No, non è l’Isis!

Non è l’Isis, è la Germania.

L’altro giorno le autorità (mica i profughi siriani) hanno abbattuto la cattedrale del paesino di Immerath, nella Renania.

Perché era sulla linea di espansione di questa miniera di lignite a cielo aperto:

Non è la Cina, non è quel mattacchione di Trump, è la Germania.

Per quelli che dicono, “ma io non mi preoccupo, tanto gli scienziati inventeranno qualche nuova fonte di energia!”, beh, eccovela: è il carbone.

Solo che il carbone facilmente accessibile, che si scavava così…

ce lo siamo bruciato tutto decenni e decenni fa, e per arrivare al carburante del futuro, occorre usare questo attrezzo:

Si chiama progresso.

A parte l’aspetto estetico, è da ricordare che la biosfera, l’unica cosa importante che distingua la Terra da Marte, è spalmata su pochi metri della superficie del nostro pianeta.

Finite le chiacchiere sulla sostenibilità, quando si tratterà di scegliere tra crescita economica e qualunque altra cosa, anche gli Stati più civili faranno tutti così.

Anche perché se la freccina non va in su, i voti andranno in giù.

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288 risposte a No, non è l’Isis!

  1. PinoMamet scrive:

    Googlando Immerath, significativamente il “riempitore automatico” della casella di ricerca tenta di completare la parola in “Immergas”
    sempre energie non rinnovabili, mi sa.

    Comunque, leggiamo e riportiamo:
    “Secondo quanto riportato da un sacerdote anglicano espatriato in Germania, la parrocchia locale, a corto di fedeli, si sarebbe trovata in grave difficoltà economica per i costi di mantenimento della chiesa e prontamente la RWE, multinazionale dell’energia da 120 milioni di clienti nel mondo, invece di offrire una bella donazione da appuntare con orgoglio nel proprio report di sostenibilità, avrebbe avanzato un’offerta di acquisto dei terreni e dell’edificio, alla quale la parrocchia non ha saputo rinunciare. ”

    http://www.greenews.info/rubriche/storie-di-chiese-e-di-misfatti-il-significato-simbolico-di-immerath-e-poggioreale-20180110/

    insomma, non è tuttissima colpa della miniera.

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Pino Mamet

      “insomma, non è tuttissima colpa della miniera.”

      Ma infatti, è esattamente quello che dico alla fine: non è colpa della ditta, non è colpa della Merkel. E’ colpa, alla fine, degli elettori. O dei parrocchiani.

      Oppure, per la maggior parte siamo programmati per fare i nostri interessi personali a breve termine, anche quando è a discapito della nostra sopravvivenza.

      E lì l’elettore operaio metalmeccanico che non vuole essere licenziato, il pensionato che non vuole le sue azioni in borsa calino e i parrocchiani che cercano i soldi sono quelli che distruggono il mondo.

      • Miguel Martinez scrive:

        Che poi come al solito non è importante farne una questione emotiva o moralistica: gli esseri umani hanno anche notevoli qualità.

        Semplicemente, è importante per evitare di andare alla caccia di capri espiatori.

      • PinoMamet scrive:

        Sì, ma lasciando perdere i capri espiatori, secondo me è importante capire il meccanismo.

        Ho dato un’occhiata al blog degli apocalottimisti, che a dire il vero non mi sembran mica tanto ottimisti:
        forse ho trascurato qualche biografia, ma per esempio mi pare che manchi un economista, alla squadra.
        C’è un ecologo, un chimico, un laureato in lettere, un filosofo, un idraulico pensatore sistemico (dei due mestieri, preferisco fidarmi dell’idraulico, se devo chiedere informazioni su dati complessi) e un “marketer del collasso”.
        Un economista- e gli suggerisco proprio Francesco!- potrebbe risultare utile visto che parlano anche di Economia…

        non è una critica: è un suggerimento.

        Voglio dire, ammettiamo pure che tutto questo ambaradan sia irreversibile e ci sarà quella apocalisse che si attende con ottimisimo:
        bisognerà pure salvare il salvabile. Allora bisogna capire i meccanismi, non solo quelli grandi, che vabbè, ormai li sappiamo, ma soprattutto quelli piccoli, locali, e inattesi.

        In questa vicenda tedesca per esempio, da come è raccontata, spicca la mancanza di un ente forse tipicamente italiano (?), cioè La Sovrintendenzaperibeniartisticieculturali, quella che in Italia ferma (giustamente) i lavori per la rotatoria sulla via più trafficata d’Italia perché le ruspe han trovato un vasetto etrusco senza decorazioni, identico ad altri due milioni e cinquecento chiusi nelle casse negli scantinati di tutti i musei d’Italia.

        Ora, da laureato in Lettere classiche, mi chiedo: non ce l’hanno, in Germania?
        Se ce l’hanno, come mai non ha avuto nulla da dire?
        Non me lo chiedo per cercare un capro da espiare, o da mettere su qualche picco 😉 ma per capire come sarebbe stato possibile salvare capra e.. voglio dire, salvare la chiesa.

        Ora, pensa quante altre cose più interessanti utili e pertinenti potrebbe dire Francesco…

        • Miguel Martinez scrive:

          Per PinoMamet

          ” Allora bisogna capire i meccanismi, non solo quelli grandi, che vabbè, ormai li sappiamo, ma soprattutto quelli piccoli, locali, e inattesi.”

          Certo. La distruzione della chiesa è simbolicamente interessante, perché l’Isis ci ha regalato un bel po’ di immagini di chiese abbattute, ed è interessante notare come la reputazione di al-Baghdadi ne abbia sofferto di più di quella della Merkel.

          Ma ciò che è storicamente significativo è la necessità (perché concordo, si tratta di una necessità) di trasformare un’area gigantesca in un deserto profondo circa 140 metri, con l’aiuto di un attrezzo che deve avere costi stratosferici, soltanto per restare al punto di prima.

          E lì non c’è sovrintendenza che tenga.

          Poi sui capri espiatori, è bene stare attenti: è sempre la prima reazione. Anzi, spesso la gente si occupa di certe cose solo perché c’è un capro da far fuori – quanta gente ha scoperto “la scienza” solo perché Trump vorrebbe uscire dagli accordi di Parigi (peraltro senza farlo davvero, almeno finora)?

          Anche perché noto che chi cerca capri espiatori tende a trascurare il quadro complessivo: tutto diventa “estrazione del carbone” oppure “plastica” oppure “debito” oppure “disuguaglianze” oppure “migrazioni”. Quando una diga inizia a crollare, il problema non è questo o quel singolo buco, che sono solo il sintomo del fatto che l’acqua è troppa e il muro è troppo debole.

        • roberto scrive:

          si hanno una specie di sovraintendenza, anzi ne hanno una per ogni land visto che la protezione del patrimonio artistico/culturale è competeza dei länder e non dello stato centrale, ma sono infinitamente meno conservativi che da noi….immagino che vivere in un paese che è stato completamente raso al suolo nel 45 e ricostruito ex novo, dia una percezione diversa della nozione di “conservazione”

          però è vero che la domanda “come mai non ha avuto nulla da dire” è interessante. ho letto che era anche protetta come “Baudenkmal” (non saprei esattamente come tradurre: Bau = costruzione Denkmal = monumento), e i Baudenkmäler si possono pure vendere (tipo castello in baviera)

        • Peucezio scrive:

          Dimenticate però che è una chiesa dell’Ottocento. Persino in Italia avrebbe una tutela debole.
          Io trovo fosse molto bella e secondo me è stato un delitto abbatterla.
          Ma nemmeno all’estero, dove sono molto più disinvolti di noi, penso che oggi abbatterebbero allegramente chiese medievali per fare una miniera.
          La demolizione di bellissime chiese neogotiche (questa era neoromanica, stiamo là) ottocentesche la fanno anche in Francia, con più disinvoltura, perché lì lo fanno per il solo fatto che non sono più frequentate, quindi le trasformano in giardini.
          Negli Stati Uniti credo che eventi così siano talmente frequenti che non ci fa caso nessuno.

          In effetti comunque in Italia siamo messi molto bene: nnon solo abbiamo molto ma molto di più degli altri (si parla di altri ordini di grandezza), ma quel molto ce lo teniamo molto più stretto e cose così sono decisamente più rare, soprattutto oggi (durante il fascismo e persino negli anni ’50-’60 ogni tanto abbattevano chiese cinque-seicentesche – non quelle più belle e importanti ovviamente – con una certa disinvoltura).
          La cosa è solo apparente paradossale: vale quello che ho spiegato alle volte: il mondo funziona più per analogia che per compensazione.

        • Peucezio scrive:

          Mi spiego meglio,
          la stessa cultura che produce tanta arte, produce quella stessa complessità che rende più difficile fare le cose (nel bene e nel male), crea più scrupoli, maggiore attaccamento al bello e alla cultura.
          Insomma, un popolo più colto (soprattutto nel senso di cultura spicciola, diffusa, di senso estetico) produce più bellezza ed è anche più attrezzato a comprenderne il valore e a proteggerla.
          Ripeto, non parlo tanto di cultura elitaria, parlo del gusto per le picocle cose: amiamo mangiare bene, gustarci la vita in tanti aspetti spiccioli, vivere in città relativamente a misura d’uomo… allo stesso modo ci dispiace buttare via pezzi di storia per fare gli ultra- efficienti che rivoltano il mondo e fanno ciclopici grattacieli.

          • Davide Troiano aka daouda scrive:

            cosa intendi per analogia?

            • Peucezio scrive:

              Che la storia umana funziona più o meno così: se tu hai un milione di euro, stai tranquillo che non verrà qualcuno a togliertene centomila, ma quancuno a darti centomila in più.

          • roberto scrive:

            peucezio

            “la stessa cultura che produce tanta arte […] crea più scrupoli, maggiore attaccamento al bello e alla cultura”

            vorrei tanto che fosse vera questa cosa, invece basta una passeggiata in una qualsiasi delle nostre meravigliose città ridotte a deprimenti immondezzai per rendersi conto che vivere in mezzo alla bellezza non è affatto sufficiente per avere un maggior attaccamento alla bellezza

  2. Francesco scrive:

    Mah, io sono cattivo e dico che se non ci sono più cristiani, vale la pena abbattere le chiese e farci bordelli, miniere, case del popolo, monumenti al gatto mammone, ville per ricche e templi di Giove Ammone.

    Sono solo 4 mura, senza il popolo.

    Mi stupisce, molto, che i tedeschi usino ancora il carbone, credevo fossero passati all’assai più ecologico nucleare da molti anni. Hanno forse trovato un modo funzionante per bruciare carbone senza fare troppi danni?

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Francesco

      “Mi stupisce, molto, che i tedeschi usino ancora il carbone, credevo fossero passati all’assai più ecologico nucleare da molti anni. ”

      Al contrario, stanno cercando di uscire dal nucleare, visti i rischi troppo alti e l’impossibilità di smaltire le scorie.

      Proprio per questo hanno bisogno di carbone per mandare avanti le centrali elettriche, da qui il grande ritorno al carbone.

      • Miguel Martinez scrive:

        Immagina nella piccola e congestionata Germania, un incidente come Fukushima.

        Mentre il carbone puzza, fa buche irreparabili nel terreno, fa ammalare a lungo termine, ma non ha l’effetto mediatico concentrato che avrebbe un incidente nucleare.

        Immsgino anche questo sia il ragionamento dietro la scelta del carbone.

        Però la cosa interessante è come ci abbiano promesso per decenni che la soluzione perfetta ai nostri bisogni energetici fosse dietro l’angolo, e invece si è scoperto solo… il buon vecchio carbone.

        La capacità innovativa, che indubbiamente esiste, è andata tutta nell’escogitare mezzi di estrazione più efficaci (e anche incredibilmente più costosi), per scavare il fondo del barile.

        • roberto scrive:

          non saprei….la buca per la miniera di carbone ce l’hai sotto gli occhi, lo smog lo vedi, un incidente come fukushima è abbastanza raro da poter far dire a qualsiasi pavido funzionario “meglio un rischio indefinito ed imporbabile domani, che una buca puzzolente oggi”.

          credo che il ritiro dal nucleare sia essenzialmente ideologico

  3. Peucezio scrive:

    Miguel,
    non è l’ISIS, ma sono i suoi parenti stretti.
    E’ l’applicazione dello stesso principio: nulla ha valore, perché il valore è un postulato etico assoluto (il trascendentismo integrale del letteralismo sunnita oppure il capitale del tutto avulso dal vantaggio materiale delle persone), non è un dato contesatualizzato, storico, tangibile, che migliora il paesaggio, i luoghi e la vita degli uomini.

    • Francesco scrive:

      veramente pare che i tedeschi abbiano fatto una seria analisi costi-benefici

      purtroppo, in un paese con sempre meno cristiani e con demenziali ubbie anti-nucleari, questa analisi ha votato per il carbone e contro la chiesa

      non è che il “bello antico” sia un valore assoluto, giusto? mica siamo la versione Sgarbi dell’ISIS o di Confindustria, mi pare

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “veramente pare che i tedeschi abbiano fatto una seria analisi costi-benefici”

        Ma infatti: costo demolizione di chiesa, 20.000 euro.

        Beneficio derivante dallo sfruttamento per (poniamo) tre anni del terreno sottostante, 20 milioni di euro.

        Ah, poi che succede per i prossimi mille anni con quel terreno?

        • Francesco scrive:

          1) c’era una simil-sovrintendenza che avrà valutato il pregio artistico-storico dell’immobile, immagino

          2) per i prossimi mille anni dici? io propongo di farci un bel laghetto

        • Peucezio scrive:

          Beh, ma tutto ciò non è in contraddizione con ciò che dico io.
          Il problema non è la singola applicazione, è il fatto che il mondo d’oggi (nell’Ottocento molto di più, infatti si demolivano più opere d’arte in proporzione allo sviluppo economico e industriale dell’epoca) funzioni così.
          Anche nel Seicento avrebbero demolito una chiesa, ma per farne una più bella, oppure avrebbero rimepito quella che c’era di stucchi e marmi barocchi (l’hanno fatto in un’infinità di casi).
          Invece la nostra è una civiltà che produce il brutto e nelle sue fasi iniziali o regressive distrugge anche il bello.
          E l’ISIS, che è una forma di illuminismo in salsa islamica (Miguel non sarà d’accordo e non del tutto a torto, perché lui si attiene di più alla specificità dei fenomeni, io cerco categorie universali super-sintetiche), è parte integrante di questa civiltà.

          D’altronde, quando io dico che Al- Baghdadi è un illuminista, mi rendo conto di usare le categorie con troppa disinvoltura, ma cerco di spiegare una cosa sacrosanta, su cui penso converrete (ma che è completamente controintuitiva per la gente comune), cioè il fatto che lui è un razionalista che odia le superstizioni e vuole una religiosità moderna, astratta e individuale, in profonda consonanza con la concezione (non ufficiale, ma sottotraccia) che si ha oggi in Occidente del religioso (rapporto individuale col divino, importanza dell’aspetto etico, fastidio per gli orpelli, le immagini, i mediatori di ogni sorta), al netto degli sgozzamenti (solo perché da noi si è superata quella fase, ma protestanti e giacobini li facevano).
          Tutto ciò, qualunque etichetta gli vogliamo dare, è difficilmente contestabile.

          Quello che oggi c’è in Occidente e lì manca (in questo Miguel ha ragione) è l’attribuzione di valore al patrimonio storico e artistico, l’idea che insomma, la storia, la memoria, la cultura, l’arte sono cose molto importanti (anche se ormai le viviamo in modo piuttosto museale).
          Però in qualche caso anche da noi riemerge l’ISIS (cioè il razionalismo vecchia maniera, da proto-modernità), come in quest’occasione.

          Ricordiamo comunque che L’ISIS distruggeva cose medievali o addirittura dell’antichità: questi si fermano alle chiese dell’Ottocento.

        • PinoMamet scrive:

          Insomma, la colpa è di Voltaire? 😉

          • Francesco scrive:

            sempre e comunque, non conosco molti che abbiano fatto più danni di lui e i suoi sodali

          • Peucezio scrive:

            No, beh, la colpa è delle società monoteistiche, che dopo un millennio e mezzo circa producono immancabilmente un Lutero o un Calvino e poi Voltaire (quando va bene) o un Robespierre o un Al-Baghdadi (quando va male).

            • mirkhond scrive:

              Voltaire disprezzava il Giudaismo oltre al Cristianesimo.

              • Peucezio scrive:

                Certo.
                Ma Voltaire in India o in Cina non sarebbe nato.
                Anche Lutero disprezzava i Giudei.
                In fondo nemmeno Marx li amava.
                Gesù poi li prendeva metaforicamente a calci nel sedere (e forse neanche tanto metaforicamente).

            • Francesco scrive:

              vedi quanto ho detto su Fede e fanatismo

              confondi la cosa in sè con la sua degenerazione

              come odiare il sesso per schifo della pornografia

  4. Peucezio scrive:

    Il profitto non è un vantaggio personale, il profitto è una religione, che chiede una dedizione assoluta.
    E chi lo persegue davvero, non è un ricco signore che si gode la sua ricchezza, ma è un poveretto che lavora come uno schiavo per morire d’infarto a sessant’anni.
    La fede è la peggiore iattura dell’umanità.

    • Francesco scrive:

      e le Ferrari chi le compra? no, sono servitori indiretti di Satana, che si godono la vita alla grande, altro che asceti del profitto

      l’infarto gli viene perchè le orge a 60 anni sono pericolose

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “e le Ferrari chi le compra? ”

        Sì infatti, ci sono entrambi, e molto di più.

        Credo che la categoria prevalente sia quella del giocatore d’azzardo, che si eccita al pensiero del rischio, a costruire castelli di debiti e truffe e cavarsela lo stesso: Werner Sombart scrisse un saggio affascinante, e tuttora attuale, su questa tipologia umana.

        Poi ci sono quelli che vogliono proprio i soldi per i piaceri che danno, appunto “quelli con la Ferrari”. Sono giocatori d’azzardo, ma vogliono soprattutto guadagnare velocemente.

        Poi ci saranno quelli di cui parla Peucezio, diciamo i burocrati del denaro, ma non ne ho conosciuti molti.

        Infine, ci sono i “lavoratori” instancabili, gente mezza analfabeta che ama stare undici mesi l’anno in officina (il dodicesimo lo spendono con le puttane in Tailandia oppure a pescare su qualche fiumiciattolo inquinato degli Appennini).

        L’ultima categoria ha fatto gran parte del boom italiano, ma è in via di estinzione e non sarà mai sostituita, soprattutto non dai loro figli (qualche cinese di Prato ci si avvicina).

        Restano quindi le prime tre categorie.

        • Francesco scrive:

          anche i cinesi di Milano, 20 ore al giorno a lavorare poi si intruppano in pulman per posti inenarrabili

          ma molti immigrati a me noti sono di quel tipo umano

          per questo sono anti-leghista sul tema

    • mirkhond scrive:

      “La fede è la peggiore iattura dell’umanità.”

      Dipende da che tipo di fede è.

      • Francesco scrive:

        Peucezio, dovresti sapere che l’Avversario è scimmia di Dio e stravolge in male ogni cosa.

        La Fede è l’unico modo di vivere da uomini ma lui la stravolge in fanatismo, che è un modo inumano di vivere.

        Senza Fede, però, ci rimane solo una ammorbante mediocrità e poi la morte.

  5. Miguel Martinez scrive:

    Sull’impatto ambientale, che Francesco giustamente vorrebbe tassare.

    Prendiamo il caso dei terremoti di Groningen:

    http://kelebeklerblog.com/2017/01/24/a-raccogliere-i-cocci-dopo-la-festa/

    Intanto, era un effetto che immagino non fosse previsto nel dopoguerra. E anche se fosse previsto solo in via ipotetica, che facciamo pagare pure le ipotesi?

    Ma immaginiamo che già allora avessero messo una tassa ambientale in previsione di questo specifico effetto: cioè che da ora in poi un bel pezzo dell’Olanda nordorientale è diventata e presumibilmente resterà zona sismica.

    Posso immaginare (vado di fantasia) una totale ricostruzione in cemento armato del mondo sottostante, per il modico prezzo di tre fantastiliardi e mezzo.

    Oppure, al contrario, abbastanza soldi per ciascun residente per comprarsi una cena fuori, in previsione del futuro disagio.

    Insomma, come si misura davvero un “impatto ambientale” del genere?

    • Francesco scrive:

      >> se fosse previsto solo in via ipotetica, che facciamo pagare pure le ipotesi?

      analisi del rischio, le assicurazioni ci campano da secoli!

      COME misurare e far pagare l’impatto ambientale è un enorme problema ma mi sembra sia quella la direzione in cui andare per sopravvivere. sennò tocca aspettare la circolare del prefetto di Firenze che intima di smettere di inquinare entro e non oltre posdomani.

      😉

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “COME misurare e far pagare l’impatto ambientale è un enorme problema”

        Altro esempio.

        La Toscana si sta progressivamente inaridendo: non è un discorso tipo, “non ci sono più le mezze stagioni”, è il risultato di un meticoloso lavoro di ricerca sui dati degli ultimi 30 anni.

        E’ diminuita la media della piovosità e si stanno prosciugando le falde sotterranee.

        I meteorologi ritengono che il motivo sia soprattutto antropico, a causa di una serie molto complessa di meccanismi.

        Eccone uno, semplificato:

        – un Comune autorizza un centro commerciale. Grande spianata di cemento, la pioggia quindi non penetra più nel terreno sottostante.

