La gavetta di Umberto F.

Questa gavetta, che sul lato riporta il numero 27922, apparteneva a Umberto F.

Autiere sul fronte russo, poi catturato dopo l’8 settembre dai tedeschi a Treviso.

Disse loro di aver giurato fedeltà al re, e fu mandato quindi nell’immenso dispositivo della prigionia.

Su questa gavetta ha segnato con qualche strumento tutte le tappe.

Treviso, Thorn, Czestokowa, Cholm, Dublin [Lublin?], Lathen, Sandborstel – l’ortografia cangiante degli orizzonti orientali – fino al villaggio sassone di Wietzendorf, sito del Kriegsgefangenenlager Stalag XD 310, dove morirono di fame e malattia oltre 16.000 soldati sovietici. Nelle nevi del gennaio del 1945, con gli Alleati che bombardavano tutte le vie di rifornimento e gli stessi tedeschi alla fame, non deve essere stato un bel luogo.

Umberto F. uscì, comunque, vivo.

Faccio notare a Maria Paola, la figlia, le meticolose incisioni tutt’attorno al bordo.

“sono i nodi dei Savoia! Non me ne ero mai accorta!

“Mio padre – mi dice – aveva questa cosa, che gridava il suo amore per il Duce, e allo stesso tempo esaltava il Re, anzi entrò a far parte della Guardia d’Onore alle tombe reali al Pantheon.

Si arrabbiava tanto perché Vittorio Emanuele III non fu sepolto al Pantheon, ma lasciato ad Alessandria in Egitto. Poi passava a dire quanto bene aveva fatto Mussolini per l’Italia.

E io gli chiedevo, ma non c’è una contraddizione?

Io ho solo letto di quello che è successo allora, ma tu c’eri, l’hai vissuto, sei stato deportato, come fai a stare sia con il Re che con il Duce, mio padre non era un uomo ignorante, era pure laureato in legge, ma non ti stava nemmeno a sentire quando gli chiedevi di questa contraddizione.

Faccio fatica a capire la gente di quella generazione – ho chiesto a mia madre, quando tuo padre è stato portato in Germania, come ti sentivi? E quella rispondeva, ‘ma stavo tranquilla, no?’

Quando Berlusconi è arrivato al governo, mio padre, che ormai era molto vecchio, era tutto felice, ha detto, ‘Ecco, questo qui ha messo in ordine gli affari suoi, adesso metterà in ordine l’Italia”.

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47 risposte a La gavetta di Umberto F.

  1. habsburgicus scrive:

    buona ortografia..
    Cholm è la forma ucraina di Chełm, allora rimessa in uso dai tedeschi
    Thorn è la forma tedesca (allora in uso) di Toruń, la città di Copernico, non a caso definito all’epoca “grande astronomo tedesco”
    Czestokowa è una buona approssimazione del corretto polacco Czȩstochowa..
    Complimenti, Umberto F !

  2. mirkhond scrive:

    Padre Copernico era tedesco?
    E’ la prima volta che lo sento….

    • paniscus scrive:

      Credo che in effetti Copernico fosse cresciuto in un ambiente bilingue, ma prevalentemente tedesco. Secondo alcune fonti che adesso non ho tempo e possibilità di controllare, per un certo periodo in gioventù usò il cognome della famiglia di sua madre, “Watzenrode”, che tutto mi sembra tranne che polacco.

      Tutto sommato, entrambe le culture, sia quella tedesca che quella polacca, hanno buone ragioni per rivendicarlo.

      Lisa

      • Moi scrive:

        In fondo sono le stesse due culture degli ultimi due Papi 🙂 🙂

      • mirkhond scrive:

        Beh in effetti sono le tipiche situazioni delle aree di frontiera.
        Penso ai letterati ed umanisti dalmati tra XV e XIX secolo, identificati sia come “italiani” che come “croati” o “serbi”, in quanto perfettamente bilingui, come Marco Marulo/Marulic’ di Spalato (1450-1524), Elio Lampridio Cerva di Ragusa (1460-1520), Pietro Ettoreo/Hektorovic’ di Lesina/Hvar (1487-1572), Gian Francesco Gondola/Gundulic’ di Ragusa (1588-1638), Giuseppe Ruggero Boscovich di Ragusa (1711-1787). Orsatto Pozza/Medo Pucic’ sempre di Ragusa (1821-1882) ecc.
        Splendide culture “mestize” distrutte dai nazirisorgimentalismi otto-novecenteschi….

