Il regno della quantità e l’allegro avanzare delle tenebre

Conosco molto superficialmente gli scritti di Carlo Formenti a proposito del mondo virtuale in cui ci divertiamo a giocare. Ma oggi ho letto una sintesi del suo nuovo libro, Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro.

E questa sintesi, un po’ lunga ma interessante, contiene un brano che credo costituisca la chiave per capire alcuni elementi fondamentali dei nostri tempi. Il brano fa riferimento a un altro autore, un certo Andrew Keen, che non ho mai letto, nemmeno superficialmente.

Ma non importa. Quando ho letto il pezzo, ho avuto una sorta di illuminazione.

Perché c’è la chiave di tante cose. Per chiave, non intendo la spiegazione ultima, ovviamente; ma un’intuizione che permette di cogliere connessioni e significati.

Il precariato dei nostri tempi, le guerre umanitarie, le fantasie della blogosfera sulla “primavera araba”, la grande dispersione umana, l’alternarsi di miracoli e traumi senza contesto, il politicamente corretto,  la presunzione universale di giudicare ciò che non si capisce, l’obamismo e simili miserie liberal… nonché questa sensazione di spensierato impantamento generale.

Una chiave che potremmo riassumere nel concetto di livellamento della qualità, con massimo dislivello della quantità.

Eccovi il brano:

I profeti del Web 2.0, scrive Keen, hanno costruito il mito della democratizzazione sfruttando tre ingredienti ideologici: l’antiautoritarismo delle controculture degli anni Sessanta, il liberismo economico degli anni Ottanta e le infatuazioni tecnomistiche degli anni Novanta. Questa miscela ha funzionato alla grande nel legittimare l’ascesa delle imprese che sfruttano i contenuti amatoriali come «semilavorati» dei propri processi di valorizzazione. Che poi la qualità di questi semilavorati sia pessima non è un problema.

Al contrario: la qualità, il vero talento, costano cari, richiedono investimenti che erano giustificati quando l’industria culturale si fondava sulla standardizzazione/duplicazione di originali di qualità elevata prodotti da artisti/artigiani; ora che è possibile creare nuovi prodotti remixando prodotti precedenti, un lavoro che può essere affidato a milioni di prosu-mer che lo svolgono gratuitamente, non ha senso buttare soldi per assumere forza lavoro qualificata. Ecco perché l’impresa che incarna meglio di ogni altra il nuovo modello di business non produce cultura ma eroga un servizio: l’archetipo del nuovo padrone è Google, un «parassita» che non crea nulla ma si limita ad aggregare quello che producono gli altri.

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24 risposte a Il regno della quantità e l’allegro avanzare delle tenebre

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  2. Andrea Di Vita scrive:

    Per Martinez

    Il brano è pieno di spuinti interessanti. Viene in mente Calvino, quando scrive che una delle virtù dei tempi nuovi è la leggerezza. Riprende così lo Zarathustra di Nietzsche, che dice il vero nome del demonio è lo spirito di gravità: e cio’ non significa soltanto incapacità di galleggiare nel mondo liquido di Bauman ma proprio incapacità di formulare pensieri in modo abbastanza sintetico da essere trasmissibile in tempo reale. Già Guareschi ricordava -e i Romani prima di lui- che la mancanza di sintesi è sintomo di mancanza di serietà (io spesso ne sono un esempio), e la Rete in questo senso aiuta ad essere seri innanzitutto con se stessi.

    Sempre che lo si voglia, è questo il punto. Con una cosa scritta nel brano non sono assolutamente d’accordo: ‘Da quando utilizziamo intensivamente le tecnologie digitali, tutti noi avvertiamo che sta succedendo qualcosa al nostro cervello, qualcosa che ci impedisce di pensare come pensavamo prima e indebolisce le nostre capacità di concentrazione.’ Balle. Fa venire in mente quelliche addossano alla troppa televiosine la colpa della diffusione della droga fra i giovani. Se uno sapeva pensare prima di Internet, non è la Rete che glielo impedisce, così come se uno non sa guidare una Cinquecento, non è il motore della Ferrari che lo trasforma in uno Schumacher. Mia figlia fa una scuola sperimentale dove tutti i ragazzi hanno un PC e si studia tutti i gironi su Wikipedia: si fa un mazzo come io alla sua età non mi sono mai sognato.

