Uns ist in alten mæren wunders vil geseit

Uns ist in alten mæren wunders vil geseit
von helden lobebæren, von grôzer arebeit,
von freuden, hôchgezîten, von weinen und von klagen,
von küener recken strîten muget ír nu wunder hœren sagen.”

“Nelle antiche storie, si raccontano molte meraviglie. Di eroi famosi, di tremende lotte, di gioie, di tempi di festa, di lacrime e di sofferenza, delle lotte tra coraggiosi uomini d’arme. E ora cose meravigliose potrete udir narrare.”

Sono i primi versi del Nibelungenlied, scritti attorno all’anno 1200.

E sono forse il miglior commento alla vicenda di cui abbiamo parlato ieri, spiegando perché Teresa ha cambiato casa.

Ieri, ho avuto la fortuna di ricevere in privato un messaggio di Guido, un amico dotato di rara lucidità; e fondo insieme ciò che lui mi ha scritto, e ciò che le sue parole hanno suscitato in me.

Parlare di Rom (o di qualunque altra cosa) vuol dire quasi necessariamente alimentare una delle storie che ci raccontiamo a proposito di noi stessi, la grande trappola narrativa in cui ci in-cantiamo.

La prima storia sui Rom ci parla di un popolo che con il suo spregevole parassitismo, la sua lussuosa pezzenteria fatta di catapecchie e di Mercedes, ci ricorda ogni giorno perché noi siamo superiori. Questa è la narrazione assolutamente maggioritaria in Italia, ma poiché ci insegnano che viviamo nel migliore dei mondi possibili, viene contemporaneamente tenuta quasi nascosta.

La seconda esprime i desideri notturni dell’occidentale alienato: ieri Moi e altri commentatori hanno portato una mole impressionante di fonti che potremmo definire “romantiche” sugli zingari simboli della libertà e della spensieratezza, gemelli occidentali degli Indiani Ecologisti d’America. E anche questo ci dice molto su di noi, e molto poco sui Rom.

La terza storia non è esattamente una storia. Dice, ci sono dei Cittadini Europei di Etnia Rom (e chi ha mai trovato interessante saperne di più su dei Cittadini?) che vengono perseguitati da razzisti dementi; i razzisti dementi sono prossimi alla Lega Nord; la Lega Nord è alleata di Berlusconi e quindi, a morte Berlusconi!

Tutte e tre queste narrazioni hanno alcuni meccanismi in comune.

Il primo è che le conclusioni, alla fine di ogni narrazione, confermano le premesse. C’era chi già si sentiva superiore nella sua occidentalità – fatta magari di un lavoro precario in un call center; chi si sentiva già romantico e alienato; e chi già voleva mettere a morte Silvio Berlusconi per le sue barzellette.

I fatti servono quindi solo a condire ciascuna narrazione, e vanno vigorosamente censurati se vanno in senso contrario.

Tutte e tre le narrazioni si sottopongono allo stesso giudice, che potremmo definire il sistema valoriale liberale capitalista diffuso. La democrazia, inesistente come potere del demos sui meccanismi dell’economia, si sfoga in una sorta di perpetuo tribunale, un panopticon in cui ogni  Cittadino-guardone spia gli altri, per esaltarli o per condannarli: l’inquisizione popolare ai tempi di Facebook, senza nemmeno la profonda cultura che avevano gli inquisitori veri.

Nell’incessante processo cui i consumatori dei media sottopongono l’intera specie, a caccia di devianze dal Grande Luogo Comune, i fatti non sono fatti, ma unicamente prove a carico e a difesa.

Raccontare un fatto vuol dire già schierarsi (se no, perché parli?): io mi sono preso mille maledizioni in passato dagli xenofobi per le storie, diciamo positive, che ho raccontato sui Rom; e mi sento quasi male a non essermi preso ancora una maledizione dallo schieramento antirazzista per aver raccontato la storia di Samira.

Porti acqua al mulino del mio nemico!“, gridano gli uni, ogni volta che racconti un fatto di cui i loro avversari potrebbero approfittare.[1]

Ora, non avendo mulini né grano da macinare, ed essendo avversario di tutti e di nessuno, credo che l’acqua delle storie debba scorrere liberamente dove vuole.

Ho anch’io la mia generalizzazione da fare sulle storie dei Rom. O di tante altre comunità, anzi diciamo della grande maggioranza dell’umanità: è l’Occidente (in senso ideologico) a costituire una curiosa anomalia nel mondo.

La prima cosa è che si tratta di storie. Cioè sono un pugno nello stomaco, come ha detto un commentatore; sono vita direttamente vissuta. L’amore, l’astuzia, la pigrizia, le malattie misteriose, l’inganno, il sangue, il bambino che brucia nel rogo della roulotte, la fame, l’odio, le botte, l’onore vendicato, il freddo per la strada, i figli portati via, non sono mai concetti.

Anche il mondo invisibile è presenza viva: i vampiri che ti cercano nella notte, il paradiso, l’inferno, la fattura che ti fa ammalare e ti fa diventare bianca bianca la pelle e non riesci più a mangiare, i morti che ti parlano nel sogno. Nulla a che fare con i Valori, come li chiamano i cattolici (e gli atei).

Le storie dei Rom sono specchi in cui vediamo noi stessi.

E quando ascolto le loro storie  – antiche storie, dove si raccontano molte meraviglie – mi rendo conto che la difficoltà di condividere nasce da una mia insensibilità, una tendenza incontrollabile ad anestetizzare il mondo attraverso le astrazioni. Giustizia, Diritti, Libertà,  Oppressione, Fascismo, Comunismo, Patria, Razzismo, Uguaglianza, Popolo, Valori, tutta la sfilata degli idoli con le maiuscole, insomma, che rendono così spiegabile il mondo per noi che apparteniamo al grande ceto intellettuale subalterno.

Nella realtà, esistono solo le persone, non esistono le astrazioni. Eppure noi, in base alle astrazioni, giudichiamo, condanniamo, incarceriamo e talvolta uccidiamo le persone.

Qualche anno fa, io e la mia piccola sorella Rom, zingara, zoppa, musulmana se vi pare, abbiamo incontrato insieme un numero incredibile di persone, diversissime tra di loro. Una processione di italiani che andava da antirazzisti a militanti anarchici, da signore borghesi a leghisti e fascisti conclamati.

Lei ascoltava in silenzio, sulle sue stampelle, e solo dopo mi faceva le imitazioni dei tic e delle stranezze di ciascuna persona, e mentre ci piegavamo in due dalle risate, mi diceva di chi mi sarei potuto fidare, e di chi no. E vi assicuro che i suoi giudizi non avevano nulla a che fare con le idee politiche delle persone, di cui ovviamente a lei, come a quasi tutti i Rom, non gliene importava radicalmente nulla.

Nota:

[1] E infatti un commentatore, tutto contento perché crede che io abbia portato un’altra Prova per la sua parte, ha scritto:

Ecco il maschilismo di certe culture.
A leggerne sono fiero di far parte dell’Occidente e di condividerne i Valori, uno dei quali è che le donne non si picchiano, neanche per “amore”, e che i picchiatori vanno portati immediatamente in tribunale e messi in prigione da dove si spera non ne  usciranno per molti anni (buonisti di sinistra permettendo).”