        • mirkhond scrive:

          Orsatto Pozza fu colui che dette inizio allo studio e alla preservazione dell’isola linguistica croata del Molise, in seguito al suo viaggio nel Regno di Napoli nel 1853, quando proprio a Napoli, sentì alcuni operai parlare in un idioma a lui familiare…
          Interrogatili, scoprì che provenivano da una zona del Molise tra l’Adriatico e il fiume Trigno, dove si conservava un’arcaica parlata croata, in seguito all’immigrazione di profughi dell’entroterra dalmata, nei secoli XV-XVII.
          Area un tempo molto più vasta e comprendente 15 comuni molisani, oggi 3, Acquaviva Collecroce, Montemitro, San Felice Slavo* (dal 1863 San Felice del Molise, San Felice del Littorio in epoca fascista, e nuovamente San Felice del Molise)…..

          * Nei primi anni dopo la cosiddetta unità d’Italia, in diversi comuni del conquistato Regno di Napoli, vennero cambiati i nomi dei suddetti comuni. I comuni che avevano un aggettivo indicante un’origine slava, vennero modificati, come San Felice Slavo in San Felice del Molise, San Vito degli Schiavoni in Terra d’Otranto, presso Brindisi, in San Vito dei Normanni ecc.
          Le ragioni di tale cambiamento, forse sono imputabili al clima di crescente nazionalismo slavofobo, forse in vista di un’ulteriore espansione piemontitaliana nel Balcano Adriatico…
          I comuni albanesi invece, non videro alterare il loro nome originario, probabilmente per l’impegno filo-piemontese e antiborbonico di PARTE di queste comunità Arberesh, soprattutto sul Pollino e sulla Sila….

        • Moi scrive:

          @ MIRKHOND

          Il Continuum Culturale (!) Colonialismi-Risorgimenti(!)-Totalitarismi è molto interessante; purtroppo poco studiato, probabilmente perché scomodissimo.

          Al suo interno si sono difatti creati “Miti Identitari” di Male Assoluto Sconfitto VS Bene Assoluto Trionfante, quando invece il principio era sempre lo stesso … Il principio del “Cultura / Razza Superiore” che piò disporre di vita, di morte nonché d’ identità delle “inferiori”; tutto ciò rifletterebbe una “Legge Naturale” e, piaccia o no, “laicissima” !

          L’ etica (specie a ispirazione religiosa, in cui si sarebbe “Tutti Figli e Figlie di Amici Immaginari”) non è considerata nient’altro che zavorra retriva.

        • Ritvan scrive:

          Ecco, per parlare siempre come “Cicero pro domo sua”:-), il buon Copernico, quando era studente a Padova ebbe fra i suoi professori l’albanese Leonik Tomeu.

          P.S. Ovviamente nei papiri internettiani in dolce idioma dantesco bisogna cercarlo come “Niccolò Leonico Tomeo”.

        • mirkhond scrive:

          Per Ritvan

          E ovviamente, nella sacra wiki in “greco” Leonik Tomeu (1456-1531) è presentato come “greco” epirota nato a Venezia….

        • Ritvan scrive:

          @ Mirkhond
          E altrettanto ovviamente:-) nella Sacra Wiki in albanese
          http://sq.wikipedia.org/wiki/Leonik_Tomeu
          si precisa che la famiglia di Tomeo era albanese e originaria di Durres (Durazzo).
          Idem con patate nella Sacra Wiki in inglese:
          http://en.wikipedia.org/wiki/Leonik_Tomeu

        • mirkhond scrive:

          Durazzo che infatti fu veneziana tra il 1392 e il 1501…
          Certo è interessante che emerga un mondo umanistico albanese, purtroppo non conosciuto in Italia, e che ci aiuterebbe a vedere l’Albania in un’ottica finalmente più positiva e PARTE dell’identità europea come E’…..
          ciao!

        • Ritvan scrive:

          —Certo è interessante che emerga un mondo umanistico albanese, purtroppo non conosciuto in Italia, e che ci aiuterebbe a vedere l’Albania in un’ottica finalmente più positiva e PARTE dell’identità europea come E’…..Mirkhond—
          Parole sante!
          Ciao

          P.S. Beccati:-) un altro umanista albanese, siempre prof a Padova: Gjon Gazulli
          http://en.wikipedia.org/wiki/Gjon_Gazulli
          P.S.2 Ti prego, non ci andare di nuovo sulla Wiki in greco, un Joanis Gazulakis:-) di pura razza greca:-) (seppur nato vicino a Scutari) non potrei sopportarlo:-)

        • mirkhond scrive:

          Ti prego, non ci andare di nuovo sulla Wiki in greco, un Joanis Gazulakis:-) di pura razza greca:-) (seppur nato vicino a Scutari) non potrei sopportarlo:-)

          A chi lo dici! Era solo la curiosità di vedere fino a che punto il nazirisorgimentalismo “greco” 🙂
          Ciao!, oggi ancor più attuale per la crisi economica, si possa spingere colle sue allucinazioni RAZZISTE antialbanesi!