    Alla fine la scelta è morale, non altro. Io devo mantenere l’umiltà, ma senza per questo smettere di proclamamare le idee che per me sono valide. E’ così che posso sperare di lasciare un mondo non troppo peggiore di come l’ho trovato. Moltiplicando l’accesso all’informazione, Internet moltiplica la mia responsabilità, non il mio ottundimento: del quale rimango unico titolare.

    Ciao!

    Andrea Di Vita

  3. Rock & Troll scrive:

    Intanto per creare e tenere in piedi Google e altre googlerie bisogna aver studiato informatica, logica, matematica e ingegneria per anni.
    Altroché livellamento della qualità.

    Certe cose si sono dette sin da quando il telaio automatico sostituiva le donne che filavano in casa… se qualcuno vuole la donna che fila e la “qualità” dei vestiti che si producevano al tempo, può sempre accomodarsi.

  4. Moi scrive:

    Internet però ha un grosso limite :

    trovi prima e meglio quel che è più diffuso dagli utenti, ad esempio :

    Se cerco “piramidi” trovo una valanga di siti e video che me ne attribuiscono la costruzione ad Alieni Civilizzatori. Ora: il Paleocontatto può avere la sua dignità, ma metterlo sullo stesso piano (se non più in alto !) del “Tradizionale Scolastico” mi par troppo !

    Se cerco “cristianesimo” i siti e i video sulla lunghezza d’ onda del “a catechismo t’han raccontato un sacco di balle: Gesù è scopiazzato di prepo da Horus e Mitra !” sono legione … senz’ altro è _assieme al “Codice Da Vinci”_ un’ ottima terapia d’ urto per il Cattolico Italico Medio che dopo il catechismo infantile crede di sapere già tutto della propria religione, immaginandosela come qualcosa di assolutamente originale al 100% , MA il fatto è che ognuno sceglie come veritiero assoluto (!) quel che più gli è ideologicamente comodo … adesso tutti sanno tutto CIRCA, prima certe cose invece le sapevano, per via completamente libresca, in pochissimi ma benissimo …

    Se cerco “Darwin” trovo che i siti e video di Creazionismo sono molti di più _o comunque sono ben più ferventi_ e che mentre questi argomentano moltissimo facendo presunte pulci e contropulci, i “Darwinisti” rifiutano il dialogo schifati alla sola idea … e attribuiscono alla controparte di “leggere soltanto la bibbia” pure se nemmeno la nominano né vi alludono.

    Se cerco “Massoneria” saltano fuori innumerevoli siti e video che mi dicono che da millenni _ poi è venuto David Icke a salvarci con la Verità 😉 :-)_ a comandare sono sempre quelli e non sono umani, ma Lucertoloni Alieni Umanoidi …

    _________________________

    Breve: senza una pregressa solida base CARTACEA come fa un ragazzino a orientarsi ? … Se poi anche la TV odierna (!) mette sullo stesso piano Quark e Voyager …

    • Karakitap scrive:

      Vero, a volte mi ritengo fortunato ad essermi accostato al web dopo anni di cltura “cartacea” e “istituzionale”, credo che mi abbia dato il necessario strumento per farmi capire ch sia più probabile che le piramidi le abbiano costruite gli egizi e non esploratori interstellari, che il catechismo non può essere l’unica fonte di conoscenza del cristianesimo, che il creazionismo mi sembra poco plausibile e che la massoneria (intendo quella speculativa, ovvero quella non composta da veri muratori) nasce nel ‘700 e che David Icke deve essersi visto troppi episodi di Visitors.
      Ma è anche vero che non sono un giovincello, quando sono nato c’erano gli anni di piombo e il muro nel centro di Berlino, altra epoca.
      Salutoni, Karakitap

      • Athanasius scrive:

        Per Moi e Karakitap:

        Osservazioni interessanti ed assai vere. E la ragione principale per cui “cerco” su google di meno in meno e mi limito, negli ultimi tempi, a scaricare libri ed articoli una volta scritti sulla carta (google books, archive.org ecc.)

  5. Daouda scrive:

    Innanzi tutto visto che si ciancia tanto di giustizia sarebbe buono chiedersi se è opportuno che esistano di tali cose.

    Affinché il disegno di Dio si realizzi non c’è dubbio che si, lo sia, poiché lo scandalo deve venire ed il male prosperare alla fine dei tempi ( cosa del tutto naturale dacché ogni entità è portata a corrompersi ed a morire ), ma stando alla Legge in sé vediamo come la tecnologia odierna è potuta darsi solo e soltanto grazie all’usura ed a ciò che essa comporta.
    Ciò non significa che l’usura sia l’unica causa del “tecnologismo”, anzi, come d’altronde il tecnologismo non è l’unico aspetto malsano dell’epoca attuale.

