Islamofobi globalisti

Questa è la facciata della moschea di Castres, in Francia, come si presentava lo scorso 13 dicembre.

mosquee-castres-dic2009Lasciamo perdere i giudizi moraleggianti, se non per segnalare i doppi pesi che si adoperano in questi casi. Di cretini è pieno il mondo, e se due cretini su tre sono islamofobi, non è colpa loro.

Soffermiamoci piuttosto sul linguaggio delle scritte.

Innanzitutto, c’è il simbolo di una potenza straniera che una volta fece la guerra alla Francia, occupandola. Incredibilmente, disegnato per il verso giusto (beh, c’era il 50% di possibilità di indovinare il verso, in effetti).

In lingua straniera (sempre dell’ex-occupante), la frase Sieg Heil!: anche qui, ci complimentiamo con l’autore – un souchien italiano avrebbe scritto Sigh come nei fumetti.

Poi c’è White Power, nella lingua invece di altri stranieri, i quali dopo aver ricoperto di bombe la Francia, cacciarono i primi stranieri.

Poi c’è un by K268, che sa un po’ di graffitaro di Harlem, quindi quadra poco con il White Power precedente, ma sorvoliamo.

Infine, ma proprio infine, una frase in vero francese: La France aux français.

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77 risposte a Islamofobi globalisti

  1. Francesco scrive:

    per avere l’Occidente Unito contro l’Islam manca solo una piccola falce e martello da qualche parte …

    che tristessa, caro Miguel

    PS anche l’arabo è la lingua stranioera di invasori ma non pare dia fastidio il suo uso dall’Egitto al Marocco 🙂

    • Peucezio scrive:

      Beh, perché Egiziani e Marocchini la parlano, mentre i Francesi parlano ancora francese, non parlano né inglese né tedesco.
      Ma un marocchino berbero rivendica orgogliosamente il suo essere berbero e non arabo (anche se dovremmo dire “arabofono” più che “arabo”, perché si tratta di berberi arabizzati da una parte e berberi che hanno mantenuto la loro lingua dall’altra).

      • Francesco scrive:

        Appunto, questo dimostra che gli Arabi, come i Romani, sono più invasori che non i tedeschi o gli anglo-americani.

        😀

        • Peucezio scrive:

          Sui Tedeschi d’accordo.
          La diffusione dell’inglese nel mondo però mi pare che smentisca ciò che dici sugli anglo-americani.

          • Francesco scrive:

            mi pare che si diffonda come seconda lingua, e che in tutto l’impero i popoli continuino a parlare la propria

            e che ascoltino la musica in inglese senza capirci una parola

            • Peucezio scrive:

              Non è esattamente così. Nelle università europee si fanno sempre più corsi in inglese e si produce sempre più saggistica in inglese (un inglese di merda ovviamente, lessicalmente povero, schematico, come può essere quello di un non madrelingua, il che la dice lunga sul livello qualitativo che sta raggiungendo la saggistica europea), ed è uno dei motivi per cui sono a favore dello smantellamento dell’università in Italia: un’università così è meglio se sparisce.
              Ora, quando le lingue nazionali perdono la funzione di lingue di cultura e scientifiche e si relegano al ruolo di lingue colloquiali, gergali, si dialettizzano in sostanza, vuol dire che sono prossime alla loro estinzione.
              Tu mi dirai: sì, ma nessuno ce lo ordina, sono tendenze spontanee delle società “subordinate”. Ma il vero dominio lo si raggiunge quando i dominati sentono la spontanea esigenza di ossequiare e imitare il padrone in virtù del suo prestigio di dominatore: i Romani mica imponevano il latino ai vari popoli a suon di frustate, erano loro che non vedevano l’ora di impararlo.

              • roberto scrive:

                ma guarda che non è una questione di subordinazione è semplicemente che se scrivo un articolo in olandese mi leggeranno un numero X di persone, se lo scrivo in inglese un numero 10X.
                nel mondo reale, fuori da questo blog voglio dire, fai fatica a trovare persone che masticano più di una lingua straniera, e se hai una cosa intelligente da scrivere è un peccato confinarla ad un pubblico di lettori limitato

              • Peucezio scrive:

                E i traduttori che ci stanno a fare?
                L’omologazione linguistica non è mai una forma di arricchimento, perché una lingua esprime anche un universo concettuale, non è neutra rispetto ai contenuti.

              • roberto scrive:

                peucezio,
                non ho detto che l’omologazione linguistica è una forma di arricchimento, è una necessità.
                con tutta la simpatia di questo mondo per i traduttori (anche io mi sono per molto tempo guadagnato da vivere cosi’) non puoi immaginare di tradurre tutto in tutte le lingue.

  2. Francesco scrive:

    per avere l’Occidente Unito contro l’Islam manca solo una piccola falce e martello da qualche parte …

    che tristessa, caro Miguel

    PS anche l’arabo è la lingua straniera di invasori ma non pare dia fastidio il suo uso dall’Egitto al Marocco 🙂

  3. Claudio Martini scrive:

    “Di cretini è pieno il mondo, e se due cretini su tre sono islamofobi, non è colpa loro.”
    temo che il terzo cretino, invece, sia di fede musulmana.
    Comunque k2 era il nome d’arte di un sicario mafioso nell’ineffabile film francese “district 13”. ’68 sarà l’anno in cui il petainista è venuto al mondo.

  4. Miguel Martinez scrive:

    Per Claudio

    ““Di cretini è pieno il mondo, e se due cretini su tre sono islamofobi, non è colpa loro.”
    temo che il terzo cretino, invece, sia di fede musulmana.”

    Infatti, hai colto il punto. Siccome io spesso e volentieri difendo i musulmani cretini, che certamente esistono, sdrammatizzando le sciocchezze che fanno, non intendo usare io due pesi e due misure.

    Non ritengo che lo scarabocchiatore di Castres sia peggiore, o più pericoloso, del somalo che ha ballato sull’altare a Firenze o dei ragazzini che hanno lanciato le pigne a Carcassonne (temi trattati in precedenza su questo blog).

    Esiste un abisso morale tra lo K268 e Ferruccio de Bortoli, lucidissimo e navigato delinquente che ha convinto la povera moribonda Oriana Fallaci a delirare su quattro pagine del Corriere della Sera.

    Con K268, ci farei volentieri una chiacchierata, e scommetto che alla fine riusciremmo pure a capirci; con de Bortoli, no.

    Il punto è, i K268, che pure ha il coraggio di rischiare andando in giro con la sua bomboletta spray, che cultura rappresenta?

  5. @Francesco
    L’arabo è lingua “parlata” dal Marocco all’Egitto da circa 1400 anni, ininterrottamente. Definirla lingua straniera di invasori mi sembra ridicolo, allora francese, inglese ed ebraico cosa rappresenterebbero?