        • mirkhond scrive:

          errata corrige: fino a che punto possa spingersi il nazirisorgimentalismo “greco” 🙂 , oggi reso ancor più attuale dalla crisi economica romea!
          ciao!

        • Ritvan scrive:

          @ Mirkhond
          Altri due insigni umanisti albanesi emigrati in terra veneta:
          Marin Beçikemi
          http://en.wikipedia.org/wiki/Marin_Be%C3%A7ikemi
          Marin Barleti
          http://en.wikipedia.org/wiki/Marin_Barleti

          Ciao

    • Moi scrive:

      L’importante è basarsi su fonti non faziose, evitando di stravolgere i fatti, tipo quando la UAAR s’inventò di sana pianta un Galilei Ateo … “Eretico” non lo ritengono figo abbastanza.

      http://imageshack.us/photo/my-images/194/pisa2b.jpg/

    • Moi scrive:

      L’importante è basarsi su fonti non faziose, evitando di stravolgere i fatti, tipo quando la UAAR s’inventò di sana pianta un Galilei Ateo … “Eretico” non lo ritengono figo abbastanza.

      http://imageshack.us/photo/my-images/194/pisa2b.jpg/

    • habsburgicus scrive:

      lo dicevano i NS…e nel 1943 (400 anni dalla morte) lo ripetemmo pure noi, sui giornali 😀
      in effetti come dice giustamente Lisa, Watzenrode non sembra un cognome polacco 😀
      inoltre il vescovato di Ermland (Warmja) dove operò lo zio (e lui stesso), pur polacco sino al 1772, era linguisticamente indistinguibile dalla Prussia ducale ex-teutonica, luteranizzata a forza nel 1525 da Albrecht von Brandenburg, notoriamente germanofona (pur con qualche lituano e ancor più mazuro, ma luterani e di sentimenti tedeschi come si vide nei plebisciti del luglio 1920)
      buona notte a tutte/tutti

      • Moi scrive:

        Colgo l’ occasione per ricordare che Jan Hus e Kafka erano Cechi, NON Tedeschi … è un’ altra “imprecisione storica” .

        • mirkhond scrive:

          Sulla sacra wiki anche in inglese, si dice che Hus era ceco-boemo, non tedesco-boemo, ma credo che anche qui valga il discorso sulle identità “mestize” e BILINGUI di frontiera, e il Regno di Boemia era parte del Sacro Romano Impero….
          Comunque sia padre Hus (1369-1415), predicò in CECO nella Cappella di Betlemme, la sua parrocchia di Praga negli anni 1400-1414…..

  3. mirkhond scrive:

    Due zii paterni, fratelli di mia nonna, entrambi fascisti e militari, uno di carriera, l’altro di leva, furono fatti entrambi prigionieri su due fronti diversi, il primo in Abissinia nel maggio 1941 dagli Inglesi, il secondo nel Tirolo dai Tedeschi dopo l’8 settembre 1943.
    Entrambi vissero in campo di concentramento, il primo in Kenya per 7 anni, il secondo tra il Reich e la Polonia per quasi 2 anni.
    Il primo restò sempre un militare e fascista fino alla morte, a quasi 83 anni, il secondo morì a 29 anni, dopo aver fatto domanda per entrare in ferrovia, e, stando a ciò che mi ha raccontato mio padre, era diventato socialista….
    Anche per me era incomprensibile l’amore di molti miei parenti di sangue e acquisiti per il fascismo, con tutti i disastri e i lutti che aveva provocato, e quando ne parlavo con lo zio fatto prigioniero dagli Inglesi, non vedevo in lui un minimo dubbio, un minimo cenno di critica, insomma un soldato tutto d’un pezzo…
    L’unica cosa del fascismo che non gli piaceva era la milizia, forse per quella tipica avversione dei militari di professione del regio esercito per la milizia del regime….

  4. mirkhond scrive:

    Se i Tedeschi si fossero limitati a ripristinare i vecchi nomi medievali e prussiani delle città polacche, forse oggi avrebbero lasciato un diverso ricordo in quelle terre, che dispiace proprio la scomparsa della civiltà tedesca tra Estonia e Oder….

