Nessuno mi tiri per il grembiule! (1)

In questo lunghissimo saggio a puntate che pochi avranno voglia di leggere, ricordatevi sempre: non si distingue mai tra “pubblico” e “privato”, tra “Stato” e “impresa”. Non ce n’è bisogno.

Qualche giorno fa (come ci segnala Ugo Bardi), davanti alla scuola statale dell’infanzia Trilussa di Pomezia, sono arrivate tre camionette cariche di carabinieri (una volta a sbrigare certe faccende, bastavano quattro gendarmi).

Ogni operazione dell’Arma ha un nome, e ci dispiace non sapere come si chiamasse questa.

Ma sappiamo che i militi sono entrati in azione con grande professionalità, assicurando alla giustizia tre maestre, rispettivamente di anni 46, 57 e 61, immediatamente consegnate agli arresti domiciliari.

Dietro l’iniziativa c’erano quattro comari di un paesino, che però i giornali chiamano “le mamme coraggiose”, le quali avevano fatto mettere alle forze dell’ordine telecamere nell’asilo, in aggiunta alle infinite che sorvegliano ogni istante della tua, della mia e della loro vita.

Di solito le notizie di questo tipo arrivano ai media riportando solo il peggio del peggio e moltiplicandolo per due, quindi facciamo la dovuta tara alle accuse, che sono queste:

“Le intercettazioni hanno svelato che le maestre minacciavano i bambini dicendo loro che i genitori non li avrebbero più ripresi per portarli a casa e li avrebbero lasciati a scuola. Altri bimbi risultano dalle immagini essere stati strattonati per le braccia e per il grembiule e uno di loro tirato per i capelli. Altri ancora venivano costretti a mettersi in ginocchio in un angolo della classe o a sedersi su una sedia, isolandoli dal gruppo.”

Un comportamento, ci spiegano, “lesivo della sfera psico-fisica dei piccoli alunni“, materia di cui sono notoriamente espertissimo magistrati e carabinieri con o senza pennacchi.

In un breve periodo in prima elementare in Svizzera, mi ricordo che i maestri ci davano  bacchettate sulle dita, letteralmente, ogni volta che sbagliavamo una somma. Alle bambine tiravano i capelli, visto che noi maschietti ce li avevamo troppo corti.

Molto più traumatica fu la volta che ci tennero in classe a scrivere, se ben ricordo, novanta voltenon picchierò più” alla lavagna, facendoci perdere la quotidiana sassaiola all’uscita di scuola.

Un po’ di tempo dopo nel Liechtenstein, il maestro di musica mi percosse perbene la sfera psicofisica, quando si accorse che io – che ho un curioso problema con la musica – facevo solo finta di cantare, aprendo e chiudendo la bocca come un pesce.

Ero appena arrivato da un pezzo di scuola, o di asilo, o qualcosa del genere, in un villaggio contadino tra le montagne del Michoacán in Messico, dove nessuno pensava a picchiarsi e i professori non bacchettavano mai gli alunni.

I bambini della raza pesada de tierra caliente que no temen a nada, guardavano con affettuosa curiosità la chiarezza della peluria che appena spuntava sulle mie braccia da mezzo gringo, e a pensarci è bello che riconoscessero la diversità, senza astio. Comunque, non sono mai stato meglio a scuola.

Oggi nel Michoacán ci sono decine di migliaia di morti ammazzati non si sa perché, mentre in Svizzera e nel Liechtenstein, beh, sono svizzeri… la cosa dovrebbe farci riflettere sul fatto che la vita è un po’ più complicata di come se la immaginano psicopedagogi,  magistrati e altri.

Le bacchettate alpine sono per me un ricordo buffo, conservato senza alcun rancore e non mi sembra di averne imparato nulla in particolare, nel bene o nel male.

Però se conoscete qualche buon avvocato in grado di spillare soldi alle banche di Vaduz, ci penso io a trovare uno psicologo che dimostri che la mia sfera psico-fisica l’hanno ridotta peggio di una forma di Emmental svizzero. E anche se con qualche decennio di ritardo, mi son venuti pure i capelli bianchi.

La notizia di Pomezia è poi scomparsa dai media, ma ci offre una bella occasione per fare prima una lettura emotiva, e poi una ragionata, su alcuni decisivi aspetti dei nostri tempi.

Alcuni troveranno perfettamente normale l’operazione.

Per altri, il senso sarà chiaro: ormai non c’è più disciplina, il Sessantotto ha vinto!

Attenzione però – i protagonisti sono esattamente i cattivi del Sessantotto: i carabinieri, la magistratura, le comari di un paesino e i media perbenisti. Esattamente lo stesso ambiente che nel Sessantotto. con altrettanta certezza morale, se la prese con Aldo Braibanti.

Insomma, stiamo parlando di quelli che impongono la disciplina, non la sovvertono.

Proviamo a capire per gradi quale sia il senso di questa disciplina.

Continua…

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251 risposte a Nessuno mi tiri per il grembiule! (1)

  1. Ugo Bardi scrive:

    Una cosa particolare della faccenda di Pomezia è come sia svanita rapidamente dai media. Due giorni in cui tutti si sono sentiti in dovere di dire la loro fiammata contro la violenza, e poi il silenzio totale. Boh?

    Comunque, io ho commentato qui

    https://ugobardi.blogspot.it/2018/03/le-maestre-di-pomezia-ammazzarle-subito.html

    e qui

    https://ugobardi.blogspot.it/2018/03/le-maestre-cattive-di-pomezia-contro.html

  2. Z. scrive:

    Miguel,

    il giudice istruttore è stato abolito quando tu forse eri ancora in NA!

    Ad ogni modo:

    1) il PM non è nemmeno un tanatologo, però mica vorremo per questo legalizzare gli omicidi;

    2) se è colpa del Sessantotto per definizione, si trova sempre una via di fuga. Tipo, chessò, i magistrati (che sappiamo essere, ipso facto, militanti di Potere Al Popolo) sono stati traviati dal Sessantotto;

    3) non avevamo deciso che le notizie false non erano un problema, e anzi la loro stessa esistenza era una “bufala”? 🙂

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Z

      “il giudice istruttore è stato abolito”

      certo, corretto, grazie!

    • Carlo scrive:

      Non credo che nel suo post intitolato “La bufala delle false notizie” Miguel volesse dire che le false notizie non esistevano, semmai voleva dire che il modo in cui è trattato il problema oggi è anch’esso una bufala e su questo ha perfettamente ragione dato che il discorso mainstream sulle bufale è il seguente: fino a pochi anni fa l’informazione era in mano ai media tradizionali e perciò era sempre tutta veritiera e accurata, poi sono arrivati i cattivi populisti pakati da Putin che fanno propaganda diffondendo notizie false e siccome il popolo è bue crede ad esse invece che ai buoni vecchi media ufficiali che non si sognerebbero mai di affermare falsità del tipo che un tranquillo traduttore di manuali e pubblicità sarebbe un addestratore di guerriglieri (vedi Libero del 29 ottobre 2002).

    • Z. scrive:

      Carlo,

      il modo in cui si tratta un problema non può essere “una bufala”, a meno che tu non sia in pizzeria. Può essere corretto o meno, condivisibile o meno.

      E il problema, oggi, esiste. Esiste obiettivamente, al di là dell’uso pretestuoso che ne possa essere fatto. Mentre i furbi fanno a gara su chi è meno mainstream…

      • Carlo scrive:

        Per Z.,
        sul fatto che il modo in cui si affronta un problema non possa essere una bufala devo darti ragione e mi scuso per l’imprecisione, diciamo che ad essere una bufala è la “narrazione” mainstream sulle false notizie cui facevo riferimento prima (quella per cui le false notizie sono diventate un problema solo adesso, che la colpa della loro diffusione è tutta di Internet etc.)

      • Z. scrive:

        Mica devi scusarti, e poi sono d’accordo che – come tutti i temi – sia stato usato pretestuosamente.

        Detto questo, nel mondo di oggi l’importanza dell’informazione e la velocità a cui viaggia pone problemi che prima era difficile anche immaginare.

        A questo aggiungi che oggi le emozioni, specie se violente, viaggiano ancora più velocemente.

        Insomma, il problema esiste e non ha soluzioni facili. Forse neppure difficili, ma sarebbe bene che ce ne occupassimo anziché liquidarlo, secondo me.

        • Francesco scrive:

          anche perchè tra Propaganda e Bufale esiste la stessa differenza che c’è tra un Malvagio e un Cretino

          e il secondo è più da temere del primo, vi ricordo

  3. habsburgicus scrive:

    Buona Pasqua a tutti/tutte !

  4. Ugo Bardi scrive:

    Giusto. Buona Pasqua!

  5. mirkhond scrive:

    Buona Pasqua!

  6. Miguel Martinez scrive:

    OT

    La grandezza unica degli americani.

    Il signor Mike Hughes, di mestiere autista, crede che la Terra sia piatta.

    Ma vuole anche sincerarsene di persona, perché nella vita bisogna essere concreti.

    Così si costruisce un razzo e si lancia da solo nello spazio:

    https://nypost.com/2018/03/26/flat-earther-launches-himself-into-sky-with-homemade-rocket/

    God bless America!

    • paniscus scrive:

      “Mad” Mike Hughes, the rocket man who believes the Earth is flat, propelled himself about 1,875 feet into the air Saturday before a hard landing in the Mojave Desert.
      ———————-

      Come si diceva oggi in una discussione familiare: ma se per contemplare dall’alto la vera forma della Terra gli bastava arrivare a sollevarsi dal suolo di 1875 piedi, ossia meno di 600 metri… non era più facile farsi un’escursione a piedi in montagna, neanche tanto alta?

    • Francesco scrive:

      😀

      grazie Mig

  7. Peucezio scrive:

    Miguel,
    splendido post!

  8. PinoMamet scrive:

    Ma la scuola, serve davvero a qualcosa? Non so, sto chiedendo.
    A me qualcosa ha insegnato. Ma tutto sommato, lo avrei imparato anche con sistemi diversi, più piacevoli e soprattutto più brevi.
    La maggior parte delle cose che so poi le ho imparate fuori e indipendentemente da scuola. E le ricordo benissimo, di solito meglio di molte delle nozioni scolastiche.

    Ecco, l’unica scuola che mi è piaciuta davvero è stata il liceo classico, ma perché molte erano materie che avrei studiato comunque, e non credo serva tutto un apparato di voti e verifiche per impararle.
    Ho il sospetto che tutto questo apparato serva da impedimento, invece.

    Più importante, il liceo classico mi piaceva perché era una piccola classe di persone simili, un piccolo club abbastanza fraterno.

    • Z. scrive:

      Pino,

      — Più importante, il liceo classico mi piaceva perché era una piccola classe di persone simili, un piccolo club abbastanza fraterno. —

      Non hai tutti i torti, per quel che mi riguarda. Al classico, per la prima volta, ho conosciuto molte persone – non solo in classe mia – che consideravano che valesse la pena studiare e più in generale leggere libri.

      A parte questo, sì, credo che la scuola serva molto più di quanto non ci rendiamo conto noi che abbiamo avuto la fortuna di frequentarla.

      • Peucezio scrive:

        Io, se devo dire:
        le elementari un cazzo: potevo saltarle a piè pari. Tanto le quattro operazioni me le aveva già insegnate mio nonno e a leggere e scrivere si impara in una settimana. Giusto un po’ di storia, questo sì…
        Le medie sì, mi sono servite molto. Ho sviluppato anche (molto indirettamente, ma in qualche misura l’ispirazione me l’ha data il professore di allora) l’interesse per la glottologia indoeuropea e in qualche misura anche per la romanistica.
        Per il liceo vale quello che ha detto Z.; mi ha annoiato e dato fastidio, ma mi è servito, perché comunque le basi per il latino, il greco e varie altre cose me l’ha dato.
        Mas sicuramente, come dice Pino, si poteva fare in modo molto più stimolante.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          a leggere e scrivere si impara in una settimana

          Certo: in una settimana si passa da analfabeti a Manzoni…

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Peucezio

          “Io, se devo dire:
          le elementari un cazzo: potevo saltarle a piè pari. ”

          Forse potrebbe essere utile guardare questioni simili diversamente.

          Immaginiamo la vita come un labirinto, in cui compiamo continuamente scelte che ci permettono di accedere ad alcune cose, e non ad altre.

          Per ogni porta che apriamo, ce n’è un’altra che resta chiusa.

          La scuola è una cosa così: apre molte porte, ne chiude altre. Sarebbe interessante riflettere sulle porte che ha chiuso per ciascuno di noi (io di scuola ne ho fatta poca, ma questo è un altro discorso).

          • Peucezio scrive:

            D’accordo, ma esiste anche la pura perdita di tempo, il parcheggio.
            La scuola primaria sostanzialmente è questo.

        • PinoMamet scrive:

          Ognuno ha i suoi maestri-a-pensare, e io confesso il mio, per tanto tempo: Bruce Lee.

          Che scriveva e declamava delle rimasticature di zen del divulgatore D. T. Suzuki, ma le applicava a una cosa pratica: fare a botte, e quindi risultava interessante per quel particolare ambiente, che era il mondo molto asfittico e dogmatico delle “arti tradizionali”, specie giapponesi: delle robe (non solo marziali) fissate con il “katà”, con la forma, lo stampo, inteso proprio come una cosa fissa, precisa al millimetro, alla quale doversi adeguare a forza fino a ripeterla alla perfezione, perché “è tradizionale quindi giusta”.

          La scuola italiana non mi ha chiuso molte porte pratiche;
          posso dire che, a livello di attività che posso fare, me ne ha invece aperte molte.
          Ma per un motivo semplice: perchè è obbligatoria. Quindi, che tu voglia fare l’archeologo, il matematico, il giudice, l’astronauta, non si scappa: si deve passare da lì, per legge. Altrimenti niente porta.

          E guarda, a certe condizioni (discutibili) può essere anche giusto:
          assai più relativo che si debba per forza passare di lì, come si deve, per fare il carrozziere, l’elettrauto, il cuoco, il sarto, il pizzaiolo.
          Almeno fino ai 16 anni (che poi nella pratica sono 18 o 19; e spesso, visto che questi appartengono alla categoria “che non ha voglia di studiare” e viene bocciata, anche una ventina alle volte: col risultato che diverse volte gli studenti che amano meno la scuola, e per i quali essa si rivela meno utile, devono passarci più tempo degli altri).

          Comunque, non discutiamo di questo, ma di porte; ecco, di porte intellettuali credo che la scuola italiana ne chiuda parecchie: nei professori. Agli studenti, che vuoi, ne apre anche (ma siamo sempre lì: a una ragazzo curioso, un passaggio di un film e un salto in biblioteca aprono universi; a uno che non gliene frega un cazzo, il professore più bravo del mondo con tutto l’infinito internet in classe, non apre un cazzo).

          ma i professori, che sono convinti che la scuola debba per forza avere quel katà lì, abitudinario, qualcosa dovrebbero rivedere.
          E parlo non di cretini, ma di ottimi professori, a volte.
          Che però, per tornare al mio esempio dellìaltra risposta, sono un po’ gli ufficiali della naja, bravissimi a far ripetere le esercitazioni, mantenere l’ordine in caserma ecc. ecc., senza mai chiedersi se la caserma serva davvero a qualcosa.