    • Francesco scrive:

      l’ebraico lo parlano solo gli ebrei, ergo

      il francese fu una lingua di invasori, poi hanno iniziato a perdere …

      l’inglese è LA lingua degli invasori del mondo

      altre domande futili?

      • antonio scrive:

        l’ebraico lo parlano solo gli ebrei, ergo

        errore blu: l’ebraico lo parlano solo i colonizzatori di una terra in cui fino a un secolo fa gli ebrei non parlavano l’ebraico moderno, lingua inventata a tavolino, ed erano il 5% della popolazione

      • falecius scrive:

        Il francese è una forma di latino moderno. Non credo che il latino fosse parlato in Gallia prima di una certa invasione. Perfino Alinei ammette che nella Francia del nord una forma neolatina (credo lui direbbe “italide”) ha sostituito il precedente gallico.
        Così come erano invasori gli Anglosassoni in Britannia.
        Che in molte zone della Gran Bretagna arrivano circa contemporanemente agli Arabi nell’Africa del Nord.

  6. Claudio Martini scrive:

    De Bortoli, l’ex mito della sinistra (?) Travagliesca…

    Qual è la cultura ddi K268? è un vero problema. è francese? è tedesca? proviene dagli US? O forse sfugge a qualunque connotazione nazionale?
    non lo so, non riesco a capirlo. Mi manca il canone ermeneutico, sono ignorante.
    Quando sono messo di fronte a minifestazioni di questo tipo l’unico sentimento che riesco a provare è un intenso odio. Tutto qui, purtroppo. Come dicono in Senegal, non puoi raccogliere ciò che è più grande della tua mano.

    • antonio scrive:

      “De Bortoli, l’ex mito della sinistra (?) Travagliesca…
      Qual è la cultura ddi K268? ”

      di K288 (propendo per l’88, che per i neonazi sta per Heil Hitler reso coi numeri, in quanto H è l’ottava lettera dell’alfabeto) non lo so, visto che non è qui, vorrei invece sapere da Claudio Martini, che qui c’è, qual è la cultura di
      1) chi mette vicino sinistra e un signore che rivendica fieramente ad ogni piè sospinto di essere di destra.
      2) chi si è sognato un De Bortoli mito di chicchessia a sinistra, con o senza punto interrogativo…

      • Francesco scrive:

        la Sinistra italiana ha ridefinito se stessa come “nemica di Berlusconi”, rinunciando ad ogni contenuto positivo (se non volete contare il foglietto di Bersani)

        quindi, ogni nemico di Berlusconi (Travaglio, Fini, De Bortili, la Marcegaglia, anche Bossi nel 1994) è ipso facto di sinistra. Pure De Benedetti e Murdoch.

        sbaglio o rimane il mistero K2? che vuol dire?

  7. darmius scrive:

    solo una nota: mi sembra che l’anno nella firma sia 88 e non 68, ed effettivamente, se è giusta l’interpretazione di claudio sulla firma, è più facile immaginare un ventituenne graffitaro naziglobalizzato che un quarantaduenne.
    Darmius

    • Francesco scrive:

      approfondiamo

      in Francia la Vittoria (!) sul nazismo è stata Mito fondativo persino più che da noi, a livelli inglesi o russi.

      eppure il quasi-coatto locale (quasi perchè scrive correttamente in tedesco, inglese e francese) si riconosce nella svastica.

      non male come conversione mitica e inutilità dell’apparato statal-scolastico di indottrinamento

      ciao

      • antonio scrive:

        “apparato statal-scolastico di indottrinamento”
        capisco che voi liberisti antistatalisti, che avete avuto i trionfi che tutti hanno visto con la crisi del 2008, non vogliate scendere a patti con la realtà, ma non credo proprio che sia l’indottrinamento statale ad aver fallito nel caso specifico, a meno che tu non sia in grado di dimostrare con qualcosa di più sensato, e reale, del fallimentare credo reaganiano, che un idiota messo in una scuola pubblica avrebbe fatto una fine diversa in una scuola privata, visto che ce l’hai tanto con lo stato….

  8. PinoMamet scrive:

    “Qual è la cultura ddi K268? è un vero problema. è francese? è tedesca? proviene dagli US? O forse sfugge a qualunque connotazione nazionale?
    non lo so, non riesco a capirlo. Mi manca il canone ermeneutico, sono ignorante.”

    Sarebbe facile rispondere “nessuna”, ma non credo sia così.

    In realtà il tipo di firma e il riferimento al “white power”, in inglese, mi fa pensare che il tipo non sia un prodotto di solitarie letture del Mein Kampf o del culto di qualche nonno collaborazionista;
    ma delle serie TV sulle varie bande e “mafie” carcerarie americane.

    il riferimento alla simbologia nazista è quindi di seconda mano, la citazione di una citazione, imitato non dai nazisti veri ma dall’Aryan Brotherhood;
    insomma, si è globalizzato tutto, e si globalizzato anche il “male”. Se si globalizzano le cose di segno positivo, allora diventano automaticamente globalizzate anche quelle di segno negativo.

    In questo senso, nel suo immaginario tutte queste cose che sembrerebbero incoerenti sono invece pienamente coerenti e coesive una all’altra: se invece di un francese fosse un russo, operante su suolo russo, non mi stupirebbe che avesse usato anche la falce e martello come ipotizza Francesco: perché no?
    A lui interessano solo dei simboli che ricordino momenti di potere del “suo” popolo comunque inteso, non in un’ottica storica, ma di semplice predominio di “lotta tra bande”.

    In questo senso, dovrebbero stare bene attente le passionarie “indigenes” a non confondersi con la folla rappettara di bande di “indigeni” avversari, ma altrettanto globalizzati del graffittaro K2:

    finirebbero così per auto-emarginarsi nel ruolo di “segno meno” del “segno più” globale, senza riuscire mai a romperne la logica.

    • antonio scrive:

      io la risposta ce l’ho, ed è abbastanza semplice:
      Il KKK è un modello per il neonazi esattamente come lo fu per Hitler
      chi ha letto con la dovuta preparazione culturale il Mein Kampf, sa che per buona parte è un’esaltazione continua delle radici della cultura americana, che sono lo schiavismo, lo sterminio dei popoli considerati inferiori come i nativi americani (che era il suo modello dichiarato per l’invasione dell’Europa dell’Est), la legislazione eugenetica, applicata all’epoca da diversi stati degli USA, e l’antisemitismo diffuso a piene mani dai media di Henry Ford (e l’ammirazione non si limitò al libro, visto che una volta al potere gli diede la Gran Croce dell’Ordine dell’Aquila, suprema onorificenza nazi). Ovviamente la vulgata dei vincitori yankee ha imposto la versione ufficiale del nazismo figlio della follia di Hitler o comunque frutto di un’evoluzione ideologica interna al mondo tedesco, non potevano i vincitori dire che al nazismo avevano fornito le basi culturali (e pure economiche, visti i cospicui finanziamenti yankee al partito nazi). Le ostilità tra angloamericani e nazi erano semplicemente divergenze interimperialistiche, ma per il resto l’anticomunismo slavofobo li accomunava, e infatti l’alleanza proseguì anche dopo la guerra, come dimostrano i documenti pubblicati qualche giorno fa dal NYTimes. E non è affatto un caso che il Nuovo Ordine americano, dopo la fine dell’URSS, sia iniziato con l’attacco alla Yugoslavia, vale a dire che i Nuovi Ordinatori americani hanno vendicato i nazifascisti che furono buttati fuori dalla Yugoslavia dai soli partigiani locali, esempio altissimo di autodeterminazione dei popoli che il totalitarismo yankee doveva schiacciare a tutti i costi.