    Ogni vero religioso oggi è costretto a ripiegare e confidare in Dio.
    Un religioso che , finite le condizioni per agire in modo incisivo ed organizzato sul piano esterno, volesse agire comunque è in realtà un blasfemo ed un infedele.
    Rimane l’agire individuale ma soprattuto e ben più “prepotentemente” l’agire interiore che il globo da ovest ad est, ormai ignora nella sua essenza profonda.

    Per quanto riguarda lo scegliere di tornare indietro a tempi cronologicamente privi dei confort odierni, non credo che ciò costituisca un pensiero logico.
    Come gli antichi non avrebbero potuto accettare di vivere oggi, ugualmente noi nello ieri.
    Ugualmente non vedo logica nell’accusare di ipocrisia chi condanna gli sviluppi attuali della tecnologia eppur la utilizza.
    Essendo la Legge ormai disattesa , ognuno è chiamato a rendersi conto di questa come a rendersi conto della propria natura , ed a fare quel che può dacché cerchiamo di salvare il salvabile.
    Internet ad esempio è una grande risorsa, una grande risorsa è il telefono o l’automobile.
    Utili per cercare MA NON per vivere, dacché lo scopo ultimo è e rimane Iddio e non la “qualità della vita”.

    Il problema è che se uno dice Dio l’altro non capisce, ma non c’è da stupirsi essendo questo un processo vigente da vari millinenni.

  6. Peucezio scrive:

    In effetti è vero che oggi si producono molti meno contenuti e se ne mettono in circolazione molti di più. Avete fatto caso di quanta poca gente su internet scrive testi di più di due righe e quanta di più passa la vita a fare copia-incolla, a “linkare” ecc.?
    C’è da dire comunque che noi parliamo sempre dell’Occidente: in India, in Cina si mettono, studiano anni, si fanno un sedere grande come una casa e acquisiscono delle competenze vere, serie, come accadeva da noi fino a quarant’anni fa.

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Peucezio

      ”quarant’anni fa”

      Concordo. C’e’ un bel film con Renato Rascel, Amedeo Nazzari e Carla Gravina, ispirato alle copertine di Beltrami della Domenica del Corriere: ‘Policarpo ufficiale di scrittura’. Il film descrive con occhio affettuoso la Roma del tempo di Umberto I. La storia è quella di un calligrafo del Ministero che dopo aver sudato per anni per ottenere il diploma di bella calligrafia e la conseguente promozione si ritrova a pochi anni dalla pensione da un giorno all’altro a dovere usare a malavoglia la macchina da scrivere, sotto pena di licenziamento. Patisce un vero trauma, finchè non si riconcilia con la vita accettando il nuovo mezzo.

      Qui e oggi è lo stesso. Internet è una gigantesca Biblioteca di Babele, e come quella è un ottimo surrogato dell’Universo accessibile a tutti coloro che hanno voglia e tempo di navigarci. Ma rimane vero che di cento cose che riteniamo di conoscere, una ne abbiamo sotto mano e di novantanove sappiamo a malapena l’indirizzo dove cercarle. (‘Atenti all’alibi dele fotocopie! Ci sono mille cose che non so perchè avendole fotocopiate credo di averle imparate’ ammonisce Eco nel suo ‘Come si fa una tesi laurea’). Cultura è saper/voler cercare quegli indirizzi: le cose che verranno coltivate, analogamente al participio futuro del latino ‘colere’ = ‘coltivare’.

      Come ho scritto altrove, mia figlia fa i compiti con Wikipedia: orgamizzare sempre le nozioni in forma presentabile alla classe (sa con interrogazioni orali, sia con scritti a tema, sia con Powerpoint) è per lei una fatica doppia rispetto alle ‘ricerche’ che facevo io su apposite (e eccellenti) enciclopedie dedicate alla sua età. Ma le nozioni che accumula crescono insieme col suo spirito critico. Senza Internet sarebbe stato impossibile, ma -alla faccia della ‘scuola delle tre I’- sarebbe stato impossibile anche senza un gruppo di docenti motivati e preparati.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Peucezio scrive:

        Sì, io in generale ritengo che internet porti più benefici che non svantaggi alla cultura e anche a una complessiva crescita del pensiero critico, che comunque è sempre fisiologicamente minoritario.
        Oggi più persone, praticamente tutte, hanno accesso a certi mezzi e alle conoscenze che ne derivano, per persone con capacità particolari e con orignialità di pensiero, che in altri tempi non avrebbero avuto l’occasione per accedere a tali conoscenze né per scambiare col resto della società le elaborazioni intellettuali che ne avrebbero tratto, ora lo possono fare, con la conseguenza che circolano più idee e che più persone sfruttano le proprie doti e capacità.
        Quello che manca è il genio, è il gigante, sono quei mostri sacri che altre epoche elargivano generosamente al mondo.
        Ma questo livellamento dei vertici più alti è un fenomeno decisamente più vecchio della rivoluzione telematica, è almeno novecentesco ed è legato al fatto che le maggiori opportunità e mezzi di cui ognuno dispone (non parlo della conoscenza e del pensiero, ma della vita in generale, delle mille distrazioni e diversioni) creano dispersione di energie e interessi, impedendo una grande concentrazione e canalizzazione di sforzi: una volta la società era fatta di individui a tutto tondo, fortemente caratterizzati, tagliati quasi con l’accetta, diversissimi uno dall’altro ed estremi nelle loro peculiarità, a volte rasentando la mania e la follia, mentre oggi le figure sono smussate, sono levigate, arrotondate, a volte anche in senso letterale, fisiognomicamente.

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  8. Miguel Martinez scrive:

    Per Rock & Troll

    “Intanto per creare e tenere in piedi Google e altre googlerie bisogna aver studiato informatica, logica, matematica e ingegneria per anni.
    Altroché livellamento della qualità.”

    Concordo in buona parte: anche nel mio piccolissimo di gestore di sito e blog, trovo affascinante la necessità di procedere per logica quando si lavora con html o css, ad esempio.

    Però:

    1) come dici tu stesso, stai parlando di un piccolo numero di tecnici di Google, non della grande massa di produttori del materiale che usa Google, e che in genere adopera semplicemente Facebook o blog preconfezionati

    2) Comunque, le indubbie conoscenze tecniche per gestire i contenitori – e soprattutto la grande agilità mentale che richiede la continua invenzione di nuove soluzioni – non sono la stessa cosa dell’originalità dei contenuti.

  9. PinoMamet scrive:

    “mia figlia fa i compiti con Wikipedia: orgamizzare sempre le nozioni in forma presentabile alla classe (sa con interrogazioni orali, sia con scritti a tema, sia con Powerpoint) è per lei una fatica doppia ”

    Per arrotondare (pss, ma non ditelo in giro, che è tutto in nero! sono pure caro) ogni tanto do lezioni private.
    Greco e latino, ma qualche volta mi capita anche italiano.

    Insomma, vedo che quello che ai miei tempi si chiamava “tema” ed era lasciato fondamentalmente alla testa dello studente, adesso si è trasformato in un elaborato piuttosto complesso, per la compilazione del quale il professore fornisce una serie di schede e riassunti dove ricicla il contentuto dei suoi esami universitari (non sempre ben digerito).

    Devi scrivere due paginette sul Gattopardo?
    Devi leggertene cinque che ti spiegano “come si legge un libro”, dove ti si dice che nell’eleborato dovrai dire il titolo (ma và!), l’autore, l’editore, la copertina (??) ecc.; chi è il protagonista, il deuteragonista, l’aiutante, l’antagonista, l’oppositore; quali sono le strutture (“almeno le macrostrutture”) narrative, e poi, c’è monolgo interiore, soliloquio, flusso di coscienza?
    Ecc. ecc.

    E il risultato di tanto sforzo, è comunque il solito temino sul Gattopardo.

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per PinoMamet

      Hai perfettamente ragione, per fortuna! 🙂

      Un classicista non ha difficoltà a riconoscere nel moderno insegnamento sulla modalità di complilazione di un elaborato scolastico il vecchio e benedetto insegnamento della Retorica: le cinque parti del discorso di Quintiliano ecc.

      Una delle cose che mi piace di più nel navigare in Rete è l’osservazione che il rispetto di quelle regole è condizione necessaria (anche non sufficiente) per la comprensione, anzi direi per la visibilità stessa del messaggio.