Preciso che non ho nulla contro il commentatore in questione, e anzi attendo sempre di incontrarlo per farmi offrire un panino al kebab, come da lui promesso (paga lui, mangio io).

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78 risposte a Uns ist in alten mæren wunders vil geseit

  1. Moi scrive:

    http://www.eolopress.it/eolo/index.php?option=com_content&view=article&id=3789:minacce-e-attentati-il-grido-di-dolore-di-nello-rega&catid=106:primo-piano&Itemid=194

    Occidente è anche Chi, come Nello Rega, non si è lasciato spaventare e continuando a esercitare la Libertà di Espressione …

    🙂 😉 🙂 😉

    • Buleghin il vecio scrive:

      Ho dato un’occhiata al link…ed ho visto Nello Rega “de visu”!
      Ho improvvisamente capito perchè è stato lasciato dalla morosa libanese!
      Sono forse razzista?!

      • A guardar bene la foto è anche un po’ sgranata.
        Meglio così: questo ha sicuramente mitigato il tuo giudizio.

      • Moi scrive:

        @ BULEGHIN

        Se e solo … se è un fatto estetico, perché allora la Libanese si era messa dapprima con lui ? La tua è una teoria in contraddizione con i fatti.

        … Quanti “sghèi” tì g’ha ciapà da Nasrallah, Dio C** ? : -) 😉

        Ove, com’è noto , l’ ultima piamente censurata esclamazione veneta semplicemente traduce (!) l’ Italiano :

        “Orsù, renditi conto che la tua affermazione di cui sopra non soddisfa i requisiti della Branca della Matematica denominata Logica Formale fondata da Leibniz ! … Ergo non si può che supporre che tu stia consapevolmente indugiando negli infingimenti causa un segreto vantaggio personale !”

        Peccato che né Sapir né Whorf si siano mai interessati del “Modello Linguistico dell’ Universo” Veneto, chissà cosa avrebbero scritto !

        🙂 😉

        • falecius scrive:

          Un mio conoscente vicentino ha teorizzato “la bestemmia come collante semantico”. Credo potrebbe diventare un interessante contributo alla linguistica generale.

        • Moi scrive:

          @ FALECIUS

          So che gira la formula “il dialetto rafforza il concetto” … secondo me dipende dalle zone, per l’ EmiliaRomagna sostituirei “rafforza” con “sdrammatizza”, senza esitazione. 😉

        • Moi scrive:

          Ma sarei curioso di sapere se invece in Meridione il dialetto anzicché “sdrammatizzare” fosse volto invece a “drammatizzare” … più di tanto non me ne sirprenderei.

          Cmq ripeto: in EmiliaRomagna il dialetto “sdrammatizza” …

  2. la timida scrive:

    Io non ho commentato perché non mi è parsa mica una storia chissaché. Comunque ecco i miei commenti:
    1) Il mondo è pieno de scemi, come si dice a Roma. Unica nota di razzismo (mio): spesso purtroppo tali scemi sono maschi.
    2) Mi sembra una storia che succede in mille condomìni di tutta Italia. Una giovane sposa fa amicizia con l’anziana vicina, si confida, ne fa una parente quasi. In periferia, nei piccoli centri, al Sud, succede spesso. Specialmente se la sposa è lontana dalla propria famiglia.
    3) Amiche che lavorano nei centri antiviolenza mi dicono che MOLTE, quasi tutte le donne picchiate sviluppano una strana complicità col marito/carnefice e non vogliono lasciarlo, bisogna quasi costringerle. E parlano di donne italiane. Di laureate, talvolta. E’ un meccanismo psicologico che prescinde dall’etnia, purtroppo.

    Il resto sono pippe mentali di gente che vuole sentirsi superiore agli altri. Ai rom, ai meridionali, ai grassi, ai laziali, a chiunque capiti a tiro in quel momento.

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  4. Francesco scrive:

    non sono d’accordo col tuo nichilismo anti-intellettuale, anzi anti-pensiero e basta

    mi pare che tu finisca per inserirti pienamente nel caso (B): sei già convinto che i concetti non servono a nulla e i Rom-Sciamani-Veri Umani Non Pensanti ma Ridenti te lo confermano

    mi sbaglio forse?

    ciao

    PS pagherei per vedere i miei tic rifatti dalla tua sorella e anche per conoscerne l’opinione su di me. che cosa brutta ho scritto, volevo dire che mi farebbe molto piacere

  5. Dunque…
    molte donne vengono picchiate e non si ribellano, né solo subiscono passivamente ma in più sviluppano una discutibile forma di affetto;
    molti esseri umani vengono schiacciati dagli immaginari con le iniziali maiuscole e non si ribellano, né solo subiscono passivamente ma in più sviluppano una forma di discutibile affetto.

    Mi viene da pensare che verso le persone distorciamo le forme per adeguarle ai sentimenti, con le ideologie e gli immaginari distorciamo i sentimenti per adeguarli alle forme.

  6. Peucezio scrive:

    Miguel, sei sempre un grande!

  7. Moi scrive:

    “Uns ist in alten mæren wunders vil geseit
    von helden lobebæren, von grôzer arebeit,
    von freuden, hôchgezîten, von weinen und von klagen,
    von küener recken strîten muget ír nu wunder hœren sagen.”

    “Nelle antiche storie, si raccontano molte meraviglie. Di eroi famosi, di tremende lotte, di gioie, di tempi di festa, di lacrime e di sofferenza, delle lotte tra coraggiosi uomini d’arme. E ora cose meravigliose potrete udir narrare.”

    —–

    Tuttavia, se oggi qualcuno volesse fare un film sui Nibelunghi, sarebbe costretto (!) se vuole entrare nel circuito “mainstream” a tributare alle Femministe una spece di “Lady Oscar di Turno” 😉 🙂 … cosa che per uno dei più recenti film sui Cavalieri della Tavola Rotonda fu fatta per Ginevra, Indòmita Celtica Pagana di una tribù rifugiatasi nell’ entroterra ma cresciuta e addestrata come un uomo, anzi un Guerriero, e destinata a innamorarsi del Futuro Re Cristiano Artù …

    • Moi scrive:

      In effetti la famosa Politica delle Quote Rosa è iniziata con l’ Industria dell’ Intrattenimento nel genere ” Azione “… 🙂

      • falecius scrive:

        Uhm, io darei la “colpa” a Catherine Lucille Moore e alla sua introduzione di figure femminile nella letteratura d’avventura su riviste … 🙂

      • PinoMamet scrive:

        L’introduzione della “donna d’azione” nei film (su fumetti e romanzi fantasy non sono ferrato) ricalca in parte lo schema seguito con le minoranze, quella nera in primis.

        In più c’è sempre l’elemento sexy che attrae anche il pubblico maschile, quindi la cosa funziona su due versanti, e per un decennio se non di più siamo stati un po’ inondati da queste figure filmiche di “donne cazzute”, ormai clichè.

        Interessante la cosa che dice Moi sulla contrapposizione paganesimo (ovviamente “celtico”) e cristianesimo negli ultimi film arturiani, che mi sono perso (senza alcun rimpianto, devo dire).
        Vuol dire che ormai i (neo)pagani celtici sono normalità.