          • PinoMamet scrive:

            Comunque se non fossi andato a scuola credo sarei diventato delinquente.
            Ero incazzato, di pessimo carattere, voglia di lavorare non ne ho mai avuta, e ho sempre avuto un debole per le amicizie “marginali”, se dovevo fare fuga a scuola non la facevo certo coi bravi ragazzi ma con i pessimi elementi che rubacchiavano ecc.

            Oppure- nel mondo senza scuola- forse avrei accolto l’invito del conoscente di mio padre, che lavorarava sulle navi da crociera, e da ragazzo avrei fatto il mozzo (credo che in Italia la categoria dei lavoratori marittimi abbia ancora un nome vintage come “gente di mare”, ma attendo conferme): mio padre ne sarebbe stato felice.

            O forse chissà, militare. Roba da truzzi, insomma.
            Il mio lato tamarro che la scuola ha imposto di nascondere.

            • Peucezio scrive:

              Non ti ci faccio 🙂

            • PinoMamet scrive:

              Dipende da cosa vuoi dire…

              • Peucezio scrive:

                Il lato tamarro 🙂

              • Z. scrive:

                Pino è un bravo ragazzo. Ma non dirglielo, Peucè, perché ci rimane male 🙂

              • PinoMamet scrive:

                Mai stato un bravo ragazzo, né di famiglia né di inclinazioni personali né di amicizie (prima del Liceo).

                C’è da dire che, senza scuola, sarei un tamarro vintage:
                ho una discreta passione per le armi (da taglio, ma passibile di miglioramento verso quelle da fuoco, che in famiglia non mancano), mi piacciono anche le uniformi, amo la malavita dei tempi di mio nonno (che un po’ la faceva).

                Non amo, e trovo anzi noiosissimi e deprimenti, i vari rapper o aspiranti tali, sedicenti “gangsta” in realtà inutilissimi truzzetti con tatuaggio d’ordinanza e macchina tuning che manda musica brutta.

                Li trovo ridicoli: ricordo ancora le risate che si faceva un’amica ucraino-moldava, quando uno di questi sedicenti gangster de noaltri, tentando maldestramente di scavalcare un muretto
                (mica per la rapina del secolo: per andare a fare i lcretino a casa di un amico)
                è scivolato ed è stato pizzicato dal cane: le urla, i pianti! aiuto, portatemi al pronto soccorso ecc. ecc.
                I “duri”, eh?

                ecco, questa gente mi fa schifo.

              • PinoMamet scrive:

                Al contrario:
                ricordo un tizio della mia cittadina, di cui non faccio il nome, lo vedevo tutte le mattine quando andavo a scuola, andava sempre allo stesso bar
                (dove ora c’è una ditta di pompe funebri… che allegria, sono spuntate come funghi negli ultimi vent’anni).

                Si vestiva molto classico, con in testa una bombetta, l’ultimo a portarla in paese fuori da carnevale.
                Nessuno aveva niente da ridire, perché il tizio in questione sparava.

                So che ha avuto anche guai seri, per una storiaccia.

              • PinoMamet scrive:

                Invece un altro tizio del paese vicino lo ricordo come pappone comme il faut: Harley Davidson rosa, pelliccia, sombrero messicano.

              • Peucezio scrive:

                Fantastico!
                Prima dicevo che dovresti scrivere una sorta di storia sociale dell’Emilia occidentale e, insieme a me magari, un trattato di dialettologia della stessa area.
                Ora aggiungo che dovresti anche scrivere un romanzo o una raccolta di racconti con questi bozzetti di provincia.
                Sarebbe godibilissimo!

              • Z. scrive:

                Pino,

                sarai pure aggressivo, amante delle armi, delle uniformi e della mala vita di un tempo.

                Ma questo non toglie che tu sia persona sincera, diretta e corretta, non priva di sensibilità, disposta ad ascoltare punti di vista diversi dal tuo.

                E poi trovi detestabili quelli che si atteggiano a delinquenti per moda.

                Questo, dal mio personalissimo e inoppugnabile punto di vista, è sufficiente per qualificarti come “bravo ragazzo” 🙂

              • Peucezio scrive:

                Certo, Pino è un’ottima persona e lo sappiamo tutti.
                Lui parlava di “tamarraggine” però 🙂

    • Peucezio scrive:

      OMDAP ovviamente.

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Ma io rispondo: ma i soldi servono veramente a qualcosa? In fin dei conti, tutto quello che ho avrei potuto averlo in modo diverso e più piacevole.
      E vivere oltre i 30 anni è veramente così importante? Tutte le esperienze e i ricordi potremmo formarceli prima di quell’età, in maniera diversa e più piacevole.
      E, infine, tutto quello che diamo per scontato (ad esempio: avere 13 anni di tempo per essere costretti a imparare a scrivere correttamente ed essere FORZATI a farlo; potersi fermare ad un bar in mezzo al nulla e bere un caffé anche essendo dei perfetti sconosciuti semplicemente tirando fuori qualche dischetto di metallo di tasca; avere il privilegio di poter vivere delle esperienze già con un grande bagaglio di esperienze pregresse…) è veramente così scontato?

      • PinoMamet scrive:

        Ammetto che non capisco il senso della tua critica; cioè, non il fatto che tu non sia d’accordo con me, ci mancherebbe;
        Ma proprio dove sia il legame con quello che ho scritto.

        Lo metto nell’ampia casistica dell’eristica, e, visto che magari mi sono spiegato male io, provo ad elaborare.

        No, in una settimana non si passa da analfabeti a Manzoni;
        ahimè, neppure con tutta la scuola dell’obbligo, e quella non dell’obbligo in aggiunta, si diventa Manzoni.

        Neanche con i corsi di scrittura, che comunque danno ottimi consigli: di cui praticamente tutti gli autori hanno fatto a meno.

        Ora, lo scopo della scuola non è di sfornare tanti Manzoni, ma manco Salgari o Liale.

        Ci sono scuole che servono a qualcosa, in effetti, scuole professionali, dove lo studio di Manzoni e Carducci ha più o meno la stessa utilità dello studio della pasticceria in una scuola di autodifesa.
        Queste scuole per un sacchissimo di tempo non sono esistite, e gli artigiani facevano lo stesso il praticantato ecc., imparando il mestiere come e meglio di oggi, e ignorando Dante e Manzoni quanto oggi (oserei dire meno di oggi, ma non voglio dilungarmi).

        Prima di replicare sulle nuove discipline che magari sarebbero diverse: ho insegnato in un indirizzo informatico, e ho visto all’opera un’intera classe di studenti più preparata dei propri insegnanti. In ogni caso, computer o divani rococò poco cambia.
        Fagli studiare Marino e Parini se sei buono.

        Poi ci sono le scuole che non servono a niente: le migliori.
        Lì, migliaia di studenti riescono persino a imparare il latino, nonostante i professori e il loro metodo enigmistico.
        Pensa se lo studiassero sul serio!

        Naturalmente se vuoi dire che la scuola serve per permettere anche al poveraccio di poter diventare ingegnere o avvocato, possiamo parlarne. È un nobile scopo, di grande attualità in Camerun, suppongo, e che comunque mi sento di supportare.

        Solo che non mi pare che stia funzionando per il meglio, in Italia. Proprio per niente: i laureati continuano a essere in maggioranza figli di laureati.

        E credo che la colpa sia in gran parte dell’idea della scuola “utile”, servizio sociale, obbligatoria e identica per tutti, quindi: schifo generale.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          “No, in una settimana non si passa da analfabeti a Manzoni; ahimè, neppure con tutta la scuola dell’obbligo, e quella non dell’obbligo in aggiunta, si diventa Manzoni.”

          Io di diritto tributario non so un cazzo, anche se l’ho studiato all’università. Eppure ne so un’unghietta di più di chi quel manuale lì non lo ha mai nemmeno visto in fotografia. Non ho quindi idea di come si possa sostenere seriamente che un ragazzino che va a scuola possa non saperne quell’unghietta di più del ragazzino che zappa nei campi.
          Solo che quell’unghia la dai per scontata, così come si dà molto per scontato quando si dice “aboliamo il denaro” o nel ragionamento paradossale (che però è stato fatto, eh!) di quanto sia bello morire giovani.

          “i laureati continuano a essere in maggioranza figli di laureati”
          Dobbiamo tornare al bel mondo in cui i laureati erano per la quasi totalità figli di laureati? Anche qui dai per scontato il passaggio dal 99% al 90%.

        • PinoMamet scrive:

          “Eppure ne so un’unghietta di più di chi quel manuale lì non lo ha mai nemmeno visto in fotografia.”

          rispondo a questo passaggio perché mi apre fondamentale.

          naturalmente hai ragione, ma: dove sta scritto che per fare Diritto Tributario all’Università devi essere passato per forza per un affare che comprende il voto in condotta, l’ora di religione o di “alternativa”, le gite di classe, le assemblee di istituto, i bagni con le scritte, i recuperi, tot ore obbligatorie, l’obbligo di frequenza fino a sedici anni col vicino di banco casinista che non ne può più e che non vede l’ora di uscire che tanto fa già l’aiuto pizzaiolo alla sera (o il maestro di ballo: conosciuto entrambi), e tutte le altre robe che formano quella che chiamano “Lascuola”?

          Io scrivo scuola e tu leggi “diritto allo studio”: che è una roba bellissima, ma non è “la scuola”.

          Il diritto allo studio è un diritto: non voglio manco discuterne, non discuto di diritti.
          La scuola è un’istituzione, e come tale discutibile discutibilissima, bastonabile bastonabilissima (cit. 😉 ).

          Un po’ come il “sacro dovere di ogni cittadino”: non voglio stare a discutere neanche di doveri, ma per un bel po’ un sacco di gente è stata convinta che questo sacro dovere dovesse avere per forza la forma di una caserma pulciosa in Friuli, durata tot mesi ecc. ecc., guai a cambiargli forma, non era più sacro altrimenti.

          Ora, l’istituzione della scuola italiana, come quella del servizio militare italiano, funziona: così e così, tra alti e bassi.

          certo, proporre di abolirla di punto in bianco è un’esagerazione; chiedersi a che serva, e se serve che abbia proprio questa forma, secondo me no, anzi, è parecchio utile.

          • Mauricius Tarvisii scrive:

            Però il ragionamento che ho fatto sull’ultima fase del mio percorso di istruzione posso replicarlo per tutti i gradi inferiori cambiando poca roba.
            Per esempio, io una conoscenza minimamente seria della filosofia l’ho maturata solo qualche anno dopo aver finito il liceo e se penso a cosa era la filosofia in terza liceo classico nella mia testa mi viene da ridere. Però mi rendo anche conto che, se non avessi avuto quell’infarinatura di base, avrei capito ben poco di tutto il resto.
            Ma questo lo dico perché mi ricordo che cosa sapevo in quinta ginnasio. Chi invece non se lo ricorda, può bollare tutto come inutile, selezionando solo le esperienze esaltanti come degne di essere ricordate.
            E più andiamo indietro (pensiamo alla scuola primaria: che ricordo abbiamo di ciò che eravamo prima?) e peggio è.

          • PinoMamet scrive:

            Va benissimo, ma ripeto:

            c’era davvero bisogno di voti, compiti in classe, la durata di tot giorni e così via?

            Davvero, non gli si può dare un’altra forma, a quest’istruzione che è un diritto dei cittadini?

            A pensarci, così su due piedi, a me pare che tutta la scuola, intesa come istituzione, stia in piedi per un motivo che era questo:

            costringere i più poveri a mandare i figli a scuola anziché a lavorare, almeno qualche anno, e insegnargli che erano italiani, Garibaldi fu ferito e compagnia cantante.

            Nel contempo, secondariamente, dare qualche possibilità di elevazione sociale ai bravi e meritevoli. Ma questo davvero poco e secondariamente, e quasi controvoglia
            (infatti: i libri si pagano, nessuno ha mai pensato a una “mutua dei libri”; e così via)

            Ed è diventato questo:

            costringere i non bravi e non meritevoli a stare fermi in un posto sorvegliato il maggior tempo possibile, immettendoli in una macchina che volenti o nolenti li trasformi in operai.

            Per i bravi e meritevoli, idem come sopra.

            • Mauricius Tarvisii scrive:

              Credo che ce ne sia stato realmente bisogno: c’era davvero bisogno di remi e vele prima che inventassero i motori.
              Appena salterà fuori un metodo più efficiente, non ci sarà più bisogno di scuole, manuali, interrogazioni, ecc.

            • Peucezio scrive:

              Veramente le vele e i remi, in senso cronologico, erano il precettore.
              E non è nemmeno preistoria: ultimamente ho sentito raccontare da un vecchio linguista ultraottantenne (e molto colto e preparato) che lui è stato uno degli ultimi ad avere il precettore in casa.

              Se poi il concetto è che non tutti possono avere il precettore, ma tutti, cioè il 100% della popolazione italiana, devono capire il pensiero di Platone e di Heidegger, vabbè…

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Ti suggerisco di leggere il bel libro di Ariès (Padri e figli nell’Europa medievale e moderna) che smonta la leggenda del precettore, che nel Medioevo era l’insegnante di ripetizione dello studente ricco e che diventa maestro individuale solo nell’Ottocento.
                Mi citerai allora i precettori degli antichi romani, ma lì parliamo di qualcosa di lontanissimo dal nostro (e anche tuo) concetto di istruzione.

              • Peucezio scrive:

                Non essere ellittico come al solito: come sarebbero state le cose nel Medioevo?

              • PinoMamet scrive:

                A dire il vero Quintiliano comunque si dilunga sui vantaggi dell’essere istruiti in gruppo anziché singolarmente.

              • PinoMamet scrive:

                “ma lì parliamo di qualcosa di lontanissimo dal nostro (e anche tuo) concetto di istruzione.”

                Onestamente non so quanto il concetto di istruzione dell’antica Roma differisse da quello medievale.
                Immagino molto poco, a parte che i Romani studiavano molto più greco…

        • Peucezio scrive:

          Posso dire peraltro che una persona che non difende l’istituzione in cui lavora mi sembra ammirevole?
          Semrba scontato che uno debba avere idee libere rispetto al proprio ruolo.
          Ma se ci fate caso, non lo fa nessuno.
          Quello che mette dieci timbri al giorno ti dirà che il mondo va avanti grazie ai suoi timbri.

          • PinoMamet scrive:

            Oh, a me ammirevole non me l’ha mai detto nessuno!
            😉

            A parte tutto, tendo a vederla come te: chi di lavoro mette il timbro su, poniamo, la licenza di caccia, è di regola convinto che senza timbri e licenza di caccia andrebbe tutto a catafascio.
            “Ehi, ma lo sai che in Uzbekistan non esiste licenza d icaccia?”
            “Infatti in Uzbekistan va tutto a catafascio!”

            • rutt1 scrive:

              Io penso che il motivo pratico della scuola è di rendere più predicibile possibile il comportamento degli elementi di una società.