        – L’acqua piovana scarica sulla strada, il Comune giustamente fa una tubatura per raccogliere l’acqua. E fin qui, dici, “tassa ambientale, si fa pagare il costo della tubatura al Centro Commerciale!” Tutti contenti.

        – Ma il tubo poi scarica nel fiume, che è stato irregimentato per evitare che intacchi la strada asfaltata che il Comune ha costruito per arrivare al Centro Commerciale (e già tutti meno contenti se si fa pagare la strada al Centro Commerciale).

        – il fiume quindi scorre velocissimo a mare, arrivandoci nel giro di qualche ora, mentre prima ci metteva un mese a vagabondare per i campi, entrando lentamente nel terreno.

        E così tutte le falde si prosciugano, non solo quella sotto il Centro Commerciale.

        Ora, o fai pagare al Centro Commerciale solo il tubo e ti dai un’eco-pacca sulla schiena con premio WWF, oppure fai pagare al Centro Commerciale (che non è certo l’unico responsabile) i costi di tutto il ciclo, compresi i mancati guadagni degli agricoltori, le spese in più per i pompieri e tutto il resto.

        A quel punto il Centro Commerciale alza i tacchi e se ne va, perché sarebbe in perdita.

        E questo ha un motivo fisico: ogni utilizzo di risorse non rinnovabili ha necessariamente un costo superiore ai benefici. Che piaccia o meno è, come dici tu, “un enorme problema”. Però è bene capire quale sia il problema.

        • Francesco scrive:

          >> ogni utilizzo di risorse rinnovabili ha necessariamente un costo superiore ai benefici.

          questo mi pare un assioma alquanto discutibile, molti utilizzi di risorse naturali hanno benefici altissimi (dall’agricoltura all’invenzione delle navi e della pesca)

          a me pare questione di “come” e di “quanto”, non di “se”

          ciao

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Francesco

            “questo mi pare un assioma alquanto discutibile, ”

            Concordo in pieno!

            Infatti, volevo dire risorse NON rinnovabili. Prova a rileggere la frase senza ridere troppo per la brutta figura che ho fatto .-)

            Lo correggo anche nel commento, in modo da non farmi prendere in giro dai lettori successivi.

            • Francesco scrive:

              è lo stesso: abbiamo iniziato millenni fa a scavare miniere di selce, sapendo che c’e n’era lì un pò e che poi avremmo dovuto cercarla altrove o trovare un’altro modo di fare le lame

              è il nostro destino come esseri umani, usare di quello che c’è intorno con intelligenza e non secondo l’istinto

              ciao

              • Miguel Martinez scrive:

                per Francesco

                “è lo stesso:”

                No, non è lo stesso.

                Un albero produce ogni anno 10 mele, ne mangio 10, l’anno dopo l’albero dà altre 10 mele.

                Il risultato diventa cacca, con tanti batteri che si leccano i baffi al pensiero di mangiarsela.

                Scavo per il carbone, mi finisce il primo strato e devo invitare lo Schaufelbagger da film di fantascienza per ottenerne un po’ di più.

                E quando ho finito di usare la corrente elettrica (prodotta con quel carbone) per scrivere queste parole, tu ti becchi la lignite nei polmoni.

              • Francesco scrive:

                Miguel,

                è lo stesso nel senso che la vita dell’uomo coincide con l’utilizzo di tutte le risorse, rinnovabili – ma le togli ad altri esseri viventi e puoi esaurirle – e non rinnovabili.

                Ora, io di diventare altro da uomo non ho nessuna voglia, neppure un’eterna AI senziente come vorrebbe Moi

                Ancora meno un ecologico rampicante che non intaccherà mai l’equilibrio della natura – perchè privo della capacità di farlo, nel peggiore dei casi ammazzo l’albero ospite e crepo anch’io

                No grazie

                Ciao

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “è lo stesso nel senso che la vita dell’uomo coincide con l’utilizzo di tutte le risorse, rinnovabili – ma le togli ad altri esseri viventi e puoi esaurirle – e non rinnovabili.”

                Poi il pessimista sarei io 🙂

              • Francesco scrive:

                io sono realista, tu sei ideologico

                😀

  6. habsburgicus scrive:

    chiedo scusa, se qualcuno l’ha già detto (leggo dopo…come non si dovrebbe mai fare, ma si fa :D)

    la cattedrale era cattolica ?
    se si, il triste epilogo è un altro effetto del Concilio
    perché prima di quell’evento le autorità avrebbero dovuto chiedere il permesso alla Chiesa che MAI l’avrebbe dato (a meno, forse, di privilegi inauditi :D) e, qualora il governo avesse voluto procedere, la Chiesa avrebbe iniziato una campagna durissima contro il governo, che se non altro può costare in voti 😀 i cattolici tedeschi, in una con la Chiesa, seppero resistere a Bismarck, obbligarono pure AH a soprassedere all’eutanasia, dunque non erano poi così irrilevanti ! specialmente in zone a maggioranza CDU (e, prima, ZP) come la Renania
    era protestante ? più difficile fermarli..ma prima dei Settanta i luterani e gli evangelici avevano ancora un certo potere contrattuale

    • Miguel Martinez scrive:

      Per habs

      “la cattedrale era cattolica ?”

      Sì, il comune è a maggioranza cattolica.

      • Francesco scrive:

        effetto del Concilio Vaticano II o della scomparsa dei cattolici?

        che come tendenza è anteriore al Concilio e non vorrei entrare nella diatriba se il Concilio stesso abbia contribuito al trend o lo abbia contrastato

        nel mondo “contemporaneo” quella Chiesa Cattolica capace di tanto semplicemente non esiste più per mancanza di cattolici

        ciao

    • roberto scrive:

      secondo wikipedia era cattolica

      • Miguel Martinez scrive:

        Per i tedescofoni, wikipedia dice:

        Die Bevölkerung ist mehrheitlich katholisch. Die Pfarre Immerath wurde erstmals 1288 erwähnt, ihr Patron war St. Lambertus. Am 1. Januar 2010 wurde die Kirchengemeinde mit zehn anderen Kirchengemeinden zur Pfarrgemeinde St. Maria und Elisabeth Erkelenz zusammengeschlossen.

        Der katholische Friedhof wird in Neu-Immerath neu entstehen, die Toten werden umgebettet.

        Die Orte Immerath, Pesch und Lützerath gehören zur evangelischen Kirchengemeinde Otzenrath-Hochneukirch.

        In Immerath lebten seit 1774 auch Juden, wobei genauere Daten nur für das 19. Jahrhundert belegt sind. So wurden beispielsweise 1876 in Immerath zehn und in Pesch fünf jüdische Bewohner gezählt.[4]

        Notare la fusione di ben UNDICI parrocchie.

        Nessuno ha notato il rapporto con il post che ho fatto l’altro giorno sui beni ecclesiastici (a parte, indirettamente, Habs con il suo commento su come si sarebbe comportata la Chiesa cattolica prima)?

  7. habsburgicus scrive:

    diciamolo, freddamente e asetticamente
    oggi il Cristianesimo è così mal ridotto e impotente che è l’unica religione che si può IMPUNEMENTE offendere, umiliare, ridicolizzare
    guardiamo in faccia la realtà, una buona volta !
    e, poi, magari, chiediamoci come siamo giunti tanto in basso ..a contare meno nell’Europa che sprizza Cristianesimo da ogni poro, di buddisti, sikh e qualsivoglia “cult” strano ! non cito le altre due religioni del Libro, non sto parlando dell’Aristocrazia (essendo ormai colme di privilegi e intoccabili, su un un altro pianeta :D) ma della plebe..ma c’é plebe e plebe
    e il Cristianesimo è finito direttamente dalla domus aurea nei più squallidi vicoli della Suburra !

  8. habsburgicus scrive:

    adesso, leggendo, vedo che in definitiva sono stati loro a decidere..non è tanto colpa del governo
    quindi, stessa condanna di quanto è avvenuto, ma indubbiamente la situazione è diversa
    non si tratta di una prepotenza anticlericale, ma di una decisione folle e spiacevole (tipica ahinoi di questi mala tempora), entro certi limiti “autonoma” (pur se condizionata dal bisogno di money)

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Habs

      “non si tratta di una prepotenza anticlericale, ma di una decisione folle e spiacevole”

      Capisci perché parlavo dell’importanza dei beni ecclesiastici per il mondo intero?

      Ieri ero nel chiostro grande di Santa Maria Novella, con il suo straordinario silenzio, la visione degli affreschi della vita di San Domenico e dei suoi – con quelle espressioni che hanno segnato il Seicento – e ho pensato che eravamo a due passi dall’enorme pentola bollente di macchine e rumore e trolley di turisti e lavori, che è la stazione che porta appunto il nome di Santa Maria Novella.

      Pensando a te, ho fatto anche la foto alla lapide di un ufficiale austroungarico 🙂

      Santa Maria Novella ha la fortuna di poter far pagare i turisti, ma tutti gli altri luoghi analoghi, che fine faranno appena qualcuno avrà bisogno della lignite sottostante?

      • habsburgicus scrive:

        è un problema serio, Miguel !
        e tu sei il primo, o fra i primissimi, a porlo in una maniera chiara ed esauriente
        c’è solo da sperare che qualcuno, nei Sacri Palazzi, ti legga 😀
        comunque il futuro del nostro patrimonio artistico e architettonico (per la massima parte religioso) è inquietante

      • PinoMamet scrive:

        “Capisci perché parlavo dell’importanza dei beni ecclesiastici per il mondo intero?”

        Sì e no, a dire il vero.
        Non li vedo diversi, e non mi suscitano più o meno preoccupazione, delle statue assire picconate dall’ISIS.

        Sì, le chiese sono tuttora frequentate, o lo sono state fino a ieri.

        Però boh, sarà che parte della mia formazione diciamo “religiosa”, e sicuramente spirituale, viene dall’ambito buddhista, che- perlomeno stando a quelli che ho conosciuto io- ha appreso la notizia della distruzione dei Buddha afghani più o meno con un’alzata di spalle e la constatazione dell’impermanenza delle cose (“visto? Buddha, quello vero, aveva ragione, inutile attaccarsi a degli oggetti”);
        sarà che non ho mai fatto vita di parrocchia, ma ho presente più i preti che dicono messa in mezzo a un prato con gli scout che i “vec cardinalaz” da Duomi;
        sarà che l’altra parte è fatta da una religione aniconica e per la quale il luogo di preghiera ideale sono dieci maschi adulti che si sono appena lavati;

        ma insomma non vedo questa importanza fondamentale delle chiese- che per inciso mi piacciono di molto, architettonicamente, comprese alcune che Peucezio e Moi disprezzano 😉 – più dei Templi di Paestum o della Valle omonima…

        • Miguel Martinez scrive:

          Per PinoMamet

          “ma insomma non vedo questa importanza fondamentale delle chiese- che per inciso mi piacciono di molto, architettonicamente, comprese alcune che Peucezio e Moi disprezzano ? – più dei Templi di Paestum o della Valle omonima…”

          No, io facevo un discorso diverso.

          Esiste un immenso patrimonio, sia di edifici che di luoghi naturali, finora sottratto alla violenza (scusa il termine, ma qui ci vuole!) del mercato. Che è il patrimonio costruito in due millenni attorni al cristianesimo.

          Quando moriranno gli ultimi detentori di questo patrimonio, che costituisce anche la testimonianza fisica dell’intera storia occidentale da Costantino in poi, nonché – grazie a preti fannulloni – una riserva immensa di biodiversità… pure questo dovrà finire inevitabilmente in mano ai camorristi speculatori immobiliari, o a quelli che sbucaltano la terra per ricavarne carbone?

          • Miguel Martinez scrive:

            Aggiungo che la differenza con Paestum per me, non cristiano, non è teologica, bensì storica. La chiesotta di Immerath, che non sarà una gran meraviglia, è comunque stata vissuta fino a tempi recenti, e magari ospitava delle simpatiche famiglie di pipistrelli, che adesso non sanno dove andare; e nel cimitero c’erano sepolte persone di cui i figli o i nipoti ancora oggi ricordano la faccia.

          • roberto scrive:

            ma ti turba il fatto che l’immenso patrimonio vada in mano a mafiosi, speculatori & palazzinari o il fatto che l’immenso patrimonio si perda tout court?

            perché nel secondo caso, come ho già scritto, mi sembra che non ci sia nessunissimo elemento di novità rispetto alla storia dell’umanità, in cui i monumenti, in senso largo, sono stati distrutti trasformati, abbandonati e poi dimenticati, eccetera

            • Peucezio scrive:

              La novità, lo dico per te e Pino, non è nel fatto che le vestigia vengano distrutto o sostituite, ma nel fatto che non si è più in grado di creare il bello – diciamo quantomeno un certo tipo di bello – per cui, se si perde quello fatto in passato, rimarrà il deserto.
              E, soprattutto, il fatto che la sopravvivenza di questo bello è compensativa, finché c’è, di una condizione di alienazione cui il tipo di civiòtà che creava quel bello non esponeva.

              Mi spiego meglio: non è la creatività umana o la capacità di creare bellezza in sé che è venuta meno.
              Ma il fatto che praticamente in tutte le società del passato, ove più, ove meno, la creazione individuale pura, completamente avulsa dal contesto sociale, almeno per gli oggetti fisici (altro conto è la letteratura) era rara: quella che oggi consideriamo arte era integrata nella società e nel territorio, non era qualcosa di concepito a tavolino da qualche pazzo in qualche angolo remoto del globo e poi calato dal cielo come fosse un prodotto extraterrestre.
              Non c’è un cavolo da fare: un vestigio del passato è legato alla storia del luogo in cui si trova e delle persone che ci hanno vissuto, un’opera contemporanea no.
              E questo è l’elemento di grande fascino del patrimonio storico passato.
              E io credo che ciò che non ha contesto, in fondo non esista: sia qualcosa di rarefatto, astratto. Come bere un bicchier d’acqua e avere più sete di prima.
              Perché è la relazionalità che fa l’identità: possiamo definire una cosa solo in relazione a ciò che non è, altrimenti sarebbe tutto, cioè niente, l’indistinto.
              In questo senso tutta la civiltà moderna è nichilista.
              Quindi, se gli uomini del passato perdevano le vestigia del passato a loro precedente, era nell’ordine fisiologico dello sviluppo storico.
              Se le perdiamo noi, non ci rimane, perlappunto, nulla.

              • Francesco scrive:

                vabbè, di fatto siamo noi i Vandali di noi stessi

                verranno altri e faranno il loro mondo

                intanto possiamo sempre litigare tra noi su D’Alema e Berlusconi

                🙁

  9. Peucezio scrive:

    Comunque bello il cingolato della foto.
    La prossima volta che cambio macchina, me ne compro uno!

  10. Z. scrive:

    Servono, come si era già detto, nuovi pianeti da colonizzare.

    Zeta Project- Ferrying Mankind To A Brave New World!

    • Francesco scrive:

      e come ci arrivi, kompagno?

      con una bella Soyuz extra-large?

      😀

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Z

      “Zeta Project- Ferrying Mankind To A Brave New World!”

      Sì, si, conosco un sacco di persone da far salire sulla tua astronave!

      Ci salutiamo alla partenza, o rimani anche tu a guardare il botto in cielo?

      • Francesco scrive:

        ogni tanto la quota messicana di Miguel pretende la sua parte!

        😀

      • Mauricius Tarvisii scrive:

        Contribuirebbe a ridurre la pressione demografica…

        A parte gli scherzi, un’espansione interstellare richiederebbe una quantità di risorse che solo uno sfruttamento avanzato del sistema solare potrebbe garantire.
        Quindi, in ordine:
        – prima si sfruttano le risorse del sistema solare (la Luna in fin dei conti è dietro l’angolo e far decollare minerali dal suolo lunare per portarli sulla Terra richiede energia limitata)
        – poi si devono fare esperimenti sulla creazione di habitat idonei a garantire in autosufficienza per secoli (sì, secoli) generazioni di una popolazione isolata in un sistema che è una sorta di gigantesco dispersore spaziale di calore e preziosissimo ossigeno
        – quindi si devono avere volontari pronti ad imbarcarsi in una bella avventura di sola andata verso un posto che sarà visto solo da loro lontani discendenti, volontari selezionati in modo da creare una società ad alta tecnologia e completamente autonoma
        – infine si deve fare in modo che la seconda generazione non decida di ammutinarsi e fare inversione a U, non contenta dell’idea di essere nata e di dover morire nello spazio interstellare

        Per il resto, vista la quantità estremamente limitata che si può pensare di caricare su un cilindro di O’Neill (l’astronave dovrebbe essere questa, lo diceva anche Heinlein) e visto che si tratterebbe di gente molto qualificata, questa non sarà mai la soluzione alla crisi demografica, ma al massimo la scialuppa di salvataggio per chi dovesse volere scappare…
        Più probabile un futuro alla The Expanse, con una Terra alla frutta e tentativi di usare lo spazio come sfogo demogafico che portano a più problemi che soluzioni.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per MT

          “Per il resto, vista la quantità estremamente limitata che si può pensare di caricare su un cilindro di O’Neill (l’astronave dovrebbe essere questa, lo diceva anche Heinlein) e visto che si tratterebbe di gente molto qualificata, questa non sarà mai la soluzione alla crisi demografica, ma al massimo la scialuppa di salvataggio per chi dovesse volere scappare…”

          Giustissime tutte le tue riflessioni, ma io non pensavo a un’astronave piccolina.

          Pensavo a una roba gigantesca, con tanta gente dentro che vi segnalo io.

          Certo, il viaggio sarà scomodissimo, saranno schiacciati come sardine, ma in compenso sarà MOLTO breve.

          • Francesco scrive:

            allora perchè farli decollare? un bel tubo sottoterra e qualche piccola bugia all’equipaggio

            poi in TV mostri degli effetti speciali

            anzi mostri un finto perfetto decollo e racconti palle sul viaggio

            mi sto messicanizzando anche io

    • Francesco scrive:

      beh, quella dichiarazione spiega cosa è il Partitone lì a Firenze anche meglio dei tuoi post

      🙂

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “beh, quella dichiarazione spiega cosa è il Partitone lì a Firenze anche meglio dei tuoi post”

        Anche cosa sia l’opposizione…

        • Moi scrive:

          più che altro ha “rubato la scena” con autogol clamoroso al Leghista Attilio Fontana che si è detto espressamente preoccupato per la “Razza Bianca” [sic] …

          • Moi scrive:

            Ma se a Firenze casca l’ Amministrazione … voi s’ accorpa alle Polit’ihe ?! 😉

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Moi

            “più che altro ha “rubato la scena” con autogol clamoroso al Leghista Attilio Fontana che si è detto espressamente preoccupato per la “Razza Bianca” ”

            Proprio oggi, per caso, ho avuto a che fare con un funzionario del Quartiere Uno.

            Un signore appena arrivato, tanto che ancora non gli hanno messo il telefono.

            E che ha deciso che un certo documento per lui è “irregolare”.

            Peccato che si tratti di un documento identico a un altro accettato dal Tribunale di Firenze, ma il Funzionario ha il potere supremo e assoluto di dire no anche quando ha assolutamente torto.

            Il Presidente dello stesso quartiere ha invece il potere di andare su Facebook.

            Dove però è seguito da una schiera incessante di lupi alla famelica ricerca di tracce di sangue.

            Mentre il Funzionario, magari, non ha nemmeno una pagina Facebook. E poi non Fa Politica, si limita a organizzare il mondo, cosa che non interessa a quasi nessuno.

            Pensiamo a un asilo, dove i bambini politici vengono lasciati giocare sotto lo sguardo attento dei loro tutori funzionari.

            I quali osservano con sguardo impassibile i loro sciocchi battibecchi e pianti.

  11. Moi scrive:

    A proposito di Partitone eGiunte in crisi :

    https://www.youtube.com/watch?v=DERfF_Kfi2s

    trashata targata DC e NON verificatasi !

  12. Davide Troiano aka daouda scrive:

    Miguel vuoi dire tante cose ma dille. Sarebbe molto più interessante la discussione. E’ bello il tuo stile ma egocentrico

  13. Moi scrive:

    altra opera di Voltaie, vagamente 😉 😀 più pericolosa da sfruculiare nella Francia (o quel che ne resta, con il Paggio di Soros e la Première MILF) di oggi :

    https://fr.wikipedia.org/wiki/Le_Fanatisme_ou_Mahomet_le_Proph%C3%A8te

  14. Moi scrive:

    Voltaire

    [e.c.]

    ———————

    Pino, quand’è che parte l’Appalto Edile per il Terzo Tempio ? che Ditta vincerà ? A quando gli Umarell Israeliani che l’osserveranno con le iconiche mani dietro la schiena ? Magari saranno Ditte di Costruzioni di Sceicchi Wahabiti … che si sa, Business is Business !

    • Miguel Martinez scrive:

      Maurizio Sguanci, che è una persona piuttosto focosa e sopra le righe, fa l’idiozia di andare su Facebook facendo una ramanzina ai suoi sul tipo, “guardate che il nostro peggiore nemico, l’orrido Mussolini, è riuscito a fare di più di noi di sinistra che stiamo sempre a litigare tra di noi”. Un po’ come quei cattolici di destra che dicono, “dovremmo avere il coraggio che hanno quei mostri di musulmani nel seguire la loro maledetta religione”.

      Ma con quanta gioia l’umanità poi si lancia sul capro espiatorio.