    • habsburgicus scrive:

      Nel 1945 il germanesimo subì all’Est un autentico disastro…
      ciò fu dovuto, in buona parte, a gravi colpe della dirigenza tedesca (su questo hanno scritto, scrivono e scriveranno ad nauseam moltissime persone, quindi non mi dilungo :D), ma mi sia permesso di ricordare una tantum il martirio dei tedeschi di Polonia, Cechia e altre regioni nel 1945, di cui non parla nessuno (ne trattò de Zayas, è vero, ma è stato silenziato …)
      già nel 1944, in conseguenza delle mutate fortune della guerra, i tedeschi stessi organizzarono il rimpatrio di moltissimi Volksdeutsche (così sotto il III Reich erano chiamati i tedeschi etnici che non erano cittadini del Reich), ad opera di uno speciale ufficio delle SS
      a metà di luglio 1944 i giornali ufficiali e ufficiosi pubblicarono un rapporto di riepilogo in cui si lodava l’opera di rimpatrio (dall’autunno 1939 al giugno 1944, 908.000 tedeschi, fra cui 350.000 dalla “Russia” il cui rimpatrio era finito in quel periodo con il ritorno ed il re-insediamento di 130.000 tedeschi dalla Transnistria)
      il totale comprende anche quelli evacuati da Lettonia ed Estonia nel 1939 con il consenso delle rispettive autorità, quelli evacuati nel 1939- 1940 (e addirittura gennaio 1941) con il consenso delle autorità sovietiche (alto Narew, Volinia, Galizia orientale; Bessarabia e Bucovina del nord; Lituania e quelli rimasti in Lettonia ed Estonia, fra cui molti lituani, lettoni ed estoni che si spacciarono per tedeschi pur di abbandonare il “paradiso rosso” dei lavoratori :D) e quelli evacuati da Bucovina del Sud e Dobrugia con il consenso delle autorità romene (accordo del 22/10/1940)
      furono evacuati anche tedeschi dalla Bosnia, durante la guerra
      dopo Barbarossa, non si pensava affatto ad evacuare quelli rimasti in “Russia” ma nel 1943, quando l’evacuazione di vasti territori sud-russi si rese necessaria, non si volle lasciarli in balia dei bolscevichi; l’operazione fu affidata alle SS sotto il comando dell SS-Ogf Lorenz e sotto la direzione dell’SS-Bf. Hoffmeyer; si trattava di tedeschi dall’area di Leningrado, dalla Rutenia Bianca (termine nazista per Bielorussia…ha però una base storica come molto nel III Reich :D), dal Caucaso settentrionale, dalla steppa dei Calmucchi, dalla grande ansa del Don, dalle rive del Mar Nero così come dalla Crimea e infine dai territori di Schitomir (Žytomyr) e dalla Transnistria (sotto amministrazione romena 1941-1944); in tutto furono (provvisoriamente) salvati dal terrore bolscevico 350.000 uomini che vennero rimpatriati; il rimpatrio fu difficile (il movimento di questa massa di persone poteva intralciare quello della Wehrmacht che si ritirava anch’essa, ma il giornale pudicamente non lo sottolinea :D) e dovette essere improvvisato giorno per giorno e non fu organizzato, a differenza di quello dei tedeschi dalla Volinia e dalla Bessarabia (PRIMA di Barbarossa); di particolare difficoltà fu il rimpatrio dei tedeschi dalla Transnistria, 130.000, che durò sino al 14 maggio; poiché fu impossibile utilizzare, come progettato inizialmente, le navi e le ferrovie romene per ragioni militari, i tedeschi della Transnistria dovettero marciare in due grandi trek sin dentro l’Europa sud-orientale; il primo trek, di 70.000 uomini, 13.000 bimbi, 30.000 cavalli, 10.000 veicoli si diresse a nord verso la Moldavia romena e sino alla Transilvania settentrionale (allora) ungherese, dove poterono salire sul treno a Decs; il trek meridionale con c.a 40.000 uomini, 5000 bimbi, 19000 cavalli e 8000 veicoli si diresse attraverso la Dobrugia alla sponda bulgara del Danubio, poi sino alle Porte di Ferro (ove ci fu un attacco aereo anglo-americano), quindi di nuovo sulla sponda sinistra del fiume e finalmente giunse nel Banato serbo; la lunghezza della colonna del 1° trek era di 450 km, quella del secondo trek era di 230 km; al loro nutrimento provvide la Wehrmacht con l’aiuto di Ungheria, Romania e Bulgaria (in particolare si prodigò il Conducător Antonescu); dopo una marcia che durò 112 giorni (percorrendo anche 60 km al giorno) i due trek finalmente giunsero alle ferrovie che li condussero alle loro destinazioni nel Reich grande-tedesco; l’obiettivo dei gerarchi NS era di rafforzare, con questo nuovo sangue, il germanesimo nel Warthegau (i padri e figli in grado di portare le armi erano già da lungo tempo nei ranghi delle Waffen-SS)
      il problema venne però solo posposto in quanto il Warthegau (cap. Posen cioè Poznań, Gauleiter Greiser, crudelissimo) venne ben presto anch’esso minacciato