        • mirkhond scrive:

          A me quel tipo di film e quel tipo di donne, con quel look da leonesse, da sadomaso, mi hanno sempre fatto cagare….
          E fin da ragazzino ho cercato di difendermene il più possibile, guardando meno (cattiva) tivù possibile, confermando la mia natura di alieno proveniente da un altro mondo….
          ciao

        • PinoMamet scrive:

          Idem!
          Ma so’ gusti…

          comunque penso che il riferimento al mondo sadomaso da parte di registi attori costumisti ecc. fosse, nella maggior parte dei casi, assolutamente voluto e cercato.

          Un po’ tipo i cameraman della Rai che vanno sempre a cercare i particolari non solo di prevedibili scollature, ma anche di piedi, tacchi ecc.:
          pure i feticisti fanno pubblico!

          Ho un’amica che per un certo periodo ha fatto la speaker di un TG su un canale digitale, e si era accorta di essere finita come thread su un forum apposito (e quanto pare molto frequentato) che commentava le telegiornaliste!

        • Moi scrive:

          http://www.youtube.com/watch?v=mQd3MwT2fAM

          Persino nell’ ultima versione dei Tre Moschettieri c’è una “Action Milady De Winter” … va be’, per rendere “credibili” i vascelli volanti (!) da guerra c’ è la sotto-storia di un progetto di Leonardo Da Vinci trafugato !

        • mirkhond scrive:

          Di fronte a questo trailer mi sento come il povero Dante Cruciani….
          Mi chiedo se il segreto del fascino di massa per questi “capolavori” hollywoodiani sia dovuto alle trame, o agli abbondanti condimenti di effetti speciali, così da rendere lo spettacolo scorrevole e spensierato, senza riflettere su dialoghi e azioni sempre più veloci, stressanti e assurdi, impossibili nella vita reale di chi guarda tali schif…ehm capolavori….
          Che per me quello che ho visto, può bastare….
          ciao

        • Non credo siano (neo)pagani, piuttosto un alone di “simpatia” che poi è il sostrato su cui nascono i celtisti e tutto il resto. Un po’ come gli odinisti che prendono linfa da una certa cultura metal che però non è tutta neopagana, ma naviga piuttosto tra l’ateismo, un vago deismo e l’anticristianesimo.

        • PinoMamet scrive:

          ” Di fronte a questo trailer mi sento come il povero Dante Cruciani….”

          🙂

    • Moi scrive:

      specIe ..

  8. Moi scrive:

    ” Tutte [e tre] le narrazioni si sottopongono allo stesso giudice, che potremmo definire il sistema valoriale liberale capitalista diffuso. La democrazia, inesistente come potere del demos sui meccanismi dell’economia, si sfoga in una sorta di perpetuo tribunale, un panopticon in cui ogni Cittadino-guardone spia gli altri, per esaltarli o per condannarli: l’inquisizione popolare ai tempi di Facebook, senza nemmeno la profonda cultura che avevano gli inquisitori veri.

    Nell’incessante processo cui i consumatori dei media sottopongono l’intera specie, a caccia di devianze dal Grande Luogo Comune, i fatti non sono fatti, ma unicamente prove a carico e a difesa. ”

    ***If Facebook Pages Were Real***

    http://www.youtube.com/watch?v=tu0vVoRpTKI

    Proprio vero che la realtà supera la fantasia …

  9. Claudio Martini scrive:

    E’ vero, io anestetizzo continuamente il mondo mediante astrazioni; e mi scontro spesso con chi usa astrazioni diverse.
    Tuttavia, non ne posso fare a meno. Nel mondo c’e troppa roba; se non lo semplificassi costantemente finirei travolto.

  10. mirkhond scrive:

    Ciò che a mio parere, è ammirevole di Miguel Martinez, è proprio quel suo “distacco professionale” tipico dello studioso vero, che analizza i fatti partendo sì da un ideale, come tutti noi ovviamente, ma sforzandosi il più possibile di comprendere la problematicità, la complessità, la contraddittorietà degli eventi, delle storie, a volte degli stessi esseri umani….
    Una dote ammirevole e davvero non da tutti, ma che al sottoscritto difetta non poco, soprattutto quando la passione prende il sopravvento sull’analisi….
    E però quando la vita vissuta, eventi che cambiano molti aspetti della tua vita, ti costringono a rivedere tante cose che per te erano certezze e ora non lo sono più, allora anche il tuo modo di vedere le cose cambia….
    La vita è un terribile setaccio che ti costringe a separare il poco oro dalla tanta, troppa merda di cui questo mondo è pieno….
    Vorresti condividere la serenità, la luminosità fiabesca di Jam, ma per te non è proprio possibile e l’unica cosa che puoi fare è cercare di trarre le idee, i ragionamenti, dalle TUE esperienze, e qui Martinez ha ragione quando dice che il mondo è fatto prima di PERSONE e poi viene tutto il resto….
    Tutto il resto però, che la vita delle persone le condiziona eccome, spesso purtroppo anche con divisioni e scontri….
    Perciò mi piace questo blog, proprio perchè il suo colonnello proprietario e i vari commentatori mi aiutano, mi “costringono” a vedere le cose nella loro complessità e contraddittorietà, cosa che non trovo in altri blog, pur interessanti, ma più in bianco e nero, e più passionali come il sottoscritto….

  11. mirkhond scrive:

    Questo non toglie che, essendo parte di questo mondo, di questa società, pur sforzandoti di comprendere anche ciò che non ti piace, chi non ti piace, proprio non ci riesci e ciò che non ti piace, continua a non piacerti….
    Del resto anche Gesù dice che bisogna scegliere da che parte stare, che non si può restare (sempre) neutrali e/o indifferenti…..
    Per cui condivido anche ciò che disse Roberto, sull’insopportabilità nello stare, nel frequentare certe persone….

  12. mirkhond scrive:

    Quanto all’immaginario non so quanto il mio di immaginario rientri nella “norma” occidentale, ma è certo che per me, i vari rambi e soprattutto rambe, terribili virago con capelli leonini e stivaloni con supertacchi, hanno costituito un immaginario orrorifico, qualcosa da cui fuggire e non con cui identificarmi, come per i miei coetanei negli anni’80.
    Ricordo ancora la smorfia di scandalo di un mio compagno di scuola al ginnasio, quando alla domanda del nostro professore di latino, greco e italiano, su quale fosse il paese dei nostri sogni, mentre altri compagni citavano la Svezia, gli Usa, la Spagna ecc., il sottoscritto rispose : l’Iran e l’Iraq (che allora erano ancora in quella sanguinosissima guerra in cui Saddam Hussein era il paladino dell’Occidente contro il biekissimo und oscurantista Khomeini…)!
    L’islamofobia non c’era (o non era diffusa nei termini di oggi), ma l’amore per certi paesi, certe storie, quantomeno nell’immaginario di un quindicenne di allora, era davvero una roba da alienati, da strani, ed erano gli anni di reagan….

    • Francesco scrive:

      Saddam Hussein era un paladino dell’URSS e, parzialmente, della grandeur francese.

      Farne un paladino dell’Occidente mi pare eccessivo, fu appoggiato in funzione anti-khomeinista prima e “sennò qui crolla tutto e poi col petrolio è un casino” dopo.

      Non era esattamente un “nostro bastardo”, per citare non ricordo quale presidente USA (Eisenhower?)

