Dino Erba sulla Libia

Dino Erba è un pensatore marxista eterodosso.

Io faccio una radicale distinzione empirica tra marxisti e gente di sinistra. Con riferimento all’Italia di oggi, non al presunto “vero pensiero” di Marx (che probabilmente non esiste) o alla sinistra di una volta.

Almeno nelle questioni mondiali, la gente di sinistra si mobilita di solito a favore delle “vittime” e contro varie categorie di “prevaricatori”.

C’è certo qualcosa di positivo in questo spirito, che è più onorevole della stolida indifferenza. A volte alcuni ricercatori di sinistra riescono a identificare e rivelare autentiche ingiustizie, nel silenzio generale, e meritano pieno rispetto.

Nella maggior parte dei casi, però, la gente di sinistra si deve affidare ai media per capire a proposito di cosa si devono indignare, e chi devono sostenere; e siccome sono volenterosi e non si tirano indietro, devono indignarsi o esaltarsi appena sentono la notizia.

Ora, i media hanno imparato ormai da anni come presentare le notizie nei termini vittimologici che la sinistra capisce, con le sue categorie elementari – “le donne, i bambini, i lavoratori, i diversi” contro i “dittatori, i razzisti, i fascisti” – applicabili più o meno a caso a qualunque realtà dalla Patagonia al Laos.

Un marxista invece non è interessato a stilare sulla lavagna liste di persone da compatire o da odiare, ma a capire perché succedono le cose, come si svilupperanno e cosa si può fare. Il marxista è quindi in linea di principio molto più affidabile di uno di sinistra.

I marxisti spesso fanno eccellenti analisi, molto migliori di quelle mainstream. Ma le loro analisi non producono mai alcun fatto reale, a parte molte fumose riunioni e altrettanto aspre liti; e le loro profezie risultano spesso ridicole anche a distanza di pochi anni.

I motivi sono molti. Tra questi, a mio avviso, una tendenza a non mettere in discussione uno schema più o meno di questo tipo: c’è uno sfruttatore che crea situazioni economiche che portano i lavoratori a ribellarsi automaticamente, portando alla fine alla rivoluzione. Questo implica la ricerca incessante del “soggetto che farà la rivoluzione“, che poi non la fa mai; e una fiducia in meccanismi astratti e puramente economici, nel senso più stretto.

I marxisti in genere trascurano il fatto che la gente, anche quando fa scelte pratiche, le fa in base alle informazioni che ha: dal punto di vista materiale, i romani avevano probabilmente tutto l’interesse a conquistare l’America, ma non sapevano che esisteva. In questo senso ampio, la cultura, i media e le visioni del mondo – cose che il marxista in genere ignora o disprezza – giocano un ruolo molto importante. E infatti i marxisti che negli anni Settanta sapevano tutto sulle tendenze degli stipendi alla Fiat, non hanno potuto nemmeno concepire l‘immaginario mediatico-individualista che determina la maniera in cui gli italiani oggi reagiscono alla crisi economica.

In secondo luogo, il marxismo italiano – con poche eccezioni – ha sempre messo in secondo piano la questione dell’imperialismo. Rileggete gli scritti degli anni Settanta, dove magari si riportavano dettagli affascinanti sullo sfruttamento dei contadini nel Bergamasco, ma si ignorava il sistema mondiale, che oggi è padrone anche delle valli bergamasche.

Probabilmente ci sono diversi elementi inconfessati in questa difficoltà ad affrontare l’imperialismo: la questione introduce infatti sempre domande difficili – in Etiopia, nel 1936, bisognava stare dalla parte di Mussolini o quella del negus Hailè Selassiè? In Grecia, dalla parte dei fascisti italiani o dalla parte del dittatore Metaxas?

Il marxista contemporaneo è l’ultimo erede di una curiosa tradizione di anonimi, in cui gli Uomini del Partito hanno ripetuto l’esempio dei Gesuiti.

Il marxista enuncia dei ragionamenti, più o meno nello stile di un articolo su una rivista scientifica. In un testo marxista, quasi mai coglierete qualcosa dell’autore nella sua umanità. In realtà, però, non sta parlando di chimica, ma dell’insieme delle azioni della specie umana – una specie confusa, avida, menzognera, sognatrice, piena di desideri e carica di ogni sorta di follia.

Le “leggi meccaniche” diventano così spesso un rifugio anche da se stessi, una rimozione delle proprie motivazioni. La possibilità di creare infinite teorie esonera il marxista dal riflettere sui veri motivi delle infinite liti, scissioni, manipolazioni e settarismi che caratterizzano il mondo in cui vive. Abbiamo litigato a proposito dell’analisi di classe della situazione birmana.