      • Peucezio scrive:

        E’ un’analisi che non sta in piedi. Si tratta di elementi tipici dell’Occidente tardo-ottocentesco, soprattutto di quello più avanzato industrialmente ed economicamente. Il razzismo biologico, il suprematismo bianco, l’eugenetica attingono tutti a questo fondo positivista-evoluzionista, che è l’ideologia del capitalismo industriale di quell’epoca.
        Houston Stewart Chamberlain come lo collochi nel tuo schema? Perché aveva bisogno di riferirsi alla Germania (tanto da diventare tedesco) e al francese De Gobineau, se, da inglese, aveva già nella sua cultura anglosassone i suoi riferimenti ideologici?
        Diversamente dagli anglosassoni, Hitler non disprezzava affatto i popoli del “Terzo Mondo”, come sarebbe stato chiamato dopo, e i popoli indigeni in genere, e non aveva nessuna simpatia per il colonialismo europeo, anche se poi in Russia cercò di imitarne i metodi, ma a suo uso e consumo e in vista di un progetto completamente diverso. D’altronde lui insisteva ossessivamente sul fatto che bisognasse imitare in tutti i modi i comunisti nei loro metori politici e di propaganda, ma ciò non significa affatto che amasse i comunisti o che si rifacesse a loro, anzi, ne copiava i metodi per ritercerli loro contro.
        Quanto a Henry Ford, sai meglio di me come reagì la sua stessa nazione alla pubblicazione dell'”Ebreo internazionale”, al punto da costringerlo a rinnegarlo.

  9. pessima scrive:

    Ma la svastica centrale è un fotomontaggio o cosa? Per sapere, eh.

  10. pessima scrive:

    Ma la svastica centrale è un fotomontaggio o cosa? Per sapere.

  11. PinoMamet scrive:

    Pessima

    ho avuto il dubbio anch’io, perché la porta a prima vista sembra socchiusa mentre la svastica appare allineata su entrambi i battenti;
    ho ingrandito la foto (sì, sono uno curioso) ma non sono venuto a capo di molto, però mi sembra di aver notato dei segni di “ritocco” a mo’ di Photoshop;

    proprio non so.

    Mi piacerebbe sapere, nel caso, chi sono i photoshoppatori.
    (Poi ci sono anche i mezzi di comunicazione che diffondono, spesso in maniera del tutto incolpevole e inconsapevole; ma una volontà “taroccatoria” di qualcuno ci deve pure essere).

    Ricordo per esempio una foto abbastanza famosa di carro armato israeliano con sagome di bambini uccisi disegnate sopra:
    amici militari (italiani) mi hanno fatto notare che non solo le sagome erano un maldestro ritocco (e moltiplicazione) di una sigla identificativa a forma di V rovesciata che si usa appunto nelle formazioni di carri, ma che qualcuno aveva anche moltiplicato via Photoshop le mitragliatrici del mezzo, per dargli un’aria più minacciosa.

    Volendo, con un po’ di ricerca, penso che si scoverebbero decine di immagini più o meno taroccate, di tutte le fonti e per tutti i gusti, spacciate per vere.

    Ciao!

  12. Claudio Martini scrive:

    Vorrei chiedere scusa ad Antonio per aver urtato lil suo senso del decoro. In effetti, affermare che la sinistra abbia ormai come mito Travaglio nonostante le dichiarazioni di fede montanelliane di quest’ultimo è segno di intollerabile ignoranza. Sa com’è, signor Antonio, non mi sono potuto permettere la sua formazione, quella che le consente di passare sopra dettagli così irrilevanti.
    Per quanto riguarda De Bortoli, nel 2004 ero, grazie a Dio, vivo e cosciente, e ricordo abbastanza bene come la rimozione dell’odioso atlantista dal ruolo di direttore del Corriere della sera sollevò ondate di solidarietà e ammirazione fra tutti gli anti-berlusconiani, professionisti e dilettanti.
    Lei, caro Antonio, era a quei tempi vivo e cosciente?

  13. PinoMamet scrive:

    “lingua inventata a tavolino”

    Oddio, tra l’ebraico moderno e l’ebraico biblico o quello del Talmud ci saranno senz’altro delle differenze (dubito che Mosè sapesse dire “aeroplano” o “spazzolino da denti”) ma dire che l’ebraico attuale è inventato a tavolino mi sembra decisamente troppo.

    Io ho in casa una vecchissima grammatica ebraica, pensata per l’uso religioso e non per lo stato d’Israele (all’epoca della grammatica, non ancora nato), e mi pare sia più o meno la stessa lingua degli amici israeliani (l’avessi studiata meglio, saprei dirtelo con precisione!)

    D’altra parte, anche il latino delle encicliche non è quello di Cesare (neppure quello di sant’Agostino o di Lattanzio lo era) ma nessuno dice che il latino è una lingua inventata a tavolino! 😉

    Ciao! 🙂

    • falecius scrive:

      Manca all’ebraico moderno la continuità come madrelingua. Che il latino ha avuto (nei volgari).
      La faccenda è più complessa, naturalmente, ma il grado di “ricostruzione”dell’ebraico è maggiore di quello del latino medievale, che non ha mai avuto nessun bisogno di tornare ad essere madrelingua con un atto istituzionale (che peraltro ritengo da vari punti di vista ammirevole: in Europa non siamo mai riusciti a fare del latino della tradizione scritta un “europese” in Israele ci sono riusciti. Anche se in effetti il paragone col latino vale più per arabo e cinese che per l’ebraico).

      • PinoMamet scrive:

        Beh però l’ebraico come lingua colta ha avuto una continuità d’uso, parallela del resto a quella del latino nella stessa funzione
        (il Talmud, che è volendo una forma di “glossa continua”, ma anche i vari trattati come lo Zohar, Shulkan Aruch ecc. ecc.);
        è vero che a differenza del latino non ha dato origine a nessun “volgare” che ne continuasse l’uso quotidiano e popolare (ovviamente, altrimenti non si sarebbe posto il problema di far resuscitare la lingua colta a questo scopo) a meno di considerare tale l’aramaico, ma si divagherebbe;

        diciamo che è appunto nella posizione in cui sarebbe il latino se qualcuno avesse deciso di farlo diventare la lingua d’Italia o d’Europa.