      Qui potete assistere a un linciaggio in pieno svolgimento:

      https://twitter.com/search?q=sguanci&src=typd

      • Francesco scrive:

        Beh, in ogni caso dimostra che lì da voi nel Partitone ci stanno tizi di ogni carattere, anche se non di ogni ideologia.

        Ho avuto la fortuna di sentire le esatte parole detta da Fontana: più comico che preoccupante il fatto vero, cioè l’impossibilità per lui di definire chi siamo “noi” rispetto agli immigrati. Ha balbettato varie idiozie, tra cui “razza bianca”.

        Il bello è che ha ragione, se la quota di immigrati è alta la convivenza e la coesione sociale diventano difficilissime. Ma non sa come dirlo.

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Francesco

          “Beh, in ogni caso dimostra che lì da voi nel Partitone ci stanno tizi di ogni carattere, anche se non di ogni ideologia.”

          Sguanci è di provenienza comunista, cosa di cui ogni tanto si vanta giocando all’estremista di sinistra, in realtà è fedelissimo al sindaco che è fedelissimo a Renzi.

          Non c’è rito antifascista a cui Sguanci non abbia partecipato.

          Ma nulla può salvare un politico dalla malafede di chi cerca ogni scusa per dargli addosso e infangare per associazione chi gli sta vicino: infatti, il vero bersaglio non è ovviamente lui, è solo un pretesto per dare addosso a Nardella e Renzi.

          Si chiama “politica” e grazie a Dio me ne tengo lontano.

          • Francesco scrive:

            così mi cadi nel berlusconismo però!

            quella è “becera polemica politica” e se ne può stare lontani anche facendo politica

            ciao

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Francesco

              “quella è “becera polemica politica” e se ne può stare lontani anche facendo politica”

              Non ho presente esempi.

              Stare all’opposizione non serve assolutamente a nulla (tranne occasionalmente tendere agguati alla maggioranza, ma falliscono sempre, come nei fumetti). Che ti sputtanino o non ti vedano nemmeno, non esisti.

              Nella maggioranza, ci sono alcuni personaggi in effetti che passano sotto il radar, talmente grigi, scialbi e attenti a non esprimere mai un’opinione che non sia preso dalla Pravda Globale del conformismo, che nessuno li vede e quindi non succede mai niente a loro, a parte quel 10% che finisce per essere arrestato per corruzione.

              Poi ci sono quelli che aprono bocca, e ci sono mille pescicani fuori pronti a strappargli la lingua e mangiarsela.

              anche se il nostro è un livello piccolo, noi dai politici abbiamo ottenuto soltanto una gran quantità di affettuose pacche sulle spalle, fossero maggioranza o minoranza.

              Tutto ciò che abbiamo, l’abbiamo strappato millimetro per millimetro ai funzionari, negoziando, sfuggendo, cercando quello più malleabile, sapendo che in qualunque momento possono porre fine alla tua esistenza perché, a differenza dei politici, hanno il potere.

              Solo che con i funzionari non ha alcuna importanza quello che scrivi su Facebook (loro non rischiano voti, rischiano direttamente la galera), conta solo quanto spazio riesci a creare tra leggi pensate per essere inapplicabili e la vita reale.

              In questo “la politica” c’entra davvero poco (poi mi dirai, polis vuol dire città, noi cerchiamo di gestire la città, ok).

              • Francesco scrive:

                1) appunto, lo dici tu in fondo, quella roba lì è la vera politica

                2) i regimi crollano, prima o poi, anche per voi passerà la nottata, abbi fede

                ciao

        • Miguel Martinez scrive:

          Per Francesco

          “Il bello è che ha ragione, se la quota di immigrati è alta la convivenza e la coesione sociale diventano difficilissime. Ma non sa come dirlo.”

          E comunque a un politico, nessuno perdonerà mai nulla.

          Nella democrazia rappresentativa, non esiste la minima forma di cavalleria, figuriamoci di dialogo (lasciamo perdere gli accordi dietro le quinte, i reciproci ricatti, ecc.).

          Tizio ha passato tutta la vita a combattere le molestie sessuali; non ha mai molestato una donna in vita sua. Un giorno parlando di calcio, accenna a un “fallo”.

          Citandolo fuori contesto, parte la caccia al maschilista.

          Se cerca di scusarsi, tanto peggio (“la toppa è peggio della buca!”).

          E si scatena quella forma di falsa lotta di classe, di risentimento, di gusto nel dare addosso ai presunti “potenti” come se gli eletti in effetti contassero qualcosa.

          Perché mai ridurre il proprio punteggio, oppure la propria soddisfazione, riconoscendo qualche barlume di ragione all’altro?

          • Francesco scrive:

            Però i clienti/spettatori/elettori lo sanno benissimo.

            Come con l’eroina, se vuoi ottenere l’effetto di prima devi aumentare la dose.

            Col risultato che i pochi “trinariciuti” si eccitano come tori alla monta per i periodici linciaggi mediatici (nano pedofilo!), la stragrande maggioranza è disgustata e si allontana.

            Alla fine, in molti si aspetta un Messia decente.

            Ciao

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Francesco

              “Però i clienti/spettatori/elettori lo sanno benissimo.”

              In questo c’è del vero.

              Da una parte, riuscire a dimostrare che un amico di un amico di Renzi ha detto non si sa in che contesto che Mussolini ha fatto qualcosa (cosa che nemmeno gli antifascisti negano, se no che importanza avrebbe?)… ecco, segna un sacco di punti all’interno di un certo mondo di militanti, di gente di partito, di giornalisti. E può anche paralizzare l’amministrazione, portare a dimissioni, rovinare carriere. Se il Sindaco non ha ceduto al ricatto, è perché ha ben chiaro i rapporti di forza tra il Partito Unico e la nullità assoluta dell’opposizione; ma magari altrove, i regimi sono più fragili.

              Dall’altra effettivamente all’elettore medio, non gliene importa assolutamente nulla, immagino.

  15. Miguel Martinez scrive:

    I linciatori stanno facendo anche rigirare una vecchia foto di Sguanci “in compagnia dei camerati di Casa Pound“, come scrive qualcuno su Twitter.

    Dal testo, il lettore non addentro ai misteri di Firenze viene indotto a pensare che ci sia Maurizio Sguanci (a sinistra) assieme a 11 suoi “camerati di Casa Pound”:

    Ora, in questa foto, pare che non ci sia nemmeno una persona che abbia qualche remoto legame con Casa Pound.

    Infatti, si tratta della foto dell’inaugurazione della fontana di Piazza San Jacopino. Accanto a Sguanci, per la solita foto d sfilata dei politici, c’è l’assessore all’ambiente e due altre personalità del Comune. Poi ci sono vari normalissimi cittadini di San Jacopino.

    Chi ha fatto girare la foto, nella sua eccitata ignoranza, ha infatti tagliato via (“un camerata o due in meno, che differenza fa?” si sarà detto) la causa stessa di tanto sdegno (pare che il primo ritagliatore sia stato il PRC sul proprio sito).

    Infatti, in fondo in fondo a destra, nella foto originale pre-ritaglio, c’è effettivamente un giovane che qualcuno ha riconosciuto come membro di Casa Pound, e che è qui semplicemente come uno dei tanti residenti del quartiere, del tutto sconosciuti a Sguanci (e all’assessore all’ambiente):

    I linciaggi sono come le inondazioni, trascinano tutto con sé, poi per fortuna calano.

    Ciò che li rende micidiale è la combinazione di isterismo, di risentimento verso la “casta” e di manipolazione da parte di piccoli esponenti politici.

    Chi conosce così bene Firenze da riconoscere un giovane di Casa Pound deve per forza aver capito tutto il contesto, e qui si aggiunge la malafede.

  16. PinoMamet scrive:

    Tra i miei vari cnoscenti di FB ce n’è uno che è fascista.

    A dire il vero, è il classico buzzurro laziale, molto simpatico e umano, ma insomma si proclama fascista e c’ha il busto de Mussolini ecc. ecc.
    Già anni fa diceva che però avrebbe votato Lega.

    Insomma, niente, mi manda il link a cui mettere Mi piace (ovviamente non l’ho messo) a un’associazione di fascistoni della sua cittadina della provincia di Roma; gli do un’occhiata, è piena di testi di Casapound.

    La stragrande maggioranza dice, con un linguaggio non si capisce se volutamente semplice o proprio scritto un po’ da ignoranti (forse entrambe le cose), le cose che dicono tutti i politici, famigliari e affini, cane compreso: più lavoro, più sicurezza ecc. ecc.

    Però mi colpisce che buttino lì, come un dato assodato, che secondo loro saremmo tutti vittima di un complotto di “apolidi” (e vabbè…) che vorrebbe la sostituzione della popolazione europea.

    Insomma, come direbbe il nostro Moi, sono “kalergici”. Che non mi scandalizza, solo che non ha senso.

    Ma come, due righe prima scrivete che gli immigrati non hanno voglia di fare un cazzo, rubano e stuprano, fan quello che gli pare e spadroneggiano, mentre invece gli italiani avviliti non sono capaci di ribellarsi;

    e poi come niente fosse sostenete che gli industriali “apolidi” vorrebbero sostiuire proprio questi italiani come imbelli e rassegnati con i terribili islamonegri che vogliono dominare il mondo, perché questi sarebbero più “controllabili”??

    Chiaramente non ha senso. Ma prima o dopo, se il discorso è nato, un suo senso (non voglio dire verità) ma un suo senso ce l’avrà avuto.

    e probabilmente questa fantasia kalergica deve essere nata al tempo delle industrie e dei krumiri, e sta a vedere- scava scava- che magari il popolo di lavoratori abbruttiti, pronti ad accettare le peggiori condizioni, che fregavano il posto agli autoctoni ed arrivavano in forze, eravamo proprio noi italiani…

    • PinoMamet scrive:

      Errata: non “questi italiani come imbelli ecc.” ma “questi italiani così imbelli ecc.”

    • Miguel Martinez scrive:

      Per PinoMamet

      “Tra i miei vari cnoscenti di FB ce n’è uno che è fascista.”

      Bella riflessione, grazie!

    • Francesco scrive:

      non c’è dubbio, scommetto i miei Playmobil che generazioni intere di sindacalisti e di populisti hanno versato fiumi d’inchiostro e megatoni di parole contro la vile plebaglia italiana che accettava condizioni inumane e sabotava le lotte dei lavoratori!

      più qualche anarchico che faceva del vero terrorismo.

      del resto, una plebaglia che si fa ammaliare dalla D’Urso, da Saviano, da Don Matteo, dalla De Filippi è la materia prima migliore per qualsiasi oscuro regime

      🙂

    • Peucezio scrive:

      Io non le trovo implausibili queste teorie, sempre tenendo conto che schematizzano processi complessi e convergenze di volontà e di intenti molto meno pianificate di quanto si pensi.
      Anche gli italiani emigrati all’estero possono essere stai funzionali a processi di questo tipo.
      Il punto non è la controllabilità nel senso dell’ordine pubblico: anzi, un società anarcoide magari è più utile per tenere in uno stato di intimidazione permanente le popolazioni.
      Ciò che serve è il consumista e lo sradicato ha ancora meno freni nell’esserlo, perché non ha nemmeno un retaggio culturale alle spalle: l’italiano medio, per quanto ignorante e volgare, comunque una sua istruzione, un suop spirito critico e un suo buon gusto ce l’ha: anche se questo sembra controintuitivo, basta andare fuori dall’Italia per constatarne l’evidenza: mi è bastato vivere sei mesi in Spagna, che non è certo un paese di selvaggi, per percepire gli italiani, compresi i più tamarri, come un club di dotti raffinatissimi, dai modi eleganti e dall’intelligenza vivace. Possono sembrare cose secondarie, ma saper combinare i colori o saper mangiare decentemente sono segni di grande civiltà.
      Che la civilità degli ipermercati standardizzati e uguali in tutto il mondo ha bisogno di cancellare.
      Poi non c’è dubbio che in una certa misura anche gli immigrati in Italia saranno condizionati da questo retaggio. Ma chi persegue certi progetti va a scassaquindici: sa bene che non tutto riesce perfetto, ma intanto cerca di rimescolare le carte, spostare la gente, rompere ogni coesione sociale, storica, etnica, culturale.

      • PinoMamet scrive:

        “Che la civilità degli ipermercati standardizzati e uguali in tutto il mondo ha bisogno di cancellare.”

        Però, Peucezio, credere, nell’ordine:

        -che ci sia una convergneza di volontà mondiali;

        -che convergano tutte nel favorire un fenomeno che non ha affatto bisogno o necessità di essere creato o favorito
        (l’immigrazione)

        -che questo favore, tra tutti i motivi possibili, sia dovuto all’idea che sarebbe necessario cambiare fisicamente la popolazione europea

        -e non, più semplicemente, cambiare usi e abitudini della popolazione stessa;

        -al fine di vendere meno spaghetti e più hamburger;

        mi sembra, come dire, una filiera un po’ troppo lunga per essere credibile….

        • Francesco scrive:

          io non ho affatto problemi con la lunghezza, è la credibilità che proprio non vedo

          perchè Essi farebbero soldi vendendo spaghetti come vendendo hamburger

          non ha senso l’idea che la nostra civiltà sarebbe un poderoso intralcio al turbocapitalismo (o al demonio)

          mi pare che siamo minchioni quanto chiunque

          e ogni Potere ha piacere di un minimo di ordine nei suoi schiavi, non ama affatto l’anarchia

          • Peucezio scrive:

            L’immigrazione è il risultato di scelte politico-economico-militari molto precise. O, meglio, delle condizioni del Terzo Mondo create da tali scelte.

            E non credo tanto che davvero l’aspetto genetico sia del tutto indifferente al potere, altrimenti non ci sarebbe questa ossessione ideologica per il meticciato.
            Insomma, se un politico nomina la razza bianca, o qualcuno commenta un po’ ironico dicendo che la razza bianca vuol dire poco e niente e che comunque non c’entra granché con l’immigrazione (gli albanesi o i rumeni sono neri forse?), e allora niente di strano, oppure scatta l’isteria, manco avesse ucciso qualcuno.
            Se alla semplice evocazione della razza, cioè di una cosa che non esiste (o almeno così ci insegnano), scatta l’isteria, qualcosa non torna: qualcuno ci crede.
            E il vendere è solo un mezzo: il consumismo sevre a creare un tipo di uomo.

            Soros, l’oggetto di tutte le teorie complottiste, quanto a potere economico non mi sembra il primo fesso. E ha dimostrato di saper usare molto bene i suoi soldi nell’influenzare le società e gli stati.
            E non mi sembra che non abbia una visione organica esattamente come quella che io sto descrivendo. E’ nel loro DNA: guarda la Bonino, che ci va a braccetto: hanno proprio una specie di terrore per qualunque pulsione, non dico identitaria, ma semplicemente che rivendichi forme di sovranità nazionali, alla luce del sole, non sottratte al gioco democratico, non avocate a organismi internazionali incontrollabili.

            Avete notato che da un po’ di tempo c’è la parolaccia “sovranismo”?
            Cioè la sovranità è un pericolo. Quindi l’autorità stessa dello stato lo è.
            Siccome non propongono l’alternativa dell’anarchia individuale, è chiaro che l’idea è che le uniche forme tollerabili di potere sono considerate quelle extrastatuali.
            Cioè ogni stato, in quanto tale, è un nemico, ammenoché, pur essendo retto da rappresentanti eletti democraticamente, non rinuncia a tutte le sue prerogative in funzione di entità sovrastatuali (che non sono necessariamente pubbliche, anzi, in realtà sono private o fanno interessi privati).

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Peucezio

              ” scatta l’isteria, manco avesse ucciso qualcuno.”

              Senza affrontare qui il discorso più ampio che fai, calcola l’elemento di “democrazia rappresentativa”:

              1) il razzismo è vietato (poi cosa significhi, poco importa)

              2) siamo sotto elezioni e quindi dimostrare che il proprio nemico ha fatto qualcosa di vietato segna punti

              E’ un po’ come quando scattavano le foto del sindaco di Roma con l’auto lasciata in sosta vietata.

              • Peucezio scrive:

                D’accordo, questi sono i soliti meccanismi della politica spicciola.
                Però non è neutro il fatto che i tabù siano alcuni e non altri.
                Non sono scelti proprio completamente a caso. Anzi, direi che sono profondamente sintomatici dei valori o disbalori che una società si dà o, meglio, che un potere vuole imporre.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Però non è neutro il fatto che i tabù siano alcuni e non altri.”

                Certo.

                E infatti qui i meccanismi che rendono “non neutra” l’auto del sindaco sono molto diversi.

                E’ la vendetta dell’uomo comune a rotelle: “Quelli che comandano su di noi predicano bene, ma razzolano male, e quindi non sono superiori a me che tutte le volte che lascio la macchina in doppia fila, mi multano, e a lui no!”

                Dove ovviamente la fallacia è confondere il potere con il sindaco.

                Ma giustamente è un meccanismo quasi opposto a quello del “non dire mai razza bianca”: qui lo stesso uomo comune a rotelle può dire, “vedete quanto io sono superiore, tanto da dire che è vietato dirlo!”

            • Miguel Martinez scrive:

              Per Peucezio

              “Avete notato che da un po’ di tempo c’è la parolaccia “sovranismo”?
              Cioè la sovranità è un pericolo. Quindi l’autorità stessa dello stato lo è.”

              E’ un tema interessante.

              Anche perché spesso proviene proprio da coloro che in teoria vorrebbero ancora più “servizi” di ogni sorta, cioè più funzionari che gestiscono una maggiore quantità di denaro.

              Non credo che siano contrari allo Stato (sarebbe darsi la zappa sui piedi); forse però pensano ad estendere lo Stato a ricoprire l’intero pianeta, diventando piuttosto una burocrazia totale, ma non sono sicuro che questa sia l’esatta interpretazione.

              Occorre vedere poi come questa ideologia, che giustamente noti, si concili con l’inevitabile smantellamento dello Stato che osserviamo.

              Lo Stato infatti è una macchina per regolamentare la crescente complessità di un sistema dalle risorse crescente, e questa solo regolamentazione consuma circa la metà dell’energia complessiva.

              Quando le risorse iniziano a diminuire, lo Stato è il primo a risentirne.

              • Peucezio scrive:

                C’è da rifletterci.
                Qualche spunto:
                la civiltà, cioè la tendenza degli uomini non solo ad aggregarsi (questo avviene dall’alba dell’umanità), ma a farlo in forme strutturate, dandosi delle regole, favorisce il meccanismo del potere e al tempo stesso lo tempera.

                Credo che oggi si persegua il mantenimento del potere, senza la civiltà, cioè l’arbitrio.
                Ovviamente però, perché si mantenga il potere, ci devono essere delle regole, per quanto ingiuste e contrarie agli interessi collettivi. E possibilmente poco palesi (non puoi dire alla gente che glie lo stai mettendo in culo, se non s’incazza).
                Quindi devono essere regole, organizzazioni e strutture lontane dallo stato, dalle elezioni, da tutti quei meccanismi che avvengono sotto gli occhi dell’opinione pubblica, ma devono essere tali per cui un signore che sta in Cina o in Nuova Zelanda, scrivendo documenti in lingue straniere che non vengono pubblicati da nessun giornale, influenza le condizioni di vita in Italia (o in Cile o in Norvegia).
                Che è esattamente quello che sta accadendo.
                E ciò non perché lo chiede qualche istituzione pubblica che risponde a interessi collettivi, ma qualche privato miliardario o qualche istituzione che risponde solo a privati miliardari.
                Quindi il pubblico c’è (devi comunque dare una legittimazione giuridica), ma ha solo la funzione di dare una cornice minima di regole a questi poteri.

            • Francesco scrive:

              >> L’immigrazione è il risultato di scelte politico-economico-militari molto precise. O, meglio, delle condizioni del Terzo Mondo create da tali scelte.
              Ma è un risultato palesemente inatteso e sgradito alle classi politiche europee. Credo un effetto collaterale di molti compromessi al ribasso, tipo la Politica Agricola Comune, che ha protetto i nostri contadini a scapito di quelli africani, o la politica estera miope in Africa.

              >> E non credo tanto che davvero l’aspetto genetico sia del tutto indifferente al potere, altrimenti non ci sarebbe questa ossessione ideologica per il meticciato.
              Veramente gli unici ossessionati sono quelli che si oppongono al meticciato e pochi coglioni nelle università. L’invasione di negri ad Asgard è ridicola ma non mi pare preoccupante.

              >> Insomma, se un politico nomina la razza bianca, o qualcuno commenta un po’ ironico dicendo che la razza bianca vuol dire poco e niente e che comunque non c’entra granché con l’immigrazione (gli albanesi o i rumeni sono neri forse?), e allora niente di strano, oppure scatta l’isteria, manco avesse ucciso qualcuno.
              Se alla semplice evocazione della razza, cioè di una cosa che non esiste (o almeno così ci insegnano), scatta l’isteria, qualcosa non torna: qualcuno ci crede.
              Vabbè, “la difesa della razza” e compagnia cantante sono storia, mica leggenda. Chiaro che un minimo di giustificato senso di allarme c’è quando si sentono certe parole – e io sono d’accordo col concetto che Fontana voleva esprimere.

              >> E il vendere è solo un mezzo: il consumismo sevre a creare un tipo di uomo.
              Mah, qui però siamo di fronte alla totale mancanza di prove: tu (non da solo) parti dal “complotto” per creare questo tipo di uomo, non dai fatti. Io mi limita a mangiare sia polenta che kebap.