A essere cattivo, sospetto che molti marxisti sognino scene cinematografiche, in cui l’operaio guarda dritto negli occhi il grasso padrone, rifiutandosi di obbedirgli: e questo richiede un contesto molto locale, senza complicati mercati internazionali o invisibili consigli di amministrazione nascosti dietro altri consigli di amministrazione. Ecco la preferenza per la lotta di classe localizzata e semplificata.

Dino Erba ha scritto un saggio sulla questione libica, in cui si vedono tutti i pregi e tutti i difetti dell’approccio marxista.

Qui lo pubblichiamo soprattutto per i notevoli pregi. E’ uno dei pochi ad aver parlato della Libia dopo essersi informato; e sa anche presentare in maniera chiara le informazioni che ha raccolto.

Ed è veramente piacevole leggere un’analisi seria e profonda della Libia, che prescinde  completamente dalla figura di Muammar Gheddafi, che Dino Erba quasi non menziona.

Che Cosa Succede in Libia – Dino Erba

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11 risposte a Dino Erba sulla Libia

  1. Stefania Romano scrive:

    Grazie Miguel

    Stef

  2. Antonello scrive:

    “…in seguito ai profondi sconvolgimenti economici e sociali avvenuti inLibia, e tutt’ora in corso, i contrasti tribali sono una reminescenza del passato che, nella più cautadelle ipotesi, può agire solo ai margini.”

    Ecco un passo che va contro la vulgata giornalistica di questi giorni. Purtroppo non ci sono riferimenti precisi. Ma se fosse vero, molte analisi presenti sui quotidiani perderebbero immediatamente valore. La cosa non mi stupirebbe…

  3. nic scrive:

    “E’ uno dei pochi ad aver parlato della Libia dopo essersi informato; e sa anche presentare in maniera chiara le informazioni che ha raccolto.”

    Tra le approfonditissime fonti gli mancava solo citare l’enciclopedia motta, l’encarta microsoft student e l’atlante mondadori in 12 fascicoli da rilegare e collezionare.
    Proprio un bel temino, se lo avesse presentato alla scuola cuadri di Lotta Comunista del primo livello (quando sei ancora considerato “spia” e per questo non ti hanno ancora insegnato ad usare l’ombrello come arma d’assalto) forse si beccava anche un 6+.

    “un’analisi seria e profonda della Libia, che prescinde completamente dalla figura di Muammar Gheddafi” … sei sarcastico, vero? jajajjaja

    Già che ci siamo aggiungerei anche il merito di prescinde completamente dalla realtà visuale. È l’elaborazione di un cieco (ops… non vedente o vedente differente?). Del resto le immagini, anche se riconvertite in records alfanumerici, non danno origine a grafici e statistiche facilmente interpretabili. Meglio chiudere gli occhi.

    Così giovani barbuti salafiti, stretti tra sperequazione e caro-vita, inneggiano a Allah per una ripartizione del reddito a loro più favorevole, mentre, armati dai Paesi imperialisti, danno la caccia ai lavoratori immigrati, condannati a salari e a condizioni di vita e di lavoro schiavistiche che sicuramente vorrebbero vedere la loro situazione migliorata” grazie a un rituale taglio di gola d’infedele.

    Ma tralasciando l’analisi, davvero esaustiva è la sintesi: che anche mia mamma sia marxista? Lei mi dice sempre: “chi vivrà vedrà” Lui: Nell’immediato, è ipotizzabile una sorta di «somalizzazione», ma la Libia non è la Somalia (è evidente) – e già, deve aver sovrapposto le due cartine ed i confini non combaciavano- e sarebbe una soluzione dagli esiti imprevedibili.

    E questa è la Linea da seguire. Senza se e senza ma.
    Bravo Miguel. L’hai trovato. Per il prossimo partito ci abbiamo già il nuovo Lenin!

  4. Francesco scrive:

    a mio modesto avviso, non solo non sei marxista ma non credi all’assunto teorico fondamentale di Marx, il ruolo determinante dei fattori economici (la famosa struttura)

    leggerò il saggio, se riesco

    ciao

  5. giovanni scrive:

    “in Etiopia, nel 1936, bisognava stare dalla parte di Mussolini o quella del negus Hailè Selassiè? In Grecia, dalla parte dei fascisti italiani o dalla parte del dittatore Metaxas?”

    dalla parte dei popoli che subivano l’invasione, non si sbaglia mai. E il popolo greco, per esempio, dalla lotta al nazifascismo imparò a combattere i “liberatori” inglesi e i tirapiedi fascisti degli yankee 20 anni dopo.