      Anche perchè come tornò nemico dell’occidente fu di nuovo simpatico in certi circoli, peggiori dei giornalisti prezzolati che almeno hanno la scusa della minestra.

      • habsburgicus scrive:

        penso fosse Franklin Delano Roosevelt (4/3/1933-12/4/1945), a proposito del nicaraguense Anastasio Somoza (morto nel 1956) anche se usò l’espressione “our son of a bitch”; altri ascrivono la dizione “our bastard”, sempre a proposito di Anastasio Somoza, ad Harry Truman (12/4/1945-20/1/1953)…

  13. Miguel Martinez scrive:

    Per Mirkhond

    “Perciò mi piace questo blog, proprio perchè il suo colonnello proprietario e i vari commentatori mi aiutano, mi “costringono” a vedere le cose nella loro complessità e contraddittorietà, cosa che non trovo in altri blog, pur interessanti, ma più in bianco e nero, e più passionali come il sottoscritto….”

    Ti ringrazio molto. Il problema però non è la passionalità, che è sacrosanta, bensì l’accecamento. Che mentre stai caricando attraverso il bosco, non vedi i fiori che calpesti.

    • Peucezio scrive:

      Infatti il punto è proprio questo secondo me.
      La freddezza non c’entra molto: Miguel non è lo scienziato asettico e oggettivo, che seziona i fenomeni con la curiosità dell’entomologo. Perché anche lo scienziato asettico e oggettivo, che prova poca passione per gli esseri umani, ne prova invece molta per le sue teorie.
      Invece Miguel è l’opposto: gli interessano gli uomini e non le teorie.
      Ciò infatti che distingue Miguel dalla quasi totalità delle persone (me compreso) è il fatto che lui riesce a disfarsi di tutti i filtri ideologici e a valutare le cose per quello che sono e semmai interpreta le stesse ideologie come fenomeni che si comprendono comprendendo le persone che li producono.
      E’ ovvio che per fare ciò, ci vuole un equilibrio interiore non comune. Ma la mia impressione (non conosco Miguel personalmente) è che un equilibrio così non sia da interpretare come una sorta di quiete, di placido e imperturbabile distacco dal mondo, ma tutt’altro, come il risultato di un’interazione costante e fatta con passione, con partecipazione, quella di chi si mette in gioco, si spende, si immerge appieno nelle cose.
      Sbaglio?

      • Francesco scrive:

        >> lui riesce a disfarsi di tutti i filtri ideologici e a valutare le cose per quello che sono

        a me il nostro padrone di casa piace molto ma questo giudizio non mi vede del tutto d’accordo, a mio parere gli è che mette i filtri tra le righe, e che sono d’ideologica nè rozza nè banale

        anche se qualche, poche, volte, mi sa che ce li ho messi io e non lui

        🙂

      • mirkhond scrive:

        Infatti Miguel Martinez è un marxista anomalo proprio perché dall’osservazione dei fatti, cerca di giungere a delle conclusioni, conclusioni che lo portano anche ad andare oltre le sue idee di base (che naturalmente conserva come tutti noi…).
        Da questo suo non fanatismo, che lo porta a confrontarsi con chiunque, anche molto lontano da lui, si becca accuse di essere tutto e il contrario di tutto, come l’islamonazicomunismo, o l’agente del Vaticano e altre castronerie che di volta in volta gli sono state affibbiate e che lui ha sempre pubblicato sul blog…
        Hai ragione, non è da tutti smerdarsi, mettersi in discussione e, soprattutto accettare critiche e pareri molto distanti se non opposti ai suoi….
        ciao

      • serse scrive:

        “Ciò infatti che distingue Miguel dalla quasi totalità delle persone (me compreso) è il fatto che lui riesce a disfarsi di tutti i filtri ideologici e a valutare le cose per quello che sono”

        Per fortuna credo che molte persone si relazionino alla realtà in maniera diretta (non credo siano la maggioranza, sono pessimista) e abbiano a che fare con persone reali.

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Peucezio

        Io che l’equilibrio interiore me lo devo ricostruire continuamente 🙂 tutta questa attenzione agli individui me la sogno: forse per pigrizia, forse per deformazione professionale, ragiono molto meglio in termini di simboli astratti. Però nutro il dubbio che solo l’azione per simboli alla lunga sia efficace: gli individui saranno per sempre al di là della nostra piena comprensione. Chi corre dietro a un modello di solito i fiori li schiaccia; il prezzo pagato da chi si ferma a guardare i fiori è forse di arrivare poco lontano. Un prezzo, a buon guardare, che si puo’ accettare di pagare volentieri.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • mirkhond scrive:

          “Io che l’equilibrio interiore me lo devo ricostruire continuamente”

          Posso capire….
          ciao

        • Peucezio scrive:

          Andrea,
          sono in disaccordo radicale. E ammetto che questo disaccordo radicale, prima ancora che con te, è con me stesso.
          Ciò che c’è di buono in ogni modello è il fatto di rappresentare un’utile approssimazione alla realtà. Ma questo deriva solo dai nostri limiti conoscitivi e dalla nostra incapacità di comprendere la stessa in modo meno schematico e più sottile. Perché la conoscenza più perfetta e autentica della realtà è quella che la comprende così com’è, non quella che la distorce per adattarla allo schema. Se lo schema è simile alla realtà, semplicemente la distorce di meno, non è che è più reale della realtà.
          E se ciò vale a livello conoscitivo, vale a maggior ragione a livello operativo. Non è che curiamo meglio un malato (ammesso che il malato sia tale e ammesso che desideri essere curato, e da noi), se lo curiamo da ciò che riteniamo o ci fa piacere credere che abbia. Lo curiamo meglio, se pretendiamo di curarlo da ciò che ha effettivamente.

        • Peucezio scrive:

          Mi spiego meglio, perché potrei venire frainteso.
          E’ vero che non possiamo capire sempre a fondo gli individui. Ma il problema non sta nell’esito, ma nel metodo. Fra ciò che è magari anche più caotico e refrattario a uno schema, lascia dei buchi e delle lacune, recalcitra a lasciarsi cogliere a fondo, ma è più rispondente al reale e ciò che è perfetto e ogni parte si tiene col resto e forma un insieme armonico che dà conto di tutto, ma per fare questo fa violenza alla realtà, si deve sempre scegliere la prima cosa. Che poi il risultato sia imperfetto, pazienza, ma è il metodo che è buono e il risultato sarà comunque migliore che con l’altro metodo.
          Inoltre non vorrei sembrasse che io non creda nella sintesi e nell’astrazione.
          Si tratta di operazioni logiche fondamentali, che sono la chiave della comprensione del reale, altrimenti saremmo in un caos indistinto di percezioni contrastanti e incomprensibili. Ma la sintesi dev’essere sempre fatta avendo ben chiaro che si tratta di un mero strumento logico, che ha un valore empirico ed euristico e là dove finisce la sua utilità e si perde il nesso stretto con la realtà che si sta cercando di capire, lo possiamo buttar via.
          Io non solo credo che la sintesi sia importante quanto l’analisi, credo che lo sia anche un po’ di più e che spesso aiuti a cogliere l’essenza delle cose. Ma dev’essere chiaro che la sintesi nasce dalle cose, per capirle, non per fare violenza alla verità e trasformarla laddove essa ne sia difforme, perché allora la sintesi diventa mistificazione.
          E questo rispetto per la verità delle cose, che apparentemente sembra un’ovvietà, un fatto di buon senso, non ce l’ha quasi nessuno. Io apprezzo molto Miguel, proprio perché invece ce l’ha davvero questo rispetto.
          Ma chi non ce l’ha, non è che sia sempre in cattiva fede. In moltissimi casi anzi chi distorce la realtà in nome di un modello lo fa a suo modo in buona fede. Ma proprio perché in fondo ama di più il modello della realtà. E questo è comprensibile: il modello è una propria emanazione, mentre la realtà esiste indipendentemente da lui. Amare noi stessi è facile; la sfida è amare ciò che è altro, che esiste del tutto indipendentemente da noi e che ha una sua logica del tutto autonoma. Ma la grandezza sta proprio qui. Solo che in pochissimi vi attingono.