              >> Soros, l’oggetto di tutte le teorie complottiste, quanto a potere economico non mi sembra il primo fesso. E ha dimostrato di saper usare molto bene i suoi soldi nell’influenzare le società e gli stati.
              E non mi sembra che non abbia una visione organica esattamente come quella che io sto descrivendo. E’ nel loro DNA: guarda la Bonino, che ci va a braccetto: hanno proprio una specie di terrore per qualunque pulsione, non dico identitaria, ma semplicemente che rivendichi forme di sovranità nazionali, alla luce del sole, non sottratte al gioco democratico, non avocate a organismi internazionali incontrollabili.
              Soros ha soprattutto la colpa di essere un finanziere ebreo. Ha certamente delle idee politiche, con cui sono in disaccordo. Solo che manca la prova che sia “la punta dell’iceberg” di una manovra più grande di lui.

              >> Avete notato che da un po’ di tempo c’è la parolaccia “sovranismo”?
              Cioè la sovranità è un pericolo. Quindi l’autorità stessa dello stato lo è.
              Siccome non propongono l’alternativa dell’anarchia individuale, è chiaro che l’idea è che le uniche forme tollerabili di potere sono considerate quelle extrastatuali.
              Cioè ogni stato, in quanto tale, è un nemico, ammenoché, pur essendo retto da rappresentanti eletti democraticamente, non rinuncia a tutte le sue prerogative in funzione di entità sovrastatuali (che non sono necessariamente pubbliche, anzi, in realtà sono private o fanno interessi privati).

              Questa è facile: la sovranità del singolo stato europeo è una fregnaccia. O diventiamo una potenza mondiale unendo lo forze o facciamo pompini al primo che passa. Per unire le forze, mica possiamo restare del tutto uguali a prima, dobbiamo fare patti e rispettarli – idea intollerabile a molti politici italiani. Come in ogni gruppo, ognuno ha anche una sua idea recondita per trarne più vantaggio di quanto dichiarato ma chi si scandalizza?

              Inoltre, sia Soros che Bonino ricordano che la principale attività degli stati europei dal crollo dell’Impero d’Occidente al 1945 è stata farsi la guerra. E hanno pure ragione a trovarla un’attività disdicevole e oggi suicida.

              Ciao

              • Peucezio scrive:

                Cacchio, ogni risposta meriterebbe una controrisposta articolata, ma non la finiremmo più…
                Inoltre hai scritto le risposte di seguito alle mie: ho fatto una fatica…

                Sulla difesa della razza: vabbè, giusto perché nel ’38 avevamo fatto la guerra in Abissinia, quindi eravamo politicamente isolati e ci siamo avvicinati un po’ alla Germania, che in quel momento era governata da uno che ci aveva un po’ la fissa della razza…
                Contingenze storiche.
                Non vedo oggi quale frangente geopolitico minacci di farci diventare razzisti biologici con tanto di misurazioni craniometriche, ecc.

                Circa Soros: non dico che comandi lui nel mondo, certo non solo lui: è un esempio dell’e élite occidentali. Comunque non è l’ultimo pirla.
                E la Bonino non è ebrea.

                Sugli stati europei che hanno bisogno di unirsi per contare qualcosa, questa secondo me è una mistificazione siderale.
                Roma era un villaggio di pastori e ha conquistato il mondo. Se si fosse messa a dire: adesso federiamoci con i latini, così non ci facciamo la guerra uno con l’altro e ci potenziamo, poi facciamo lo stesso con sabini, umbri, sanniti, tribù sabelliche per difenderci dai Galli, dialoghiamo, facciamo uno spazio comune, ecc. ecc. a quest’ora la civiltà latina non esisterebbe.
                Venendo a tempi più recenti, tutte le potenze attuali non sono il risultato di un federarsi di popoli diversi, ma dell’imperialismo o comunque della forza espansiva, militare o o economica, di singoli popoli: ciò vale per gli anglosassoni, per la Russia, per il Giappone, la Corea del Sud, la Cina, tutti!
                Gli imperi multietnici storicamente sono sempre stati creati da un singolo popolo che ha sottomesso gli altri. Poi a posteriori gli ha dato diritti, a volte anche paritari, ma non è mai nato grazie a un federarsi alla pari fra diverse nazioni sovrane, di lingua, cultura e religione diversa. Mai.

                Il federarsi dell’Europa può solo produrre un mostro, perché, annacquerebbe e indebolirebbe lo spirito nazionale dei singoli popoli, senza poter mai creare uno spirito nazionale europeo,
                1) perché uno spirito nazionale non s’inventa a tavolino, ma è un prodotto storico,
                2) perché manca la base di tutto ciò che costituisce una nazione, lingua, religione, cultura, ecc.

                Inoltre non ho mai capito perché le unioni si devono fare su base continentale, cioè geografica, laddove i confini e le faglie geopolitiche sono tutt’altre. E anche le comunanze storiche, etniche e culturali. Su che base quindi si deve scegliere proprio l’Europa e non per esempio il Mediterraneo o un’unione cattolico-ortodossa contro il mondo protestante o un’unione latina (comprendendo l’America latina) contro i popoli germanici oppure un’unione geopolitica eurasiatica contro l’egemonia dei popoli atlantici?
                Che cazzo abbiamo in comune coi danesi? Cos’ha in comune un portoghese con un ungherese?
                Siamo più simili a un estone che a un argentino? Boh…

                Semmai io trovo che esista sì una cultura comune europea contemporanea (molto recente).
                Ma è proprio l’antitesi della forza che tu invochi: è una cultura nichilista, debolista, buonista, imbelle, pacifista, frocista.

                E tu dici che contiamo qualcosa stando in un’istituzione che ha come sua ideologia ufficiale la remissività (geopolitica verso gli Stati Uniti, religiosa verso l’Islam, etnica, verso le razze extraeuropee) che si trasforma in autoritarismo solo verso chi osa rivendicare con assertività un qualche valore identitario europeo, per esempio il cristianesimo?

                Non ti chiedi come mai, quando gli europei si scannavano in guerre continue fra loro, l’Europa aveva l’egemonia mondiale, mentre oggi, che siamo tutti amici, facciamo l’Erasmus, ecc., non contiamo più un beato cazzo e siamo sbertucciati da tutti?
                E contimao qualcosa solo quando qualche singola nazione prende un’iniziativa contro le altre (vedi la Francia)?
                Perché anche questo c’è da dire: mentre tutti gli altri blaterano di europeismo e continuano a fare i loro interessi nazionali molto bene, noi ci stiamo autodistruggendo in nome dell’Europa.

          • PinoMamet scrive:

            Peucezio, dire che è frutto di scelte precise, e dire che è derivata dalla politica coloniale, è dire due cose opposte
            (chi colonizzava non si aspettava di certo di accogliere masse di colonizzati in Europa, nè il suo scopo era quello; e neppure quello del meticciato nelle colonie, che anzi era osteggiato per quanto possibile)

            Poi io, lo ammetto, ho una certa difficoltà con i tuoi complotti che non fa nessuno ma esistono lo stesso; mi pare che tu voglia vedere a tutti i costi una logica che piace a te anche se la realtà dimostra il contrario, perciò vai alla ricerca di attori “invisibili”:
            Come ti rimprovera Z insomma, la realtà ha il torto di non adeguarsi alla tua visione 😉

            Nel caso del sistema capitalista, per esempio: non c’è niente in esso che gli faccia preferire una cultura all’altra, basta che si venda;
            La globalizzazione che fa sì che mi arrivino, tra l’altro, dei link a un festival di cucina parmigiana in Giappone, è dovuta solo a questo: il successo commerciale, e non una preferenza per un gruppo umano o l’altro.

            Che il razzismo sia ufficialmente aborrito poi mi sembra abbastanza logico senza bisogno di credere che qualcuno voglia per forza farci “meticciato” per uno scopo preciso
            (Che poi implicherebbe che questo qualcuno così evanescente avesse un solido credo razzista)

            • Peucezio scrive:

              1) Certo. Io penso infatti al neocolonialismo, quello economico contemporaneo, non al colonialismo classico.

              2) Le persone, quando agiscono, non applicano necessariamente un piano consapevole e deliberato, studiato nei minimi dettagli. Spesso agiscono in conformità a un proprio retroterra, a una propria sensibilità. Esistono culture e orientamenti d’élite, di piccoli gruppi, di classi dirigenti. In genere la storia la fanno queste, più che la mentalità collettiva della maggior parte della ppopolazione.
              Il che non esclude affatto che ci sia qualcuno che teorizzi questi orientamenti in modo più lucido ed esplicito. E infatti accade. Ma non credo che i veri motori siano questi ultimi, che spesso sono intellettuali, non gente con le mani veramente in pasta.

              3) Infatti il sistema capitalista non vuole nessuna cultura.
              Mica vuole che in Italia si sostituisca all’italiana la cultura africana, o arabo-islamica o cinese. Cosa che infatti non avverrà mai. Tutt’al più può stargli più simpatico l’Islam come religione perché più flessibile e adattabile, più globalizzabile, privo di gerarchie e strutture forti. Per quanto con Bergoglio la scelta è difficile… Ma Bergoglio non è abbastanza iconoclasta e distruttivo, è solo troppo buonista.

              4) Non c’è nulla di intrinseco nell’antirazzismo: l’umanità è razzista da sempre (così come da sempre tende anche a percepire qualcosa di affine in ogni gruppo umano). L’eliminazione di uno dei due poli (quello dell’appartenenza vs quello della solidarietà universale) è un dato inedito e come tale imposto (la mentalità comune da sola non tende a squilibri così radicali e a demonizzare spinte che sono connaturate nello spirito umano).
              Non c’è neanche bisogno che i potenti credano nelle razze: se le elimini, impedisci di crederci agli altri, perché elimini l’oggetto stesso della credenza o comunque lo rendi irrecuperabile.

              • Francesco scrive:

                1) oggi il neocolonialismo è cinese e indiano, soprattutto. l’emigrazione africana in Europa è un sottoprodotto non sgradito a questi ma secondario

                2) quindi le elites sono più cosmopolite del popolino, magari sanno anche l’inglese? non vedo il dramma

                3) non capisco che problemi avrebbe il capitalismo con la cultura. si è dimostrato molto adattabile, generando infinite varianti di nazional-capitalismo (anzi regional-capitalismo). è una fissa di alcuni affezionati alla propria cultura che aborriscono le novità, sospetto

                4) non definirei razzismo il polo “noi siamo così” dei rapporti tra comunità umane. è troppo restrittivo e usa un termine che avrebbe un significato preciso

                ciao

              • Miguel Martinez scrive:

                Peucezio

                ” L’eliminazione di uno dei due poli (quello dell’appartenenza vs quello della solidarietà universale) è un dato inedito e come tale imposto (la mentalità comune da sola non tende a squilibri così radicali e a demonizzare spinte che sono connaturate nello spirito umano).”

                Verissimo. Penso alla terra bruciata che hanno creato in mezz’ora attorno al presidente del nostro quartiere, con l’eccezione (per ora) del sindaco stesso. Un esempio impressionante di demonizzazione e appunto spirito di appartenenza, talmente forte da travolgere anche i legami “etnici” (il presidente del quartiere è cresciuto politicamente assieme alle persone che lo stanno attaccando).

              • Francesco scrive:

                Miguel

                bruciare uno del proprio branco, colpevole di averci sputtanato, è un segno di appartenenza fortissimo

                tanto più forte quanto più lui ti era amico

                non hai studiato lo stalinismo?

                😉

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “bruciare uno del proprio branco, colpevole di averci sputtanato, è un segno di appartenenza fortissimo”

                Infatti. Forse mi sono espresso in maniera un po’ contorta, ma il concetto più o meno era quello. Magari la differenza sta nel fatto che in un villaggio monoetnico, poco ideologico e molto pratico, quando uno dei “nostri” fa una cazzata, c’è sempre chi si ricorda delle tante non-cazzate che ha fatto, e fa il bilancio.

                Nel branco ideologico, effettivamente, questo non succede.

              • Peucezio scrive:

                Francesco,

                “2) quindi le elites sono più cosmopolite del popolino, magari sanno anche l’inglese? non vedo il dramma”

                Il invece lo vedo 🙂

                “3) non capisco che problemi avrebbe il capitalismo con la cultura. si è dimostrato molto adattabile, generando infinite varianti di nazional-capitalismo (anzi regional-capitalismo). è una fissa di alcuni affezionati alla propria cultura che aborriscono le novità, sospetto”

                No, beh, il problema è che in prospettiva il capitalismo distrugge ogni specificità.
                In Italia si parlano circa diecimila dialetti; più che la scuola ottocentesca, è stata la televisione a comprometterli e nel giro di qualche generazione non solo probabilmente sprariranno, ma sparirà anche l’italiano a favore dell’inglese.
                In questo non c’è adattamento, c’è solo omologazione e appiattimento.

                “4) non definirei razzismo il polo “noi siamo così” dei rapporti tra comunità umane. è troppo restrittivo e usa un termine che avrebbe un significato preciso”

                Ma non sono io a usare “razzismo” in senso estensivo, è l’antirazzismo corrente che chiama “razzista” chi fa discriminazioni etniche, culturali, nazionali, religiose, ecc. ecc.

              • PinoMamet scrive:

                Peucè,

                ti rispondo per brevità sui punti 3 e 4, che mi sembrano quelli fondamentali:

                3-secondo sbagli a utilizzare il verbo “vuole”.
                Il Capitalismo non “vuole” nè “non vuole”;
                sarebbe come dire che le maree “vogliono” andare avanti e indietro o la Luna vuole ruotare attorno alla Terra.

                Certo, il Capitalismo è fatto dall’uomo, nel senso che gli uomini comprano e vendano.
                Ma queste azioni di compravendita hanno una logica loro , che del tutto indifferente alla promozione di una cultura, o di tutte le culture, o di nessuna, perché non tratta di culture.

                Una delle conseguenze del Capitalismo- non da oggi- una delle sue logiche, è quella che se vuoi sopravvivere devi vendere, se necessario anche lontanissimo da te;
                che alcuni mercati restano prevalentemente locali, mentre altri, a volte in modo inatteso, diventano globali e inevitabilmente si snaturano.

                4) nell’antirazzismo c’è di intrinseco che la teoria delle razze è scientificamente sbagliata;
                a parte questo, le leggi razziali e Auschwitz, tra le conseguenze macroscopiche del razzismo, sono realtà;
                mi pare del tutto logico e comprensibile, e anche positivo, che nessuno voglia più farsi passare per razzista, senza che mi debba immaginare che dietro tutto ciò ci sia il pensiero (paradossalmente razzista!) di chi vorrebbe chissà poi perché un’umanità di meticci.

              • Peucezio scrive:

                Sul primo punto: capitalismo, consumismo, ecc.
                Qui ci vedo proprio un vizio metodologico d’origine.
                Gli eventi umani sono responsabilità dell’uomo.
                Questa responsabilità è ineliminabile, nel senso che, anche quando un risultato è imprevisto rispetto alle intenzioni con cui si è compiuto un atto, la volta dopo si cambia l’atto iniziale.
                Altrimenti, se anche avessimo la certezza assoluta che l’attuale sistema economico distruggesse la terra e la vita di tutti i suoi abitanti entro cinquant’anni, per dire, dovremmo ritenerci esentati dal porvi riparo e rassegnarci (le logiche economiche sono spontanee, sono il risultato imprevisto di singoli atti intenzionali, la cui somma segue dinamiche proprie non controllabili).
                Invece l’uomo può sempre scegliere (su ciò che fa, ovviamente, non sui fenomeni geologici o astronomici) e se un sistema dà cattivi risultati, possiamo assolverlo la prima volta, ma dopo deve correggere e, alla peggio, smantellare tutto e rifarlo da capo.

                Circa il razzismo: non dobbiamo fare confusione.
                Una cosa è il razzismo biologico otto-novecentesco, cui sono ispirate le leggi razziali e lo stesso Olocausto (anche se lì si mischia al razzismo biologico la questione ebraica, che è vecchia quanto il mondo, ma in quel frangente era legata da un lato alla finanza ebraica, dall’altra al bolscevismo),
                un’altra cosa è il rapporto di ogni società con lo straniero: credo che in ogni società umana ci siano state, diversamente dosate, l’ostilità verso gli stranieri e il senso di ospitalità (che però in genere non riguarda i popoli ma i singoli individui).

                Inoltre una cosa sono i concetti, una cosa gli eventi storici.
                L’evocazione o il riferimento a un concetto (scientificamente rigoroso o puramente empirico e fenotipico che sia) non è una forma di complicità o di apologia di ogni atrocità che si è commessa in base a quel concetto.
                Altrimenti non si potrebbe fare riferimento alla salute, perché c’è stata l’eugenetica nazionalsocialista (e non solo nazionalsocialista, a dire il vero!), non si potrebbe fare riferimento al cristianesimo, perché ci sono state le guerre di religione e la caccia alle streghe, non si potrebbe nominare l’eguaglianza sociale, perché in suo nome ci sono stati regimi comunisti che hanno fatto milioni di morti.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Gli eventi umani sono responsabilità dell’uomo.”

                Tanta saporita carne al fuoco… mi limito a commentare l’uso del termine “uomo”.

                Ora, io ho a che fare con diverse persone, appartenenti a varie specie, ma per la maggior parte a quella umana.

                Mentre i miei amici sono sparsi tra le varie specie, tutti i miei nemici, senza eccezione alcuna, appartengono alla specie umana.

                Il fatto di condivedere una postura eretta e la possibilità di emettere una vasta gamma di suoni dalle cordi vocali non è certo sufficiente per farmi sentire qualche affinità con loro.

              • PinoMamet scrive:

                Franbcamente non capisco quale sia il punto del tuo discorso sulla responsabilità umana.

                L’uomo è responsabile del Capitalismo? Sicuramente.
                Questo non significa per niente che esista un qualche “piano” implicito o qualche “volontà” di far sparire le culture locali:
                non esiste niente del genere.

                Semmai si potrebbe dire che l’umanità potrebbe essere resa più responsabile nel salvarle , ma a dire il vero mi pare che sia già piuttosto impegnata in questo.
                A dire il vero, credo che il sistema globalizzato/capitalista, se senza dubbio ha operato una sorta di uniformazione mondiale, dall’altro lato ha contribuito a salvare e diffondere idee e culture che sarebbero state condannate all’estinzione, trovandogli adepti e appassionati all’altro capo del mondo.
                Ci sarà uno snaturamento, ma che farci? Il mondo va così, semplicemente, da sempre. Solo oggi più velocemente.

                Anche sul razzismo faccio fatica a seguirti.
                Tu dici che ogni popolazione tende a essere sospettosa verso lo straniero, che può essere vero (o meno) e boh, come ti immagini che esista il solito piano per impedire questo sentimento “naturale”;

                cosicché il politico che si lascia sfuggire una frase razzista, anzichè uno sprovedduto (se non la pensa) o un coglione (se la pensa) finisce per apparire quasi un martire del sentire comuno sacrificato dall’ideologia dominante che ci vuole meticci.

                Ma siamo sempre lì: è il verbo “volere” a non c’entrarci.

                Semmai tu vuoi che la società volesse preservare delle forme di molteplicità, delle infinite individualità “pure”, piuttosto chiuse le une alle altre, sospettose, iper locali, vernacolari ecc.

                non voglio dire che non siano mai esistite in questa forma, se non in condizioni particolarissime di isolamento;
                ma senz’altro non esistono adesso, e non perché qualcuno lo “voglia”, ma perché esiste, banalizzando, internet e l’automobile.

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                “Semmai tu vuoi che la società volesse preservare delle forme di molteplicità, delle infinite individualità “pure”, piuttosto chiuse le une alle altre, sospettose, iper locali, vernacolari ecc.”

                Non è del tutto esatto.
                A me basterebbe che le culture non fossero minacciate, anzi, quasi estinte (parlo delle culture popolari, tradizionali) come avviene oggi.
                Una volta Montrone e Canneto, anche se rivali per campanilismo (più folcloristico che altro) avevano senz’altro forme di interazione, matrimoni misti, ma, insomma, finché non è arrivata la televisione, le automobili, il telefono, la fine insomma della civiltà contadina e sostanzialmente stanziale, i cannetani continuavano a parlare cannetano e i montronesi montronese (e ti assicuro che, pur a 700 mt da piazza a piazza, sono dialetti proprio strutturalmente diversi nei loro sistemi fonetici).
                Ora è chiaro che identità simili vengono svuotate.
                La colpa ovviamente non è dell’antirazzismo (che ha un ruolo molto secondario e riguarda altri fenomeni), quanto della trasformazione del modello economico, della vita materiale.

                Però, e questo è il punto dirimente, non credo che in tutto ciò non ci sia anche una volontà, se non nel senso di un piano, nel senso di un orientamento.

                Miguel dice che il capitalismo è nato in Toscana e tecnicamente ha ragione.
                Però quel capitalismo lì non ha sovvertito la civiltà agricolo-artigianale tradizionale, l’ha al massimo modificata un po’.
                Per quello ci è voluta l’industria, la produzione in serie, tutte cose collegate al capitalismo moderno, cioè ai paesi protestanti (quelli che hanno rigiudaicizzato il cristianesimo recuperando centralità all’AT) e alla finanza ebraica.
                E ancora oggi l’elemento ebraico è decisivo nel capitalismo finanziario, così come è stato decisivo nel bolscevismo, che ha distrutto le culture locali tradizionali, affamando e sterminando i contadini.
                Ammetterai che uno a un certo punto dice: ma se ci sono sempre questi qui di mezzo, o si tramandano un piano, o, a non voler essere paranoici, ce l’hanno proprio nei geni, nel loro inconscio collettivo, come direbbe Jung, quindi, se non è una volontà consapevole, è una specie di programma depositato nel loro DNA.