    “non solo non sei marxista ma non credi all’assunto teorico fondamentale di Marx, il ruolo determinante dei fattori economici (la famosa struttura)”

    Se fosse tutto in mano alla struttura, il passaggio dal capitalismo al comunismo avverrebbe naturalmente, col plutocrate imperialista che da solo ammette che il suo sistema non funziona e cede il potere al proletariato. Ma già il fatto che Marx non fondò il movimento degli economisti comunisti, ma il partito comunista, dimostra che era lui per primo a credere che la sovrastruttura (se l’economia è tutto, la politica è sovrastruttura) influisse eccome. Bisogna considerare anche il contesto in cui operava Marx, ovvero un movimento socialista in cui il massimo dell’elaborazione teorica era inventare a tavolino la fabbrica perfetta e pensare che il mondo si sarebbe adeguato a quel modello. E’ chiaro che di fronte a certi esempi, rispondere “andate a studiare!” era il minimo…

    • Francesco scrive:

      Se non tutto è in mano alla struttura economica e alla sua evoluzione “interna”, il marxismo è aria fritta.

      Questo spiegherebbe molto bene la sua capacità di fornire convincenti spiegazioni a posteriori e utilissime previsioni a 2-3.000 anni. Oltre che di ispirare partiti e regimi di indubbia qualità.

      Mi par che qui si convenga che per la Libia vale il principio del Ku-klux-klan: i negri non sono certo capaci di badare a se stessi, al massimo possono avere un capo-tribù che organizzi il bunga-bunga. Che tristezza (per i popoli arabi, non per noi fini analisti).

  6. Antonello scrive:

    Il problema del marxismo odierno, e di quello degli anni ’70 parimenti, è esattamente quello che indica Miguel: la mancanza di un soggetto storico. Il proletariato urbano per Marx era detto soggetto storico, e lo si poteva capire nella realtà dell’ ‘800 industriale. Se dovessimo trovare un corrispettivo moderno, in occidente dovrebbe essere la classe media. La quale naturalmente non è una classe, almeno non nel senso economicista del termine: essa è al tempo stesso la padrona e la schiava. Il riferimento all’anti-imperialismo è importante, in quanto connette la classe media a realtà che esulano dal suo monologo, ma a mio parere è meno importante come strumento di lotta che come strumento di analisi, anche se mi rendo conto che questo risulta un limite.

  7. p scrive:

    In realtà quello che non entra in testa di noi è una cosa semplice: noi odiamo questo sistema: in toto; e non lo odiamo meno in salsa libica o russa o cinese che in salsa americana: non c’è nulla da scegliere, tutto da aborrire.
    In Libia non c’è nulla da scegliere, neppure questi ribelli imbelli, così proni ad altre autorità. Ma il medioriente cambia e cambierà senz’altro. Verso dove? Verso il caos, e la Libia sarà un gran caos dopo l’intervento degli apprendisti stregoni. Le forze libiche per cui intervengono non saranno in grado di mantenere la Libia, ci si può scommettere fin d’ora. Un altro pantano. In questo sono meno stupidi i destri preoccupati dei sinistri baldanzosi dei fatti libici. Ma non sono le nostre preoccupazioni, quelle.p

  8. Claudio Martini scrive:

    Riassunto del breve saggio.
    Esordio: Cararo e altri scrivono castronerie, e una rigorosa analisi della Libia dimostrerà come i ribelli sono la parte progressiva da sostenere senza dubbi.
    Svolgimento: analisi della formazione socio-economica libica e illustrazione delle sue contraddizioni di classe.
    Conclusione: il campo è diviso fra due fazioni borghesi. I diseredati vorrebbero migliorare le proprie condizioni, e l’occidente approfitta dell’occasione per rapinare risorse.
    Bene. Alla luce di tutto questo, perchè i ribelli andrebbero sostenuti?
    Dino Erba afferma una posizione politica (“i ribelli vanno sostenuti senza se e senza ma”) e si dimentica di argomentarla. Alla fine, l’intero testo sembra volto al fine di ammonire il Cararo per aver tirato in ballo la questione tribale nelle sue analisi.

  9. simone zagarolo scrive:

    Ma quali “marxisti” hai mai frequentato?
    Zag(c)

  10. Miguel Martinez scrive:

    Per Simone

    “Ma quali “marxisti” hai mai frequentato?”

    Più o meno del genere che ho descritto, temo 🙂

    Questo non vuol dire che tutti i marxisti siano così, ovviamente.

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