        I problemi che si porrebbero (quale pronuncia adottare delel varie esistenti? con che criterio dare nomi a oggetti e concetti inesistenti nell’antichità?) sarebbe gli stessi che ci si è posti con l’ebraico, e in parte i vari “revivalisti” latini se li sono posti davvero;
        e certo il risultato avrebbe un certo sapore di artificialità, ma esiterei a definirlo una lingua inventata;

        anche perché sono in fondo gli stessi problemi che si sono poste molte lingue, la cui continuità d’uso non è messa in discussione, ma che si sono trovate per qualche motivo tagliate fuori dal flusso della modernità
        (perchè di minoranza o perchè mai adottate a livello ufficiale ecc.)

        Ciao!

  14. PinoMamet scrive:

    Sto peraltro tentando (ma vedrete che non ne caverò molto 😉 ) di imparare il Mohawk su internet (ho molto tempo libero, sì 🙂 ) , e vedo che, oltre a essere molto evoluti, e fortunatamente molto diversi, da quelli stereotipati della cinematografia, anche i nativi americani hanno (ovviamente) frasi e parole che mancavano ai loro trisavoli:
    “banca”, “ufficio postale”, “ristorante” ecc.; e non sono manco prestiti dall’inglese!

    non è che sia una lingua inventata a tavolino, è che le lingue si evolvono a volte anche naturalmente;

    penso che in gran parte sia successa la stessa cosa all’ivrìt.

    (Poi ha anche assorbito degli arabismi, certo, ma anche questo mi sembra un processo abbastanza naturale)

    • Peucezio scrive:

      Forse parlare di lingua “inventata” è eccessivo, ma tieni conto che lo stesso ebraico medievale dei rabbini (su cui si basa quello “israeliano” contemporaneo) è una lingua ricostruita a tavolino. le vocali sono completamente inventate, in base a degli equivoci interpretativi che la moderna filologia (non sono un semitista, ma questo lo so) ha messo in luce.
      Cioè questi hanno preso una lingua sacra che è il risultato di una ricostruzione piuttosto arbitraria degli eruditi ebrei medievali e ne hanno fatto la base per realizzare una lingua moderna da usare come lingua ufficiale e nella vita di tutti i giorni.
      Un’altra osservazione: l’aramaico per la verità non discende affatto dall’ebraico né ne è una corruzione o variante dialettale o colloquiale, ma è una lingua parallela, sempre di tipo semitico occidentale, ma diversa: l’ebraico è il dialetto cananeo del sud parlato in Palestina, è cioè una variante del “fenicio” (per usare la denominazione greca) con minime differenze: gli ebrei cioè, da dovunque vengano, si insediano in Palestina e assimilano la lingua del posto (o, se erano autoctoni, continuano a parlare la lingua della loro area di provenienza); l’aramaico è invece una lingua di un’area più settentrionale, coincidente più o meno col nord dell’attuale Siria e Iraq, parlata da tribù semitiche occidentali che vengono assoggettate dagli Assiri, i quali però, per un curioso processo storico, ne assimilano la lingua, che si diffonde, inizialmente come lingua parlata, in tutto o quasi l’Impero Assiro, soppiantando le lingue semitiche locali, compreso l’assiro stesso, che peraltro non era la lingua originaria degli assiri (che erano amorrei, quindi semiti occidentali: “amorrei” significa infatti originari dell’ovest), ma era l’antica lingua accadica (semitica orientale), che le tribù amorree, che chiamiamo Assiri e Babilonesi (dai nomi delle rispettive città, Assur e Babilonia), assimilarono conquistando i territori già appartenuti all’impero di Akkad (anch’esso, come la lingua, che prende nome dalla città).

  15. PinoMamet scrive:

    Neanch’io sono un semitista, ma mi pare che la tradizione dei Masoreti, alla quale penso tu ti riferisca, fosse basata comunque su una certa continuità della pronuncia dell’ebraico nell’uso sinagogale;
    la lettura della Torah in sinagoga, che io sappia, non ha subito interruzioni, quindi penso che gli inventori dei vari sistemi di notazione vocalica ebraica avessero una (o magari più tradizioni) su cui basarsi nel “fissare” il testo biblico;
    poi certo non saranno mancate divergenze, magari appianate anche in modo arbitrario, ma non credo si possa dire che l’ebraico è stato re-inventato nel Medioevo;

    comunque chi ne sa di più mi corregga!

    Ciao! 🙂

  16. PinoMamet scrive:

    Ritorno sull’argomento “lingua inventata” per dire che ho notato che i miei conoscenti israeliani utilizzano a volte un sistema di scrittura “senza puntini” che comunque fa intuire lo stesso la pronuncia vocalica o consonantica di alcune lettere “dubbie” (la vav ad esempio), scrivendole doppie nel caso siano consonanti;
    rimane sempre il dubbio sulla pronuncia della bet (B o V) e della fe (P o F) ma loro se la cavano tranquillamente lo stesso.

    Non so se sia una cosa che abbia una qualche ufficialità, oppure una cosa tipo le K degli adolescenti italiani;
    tra l’altro mi sembra ripresa da certe grafie yiddish.

    Ma anche nel caso sia una cosa ufficiale (e se si tratta di una roba presente anche in yiddish potrebbe essere anche una qualche variante di grafia piuttosto antica) comunque anche in questo caso mi sembrerebbe esagerato parlare di “lingua inventata”:
    il russo mi pare abbia subito riforme grafiche in epoca recentissima, forse staliniana (Falecius?)
    e anche il cinese “comunista” è stato pesantemente riformato nella scrittura rispetto a quello tradizionale (e taiwanese) ma mica sono lingua inventate.

    Ciao! 🙂

    • Peucezio scrive:

      Il russo ha avuto due riforme ortografiche fondamentali.
      La prima, una vera e propria riforma dell’alfabeto (soppressione di alcuni segni e soprattutto ridisegno grafico di tutto l’alfabeto per occidentalizzarlo, “latinizzarlo”), fu attuata da Pietro il Grande.
      La seconda (soppressione di altri segni e semplificazione di alcune regole) fu attuata dai bolscevichi all’indomani della Rivoluzione di Ottobre, sotto Lenin (Stalin non mi risulta abbia fatto riforme ortografiche o linguistiche).