                Tutto questo sempre senza nulla di personale: a parte che sei ebreo piucchealtro per scelta religiosa, ma anche se lo fossi di sangue, resti una persona squisita che non ha fatto nulla contro le culture e i popoli, anzi, sei profondamente esperto di quella della tua regione e confido sempre che un giorno tu riesca a scriverne (magari col mio aiuto, se vuoi, per la parte linguistica).

              • Peucezio scrive:

                Comunque, vabbè, questione di interpretazioni.
                Non penso potrei mai convincerti del mio assunto, così come difficilmente potrei io persuadermi che è tutto un caso.
                Forse abbiamo proprio un diverso concetto di volontà, che io intendo anche come entità metafisica espressa dallo spirito dei popoli, indipendentemente anche dalla coscienza individuale (anche se poi i teorici di queste cose ci sono stati eccome, anche in genere intellettuali, presumibilmente con poco potere concreto).

              • PinoMamet scrive:

                Peucè, io sono un pochino di “razza” ebraica, ma anche lo fossi al cento per cento, non lo sarei, perché la razza ebraica non esiste 😉

                però ti assicuro che ci sono ebrei di nascita e di stirpe fin quando possono ricordarsi, che sono lo stesso persone squisite, e non barare perché ne conosci anche tu 😉

                a parte questo, io, davvero, non so come dirtelo, ma non ci riesco proprio, anche impegnandomi, a vedere una qualche volontà di qualcuno- tantomeno ebraica- contro le culture locali.

                Non voglio mettermi a ripetere cose già scritte mille volte contro l’idea di un, seppur vago, complotto ebraico.

                Vorrei parlare di altro, cioé:

                la differenza di valutazione tra te e me mi sembra, ai minimi termini, che tu:
                -ti immagini una volonatà di qualche tipo dietro la sparizione delle culture locali;
                -a la giudichi un fatto negativo;

                io:
                -non mi immagino nessuna volontà particolare dietro ciò;
                -la giudico un fatto neutro.

                Poi, mi sembri un po’ schizofrenico! 😉

                Cioè, da un lato sei l’amante dei paesi pugliesi dove non ci si capisce girato l’angolo 😉
                (esagero per scherzare; comunque io vengo dalla regione unificata dalla Via Emilia, è uno scenario molto diverso da questo punto di vista);

                dall’altro sei l’esaltatore dell’automobile.

                Ma è proprio quella che ha fatto sparire il dialetto di Vattelapesca, non Soros o i Rothschild!

                (peraltro, quest’immagine degli ebrei “apolidi internazionali” non rende giustizia delle infinite varietà vernacolari degli ebrei stessi; qua c’erano tre cittadine vicine, tre comunità diverse per rito…)

                Ora, le cose cambiano: è perfettamente normale. Vivi a Vattelapesca, il lavoro ce l’hai a Diecichilometripiùinlà, l’università l’hai fatta DovemorìCristo, la morosa viene da Chissiricorda, ami la cucina vietnamita, il football americano e la musica uigura…

                la mia risposta è: embè? è normale!

              • PinoMamet scrive:

                A proposito di misteriosi ebrei che vogliono dominare il mondo 😉

                visto che un frequentatore del blog di cui non dirò il nome si è fatto una foto di FB che lo candida al casting di Gomorra 😉
                (dai, si scherza!)

                scopro, da amica israeliana in visita, che lei si guarda tutte le puntate di Gomorra! con i sottotitoli in ebraico!!
                (chi li tradurrà??)
                e le piace parecchio 🙂

              • habsburgicus scrive:

                😀
                é bella ? 😀 stile Bar Rafaeli ? 😀

              • PinoMamet scrive:

                😀
                è carina ma totalmente diversa da Bar Rafaeli!

              • Peucezio scrive:

                Pino,
                “però ti assicuro che ci sono ebrei di nascita e di stirpe fin quando possono ricordarsi, che sono lo stesso persone squisite, e non barare perché ne conosci anche tu ”

                Non ne ho mai dubitato.
                Anche perché, come hai detto tu stesso, ne ho conosciuti anch’io (così come ne ho conosciuto di detestabili).

                Sull’automobile,
                eheh 🙂 in effetti non hai torto.
                Diciamo che vale un po’ lo stesso discorso che faccio per il telefonino: visto che lo spazio delle interazioni si è espanso e che una volta un individuo in una comunità concentrata in pochissimo spazio trovava tutto il suo universo relazionale e i suoi stimoli, mentre oggi ci farebbe la morte civile, l’automobile ha una preziosissima e insostituibile funzione compensativa (poi ci sono i casi particolari come Miguel, che
                1) vive vicino al centro città e può arrivare a piedi al Duomo,
                2) è una persona del tutto fuori dal comune per capacità empatica e facilità nel creare relazioni).
                Poi da lì io ci gioco e faccio dell’estetica futurista.
                D’altronde è interessante ‘sta cosa: ho presente almeno un paio di amanti del passato e dell’Italia contadina che hanno il culto dell’automobile (anche più di me), in particolare sportiva.
                Uno è un mio amico, un intellettuale autorevole nel suo ambito, l’altro è nientemeno che Pierpaolo Pasolini, che pare amasse molto le macchine sportive.

    • habsburgicus scrive:

      Tra i miei vari cnoscenti di FB ce n’è uno che è fascista.

      io ho fra le amicizie due-tre donne di dx di Latina e Roma..quasi certamente il tipo cui ti riferisci sarà uno dei loro contatti..e visto che frequento abbastanza le bacheche di queste donne, è probabile o quantomeno possibile che sia qualcuno che ho già casualmente “incontrato” :D..specialmente se é fra i tipi dal commento facile

  17. Moi scrive:

    @ PEUCEZIO

    Forse sottovaluti la Sindrome del Pellerossa negli Stati Uniti … loro NON ebbero l’opportunità di poter tirare un siluro alla Mayflower !

  18. Moi scrive:

    Cmq, premesso che la “razza” NON ha la scientificità pretesa fino agli Anni ’30 … è curioso come quell’ aspetto “Bianco” (con aggravante 😉 Norreno) aborrito dalla Cultura Bene nel nome della Diversità e delle Minoranze … sia proprio quanto più di geneticamente recessivo si possa ottenere !

    Poi magari lo stesso intellettualume , che è anche AntiSpecista … vuole invece il Cihuahuino o lo Yorkshirino di razza purissima (!) da tenere in braccio sul divano del Salotto ” Bbene ” ! … O pur non avendo (giustamente !) alcun pregiudizio per “razza” … ne ha invece a non finire per “segno zodiacale + ascendente” (che è la Religione Ufficiale delle Riviste Femminili … e il Maschietto che NON ci crede è “Misssogggeno” di conseguentezza 🙂 !) !

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Moi

      “Poi magari lo stesso intellettualume , che è anche AntiSpecista”

      Almeno a Firenze, direi di no.

      L’antifascismo è una cosa abbastanza da militanti duri di una certa età, e l’adesione passiva all’antifascismo è da politici navigati. Gli “antispecisti” e gli “zodiachisti” sono di tutte le tendenze politiche (e spesso anche di destra).

  19. Miguel Martinez scrive:

    Per Moi

    Delitti inglesi – arrestati giovane custode di una chiesa e un prestigiatore per l’omicidio di due insegnanti in pensione:

    http://www.telegraph.co.uk/news/2018/01/16/churchwarden-magician-arrested-suspicion-murdering-defrauding/

  20. mirkhond scrive:

    “Roma era un villaggio di pastori e ha conquistato il mondo. Se si fosse messa a dire: adesso federiamoci con i latini, così non ci facciamo la guerra uno con l’altro e ci potenziamo, poi facciamo lo stesso con sabini, umbri, sanniti, tribù sabelliche per difenderci dai Galli, dialoghiamo, facciamo uno spazio comune, ecc. ecc. a quest’ora la civiltà latina non esisterebbe.”

    Inizialmente Roma ebbe un carattere federalista verso gli affini Latini, e poi con la conquista dell’intera penisola italica a sud dell’Arno e del Rubicone, anche con i popoli italici.
    Solo che era un federalismo con molti limiti e vantaggi soprattutto per Roma stessa.
    Dopo la Guerra Sociale (dei Socii cioé Alleati per modo di dire) del 91-88 a.C., tale limitato federalismo venne a cessare con l’estensione della cittadinanza romana a tutti gli Italici liberi.

    • Peucezio scrive:

      Appunto.
      Era il federalismo del vincitore, del più forte, era una forma di egemonia, come la Nato, che in teoria è un’organizzazione paritaria, in realtà esprime l’imperialismo americano e la sottomissione ad esso delle nazioni europee.

    • habsburgicus scrive:

      diciamo un federalismo asimmetrico
      all’inizio però, e qui Mirkhond ha non solo ragione ma straragione, vi era un federalismo puro, di cui sappiamo poco perché le fonti sono inquinate e tarde
      il foedus Cassianum con i Latini nel 493 a.C é un patto fra eguali ed in origine, nonostante le elucubrazioni, le vanterie e forse anche le falsificazioni trionfalistiche dell’annalistica posteriore, Roma deve essere solo stata una fra le tante, non l’ultima (voglio concederlo), delle molteplici città latine (il grande Beloch lo riteneva addirittura del IV secolo a.C, forse dei 370′..oggi pochi sarebbero così radicali; ma la storia romana del V secolo a.C, vale a dire all’ingrosso il primo secolo di Repubblica, é soggetta a molte, molte riserve..oggi pochi direbbero “tutte corbellerie” come ai tempi del Pais, ma si ha l’impressione che noi della Roma pre-incendio gallico cioé pre-390 a.C varroniano sappiamo praticamente nulla..e quel che é peggio, da alcune sue ammissioni, si ha l’impressione che ne sapesse poco di più lo stesso Livio 😀 che purtroppo non utilizzò una fonte disponibile ai suoi tempi e non più ai nostri, cioé la ricca messe epigrafica ai suoi giorni ancora in buona parte esistente, nonostante le distruzioni di Silla, tanto che cita alcuni trattati come fece anche Dionigi di Alicarnasso..vero che già Polibio diceva che i pontefici del suo tempo, e siamo a metà II secolo a .C !, non sapevano capire bene il primo trattato con Cartagine che lui datava al 509 a.C, cioé primo anno di Repubblica sotto il consolato quasi-fantasma di M. Horatius che nella vulgata é un “misero” suffectus salvo ricomparire nel 507 a.C, contro molti moderni, ma insomma..qualche dotto, pensiamo a Varrone o a un suo discepolo, in grado di decifrare il latino arcaicissimo e spaventoso del V e IV secolo a.C-forse solo l’inglese cambiò così tanto come il latino in così poco tempo, nel tardo Medioevo-ci sarà pure stato !)
      idem il foedus Hernicum del 486 a.C
      quindi Roma, all’inizio, fece proprio quello che sopra si dice non avere fatto !

      • habsburgicus scrive:

        diciamo che Roma passò dal federalismo vero del V secolo a.C
        allo pseudo-federalismo stile NATO nella seconda metà del IV secolo a.C
        con i Larini possiamo fissare le date
        dal 338 a.C Roma é in rapporti con i Latini come gli USA con gli altri paesi NATO (solo più intelligentemente), dopo la drammatica rivolta latina del 340-38 a.C, contro le prime mire egemoniche di Roma che si manifestano a metà IV secolo a.C e nei 340′
        prima del 390 a.C Roma é una delle tante (federalismo puro, con semplice primato d’onore, diremmo per usare il linguaggio dei foziani, dal poco che le fonti lasciano trasparire)
        fra 390 e 338 a.C, il caos

        • habsburgicus scrive:

          con gli Italici, che Roma inizia a dominare da 2° metà IV secolo a.C in poi (escludo gli Ernici assimilabili politicamente ai Latini, pur se sabellici di lingua, a quanto apre), Roma fu dall’inizio in stile-NATO, cioé offrì solo foedera iniqua 😀 con vari gradi di iniquitas..rarissimi casi di foedera aequa, sempre motivati dalle contingenze politiche, come con Heraclea nel 280 a.C (Pirro !) sono così rari che le rare fonti ci hanno tramandato lo stupore dei cronisti !
          ed Heraclea, come i genere le città greche del Sud, era così contenta che non voleva la cittadinanza dopo il 90 a.C..ma dovette sorbirsela !
          Roma locuta, causa soluta..come si dirà per un’altra Roma, a suo modo erede della Roma antica !

  21. Moi scrive:

    Torniamo alla “Razza Bianca” secondo Attilio Fontana :

    ROUND 2 😉

    AF ricorda che la parola “razza” c’è anche scritta (!) nella Costituzione Più Bella del Mondo Nata dalla Resistenza … ed è vero. MA , tanto per capirci subito, quella parola funge da Sentinella Storica VS il Razzismo (!) Storico.

    ROUND 3 🙂

    Paradossalmente, sono saltati fuori degli Psico-USAni 🙂 che vorrebbero rimuovere la parola “razza” dalla suddetta Co-Sti-Tu-Zio-Ne … nonostante il ruolo che ha nel testo.

    • Moi scrive:

      Attilio Fontana colpisce ancora. “La Costituzione parla di razze, allora dovrebbero cambiarla”

      http://www.huffingtonpost.it/2018/01/16/attilio-fontana-colpisce-ancora-la-costituzione-parla-di-razze-allora-dovrebbero-cambiarla_a_23334583/

      lui provoca …

      • Moi scrive:

        Aiutaci ad abrogare il termine “razza” dalla Costituzione Italiana
        Edizioni Altravista lancia una petizione per modificare il termine “razza” dall’articolo 3 della Costituzione Italiana

        https://www.informazione.it/c/5A6686CB-C39A-464A-A074-25A6F810458D/Aiutaci-ad-abrogare-il-termine-razza-dalla-Costituzione-Italiana

        … loro lo prendono sul serio !

        • Moi scrive:

          http://www.globalist.it/politics/articolo/2018/01/16/la-costituzione-parla-di-razza-certo-c-erano-state-le-criminali-leggi-razziali-2017900.html

          La Costituzione parla di razza? Certo: c’erano state le criminali leggi razziali
          I fascisti moderni cercano nella Carta la legittimazione del razzismo. Ma è vero l’esatto contrario. Cercano di negare la storia

          • Moi scrive:

            http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2018/01/17/costituzione-parla-razza-non-razzista_6ZKEGKTYWv4wG4EL6t5pEN.html

            “Avviso agli Studenti di Diritto Costituzionale. Chiunque avesse scritto sulla propria bacheca la frase ‘anche la Costituzione è razzista, perché parla di razze’ – o altre aberrazioni simili – è pregato di recarsi in pellegrinaggio a pregare sulla tomba di Piero Calamandrei, autofustigandosi con un mazzo di ortiche e ripetendo fino alla nausea la frase

            ‘io non sono degno di studiare il diritto'”.

            A spiegare con la consueta ironia cosa intende la Carta con ‘razza’ è il prof. Guido Saraceni

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Moi

            “La Costituzione parla di razza?”

            A parte il tono sopra le righe, l’obiezione mi pare che non sia infondata.

            Cioè è ovvio che lo scopo benemerito della Costituzione è impedire discriminazioni, ma non si capisce bene quale sia il criterio oggettivo per definire quelle “razziali”.

            Se io dico, “no, non ti assumo perché sei una donna”, discrimino.

            Se io dico, “No, non ti assumo perché voti per Casa Pound”, discrimino.

            Se io dico, “No, non ti assumo perché sei un Dinarico Dolicocefalo”, discrimino presumibilmente.

            Fin qui, tutto chiaro.

            Ma se io dico, “non ti assumo perché sei eschimese”, cosa vuol dire? Non è un’opinione, non è un sesso, ecc.

            L’eschimese mi denuncia, io dico, “sì, mi rifiuto di assumerlo perché è eschimese, allora?”, penso che stia all’accusa dimostrare che esiste la “razza” eschimese.

            • Z. scrive:

              Beh, no, non direi. Che la “razza eschimese” esista o meno, tu hai discriminato un candidato sulla sola base della sua origine etnica o culturale.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Z

                ” origine etnica o culturale.”

                Ma nella Costituzione c’è scritto un divieto di discriminazione in base a “origine etnica o culturale”?

                Chiaramente lo scopo è più o meno quello di impedire una discriminazione in base a “origine etnica o culturale”, ma quantomeno è formulato male.

              • Roberto scrive:

                Basta leggere la riga sopra che dice “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge” per capire che un eventuale italiano di origine eschimese non potrebbe essere discriminato….

                Tutto il resto sono sofismi da azzeccagarbugli (non mi riferisco all’interpretazione dell’articolo 3, per esempio al problema “cosa vuol dire cittadini”, “cosa vuol dire uguaglianza”, ma alla polemica stupida, inutile, fastidiosa, ignorante, opportunista, sulla razza)

              • Miguel Martinez scrive:

                Per roberto

                “Basta leggere la riga sopra che dice “tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge” per capire che un eventuale italiano di origine eschimese non potrebbe essere discriminato….”

                Infatti, proprio per quello non si capisce bene cosa significhi “razza”. Poi mi interessa poco se il termine rimane o viene magari modernizzato.

              • Roberto scrive:

                Una volta che hai ricevuto il primo messaggio (tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge) a cosa ti serve sapere cosa vuol dire “razza”?

              • habsburgicus scrive:

                Ma nella Costituzione c’è scritto un divieto di discriminazione in base a “origine etnica o culturale”?

                Miguel, stavolta ha ragione Z
                il senso è quello
                non è scritto così, perché all’epoca si usava DA TUTTI incluse nelle sezioni del PCI, la ora aborrita R-word, ma la si utilizzava, di norma (tranne i pazzoidi eliminati politicamente e per sempre nel 1945), appunto nel senso di “etnia”, “cultura un po’ differente, “aspetto fisico diverso dalla media degli autoctoni”…bon

              • Francesco scrive:

                Beh, diciamo che per negare che esista la razza “negra” c’è bisogno di non aver mai visto una partita di basket o di una laurea in biologia.

                Si fa prima a dire “non discriminate i negri” che a spiegare che le razze non ci sono per davvero.

                Il bello, se posso dirlo, è che non esiste una definizione di una cosa che pare evidente come “noi”. E si finisce in assurdità tipo “razza bianca” dette da leghisti, il cui amore per slavi e rom è ben noto.

              • Peucezio scrive:

                Quindi o si deve pensare che l’umanità degli anni ’40, non essendo stata ancora redenta dal verbo politicamente corretto e dalla polizia del linguaggio era intrinsecmante malvaga e reproba, al netto della buona fede dei singoli, e che quindi solo dagli anni ’70 è arrivata la redenzione universale, per cui dobbiamo correggere la costituzione per emendarla dalle tare razziste, oppure applicare un po’ di buon senso e ritenere che le parole non sono crimini, ammenoché non sono istigazioni esplicite a commetterli.

                Per inciso, oggi il problema sono proprio le parole, non le cose, per questo la costituzione è colpevole, al di là delle intenzioni.
                Oggi non ci si scaglia contro quello che dice “!voglio uccidere tutti gli omosessuali”: è una tale mostruosità che non viene nemmeno contemplata: nessuno lo dice e semmai qualcuno lo dicesse, penserebbero che parla per paradosso, per scherzo, per denunciare l’epoca in cui avveniva veramente (se mai è esistita).
                Oggi il crimine è dire: “i finocchi in fondo sono brave persone anche loro”.

              • Francesco scrive:

                Peucezio, questa è la scoperta dell’acqua calda

                se io dico “voglio favorire l’immigrazione di persone con competenze utili allo sviluppo dell’economia” sono un figo

                se dico “perchè prendiamo gente da questi posti di merda?” sono uno schifoso razzista

                eppure la cosa in sè è esattamente la stessa

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “eppure la cosa in sè è esattamente la stessa”

                Infatti: prendi un paese con problemi, fagli pagare per vent’anni l’istruzione dei giovani, e poi portati via tutti quelli bravi, lasciando sul posto le capre.

                Ci sono paesi interi in Africa senza medici, perché sono tutti emigrati altrove.

              • Peucezio scrive:

                L’acqua calda un corno!
                Non è normale che le parole siano diventate più gravi dei fatti, per cui possiamo lasciare interi continenti nell’indigenza, sbattere i negri americani a vagonate nelle carceri, però guai a dire “negro”.

                Una volta se dicevi a uno “vaffanculo” s’incazzava, ma se lo prendevi a pugni, s’incazzava ancora di più e se lo accoltellavi magari i parenti ti facevano la buccia.
                Oggi anche in questo siamo al mondo alla rovescia.

              • Francesco scrive:

                Ah, OK, è una roba assurda, sono d’accordo.

                Volevo solo dire che va avanti da un bel pezzo.

                Ciao

  22. Peucezio scrive:

    In ogni caso parliamo dello stesso popolo, che parlava la stessa lingua.
    Che le città-stato si federino ci sta in pieno.
    Ma le nazioni europee non sono città stato, perbacco!