              Non mi fraintendete, non sto supponendo complottismi ai danni di noi la ggente. Però alla fine è così, è come un certificato ISO di conformità. Può sembrare orribile e distopico ma sospetto che l’assenza di questo è peggio, come mi pare di capire dice MT (Forse mi sbaglio)

              Che nell’esperienza individuale sia pallosa e inutile mi trovate d’accordo, ma purtroppo la pratica smentisce sempre la teoria, a volte in forma di pigro e livoroso funzionario statale, a volte in forma di paesanissimo bulletto impermeabile ad ogni influenza intellettuale che finirà a fare il carabiniere dopo averle provate tutte

              (nessun astio verso le forze di polizia, parlo solo di eventi realmente accaduti)

              • rutt1 scrive:

                ecco per esempio: io a scuola ci sono andato un sacco di tempo ma i congiuntivi per me ancora sono un optional

              • Peucezio scrive:

                rutt1,
                non mi convince affatto la tua ipotesi.
                Parrebbe di capire che tu pensi a un gigantesco apparato, a suo modo accettabilmente efficiente, atto a preparare una pletora di funzionari o comunque di individui integrati nel sistema e con competenze sufficienti a farlo funzionare.
                Ricorda un po’ un sistema asiatico, sovietico, cinese o anche babilonese…
                Ma oggi non si tratta affatto di questo. Sia l’apparato dello stato che tutto ciò che è privato funzionano sempre peggio, grazie al fatto che la scuola non prepara più e anche la trasmissione famigliare del sapere funziona sempre peggio.
                Le cose, nella misura in cui ancora funzionano, è un po’ per il fatto che le competenze pratiche si acquisiscono nell’atto stesso di farle e di impararle da uno che le fa, per cui, se uno è appena un po’ sveglio e non è proprio un imbranato totale, stando in un contesto, impara; un po’ per il fatto che ci sono sempre persone intelligenti, che eccellono sugli altri, e che limitano i danni ai livelli dirigenziali, facendo sì che non crolli proprio tutto (ma è possibilissimo che presto succeda).
                In tutto questo la scuola c’entra poco. Ripeto, la scuola serve solo perché le madri devono lavorare e perché comunque casa e cortile non garantiscono più alcuna forma di socialità.
                Felici eccezioni sono il Nidiaci di Miguel, ma sono casi particolari e comunque ci vogliono adulti che lo tengono aperto, lo gestiscono, ecc.
                Ma quello che fanno loro, senza prendere una lira, perché si tratta dei loro stessi figli, è molto più costruttivo e sano di una pletora di maestre e insegnanti pagati dal contribuente.

  9. MOI scrive:

    Buona Pasqua / Pesach 😉 …

  10. MOI scrive:

    @ LISA

    Ma cos’è ‘sta roba che sta girando di Auguste Piccard che nel 1931, a bordo di una sonda nella stratosfera … avrebbe visto una “scodella ribaltata” ?!

    • Francesco scrive:

      ne parlava già Verne, è una illusione ottica quando si inizia ad ascendere

      🙂

      PS che la Terra sia tonda lo dicevano già i Greci antiqui e il Padre Dante, non vedo necessità di ulteriori conferme

      😀

  11. Roberto scrive:

    Auguri a tutti!

  12. Mauricius Tarvisii scrive:

    Buona Pasqua!

  13. Roberto scrive:

    “a leggere e scrivere si impara in una settimana”

    Devo avere dei bambini un po’ ritardati visto che ci hanno messo almeno due anni per imparare a leggere e scrivere in tedesco (e il maschio alla fine del terzo anno scrive facendo ancora una marea di errori).

    A parte questo, quando leggo questi discorsi sulla scuola mi viene in mente fontamara, e si, continuo a pensare che l’istruzione obbligatoria per tutti sia un’ottima idea.

    Su a cosa serve, vi lascio le parole della mia tredicenne che dovendo scegliere fra latino e non ricordo più cosa (informatica o economia), mi ha detto “scelgo latino perché se non lo faccio a scuola non lo farò mai più”

    • Peucezio scrive:

      Vabbè, il tedesco è difficile, ma ti rivelo un segreto (di Pulcinella): i tuoi bambini sono intelligenti (non ho dubbi su questo conoscendo il padre, sia pure telematicamente), ma ho molte riserve, più ancora che sui loro insegnanti, su come è concepita la scuola, i suoi ritmi e i suoi metodi d’insegnamento.

      Sulla terza cosa: beh, non può che farmi immensamente piacere un discorso del genere. Ma già non è alfabetizzazione primaria né obbligo scolastico: è una scelta.

    • Roberto scrive:

      Il tedesco è facile come l’italiano (non ho parlato apposta del francese, lì vedi ragazzi di 14-15 anni fare errori in quantità pazzesche), ma, facendo la tara alle iperboli, io credo che tu abbia in testa l’esempio di un adulto che impara un nuovo alfabeto. Lì effettivamente non ci vuole molto, perché il meccanismo lo conosci, devi solo imparare i nuovi segni (ma già il discorso cambia se il meccanismo non è il nostro). Ma quando hai 5-6 anni è diverso e anche facendo lezioni individuali con un precettore, temo che più di tanto non puoi accelerare perché il bambino si scoccia, non può star seduto 6 ore a fare esercizi.

      • rutt1 scrive:

        Tua figlia è intelligente, perché ha proprio colto il vantaggio applicato al suo contesto e non le cazzate che ho sentito in vita mia sparate da adulti che devono dare un senso agli affanni delle proprie miserabili vite (il valore del latino nella nostra cultura, il fatto che se studi latino impari meglio la matematica e così via)

      • Peucezio scrive:

        Roberto, mettiamo pure che non ci vogliano due settimane ma un paio d’anni (e sono enormemente scettico su questo: due settimane sarà un po’ iperbolico, ma che non si riesca in due o tre mesi non ci credo).
        Ma gli altri tre anni?
        Io ricordo che la quasi totalità delle attività che facevamo alle elementari era totalmente inutile e oltretutto noiosissima (fosse stata inutile ma divertente, almeno passavamo il tempo…).
        Io non ricordo particolari difficoltà a imparare a leggere e scrivere, però ricordo la pena di fare per cinque anni interminabili dettati o scrittura sul quaderno di testi scritti alla lavagna, quando ormai tale capacità era acquisita da tempo. E tante altre attività altrettanto prive di senso.
        L?impressione nettissima è che l’unica funzione della scuola primaria sia legata al fatto che oggi le mamme lavorano e quindi i figli da qualche parte devi piazzarli (anche perché non si gioca più in strada fra ragazzi, quindi, se un bambino non andasse a scuola, non socializzerebbe), ma allora tanto varrebbe farli andare a scuola solo per giocare, più al masismo un’ora al giorno di attività didattiche. Sarebbe molto più sano e divertente per i bambini, che farebbero ciò che hanno sempre fatto dall’alba dell’umanità: giocare.

        Aggiungo che oggi imprarare a scrivere nel senso di scrivere a mano su un foglio di carta è un’attività anacronistica e completamente inutile ai fini delle necessità pratiche (e anche culturali) della vita.
        Sarebbe come se continuassimo a insegnare a usare la penna d’oca e il calamaio o insegnassimo a cavalcare anziché mandare i ragazzi alla scuola guida. Poi se uno vuole fare un corso di calligrafia o di equitazione, come d’altronde di piano, balletto classico o a sciare, sono scelte individuali, che non devono essere obbligatorie per tutti.

        • paniscus scrive:

          “L?impressione nettissima è che l’unica funzione della scuola primaria sia legata al fatto che OGGI le mamme lavorano e quindi i figli da qualche parte devi piazzarli ”
          ———————————-

          Veramente l’obbligo della scuola primaria esiste da almeno 100 anni e quello della scuola media da almeno 50… quindi era ben stabilizzato anche in epoche in cui la maggior parte delle mamme stavano a casa.

          • Z. scrive:

            paniscus,

            — in epoche in cui la maggior parte delle mamme stavano a casa. —

            ehi, piano: dalle mie parti le donne lavoravano sia in casa sia fuori, cinquanta come cento anni fa 🙂

            • Peucezio scrive:

              Anche in Puglia.
              Però ai bambini ci badavano eccome.

              Molte di quelle di oggi vanno nel pallone persino se non lavorano né fuori (nei casi in cui non hanno un lavoro), né in casa (perché ordinano la pizza o aprono scatolette). E ho ben presente casi del genere.

            • Z. scrive:

              Peucezio,

              — Anche in Puglia. —

              Per un attimo mi sono stupito, ché a me avevano raccontato altro. Poi mi sono ricordato di quanto le Puglie siano ricche, variegate e polimorfe 🙂

            • Peucezio scrive:

              Però in effetti va spiegato meglio.
              Non ho statistiche, ma so che le contadine in campagna ci andavano eccome: ho sentito loro interviste registrate e alcune le ho registrate io.
              Negli stessi paesi oggi, che quel mondo è sparito, le donne stanno a casa e badano, ancor più che ai figli, a cucinare ma soprattutto a tirare a lucido la casa in modo fanatico, tanto da farla diventare sterile, asettica, tipo i ferri prima di un intervento chirurgico.

          • Peucezio scrive:

            Lisa,
            allora lo scopo era davvero la promozione sociale.
            E funzionava.
            Al di là delle mie riserve sulla scuola in generale come elemento di modernizzazione, quella era una scuola che
            1) formava come cultura generale, acquisizione di strumenti critici, ecc.,
            2) consentiva l’ascesa sociale.
            Quindi, anche se le mamme erano ben capaci di accudire i bambini e avevano il tempo per farlo, la scuola assolveva comunque una funzione sociale precisa e importante.
            Ma oggi… Lasciateli giocare piuttosto, invece di far finta di voler insegnare loro qualcosa.

            • rutt1 scrive:

              Ma la scuola consente ancora l’ascesa sociale, solo che sembra che tutti possano farne a meno

              Infatti votano m5s per poter continuare ad essere mediocri

              Ma secondo me la radice del male è stata proprio l’idea dell’istruzione (e l’educazione) come veicolo di ascesa nella società, piuttosto che di miglioramento individuale e quindi della società.

              In fondo questa attitudine continua a distinguere chi fallisce e chi ha successo– chi guarda il dito e chi guarda la luna.

              solo che ora si vede di più.

              • Peucezio scrive:

                In che senso la scuola o l’università oggi consentirebbero l’ascensione sociale?
                I miei ex compagni di scuola oggi si dividono in due categorie: i laureati e i non laureati: i secondi guadagnano molto più dei primi.

              • Z. scrive:

                Quando andrò al governo punirò severamente chi tira fuori la storiella del dito e della luna che NON SE NE PUOTE PIU’!

                ecco!

                Peucè, non l’ascensione sociale: l’ascensore sociale. Chi va all’università spesso lo prende verso il basso 😀

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          E’ infatti noto che ortografia e grammatica sono inutili nella videoscrittura.

  14. Moi scrive:

    Il Sessantotto NON è stato scontro di “categorie” sociali / istituzionali… ma di “generazioni”, a un livello interclassista mai visto prima. Infatti, se adesso dici che uno sciopero ha senso per usuranza di attività o per fascia di reddito o di tutela contrattuale … sei te che fai strano !

  15. Peucezio scrive:

    Roberto,
    sul tedesco,
    certo, non è paragonabile al francese o all’inglese, d’accordo, ma non è nemmeno così meccanico come l’italiano: in italiano dalla pronuncia ricostruisci quasi sempre la grafia (poche eccezioni sono i casi di “cie”, “gie”, “scie” ecc.), mentre in tedesco qualche problema c’è.
    Come fai per esempio a sapere se una ‘i’ lunga è “ie” o semplicemente “i” in sillaba aperta? E così se ci vuole “eh” o “ee” o sempre “e” in sillaba aperta. E così con “a”, “o”, ecc.
    E “ä” o “e” in sillaba chiusa? E “eu” o “äu” o, se è un cultismo di origine latina o greca, “aeu”? Inoltre come la mettiamo con le consonanti sorde in fine di parola? Si scrivono sorde o sonore?
    Teniamo sempre conto che i bambini a scuola, con la propria madrelingua, devono compiere un’operazione opposta a quella del discente adulto di una lingua straniera: devono arrivare dalla pronuncia alla scrittura. E’ più facile leggere senza errori il tedesco (anche se anche lì qualche criticità c’è, perché devi saper segmentare i morfemi, perché le regole valgono all’interno di ogni morfema e non della parola, inoltre ci sono aspetti arbitrari, per es. perché “Loch” ‘buco’ si legge [ˈlɔx], con ‘o’ breve e rilassata, mentre [hoch] ‘alto’ si legge [ˈhoːx], con ‘o’ lunga e tesa?), che scriverlo.
    Un po’ come lo spangolo: lì addirittura puoi sempre risalire meccanicamente alla pronuncia dalla grafia, anche grazie al rigorosissimo sistema degli accenti, ma non viceversa, infatti tutti i bambini spagnoli (e molti adulti ignoranti) sbagliano le ‘v’ e le ‘b’, così come le ‘g’ e le ‘j’ e, ovunque ci sia yeísmo, compresa Madrid, anche ‘ll’ e ‘y’, quasi sempre, non so perché, preferendo ‘b’ e ‘j’ a ‘v’ e ‘g’ , per cui vedi scritto “baca” per “vaca”, “jitano” per “gitano”, ma ho visto persino, da un sudamericano, “balla” (sic) per “vaya”, congiuntivo di “andare”, che si usa in senso esclamativo: “vaya!”, cioè “perbacco, cavoli!”.

    • Roberto scrive:

      Sul tedesco, la cosa che i miei hanno trovato difficilissima è la -er finale che scrivevano foneticamente (räuber, lo scrivevano räubaa o räubah).
      Poi le doppie, e crede che quello sia un problema proprio loro, abituati a sentire l’italiano dove la doppia è molto più chiara.

      Il francese è un vero disastro invece, e buffamente mia figlia scrive infinitamente meglio in inglese che in francese (forse semplicemente perché essendo più difficile per lei studia di più….)

      • Z. scrive:

        Scrivere in inglese è infinitamente più facile. Tua figlia ha ragione! 🙂

      • paniscus scrive:

        “Sul tedesco, la cosa che i miei hanno trovato difficilissima è la -er finale che scrivevano foneticamente (räuber, lo scrivevano räubaa o räubah).”
        ————————

        Sinceramente, non mi torna: per chi è abituato all’italiano è molto più automatico scrivere räuber piuttosto che räubaa o räubah, perché si tende a identificare la scrittura con la pronuncia, e in italiano la grafia -aa o -ah non esistono…

        • Roberto scrive:

          Non ti torna cosa i miei figli sbagliavano?
          🙂

        • PinoMamet scrive:

          Mi sembra che i tuoi figli facessero un errore da “madrelingua tedesco” (o quasi madrelingua) che impara a scrivere da piccolo, e, naturalmente, come tutti, tende a scrivere come pronuncia o come sente pronunciare.

          Mentre per l’italiano medio che affronta il tedesco in età magari giovane ma non tenerissima, e che conosce già di solito la desinenza -er per averla adocchiata anche in altre lingue, e per la parentela con desinenze simili in italiano
          (che ne so, rigatt-iere, ma anche metall-aro ecc.)
          la difficoltà è il contrario, cioè pronunciare -ah una cosa che si scrive -er.

          esattamente come per l’inglese: gli americani fanno gli errori di spelling, gli italiani fanno gli errori di pronuncia.

          • Roberto scrive:

            Si sono daccordo

          • paniscus scrive:

            Più o meno è la stessa cosa che intendevo effettivamente dire io.

            Un madrelingua italiano che impara a scrivere parole di origine straniera ma riconoscibili secondo una grafia italiana, tende a pronunciarle all’italiana (anche se la pronuncia è inadeguata) e comunque a scriverle all’italiana (che quasi sempre è giusta).

            Un bambino di madrelingua italiana che impara parole di origine inglese, tipo “rover”, “server” o “ranger” , o di origine tedesca, tipo “panzer” o “kaiser”, mica le scrive con la desinenza -aa, o con la desinenza -ah… le scrive automaticamente con le desinenze con cui sono scritte.