      A prescindere dai contenuti, un conto è il blog della diciassettenne innamorata dei Tokyo Hotel, un conto il blog di Grillo: e parlo proprio dell’incisività dello stile. Il primo raggiunge sovente gli apici della piattezza, quasi come i siti pornografici; il secondo è breve, efficace, conciso -quasi come certi post di Miguel Martinez.

      Il fatto è che le regole dell’esposizione (stavo per scrivere: dell’eristica) sono sempre le stesse. Esposizione di un esempio, affermazione della nostra tesi, esposizione della tesi contraria, confutazione della tesi contraria (sovente per assurdo), ritorno all’esempio di partenza.

      Parlo per esperienza: sia che leggiate un articolo di Krugman sul New York Times, sia che leggiate una relazione della Direzione Sanitaria di un ospedale al competente assessorato, sia che postiate qialcosa su un blog, meno vi allontanate da questa ottimale successione di argomenti più facilmente sarete letti e capiti.

      Non è vero che ‘rem tene, verba sequuntur’, ‘impadronisciti dell’argomento, le parole seguono’. Al contrario, bisognerebbe ripristinare la vecchia prassi didattica per cui un alunno si alza e spiega alla classe: ‘Cosa sarebbe successo se Annibale non avesse passato le Alpi’, che in versione moderna sarebbe: ‘Cosa sarebbe successo se Garrone non avesse mandato via Cassano’.

      Chi sa ragionare su Garrone e su Cassano è in prima linea quando si tratta di decostruire la propaganda o di sfatare un mito pubblicitario o riconoscere un bisogno indotto, una falsa coscienza ecc. E il modo migliore per individuare chi sa ragionare è sempre lo stesso: individuare chi sa esporre. Non a caso Aristotele comincia la sua” Metafisica’ con un capitolo di grammatica 8del verbo ‘essere’).

      Non conta il temino sul Gattopardo, a scuola: un ragazzo non puo’ presumere di dire qualcosa di orginale sul Gattopardo, ci riescono a malapena esperti dopo una vita di studi. Conta come il temino è redatto. Allo stesso modo, a teatro non conta se Desdemona è innocente quando Otello la strangola: la storia la sappiamo. Conta come il tenore enra in scena al’inizio del primo atto, quando caccia fuori l’acuto che metteva alle strette pure Del Monaco.

      L’erudizione fornisce le munizioni, la capacità di ragionare la mira e il bersaglio, Twitter e Facebook i nuovi mirini. Chi è padrone delle parole, tutto il mondo non lo spaventerà.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  10. Daouda scrive:

    Ritenere che il problema sia unicamente nel novecento, sinceramente, è alquanto assurdo.

    Apparte che lo spirito critico non esiste ( semmai ci si riferiva ad un animo critico ergo ad una capacità critica ) è importante la sapienza e non l’erudizione.
    Un contadino di cent’anni fa darebbe una pista a molti di noi, per rimanere agli strati popolari…

  11. Daouda scrive:

    x Francesco: 😉

  12. alberto scrive:

    parto da un esempio…non posseggo certo una mente con grandi capacità logico matematiche, ma per me fare moltiplicazioni con 2 numeri a 2 decimali rappresenta un problema risolvibile anche senza carta e penna. eppure vedo studenti universitari, neppure troppo imbecilli in crisi profonda e debbono calcolare a mente la più banale delle percentuali (es. 50 su 500 a cosa equivale percentualmente?…giuro che una buona parte degli studenti di una facoltà umanistica non ci azzecca nemmeno se gli dai un minuto per pensarci). sono sicuro che ciò dipende dal fatto che l’uso del calcolatorino alle elementari sia stato devastante per atrofizzare l’agilità mentale di una o più genrazioni. non perché il calcolatorino sia un male…lo uso anch’io, ma perché il suo utilizzo SENZA che prima ci sia stato un esercizio del cervello …senza rete impedisce l’acquisizioni di capacità che dovrebbero essere preliminari al suo utilizzo. così fare ricerche su google senza mai essere stati in una biblioteca o emeroteca. purtroppo il pensiero occidenale ha la prerogativa di sopprimere il passato anziché farlo conviviere col futuroe gli alberi senza radici presto si seccano e muoiono. resistono solo coloro che si accostano al web 2.0 dopo avere imparato a discutere in assemblea

  13. Moi scrive:

    Un merito indiscusso di internet è aver introdotto le faccine o emoticons … senza di esse spesso nessuna ironia è riconosciuta come tale dalla maggior parte degli internauti !

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