      Prima di Pietro il Grande la scrittura cirillica era quella antica, che si trova già dai testi paleoslavi, e che è essenzialmente un greco bizantino con l’aggiunta di alcuni segni per indicare suoni tipici delle lingue slave, che in greco non c’erano.
      Inoltre, per seguire pedissequamente la scrittura greca dei testi sacri, erano state adottate una serie lettere, praticamente solo per parole di origine greca del lessico religioso, del tutto inutili a distinguere i suoni: vi era per esempio un segno per la omega diverso dalla omicron, spiriti, accenti circonflessi, del tutto inutili per le lingue slave. Pietro soppresse diversi di questi segni (oltre a uniformare segni che indicavano effettivamente suoni slavi distinti, ma che si erano già fusi secoli prima, come “ja” e “ę” nasale, che in russo si pronunciavano entrambi “ja” già da secoli) e adottò una forma grafica che rendeva le lettere cirilliche molto simili, come stile, a quelle latine, creando in pratica l’alfabeto cirillico che conosciamo attualmente.

  17. Peucezio scrive:

    I bolscevichi invece, circa due secoli dopo, fecero un’ulteriore riforma, meno rivoluzionaria, che eliminava ulteriori elementi inutili sul piano funzionale, che erano sopravvissuti alla riforma petrina.
    Sopprimeva per esempio la “fita”, antico residuo della “theta” greca, che in russo si era sempre pronunciata uguale a “f” (e in altre lingue slave come “t”), sostituendola appunto con la “f”; fondeva i due segni esistenti per il suono “i”, uno derivato dalla “eta” greca, l’altro dalla “iota”, abolendo il secondo, giacché si pronunciavano in modo identico; eliminava lo “jat”, che indicava in origine un suono “e” diverso da quello indicato con la “e”, ma che nel russo moderno aveva ormai la stessa pronuncia (tranne in alcuni dialetti) e aboliva inoltre il cosiddetto segno duro, che in slavo antico designava una consonante, mentre in russo moderno ormai indicava solo, di solito in fine di parola, che la consonante finale era dura e non morbida (cioè non palatalizzata). Tale segno venne ripristinato poco dopo, ma solo in alcuni casi particolari, in genere dopo prefissi terminanti in consonante dura e seguiti da vocale che palatalizza (e, i, ja, ë, ju), per indicare la natura dura della consonante.
    Furono inoltre uniformate certe grafie, per cui, laddove, in certi desinenze, certe vocali non si distinguevano più da altre, ne fu adottata una unica, cosicché per esempio le desinenze dei nominativi plurali degli aggettivi nella forma lunga furono uniformate per tutti e tre i generi, poiché in modo identico ormai si pronunciavano.

    Tale sistema alfabetico e ortografico è ancora quello del russo di oggiogiorno.

    • Moi scrive:

      Scusa Peucezio,

      … ma il Bielorusso e l’ Ucraino ? Furono ritoccati dai Sovietici ?
      Se non sbaglio il Bielorusso è molto simile al Russo, l’ Ucraino già meno.

      Ma è vero che prima dell’ indipendenza erano considerati “dialetti del Russo” ?

      • Peucezio scrive:

        Ottime domande.
        Purtroppo alla prima non ti so rispondere, ma tenderei a credere di no.
        Per quanto riguarda lo status lingua / dialetto, non è che i sovietici avessero completamente torto. Oggi le si considera lingue per motivi politici, prima del ’91 dialetti, sempre per motivi politici.
        Sfrondando un po’ la realtà linguistica di questi elementi ideologici e politici bisogna dire questo:
        E’ vero che l’ucraino e il bielorusso, pur essendo lingue slave orientali, dunque strettamente imparentate col russo, sono significativamente diverse, quantomeno non più simili di altre lingue slave cui sono legate identità nazionali e linguistiche considerate universalmente autonome, pur essendo molto simili ad altre contigue.
        Però i processi di creazione di queste due lingue sono relativamente recenti e molto artificiosi. Nel ‘700 infatti comincia a svilupparsi una coscienza nazionale ucraina e, in misura minore, una bielorussa (non sono un esperto di queste cose, ma più o meno il percorso è stato questo; potrei dire qualche inseattezza), coscienze nazionali basate sul fatto che quei territori, già appartenenti alla Rus’ di Kiev, erano stati per secoli sotto i Polacci e quindi si erano evoluti culturalmente e linguisticamente in modo indipendente dalla Russia intesa in senso stretto.
        Alcuni filologi dunque si pongono il problema di standardizzare l’insieme di dialetti parlati in tali territori. Solo che, come è inevitabile in questi casi, tale operazione viene compiuta in modo arbitrario, scegliendo alcuni dialetti anziché altri: è come se Bossi, volendo creare una lingua della nazione padana, chiamasse un’equipe di linguisti e questi, basandosi, chessò, su bergamasco, bresciano, insomma, sul lombardo orientale e aggiungendovi un po’ di parole venete, milanesi, piemontesi, liguri ed emiliane, mettessero a punto una lingua e poi, adattandoli alla fonetica dialettale, vi includessero i vocaboli della lingua colta, per cui, per dire, “introiezione” diventerebbe “introiesiù” o qualcosa di simile.
        Nella Bielorussia odierna per esempio (non dimentichiamo che, prima del ’91, non sono mai esistiti uno stato ucraino, ad eccezione di un’effimera parentesi durante la guerra civile fra “bianchi” e bolscevichi, né tantomeno una bielorussa) la lingua bielorussa, pur essendo prima lingua ufficiale, è molto poco usata: nelle zone orientali tutti parlano russo, mentre in quelle occidentali ci sono i contadini che, più che parlare il bielorusso standard, continuano a usare i loro dialetti tradizionali, su cui tale standard si è più o meno basato.
        In Ucraina l’ucraino standard è più usato, ma anche lì c’è un’estrema varietà linguistica: nell’estremo ovest, nella zona di Leopoli, parlano dei dialetti affini al polacco, nelle regioni orientali, meridionali, in Crimea tutti usano il russo, mentre l’ucraino è diffuso prevalentemente nelle regioni nord-occidentali. Nella stessa capitale Kiev il russo è molto diffuso.

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Peucezio e Moi

          Posso forse contribuire con una esperienza personale. Leggo un poco Polacco e poche parole appena di Russo, ma cio’ mi basta per leggere intere frasi in Bielorusso, lingua che mia moglie (originaria della città Polacca di Bialystok, oggi a cento Km dalla Bielorussia) mi dice essere ‘come una variante del Polacco antico’. Lei praticamente lo parla: dice che Slovacco e Bielorusso sono assai facilmente comprensibili da un Polacco, mentre per es. il Ceco e il Russo sono già più lontani.

          Le mappe e i dizionari Ucraini cui ho dato un’occhiata mi sembrano scritte in un dialetto del Russo con quache lettera diversa (la ‘i’) ma senza quasi influssi Polacchi o quasi.