            Se i figli di Roberto hanno avuto problemi con la grafia di quelle parole è perché: le hanno imparate prima in tedesco (a voce) quando ancora non sapevano scrivere, e poi hanno cominciato a imparare la lettura e la scrittura secondo le convenzioni italiane.

            Non dico mica che ci sia qualcosa di male, sia chiaro… ma appunto è un errore da madrelingua tedeschi, non da madrelingua italiani.

            Il ragazzino madrelingua italiano che impara a scrivere il tedesco farebbe l’errore contrario, ossia ad esempio scrivere “lewe” invece di “löwe”, perché è abituato a pronunciarlo così…

          • Peucezio scrive:

            Però è comunque strano, perché quella -a finale (non è proprio [a]; ma per intenderci) è scritta sempre come -er, mai in altri modi, tranne in parole non tedesche, quindi un bambino dovrebbe tendere a creare una corrispondenza automatica.
            Ecco, capirei di più se uno scrivesse “Prima!” come “Primer” (per chi non lo sa è un’esclamazione moderna tedesca, di palese origine non tedesca, che significa più o meno “ottimo! Benissimo! Figo!”).

          • Z. scrive:

            Peucè,

            adoro quando, oltre a parlare difficile, ci dai anche la spiegazione facile 😛

          • roberto scrive:

            “le hanno imparate prima in tedesco (a voce) quando ancora non sapevano scrivere, e poi hanno cominciato a imparare la lettura e la scrittura secondo le convenzioni italiane.”

            la cosa curiosa è che hanno sicuramente imparato quelle parole a voce prima di saper scrivere (mia moglie ha sempre parlato loro solo ed esclusivamente in tedesco), ma non hanno certamente iniziato a scrivere usando le convenzioni di scrittura italiane (frequentano la scuola tedesca).

            mi viene la curioità di sapere se anche i bambini tedeschi monolingua facevano quest’errore (ma vallo a trovare un monolingua qui in lussemburgo….)

            • Peucezio scrive:

              E’ probabile.
              Comunque è vero che in quella posizione c’è sempre -er per ‘a’, però è anche vero che per il resto la ‘a’ si scrive ‘a’, quindi da lì evidentemente la confusione iniziale.

              Non la faranno i bambini svizzeri e di tutti quegli altri posti del sud in cui si legge proprio [er], così come si scrive.

            • paniscus scrive:

              Non ho esperienza diretta di poliglotti del lussemburgo, ma assicuro che l’errore tipico di un madrelingua italiano è quello di PRONUNCIARE all’italiana la sequenza di lettere che vede scritta, e non certo quello di scrivere in maniera esotica e fantasiosa una parola non italiana che però sa già pronunciare bene. Semmai al contrario, la scriverebbe all’italiana.

              L’italiano medio vede scritto “rover” e lo pronuncia esattamente “rover”, come in “Rovereto” o come in “proverbio”… non si sogna di pronunciarlo “rhoveah” o qualcosa del genere, e tantomeno di scriverlo con le h o con le doppie vocali.

              Magari farebbe l’errore opposto in scrittura, ossia adatterebbe alla grafia italiana suoni che in italiano non esistono, ma non certo il contrario…

            • Roberto scrive:

              Ieri sono andato a rompere le palle ad una tizia che abita a tre case dalla mia (maestra elementare svizzera, qui lavora al materna e ha avuto due anni mio figlio, persona adorabile e entusiasta).
              Mi ha detto che tutti i bambini tedeschi fanno quell’errore, tranne, come dice peucezio, dove -er si pronuncia “er” e non “a”. Secondo lei banalmente si inizia con insegnare cose semplici “a come in aal” e poi i bambini ci impiegano un po’ a capire che il suono a si scrive a volte anche er. Non nota particolari differenze fra bambini monolingui o bilingui, ma piuttosto fra le differenti varianti di tedesco che parlano a casa

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “Mi ha detto che tutti i bambini tedeschi fanno quell’errore, tranne, come dice peucezio, dove -er si pronuncia “er” e non “a”.”

                Dovrei sentire bene le differenze tra dialetti… in Germania orientale la “-er” non mi sembra una “a” (soprattutto non quella di “aal”), piuttosto la sento come un debole suono tipo “shwa” seguito comunque da un accenno di consonante, che distingue “ein grosser Mann” da “der grosse Mann”. Se fossi un bambino crucco, tenderei a scrivere “e” (sul modello della “e” finale tedesca), piuttosto che “a”.

              • roberto scrive:

                germania orientale prorpio non saprei.

                nel baden (che è il tedesco che parla mia moglie) mi sembra una “ah” con effettivamente un accenno di r alla fine, ma secondo me “grosser” è molto più vicino a “aal” che a “grosse”….ma vado proprio a spanne, come sai ho un pessimo orecchio

              • Peucezio scrive:

                Ad ogni modo nel tedesco standard -er finale atono è [ɐ], cioè un suono simile a [a], ma un po’ più alto, cioè con la lingua leggermente sollevata, che va nella direzione di [ə], ma rimane più simile a [a].
                Diverso ovviamente il caso in cui -er è tonico, cioè nei monosillabi. Per esempio l’articolo “der”, che pure non sarebbe tonico, suona [deɐ̯], cioè lì la ‘e’ si sente ed è seguita da quel suono.

                Invece la -e finale, di “bitte” per esempio, viene trascritta nei manuali come [ə], ma secondo me è leggermente arrotondata e forse pi# bassa, mi sembra più [ɞ] che [ə], ma con un arrotondamento leggero, quindi forse [ɜ̹].
                Diverso il caso di -en finale: anche lì ‘e’ viene trascritta comunemente con [ə], ma lì secondo me è più simile a una ‘e’ italiana (però bassa, cioè aperta), per cui la trascriverei come [ɛ] o al massimo [ɜ], cioè vocale centrale mediobassa.

                Questo attualmente e nella lingua standard.
                Ho presente svizzeri pronunciare proprio [ɛr] o qualcosa di molto simile.
                Inoltre ho presente vecchie registrazioni con un -er finale che ricorda ciò che Miguel ha descritto per la Germania est, cioè tipo [ɛɹ], con ‘r’ approssimante, oppure addirittura vocalizzata: [ɛɐ̯].

  16. francydafne scrive:

    Personalmente penso che il buon senso stia nel mezzo: la disciplina è fondamentale, non importante, ma fondamentale, tuttavia anche i/le bimbi/e non sono tutti/e uguali, ciò che ferisce un bimbo può non ferirne un altro, ecc. un esempio: quando alle elementari mio figlio faceva il buffone la prof di religione un giorno lo prese per un orecchio e lo fece camminare per tutta l’aula tirandogli continuamente l’orecchio. A mio figlio questo episodio entrò in un orecchio e uscì dall’altro, io invece, se fosse capitato a me, l’avrei odiata a morte, perché non avrei mai sopportato che un adulto avrebbe potuto ferirmi fisicamente. D’altronde ho bruttissimi ricordi di prepotenza da parte di professori durante la scuola media, l’unica cosa che hanno saputo insegnarmi: chi ha il potere vince, chi non ce l’ha perde. Ricordo quell’insegnante che in un momento di rabbia dette uno schiaffone ad un mio compagno il quale, nel tentativo di schivarlo, andò a sbattere con il muso contro il banco e si ruppe un pezzetto di dente. Al giorno d’oggi quell’insegnante, dopo quel fatto, dormirebbe sonni poco tranquilli, a quel tempo non c’erano problemi, i miei genitori dicevano agli insegnanti: “quando ci vogliono, ci vogliono”. E anch’io ne ho prese di vagonate di bastonate dai miei. E chissà perché vado a trovarli così raramente, oggi….

    • PinoMamet scrive:

      Io ricordo il professore di Educazione artistica, alle medie inferiori: un ometto molto elegante, gentilissimo, posato, bravissimo, finito per i casi della vita a fare il professore delle medie, cioè praticamente del riformatorio.

      Un mattino, un ragazzo (che poi nella vita ha fatto lo spacciatore e il carcerato, tra l’altro) insultalo all’andata, insultalo al ritorno, e dai uno e dai due, e insisti e insisti, s’è preso da lui uno schiaffo,
      Ben datissimo.

      Ora mi immagino ai giorni nostri che i genitori sarebbero andati dal preside a denunciare il maltrattamento subito dal pargolo, volendo far passare i guai al povero professore…
      dei maltrattamenti subiti per tutto l’anno dal professore non gliene frega niente a nessuno però?

      • francydafne scrive:

        Massimo, l’amico che si ritrovò con un dente rotto, non aveva assolutamente insultato il prof, stava ridendo sguaiatamente, ma non penso che meritasse una sberla. Mi rendo conto che “fare” il professore è un mestiere ingrato e molto difficile, personalmente non saprei proprio in che modo potrei pormi di fronte a ragazzi maleducati e cafoni. Mi è capitato raramente che un ragazzino mi rompesse le palle e fino adesso l’ho sempre ingnorato, non riuscirei mai a chiudere la mano in un pugno per colpirlo, ci pensi qualcun altro a “educarlo”, non è affare che mi riguarda.
        Ti racconto un’altra vicenda, vissuta in prima persona. In occasione del Carnevale comprai uno scherzo scemo, un falso pacchetto di gomme, quando ne offrivi una, il malcapitato allungava il dito per prenderla dal pacchetto, scattava una molla e ti pestava il dito. Lo tirai fuori all’intervallo e lo “provai” con qualche compagno, lo vide Fabio, quello che era considerato il “bullo” della classe e mi chiese se potevo prestarglielo. Glielo prestai con la certezza che non l’avrei più rivisto. Pazienza. Finisce l’intervallo ed entra il prof di Italiano, quello che chiamavo, nelle mie filastrocche, il “fiero Alfiero”. Considerato un professore/psicologo dalle mamme, per me una delle persone più odiose che abbia mai conosciuto. Comincia a fare lezione, ad un certo punto Fabio gli chiede se vuole una gomma. Io rimango di merda. Il prof invece rimane di stucco, non può credere che proprio Fabio gli offra qualcosa. Comincia a bofonchiare, gli dice frasi del tipo: “Fabio, davvero? Ma… no dai. vabbè, io la prendo una gomma, però poi facciamo a metà, ma veramente vuoi offrirmene una? Grazie, grazie….”, ecc. ecc. salamelecchi vari per qualche altro secondo, mentre Fabio se la ride sotto i baffi. A un certo punto il super prof allunga il dito, e…. ciak! un urlaccio. Il prof psicologo ha una reazione veramente saggia e matura: apre la finestra e carica il braccio per poter lanciare l’orrenda macchinetta il più lontano possibile, in direzione della strada. Agli urli de miei compagni: “No professore, è di Tuccia!” si gira, mi grida: “Fuori dalla porta!”. Esco dall’aula e rimango tutta l’ora nel corridoio, mentre Fabio se ne sta comodamente seduto sulla sua sedia. Quando l’ora di lezione finisce il prof esce ed io entro nell’aula. Il mio giochino giace nel cestino strappato. Questo è solo un episodio. Ho vissuto la mia adolescenza senza nessuna stima di nessun adulto, li ho sempre considerati tutti una massa indistinta di prepotenti figli di puttana.

      • PinoMamet scrive:

        Ci pensi qualcun altro a educarlo non è un ragionamento che può fare un insegnante: lo farebbe volentieri se potesse, e questo qualcuno altro dovrebbero essere i genitori.

    • Z. scrive:

      Pino,

      probabilmente l’insegnante oggi perderebbe il lavoro. E credo che tutti, in un caso del genere, saremmo dispiaciuti per lui.

      Solo che… è possibile decidere una soglia di schiaffi tollerabile, o circostanze in cui l’insegnante può permettersi una sberla?

      Non invidio affatto gli insegnanti. Credo che oggi sia uno dei lavori più frustranti che ci siano.

      • Peucezio scrive:

        Z.,
        “Solo che… è possibile decidere una soglia di schiaffi tollerabile, o circostanze in cui l’insegnante può permettersi una sberla?”

        Vale per tutto. Lì sta la discrezionalità dell’insegnante. Come del genitore del resto. E nessuno dovrebbe sindacare, se non di fronte a eccessi palesi (chessò, ferite, ossa rotte…).

        • Z. scrive:

          Quindi la risposta alla mia domanda esiste: la soglia sarebbero dunque le lesioni.

          Finché si percuote senza ledere – ossa rotte, o almeno ferite di qualche tipo – siamo entro il limite accettabile.

          Nah, secondo me non funziona 🙂

          • PinoMamet scrive:

            Secondo me sì. Mi sembra ragionevole.
            Niente di rotto? allora tutto ok.

            (naturalmente, in un sistema ideale l’insegnante dovrebbe avere diritto di vita e di morte, insandacabile.
            Lo sai che per me tutti i laureati- magari in seguito a un esame- dovrebbero avere diritto di vita e di morte sui truzzi e sui tamarri).

          • Z. scrive:

            Pino,

            sono d’accordo purché allo studente sia permessa una reazione proporzionata all’offesa.

            Tipo, il professore Tizio aggredisce con uno schiaffo? il giovane Caio risponde con cazzotto. Il professor Mevio adopera una spada da kendo? il giovane Sempronio reagisce con un bō. Il professor Filano tenta di atterrare lo studente Calpurnio con tecniche di lotta greco-romana? a quest’ultimo è precluso l’uso di tecniche tipiche della sola lotta stile libero.

            Questo coniughererebbe cultura oplologica e formazione giuridica, temprando altresì spirito e corpo.

            E ovviamente sarà il professore, in virtù del suo ruolo di guida, a scegliere armi e disciplina.

            😉

            • Francesco scrive:

              no, al massimo possiamo concedere che lo studente, dopo essersi diplomato a pieni voti (commissione giudicatrice esterna) abbia diritto a sfidare il prof in singolar tenzone

              questo escluderebbe studenti incapaci e reazioni di pancia alle punizioni ma anche eccessi delle stesse

            • PinoMamet scrive:

              OMDAF

            • Z. scrive:

              Francesco,

              aspetta: il sistema che proponi tu è ragionevole, ma solo in un ordinamento feudale. Che comporta, ad esempio, che il professore abbia titolo di punire lo studente insolente a frustate (quindi ferite aperte, contravvenendo al Canon Peuceticus, forse addirittura allo Ius Pini).

              Tuttavia, la trasformazione dei funzionari in valvassori – resa necessaria dall’ordinamento feudale, dove i rapporti di fiducia tra singoli sostituiscono la pubblica funzione – richiede una revisione a fondo dell’ordinamento stesso. Ad es., gli studenti (quali valvassini) non saranno più tenuti alla lealtà verso il preside (vassallo), bensì verso i professori (valvassori, appunto).

              In attesa della ristrutturazione da te prospettata, peraltro non priva di intuizioni di pregio, credo sarebbe più prudente una soluzione mediata che faccia salvo il ruolo dell’insegnante quale funzionario pubblico, prescrivendogli di aderire ai principi di proporzionalità e buon andamento fatti propri dalla l. 241/1990, a sua volta richiamante gli artt. 3 e 97 della Costituzione.

              • Francesco scrive:

                Carissimo Z

                non capisco il nesso con l’ordinamento feudale, mi spiace

                potrebbe spiegare?

                grazie

              • Z. scrive:

                Francesco, sei tu che volevi istituzionalizzare il duello, una volta attinta la parità tra le parti (prima niente duello, giustamente: gli inferiori al max si frustano).

                Ora ti tiri indietro.

                Non c’è più la destra di una volta. Sospetto sia colpa del Sessantotto!