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Peucezio

          ‘disaccordo radicale’

          Come spesso succede, il nostro disaccordo è forse più apparente che reale. 🙂

          ‘più perfetta’

          Una conoscenza perfetta come la definisci tu è per definizione inattingibile (almeno se non consideriamo i voli pindarici tipo Simurgh cari alla nostra compagna di blog Jam). Conoscere è interagire: il fatto stesso di conoscere qualcosa lo modifica. Inutile farsene una colpa, visto che di conoscere non possiamo fare a meno: l’importante è rendersene conto.

          ‘semplicemente la distorce di meno, non è che è più reale della realtà’

          Dubito radicalmente che -al di là di un utile artificio dialettico- abbia un senso parlare di una realtà separata dal modo con cui la conosciamo. Di ciò di cui non possiamo parlare s’ha da tacere.

          ‘Non è che curiamo meglio un malato (ammesso che il malato sia tale e ammesso che desideri essere curato, e da noi), se lo curiamo da ciò che riteniamo o ci fa piacere credere che abbia. Lo curiamo meglio, se pretendiamo di curarlo da ciò che ha effettivamente.’

          Per noi che lo curiamo non c’e’ differenza. Che facciamo, non interveniamo arrovellandoci come Amleto col teschio in mano? Proprio questo è il punto: la coscienza della nostra radicale fallibilità non ci esime dalla responsabilità dell’agire. Il medico pietoso fa la piaga purulenta. O, per dirla più delicatamente: meglio rimpiangere di avere fatto che rimpiangere di non avere fatto. Mi ricordo con simpatia del protagonista de ‘Le mani sporche’ di Sartre: uno che ha il coraggio di fare non ciò che ‘è giusto’, ma ciò che ‘gli sembra giusto’. Lui lo sa che ci può essere differenza, ma sa di non poterci fare nulla, e che comunque in un modo o nell’altro le mani se le sporcherà. Il servo fedele della parabola dei talenti (da sempre la mia preferita) è quello che ha rischiato, non quello che il talento l’ha nascosto.

          ‘Ma dev’essere chiaro che la sintesi nasce dalle cose, per capirle, non per fare violenza alla verità e trasformarla laddove essa ne sia difforme, perché allora la sintesi diventa mistificazione.’

          Benvenuto nel club! 🙂 Un fisico, molto modestamente, parla di metodo scientifico. A un altro livello, Kant parla di giudizi sintetici a priori ottenuti con le categorie, mentre Russell parla di razionalistico buon senso, e di rasoio di Ockham. E a un livello forse ancora diverso, Nietszche canta l’ ”amor fati” (accettazione dell’inevitabile limitazione del nostro essere come condizione per vivere pienamente) e Epicuro invita tutti, ma dico tutti, a ragionare con la testa propria, non con quello che ci viene inculcato. (Ironicamente, nella parola ‘inculcato’ stavo dimenticando la lettera ‘c’: lapsus freudiano 🙂 )

          ‘Miguel’

          Lui è l’incarnazione vivente di una massima di Russell, che dice più o meno così: ‘è salutare, ogni mattina, prendere una nostra convizione radicata qualsiasi e immaginare cosa ci succederebbe se quella convinzione si rivelasse ad un tratto falsa’. Credo sia l’unico modo che abbiamo per guardare nell’abisso senza troppa paura che l’abisso guardi in noi.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          “Come spesso succede, il nostro disaccordo è forse più apparente che reale. ”

          No, secondo me sul piano intellettuale è reale e profondo. Che poi ciò non impedisca che ci stiamo simpatici, anzi, lo rafforza, questa è un’altra questione. 🙂

          In generale non sono molto d’accordo sull’idea di fondo, cioè che bisogna agire.
          E’ indubbio che vivere significa anche agire (i morti non agiscono), ma la vita è fatta di azione e passività, di intervento e di accettazione e si muove costantemente fra questi due poli.
          Si tratta di capire qual è il polo d’elezione, tenendo conto che non potrà mai annullare del tutto l’altro.
          Io non è che pensi che bisogni condurre una vita in pura contemplazione o addirittura nell’apatia (per quanto trovi un immenso fascino nell’anti-eroe Oblomov, vero paradigma, secondo me, di una coscienza spirituale superiore). Penso semmai che bisogni farsi i cavoli propri.
          Cioè penso che molto raramente colui che agisce non per sé stesso, per la propria famiglia, per vivere serenamente e far vivere bene chi gli sta a cuore, ma che vuole migliorare la condizione umana, insegnare agli altri come vivere, faccia bene. Sono semmai portato a pensare che grandissima parte dei guai dell’umanità derivi proprio da questo.
          Il punto cioè non è non agire: uno può anche essere un ciclone, una forza della natura che non si ferma un istante (anche se a me sta più simpatico Oblomov). Il guaio è chi ha individuato delle soluzioni per il mondo, chi ha eretto il proprio agire a sistema, da suggerire (o, peggio, imporre) agli altri per il loro bene.
          Anche qui è una questione di misura: anche quando diamo il consiglio pratico più banale al nostro vicino di casa stiamo facendo questo. Ma il punto è sempre come scegliamo di orientare la nostra vita e la nostra azione. E secondo me quanto più la orientiamo nel senso del lasciare che il mondo giri e ritagliarci il nostro spazio per stare bene, tanto meglio sarà per tutti.

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Peucezio

          ”Oblomov”

          Ti faccio notare che Oblomov è esattamente il contrario di quello che tu elogi in Miguel Martinez. Oblomov non si spende affatto: ritiene non ne valga la pena. E’ come l’Andrea Sperelli del Gozzano: ‘non è cattivo. / Un giorno è nato/un giorno morirà’. Chi agisce, invece, lo puo’ fare anche con minuzioso amore contemplativo. Il David Jerusalem del ‘Deutsches requiem’ di Borges non si limita ad elencare le meraviglie del mondo in modo previo, generico ‘alla Whitman’: ma lo fa appunto ‘con delizioso amore’ anche in mezzo al campo di sterminio. In questo senso la massima contemplazione coincide col massimo amore, e Dante mette nello stesso Paradiso Rachele e Lia, cioè la grazia attiva e la grazia contemplativa. Analogamente chi agisce in modo necessariamente parziale lo fa perchè conosce in modo necessariamente parziale. E interagisce col mondo, modificando il modo di vivere di chi lo circonda, anche solo semplicemente scrivendo quello che sente intimamente. I suoi sentimenti sono per lui/lei altrettanto reali dei fatti osservati da uno scienziato o dalla cronaca raccontata da un giornalista, e l’azione di un poeta -il modificare gli altri esponendoli alla realtà come la percepisce lui/lei- coincide essenzialmente con quella di un musicista, di uno scienziato o di un giornalista. (Tant’e’ che Orwell nel suo ‘Notes on Nationalism’ identifica nell’autocensura dell’intellettuale il germe di quella mentalità totalitaria che nega il reale appiattendo e azzerando la percezionie che ne ha il singolo, sia esso poeta, giornalista, musicista o scienziato La libertà è libertà di dire che due più due fa quattro: concessa questa libertà, tutte le altre ne seguono.).

