta di essere un cespuglio: appena si rende conto di essere sgamato, scappa.

    • Z. scrive:

      Ben tornato, compagno 🙂

      • Francesco scrive:

        ma io lo sapevo che voi comunisti non andate mai via per davvero!

        😀

        • Andrea Di Vita scrive:

          @ Francesco

          Certamente.

          Visto che l’alternativa al socialismo è la barbarie, mica posso lasciar campo libero alla barbarie!

          🙂 🙂 🙂

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • Francesco scrive:

            è un bello slogan pubblicitario ma completamente privo di senso

            il socialismo è un tipo di barbarie, non certo una alternativa!

            😀

      • Andrea Di Vita scrive:

        @ Z

        …e più carico che mai.

        Avendo vissuto tutta la faccenda del Ponte Morandi praticamente in diretta dal primo giorno, dato che sta(va) davanti alla finestra del mio ufficio, sono ancora più ideologizzato e subdolo di prima! 🙂 🙂

        Ciao!

        Andrea Di Vita

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