              • Francesco scrive:

                appunto: cosa c’entra il Medioevo? io proponga una norma di grande intelligenza e civiltà, forse per questi ripensi a quell’età aurea?

                non credo che solo nel Medioevo ci fossero i duelli

              • PinoMamet scrive:

                In realtà io proponevo due opzioni distinte;

                mozione 1- libertà di schiaffoni dati dall’insegnante agli studenti, unico limite le lesioni gravi;

                mozione 2- diritto di vita e morte per l’insegnante sullo studente (ahimè, purtroppo penso che nella nostra società questa sia poco proponibile, ma è la più sana in assoluto)

              • Francesco scrive:

                Z

                veramente io non mi sono tirato indietro dalla mia ottima proposta

                almeno su quello non accetto insinuazioni!
                🙂

              • Z. scrive:

                Pino,

                alla proposta 2 ci si può sempre arrivare per gradi.

                In ogni caso l’idea mi sembra interessante, perché i professori saranno costretti a girare armati per evitare rappresaglie.

                La produzione di armi leggere, da sempre vanto dell’italica industria, potrà finalmente risplendere nonostante la caduta di Gheddafi e le restrizioni contro Assad.

                Naturalmente l’agevolazioni per l’acquisto delle armi sarà esteso al personale ATA. Bidelli col Benelli, e passa la voglia di fare i monelli!

              • PinoMamet scrive:

                Io ho detto “nella società attuale” sarebbe di difficile esecuzione: infatti nella società attuale studenti e professori sono consideri uguali
                (addirittura, alcuni genitori considerano i figli superiori ai docenti)

                del resto, quanti casi abbiamosentito ultimamente di professori malmenati da genitori o parenti degli studenti, se non dagli studenti stessi?
                Senza che nessuna o pochissime conseguenze avessero a pagare gli studenti?
                E ti pare che i professori si siano messi a girare armati?

                Ora, a me pare che quest’andazzo sia negativo per tutti.

                L’idea “di sinistra” dell’uguaglianza si è sopvrapposta a quella “di destra” e “grillina” per cui l’impiegato pubblico è di fatto un servo del privato, e a quella italica per cui “a mio figlio ci penso, a mio figlio nessuno ci deve toccare un capello”, con i bei risultati che vediamo.

                Io vorrei invece che fosse ben chiara a tutti una cosa:

                l’uguaglianza non c’è e non ci deve essere.

                Proprio perché le nostre leggi danno (all’incirca) le stesse possibilità a tutti.

                Io non sono di famiglia ricca.
                Però mi sono laureato.
                Perché devo essere uguale a uno che, a parità di condizioni, o con condizioni di partenza migliori delle mie, a fatica ha preso la terza media o il diploma?

                Perché devo accettare che venga a dettarmi come deve essere trattato quel deficiente, ritardato, sociopatico, imbecille di suo figlio?

                Perché devo accettare che quel cretino, scemo, incapace, irritante esemplare di scimmione di suo figlio costituisca un elemento di disturbo nella classe di un bravo ragazzo pieno di capacità e di voglia di imparare?

                Perché devo accettare di dover giustificare il fatto autoevidente che suo figlio andrebbe cacciato a pedate e bastonate e destinato, nel migliore dei casi, a diventare carne da cannone in trincea?

                Perché devo accettare che un povero insegnante, che vessato dallo scimmione suddetto silascia scappare un liberatorio ceffone, debba dover giutifcarsi e perdere il posto, mentre se lo scimmione e suo padre lo aggrediscono “poverinim, vanno capiti, dai, facciamo parlare il figlio con lo piscologo e si risolve tutto?”

                Ma psicologo un par di marroni!
                Lo riempiano di botte e lo caccino da tutte le scuole, pubbliche e private.

                https://it.wikipedia.org/wiki/Kiri_sute_gomen

              • Z. scrive:

                Pino,

                questa gerarchia basata sui titoli non mi dispiace: mi darebbe il diritto di prendere a sberle chi è solo laureato!

                Parlando seriamente, sai qual è la cosa che a me personalmente mette più tristezza? E’ che se certi fatti capitano è perché stanno bene sostanzialmente a tutti: e segnatamente al preside, ai colleghi, ai sindacati.

                Tranne allo sventurato che le prende, certo: che però è un tizio pagato poco e male e di cui la società non ha nessun rispetto, quindi in sostanza peggio per lui.

              • Z. scrive:

                A proposito di schiaffi educativi: qui lesioni gravi non credo ci siano…

                http://napoli.repubblica.it/cronaca/2018/04/07/news/napoli_poliziotti_picchiano_e_insultano_ragazzo_in_strada_lui_stavo_lavorando_-193255130/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P1-S1.6-T1

                Tra l’altro il comportamento è stato definito “censurabil[e] dal punto di vista deontologico”. Tipo inviare un fax alle otto del venerdì sera alla controparte, insomma.

              • roberto scrive:

                “intendo tollerato socialmente, pubblicamente”

                ho capito, ma come fai a intendere “socialmente” se escludi dal tuo sondaggio d’opinione 🙂 la metà che subisce? un po’ come dire che la schiavitù era accettata socialmente negli USA fino a poche generazioni fa, che è in parte certamente vero, ma credo che intervistando gli schiavi sulle navi negriere o nelle piantagioni di cotone avremmo avuto una risposta più articolata.

            • Peucezio scrive:

              Z.,
              certo che voi comunisti siete proprio irriducibilmente ribelli e ostili alla gerarchia! 😛

              • Z. scrive:

                Ma no, gli è che da leguleio non posso prescindere da un minimo di coerenza del sistema. Trimenti a che serviamo? 😀

              • Peucezio scrive:

                Cosa c’è di poco coerente nel fatto che uno le dà e l’altro le prende?

              • Z. scrive:

                Non è coerente con l’ordinamento di diritto comune vigente!

                Letterati… babbani… tze

              • Peucezio scrive:

                E perché mai?
                L’ordinamento comune vigente non prevede la divisione dei ruoli?
                I delinquenti possono arrestare i poliziotti?
                Gli imputati giudicare i magistrati?
                Gli alunni insegnare agli insegnanti?
                E visto che l’insegnamento prevede l’imposizione di una certa disciplina e all’occorrenza l’uso di mezzi correttivi, tale uso non può prevedere le pene corporali? E non devono essere forse unilaterali?
                Forse che negli anni ’50 l’ordinamento di diritto comune vigente fosse differente?

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                — L’ordinamento comune vigente non prevede la divisione dei ruoli? —

                Certo, ma non concede a nessuno la facoltà di pestaggio discrezionale 🙂

                — I delinquenti possono arrestare i poliziotti? —

                Certo. Tutti possono compiere un arresto, ricorrendone i presupposti di legge (art. 380 c.p.).

                — Gli imputati giudicare i magistrati? —

                Qui si parlava di picchiare, mica di “giudicare”. Gli insegnanti già possono giudicare gli studenti 🙂

                — Gli alunni insegnare agli insegnanti? —

                Certo, mica è vietato. Probabilmente, a suo tempo, più di un insegnante ha imparato qualcosa da te.

                — E visto che l’insegnamento prevede l’imposizione di una certa disciplina e all’occorrenza l’uso di mezzi correttivi, tale uso non può prevedere le pene corporali? —

                Hmm… fammici pensare… no, direi proprio di no, mi dispiace 🙂

                — Forse che negli anni ’50 l’ordinamento di diritto comune vigente fosse differente? —

                No, guarda, era identico a quello odierno. Infatti, com’è noto, il marito ad oggi può esercitare lo ius corrigendi nei confronti della moglie, l’uomo è il capo della famiglia, lo stupro è un delitto contro la morale…

                Quasi quasi ti prenderei a sberle: per correggerti, beninteso 😀

              • Roberto scrive:

                Peucezio e Z

                “Forse che negli anni ’50 l’ordinamento di diritto comune vigente fosse differente”

                Però è curiosa questa impressione, che direi non è solo di peucezio, di dare per scontato che “è sempre stato così”

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                io sono un linguista e non un giurista, quindi illuminami tu con la tua dottrina.
                In pratica le punizioni corporali per decenni (anzi, per secoli), ancora fino agli anni ’70-’80 (la mia maestra dava gli scappellotti e peraltro non ne sono stato affatto traumatizzato, anche se ero uno di quelli che ne prendeva pochi, perché ero abbastanza diligente) venivano inflitte contro la legge?

                A volte ho l’impressione che, quando parli di diritto qui dentro, te l’inventi di sana pianta, per prenderti il gusto, fuori dal lavoro, di poter sparare cazzate e inventarti ordinamenti a tuo piacimento, per compensare il fatto che nel mondo reale devi adeguarti a quelli esistenti, che sono così prosaici.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Peucezio, mi sorprende che un sedicente uomo del neolitico 😀 come te sbandi così pericolosamente in un estremo formalismo giuspositivista.

              • Peucezio scrive:

                Mi facevi giusnaturalista invece 😀

                Io che ritengo che persino l’aritmetica e il moto degli astri siano un fatto culturale e non naturale… 🙁
                Mi sento profondamente offeso!!!

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Io che ritengo che persino l’aritmetica e il moto degli astri siano un fatto culturale e non naturale… ”

                Infatti, è qui la problematica del postmodernismo.

                Quello che hai detto, ti guadagnerebbe tantissimi punti favorevoli nelle facoltà umanistiche americane.

                🙂

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                cosa c’è di oscuro o equivoco nel mio ultimo commento?

              • Peucezio scrive:

                Z.,
                avevo inteso male il senso.
                Tu, con ‘sta mania di ironizzare sempre, quasi per riflesso condizionato, a volte comprometti la chiarezza.

                Stai dicendo che l’ordinamento dagli anni ’50 è cambiato.
                Vabbè, ma grazie a Dio il diritto, la legge, l’ordine costituito, l’ordinamento giuridico non sono stati inventati negli anni ’70 (anzi, secondo me negli anni ’70 sono andati a carte quarantotto).
                Quindi al massimo quello che io sostengo è incompatibile con scelte legislative contingenti, alla moda, recentissime.
                Basta cambiare le leggie tornare a fare sì che siano ispirate a un minimo di buon senso.

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                sull’ironia forse non hai tutti i torti, chissà.

                Per il resto, da allora non è che sono cambiate alcune leggi: ne sono cambiate moltissime, certo, ma non è questo il punto.

                Negli anni Cinquanta, in Italia, era normalissimo picchiare i figli, era più che normale picchiare gli scolari e una sberla ogni tanto alla moglie poteva scappare senza grossi drammi.

                L’ordinamento, che non è fatto solo di fonti scritte, rispecchiava questi costumi. Senza bisogno di leggi che disponessero espressamente il diritto al pestaggio.

                Oggi le cose sono un po’ diverse.

              • Z. scrive:

                (Postilla: per la verità, dalle mie parti, almeno verso la moglie i tempi erano già migliorati. Anche le punizioni corporali verso gli scolari erano in via di obsolescenza)

              • Peucezio scrive:

                Distinguerei nettamente l’alzare le mani sulla moglie dal caso di figli o scolari.
                Ci sono sempre stati anche i padri che stupravano le figlie, ma ciò non toglie che sia un comportamento in sé poco commendevole e criticabile.
                Non so cosa dicesse la legge, ma per le persone della generazione di mia madre, nata negli anni ’30, e di mio nonno, nato nei primi anni del secolo, gerarca fascista, l’alzare le mani su una donna (adulta, da parte non di un ascendente) era visto come un atto vile, spregevole e anche connotato socialmente, come espressione di degrado, di marginalità sociale, mentre nessuno eccepiva sulla sberla al figlio; mio nonno non ne dava, ma mia nonna sollevava i figli dal pavimento per le orecchie (tra l’altro i miei zii da bambini erano estremamente pestiferi).
                Mia madre sapeva che la mia maestra elementare ogni tanto mollava lo scappellotto e non ci si è mai scandalizzata (se avessi subito palesi ingiustizie, sarebbe intervenuta, e in un’occasione l’ha fatto); mentre se suo marito, mio padre, avesse osato mezza volta alzarle una mano contro, l’avrebbe lasciato immediatamente e definitivamente e denunciato alla polizia.

                Ogni cultura è diversa, d’accordo. Ma credo che l’idea per cui non si possano usare mezzi di correzione anche fisica verso i figli e i bambini in genere sia una ridicolaggine del tutto inedita nella storia (al netto di qualche ridicolo intellettuale utopista letto solo da un altro pugno di segaioli come lui), mentre l’idea della violenza all’interno della coppia, per quanto storicamente diffusa, specialmente nei ceti bassi, non sia affatto così pacifica, neanche in passato.

              • Roberto scrive:

                “ma per le persone della generazione di mia madre,”

                Io non metto in dubbio che anche all’epoca ci fossero persone che consideravano intollerabile dare una sberla alla moglie, però faccio notare che lo jus corrigendi è stato eliminato all’inizio degli anni 60 (e per di più dalla corte costituzionale, non dal legislatore), quindi, se siamo d’accordo che le leggi sono il riflesso della società, per la generazione dei nostri nonni non era poi così stravagante la sberla alla moglie

              • PinoMamet scrive:

                Sto guardicchiando un film credo degli anni Ottanta/Novanta, a quello che ho capito una coproduzione tedesco/hongkonghese.

                In pratica è sulla vita dei tre attori Sammo Hung, Yuen Biao e Jackie Chan, dal momento in cui si incontrano come giovanissimi studenti di un collegio che insegna l’Opera di Pechino.

                La madre, quando lascia il bambino in consegna, firma un contratto in cui dice che per 10 anni il figlio riceverà vitto e alloggio e imparerà il mestiere dell’attore, accetterà le eventuali punizioni e se per caso nel corso di una qualunque attività dovesse rimanere ferito e ucciso, sarà considerata volontà del Cielo e amen.

                La trovo un’ottima istituzione.

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                non lo so, ci sono cose non disciplinate per legge, ma radicate nel costume.
                La buona educazione, per esempio. Ma anche tanti principi etici del tutto privi di rilevanza giuridica.
                In certi casi la legge segue un andamento opposto al costume:
                fino agli anni ’70 l’adulterio era reato, però di fatto almeno quello maschile era del tutto tollerato.
                Oggi, se un marito tradisce la moglie e si viene a sapere, non incorre in nessuna sanzione, ma la moglie lo considera un vulnus gravissimo e se va male lo caccia di casa.

              • Roberto scrive:

                Pino,
                Ammetto che troverei inimmaginabile che qualcuno possa alzare le mani sui miei figli utilizzando parametri diversi dai miei e quindi senza avere la mia totale ed incondizionata fiducia. Per dire, i miei genitori sicuramente no, vista la quantità di scapaccioni ingiustificati che mi sono preso, e figuriamoci un insegnante che magari a stento conosco! Certo è che se a scuola mi chiamano perché uno dei pargoli ha fatto qualche marachella (ed è successo) non esito ad intervenire con la necessaria durezza dopo un processo sommario (cioè il colpevole è condannato prima di sentire la sua versione e questa regola ha avuto finora una sola eccezione nel caso di una maestra che si meritava il subbuglio in classe)

              • Roberto scrive:

                Peucezio,
                Io non sono sicuro che l’adulterio maschile fosse realmente tollerato in un e poca in cui non c’era il divorzio e la donna era sostanzialmente alla mercé dell’uomo. Magari hai ragione ma il dubbio che fosse imposta la tolleranza mi resta

              • PinoMamet scrive:

                Questa cosa dell’adulterio tollerato non la capisco.