      nell’ottobre 1944 le truppe sovietiche penetrarono nel territorio del Reich in Prussia orientale, dando inizio a selvaggi stupri e uccisioni di massa, che saranno la regola anche nel cuore del Reich (ben diverso fu il comportamento delle truppe russe imperiali 1914-1915, nonostante il timore che incutevano, massime i cosacchi, e qualche voce calunniosa sulla stampa tedesca del tempo)…tristemente celebre fu, sin dall’ottobre 1944, il massacro di Nemmersdorf che coinvolse anche i bimbi innocenti
      il peggiò però doveva ancora venire….e venne nel 1945
      nel gen 1945 il fronte Est franò
      il30/3/1945 i sovietici entravano a Danzica
      io 9/4/1945 Königsberg, la città di Kant, si arrendeva (dal 4/7/1946 sarà nota come Kaliningrad),..il gen. Lasch che avrebbe dovuto difenderla usque ad mortem fu accusato di codardia, donde il gioco di parola lasch-lâche (in francese)..Hitler lo condannò a morte in contumacia e fece imprigionare la famiglia..ma ormai il Reich era alla fine
      la Polonia guidata dai comunisti espulse TUTTI i tedeschi da Prussia orientale meridionale, Pomerania, Slesia, Brandeburgo orientale, Grenzprovinz Posen-Westpreußen e dai territori già polacchi prima del 1/9/1939 (inclusi alcuni che non erano tedeschi neppure nel 1914..si sa i nazisti abbondavano nelle loro circoscrizioni amministrative :D); restarono solo quelli che si finsero polacchi ma sino al 1989 non osavano definirsi tedeschi e hanno qualche timore anche oggi; specialmente in Slesia furono sostituiti da polacchi della Galizia orientale (Lwów, Lviv) divenuta nel 1944-1945 sovietica (lo fu già nel 1939-1941): io stesso ho conosciuto una ragazza slesiana polacca di Gliwice (Gleiwitz), di origine galiziana
      l’URSS espulse tutti i tedeschi dalla Prussia orientale settentrionale (oggi oblast’ russo di Kaliningrad) ma quelli di Memel (Klaipėda) si mimetizzarono in parte con i lituani, nella LTSR (Lituania sovietica)
      i cechi con estrema brutalità cacciarono tutti i tedeschi dei Sudeti e vi furono pure espulsioni dei tedeschi di Slovacchia, forse meno sistematiche (si noti, i tedeschi dei Sudeti non sono stati indennizzati neppure oggi dal governo ceco che mantiene le leggi discriminatorie di Beneš, alla faccia dell’UE !!! ma si sa, contro i tedeschi è permesso tutto :D)
      vi furono espulsioni anche dall’Ungheria e dalla Jugoslavia di Tito (dove nel 1944-1945 avvennero diversi massacri, Banato ecc.)
      in Romania, invece, i tedeschi (sassoni e svevi) in gran parte restarono e non furono espulsi; molti emigrarono, pagando una forte tassa, sotto Ceauşescu (dopo il 1967 quando la Romania stabilì relazioni diplomatiche con Bonn, 1° Stato dell’Est a parte la Jugoslavia con cui però, in quel momento, erano interrotte, dal 1957, allorché Tito riconobbe la “DDR”) o, liberamente, dal 1990 in poi
      inoltre la Germania fu privata di territori tedeschi da secoli e di città germanissime come sStettin (Szczecin) e Breslau (Wrocław)
      la Germania di Adenauer, Erhard e Kiesinger (1949-1969) però continuò a rivendicare ufficialmente, oltre alla zona sovietica (vulgo nota come “DDR”) i confini del 1937 (quindi non i Sudeti, la cui popolazione tedesca fu perciò ancora più abbandonata e neppure Danzica e Memel)
      ancora nel 1957 la CDU faceva campagna elettorale con questo slogan “Das ganze Deutschland soll es sein. Für ein eingeteiltes Vaterland durch die CDU !” (la Germania deve essere tutta intera. Per una patria indivisa, vota CDU !” e si vedeva una cartina con in bianco la Germania libera (BRD, cap. provvisoria Bonn..all’epoca non si aveva paura a definirla l’ “erede legale” del vecchio Reich, 1871-1945), in giallo la “zona di occupazione sovietica” (cosiddetta DDR) e in nero i territori occupati dalla Polonia popolare (Slesia, Brandeburgo orientale, Pomerania, provincia di confine Posen-Westpreußen cioè i resti di quelle due province rimasti tedeschi anche nel 1919, Prussia orientale del sud) e dall’URSS (Prussia orientale del nord, in RSFSR)
      solo il 12/9/1990 (Trattato 2+4) la Germania riconobbe esplicitamente, in quanto “conditio sine qua non” delle Potenze “vincitrici” per la riunificazione, il confine Oder-Neiße (la cosiddetta “DDR” lo aveva già “riconosciuto” il 6/7/1950 a Zgorzelec in un “trattato” con la Polonia marxista)
      ad inizio del 1957, per la prima e che io sappia unica volta, la Cina nazionale di Chiang Kai-shek (governo all’epoca riconosciuto dall’ONU come legittimo rappresentante di tutta la Cina, anche nel Consiglio di Sicurezza) pose alle Nazioni Unite la questione dei tedeschi dei Sudeti, fra l’ira e le alte grida dei comunisti e dei loro compagni di viaggio
      poi più nulla
      il germanesimo all’Est (la cui agonia, per quanto riguarda la Prussia in senso lato, è mirabilmente descritta da Jürgen Thorwald ne “La Grande Fuga”) è venuto alla fine millenaria nella quasi totale indifferenza
      sic transit gloria mundi

