La morte di John Kleeves (Stefano Anelli)

Vengo a sapere della maniera incredibile e spettacolare in cui è morta una persona che  un po’ conoscevo: Stefano Anelli, meglio noto come John Kleeves.

John Kleeves, per me, era innanzitutto l’autore di un libro, Sacrifici umani. Stati Uniti: i signori della guerra, edito dal Cerchio di Rimini. Un libro dignitoso.

Un quadro generale dell’impero americano, scritto da una persona informata e documentata. Non c’era nulla di nuovo per chi conosceva la letteratura americana sul tema; ma era una buona opera di divulgazione, per l’Italia, su un tema fondamentale in un’epoca dominata dall’impero statunitense.

Tutti i campanelli di un buon reparto di psichiatria suonano quando ci sono troppi punti esclamativi o si mettono troppe parole tra virgolette. E suonano soprattutto quando si lascia uno spazio vuoto tra una parola e la virgola che segue, prova certa della presenza della Sindrome dello Scribacchino Fuso (SSF).

Bene, nel libro di John Kleeves, non c’era alcuno di questi elementi. Solo una sorta di sottile rabbia, un’insistenza eccessiva, una tendenza a fare troppi collegamenti forzati. Ma era solo una lieve stonatura, appena percettibile, e certamente non peggio di quanto si trovi regolarmente nei media ufficiali.

La critica che potrei fare al libro è una sola: mancava una salda teoria sull’essenza degli Stati Uniti, che spiegasse la fusione di struttura economica e ideologia. Al posto di tale teoria, un’antipatia generica e vaga. Però era sempre meglio del 90% di ciò che si legge in giro sugli Stati Uniti, e non è poco.

Avrei incontrato di nuovo John Kleeves citato in un’occasione curiosa: l’unica volta che ho sentito Umberto Bossi parlare dal vivo, fu durante il breve attimo in cui la Lega si schierò contro la guerra americana nel Kosovo. Umberto Bossi citò lunghi estratti dal libro di John Kleeves, senza mai riconoscerne la fonte, Anzi, si divertiva a far notare ai presenti come lui stesso fosse più colto di quanto loro potessero pensare. Credo di essere stato l’unico, nella platea composta da entusiasti leghisti bolognesi, a riconoscere il plagio.

Non mi ricordo chi sia stato a mettermi in contatto direttamente con John Kleeves, comunque sapevo che si chiamava Stefano Anelli, abitava a Rimini, era vissuto a lungo negli Stati Uniti per motivi di lavoro e proveniva dal vecchio PCI.

Ci siamo sentiti qualche volta per telefono. Con voce cupa, Stefano Anelli/John Kleeves sottolineava la maniera in cui gli altri avevano capito meno di lui della questione americana; e sosteneva che una piccola casa editrice avrebbe stampato qualche copia in più di un suo libro, senza pagargli i relativi diritti d’autore. Una tesi che non mi convinceva: il libro non aveva un mercato; la casa editrice si poteva accusare di tutto tranne che di disonestà; e poi quando si pubblica con un piccolo editore di nicchia che sopravvive appena, è già grasso che cola se ci guadagni abbastanza da offrire una pizza agli amici.

Stefano Anelli ci teneva al proprio anonimato. Capisco perfettamente l’esigenza di restare anonimi, in quella gorgogliante fogna che è Internet, dove il fatto che avevi fatto forca a scuola una volta mezzo secolo fa ti verrà usato contro per sempre. Ma percepivo anche qualcos’altro; mi sembrava che Stefano Anelli si sentisse enormemente importante, incompreso e minacciato: se non lo conosceva il mondo intero, era solo per colpa di editori cialtroni; e se lo avesse conosciuto il mondo intero, l’impero americano avrebbe ricevuto un colpo decisivo.

Sentivo che avevamo poco in comune. Io sono affascinato dalle persone mentalmente disturbate, ma a patto che possiedano anche senso dell’umorismo o fantasia visionaria, ed entrambe le cose mancavano a Stefano Anelli.

Leggevo, molto distrattamente, gli scritti di John Kleeves che giravano in rete, senza che lui mettesse in piedi nemmeno un proprio blog.

Alcune cose erano interessanti, altre meno. Spesso, come quando scriveva di cinema,  intuizioni validissime si mescolavano all’ossessione con l’elemento meno importante di tutto il sistema statunitense: il governo.

Un giorno, ho letto un suo bizzarro attacco agli albanesi:

“Gli albanesi non sono degli europei, non sono degli ” slavi ” come spesso viene detto per fuorviare ; sono una etnia turca, una delle tante, questa arrivata nel XIV secolo con l’avanzata dell’Impero Ottomano. Io direi anzi che sono una delle peggiori, assieme ai ceceni.

Con questa fantastica premessa, Kleeves collegava piccoli episodi di delinquenza da parte di qualche immigrato albanese in Italia ai grandi disegni politici statunitensi.

Che se sento parlare così il fruttivendolo, mi va bene. Se parla così uno che, come Stefano Anelli, ha evidentemente una discreta cultura, vuol dire che c’è qualcosa di fondo che non va. E’ un percorso già visto – mi viene in mente la tragica fine che hanno fatto due grandi menti, Wilhelm Reich e Ida Magli.

Io sono sicuro che la morte di Stefano Anelli presenti aspetti strani; cosa non sorprendente, visto che lui stesso era una persona decisamente strana.