    • Mauricius Tarvisii scrive:

      Ma il problema eventualmente dove starebbe?
      Perché io capisco il giudizio di fattibilità, ma mi pare che voi parliate di opportunità.

      • Peucezio scrive:

        E’ la stessa cosa o quantomeno sono strettamente connesse.

        Se mi si dice: “ora ti fabbrico un ponte di ghiaccio su un fiume all’Equatore”, io so benissimo che o non ci riuscirà nemmeno, o se anche riesce a farlo, si squaglierà prima ancora che ci passi qualcuno o, peggio, mentre ci stanno passando i primi, che cascheranno nel fiume con loro danno.
        Quindi è doppiamente dannoso:
        1) è stato fatto al posto di un ponte in cemento, che avrebbe consentito il passaggio del fiume che ora è impedito,
        2) della gente si è fatta male.
        Poi alla fine si dovrà pur costruire il ponte in cemento, ma nel frattempo si sarà perso tempo, soldi (per i mancati vantaggi commerciali e turistici del passaggio del fiume; per pagare gli operai che hanno fatto il ponte di ghiaccio, il trasporto di quest’ultimo, ecc.) e della gente sarà caduta rovinosamente.

    • Francesco scrive:

      Peucezio, ne sei sicuro? prendi le prime 15 nazioni europee per popolazione e le prime 15 città del mondo per popolazione. Scommettiamo che nella top 10 ci sono altrettanti sindaci che primi ministri?

      😀

      • Peucezio scrive:

        Io veramente parlavo di città-stato latine, greche, volendo etrusche, sumere…
        Ognuna di esse non era un popolo, ma formava un popolo.
        E comunque alla fine è stata sempre l’egemonia forte di una che ha costituito entità politiche e militari durature.

        • Francesco scrive:

          prendi la Grecia antica: incapace Atene di sottometterla, incapace di unirsi, è stata pappata dai Macedoni ed è sparita dalla Storia

          non credo che noi europei vogliamo fare la stessa fine, giusto?

          • Peucezio scrive:

            Appunto.
            Non c’è stata un’entità sufficientemente forte a imporre la sua egemonia e quindi l’unica strada rimasta è stata federarsi. Siccome è una cosa che non funziona, è una costruzione artificiale, perché fra pari si litiga e ci si ostacola e comunque non si conclude niente (perché più attori ci sono in ballo, meno si decide), non ha funzionato ed è finita come è finita.

            Noi europei (parla per te 😛 ) non vogliamo fare la stessa fine? E’ esattamente la fine che faremo invece.
            Perché abbiamo perso i treni di quando hanno cercato di unificarci popoli veri: Napoleone (che a me non sta simpaticissimo, ma comunque fu un tentativo vero), Hitler.
            Ecco, se tutti ‘sti imbecilli europeisti buonisti avessero un po’ di buon senso, non si compiacerebbero della sconfitta dell’ultimo che unificò l’Europa sul serio.
            Ora secondo me siamo fuori tempo massimo: siamo troppo imbelli e intrisi di umanitarismo buonista e pacifista per contare più qualcosa.
            Per questo bisogna guardare fuori dall’Europa.
            Un paese europeo che volesse contare qualcosa, dovrebbe cercare di legarsi a un attore geopolitico esterno forte. Il futuro d’altronde non è certo dell’Europa, ma è ancora in parte degli Stati Uniti e, in prospettiva, sempre di più delle potenze asiatiche (Russia, ma soprattutto Cina, India, ecc.).
            L’Europa è un cadavere putrescente da cui bisogna separare i propri destini per non morire di setticemia.

            • PinoMamet scrive:

              “Ecco, se tutti ‘sti imbecilli europeisti buonisti avessero un po’ di buon senso, non si compiacerebbero della sconfitta dell’ultimo che unificò l’Europa sul serio.”

              Boom!

              Dai su, Peucè, ci sono un paio di buoni motivi per cui Hitler non stia nella lista dei buoni 😉

              • Miguel Martinez scrive:

                Per PinoMamet

                “Dai su, Peucè, ci sono un paio di buoni motivi per cui Hitler non stia nella lista dei buoni ?”

                Ma come tutte le riflessioni poco ortodosse, è interessante.

                Mettiamo da parte un attimo le questioni dei “buoni” e dei “cattivi”.

                Ci sono diverse domande interessanti:

                1) quando è che l’Europa ha perso il proprio ruolo egemonico nel mondo? Per Peucezio è il 1945, per me è il 1914, e cambiano molte cose secondo la risposta che si dà. Entrambi ovviamente possiamo sbagliare.

                2) Esiste un meccanismo per cui l’Europa, per essere tale, debba essere sotto l’egemonia tedesca? Lasciando perdere ogni questione di razze o dittature o affini, qual è la differenza tra Hitler e la Merkel, solo da questo punto di vista e senza giudizi?

                3) Ha senso un’Europa unita?

                4) E da quale punto di vista possiamo rispondere alla domanda 3, ad esempio dall’Oltrarno?

              • PinoMamet scrive:

                Hmmm

                1) non ne ho idea; immagino con la Prima Guerra Mondiale (l’entrata in guerra degli USA è stata trascurabile militarmente- ma non ditelo a Francesco 😉 – ma pesantissima sul piano economico, segnando la fine del sogno del dominio universale europeo)

                2) no, secondo me non esiste un meccanismo per cui l’Europa debba essere dominata dai tedeschi, e infatti questo dominio non si è mai avverato, perlomeno dai tempi di Barbarossa;

                3) mmmm ha senso come tutte le unioni;
                l’Europa è un po’ come l’Italia del Quattrocento, la divisione le crea un sacco di concorrenza, e quindi di vitalità e ricchezza, ma anche di debolezza politica verso l’esterno;

                4) secondo me per l’Oltrarno è indifferente

              • Francesco scrive:

                1) l’Europa ha perso la propria egemonia nel 1776, nel 1823, nel 1905, un pezzetto alla volta. Infine nel 1916, quando la Grande Guerra ebbe l’esito deciso dall’intervento di una potenza esterna, e nel 1919, quando solo l’Impero Britannico mostrò di riuscire a sopportare lo sforzo bellico.
                2) Nel 1945 si certificò solo quanto già successo, per me vale poco più della metà anni ’60 con la fine degli imperi coloniali. Interessante come l’Europa risorgesse negli anni ’50 e ’60 con i politici democristiani e le comunità economiche, indicando l’UNICA strada aperta per il futuro. Allora si sarebbe stati in tempo.
                3) La Germania è la prima potenza demografica, economica e tecnologica d’Europa. Ne è il NATURALE centro di gravità, con le usuali tentazioni egemoniche.
                4) L’Europa Unita non credo abbia più senso: un cattolico moderato come me non vuole vivere nello stesso Stato laicista e inumano che è la Costituzione Naturale di inglesi, francesi, spagnoli. Figurati il 90% della popolazione che è più estremista. E l’Europa Laicista è uno zombie, come mostra la sua insipienza in materia di immigrazione o di politica estera, non sono un’alternativa demoniaca ma funzionante a noi clericali.
                5) Non so, da quello che dici l’Oltrarno è un morto che cammina, in attesa del colpo di grazia, un po’ come l’Impero romano nella seconda metà del quinto secolo.

                Ciao

              • Francesco scrive:

                SE Pino ha ragione (e non credo) togliete pure il 1916 e lasciate il 1919

                😀

              • PinoMamet scrive:

                Beh, leggo che gli Stati Uniti reclutarono per la I guerra 4 milioni di uomini (l’Italia, da sola, 5 milioni e mezzo), a partire dal 1917;
                di questi, nel 1918, ne arrivarono in Europa 2 milioni, metà dei quali fu impiegata sul fronte.

                Insomma, la maggior parte dei soldati americani, come nel romanzo di Steinbeck, passò la guerra marciando lungo le rive dell’Oregon..

              • PinoMamet scrive:

                “un cattolico moderato come me non vuole vivere nello stesso Stato laicista e inumano che è la Costituzione Naturale di inglesi, francesi, spagnoli.”

                Francesco, tu non sei un cattolico moderato:
                tu sei un cattolico estremista, politicamente
                (religiosamente, immagino siano estremisti quelli che Mauricius chiama “messinlatinisti”)
                cioè vuoi un predominio, o perlomeno un indirizzo cattolico nella politica.

                La maggioranza della popolazione italiana, all’esatto opposto di quello che dici tu, se ne strafrega:

                gli va benissimo il divorzio, l’aborto e sostanzialmente anche l’eutanasia, ha una varietà di idee sulle gravidanze “alternative”, e si divide in pro- e contro- matrimonio gay non sulla base esclusivamente della simpatia o antipatia per i froci, e non certo per quello che dice nel suo discorso quel bizzarro signore detto “prete” che tocca convocare (sempre meno peraltro) per celebrare il matrimonio in una bella location, o perché nonna che è morta “poverina ci teneva”.

                Non direi che il tuo parere, rispetabilissimo, di cattolico convinto, sia rappresentativo della popolazione italiana, che infatti se dici “Europa” pensa al cambio lire-euro, non alla Costituzione o alla bioetica…

              • Peucezio scrive:

                Miguel,
                no, in realtà anch’io penso che l’abbia persa con la I Guerra Mondiale.
                Al massimo Hitler avrebbe potuto recuperarla, se non avesse fatto alcuni errori madornali (ma il fatto che li abbia fatit d’altronde è sintomatico che in Europa non si avesse più coscienza piena di come ormai funzionasse il gioco e non ci fossero persone capaci di gestirlo in modo vincente).
                Resta il fatto appunto che fu l’ultima volta che l’Europa fu davvero unita.

              • roberto scrive:

                peucezio

                “Resta il fatto appunto che fu l’ultima volta che l’Europa fu davvero unita”

                parli dell’europa hitleriana?
                perché in questo caso
                ho qualche difficoltà con la nozione di “unita”.

                carrarmati in giro, popolazioni terrorizzate sotto le bombe, guerriglia partigiani-occupanti non coincidono con quello che io intendo per “unità”

              • Peucezio scrive:

                Beh, in genere con unità si intende l’unità politica e militare. Il resto viene di conseguenza e poi si stabilizza.

                Sta’ tranquillo che se Hitler avesse vinto, i partigiani sarebbero spariti immediatamente e tutti gli europei, tranne qualche intellettuale utopista solitario, si sarebbero sentiti nazionalsocialisti e felici cittadini del Reich europeo.

                E comunque, se anche così non fosse stato, l’unità ci sarebbe stata: poi ogni aggregazione politica può avere un maggiore o minore grado di consenso.

              • Francesco scrive:

                Pino

                io sono un moderato in generale, conscio della complessità dei problemi e della necessità di compromessi.

                il 90% di italiani a cui penso non lo è perchè su almeno una cosa si impunta alla cavolo – gli immigrati, la Costituzione, il sovranismo, i sindacati, l’odio contro l’America, l’ecologia, la pensione, il posto fisso, … – e manda tutto in vacca

            • Z. scrive:

              Quindi la vera bazza era diventare sudditi di zio Adolfo, e magari aiutarlo a far arrivare in orario i treni (per la Polonia)?

              Boh, a volte fai dei discorsi che non capisco, Peucè.

          • Peucezio scrive:

            Quindi il problema è duplice:
            c’è un dato universale (le aggregazioni a tavolino, senza un elemento aggregatore forte ed egemonico, non funzionano), ma c’è anche un dato specifico: l’Europa ha esaurito da un pezzo la sua parabola storica, non ha futuro: unire tante debolezze significa ottenere la debolezza all’ennesima potenza, anche perché sono debolezze attive, convinte, ideologiche.
            Solo se ogni nazione europea si legasse a un attore geopolitico esterno forte, porebbe contare qualcosa singolarmente, anche perché l’influenza geopolitica alla lunga è anche culturale e quindi tale attore trasmetterebbe o imporrebbe una visione del mondo non più occidentale e debolista.
            Finora, negli ultimi decenni, l’Europa è stata la fucina di tutte le idee decadenti e degenerescenti: la sua marginalizzazione e il suo smembramento e il suo assoggettamento politico e culturale ad attori esterni sarebbe un bene anche per il resto del mondo, che sarebbe preservato dall’infezione.
            E se ci giochaimo l’Europa, che è uno sputo sull’Orbe terraqueo, poco male. Ma se ci giochiamo il mondo, siamo fottuti, perché non ne abbiamo altri. Quindi l’Europa è un cancro che va estirpato in tempo dalla faccia della terra.

            • Francesco scrive:

              Sai che invece il modello economico tedesco mi pare uno dei migliori in assoluto, il frutto migliore della socialdemocrazia e della dottrina sociale cattolica?

              Ci farei un pensierino, prima di buttarlo via.

              Hai però ragione quando noti che in positivo l’Europa non ha una bandiera intorno a cui radunarsi, la paura non basta.

              • Peucezio scrive:

                Infatti il problema non è il modello economico, ma quello culturale.
                E quello militare ne è una conseguenza: non difendi un sistema economico buono senza la forza.
                E i tedeschi non hanno la bomba atomica. Quindi non contano un cazzo. E Kim Jong Un l’ha capito. Cioè lui dice: se tu hai il campo di grano, il mulino e il forno, ma io ho la pistola, vengo e ti rubo il pane.
                Quello che non ha capito è che è bene comunque avere campo, mulino e forno, perché qualche volta può succedere che arriva un pistolero più bravo e allora rimani senza niente, mente con quelle cose rimani senza pane, ma dopo ne fai dell’altro, per cui ci vogliono entrambe le cose: economia e forza militare.

              • Francesco scrive:

                Peceuzio

                i tedeschi per difendere con la forza il loro modello sono diventati invisi a tutti e sono stati distrutti di brutto

                per questo hanno deciso di soprassedere, finora, alla parte militare e usare solo l’economia e un pò di politica

                peccato che anche la loro cultura se la siano persa per strada (e non credo c’entri l’analfabeta coi baffetti buffi)

  23. Moi scrive:

    Cmq Sguanci e Fontana diventano molto più interessanti se “visti insieme” , come proverbiali due facce della stessa medaglia del PassatoCheNONPassa … e che soprattutto in Campagna Elettorale non passa mai di moda !

    • Francesco scrive:

      Moi, mi sentirei di escludere che Fontana stesse facendo riferimento al Ventennio. Era più una ribaccia alla Salvini contro gli immigrati.

      L’altro, invece, era più in linea col neo-fascismo, grande propugnatore della tesi “quando c’era lui”. A cui si deve rispondere con la storia del Gaslini di Genova (grazie ADV).

  24. Francesco scrive:

    x Pecuezio

    Questa volta scelgo qualche punto, per limitare la logorrea …
    >> Cacchio, ogni risposta meriterebbe una controrisposta articolata, ma non la finiremmo più…
    Avessimo molto di meglio da fare sarebbe un problema ma non è il mio caso 😀
    >> Non vedo oggi quale frangente geopolitico minacci di farci diventare razzisti biologici con tanto di misurazioni craniometriche, ecc.
    Quelli sono dettagli, il problema è porre in modo idiota – cioè razzista all’ingrosso – il tema della integrazione e assimilazione di inevitabili masse di stranieri. Troppo giovani, forti, poveri per essere tenuti fuori. Se riconosci questo, puoi portarli dentro all’americana o creare mille tumori nel corpo sociale, alla francese o alla svedese.
    >> Sugli stati europei che hanno bisogno di unirsi per contare qualcosa, questa secondo me è una mistificazione siderale.
    Roma era un villaggio di pastori e ha conquistato il mondo.

    Vero ma non era circondata da imperi uniti, forti, popolosi, giovani. Al massimo ha trovato dei pari nei Cartaginesi o nei Persiani. Guarda cosa circonda l’Europa nel mondo oggi, che col progresso il mondo è il campo di gioco.
    Idem tutti gli altri imperi: l’America anglosassone ha prima avuto uno smisurato vantaggio demografico sui rivali francesi e spagnoli, poi spazio libero dal Canada al Rio Grande. I russi hanno affrontato tribù tartare e roba del genere. La Cina ha sempre avuto più cinesi di qualsiasi avversario.

    >> Inoltre non ho mai capito perché le unioni si devono fare su base continentale, cioè geografica, laddove i confini e le faglie geopolitiche sono tutt’altre. E anche le comunanze storiche, etniche e culturali. Su che base quindi si deve scegliere proprio l’Europa
    Sulla base della cultura europea occidentale. Non fare come il Duca quando nega l’esistenza dell’Italia. L’Europa è mille volte più forte del Mediterraneo, Berlino è più vicina di Buenos Aires e di New York e di Mosca perché lo è stata per secoli e secoli. Solo oggi l’Atlantico è diventato stretto ma basta sentir parlare Papa Francesco per capire che viene da un altro mondo. Certo, se l’Europa del futuro fosse quella a cui pensa la Bonino, siamo fottuti. Ma da soli siamo fottuti lo stesso. Se non combattiamo e vinciamo una guerra culturale europea contro la Bonino, la Cirinnà, Zapatero et similia credo che non avremo speranze e ci estingueremo culturalmente molto in fretta – tradotto non ci sarà più neppure la De Filippi, sai che perdita.
    >>> Non ti chiedi come mai, quando gli europei si scannavano in guerre continue fra loro, l’Europa aveva l’egemonia mondiale, mentre oggi, che siamo tutti amici, facciamo l’Erasmus, ecc., non contiamo più un beato cazzo e siamo sbertucciati da tutti?

    Perché allora la demografia e la tecnologia erano diverse. Oggi ci sono 80 milioni di tedeschi, 1.300 milioni di cinesi, 1.300 di indiani, 300 milioni di yankees, 90 milioni di turchi, di egiziani, di persiani … con una tecnologia vicina alla nostra.

    Ciao

    • Miguel Martinez scrive:

      Per Francesco

      “Se riconosci questo, puoi portarli dentro all’americana”

      Cioè schedati per “race” (altro che Costituzione italiana), a esigere il diritto di avere contatti esclusivamente con quelli appunto della propria “race”, magari con i posti di blocco all’ingresso delle università, come va di moda adesso?

      Non mi sembra un granché.

      • Francesco scrive:

        amplia lo sguardo storico, direi che fino a poco fa gli USA hanno assorbito e immesso nel mainstream un gran numero di nazionalità

        persino gli italiani, che erano di poco superiori ai neri e in più pure papisti e maffiosi!

        😉

      • Francesco scrive:

        PS la schedatura per “race” è nata coll’emergere del razzismo contro i neri o è sempre stata “universale”? oggi mi pare frutto della cultura della positive action più che del vecchio razzismo

    • Peucezio scrive:

      Francesco,
      “Sulla base della cultura europea occidentale. Non fare come il Duca quando nega l’esistenza dell’Italia. ”

      Per carità di Dio, l’Italia c’è da sempre, ha una lingua, una religione, una storia comune, un’arte, un costume tutti molto vari ma con una caratterizzazione comune evidentissima. L’Italia c’è, c’è da Corfinio, c’è con Augusto, con Teodorico, i Longobardi, i Franchi, il Regno Italico, c’è in Dante, in Petrarca…
      L’Europa da quando è stata definita nei suoi confini? E al di là del dato geografico (e anche quello è una convenzione: un pezzo dell’Eurasia tagliato arbitrariamente) quale sarebbe questa cultura comune europea occidentale? In che consiste?

      • Francesco scrive:

        >>L’Europa da quando è stata definita nei suoi confini? E al di là del dato geografico (e anche quello è una convenzione: un pezzo dell’Eurasia tagliato arbitrariamente) quale sarebbe questa cultura comune europea occidentale? In che consiste?

        mah, ho come il sospetto che le biblioteche degli “intellettuali” europei siano molto simili da tutto il Medioevo, quando i monaci facevano migliaia di kilometri per fondare monasteri, istruire re, convertire popoli, istigare crociate da un capo all’altro dell’Europa.

        parlando prima latino, poi francese, poi tedesco o inglese, nel passare dei secoli e secoli

        magari storpiando Descartes in Cartesio e in Delle Carte ma sempre leggendo e litigando sulla sua filosofia, per fare il primo caso che mi viene in mente

        ciao

    • Peucezio scrive:

      Francesco,
      ecco, io credo che l’Italia, unica vera nostra nazione, sia minacciata dai due fronti del regionalismo alla Mirkhond e dell’europeismo corrente, che cospirano da due parti opposte allo stesso scopo.

      Su Bergoglio:
      diverso?? Uno che ripete ossessivamente le fissazioni buoniste di moda oggi semmai dimostra quando l’Argentina sia occidentale, non certo quanto è diverso da un europeo.

    • Peucezio scrive:

      Infine,
      veramente Roma quando ha affrontato le prime volte i Cartaginesi era una pulce.
      Se l’Italia detassasse seriamente (e togliesse mille altri lacciuoli) in modo da far rinascere l’economia, restasse attrattiva per le grandi menti portate alla ricerca che invece esportiamo e nello stesso tempo fosse animata da un sentimento nazionale aggressivo forte, saremmo una potenza economica che, con le menti che abbiamo, sarebbe in grado di finanziare una teconologia e dei mezzi militari tali da essere forse persino all’altezza della Russia: avremmo sia le teste che i soldi.