                Era tollerato quello maschile? beh, o erano tutti omosessuali (e allora era tollerata anche l’omosessualità) oppure in qualche modo doveva essere tollerato anche quello femminile…

                del resto, mi pare che l’adulterio sia altrettanto tollerato anche adesso;
                pure di più, nel senso che è più difficile che ci scappino coltellate o schioppettate.

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                intendo tollerato socialmente, pubblicamente.
                Che poi nell’intimo la donna non ne gioisse di certo, è un altro conto.

                Pino,
                beh, intanto c’erano una serie di soggetti “liberi”: le prostitute, ma anche le cameriere e una serie di altre donne un po’ fuori dagli schemi e dalle regole.
                E poi le donne sposate. Che però lo facevano in segreto, mentre gli uomini lo vantavano (ovviamente senza fare il nome, quando si trattava di una donna sposata).

                Invece oggi succede il finimondo. Spessissimo finisce la coppia, anche se ci sono figli, con tutto quello che questo comporta in termini morali, affettivi, economici, pratici, giuridici, ecc.
                E in ogni caso c’è la riprovazione.
                Una volta c’era l’ammirazione (anche da parte delle donne in fondo, almeno finché non succedeva a loro di diventare le cornute).

              • PinoMamet scrive:

                Mmm non saprei.

                Non mi pare ci sia tutta questa differenza tra quello che descrivi di una volta e quello che succede adesso.
                Le badanti, forse, han preso il posto delle cameriere.

                Ma mi pare succeda molto meno finimondo oggi di una volta…

              • Peucezio scrive:

                Davvero a volte mi sorprendi.
                Cogli caratteristiche e sottili fumature sociologiche e antropologiche del tuo territorio e spesso dell’Italia intera con profondità e acume non comuni, poi a volte sembrano sfuggirti differenze vistosissime.

                Che ti devo dire: come si fa a dimostrare l’ovvio?
                Tutte le situazioni che ho presente in famiglia e fuori vanno esattamente nella direzione che ti ho detto.

              • roberto scrive:

                peucezio (lo ripubblico qui che mi sono sbagliato)

                “intendo tollerato socialmente, pubblicamente”

                ho capito, ma come fai a intendere “socialmente” se escludi dal tuo sondaggio d’opinione ? la metà che subisce? un po’ come dire che la schiavitù era accettata socialmente negli USA fino a poche generazioni fa, che è in parte certamente vero, ma credo che intervistando gli schiavi sulle navi negriere o nelle piantagioni di cotone avremmo avuto una risposta più articolata.

              • PinoMamet scrive:

                Peucezio, io capisco benissimo la tua impressione, solo che secondo me, se la osserviamo più da vicino, ci appare falsata.

                Certamente se pensiamo a quel “pre-sessantottesimo” che appare un po’ come l'”ancien Regime” di oggi, la prima impressione è quella che dici tu, che riassumo con questa immagine:

                il maschio italico al bar, con la cravatta allentata davanti al caffè, che lisciandosi i baffi si vanta con gli amici di essersi scopato la bella cassiera, moglie del barista;
                il barista che la sera chiama la moglie “troia, puttana”, magari le dà una mano di botte quando scopre tutto, ma non la caccia mica di casa…

                ma se andiamo ad analizzare la cosa un po’ meglio:

                si fanno meno corna oggi rispetto agli anni Cinquanta?
                Non credo.

                Allora, cosa è cambiato davvero ?

                è cambiato che da “troia, puttana, adesso ti ammazzo di botte” si è passati (spesso) a “troia, puttana, adesso chiedo il divorzio”.

                C’è il divorzio, semplicemente: una delle cause principali del quale, va senza dirlo, è l’adulterio.
                Sarebbe successo la stessa cosa nel ’52, se ci fosse stato il divorzio…

              • Francesco scrive:

                Pino

                sono un pò giovane per l’esperienza diretta ma credo che larga parte dell’adulterio fosse con donne di condizione sociale inferiore e prive di marito. Una roba che mescolasse sesso e classe sociale, con rischi molto ridotti per il maschio e la possibilità per la moglie di dare la colpa alla “poco di buono” che non sapeva fare altro che quello (e quindi la legittimava nel far finta di nulla).

                Tieni conto che accoltellare l’amante della moglie era “lecito” anche se lui era di classe superiore.

                Ma mi baso più che altro sulla letteratura

              • Peucezio scrive:

                Roberto (e Pino),
                secondo me non è esattamente come dici tu.

                Un po’ perché il discorso pubblico per definizione lo fa chi ha il potere di farlo, chi ha voce in capitolo.
                E poi perché esso si radica nella mentalità, viene introiettato dalle “vittime” (chiamiamole così per intenderci: il mio non è un discorso morale, ma una constatazione).

                Ti assicuro che le persone della generazione di mia nonna, pur soffrendo per l’adulterio dei loro mariti, lo ritenevano tutto sommato legittimo, moralmente tollerabile, come oggi uno che viene lasciato dalla moglie, che magari soffre come un cane, ma non sarebbe a favore di un regime che obbligasse le mogli a restare controvoglia con i mariti se non vogliono.

                Per inciso, sono molto scettico sul fatto che gli schiavi americani ragionassero in termini di diritti (almeno fino a un certo momento, poi si sa che certe consapevolezze si diffondono, come anche nell’ambito di cui sitamo parlando).
                tendo semmai a pensare che si ritenessero sfortunati ad essere nati negri in America in quel momento e vedessero la schiavitù e le angherie del padrone alla stessa stregua della siccità o delle malattie infettive.
                Poi non escludo nemmeno che ci fossero anche (non solo, non fraintendetemi!) quelli stile “Via col vento”, affezionati ai padroni e talvolta dal piglio autoritario tipico del servo zelante che controlla e gestisce tutto, come erano talvolta le domestiche di famiglia da noi, quelle fisse, che crescevano generazioni di figli dei signori.

                A volte sapete che impressione ho?
                Nel caso vostro specifico smentitemi pure, se non è così (in generale invece l’ho constatato).
                Che la comunicazione intergenerazionale non sia poi un fatto così abituale.
                Io sono letteralmente cresciuto parlando con i miei nonni (e genitori, zii, ecc.) – avevo anche il vantaggio di abitarci quasi insieme, all’appartamento sopra il loro. Ho assorbito moltissimo da loro, perché tutto sommato interagivo meglio con gli adulti e gli anziani che coi coetanei (che mi sembravano un po’ una massa di cazzoni; poi devo dire che sono un po’ migliorati col tempo, come il vino).
                A volte mi sembra che le generazioni più o meno a partire dalla mia o poco prima in fondo parlino poco con i vecchi e non ne capiscano appieno il loro mondo, le sue dinamiche, le sue sensibilità, ecc.
                Tanto che certe cose sono sentite più come letterarie che come conoscenza diretta: si hanno presente certi costumi magari per averli letti in uno scrittore dell’Ottocento, che non perché si è avuta un’intrinsechezza con i propri nonni, comprendendone il loro mondo dall’interno.
                Mi ha colpito in questo senso il discorso di Francesco, che è molto sintomatico.

              • Francesco scrive:

                Peucezio,

                io vivevo lontano dai miei nonni. Ricordo bene quanto parlava mio nonno paterno, di un mondo terribilmente vicino all’Albero degli zoccoli e a Fantozzi ai miei occhi – per lui del tutto naturale, non credo lo avrebbe mai definito ingiusto più che io la pioggia o lo scorrere del tempo.

                Con gli altri nonni c’era il problema che parlavano poco, oggi mi viene da piangere per la coscienza di quello che ho perso.

                Ma il loro mondo lo conosco più per i libri che per altro.

              • PinoMamet scrive:

                Sarebbe interessante anche il discorso dei negri americani
                (credo che la loro idea di schiavitù-libertà fosse strettamente legata all’immaginario biblico- è da l’identificazione con “Israele” antico, e i vari miti di origini “salomoniche”, gli ebrei neri americani di vari orientamenti, da quelli autoproclamati a quelli peinamente ortodossi, e, per li rami, anche la Nation Of Islam e il Rastafarianesimo)

                ma tornando a noi, sicuramente la generazione delle nonne accettava l’adulterio come una delle cose che “gli uomini fanno”, ma quanto di questo era dovuto al fatto che non potessero chiedere il divorzio? o che comunque l’idea di una donna sposata che lasciava il marito era quasi impensabile?

                Voglio dire, non si può analizzare il fenomeno da solo, staccato dal resto dei mutamenti avvenuti nella società.

                Se invece lo analizziamo da solo, come dire, numericamente, ecco, allora mi pare che l’adulterio e in genere le relazioni sessuali “libere” o extraconiugali siano più accettate adesso:

                non esistevano club per scambisti negli anni Cinquanta
                (magari sì, ma erano due e per ricchi perversi)
                né sexyshop o videocassette (poi siti) porno…

                invece c’era molto meno stigma sociale contro la prostituzione.

                Chissà perché, questo è da indagare: oggi (o forse, dieci-vent’anni fa) uno che fa lo scambista è un simpatico “famolo strano”, mentre uno che va a puttane è quasi un criminale.

                Decenni fa, era forse il contrario…
                non so, ipotizzo.

              • Francesco scrive:

                Beh, Pino, “una volta” un uomo che andava al casino era giusto uno sano e normale.

                Mentre due uomini che avessero costretto le loro mogli a concedersi all’altro sarebbero di sicuro stati considerati due fuori di testa.

                Anche perchè la sessualità era una cosa più sana e animalesca, fisica direi, senza le paturnie di adesso. Credo che larga parta dei generi del porno sarebbe stata considerata “roba da malati”.

                Giustamente. Peraltro, già De Sade illustrava bene gli esiti patologici del seguire liberamente le pulsioni sessuali.

              • Peucezio scrive:

                Pino,

                “ma quanto di questo era dovuto al fatto che non potessero chiedere il divorzio? o che comunque l’idea di una donna sposata che lasciava il marito era quasi impensabile?
                Voglio dire, non si può analizzare il fenomeno da solo, staccato dal resto dei mutamenti avvenuti nella società.”

                Certo.
                Infatti ogni cultura è un sistema.
                E spesso le strutture materiali e quelle “valoriali”, per usare un brutto aggettivo, coincidono (senza voler fare i riduzinisti e dire che le seconde scatiruscono meccanicamente dalle prime).

                “Se invece lo analizziamo da solo, come dire, numericamente, ecco, allora mi pare che l’adulterio e in genere le relazioni sessuali “libere” o extraconiugali siano più accettate adesso:”

                Anche su questo concordo.
                Oggi c’è un moralismo diverso, meno “giuridico” e sociale e più di principio.
                Oggi nessuno ti dice di non fare una cosa perché se no ti criticano. Ti dirà invece di non farlo perché non è etico. Ma se non lo faria, immancabilmente lui e gli altri ti criticheranno. In sostanza siamo più ipocriti.
                Comunque, ripeto, io credo che in sostanza lo stigma si sia distribuito diversamente:
                prima:
                adulterio femminile: orrore,
                adulterio maschile: massì, in fondo che c’è di male.
                Oggi:
                adulterio di chiunque: orrore (ma minore).
                Come dire, 50 e 50 anziché 80 e 20.

                Circa scambisti e prostituzione:
                perché nella prostituzione ci sono di mezzo i soldi e quindi viene considerata una forma di sfruttamento.
                Come se le forme di lavoro in cui non è coinvolto il sesso non lo fossero.
                Il lavoro, in quanto prestazione in cambio di denaro, è di per sé stesso una forma di fruttamento dell’essere umano ai danni di un altro essere umano.

              • roberto scrive:

                peucezio,

                con il tuo accordo a quanto detto da pino, mi sono perso nella discussione!

                sulla questione “contatti con gli anziani”, fai conto che sono andato via da napoli a 4 anni e quindi per me i nonni erano quell che vedevo 15 giorni a natale.
                oltretutto erano di quella generazione che non parlava mai con i più govani della famiglia di cose “serie”. Tutto quello che so della vita dei miei nonni lo so grazie ai racconti di mia madre e mia zia (dal lato paterno sono tutti taciturni)

                quindi si, per quel che mi riguarda, confermo che il dialogo intergenerazionale si ferma ai miei genitori (anzi mia madre)

              • roberto scrive:

                credo che i mie figli abbiano un dialogo intergenerazionale infinitamente più ricco di quello che ho avuto io

              • paniscus scrive:

                “Mentre due uomini che avessero costretto le loro mogli a concedersi all’altro sarebbero di sicuro stati considerati due fuori di testa.”
                ——————-

                Scusa, ma dove sta scritto che le pratiche degli scambisti attuali comportino il presupposto che le donne siano costrette dai mariti? E oltretutto, addirittura, costrette a “concedersi”, che mi sembra un verbo decisamente superato dai tempi, e decisamente fuori contesto.

                Immagino che chi frequenta tali ambienti sia consenziente, e che le coppie che intraprendono tali iniziative siano consenzienti in due.

                Altrimenti non si spiegherebbe proprio come mai queste energiche donne di oggi siano prontissime a sbattere fuori di casa il marito per sempre, per un sospetto che abbia corteggiato un’altra… ma sarebbero incapaci di rifiutarsi se lui vuole costringerle ad andare con un altro uomo contro la loro volontà, cioè imporre loro una forma di stupro o una forma di prostituzione.

              • Francesco scrive:

                Prof

                mi scusi se lo faccio notare ma stavo chiaramente scrivendo dagli anni ’50 del secolo scorso!

                🙂

                E pure bene, a giudicare dalla sua reazione

    • PinoMamet scrive:

      Per questo dico che la scuola va riformata profondamente.

      Ma guarda, sono ottimista: noto che c’è una consapevolezza ormai diffusa e unanime che ci si spinti troppo in là nella “garanzia alle famiglie” e nel “coinvolgimento delle famiglie e degli studenti nel processo formativo”.
      Conto che con un po’ di buon senso ci si renda conto di essersi spinti troppo in là anche con il “dirigente cioè manager” (“io ti licenzio!”) al posto del vecchio “preside cioè collega con più esperienza” (“io ti capisco…”)…

      Tra l’altro una riforma della Scuola in termini di maggior potere ai professori, maggiore selettività e maggior rigore farebbe contenti, miracolosamente, tutti:

      -la sinistra, cioè la classe intellettuale “subalterna” come la chiama Miguel, alla quale appartengono i professori, che non ci stanno a perdere prestigio;
      -la destra, cioè i fasci che vogliono “dire basta al Sessantotto”;
      -gli imprenditori, che vogliono manodopera formata, non cretini con la maturità ripescata dal TAR.

      Non farebbe contente molte mamme, uno dei grossi guai italiani
      (“coooome, mio figlio dovrebbe partire per l’estero solo perché ha deciso di fare il soldato? e farsi sparare magari? senza maglia della salute??” “cooome, mio figlio che a casa è bravo buono e gioca coi gattini, a scuola mi sta dicendo che è un bullo e non capisce niente? bullo ci sarà leiiii sta minando il suo sviluppo pissicofisicoooo”)

      ma anche le mamme, oh, a un certo punto se ne faranno una ragione. Hanno mandato giù di peggio.

      • Z. scrive:

        Pino,

        — Tra l’altro una riforma della Scuola in termini di maggior potere ai professori, maggiore selettività e maggior rigore farebbe contenti, miracolosamente, tutti: —

        Mi piace il tuo ottimismo, e in linea di massima il discorso mi pare condivisibile. Aggiungo un discorso “di sinistra” (e immagino se ne potrebbero aggiungere altri “di destra”): la scuola potrebbe funzionare meglio come ascensore sociale, offrendo agli studenti di famiglia non agiata una possibilità in più.