          ‘bisogna agire’

          Non è che ‘bisogna agire’. E’ che molti non possono fare a meno di agire. Dove ‘agire’ non significa necessariamente ‘fare politica’ ma anche ‘fare scienza’ o ‘giocare a scacchi’ o ‘comporre ikebana’ o ‘fare una passeggiata’. Se l’azione è sincera, e non solamente mercenaria, è produttrice di bellezza, e come tale salvatrice del mondo. In tutti questi casi l’azione è necessariamente incompleta e parziale. Ma non per questo è meno viva -anzi, semmai il contrario. L’ignavo non ama abbastanza il mondo per dimenticarsi delle sue paure, ed è condannato in eterno a una sorte irrilevante, quella di dover seguire a forza un’insegna anonima che non avrebbe degnato di uno sguardo se si fosse mosso quand’era tempo.

          ”umanità”

          Prendi il missionario. Se è convinto della bontà della sua fede aiuterà i pagani che incontra, e saranno loro stessi a chiedergli della sua fede. Se invece parte con la paura d’essere respinto porrà mano alla torcia e alla spada. Chi decade dal ‘faccio questo perchè sto bene con me stesso’ al ‘ti faccio fare questo perchè se no sto male io’ passa da Epicuro al prete, da Gramsci a Vishinkij, da Ipazia ai suoi carnefici. Oblomov, nel suo perpetuo timore che il mondo scombini la pace che si è costruito, magari non manderà al rogo nessuno: ma è molto più vicino alle maggioranze silenziose che si fanno complici dei linciaggi di quanto gli pacerebbe ammettere.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          Non mi ritrovo con la tua interpretazione di Oblomov.
          E’ vero che è diversissimo da Miguel, in certe cose anche opposto (Oblomov avrà fatto in vita sua meno cose di quelle che Miguel fa in una settimana), ma qualcosa in comune c’è. E cioè l’assenza di amore per sé stessi, inteso nell’accezione negativa dell’espressione.
          E’ molto interessante in questo senso il dialogo con lo scrittore realista, che vuole additare il mondo al proprio disprezzo e metterne alla berlina l’immoralità e la grettezza, mentre Oblomov guarda con amore anche ai più abietti e cerca in loro quella comune radice di umanità che condividono con ogni altro uomo e che può riscattarli.
          Oblomov cioè non celebra sé stesso attraverso l’osservazione del mondo, o quel minimo che ne fa. E non cerca quindi di sopraffarla. Mentre la quasi totalità se non la totalità piena dei filantropi, degli utopisti, dei riformatori, degli uomini illuminati fa esattamente questo: celebra in modo grandioso e spettacolare l’amore per sé stesso e per le proprie visioni e illuminazioni e non c’è niente e nessuno che non possa essere ad esse sacrificato.
          Oblomov rimane in disparte perché è un mite che teme di essere travolto dalla corsa, dalla competizione, dall’homo homini lupus che lo circonda, ma la sua non è pusillanimità, è incapacità ad adeguarsi alla logica del sopruso, è in fondo la nobiltà d’animo dello spirito sensibile che rifiuta di accettare il compromesso con gli orrori del mondo.

          E ti dirò che provo non già indulgenza, ma affetto per le maggioranze silenziose, come per il popolo in genere, e tanto più è statico, indolente, rassegnato e fatalista, tanto più lo preferisco.
          Ho tirato fuori Gončarov, ora tiro in ballo Carlo Levi, visto che i loro sono forse i due libri che amo di più, sicuramente sono fra quelli cui mi sento più legato. L’umanità migliore secondo me è quella che lui descrive in “Cristo si è fermato a Eboli”: un’umanità che non farà mai nessuna rivoluzione, che ha sempre subito, ma nella sua pazienza e mitezza trova la sua bellezza e la sua grandezza spirituale.
          Poi c’è anche la plebaglia che partecipa al linciaggio, che trova il capro espiatorio, che infierisce contro il perdente, contro il più debole: questi sono i sentimenti bassi, gli istinti e non potrei certo negarne l’esistenza. Lo spirito gregario è un meccanismo primitivo, animale, e fa molti danni. Ma non lo ascriverei alla passività, ma semmai al suo opposto, al lato aggressivo e dinamico. Il popolo a volte fa in modo scoordinato e istintivo ciò che il folle utopista, il tiranno genocida fa in modo scientifico e organizzato.

        • Francesco scrive:

          Occasione Secolare di Accordo con Andrea!!!

          😀

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per peucezio

          ‘assenza di amore per se stessi’

          Non occorre essere credenti per constatare che risulta difficile costruirsi una morale in completo disaccordo con la massima evangelica ‘ama il prossimo tuo come te stesso’.

          Ne segue che chi, come Oblomov, non si ama, è amorale.

          Non ‘amorale’ nel senso positivo del termine, di colui che prende su di sè il dolore e lo trasforma in determinazione a costruirsi una vita morale propria e autonoma anche in contrasto con la morale corrente, ma ‘amorale’ nel senso negativo, di quella cioè che i Cristiani chiamano ‘accidia’ e che i laici definiscono col termine più sprezzante di ‘cialtroneria’, che poi in politica si riduce a ‘qualunquismo’.

          Kierkegaard direbbe che Oblomov ‘sceglie di non scegliere’, è il puro ‘carattere estetico’ alla Don Giovanni, che dell’astenersi da qualunque scelta fa una ragione di vita. Un po’ come lo spettatore che sgranocchia automaticamente pop-corn sprofondato nella poltrona nel buio di un cinema, certo. Ma il film dura al più un paio d’ore, vivere sempre come se fossimo al cinema (o davanti alla televisione) è da alienati -alienazione intesa nello stesso senso dell’ ”Ortodossia” di Chesterton.

          Quella di Oblomov è la pura pigrizia morale consentita dalle comodità materiali del mondo moderno. Questa pigrizia -è stato predetto ad esempio in un vecchio Urania, ‘Le stelle aspetteranno’- rischia di riportarci tutti alla preistoria. Di quelli come Oblomov è stato detto da un autorevole personaggio: ‘dato che non sei nè buono nè cattivo io ti vomito dalla mia bocca’.

          Quello di Oblomov non è certo amore contemplativo, semmai è l’onanismo di un guardone. Chi contempla non rinuncia ad avere un’idea propria, a tenere con passione una propria posizione: rinuncia semmai solo a considerare valida tale sua idea in senso assoluto. Santa Teresa del Bambin Gesù era spirito contemplativo al massimo grado, ma di una consapevolezza interiore fiammeggiante. Lo stesso vale per Buddha e Gandhi.