          Il mio collega Russo in ufficio dice che lui capisce poco di Ucraino e ancor meno di Bielorusso e di Polacco.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

          • mirkhond scrive:

            Per Andrea Di Vita

            Le differenze tra Russo e Polacco possono paragonarsi a quelle tra Italiano e Spagnolo?
            ciao

            • Andrea Di Vita scrive:

              Per Mirkhond

              Alfabeto a parte, direi più a quelle fra Italiano e Francese. Ma non dirlo MAI a un Polacco.

              Ciao!

              Andrea Di Vita

          • PinoMamet scrive:

            “Il mio collega Russo in ufficio dice che lui capisce poco di Ucraino e ancor meno di Bielorusso e di Polacco.”

            Ipotizzo che esista uno o più dialetti ucraini parlati, difficilmente comprensibili come tutti i dialetti “stretti”, e un ucraino ufficiale che, stante la quasi continua dipendenza culturale da Mosca, si discosti assai poco dal russo.

            La mia ex vicina “moldava” credo fosse etnicamente russa o comunque slava, e uno dei suoi figli si era trasferito a Mosca, senza problemi di lingua penso;

            ho anche un’amica che è mezza ucraina e mezza romena (e mezza italiana, nel senso che è nata e cresciuta qua) e lavora come traduttrice dal russo, quindi boh!

            L’ex ragazza polacca di mio fratello leggiucchiava il russo (non so se e dove lo avesse studiato) ma non provava simpatia per la lingua e il popolo russo.

            Ciao!

            • mirkhond scrive:

              I Polacchi che conosco non amano la Russia, nè comunista, nè tantomeno zarista, per ragioni che risalgono alla famosa spartizione della Polonia del 1772-1795, oltrechè per una millenaria rivalità storico-religiosa che risale alla conversione al Cristianesimo di entrambi i popoli nel X-XI secolo.
              ciao

  18. PinoMamet scrive:

    Grazie Peucezio!!

    Dimenticavo anche la recentissima uniformazione greca degli accenti (in pratica, se ne usa uno solo) e scomparsa degli spiriti;
    il che rispecchia l’uniformità della pronuncia attuale e semplifica parecchio la vita agli scriventi, però allontana ancora di più dal greco classico 🙁

    • Peucezio scrive:

      Sì, il sistema monotonico, anche se, se si volesse semplificare davvero la scrittura del greco, si dovrebbero abolire gli “oi”, “y”, “ei” e la eta, sostituire “ai” con “e” ed “au” ed “eu” con “af”, “ef” o “av”, “ev”, secondo i casi.
      Per un bambino greco imparare a scrivere dev’essere un manicomio, perché scopre che la vocale che lui pronuncia “i” si scrive in cinque modi diversi a seconda della parola e deve saperli a memoria.
      Comunque, fosse stato per me, si sarebbero tenuti la katharevusa: è come se noi, anziché l’italiano, che all’epoca dell’unità d’Italia parlavano solo i letterati, avessimo adottato come lingua ufficiale i dialetti (o il dialetto di Roma o il fiorentino popolare, che comunque non è certo più uguale all’italiano).

      • roberto scrive:

        “Per un bambino greco imparare a scrivere dev’essere un manicomio”

        mai quanto per un bambino francese (ed io ho sotto gli occhi quella poveretta di mia figlia) o inglese 🙂

      • PinoMamet scrive:

        “Per un bambino greco imparare a scrivere dev’essere un manicomio”

        In effetti ho sempre pensato che il greco “moderno” si impara molto più facilmente avendo la base di quello classico, piuttosto che il contrario; e forse anche piuttosto che partendo da zero, almeno per quanto riguarda la scrittura e la lettura.

        Comunque, nonostante la katharevousa avesse i suoi elementi di artificialità (ma anche la “demotica” li ha, alla fine) anch’io avrei tenuto quella, fossi stato il governo greco 🙂

  19. PinoMamet scrive:

    Già che ci sei, e per continuare la divagazione 🙂

    sai per caso quando o in che misura le altre lingue slave con scrittura cirilica si sono uniformate all’uso russo?
    Vedo che in serbo, tolte un paio di lettere, si usa lo stesso alfabeto che ritrovo nei testi russi, e lo stesso mi pare in bulgaro ecc.;
    l’influenza russa deve essersi fatta sentire anche lì, anche in mancanza di autorità che la imponesse.

    Anche il romeno credo abbia adottato l’alfabeto latino abbastanza recentemente (fine Settecento o inizio Ottocento, direi… ma vado a spanne e confesso la mia ignoranza) nell’ottica della generale ri-latinizzazione e occidentalizzazione della cultura romena.

    Ciao!

    • Peucezio scrive:

      Purtroppo non ne so granché. Di certo la riforma petrina deve aver toccato il cirillico di tutti gli altri paesi che lo usavano, altrimenti userebbero ancora i caratteri cirillici antichi.
      Effettivamente il cirillico usato da serbi, macedoni e bulgari è molto simile a quello russo, pur con qualche lettera in più e in meno. Stessa cosa si può dire per ucraino e bielorusso, anche se l’ucraino ha mantenuto per esempio la “i” (scritta proprio come la nostra “i”, con tanto di puntino e distinta dalla “i” derivante dalla “eta”, mentre il russo l’ha persa; questo perché in ucraino i due segni si pronunciano diversamente.
      Non ho idea però se siano state fatte riforme anche lì e negli altri paesi slavi che usano il cirillico.
      Anche le lingue turche dell’Asia centrale usano il cirillico, adattato alla loro fonetica. Lo jacuto per esempio usa la vecchia “fita”, cioè una O divisa da una linea orizzontale, per indicare un suono che corrisponde più o meno a un ö, tipico peraltro delle lingue altaiche, come del giapponese.
      Il moldavo invece, per riallacciarmi alla tua osservazione sul rumeno, si scrive ancora in cirillico, oltre che in latino, anche se ultimamente si sta imponendo il latino per motivi nazionalistici (ma in Transnistria senz’altro usano solo il cirillico anche per scrivere in moldavo).

  20. mirkhond scrive:

    L’alfabeto latino fu adottato per il rumeno nel 1860-62, al posto del cirillico, tranne per la Moldavia russa dove rimase fino al 1926, poi ripristinato nel 1940-41 e ancora nel 1944-1989, seguendo le alterne vicende della dominazione russa nell’area.
    ciao.

    • Peucezio scrive:

      Cavoli, come sei informato!

    • Moi scrive:

      il Romeno (e il Moldavo che ne è considerato una variante come può esserlo il dialetto di Nonantola rispetto a quello di Modena, per italianizzare la cosa) è una lingua neolatina e quindi un alfabeto latino con segni diacritici gli è culturalmente più consono del cirillico.

      ——-

      Nell’ uso dell’ alfabeto cirillico oppure latino con i segni diacritici c’ è anche una compnente culturale religiosa : infatti i popoli a maggioranza cattolica adotttano i “Segni di Roma”, quelli a maggioranza ortodossa il cirillico.