      Tu mi dirai: ma è utoipico pensare che l’italiano del 2018 diventi una specie di nazionalista aggressivo che profonde tutti i suoi talenti nel trasformare l’Italia in una superpotenza militare, geopolitica ed economica.
      Verissimo.
      Ma qui mi stiamo analizzando le cause del problema e i possibili rimedi.
      E l’europeismo è il sintomo e a sua volta la causa di questa mentalità imbelle che ci blocca: siamo antinazionali, quindi europeisti, inoltre, essendo europeisti, diventiamo ancora meno nazionalisti.
      Forse è inevitabile? Ammesso che sia, non mi si dica che è un bene o che ci renderà grandi: l’europeismo renderà l’Europa sempre più una provincia irrilevante. E comunque, se posso dare un minimo contributo a smontare quest’ideologia e questo sentimento così distruttivo, non mi rito indietro.

  25. Francesco scrive:

    >>> No, beh, il problema è che in prospettiva il capitalismo distrugge ogni specificità.

    sai che non capisco come si possa sostenere questa tesi? le specificità “locali” entrano in crisi perchè i mezzi tecnologici rendono i contatti molto più facili

    non tutte muoiono, credo che in modo più complesso interagiscano con l’ambiente esterno e generino nuove specificità

    come accadde con Roma: portava pace, strade, commerci, il latino, un’omologazione mai vista. ma chi oggi si lamenterebbe di come è omologata l’Europa già romana? o pensa che si parli tutti latino?

    già

    • Peucezio scrive:

      Roma ha omologato i barbari, che non avevano granché da preservare.
      Non ha omologato greci e vicinorientali, culturalmente superiori.

      L’assurdo è che oggi sono i barbari a imporre la loro barbarie a noi popoli civili, cancellando la nostra cultura plurimillenaria.

      I mezzi tecnologici non ci sarebbero stati senza capitalismo.

  26. mirkhond scrive:

    “Non fare come il Duca quando nega l’esistenza dell’Italia.”

    Beh, una nazione italiana unica non è esistita fino ad un secolo e mezzo fa.
    E con notevoli differenze al suo interno.

    • Francesco scrive:

      ma una cultura italiana – e quindi una nazione italiana, divisa in molti stati – è esistita da molti secoli, nella coscienza di abitanti dello stivale e di invasori, con tutte le usuali differenze al suo interno

      sarei curioso di sapere se anche sulla sponda Sud del Mediterraneo si diceva “andiamo a saccheggiare l’Italia”, immagino che per la Sicilia ci fosse una idea diversa, dopo secoli di dominio

      ciao

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “sarei curioso di sapere se anche sulla sponda Sud del Mediterraneo si diceva “andiamo a saccheggiare l’Italia”, immagino che per la Sicilia ci fosse una idea diversa, dopo secoli di dominio”

        Credo che gli arabi (o almeno il geografo al-Idrisi) vedessero il mondo con occhi assai diversi dai nostri. Intanto lo vedevano a testa in giù (il sud sopra), ma soprattutto ragionavano in termini di “climi” (iqliim), legati all’inclinazione del Sole ai solstizi e che non corrispondevano alle nazioni; e di mari. Dove noi guardiamo la terra in mezzo, loro vedevano il Mare dei Veneziani da una parte, dall’altra il Tirreno (non mi ricordo come lo chiamavano).

        • Francesco scrive:

          siccome che la quale però alla fine andavano a saccheggiare quella roba lì in mezzo ai due mari, un nome dovevano ben avercelo, no?

          F o’ puntiglioso

          • Miguel Martinez scrive:

            Per Francesco

            ” un nome dovevano ben avercelo, no?”

            Immagino di sì: Siracusa, Otranto, ecc.

            Sicuramente esisteva il termine Siqilliyyah, ma dubito che si usasse molto Iitaalya, non sono nemmeno sicuro che sia una parola antica. Poi so che anche la Sardegna aveva un nome, ma non me lo ricordo.

            • mirkhond scrive:

              I cronisti musulmani del IX-X secolo, per indicare la Longobardia minor, dicevano La Gran Terra.

            • Peucezio scrive:

              Ma non la chiamavano “lombardia” o qualcosa del genere? Cioè terra dei longobardi?
              Come d’altra parte facevano gli stessi bizantini.

          • PinoMamet scrive:

            Leggo che Al Idrisi lavorava per Ruggero II di Sicilia, a Palermo…

            la sua mappa la trovo solo in immagini rovesciate (cioè con il nord messo sopra) e poco chiare, quindi non vedo cosa scrivesse sui vari posti…

      • mirkhond scrive:

        “ma una cultura italiana – e quindi una nazione italiana, divisa in molti stati – è esistita da molti secoli, nella coscienza di abitanti dello stivale e di invasori, con tutte le usuali differenze al suo interno”

        La Germania, l’Austria e la Svizzera tedesca parlano la stessa lingua, hanno una cultura simile, ma NON sono un’unica nazione.

        • mirkhond scrive:

          Nella coscienza identitaria dei suoi abitanti, ci si sentiva napoletani, siciliani, toscani, lombardi, piemontesi, veneti ecc.
          Le popolazioni dei vari stati e regioni italiane NON avevano affatto la coscienza di essere un’unica nazione.
          Quest’ultima è stato il prodotto dell’unificazione forzata di un secolo e mezzo fa, della scuola, della televisione che hanno in gran parte livellato le notevoli differenze tra i popoli d’Italia.

          • mirkhond scrive:

            La comune cultura italiana, era privilegio di un’elite, che, a livello culturale poteva pure sentire di appartenere ad un’area comune, ma fino al XIX secolo, non sentiva anche il bisogno di unificare i vari stati della Penisola.
            Diversamente l’unità d’Italia ci sarebbe stata molto prima……

            • Miguel Martinez scrive:

              Per mirkhond

              “La comune cultura italiana, era privilegio di un’elite, che, a livello culturale poteva pure sentire di appartenere ad un’area comune, ma fino al XIX secolo, non sentiva anche il bisogno di unificare i vari stati della Penisola.”

              Il grande Banti, che tutti dovrebbero leggere, notava come i commerci tra Stati italiani era minimo, rispetto ai commerci con l’estero. Non ho tempo adesso per andare a controllare, ma credo che il regno di Napoli avesse più commercio con gli Stati Uniti che con la Lombardia.

              Torniamo al fatto che prima della ferrovia, si viaggiava per acqua, non per terra. E questo aveva fortissime conseguenze psicologiche.

              Poi non toglie che esistesse anche una certa coscienza intellettuale dell’esistenza dell’Italia, che esplode poi con l’occupazione napoleonica.

              E Banti dimostra come questa corrente intellettuale, al contrario di quanto sostengano i marxisti, non aveva una base materiale: infatti lo studio accurato della storia economica rivela che i marxisti che pretendevano di spiegare la storia dell’unità d’Italia, semplicemente proiettavano le proprie certezze ideologiche sui dati.

              • mirkhond scrive:

                “E Banti dimostra come questa corrente intellettuale, al contrario di quanto sostengano i marxisti, non aveva una base materiale: infatti lo studio accurato della storia economica rivela che i marxisti che pretendevano di spiegare la storia dell’unità d’Italia, semplicemente proiettavano le proprie certezze ideologiche sui dati.”

                Cosa intendi per “base materiale”?

              • PinoMamet scrive:

                Soldi, suppongo 😉

            • Peucezio scrive:

              Mirkhond,
              ne abbiamo discusso mille volte,
              ma in ogni caso si sa che le identità nazionali, fino all’invenzione della scuola di massa, della radio e della televisione, sono da sempre le uniche a sviluppare sentimenti nazionali, perché il mondo del contadino abbraccia al massimo il proprio villaggio (certo non il regno napoletano, né l’Italia, né l’Europa, né nemmeno la provincia).

              Però ci sono cose implicite: l’Italia è architettonicamente molto eterogenea e varia, ma, insomma, le forme fondamentali sono quelle, c’è una sorta di aria di famiglia, che trovi in Veneto e in Sicilia e non in Germania o in Spagna.
              Inoltre la concentrazione: come mai solo in Italia accade questa cosa incredibile, che ogni sputo di paese è pieno di opere d’arte? Tutta questa è roba medievale, moderna (fino al ‘700), molto precedente all’Unità.
              Come cacchio è che appena varchi il confine, per trovare qualcosa di bello devi andare in città famose e relativamente grandi, tanto che se avessero loro sputi di paesi che non non ci cachiamo proprio, li trasformerebbero in luoghi turistici gettonatissimi?
              Questo non è un tratto condiviso? Dal Piemonte alla Sicilia?
              E queste non sono cose élitarie, sono le strutture che si dà la comunità locale, sono il segno della sua cultura, ricchezza, vivacità.

              Alla fine, stringi stringi, l’italianità sta tutta qui: è l’unico posto al mondo in cui in ogni piccolo pezzo di territorio ci sono tanti valori culturali eterogenei. Succede dappertutto qui e solo qui.
              Ti pare poco?

              • mirkhond scrive:

                Tutto vero, ma gli Italiani NON si sentivano un unico popolo.

              • Peucezio scrive:

                Ma ti ripeto, prima del nazionalismo ottocentesco, nessuno si sentiva niente, tranne le élite.
                Se a un contadino di Putignano o di Castellana avesser chiesto: “ma tu sei italiano o napoletano?”, credo che non avrebbe nemmeno capito la domanda e avrebbe risposto “sono di Putignano”, o “di Castellana”.
                Se poi gli avessero parlato del Re di Napoli avrebbe detto che si sa che c’è il Re, così come c’è il papa, c’è il nobile locale, c’è il parroco, ecc.
                Quando il re stava in Spagna e a Napoli c’era il viceré, sono convinto che per i contadini del sud non cambiasse assolutamente nulla: il re stava in un posto anziché in un altro.
                Poi c’erano questi posti lontani e leggendari: Trani (un po’ meno lontana e leggendaria) perché c’era il tribunale, Napoli e Roma, per il re appunto e il papa e pochi altri luoghi semi-mitici.

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Peucezio

                “Ma ti ripeto, prima del nazionalismo ottocentesco, nessuno si sentiva niente, tranne le élite.”

                Sì, credo anch’io.

              • Peucezio scrive:

                E’ proprio il sentimento identitario che è estraneo a quel mondo: l’identità è al massimo famigliare o municipale, perché è legata alle persone che vedi ogni giorno in casa o in piazza. Tutto il resto è astratto e quindi irrilevante.

              • PinoMamet scrive:

                Mi aggiungo anch’io alla lista di chi è convinto che pochissimi si “sentissero” qualcosa.

                Penso al paesino di- ahimè scomparsa-lingua albanese nel piacentino:
                come si “sentivano”?

                Ma niente, si sentivano. Si alzavano al mattino e andavano a lavorare.

                Credo che quella fosse la condizione normale di tutti, prima che qualcuno gli dicesse “devi sentirti questo!”, “sì però anche tre quarti di quello!”

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Pino Mamet

                “Ma niente, si sentivano. Si alzavano al mattino e andavano a lavorare.

                Credo che quella fosse la condizione normale di tutti, prima che qualcuno gli dicesse “devi sentirti questo!”, “sì però anche tre quarti di quello!””

                Esatto, totalmente d’accordo.

                Poi magari “si sentivano” anche legati alla parrocchia, o alla storia della vita di Gesù, o alla Madonna della Fonte.

              • PinoMamet scrive:

                Intendo prima dell’idea degli Stati nazione.

                Quando è nata questa idea, subito le classi colte ci si sono buttate con pari entusiasmo in tutt’Europa, imitando sostanzialmente tutti la Francia, in modi e misure variabili.

                Credo che sia lì l’errore di fondo di Mirkhond:
                sarà vero che i contadini pugliesi non si sentivano “italiani”;
                ma allora neppure quelli piemontesi o veneti (anche se io credo che una certa penetrazione delle idee nazionali nelle classi medio basse ci sia stata almeno nel CentroNord, probabilmente legata al malcontento per la gestione austriaca della Restaurazione);

                non è vero invece che gli intellettuali meridionali non si sentissero italiani ma “qualcos’altro”, visto in opposizione all’Italia.
                Semmai qualcuno avrà notato una indubitabile specicità locale (“napoletana”) e sicuramente la Sicilia era ancora vista come indecisa tra Spagna e Italia nel Settecento;
                ma in generale no, direi che gli intellettuali meridionali si ritenessero italiani al pari degli altri.

              • roberto scrive:

                miguel

                ““Ma niente, si sentivano. Si alzavano al mattino e andavano a lavorare.

                Credo che quella fosse la condizione normale di tutti,[….]”

                credo che questa sia ancora la condizione normale di tutti. o voi vi svegliate dicendovi, “ahhhhh come mi sento bello italiano stamattina”?

              • PinoMamet scrive:

                😀

              • Francesco scrive:

                beh, oggi ci sono le TV e potresti vedere di prima mattina un inglese che si nutre

                allora sì che ti senti subito “che bello essere italiano”

              • roberto scrive:

                a dire il vero hai beccato l’unico minuto della giornata in cui mi piacerebbe essere inglese, ché uova, bacon, fagioli, salsicce eccetera a colazione mi garbano tantissimo.

                cinque minuti dopo però vado in bagno e maledico il mondo e la mancanza di bidet

              • Francesco scrive:

                hai ragione, la sana colazione inglese è l’unico elemento positivo della loro cucina!

                mi sono sbagliatissimo

              • Peucezio scrive:

                Roberto,
                perché, in Lussemburgo invece c’è il bidet?

              • Roberto scrive:

                Non per niente ho scritto “maledico il mondo”….temo esista solo in Italia

          • Francesco scrive:

            >>> Le popolazioni dei vari stati e regioni italiane NON avevano affatto la coscienza di essere un’unica nazione

            avevano la coscienza chiarissima di essere tutti italiani, senza sentire nessun bisogno di diventare cittadini di un unico Stato italiano. tranne quando invasi dagli stranieri e allora qualcuno ci faceva un pensiero.

            come sai, sono un grande sostenitore dell’idea di ri-dividere l’Italia in vari Stati, senza negare che esista eccome la cultura italiana o il popolo italiano.

            ciao

            • mirkhond scrive:

              “avevano la coscienza chiarissima di essere tutti italiani”

              Nient’affatto, altrimenti l’unità d’Italia ci sarebbe stata prima e con modalità differenti.
              I Piemontesi quando conquistarono le Due Sicilie, pensarono di essere giunti in Africa, e per comunicare con gli indigeni avevano bisogno di interpreti.
              Questo perché tutti avrebbero avuto coscienza di appartenere ad una stessa nazione?
              Ma per favore!

              • Francesco scrive:

                per smentirti mi basta farti notare come trattarono differentemente i libici, gli albanesi, gli eritrei, gli etiopi

                insomma, razzisti contro i terroni di sicuro ma altrettanto sicuro che li considerassero italani

                ciao

              • Miguel Martinez scrive:

                Per Francesco

                “per smentirti mi basta farti notare come trattarono differentemente i libici, gli albanesi, gli eritrei, gli etiopi”

                Ma non credo che abbiano trattato in modo razzista gli albanesi. Per gli altri, sono d’accordo.

              • mirkhond scrive:

                Quello che avvenne in Libia, Abissinia e nei Balcani, non fu che la continuazione della politica di duro stampo coloniale già applicata dal Piemonte nelle Due Sicilie conquistate.

              • Francesco scrive:

                quanti Primi ministri libici abbiamo avuto? e quanti siciliani?

                😀

              • mirkhond scrive:

                Sta di fatto che siamo stati trattati come una colonia, nonostante gli ascari napoletani e siciliani al governo dell’Italia.

              • Peucezio scrive:

                Questo è verissimo.

        • Mauricius Tarvisii scrive:

          Credo che però stiate usando due definizioni diverse di “nazione”.
          Nazione come Stato-nazione, allora risale a un secolo e mezzo fa (e possiamo dubitarne, visto che esistono San Marino e il Canton Ticino)
          Nazione come popolazioni che hanno un’unità culturale, anche se non politica, e allora se ne può discutere. Gli italiani oggi sono una nazione in questo senso anche se esiste San Marino, che rientra nella nazione italiana

  27. PinoMamet scrive:

    Scrivo sotto per semplicità.

    Facciamo un po’ il vice-Moi 🙂

    mo’ state a discutere per la parola “razza” nella Costituzione (che, sia a essere razzisti che antirazzisti, è un po’ come discutere perché un politico si è fatto fotografare insieme a un gruppo di cittadini sconosciuti di un quartiere, uno dei quali salta fuori che frequenta Casapound…)

    tra vent’anni starete a discutere per la parola “sesso”? 😉

    Se sì:
    avete torto, in entrambi i casi.

    Se no:
    la Costituzione non sarà “la più bella del mondo” ma in questo passaggio va bene così com’è, perché tutti capiscono cosa voglia dire.

    • Francesco scrive:

      beh, la fai troppo facile

      la Costituzione pare riconoscere l’esistenza delle razze, a leggerla

      vietare il razzismo senza credere che ci siano le razze è una cosa dura da far sembrare vera, molto dura, anche se i costituzionalisti italiani hanno fatto pure di peggio

      • Miguel Martinez scrive:

        Per Francesco

        “la Costituzione pare riconoscere l’esistenza delle razze, a leggerla”

        Ma più o meno il concetto si capisce, anche se è espresso male.

        Ma poi tutto finisce in “politica” – quelli che vogliono fare un dispetto facendo notare la contraddizione; e quelli che diventano paonazzi e cominciano a sputare insulti per reazione.

        Tutti avrebbero voglia di sterminare chi non fa parte della loro banda, così poi si vivrebbe in pace.

        Solo che oggi non si può fare, l’unica cosa che resta da fare è scambiare insulti e dire che gli Altri sono esseri schifosi. Ma per quanto li insulti, non muoiono mai, e così il giorno dopo ricomincia.

        Votiamo Andrea Rossi!

      • Z. scrive:

        Francesco,

        si può detestare sia l’antisemitismo sia gli arabi? sì, si può. E molti lo fanno.

        Perché non si può detestare il razzismo, che è detestabile, e non credere all’esistenza delle razze, che non esistono? Chi lo dice?

      • PinoMamet scrive:

        Ma no, a me pare che la Costituzione all’incirca dica (implicitamente): qualcuno crede al concetto delle razze; bene, non è un buon motivo per discriminare

        • Peucezio scrive:

          Mi pare un’interpretazione un po’ libera.
          La cosa è molto più semplice: il legislatore, così come credeva che esistessero le religioni, l’età, il sesso, ecc., credeva ci fossero anche le razze, nel senso che aveva notato che nel mondo c’è gente di pelle bianca, nera, e così via e non si preoccupava di dare definizioni scientifiche, così come non si poneva il problema se un teologo o uno storico delle religioni potessero discettare sull’esistenza delle religioni così come le conosciamo e definiamo.

    • Z. scrive:

      Non solo hai raGGione, ma aggiungo:

      si è citati in giudizio per danni (ingiusti), non per aver “violato la costituzione”!

      Che tra i principi del nostro ordinamento ci sia il principio di uguaglianza direi proprio che è indiscutibile…

  28. mirkhond scrive:

    “perché il mondo del contadino abbraccia al massimo il proprio villaggio (certo non il regno napoletano, né l’Italia, né l’Europa, né nemmeno la provincia).”

    Sul Regno di Napoli credo che invece un sentimento ci fosse, visti gli 800 anni di storia comune, e la devozione alla figura del re, incarnazione dello stato.

  29. mirkhond scrive:

    Se a un contadino di Putignano o di Castellana avesser chiesto: “ma tu sei italiano o napoletano?”,

    Nel 1887 il meridionalista Giustino Fortunato (1848-1932), intervistò alcuni giovani contadini della sua terra, il Melfese in Basilicata, chiedendogli se nel caso la Francia (si era in rotta tra Italia e Francia per via del protezionismo di Crispi, che rovinò l’agricoltura meridionale), avesse invaso la Basilicata, loro, i ragazzi del posto, come avrebbero reagito?
    E i giovani gli risposero:

    – L’Italia E’ IL PIEMONTE e noi siamo NAPOLETANI!
    – Che ci governino la FRancia o il Piemonte, per noi è lo stesso!

    • Francesco scrive:

      questo è effetto di COME fu fatta l’unità d’Italia e di come fu gestita, uno sorta di imperialismo straccione e crudele

      ma tra Italia e Francia la differenza credo fosse netta anche nella testa del popolo

      ciao

  30. mirkhond scrive:

    “Quando il re stava in Spagna e a Napoli c’era il viceré, sono convinto che per i contadini del sud non cambiasse assolutamente nulla: il re stava in un posto anziché in un altro.”

    Con la differenza che quando stava a Napoli, viaggiava per le province.

  31. Peucezio scrive:

    Sai, inoltre la percezione degli abitanti non è che significhi granché: i materani sono convinti di essere lucani, mentre non hanno veramente nulla di lucano, né da un punto di vista storico, né linguistico, nemmeno geologico…! E’ bastato un po’ di tempo in cui il confine amministrativo ha messo Matera con la Basilicata e si è creato un senso di appartenenza inesistente.
    Alla lunga una divisione politica o amministrativa può davvero modificare le caratteristiche dei popoli e i confini culturali e linguistici. Inoltre, ancora più significativi, ci sono fenomeni inspiegabili: gli italiani da nord a sud che cominciano – quei pochi che scrivono, mercanti, notai, ecc. – a scrivere in toscano (o a tentare quantomeno di farlo), indipendentemente da qualunque entità politica o amministrativa.
    Ecco, lì il senso identitario si trasforma in comportamenti concreti, in elementi caratterizzanti.
    Se fra un po’ di generazioni i materani cominceranno a parlare come i potentini, allora si saranno davvero molto lucanizzati (ovviamente non accadrà mai: sopravvivrà il dialetto materano per qualche generazione, poi parleranno tutti italiano o inglese).