          La descrizione che Orwell fa di Gandhi dimostra appunto come Oblomov ne sia l’esatto contrario: il campione di quella pigrizia morale che fa da battistrada al totalitarismo, e che è indicata infatti come segno distintivo dell’ ”homo sovieticus” dall’Amalrik di ‘Sopravvivrà l’URSS fino al 1984?’. Se così non fosse i monaci contemplativi stile trappisti sarebbero una massa di ignavi: cosa che neppure il più mangiapreti degli atei si azzarderebbe a sostenere.

          Correttamente i Cattolici definiscono l’accidia un peccato capitale: certe prediche del priore di Bose vertono proprio su questo. Come la vita di Gollum si riduce a una inestinguibile invidia del Possessore dell’Unico Anello, così quella di Oblomov si riduce a un unico gigantesco atto di omissione. Quando verrà la sua ora Oblomov potrà dire come il dannato delle ‘Lettere di Berlicche’ di Lewis: ‘ora mi accorgo di non avere fatto nè quello che dovevonè ciò che mi piaceva”. E a buon diritto: perchè quello che non ha fatto a uno solo dei piccoli del mondo non lo ha fatto nemmeno a Qualcuno ben più in alto di lui.

          OT: Direi persino -ma forse mi spingo troppo oltre, Francesco mi correggerà- che nella misura in cui si spinge alla dimensione del vizio -cioè dell’inveterata abitudine al male- l’accidia è stretta parente della gola. Chi non si sforza di spegnere ogni tanto la TV e di pensare con la sua testa è facile che non si sforzi nemmeno di mangiare con la sua testa, ed è verosimile invece che si ingozzi abitualmente e nevroticamente di junk food. Oblomov lo vedo bene oggi obeso col telecomando in mano fare la spola fra il fast food e il junk food. (Al solito, l’abuso non toglie l’uso: il vizio sta nella volontaria ricerca dell’ossessione, nella schettinesca fuga dalla responsabilità personale). Qui -ma andremmo veramente troppo lontano- il contesto della famiglia svolge un ruolo fondamentale. Quel che è certo che l’accidia fa compagnia alla gola fra i peccati di cui oggi non senti parlare un prete manco a pagarlo. Sono più i laici a denunciare questi comportamenti distruttivi (in linguaggio religioso ‘peccati’). Del resto, se i ‘pastori’ tacciono al loro posto parleranno le pietre.
          FINE OT

          ‘gregario’

          Lo spirito gregario è come il sesso: serve alla sopravvivenza della specie e per funzionare non vuole troppi pensieri. E come il sesso va regolato dalla coscienza morale del singolo, altrimenti ciao ciao rispetto delle regole.

          Il rischio della degenerazione (dello spirito gregario nellinciaggio, del sesso nello stupro) rende più urgente una qualche vigilanza orale, e dunque più pericolosa che mai l’attitudine a comportarsi come Oblomov.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

  14. jam scrive:

    …speriamo che queste donne affette dalla sindrome di Stoccolma, facciano ammalare i loro mariti con la sindrome di Lima…
    ciao

    ..sai Mirkhond, ho cercato di dire alla mia ultima crisi di angoscia, che sono serena. Lei se ne é fregata altamente e mi ha fatto vomitare in luogo pubblico come una maleducata..

  15. mirkhond scrive:

    Tu maleducata?
    Non riesco proprio ad immaginarmelo….
    Piuttosto ti vedo come quelle mistiche cristiane e musulmane…..
    Io non so come si conquisti la serenità, forse perchè come il Sinuhe cinematografico, fin da bambino mi sono sempre posto dei perché, perché non ho ancora trovato o ritrovato il Senso della Vita….
    ciao

    • Roberto scrive:

      Caro mirkhond spero che non ti seccherà se ad un post serio rispondo con una battuta dei monty pithons.
      The meaning of life: Try and be nice to people, avoid eating fat, read a good book every now and then, get some walking in, and try and live together in peace and harmony with people of all creeds and nations.

      • mirkhond scrive:

        Non so chi siano, ma credo che uno dei motivi per cui mi piace questo blog è proprio l’ironia….
        ciao

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per mirkhond

          Anatema!!!

          La tua ignoranza dei Monty Python è una seria ipoteca sulla salute eterna della tua anima… 🙂 🙂

          Urge una cura immediata a base di ripetute e massicce visioni quotidiane di ‘Juggernaut’, ‘Il Senso Della Vita’, ‘Brian di Nazareth’ e -in caso di rigurgiti di eccessivo ottimismo – ‘Brazil’.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Moi scrive:

          Ma i Monty Python erano Massoni ?

          …cosa che EVENTUALMENTE non impedì comunque loro di fare qualche sketch anche irridendo la Massoneria !

  16. PinoMamet scrive:

    Io sono ottimista:
    rispetto moltissimo Miguel, altrimenti non sarei qua, ma mi pare proprio che la maggioranza delle persone in realtà si relazioni a persone, e parli di e con persone.

    Poi ci sono le discussioni di internet, che sono un’altra cosa… 😉

    Poi ognuno di noi ha i suoi filtri
    (io ho il mio, che è non dettato da un’ideologia politica, ma almeno so di averlo: sono un “italianizzatore” e un “normalizzatore”, sono il classico tipo che in macchina di fronte a un check point con i mitra puntati direbbe al suo amico “guida piano, che ci sono i vigili!”)
    ma basta non farsene fregare troppo.

    All’università mi ricordo di un tizio che di qualunque cosa si parlasse, riusciva sempre a buttarla in politica. Era molto molto di sinistra.

    • serse scrive:

      Pino,
      il fatto è che quello che Miguel chiama “immaginario collettivo” non corrisponde, se non in parte, ad ideologia.

    • Peucezio scrive:

      Pino,
      il problema non è tanto come le persone si rapportano nella quotidianità alle altre persone.
      Non è che io quando vado dal panettiere dico: questo è comunista e avrà avvelenato il pane per farmi morire perché fa parte di un complotto ebraico. E la maggior parte delle persone, tranne alcuni fanatici, vive i propri rapporti personali e la propria vita in modo abbastanza normale, frequentando e avendo amici fra persone di ideologie diverse, magari sposandosici anche, e non dà un peso così preponderante a categorie ideologiche.
      Il guaio sono le analisi che si fanno sul mondo e le conseguenze che su di esso esercita chi ha il potere. E il potere non è solo quello dei governi o della grande finanza e delle lobby, ma è anche quello, molto maggiore di quanto non si ritenga, degli intellettuali, dei giornalisti, di tutti coloro che analizzano, interpretano, creano un background culturale, come dicono gli anglosassoni, una sorta di griglia interpretativa condivisa, che condiziona chiunque, nel piccolo come nel grande, ha un potere di intervento e di direzione delle cose. Questi modelli influenzano l’assistente sociale, il giudice, l’insegnante di scuola, l’amministratore pubblico e tutto un insieme di figure che prendono decisioni che influenzano la vita delle persone.
      Ai livelli più grandi questo meccanismo è quello che fa sì che uno statista pazzo stermini milioni di persone, come è successo in tante occasioni; ma a livello piccolo può creare tanti micro-drammi e rovinare tante vite.

  17. serse scrive:

    … mi riferivo al fatto di essere più o meno ottimisti.