      ——

      Il Cirillico fu senz’altro un’ invenzione geniale : un sistema fonetico internazionale (oggi adottato da tutti i dizionari minimamente validi) in anticipo di mille anni, seppur per soli Slavi.

  21. Jam scrive:

    …l’avvenimento linguistico, la star , la vedette linguistica,
    é la lettera,
    non il linguaggio o la lingua greco latina russa araba siro-tibetana malayo-polinesiana, austronesiana ecc..
    Le lettere dell’alfabeto sono una “comunità vivente” ed ogni lettera ha una personalità in continua evoluzione, invenzione, creazione.
    Uomo e linguaggio interagiscono continuamente. Facendo rivivere il latino ad esempio, si inventerà di fatto un’altro modo di essere del latino, perché l’altro non corrisponde più al nostro modo post moderno di essere davanti al linguaggio cioé davanti alla realtà.
    Cosi come, adottare l’alfabeto latino x una lingua non latina é un atteggiamento artistico, ma anche strategico e tattico. Si usa la lettera per descrivere un nuovo modo di essere viventi.
    I sistemi linguistici con le loro regole, sono soltanto una facciata, la vera lingua il vero linguaggio, é quello dove non la regola grammaticale, ma la lettera in sé é protagonista creatrice di una sempre nuova sintassi, combinazione strategica creatrice alla ricerca del…..
    ciaobye!

  22. Moi scrive:

    Direi che paradossalmente un neonazi non-tedesco non è un razzista al 100% :

    la propria razza la mette come minimo al secondo posto, dopo la tedesca. 😉

  23. PinoMamet scrive:

    ” Romeno [… ] è una lingua neolatina e quindi un alfabeto latino con segni diacritici gli è culturalmente più consono del cirillico.”

    Beh in Romania l’hanno pensata come te e hanno adottato l’alfabeto latino, però i romeni, cioè moldavi, valacchi e compagnia, hanno fatto parte per secoli del mondo bizantino-ortodosso, e avrebbero ottime ragioni anche per tenersi una scrittura cirillica.
    Certo la scelta di quella latina ha contribuito ad avvicinarli all’ “Occidente”, e a conti fatti credo sia stata una scelta vincente.

    ” Il Cirillico fu senz’altro un’ invenzione geniale : un sistema fonetico internazionale (oggi adottato da tutti i dizionari minimamente validi) in anticipo di mille anni, seppur per soli Slavi”

    Beh alla fine si è trattato di una scrittura sviluppata da slavi per slavi, quindi rende perfettamente i “loro” suoni o certe loro abitudini fonatorie, per parlare più da colti.
    Ipotizzo si possa dire lo stesso degli alfabeti armeno e georgiano in rapporto alle rispettive lingue.

    Invece sono stupito dalla versalità della devanagari: certo non comprende tutti tutti i suoni delle lingue del mondo (operazione penso impossibile anche per il più completo degli alfabeti fonetici moderni), però vedo che tutt’ora il mio dizionarietto hindi traslittera esattamente e senza nessuna difficoltà le parole italiane, anzi, in qualche caso è più preciso dell’alfabeto latino (per esempio distingue tra “s” sorda e “s” sonora), mentre il contrario è impossibile senza l’apporto di un discreto apparato di segni diacritici.
    Però a difficoltà a rendere i nessi “gl-” “gn-” (li rende con “li-” e “ni-” rispettivamente) e penso che anche la devanagari si troverebbe in difficoltà con la “ll” gallese
    (che invece ritrovo quasi uguale in navajo…)

  24. Moi scrive:

    @ Peucezio :

    E il Mongolo ? … Che io sappia hanno un sistema alfabetico tipo lo HanGul della Corea (ove gli ideogrammi cinesi hanno un valore soprattutto religioso … e in quella del Nord c’ è “qualche problema” ovviamente) e il cirillico, almeno dai tempi del Protettorato Sovietico, per trascrivere una lingua completamente diversa da quelle slave. Pare che nella vita quotidiana il cirillico sia più comodo …

  25. Peucezio scrive:

    Cirillo, che come è noto inventò il glagolitico, non era certo uno sprovveduto: tra l’altro la sua invenzione è ancora più geniale del cirillico, sviluppato in seguito dai suoi allievi, perché si tratta di un alfabeto ex novo, creato appositamente per una lingua con segni nuovi e specifici, tanto che, guardandolo oggi, ci dà l’idea di un alfabeto extraterrestre inventato da qualche scrittore o sceneggiatore di fantascienza.
    Però bisogna dire che gli alfabeti, quando nascono, sia che siano inventati ex novo, sia che siano basati su un esistente alfabeto straniero, sono sempre delle perfette scritture fonetiche per la lingua che devono rappresentare.
    L’alfabeto latino per esempio, che è un alfabeto italico derivato dall’etrusco, a suo volta derivato dal greco ionico delle colonie campane, aveva un segno per ogni suono, solo che poi il latino si è evoluto, la pronuncia che utilizziamo oggi non è nemmeno quella di epoca classica, ma è sostanzialmente quella medievale e le lingue romanze, che si basano sulla tradizione scritta del latino e sulla fase arcaica del loro sviluppo, rompono ancora di più tale regolarità.
    Il francese per esempio è un caso estremo di iato fra scrittura e pronuncia, come giustamente notava Roberto; ma se prendiamo il francese bassomedievale, dei primi secoli di storia della lingua, la corrispondenza è molto migliore. Stessa cosa si può dire dell’inglese, che però è attestato da diversi secoli prima.
    Infatti, è questo è un punto fondamentale del rapporto fra grafia e pronuncia nelle lingue, c’è molta meno regolarità nella corrispondenza fra segni e suoni nelle lingue che si evolvono più rapidamente, rispetto a quelle relativamente statiche e conservatrici (come sono, per esempio, l’italiano o lo spanguolo), per il fatto che la scrittura, essendo codificata in regole e rimanendo come testimonianza attingibile attraverso il tempo (i registratori esistono da poco più di un secolo), è molto più stabile della lingua parlata e quindi, col passare del tempo, si trova spesso a rispecchiare una pronuncia passata, vecchia di qualche secolo, tanto che in alcuni casi, quando il divario diventa troppo ampio, si fanno delle riforme ortografiche.

  26. mirkhond scrive:

    “Beh in Romania l’hanno pensata come te e hanno adottato l’alfabeto latino, però i romeni, cioè moldavi, valacchi e compagnia, hanno fatto parte per secoli del mondo bizantino-ortodosso, e avrebbero ottime ragioni anche per tenersi una scrittura cirillica.
    Certo la scelta di quella latina ha contribuito ad avvicinarli all’ “Occidente”, e a conti fatti credo sia stata una scelta vincente.”