      • mirkhond scrive:

        Tutto questo è drammaticamente vero, e, anche se poco conosciuto in Italia, l’argomento dell’emigrazione forzata di 16.000.000 di Tedeschi dalle terre ad est dell’Oder, non è ignoto nel campo degli studi.
        Penso al testo di Giudo Knopp, Tedeschi in Fuga, che parla del dramma della Prussia orientale nell’inverno 1944-1945.
        E comunque, ricordiamo che tutto questo fu la vendetta per il comportamento tedesco nei territori polacchi e sovietici occupati nel 1939-1944, il tutto in un clima di nazionalismo esasperante, anche da parte non tedesca, in linea col pensiero risorgimentalista dell’epoca….
        ciao!

  5. Moi scrive:

    Il nesso con Berlusconi, perdonatemi, ma non lo colgo proprio …

  6. Stefano scrive:

    C’è gente destinata a non capire mai un c…, per tutta la vita. A pagarne le conseguenze, tanto, sono sempre gli altri, quelli che capiscono benissimo, ma non possono farci niente.

    • Peucezio scrive:

      Ma chi sarebbe colui che capisce quali sono quelli che capiscono e quelli che non capiscono?

    • Peucezio scrive:

      Mi riferisco al fatto che Stefano ha affermato in modo apodittico che ci sono alcuni che non capiscono niente e altri che capiscono benissimo. Poiché potrebbe esserci un altro che sostiene che quelli che secondo Stefano non capiscono niente invece capiscono tutto e viceversa, mi chiedo come facciamo a capire a chi dobbiamo dare retta, per capire chi capisce e chi no.

  7. Miguel Martinez scrive:

    Per Moi

    “Il Continuum Culturale (!) Colonialismi-Risorgimenti(!)-Totalitarismi è molto interessante; purtroppo poco studiato, probabilmente perché scomodissimo.”

    Ho appena finito di leggere un libro interessantissimo proprio su questo tema, Alberto Mario Banti, Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo.

  8. mirkhond scrive:

    Per Moi

    E’ proprio per i motivi che hai indicato NON riesco a sentire come mio lo stato piemontitaliano creato nel 1860-1861, e non credo che gli “Italiani” siano un unico popolo, proprio per la grande ricchezza e VARIETA’ di soggetti etnico-culturali-politici PREunitari, distrutti dal rullo compressore del nazirisorgomentalismo otto-novecentesco, e con danni irreparabili in delicatissime e splendide aree di frontiera come il Litorale Adriatico da Trieste a Cattaro, o l’area tedesco-slava-baltica tra Reval/Tallinn e Stettino….
    ciao!

  9. mirkhond scrive:

    Per l’area tedesco-slavo-baltica, ovviamente il riferimento è ai nazionalismi tedesco, e, in misura minore, a quelli polacco e baltico-lituano….

  10. Miguel Martinez scrive:

    Per Mirkhond

    “Anche per me era incomprensibile l’amore di molti miei parenti di sangue e acquisiti per il fascismo”

    Credo che sia una questione antropologica affascinante.

    Lasciamo perdere per un momento gli oggetti cui si rivolge l’affetto di Umberto F., e quindi le grandi questioni politiche. Ecco alcune cose che mi vengono in mente:

    1) Ho sentito tante storie di silenzioso coraggio in quegli anni. Da una parte, contrasta con il luogo comune sugli italiani poco eroici, dall’altra sono cose inimmaginabili oggi, come è inimmaginabile lo stoicismo con cui sono state vissute le sofferenze di quegli anni.