  18. Moi scrive:

    Poiché si parla di Nibelunghi e di Germania …

    http://it.wikiquote.org/wiki/Erich_Ludendorff

    Al Pittore Senza Talento 😉 suscitavano grandi emozioni .

    • serse scrive:

      Moi, non me ne volere (troppo), ma qui si parlerà pure di nibelunghi, ma mi pare che si parli innanzitutto del rapporto con persone reali.

      http://youtu.be/1m2bQ35Mg0k

      • mirkhond scrive:

        Bellissimo!
        A proposito di Troisi, ricordo Ricomincio da Tre, il mio film preferito del Grande Comico, in cui il nostro trasferitosi a Firenze, parlando con gli amici della fidanzata fiorentina, scandalizza questi compagneros sinistroidi, affermando di capire le ragioni di Giuda.
        Alchè una ragazza chiedendogli se lui sotto tortura in un commissariato avrebbe tradito Cristo e/o il partito e i compagni, Troisi candidamente confessa che seppure ci fosse una REMOTA ipotesi che potessero torturarlo, lui avrebbe detto tutto come Emiliano di un celebre film con Bud Spencer e Terence Hill…
        Vedendo il film, ho la sensazione che Troisi, o gli sceneggiatori avessero letto Vino e Pane di Silone e ne dessero una risposta di umorismo amaro come solo Troisi sapeva fare….
        ciao

        • Peucezio scrive:

          Quello è uno dei film più belli della cinematografia universale e il passo su Giuda (come tanti altri del film) è semplicemente sublime!
          In un suo libro Saverio Vertone additava proprio quella scena come esempio esplicativo dell’opportunismo cialtrone e cinico di noi italiani. Saverio Vertone è molto intelligente, ma è pur sempre un piemontese un po’ bacchettone.

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Mirkhond

          Non è il film in cui Troisi risponde a chi gli prospetta l’alternativa mussoliniana fra cent’anni da pecora e un giorno da leone: ‘meglio dieci anni da orsacchiotto’ ?

          Ciao!

          Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          No, no, quello è successivo; “Ricomincio da tre” è il primo.

  19. mirkhond scrive:

    “i desideri notturni dell’occidentale alienato”

    Mah, nelle mie alienazioni notturne ci sono sempre stati dei “video-porno” fatti di donne vestite dalla testa ai piedi che piano piano, si spogliano davanti al marito, che fossero contadine toscane di certe pubblicità del mulino bianco o di questo o quell’olio e vino, tipiche degli anni ’80, eppoi turche, arabe e maghrebine come un video visto di recente e su cui un commentatore francese ha detto che gli sembra di vedere la sua abbondante moglie marocchina….
    Eh sì, peccato che restan solo sogni notturni di un franco alienato…

  20. PinoMamet scrive:

    A proposito di “desideri notturni dell’occidentale alienato”:

    credo in Merimee riguardo a Carmen (dovrei annà a cercare il libro e controllare) e di sicuro anche in altri due o tre raccontidi altri che non ricordo, si dice delle zingare che sono bravissime a provocare e sedurre, ma non si prostituirebbero mai
    (la loro seduzione essendo finalizzata ad altri scopi, quali il borseggio o la truffa e così via)

    in questo senso, gli zingari, anzi, le zingare, diventano archetipi di un altro dei capisaldi dell’alienazione occidentale moderna, la Jeune Fille di cui si è parlato ampiamente su questo blog

    ciao!

    • PinoMamet scrive:

      Per chiarezza: non si prostituiscono nel senso che non si concedono

      • Moi scrive:

        Ho sentito dire da qualche pseudo-esperto che le zingare non si “prostituiscono” nel senso di “concedersi per denaro” perché sarebbe un’ attività di tipo “imprenditoriale”, inconcepibile con la loro mentalità.

        Anche dire che “rubano” sarebbe (!) inesatto: non concependo la Proprietà Privata, dal loro punto di vista “prendono” ciò che serve quando serve … prova ne sarebbe che preferiscono soldi o gioielli da spendere o “scambiare” subito, nonché se “rubano” un oggetto utile al momento, dopo che non serve più lo abbandonano per strada.

        Ad esempio, se piove ti “rubano” l’ombrello: ma non appena smette di piovere, lo gettano al ciglio della strada, non percependolo come Proprietà Privata … “acquisita” .

        Mah !

        • Moi scrive:

          Ma temo che i Luoghi Comuni di cui sopra risentano dell’ Immaginario degli Zingari Romantici … la cui unica ragione di vita sarebbe “épater les Bourgeois” per fare contenti i RadicalChic, che non (!) a caso in Francia inizialmente si facevano chiamare “Bohémiens” , alludendo _a torto o a ragione_ alla Boemia AustroUngarica brulicante di Zingari Rom(antici) 🙂 …

  21. mirkhond scrive:

    Se c’è una cosa che mi piace delle zingare, mi riferisco alle Rom rumene, perchè questo gruppo è presente a Bari, è proprio il modo in cui si vestono, spesso col fazzoletto in testa e sempre con gonne lunghe.
    E sono tutte cristiane ortodosse, almeno quelle con cui si è avuto modo di vedere e parlarci….
    Insomma le zingare qui a Bari, tutto sembrano fuorchè Esmeralda, e la cosa non mi dispiace affatto, vista la mia non attrazione per le vamp, per le tigrotte dagli artigli graffianti….
    ciao

  22. Moi scrive:

    “Uns ist in alten mæren wunders vil geseit
    von helden lobebæren, von grôzer arebeit,
    von freuden, hôchgezîten, von weinen und von klagen,
    von küener recken strîten muget ír nu wunder hœren sagen.”

    ——–

    Scusate, ma in Tedesco moderno, più letteralmente possibile come sarebbe esattamente ?

  23. Pingback: La rosa più selvatica che si sia mai vista | Kelebek Blog

  24. maria scrive:

    Miguel è una persona molto particolare che non si può spiegare o descrivere soltanto riferendosi alla sua grande cultura e intelligenza, è come se avesse vissuto molte situazioni e in ognuna avesser colto l’essenziale, l’autentico, la cosa da trattenere perché preziosa come a volte fanno coloro che invece non hanno cultura ma soltanto un’adesione totale all’esistenza.

    maria

  25. Miguel Martinez scrive:

    Grazie di tutti i complimenti 🙂

    Purtroppo mi conosco abbastanza bene da non avere la stessa stima di me stesso, ma non importa.

    Certamente, i complimenti, quando sono in qualche modo azzeccati, hanno il pregio di indicare almeno ciò che la persona complimentata tende a essere, e quindi vanno benissimo.

    Inoltre, i complimenti non si riferiscono mai direttamente alla persona, ma a ciò che quella persona (in questo caso, gli scritti di quella persona) fanno risuonare dentro di noi: se risvegliano qualcosa di bello dentro di noi, vediamo bella la persona che le ha scritte.

    Tra l’altro, una delle persone che ha risvegliato più cose belle dentro di me, e cui devo moltissimo (anche gran parte di tutto il mio approccio in generale), quando l’ho conosciuta dal vivo, non mi è piaciuta per niente. Ciononostante, la mia stima per lui è immutata.

    In particolare, ringrazio Peucezio per aver colto l’essenza di ciò che vorrei apparisse di me 🙂

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