        Ma allo stesso tempo non mancherà neanche la sinistra che si lamenta “perché cioè c’è il problema che si creano studenti di serie A e di serie B” (come se davvero la scuola li creasse), né la destra che si lamenta dicendo “io pago le tasse e l’insegnante lo mantengo io e deve fare come dico io”.

        Spero che il primo gruppone prevalga sul secondo 🙂

      • Peucezio scrive:

        Pino,
        invidio il tuo ottimismo, ma non lo condivido affatto.
        Le cose si fanno contro gli interessi di tutti, eppure si fanno. E si fanno sempre di più. E non si capisce mai chi le fa, visto che tutti giustamente si lamentano, però fatto sta che qualcuno le fa.

        Tu vedi da qualche parte (non in basso, lì è ovvio, ma a livello del potere, dei decisori) i segni di ciò che stai dicendo? Non lo chiedo retoricamente (e ne sarei ben felice!).

    • Peucezio scrive:

      francydafne,
      ” Al giorno d’oggi quell’insegnante, dopo quel fatto, dormirebbe sonni poco tranquilli,”

      Non è che dormirebbe sonni poco tranquilli: sarebbe finito direttamente dentro!
      Il che è eccessivo, però devo dire che un caso del genere è un po’ un abuso di mezzi correttivi. Meglio le bacchettate sulle mani allora, che non rompono denti, né fanno altri danni.

  17. Mauricius Tarvisii scrive:

    Quindi, Moi, i tuoi amici israeliani ci spediscono i negri?

    http://www.repubblica.it/esteri/2018/04/02/news/israele_onu_rifugiati-192790220/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1

    Tag: Kalergi, Boldrini, gombloddohebraico, Invasione, MoiMa$$one

    • Moi scrive:

      Israele lo conosciamo anzitutto come proposta di Modello di Pubblica Sicurezza … proposto in Main Stream soprattutto da Luttwak e dalla Santanché.

  18. roberto scrive:

    OT

    ne avevamo parlato un po’ di tempo fa

    http://www.repubblica.it/economia/diritti-e-consumi/diritti-consumatori/2018/04/04/news/bioshopper_compostabili_il_consiglio_di_stato_si_possono_portare_da_casa_-192944797/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P2-S1.4-T1

    il consiglio di stato finalmente si è espresso su questa spinosissima questione

    il consumatore lussemburghese, che da un po’ di tempo si porta in giro la sua retina, ride

  19. moi scrive:

    Io che ritengo che persino l’aritmetica e il moto degli astri siano un fatto culturale e non naturale…

    – Peucezio –

    ——————————————————-

    … Perché, forma e consistenza del nostro pianeta no ?! … Vorrai mica far triggherare 😉 i Terrapiattisti, i Terrascodellaribaltatisti (ci sono: credono che i poli siano in realtà “bordi”) o i Terracavisti ?!

  20. Moi scrive:

    Io che ritengo che persino l’aritmetica e il moto degli astri siano un fatto culturale e non naturale…

    – Peucezio –

    ——————————————————-

    … Perché, forma e consistenza del nostro pianeta no ?! … Vorrai mica far triggherare ? i Terrapiattisti, i Terrascodellaribaltatisti (ci sono: credono che i poli siano in realtà “bordi”) o i Terracavisti ?!

  21. Moi scrive:

    Come già segnalato da Zeta,’sta gente fa video dai 3 minuti alle 3 ore (!) per cercare di dimostrarlo !

  22. paniscus scrive:

    Peucezio:
    __________________
    Io che ritengo che persino l’aritmetica e il moto degli astri siano un fatto culturale e non naturale… ?
    ______________________

    Un paio di giorni fa, spiegando i fondamenti della gravitazione universale in una terza liceo scientifico, ho avuto la seguente esperienza mistica.

    Venti minuti di introduzione storica alle concezioni cosmologiche dell’antichità, prima della rivoluzione scientifica…

    (rigorosamente concordata insieme al collega di storia e filosofia, con tanto di riferimenti alla “Terra fluttuante nello spazio” di Anassimandro di Mileto nel sesto secolo avanti Cristo, alla misura del raggio della Terra di Eratostene di Cirene nel terzo secolo avanti Cristo, e alla summa delle conoscenze astronomiche antiche di Claudio Tolomeo nel secondo secolo dopo Cristo , con tutta la ricostruzione dei moti dei pianeti del sistema solare, compresi tutti i problemi delle circonferenze, degli epicicli, degli equanti, degli eccentrici, e del fatto che le previsioni dei moti dei pianeti non tornavano)

    …uno studente si sveglia dopo venti minuti, e chiede:

    “Ma come facevano a conoscere Marte, Venere, Giove e Saturno prima che fosse inventato il cannocchiale? Mica si possono vedere a occhio nudo!”

    Prima risposta mia, immediata e allibita:
    “Cioè, tu DAVVERO non hai mai visto Venere a occhio nudo nel cielo della sera? Non dico nel cielo dell’alba, quando te ne stai ancora a ronfare, ma almeno in quello della sera?”

    Seconda risposta mia, un po’ più ragionata:
    “Secondo te, per quale motivo questi corpi celesti si sarebbero beccati i nomi delle divinità greco-romane, se non fossero già stati conosciuti nell’antichità?”

    Non commento l’espressione bovina del giovane, arrivata a seguito.

    Conclusione: ANCHE SE NON ERA PROGRAMMATO, mi sono stampata un paio di mappe del cielo visibile dalle nostre latitudini nel mese di aprile in due o tre orari diversi, e lo mollerò all’intera classe come compito a casa sull’identificazione dei pianeti visibili a occhio nudo…

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Venere non l’ho mai visto consapevolmente nemmeno io*. Però marte, giove e saturno non solo si vedono bene, ma sono anche riconoscibilissimi come oggetti diversi da una stella.

      * Ma sono uno pseudoastrofilo veramente pessimo. E’ da tre anni che voglio vedere la ISS di notte, ma non riesco a beccarla mai e, quando la potrei beccare, me ne dimentico.

      • Z. scrive:

        Beh, se tu avessi voglia lo troveresti senza grossi problemi. Tra l’altro Lucifero si riesce a vedere anche dopo l’alba, in una bella giornata 🙂

      • Peucezio scrive:

        Che strano. Venere è quasi come la luna: ci sbatti il muso davanti (metaforicamente) spessissimo.
        Invece gli altri due non li ho mai visti sapendo di vederli.

        Sarà perché mio padre aveva il telescopio e si dilettava con l’astronomia (era uno dei suoi quattro hobby, gli altri tre erano la caccia, la musica e la fotografia).
        Ma dal suo telescopio ci avrò guardato sì e no una volta…

      • Roberto scrive:

        Venere e Giove ce li ho, Marte no

    • PinoMamet scrive:

      Venere credo sia l’unico pianeta che sono sicuro di aver visto e riconosciuto come tale a occhio nudo…
      immagino non siano difficili da trovare neppure quelli che dice Maurizio, se solo sapessi dove cercarli 😉

      Venere è facilissimo!!

  23. habsburgicus scrive:

    OT
    per RITVAN (se per caso ci segue ancora, magari distrattamente; lui è l’unico che può dirci qualcosa di serio e affidabile sulla questione) ne approfitto per salutarlo e per ribadirgli che tutti ne sentiamo la mancanza

    ho trovato questo..è affidabile (parlo del dettaglio) o i sovietici ricorsero alla menzogna ?

    feb 1962: Radio Mosca attacca il nepotismo della dirigenza albanese, dicendo
    metà o più dei 53 membri del CC del PPSh sono imparentati;
    innanzitutto abbiamo quattro coppie
    i.Enver Hoxha (nato 1908, in Francia 1930-1936, poi in ALB come insegnante di francese in una scuola secondaria) e la moglie Nexhmije Hoxha
    ii.Mehmet Shehu (nato 1913; studiò in scuola USA di Tirana, in un collegio militare italiano da cui fu espulso, poi in ALB in una scuola di ufficiali; in 1945-1946 ad Accademia militare di Mosca) e la moglie Fiqrete Shehu
    iii.Hysni Kapo e la moglie Vito Kapo
    iv.Josif Pashko e la moglie Eleni Terezi
    v.le mogli di Manush Myftiu, membro del Politburo e Pilo Peristeri, membro-candidato del Politburo, sono sorelle
    vi.Kadri Hazbiu, membro-candidato del Politburo e Ministro degli Interni, è marito della sorella di Mehmet Shehu
    vii.il fratello della moglie di Hysni Kapo è Pirro Kondi, anch’egli membro del CC

    SE è vero, quella è la via parentale al socialismo 😀
    vero, Moi ? 😀

  24. mirkhond scrive:

    “Ho assorbito moltissimo da loro, perché tutto sommato interagivo meglio con gli adulti e gli anziani che coi coetanei (che mi sembravano un po’ una massa di cazzoni;”

    Mi accorgo di non essere il solo ad aver vissuto da ragazzo con disagio i rapporti coi miei coetanei, mentre mi trovavo bene con i miei genitori, e i miei parenti più anziani, almeno con una parte di loro.

    • PinoMamet scrive:

      Mmmmm

      forse in parte era vero anche per me, ma soprattutto fin dalle scuole elementari ho capito che stavo meglio ed ero più a mio agio con le mie coetanee femmine:
      i maschi sembravano anche a me una massa di cretini, specialmente quando erano in gruppo, invece con le femmine capitava di fare discorsi intelligenti (per l’età) ed erano più simpatiche e divertenti.

      Inoltre non mi è mai piaciuto il calcio…

      uno potrebbe dirmi “ma che, sei gay?”

      invece credo che preferissi le coetanee proprio perchè, ahimè, decisamente eterosessuale. Non che ci facessi niente! ma la natura mi spingeva a stare “beato tra le donne”.

      • ruttone scrive:

        io ho rosicato molto fino a molto avanti nella mia vita
        Poi la disillusione: nemmeno valeva la pena rosicare, anzi forse era la parte meglio

      • Peucezio scrive:

        Pino,
        devo dire che sei stato più fortunato di me.
        Le mie compagne erano per la maggior parte delle oche.

        Ma ti parlo delle elementari e medie.
        Al liceo maschi e femmine nel mio caso non erano né cazzoni né intelligenti, erano semplicemente amorfi.
        Io ho fatto il liceo senza accorgermi di avere dei compagni: praticamente c’era solo un rapporto diretto con gli insegnanti: se fossi andato in un’aula vuota a fare lezione col solo insegnante, sarebbe stato lo stessi.

      • Peucezio scrive:

        Comunque facevi bene a stare di più con le ragazze!
        Hai capito tutto della vita! 🙂

      • PinoMamet scrive:

        Dall’altra parte della cattedra, mi stupisce (Paniscus saprà dirci di più!) come in ogni classe ci siano spesso gli stessi tipi umani, eppure ogni classe abbia una sua precisa personalità.

        Come se, al contrario di quello che si dice, le varietà dei caratteri (e anche dell’aspetto fisico: sono semrpe le stesse facce) dei singoli sia limitata, mentre le combinazioni che formano il gruppo siano infinite e forse più interessanti.

        • Peucezio scrive:

          Poi dice che ho torto quando dico che trovo molto più interessanti i popoli e i gruppi che gli uomini.

          Scherzi a parte, anche i gruppi sono entità, sono più della somma delle parti che li compongono.

  25. mirkhond scrive:

    Non ho mai capito veramente il mondo dei ragazzi della mia età, mentre sentivo più vicini al mio modo di pensare, i racconti degli adulti e degli anziani.

  26. mirkhond scrive:

    “le varietà dei caratteri (e anche dell’aspetto fisico: sono semrpe le stesse facce) dei singoli sia limitata,”

    Quello che mi colpisce è come si possano trovare persone che si assomigliano moltissimo, senza essere parenti, che nemmeno si conoscano e abitino in luoghi molto lontani tra loro…..

    • PinoMamet scrive:

      è vero!!

      Secondo me deve esistere, da qualche parte, Il Grande Catalogo delle Facce, da cui attingono i nascituri.
      Non credo abbia più di un duecento-duecencinquanta pagine 😀

  27. Peucezio scrive:

    OT.:

    Moi,

    http://www.cristianitoday.it/copertina-del-catechismo-raffigurante-coppia-gay/
    Dottrina cattolica rivisitata in senso bergogliano-politicamente-corretto.

    Però devo dire che quella postata da Miguel qualche tempo fa era più bella!

    • PinoMamet scrive:

      Ora, è vero che in effetti in quella copertina ci sono due uomini- a parte dal resto del gruppo- con dei bambini- che fanno pensare a una classica rappresentazione di coppia.
      E fin lì la giornalista ha ragione.

      Peccato che rovini tutto, elencando anche come problemi: Gesù che assomiglierebbe a Conchita Wurst e la presenza di una bambina nera…

      • Francesco scrive:

        insomma, è proprio uguale uguale

        almeno lo hanno vestito diverso

        😀

        PS certi catechismi fanno più contro la Fede di mille Pannella. disegni che sono un insulto alla dignità umana, altro che coppie gay … da fucilazione

      • Peucezio scrive:

        Nella bambina nera non c’è niente di male in sé, ci mancherebbe: il cattolicesimo è universale.
        Ma qui è evidente la strizzata d’occhio al politicamente corretto. Questo si chiama atteggiamento corrivo, conformismo.

        • Francesco scrive:

          si chiama, in primo luogo, essere dei cretini che vanno al traino di altri

          il che per un fedele in una religione è inaccettabile: se il tuo Dio non ti da la posizione per giudicare tutto, mollalo

          non mettergli il cappellino di una ideologia per ammodernarlo, come fosse un vecchio zio rintronato a cui sei affezionato lo stesso

        • PinoMamet scrive:

          Mah, onestamente mi pare che ci vediate un po’troppo.

          Più semplicemente, secondo me la chiesa si è accorta che in Italia i neri ci sono..
          Compresi diversi preti.

          • Peucezio scrive:

            Ci sono anche i cinesi.
            Ma non vengono rappresentati, perché non rompono il cazzo, perché non sono loro a fare rivendicazioni politicamente corrette.
            Poi c’è anche una forma di colonialismo culturale: in America ci sono i negri, quindi dobbiamo fare come gli americani anche in questo.

          • PinoMamet scrive:

            Anche perchè sono molto meno cattolici, eh?
            😉

            diciamo però che il “diverso” per antonomasia è il nero, e quindi è abbastanza logico che ci mettano un bambino nero…
            davvero, stento a vederci qualcosa di scandaloso.

            Invece trovo abbastanza pesanti le polemiche d’Oltreoceano, per cui se non c’è un nero sono casini…

            ho avuto sottomano una dispensa di Storia “CLIL” cioè in lingua inglese, fuori dallo scolastichese;

            c’è tutto un capitolo sulla prsenza dei neri nell’Europa del Rinascimento, per crità interessantissimo, ma sempre con quell’ide tristanzuola del buonismo obbligatorio…

          • Peucezio scrive:

            Per carità, nulla di scandaloso.

            Dico solo che è il riflesso condizionato del politicamente corretto e che secondo me c’entra poco e niente il fatto che in Italia ci siano i negri, che al massimo vale come giustificazione.
            Poi non sono nella mente di quello che ha fatto la copertina, ma se tanto mi dà tanto… ormai ci si fa l’abitudine a questi tic ideologici.