    2) C’era evidentemente un elemento non razionale, ma nemmeno sentimentale, che è andato perduto: la “fedeltà al re” (o magari il dovere verso la “rivoluzione comunista mondiale”) non era semplicemente un urlo calcistico, ma qualcosa per cui ci si giocava la vita, e non in un solo momento, ma respingendo le offerte dei reclutatori della Repubblica Sociale.

    3) Questo atteggiamento non riguardava solo contadini abituati alla miseria, ma anche buona parte del ceto borghese di allora, come dimostrano le lettere a casa, nella prima guerra mondiale, di tanti soldati – non dopo un mese in trincea, ma dopo due o tre anni.

    4) Questo elemento non razionale comprende un muro di ottusità, per cui la discussione con simili persone è (ormai, era) sempre a senso unico: loro affermavano le loro certezze, tu provavi a dire qualcosa, e quelli ripartivano come un disco rotto. Insomma, non capivano nemmeno cosa significasse spiegarsi e ragionare.

    5) Il dispositivo che teneva in piedi queste persone non era qualcosa di antico, ma un’ideologia artificiale, inventata in pieno Ottocento, di devozione alla Patria, che deve essere stata inculcata con la stessa determinazione con cui l’URSS rieducava i propri cittadini. Oggi ci fa ridere, ma è stata una forza immensa, con chiara continuità dal Risorgimento al Fascismo.

    6) Tutto ciò è semplicemente incomprensibile oggi: gli unici frammenti che rimangono della grande cultura del Dovere sopravvivono tra persone che hanno vissuto l’esperienza del PCI – non mi riferisco al “dovere verso il partito”, ma anche verso lo Stato, la scuola, pagare le tasse e cose simili. In questo, Umberto F. e un comunista toscano sono molto più simili tra di loro che agli attuali esponenti della destra o della sinistra.

    7) Umberto F., dopo la guerra, probabilmente aveva molti limiti. Però non era un traumatizzato: e questo fatto apre l’affascinante questione della natura storica della psiche umana.

    Perché chi ha vissuto gli ultimi giorni del Kriegsgefangenenlager era molto più sereno di chi, oggi, è stato piantato dalla fidanzata o ha visto fare a botte in una rissa?

    Che cosa è cambiata nella nostra sensibilità, e perché?

    8 ) Perché Umberto F. tifava Berlusconi (come chiede Moi)? Cioè, come ha fatto il sorridente signor bungabunga a raccogliere l’eredità dei solenni e baffuti Savoia? Noi sappiamo che i Savoia erano un branco di briganti, ma la loro immagine era profondamente seria e austera – erano il Dovere incarnato.

    Avere la risposta a questa domanda ci potrebbe aiutare a capire molte cose sulla Destra italiana.

    Tra parentesi, la figlia di Umberto F. mi assicura che suo padre non ha mai parlato dei comunisti – “forse non sapeva nemmeno che esistevano”, mi ha detto: l’anticomunismo quindi non basta come spiegazione.

    • PinoMamet scrive:

      “Perché chi ha vissuto gli ultimi giorni del Kriegsgefangenenlager era molto più sereno di chi, oggi, è stato piantato dalla fidanzata o ha visto fare a botte in una rissa?

      Che cosa è cambiata nella nostra sensibilità, e perché?”

      Mi associo alla domanda. Questo mi sembra davvero uno dei più grossi cambiamenti antropologici degli ultimi decenni.
      Più ancora delle virago di moda, citate in altri commenti (anche in quelli al post precedente), che in fondo hanno precedenti letterari.

      “Quella donna sì che aveva le palle” è una frase che riuscirei a immaginarmi detta da mio nonno (in modo diverso: mio nonno non è mai stato volgare);
      mentre “ho avuto una paura!”, in tono quasi di vanteria, come si sente quasi sempre nei servizi giornalistici, quello no.

      • mirkhond scrive:

        Anch’io mi pongo da tempo la stessa domanda di Pino sul mutamento antropologico avvenuto nell’occidente di oggi, proprio pensando a ciò che ha passato la generazione dei miei nonni, tra guerre, bombardamenti a tappeto, lunghi anni di lontananza da casa al fronte e/o in lager in condizioni spaventose…
        Generazione, quella dei miei nonni, che, nonostante tutto era forte e guardava con pragmatico ottimismo alla vita…
        Mio padre mi diceva che ancora ai tempi della sua gioventù, negli anni ’50-’60, non c’era tutta l’infelicità e la depressione di adesso, e mia madre ci ha messo 15 anni per accettare la malattia di mia sorella…
        Perché è così? Perché noi, più benestanti, più colti, che mangiamo e abbiamo cose che ancora i nostri genitori se le potevano solo sognare nella loro infanzia e giovinezza?
        Perché esistenze molto dure e con pochissime carezze e moltissime stampate, a partire dalla famiglia, erano sopportate meglio?
        Il benessere e la tecnologia ci hanno rammolliti?
        Sono domande che mi pongo da anni, ma a cui non riesco a trovare una risposta soddisfacente, e coll’animo focoso che ho, penso che anche a quei tempi difficilmente avrei avuto la forza di sopportare ciò che ai miei occhi appariva un’oppressione, in famiglia e nella società….