    Probabilmente la tenace persistenza del cirillico come alfabeto rumeno fino al XIX secolo (e per la Moldavia ex russa fino a vent’anni fa) , è stata dovuta proprio al fatto che i Rumeni, sono sì latini, e dal XV-XVI secolo anche coscienti di esserlo, ma anche cristiani ortodossi dal punto di vista religioso.
    Per cui si ha il paradosso di un popolo legato alla latinità da un punto di vista etno-sentimentale, e l’appartenenza ad un oriente religioso, anch’esso all’origine romano ma bizantino.
    ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Mirkhond

      ”bizantino”

      C’e’ da aggiungere che uno dei pretesti che i governanti attuali della Transnistria accampano per rivendicare l’indipendenza da Kishinëv è appunto il fatto che i Moldavi mantengono l’uso Rumeno dell’alfabeto latino.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  27. mirkhond scrive:

    “si è trattato di una scrittura sviluppata da slavi per slavi”

    E per quella grossa “intercapedine” valacca situata tra le attuali Serbia orientale, Kosovo, Bulgaria occidentale e Macedonia settentrionale, area neolatina probabilmente abbastanza compatta ancora nel IX-X secolo, quando venne ricristianizzata dai discepoli bulgari di Cirillo e Metodio, discepoli che appunto inventarono ad Ochrida il cirillico perfezionando il glagolitico.
    Fu solo dopo quella data che il grosso dei Valacchi attraversò il Danubio per stabilirsi in Transilvania e dar vita al primo nucleo del popolo rumeno, mentre i restanti Valacchi balcanici si dispersero in una diaspora di pastori tra il Mar Nero e l’Istria.
    ciao

  28. falecius scrive:

    L’attuale cirillico serbo è stato riformato completamente da Vuk Karadzic all’inizio dell’Ottocento, avvicinandolo molto alla pronuncia. In effetti la scrittura serba è assai più razionale e regolare di quella russa. Karadzic introdusse alcune lettere nuove e ne eliminò altre che non rispondevano più alla realtà fonetica.
    Il vecchio alfabeto mongolo è derivato dal siriaco nestoriano attraverso mediazioni uigure (credo) e tibetane. Dopo il 1911 furono introdotti in Mongolia sia l’alfabeto latino che quello cirillico, che ha prevalso per tutto il periodo comunista.
    Come molte repubbliche ex-sovietiche, anche la Mongolia ora inclina verso i caratteri latini, da quel che ne so.

    • Moi scrive:

      La Mongolia non faceva parte dell’ URSS … ha sempre avuto l’ indipendenza. Qualunque vecchio (ma non vecchissimo) atlante degli anni ’80 basta e avanza per confermartelo .

      • Peucezio scrive:

        Per la verità la Mongolia ha attraversato un periodo di assoggettamento di fatto, anche se non de jure, all’URSS, sicuramente all’epoca di Stalin, non so se anche prima o dopo.

    • Peucezio scrive:

      Molto interessante.

  29. mirkhond scrive:

    La Mongolia cadde sotto l’influenza sovietica già nel 1921, con la sconfitta e l’eliminazione del barone Roman Fëdorovič von Ungern Sternberg.
    ciao

  30. Jam scrive:

    …le parole che non dicono più niente
    …quello che volevo dire nel mio delirio di cui sopra, lo faccio dire a Michel Foucault in uno studio su Ibn’Arabi l’herméneutique et l’écriture: l’être et la lettre:
    …”convenzionalmente le lettere costituiscono il sistema della lingua e la loro combinazione dà, secondo certe regole di intelligibilità proprie ad una od ad un’altra lingua, il senso di qualche cosa, il suo uso adeguato, cosi come il suo valore in quel sistema linguistico. Le lettere da questo punto di vista, emanano dallo spirito che organizza, taglia distribuisce il loro ruolo e la loro designazione della cosa. Ogni cosa ha quindi, una parola che la indica, vedi la cosa e la parola, la cosa ed il modo di chiamarla non fanno che un solo e stesso habitacle. Questa é la concezione delle lettere in questa impresa organizzatrice, donante un senso e manipolatrice delle lettere.
    Invece, Ibn’Arabi sembra tematizzare cio’che convenzionalmente non é tematizzabile. E’ cosi che rende le lettere animate quando dice: “sappi che le lettere sono una comunità fra le altre alle quali la parola é rivolta ed il carico(la responsabilità) é confidato”.
    Dando la priorità alla lettera Ibn’Arabi rovescia la concezione classica del linguaggio, secondo la quale la lettera non é che un’ammasso grafico all’insaputa della quale si infiltra lo spirito o la monotonia del senso, nella misura in cui la lettera disegna sempre lo stesso senso, il senso univoco. La lettera diventa cosi il corpo schiacciato, schiavo dello spirito, ed é incessantemente manipolata da quest’ultimo che cerca in lei la perpetuità e l’eternità. (…) Invece chez Ibn ‘Arabi la scrittura é indissolubilmente legata alla priorità che da ala lettera in quanto avvenimento linguistico. Etimologicamente parlando, la scrittura nel senso di kitâba vuol dire “combinazione” o “raggruppamento” di certe lettere per designare un qualunque significato (…).
    La scrittura é la caratteristica del raggruppamento e della dispersione. Il raggruppamento delle lettere per indicare una dispersione semantica, come la parola combiata ‘ayn che ha una molteplicità di significati cme sorgente, occhio, tesoro sole, spione ecc.
    Quindi interessante é vedere non la molteplicità semantica, ma come Ibn’Arabi ritaglia, sposta e distribuisce le lettere per indicare altre cose che il senso convenzionale, un altro senso, un autrement que le sens. Non un graphème muto, ma un avvenimento in continua metamorfosi, un’affettazione della struttura del testo, la lettera é sempre sul punto di trasformarsi, di sintonizzarsi alle lettere avvenimento vicine, facendo apparire un senso al plurare, mai chiuso e concluso. M. Foucault

    Cosi potrei dire che una lingua che non cambia non é autentica e non e “tradizionale”, ma sottostà ad una forzatura, una prigionia che asfissia il cervello.

    Infatti, nella frase dei graffitari “la France aux français ” la lettre est écrasée, la lettera é schiacciata ed il linguaggio non esprime nemmeno quello che i tipi avrebbero voluto dire, perché anche i musulmani della moschea sono francesi da ormai tre generazioni…
    bye!

  31. Alessio Mameli scrive:

    In ogni caso resta il problema della reciprocità. Nei paesi islamici i cristiani e gli ebrei non hanno gli stessi diritti dei musulmani dato che per loro spetta la Dhimma, secondo la Shari’ah, che è, purtroppo, ancora la legge dominante nei paesi islamici. Per gli atei e per gli apostati poi, sempre ai sensi della legge coranica, spetta la pena di morte.

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