          • PinoMamet scrive:

            Ma sì, mi sa che sono d’accordo…

            peraltro nel libro di Storia in inglese era riportata la storia di diversi neri in Europa, tra cui la vicenda piuttosto interessante di un Sir Pedro Negro, soldato di ventura spagnolo rimasto agli ordini di Enrico VIII;

            ora di questo Signor Pedro (o Pero, Peryn…) Negro, diventato capitano di una compagnia e distintosi in vicende belliche credo in Scozia, si sa che di cognome si chiamava Negro, e che era spagnolo con un passato in Italia, o italiano al soldo degli spagnoli; che aveva una figlia non confermata in Italia;
            che fosse negro lo si ricava dal cognome, ma in effetti nessuna fonte lo dice espressamente, a differenza di altri neri dell’epoca

            (pare fossero una presenza non rarissima nelle città portuali, e nelle corti piccole o grandi, dove a volte li si gratificava di qualche titolo; c’era un trombettiere nero, spesso raffigurato, nella corte inglese, e un tamburino nero in quella francese, per esempio)

            naturalmente il black pride d’oltreoceano è stato prontissimo ad arruolarlo tra le sue fila, visto che era un personaggio d’azione abbastanza spettacolare, ma l’nica base seria per la “rivendicazione” pare che sia una frase di un documento in cui chiede che una parte dell’eredità vada a sua figlia in Italia, “se verrà riconosciuta”
            (allora si chiedono, come facevano a riconoscerla? facile, doveva essere mulatta… mi sembra un po’ tirato per i capelli, ma insomma).

            • Peucezio scrive:

              A proposito di negri europei d’anta, la sai la storia dell’antenato di Puškin?
              Il grande poeta e scrittore nazionale russo aveva del sangue nero e in un racconto incompiuto racconta la storia del negro suo antenato che stava presso la corte di Pietro il Grande, che lo voleva dare in sposo a una ragazza dell’alta aristocrazia, se non ricordo male, la quale era terrorizzata all’idea: nella concezione loro un negro era una specie di scimmione, malgrado questo fosse educatissimo, raffinato e del tutto russizzato.

            • PinoMamet scrive:

              Ah sì, mi pare di aver letto, moooolti anni fa, anche di un caso di tizi russi che avevano avuto un figlio nero
              (almeno nero per i canoni russi: forse scuretto e riccio, chissà)
              e dopo analisi genealogiche saltò fuori che lui, o lei, era discendente di Puskin.

              Puskin ci scrisse anche un racconto, su suo nonno, “Arap Petra Velykogo” se ricordo bene…
              (Il negro di Pietro il Grande)

              • PinoMamet scrive:

                Ah già lo hai già citato tu… ho letto in fretta, scusa
                🙂

              • Peucezio scrive:

                Ma credo non sia nato da tizi russi, mi sa che veniva proprio dall’Africa.

              • PinoMamet scrive:

                Il nonno di Pietro il Grande sì, veniva dall’Africa…

                io parlavo del suo (presunto) discendente, il bambino nero “atavico” nato da quella coppietta di russi negli anni Novanta (credo).

              • PinoMamet scrive:

                Il nonno di Puskin, scusa.

  28. Mauricius Tarvisii scrive:

    Strano (mica tanto, in realtà…) che i nostri esperti di roba kalergica e massonica non si siano accorti della chicca che ora vi svelo: l’UE pretende di estendere il primato del diritto dell’Unione anche al diritto canonico!
    Art. 91 reg. 2016/679 in materia di protezione dei dati personali.

    Meditate, gente, meditate.

    • PinoMamet scrive:

      Tradotto per i babbani?

      PS
      No si ha problemi più seri! 😀 Il rabbinato di Israele (non ho capito bene quale dei due, sefardita o ashkenazita) ha detto che i carciofi fritti alla giudìa non sarebbero kasher!
      E sticazzi, direte voi, ma l’argomento è più importante di quanto si creda per una serie di motivi:
      -la tendenza dei rabbini di Israele a fare i “papi”;
      -la tendenza rigorista proveniente dal mondo ortodosso israeliano, molto lontana dalla tradizione ebraica italiana, e il rischio per la sopravvivenza di quest’ultima (perché gli ebrei italiani dovrebbero copiare quelli polacchi o marocchini?)
      -l’economia dei ristoranti ebraici romani, che ovviamente coi carciofi ci campano;
      -l’autorità decisionale dei rabbini italiani, anche in campi non culinari…

      • Peucezio scrive:

        Ora anche gli ebrei si mettono a rompere il cazzo?
        Non bastavano islamici et similia…
        Sempre qualcuno a fare il rigorista, il purista dei miei coglioni, a voler insegnare agli altri a fare le cose che fanno da secoli!

        L’ultima cosa che ci mancava era la crociata contro i carciofi alla giudia, che non ho mai provato, ma tutti mi assicurano essere una prelibatezza.

        Ma non ho capito, altro che Hitler ai tempi, qua qualcuno ce l’ha con gli ebrei romani, non ho capito il perché.
        Prima non gli vogliono far fare i centurioni davanti al Colosseo, ora i rabbini israeliani che si mettono a pontificare a sproposito!

      • PinoMamet scrive:

        Io non amo i carciofi ma alla giudia non mi dispiacciono.
        Le ragioni “halachiche” dei rabbini israeliani mi sembrano tirate per i capelli, ma in generale l’impressione è quella che dici tu: si vuole commidsariare l’ebraismo romano e italiano, ortodosso ma troppo elastico per o gusti di qualcuno…

        • Peucezio scrive:

          Io mi chiedo quand’è che l’uomo capirà che l’omologazione è sempre una perdita, che avere due cose uguali è sempre meno che averne due diverse.

  29. Z. scrive:

    Vai che abbiamo il primo condannato del nuovo Parlamento!

    http://bologna.repubblica.it/cronaca/2018/04/10/news/bologna_diffamo_la_famiglia_cucchi_condannato_parlamentare_lega_nord-193514233/

    Già elogiato da Moi, è noto soprattutto per aver convintamente applaudito gli agenti che hanno ammazzato di botte Federico Aldrovandi.

    http://bologna.repubblica.it/cronaca/2014/04/30/news/tonelli_sap_aldrovandi-84840415/

    • Z. scrive:

      (il primo dopo l’insediamento, naturalmente!)

      • Moi scrive:

        Io lo evocai in merito allo Scandalo Polvere della Boldrini … NON ci provare neanche a fare dei cazzosofismi con gli strommen in cerripicchi carpiati, non ci provare !

        In ogni caso, la tua allusione è paradigmatica della profonda malafede della propaganda del PD !

        • Z. scrive:

          Mica ho detto che lo hai elogiato per quello (anzi, per quello l’hai quasi criticato).

          Ho detto che lo hai elogiato, ed è vero; e ho detto che è famoso per quello, ed è purtroppo altrettanto vero.

          Direi anzi che è il motivo preciso per cui è stato candidato da Salvini.

          Non ti arrabbiare, lo sai che ti voglio bene 🙂

  30. mirkhond scrive:

    La Lega a Bologna è il secondo partito?

    • Z. scrive:

      Presumo sia il M5S…

    • Francesco scrive:

      ne approfitto per chiedere se conoscete qualcuno che abbia votato o simpatizzi per la Lega di Salvini

      qui a Milano non ne conosco ma la mia cerchia è ristretta

      ciao

      • roberto scrive:

        sicuri uno a bologna e due dalle parti del lago maggiore.
        forse dimentico qualcuno….

      • Peucezio scrive:

        Allora,
        forse ne dimentico qualcuno,

        a parte una parte della mia famiglia (escludendo gli zii fascio-renziani con sfumature girardiane, per la gioia del nostro Mauricius, che coerentemente hanno votato Pd, dopo essere stati berlusconiani per anni per lo stesso motivo per cui ora sono renziani: la solidarietà verso il capro espiatorio),
        – un mio amico di Milano più attempato di me, anche lui fascista,
        – un mio parente pugliese (quello che mi ha fatto scoprire Bagnai),
        – non ci ho parlato, ma i miei amici russi con cittadinanza italiana (il vecchio artista dissidente dei tempi sovietici e quello che lavora con gli oligarchi pieni di soldi) sono leghisti da anni, non penso abbiano cambiato idea proprio ora,
        – in compenso gli amici più stretti di destra (brutti traditori!) si sono astenuti per varie ragioni:
        in particolare uno, camerata di provata fede, qualche giorno dopo mi fa: “meno mane che non ho votato la Lega! Hai sentito del negro che hanno eletto? Non ci ho dormito tutta la notte!”.
        Un altro invece ora è troppo libertario per tollerare la mentalità securitaria e d’ordine della Lega.

      • PinoMamet scrive:

        So di simpatizzanti leghisti di Rovigo.

        Da me hanno votato in tanti per la Lega, ma non ne conosco nessuno.
        Immagino siano voti di berlusconiani che non trovano più Berlusconi credibile, di protestatari anti Renzi e di generici di destra conquistati dalla riforma nazionalista di Salvini; probabilmente anche ex grillini delusi dall’atteggiamento dei vertici contro i grillini locali sconfessati con ragioni speciose.

        Veri autonomisti o leghisti, due erano e due sono rimasti.

        • Francesco scrive:

          Volevo appunto capire se Salvini abbia portato a casa solo voti fascisti e/o fanaticamente anticomunisti o se anche il popolo dei piccoli imprenditori abbia deciso di dare credito a un fascistello senza’arte nè pare che di economia dimostra ogni attimo di non capire nulla (ops, mi accorgo ora che calza a pennello anche per Di Maio!).

          Chi votava Belusconi perchè imprenditore di successo adesso vota Salvini?

          Chi odia le tasse e la burocrazia ha fiducia in lui?

          Boh

          • Peucezio scrive:

            Noooo, tutti costoro hanno votato LeU! 🙂

            • Francesco scrive:

              Peucezio, detto tra noi: il fascismo è mai stato contro le tasse e la burocrazia? direi di no, dopo tutto il modello ideale è Roma

              😀

              • Peucezio scrive:

                Grazie… ma il fascismo le usava bene, realizzava opere.
                A favore della burocrazia credo non sia nessuna persona sana di mente, tantomeno il fascismo, che era attivista e non amava le pastoie.

                E comunque anche il fascismo, come Berlusconi e la Lega, ha rappresentato un tentativo di riscatto dei ceti medi e mediobassi contro l’intelligencija che cercava di sfruttare il proletariato come arma per il suo potere.

                Poi ci sono moltissime differenze, certo, perché molto diverso era il momento storico.

                Ma l’essenza del fascismo, come della Lega salviniana (non di quella bossiana ovviamente) è il nazionalismo, la difesa dell’italianità.

                Che poi, per quanto mi riguarda, dovrebbe essere l’unica ragion d’essere dell’azione politica: i politici italiani devono fare l’interesse dell’Italia e degli italiani, non della Francia o della Germania e non di un ceto, di una regione o parte dell’Italia contro il resto della nazione.

                Così come un padre di famiglia deve pensare a dare da mangiare alla moglie e ai figli, non agli estranei. Se poi ogni tanto vuole fare l’elemosina in Chiesa, niente da ridire, ma non togliendo il pane di bocca ai propri bambini.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “i politici italiani devono fare l’interesse dell’Italia e degli italiani”

                Sempre che uno ritenga che l’Italia sia un organismo definito, con un confine naturale.

                Tipo, “io faccio gli interessi miei”, è facile dire che il confine è all’incirca la mia pelle.

                Ma quando diciamo “Italia”, stiamo parlando di una delle mille identità che le persone hanno avuto in questa penisola, che casualmente un secolo e mezzo fa è diventata “Stato”.

                Arbitrariamente, qualcuno stabilisce che la politica debba consistere nel fare l’interesse di quel sistema burocratico (Trieste sì e Ljubljana no, Sardegna sì e Corsica no).

                E invece potremmo benissimo decidere che la politica sia fare gli interessi, poniamo, della cattolicità, del mondo mediterraneo, dell’Europa o dell’Oltrarno, che sono tutte realtà altrettanto “vere” e altrettanto “false”.

              • Peucezio scrive:

                E’ il motivo per cui il fascismo e il nazionalismo sono naturaliter l’unico orientamento politico accettabile: gli altri sono per definizione uno snaturamento dell’essenza stessa del governo della cosa pubblica.

              • Francesco scrive:

                Peucezio,

                ahimè ti manca solo una motivazione plausibile per cui dovrebbe importarmi più dell’Italia che non della Cattolicità o di Milano o della NATO

                aspetto fiducioso ma non mi dire che è “naturaliter”, potrei prenderti a male parole!

                😀

              • Miguel Martinez scrive:

                per Francesco

                “più dell’Italia che non della Cattolicità o di Milano o della NATO”

                Infatti, anche la NATO è un’identità perfettamente plausibile, “politica” come l’Italia, penso che tanti si identifichino con un’alleanza laica dei “paesi occidentali”.

              • Mauricius Tarvisii scrive:

                Peucezio, mi fai un esempio terra terra di quale sarebbe un interesse dell’Italia?

              • Peucezio scrive:

                Francesco,
                non è questo il punto.
                Il punto è cosa devono fare i politici italiani.
                Che non vengono eletti in conclave, né nominati dalla Nato, né eletti dai soli cittadini milanesi.

              • Peucezio scrive:

                Mauricius,
                e questo che c’entra?
                E’ una cosa legata alla contingenza storica. Il punto è il principio.

              • Z. scrive:

                Peucezio,

                secondo me, come nella barzelletta, hai perfettamente ragione nell’ipotesi esemplificativa che il cavallo sia una sfera 😀

              • Peucezio scrive:

                Comunque, Mauricius,
                visto che vuoi un esempio,

                la guerra in Libia.
                Lo sapevi che pare che senza il nostro supporto logistico forse Gheddafi sarebbe ancora vivo a controllare almeno una parte del territorio? Il che significa che se noi lo avessimo supportato adeguatamente, magari riconquistava pure il resto, come sta facendo Assad in Siria.

                Il che, oltre a risparmiarci i barconi di migranti, avrebbe significato mantenimento del monopolio dell’ENI in Libia e di un forte peso geopolitico nel Mediterraneo.

                Non è che i nostri politici trascurano gli interessi italiani per inerzia o incompetenza, no; loro fanno scientemente e deliberatamente gli interessi altrui, degli Stati Uniti in primis, perché siamo ancora una colonia rea di aver perso una guerra settant’anni fa, e poi in generale delle potenze europee, cui sono asserviti.

        • mirkhond scrive:

          Pino sei mai stato a Rovigo?
          Che ne pensi?

        • PinoMamet scrive:

          Io mai stato!

    • Peucezio scrive:

      Dall’articolo non si capisce niente di come fanno.

      Comunque non si capisce perché se lo fa facebook apriti cielo e se lo fanno gli altri, va bene.
      Vi rendete conto che i nostri smartphone sono una spia che ci portiamo addosso? Non è molto peggio?

      • Z. scrive:

        Uno, il mio telefono è una spia addosso a me, non addosso a te. E direi che la differenza non è da poco.

        Due, l’odio, la frustrazione e le fesserie si propagano leggermente più in fretta via FB che non via SMS.

        Poi, certo, dipende l’uso che se ne fa. Come per le bombe a grappolo.

  31. Miguel Martinez scrive:

    OT per Moi

    European Institute for Gender Equality, paradiso per molestatori!

    https://www.politico.eu/article/sexual-harassment-eu-gender-equality-agency/

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