      • Peucezio scrive:

        Questioni di grandissimo interesse, non c’è dubbio.
        esisterà pure un’unità biologica del genere umano, nello spazio e nel tempo (almeno sul breve periodo), ma ci sono fattori ambientali che hanno il potere di forgiare le persone in modo profondissimo, se non nella loro essenza (che è una categoria un po’ astratta, metafisica), nelle loro strutture fondamentali.
        Anche la questione del passaggi dal binomio Re-Duce al Berlüsca è di notevole interesse. Io ne intuisco molto vagamente il meccanismo, ho presente diverse persone molto anziane, che ora non ci sono più, che quando Berlusconi “scese in campo” gli furono favorevolissime senza riserve e in modo poco mediato razionalmente, direi d’istinto. E’ una cosa che provo anch’io, anche se poi sono anche in grado di elaborarla razionalmente, solo che io sono nato tre generazioni dopo queste persone, che tra l’altro erano donne dal carattere piuttosto austero, quindi non esattamente in sintonia con lo spirito gaudente e ammiccante del berlusconismo.

  11. 8 ) Perché Umberto F. tifava Berlusconi (come chiede Moi)? Cioè, come ha fatto il sorridente signor bungabunga a raccogliere l’eredità dei solenni e baffuti Savoia?

    Mai dimenticare due cose fondamentali:
    1) il bisogno, a volte del singolo a volte del gruppo, del Messia;
    2) la televisione, che centuplica la velocità di riscrittura della storia, specie di una storia che non è possibile (ri)vivere.

    Prima della tv c’erano filosofi e letterati a fare danno: ora non servono più, a meno che non si riciclino come strateghi nei vari think tank.

    • Moi scrive:

      Interessante il punto 2 : in un certo senso internet è “peggio ancora” della televisione; nell’ altro invece può esserne (ma non è assolutamente detto che lo sia per tutti quanti !) un prodigioso “antidoto” … offrendo documentazione, spunti di riflessione e possibilità di confronto dialettico dapprima impensabili.

      • Internet pericolosa?!?!
        Fortuna che c’è facce-un-buc!

        Il modo migliore per ammazzare internet consiste non nel combatterla, ma nel convogliare la gente verso una sottointernet: il nuovo recinto per le bestie da soma, schiavi felici di esserlo.
        C’è da rimpiangere la monotonia della tv.

  12. Francesco scrive:

    insomma, il Re e il Duce si sono fatti la guerra, non esiste una forma mentis che permette di non vederlo e di dover scegliere (o almeno lamentare un tragico dissidio)

    in effetti Mussolini e Berlusconi sono apparsi in uno scenario “simile” di Parlamento sputtanato, inconcludente, parlatoio, inducendo a confidare in un singolo uomo di forte volontà e grandi capacità

    va da sè il giudizio su quanto queste si siano rivelate illusioni

    • Moi scrive:

      Secondo certe interpretazioni, il Re, essendo una mezzapippa, stravedeva per quel Virile Ragazzone di Predappio che incarnava tutto ciò che il Re avrebbe voluto essere. In un certo senso vedeva in lui il suo “avatar” 🙂 …

      • Moi scrive:

        Soprannomi dialettali e non _ a suo tempo_ del Re Vittorio Emmanuele III usati dal “popolino” :

        “Sciaboletta”, “Al Rà Pipén” , “Al Rà Pugnàtta” , “Vittorio Emmanuele Mezzo”, ecc … ciò la dice lunga !

  13. Moi scrive:

    Mussolini non era altissimo (quanto non lo so) però era indubbiamente il classico uomo forte e robusto di origine contadina.

    Cercando, ho trovato questa :

    http://static.guim.co.uk/sys-images/Guardian/Pix/maps_and_graphs/2011/10/18/1318929391741/World-leaders-heights-gra-008.jpg

    lui non c’è, ma … si notino i due personaggi in bianco e nero “riesumati” 🙂

  14. Francesca scrive:

    Ciao,
    “prima” una polmonite ammazzava te, la tua fidanzata, o tuo marito nel giro di una settimana. Oggi un po’ meno. Era cosa del tutto normale vivere i cambiamenti nelle relazioni affettive con un atteggiamento assai diverso dal nostro.

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