    Venendo al caso del Regno di Napoli (o più propriamente di Sicilia o delle Due Sicilie), ti chiedo: ma tui pensi davvero che andando da Teramo ad Ascoli e attraversando il Tronto ci si trovi di fronte a un altro popolo? Davvero trovi che esista qualche elemento che accomuni un teramano, non dico a un siciliano, ma anche a un molisano, e lo distingua da uno di Ascoli Piceno?

  32. mirkhond scrive:

    Nel 1849, Ascoli Piceno era assediata dalle bande sanfediste papaline di Piccioni, in quanto aderente all’effimera repubblica romana di Mazzini.
    Ebbene i delegati di Ascoli richiesti dagli assedianti di giurare fedeltà a Pio IX e a Ferdinando II delle Due Sicilie, risposero che avrebbero giurato solo al Papa, e non al re delle Due Sicilie, il cui regno era distava appena varcato il Tronto.

    • Peucezio scrive:

      Ma è chiaro. Questo è come i cannetani e i montronesi che si prendevano a mazzate sul ponte.
      La conflittualità più è fra vicini più è forte e i pretesti possibili sono mille.
      Ma l’identità riguarda ciò che si è, non coloro con cui si solidarizza, altrimenti ogni italiano sarebbe una nazione a sé, perché la prima, ossessiva preoccupazione dell’italiano è andare in quel posto al vicino (in nome del comunismo, del fascismo, del papa, del re, dell’imperatore, dei guelfi, dei ghibellini…).

      La mia domanda era: tu trovi che esista qualche caratteristica culturale, linguistoca, chessò, architettonica, nei canti e nei balli popolari, nel tipo somatico, nella cucina, nelle tecniche agricole, nel dialetto, nei riti e nelle feste popolari, nello stile degli affreschi delle chiese, in quel cacchio che vuoi tu! … che accomuni Teramo, per dire, alla Calabria e la distingua dal Piceno?

      • mirkhond scrive:

        “Ma è chiaro. Questo è come i cannetani e i montronesi che si prendevano a mazzate sul ponte.”

        Non è la stessa cosa visto che Ascoli NON era parte delle Due Sicilie e i delegati ascolani nel trattare la resa della loro città, accettassero di giurare solo al loro legittimo sovrano, il Papa!

  33. mirkhond scrive:

    “Venendo al caso del Regno di Napoli (o più propriamente di Sicilia o delle Due Sicilie)”

    Allora dal 1130 al 1282: Regno di Sicilia e Puglia
    Dal 1282 al 1816: Regni separati di Sicilia e Puglia/Napoli
    Dal 1816: Regno delle Due Sicilie.

  34. mirkhond scrive:

    “non è vero invece che gli intellettuali meridionali non si sentissero italiani ma “qualcos’altro”, visto in opposizione all’Italia.”

    MI sembra di aver accennato ad un sentimento panitaliano ELITARIO, e dunque sì, presente anche nelle Due Sicilie.
    Solo che poi nella vita quotidiana e nei rapporti con i loro conterranei meno colti, continuavano ad essere napoletani e siciliani.
    Non dimentichiamo che all’arrivo di Garibaldi in Sicilia nel 1860, i contadini credevano che la Talia fosse la moglie di Vittorio Emanuele II!

  35. mirkhond scrive:

    “u trovi che esista qualche caratteristica culturale,”

    La canzone napoletana, diffusa tra i ceti umili e i malavitosi, di tutto l’ex Regno delle Due Sicilie.

    • Peucezio scrive:

      Ma quella è una cosa ottocentesca e novecentesca e comunque non so fra i malavitosi, ma nella borghesia era coltivata anche a nord. Lo racconta persino Svevo nella sua Trieste.

    • PinoMamet scrive:

      La canzone napoletana mi risulta popolarissima anche da queste parti, fino agli anni Cinquanta, e nelle zone periferiche (campagne ecc.) anche dopo.

      • Peucezio scrive:

        Tra l’altro travalica anche i confini nazionali.
        Un mio amico ebreo (in parte) russo, nato mi sembra intorno agli anni ’50, figlio di un ebreo russo e di una vecchio-credente, mi raccontava che sua nonna (materna, credo) gli cantava delle ninna-nanne in lingua russa ma su motivi di canzoni napoletane famose (fui io a riconsocere il motivo non ricordo di quale canzone classica).

  36. Peucezio scrive:

    Comunque provo a fare un po’ il punto della questione e vediamo se riusciamo a intenderci sulle cose fondamentali.

    C’è stato un Regno di Sicilia (diciamo per sintesi), per circa ottocento anni, che ha abbracciato i territori che dici, e questo è un dato di fatto.
    Se con nazione, nazionalità, ecc. ti riferisci a questo dato e vuoi dire che tale entità politica era anche sentita, in nome di quella fedeltà allo stato che c’è in ogni società moderna e organizzata, siamo d’accordo. Per cui, certo, c’è stato questo regno, ci sono stati i “napoletani”, ci sono stati funzionari, intellettuali e una serie di altre figure che sentivano di appartenere a quel regno ed essere fedeli a quella corona e a quel re.
    Poi scrivevano in toscano e usavano il napoletano solo per la letteratura “riflessa”, cioè per mimesi consapevole del parlato popolare, ma, insomma, facevano parte di quel regno e non lo disconoscevano.

    Però tutto ciò non crea un popolo, se non per una contingenza storica, per quanto lunga. E questa contingenza storica non ha creato neanche un tipo umano comune (ci sono cose che accomunano i meridionali, ma i confini non c’entrano nulla con quelli del regno: oggi siciliano ha molte somiglianze con un salentino e un campano con un pugliese, ma un aquilano è simile a un ciociaro o a un marchigiano del sud): alla fine le identità linguistiche e antropologiche sono più antiche (almeno di epoca longobarda, ma per molti versi di epoca preromana) e hanno attraversato bellamente quegli otto secoli, senza esserne influenzate se non in aspetti molto superficiali (i confini per esempio dei mazzi di carte da gioco sono sostanzialmente quelli degli stati preunitari, quindi effettivamente passi il Tronto e al posto delle napoletane trovi le piacentine, che peraltro sono molto simili e i giochi sono comunque gli stessi).

    Quindi, se con un popolo intendiamo che uno stato fonda una nazionalità per il periodo in cui esiste, questo è vero, valeva per i “napoletani”, vale per gli italiani di oggi, vale per gli svizzeri, che siano ticinesi, tedescofoni o francofoni, ecc.
    Oggi, tolto qualche attivista neoborbonico (che comunque sono un numero appena un po’ significativo da pochi anni: cinquant’anni fa quasi non esistevano), qualunque calabrese o piemontese, se va all’estero, si definisce italiano o al massimo calabrese o piemontese, non napoletano o sabaudo.

    Ma se ci riferiamo a delle caratteristiche profonde, ancestrali, che attraversano la storia e che sono definite da una serie di tratti culturali, linguistici e antropologici, mentre un’italianità si può individuare, sia pure all’interno di un’estrema complessità e articolazione interna, così come si possono individuare una serie di sottotipi, chessò, apulo-baresi, lucani, calabresi, salentini, ecc. (raramente coincidenti coi confini amministrativi, soprattutto nel centro-sud), non esiste nessun insieme di tratti specifici rilevanti che accomuni l’area coincidente col regno di Sicilia.

    Non sei d’accordo con questo?

  37. mirkhond scrive:

    Che all’interno del Regno delle Due Sicilie vi fossero differenze dialettali e campanilismi è innegabile.
    Però, almeno sotto i Borbone, un identitarismo napoletano si era formato eccome (in Sicilia almeno dai Vespri del 1282), e lo prova ad esempio la resistenza degli ex soldati borbonici e dei renitenti alla leva, nel farsi inquadrare nell’esercito piemontese dopo la conquista delle Due Sicilie.
    Sentimento della napoletanità che poi fu annientato dall’imposizione del modello unitario di stampo giacobino e dalla scuola e infine dalla televisione e dalle migrazioni interne.
    Ma, al momento dell’arrivo dei Piemontesi, il sentimento della napoletanità era presente e sentito.
    Diversamente non ci sarebbero state tante difficoltà nel fare gli italiani.

    • Peucezio scrive:

      Mah… eppure l’esercito borbonico fece una resistenza minima: se avesse resistito sul serio, col cavolo che mille straccioni riuscivano a conquistarlo: sarebbero stati ributtati a mare a calci.

      • mirkhond scrive:

        La resistenza minima fu dovuta al tradimento dei generali, corrotti dall’oro portato da Garibaldi.
        Però sul Volturno, sul Garigliano, a Gaeta, e nelle cittadelle di Messina e Civitella del Tronto, la resistenza ci fu eccome.
        Per non parlare delle insurrezioni popolari che dettero inizio al cosiddetto brigantaggio.

        • mirkhond scrive:

          Inoltre, ripetiamolo all’infinito, i Mille erano 53.000, tra cui 22.000 soldati piemontesi regolari, fatti passare per disertori, e poi “riammessi” nell’esercito piemontese.

        • PinoMamet scrive:

          Copio e incollo:
          “Secondo lo storico Trevelyan al termine della campagna nel mese di novembre 1861 l’armata garibaldina avrebbe raggiunto il numero di 50.000 arruolati, di cui 7.000 garibaldini dislocati a presidio della Sicilia e 43.000 nel continente, di questi ultimi un buon numero furono gli arruolati nella fase finale e altri in fase di arruolamento.[13] (vedere: Gli sbarchi successivi al primo di Marsala ) Va osservato che nel numero di 50.000 garibaldini erano considerate anche le formazioni irregolari, nate ad opera di privati o varie milizie aggregate e parecchi garibaldini di comodo, che si arruolavano solo per ritirare il cibo e la paga e che Garibaldi commentava con queste parole:

          « … un terzo era presente nel momento della battaglia e gli altri due terzi solo al momento della paga o del rancio. »
          (Garibaldi and the making of Italy – Appendix J – pag. 343)

          Il nucleo centrale delle forze garibaldine era costituito dagli oltre 20.000 settentrionali sbarcati con le spedizioni da Genova e Livorno, di cui circa la metà erano in ospedale oppure impiegati nelle guarnigioni e nei pattugliamenti nelle province occupate. Anche se le fonti forniscono numeri diversi si può ragionevolmente ritenere che alla battaglia del Volturno parteciparono oltre 20.000 garibaldini di cui la metà settentrionali e 28.000 soldati borbonici[14].
          Attualmente è in corso un’opera di classificazione e verifica del numero totale dei garibaldini a fine impresa, che potrebbe vedere aumentato il numero globale dei partecipanti alla spedizione finora stimato”

          Mah, la questione comunque mi lascia del tutto indifferente e trovo che sia di interesse storico minimo sapere se fossero mille di più o mille di meno:
          logico che quando uno Stato si sfascia invaso da un altro ci siano episodi di resistenza accanita e altri di resistenza minima, o di facciata.

          • mirkhond scrive:

            “nel mese di novembre 1861”

            Casomai nel novembre 1860.

          • mirkhond scrive:

            La resistenza minima fu dovuta al tradimento di alcuni generali e notabili, non dei soldati che, quando guidati da ufficiali fedeli, seppero dare prova di grande coraggio e valore.

    • PinoMamet scrive:

      Mi dispiace essere in disaccordo con te ma in effetti la renitenza alla leva piemontese può provare il disamore per il governo piemontese e in molti casi la fedeltà alla dinastia dei Borbone, ma non prova nulla che abbia a che fare con una qualche identità “etnica”.

      Io posso capire benissimo le motivazioni del variegato schieramento “nostalgico borbonico”, che ha molte ragioni;

      ma l’idea che sia esistita un’identità “etnica”, proprio nel senso di un popolo diversa, “napolitana” da contrapporre a quella “italiana” proprio non esiste, non la trovo attestata da nessuna parte.

      Mettiamo pure, come credo, che il popolino napoletano se ne fregasse dell’idea di Italia e di italianità, come se ne fregava il popolino lombardo o che ne so, umbro.

      Però fatto sta che non mi risulta nessun intellettuale di Napoli, per dire, che dicesse “noi non siamo italiani! siamo un’altra cosa!” mentre me ne risultano diversi che chiaramente si ritenevano italiani
      (che ne so, Giambattista Vico, “De antiquissima italorum sapientia”, Saverio Lomonaco, tra l’altro patriota, “Vite degli eccellenti italiani” e così via..)

      • mirkhond scrive:

        Leggiti La Nazione Napoletana di Gigi Di Fiore, in cui si traccia il profilo di uomini politici, militari e uomini di cultura, che pur npn essendo insensibili all’ideale unitario, si sentivano altrettanto e fieramente napoletani.
        In epoca borbonica questo sentimento c’era, fondato su 800 anni di vita unitaria del Sud.
        La Sicilia poi, aveva un sentimento identitario da almeno l’epoca dei Vespri del 1282.

  38. Miguel Martinez scrive:

    ““Resta il fatto appunto che fu l’ultima volta che l’Europa fu davvero unita””

    Ragioniamoci da storici.

    La prima cosa è che noi, trovandoci dentro l’Europa, non riusciamo a distinguere due cose: la “civiltà” europea dal “dominio” europeo del pianeta.

    Questo è vero sia per la Destra (“i francesi abbandonano l’Algeria, cosa ne direbbe Giovanna d’Arco?”) che per la Sinistra (“abbasso la cultura che ha prodotto l’Inquisizione e il colonialismo e l’inquinamento”).

    Il dominio europeo (a parte l’impero spagnolo, che fu una roba poco moderna) è durato un attimo.

    Diciamo dalla battaglia di Plassey nel 1757 (un incidente in una lunga guerra tra inglesi e francesi); ma sul serio a partire dal Congresso di Berlino, 1878 (o dalla battaglia di Tell el-Kebir nel 1882) e il collasso inizia nel 1905, quando i giapponesi sconfiggono i russi.

    Un attimo nella storia.

    • Roberto scrive:

      Che poi è il dominio a turno di questa o quell’altra potenza (Spagna, UK….) non “europeo”.
      L’ultimo dominio europeo è con l’impero romano

  39. mirkhond scrive:

    Non tutta l’Europa fu romana e l’Impero Romano circondava il Mediterraneo con parti dell’Asia e il Nordafrica.

  40. Miguel Martinez scrive:

    Sempre per fare gli storici…

    Solo Habs è in grado di dirci quanto Hitler ci tenesse all’Europa rispetto alla Germania.

    La guerra è un’attività incredibilmente costosa: consuma risorse illimitate mentre toglie manodopera dai campi e dalle fabbriche (ed erano tempi in cui la manodopera contava ancora parecchio).

    I sovietici avevano risorse illimitate e soprattutto avevano manodopera servile illimitata: Stalin è stato il primo a introdurre la schiavitù di massa in forme adatte ai tempi industriali, arte in cui solo Mao lo ha superato.

    Gli inglesi avevano accesso all’India – ricordiamo la grande carestia del Bengal, quando gli inglesi fecero morire qualche milione di indiani deviando le risorse verso l’Inghilterra.

    Gli americani, oltre ad avere risorse illimitate in casa e relativamente pochi soldati sul campo, avevano i neri – che in quegli anni arrivarono in massa al nord – e i messicani, nonché uso illimitato delle risorse di tutta l’America Latina a prezzi ridicoli.

    I tedeschi invece dovevano mantenere una guerra e un livello discreto di vita a casa per i propri cittadini, e lo hanno fatto saccheggiando finanziariamente l’Occidente e fisicamente l’Europa dell’est. E prendendo manodopera a forza: proprio questo ha provocato le resistenze in tanti paesi.

    I giapponesi si trovarono, mi sembra, in una situazione diversa (ma gli esperti mi correggano): decisero di saccheggiare le risorse fisiche del Sudest asiatico, senza entrare in conflitto con le popolazioni; e di trattare invece la Cina all’incirca come i tedeschi trattarono la Polonia.

  41. mirkhond scrive:

    “I tedeschi invece dovevano mantenere una guerra e un livello discreto di vita a casa per i propri cittadini, e lo hanno fatto saccheggiando finanziariamente l’Occidente e fisicamente l’Europa dell’est.”

    Questo avvenne già con le armate francesi rivoluzionarie nel 1796-1799 e 1800-1814, coi saccheggi ai danni dei popoli conquistati per portare il benessere in Francia, in modo da stroncare le spinte reazionarie e di opposizione al regime.

  42. mirkhond scrive:

    “ma in effetti la renitenza alla leva piemontese può provare il disamore per il governo piemontese e in molti casi la fedeltà alla dinastia dei Borbone, ma non prova nulla che abbia a che fare con una qualche identità “etnica”.”

    Prova però che i Napoletani non si sentivano affini ai Piemontesi.
    Diversamente non sarebbero scorsi fiumi di sangue per oltre un decennio nelle Due Sicilie “liberate” da tali “fratelli”.

    • PinoMamet scrive:

      Ma no, secondo me non prova niente di tutto ciò, come la presenza di Turkmeni nella Wehrmacht non prova che i turkmeni si sentissero affini ai tedeschi.

      Non è che ti arruoli o meno perché ti senti “affine”, e del resto fino alla Francia napoleonica, e anche dopo, ogni esercito era un miscuglio di etnie.

      (Leggo su un libro di Storia per esempio che in reggimento bavarese del Seicento- vado a memoria- c’erano una ventina di nazionalità, compresi 17 soldati turchi…)

      • mirkhond scrive:

        A quel tempo l’invasione delle Due Sicilie e l’arruolamento forzato dei suoi soldati nell’esercito piemontese, era presentato come un’opera di fratellanza.
        Diverso dai casi che hai citato, e che riguarda l’arruolamento di mercenari volontari.
        Il governo sabaudo non chiedeva volontari, ma OBBLIGAVA i nuovi sudditi ad entrare nel suo esercito.

      • PinoMamet scrive:

        Sì vabbè, ma allora a maggior ragione potevano non aver voglia di fare i soldati, senza che la cosa avesse particolari implicazioni “etniche”…

    • PinoMamet scrive:

      L’idea poi che tra fratelli non possano scorrere fiumi di sangue è smentita in Italia dai tempi di Romolo e Remo 😉

  43. mirkhond scrive:

    Napoletani e Piemontesi NON erano e NON SI SENTIVANO fratelli.
    Erano due mondi diversi.

  44. Miguel Martinez scrive:

    Un altro punto che accenno solo di sfuggita…

    Io non sono di origine italiana.

    Questo mi dà inevitabilmente uno sguardo diverso, che spero possa essere utile.

    A me sembra che quando si pensa, in Italia, al calderone “seconda guerra mondiale”, si pensi quasi esclusivamente a due cose distinte: il genocidio degli ebrei dell’Europa dell’Est e le vicende italiane tra il 1940 e il 1945.

    E’ comprensibile.

    Ma io penso anche – ad esempio – all’enorme importanza della guerra tra giapponesi e angloamericani per il controllo del Pacifico.

    Perché ebbe un impatto sul mondo forse anche maggiore del conflitto europeo.

    Il Giappone, a partire dal 1905, fu il simbolo della riscossa di tutti i popoli colonizzati, a partire dai musulmani: il “fondamentalismo islamico” nasce con quella stranissima figura di al-Afghani, che ispirato dal Giappone, generò insieme tutti i movimenti anticoloniali del mondo islamico.

    Ma il Giappone ispirò anche gli afroamericani.

    Che, come racconta Horne, erano indifferenti alla Germania (che all’epoca applicava agli ebrei una versione moderata delle vessazioni che i bianchi imponevano ai neri americani) ma tifavano in massa per il Giappone, che ci teneva a trattare con il massimo rispetto i neri americani.

    E il Giappone ha portato alla spaccatura l’indipendentismo indiano, con Gandhi in minoranza rispetto ai sostenitori dell’Asse, tanti dei quali hanno dato la vita, diventando eroi nazionali in India.

    E fenomeni analoghi ci furono anche in Birmania, in Indonesia (ci fu una continuità diretta tra il governo filogiapponese e gli indipendentisti anti-olandesi).

    Allo stesso tempo, in Messico la popolazione tifava in maggioranza per l’Asse (nonostante un governo costretto alla fine a far finta di entrare in guerra dalla parte degli Alleati), e c’è una continuità diretta tra tanti movimenti anticolonialisti dell’epoca, simpatizzanti dell’Asse, e le sinistre guerrigliere successive, sia in Bolivia che soprattutto in Argentina.

    Ricordiamo tre stati che si schierarono in qualche modo con l’Asse – Iraq, Iran e Tailandia. Poi i motivi sono ovvi, il nemico del mio nemico è il mio amico, ma le guerre si fanno sempre così.

    Insomma, è utile vedere la Seconda guerra mondiale proprio dal punto di vista mondiale.

  45. Moi scrive:

    la pretesa scientificità della “razza”venne meno in maniera definitiva quando fu scoperto il DNA (1953) … la Più Bella del Mondo 😉 è del 1947 !

    Preceduta appunto dalla Cosmogonia 😉 ipso facto della Nostra Era: la II Guerra Mondiale …

  46. Moi scrive:

    Il Giappone, a partire dal 1905, fu il simbolo della riscossa di tutti i popoli colonizzati,

    [cit.]

    Quando sconfiggendo la Russia dimostrò al Mondo che l’ Uomo Bianco NON era “invincibbbalo” 😉 … davvero: sembra di andare a rumigare al Museo Egizio 😉 !

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