Questo è un complimento da parte mia: Stefano Anelli ha l’immenso merito di non aver fatto parte del gregge addormentato dell’umanità media.

Però è labile il confine che separa l’uscita dal gregge dall’uscita per disperazione dalla vita stessa. Ed è un fatto,  che dalla nostra parte,  ci sarà sempre un gran numero di persone sovreccitate, rancorose, che si arrampicano sugli specchi nei ragionamenti, che si offendono per niente e che credono di essere indispensabili al mondo. E se sono indispensabili, immaginano di essere nel mirino del potere, cosa che le rende anche tremendamente sospettose.

Non rinnego la loro compagnia, ma è un problema serio.

Sarebbe splendido se uscire dall’orrore dell’asservimento e dell’obnubilazione, dal mondo della Sciampista e del Telecomandante, coincidesse con la scoperta della vita, della gioia, della verità, della leggerezza. Mentre tante volte è solo una caduta nel precipizio, con il peso di tutti i propri demoni interiori.

John Kleeves è stato assassinato, come sostiene qualcuno?

Io non c’ero, e quindi non lo so. Se io scoprissi la località segreta in cui una grande azienda ha seppellito tonnellate di rifiuti tossici, ad esempio, credo che sarei a rischio. Solo che dubito che mi farebbero fuori con un duplice omicidio con balestre: scomparirei con un banale infarto.

Ma l’esperienza mi insegna che qualunque cosa tu scriva sui grandi sistemi di potere cade nel nulla, perché non incide in alcun modo. Le cose che scriveva John Kleeves, o che scrivo io, contano – agli occhi del sistema – poco più dei blog delle casalinghe poetesse.

Poi è chiaro che con un po’ di fantasia, qualunque cosa può trasformarsi in ciò che ci pare. Basta lanciare qualche “chi sa se è solo un caso”. Qualcuno ha lasciato delle rose rosse sul luogo dell’omicidio? Il fattaccio è avvenuto in località Santa Cristina? Ma Santa Cristina non era la martire uccisa con una freccia?

C’è qualcosa di poetico in simili fantasie, ma viene da ridere a pensare al funzionario della CIA incaricato di far fuori il pensionato che ha scoperto tutto, mentre costruisce non si sa bene perché uno scenario pieno di messaggi simbolici.

USA/

Mark J. Sullivan, attuale direttore dei servizi segreti degli Stati Uniti, mentre decide quale segno esoterico lasciare sul luogo del delitto

Io vorrei riconoscere a Stefano Anelli, oltre alla sua intelligenza, anche il diritto al suo infinito, rancoroso, confuso, lucido dolore. Che noi chiamiamo pazzia, perché così ci abbiamo messo su un’etichetta, senza che nessuno sappia cosa voglia dire.

Ma, Dio, che tristezza, che a cadere non sia stato nessuno di quei signori che davvero meriterebbero di morire con un colpo di balestra al collo. Solo una ragazza di Rimini dai capelli neri e un pensionato, come dicono i media, depresso.

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65 risposte a La morte di John Kleeves (Stefano Anelli)

  1. PinoMamet scrive:

    Ho letto il link sul cinema (Forrest Gump) e devo dire che trovo la sua analisi ideologica del film praticamente inoppugnabile, tanto che in effetti si regge benissimo da sola senza bisogno di alcuna stampella
    (mi sto limitando nell’uso delle virgolette- un mio vizio- per non passare per matto, non si sa mai!)
    del genere “deviazione da parte dei servizi”.
    Credo che l’ideologia americana sia talmente pervasiva che ben pochi registi o sceneggiatori d’oltreoceano abbiano in effetti bisogno di un controllo dall’alto.
    Conosco alcuni operatori del settore, anche qua in Italia, che ne sono talmente imbevuti, che farebbero da soli film totalmente analoghi, ideologicamente, a quello esaminato dal povero Kleeves, senza che nessuno li obblighi. Sono, va detto, ancora piuttosto giovani (nell’accezione italiana del termine) e di cultura mediobassa, quindi non rispecchiano il cinematografaro italiano-tipo; ma non è detto che non lo diventino.
    Figuriamoci se personaggi così mancano negli USA…

    Per curiosità ho visto in streaming qualche giorno fa un film muto degli anni Venti, Tell it to the marines, e sono rimasto stupito di quanto sia assolutamente identico a qualunque fim dello stesso genere venga prodotto oggi; solo il ruolo della donna è un po’ diverso (ma neppure tanto).

    Mi dispiace per Kleeves, qualunque cosa sia successa.

    Ciao!

    • Mendelson scrive:

      Scusate, non posso trattenermi dal rispondere subito al primo commento, è qualche giorno che leggo di questa brutta storia tra i blog di approfondimento, e mi vien da dire: povero Kleeves un corno, neanche una parola sulla nipote presa a balestrate? Certo, non interessa geopoliticamente, eppure vi assicuro che siamo in tanti ad avere matti, a cui vogliamo bene per carità, in casa.
      Conosco un sacco di gente lì lì per ammattire dietro a idee ossessionanti, primo fra tutti mio zio (!!) e vi posso assicurare che non è una situazione piacevole.
      E’ sbagliato prendere sottogamba il tema della “pazzia”, anche se a kelebek, da bravo politically correct, piace ribadire che non si sa cosa sia e che non si può classificarla. Eppure c’è chi finisce semplicemente depresso rovinandosi la vita, chi si suicida, e chi si porta dietro qualcun altro. Povero Kleeves ok, ma poveri anche noialtri!
      M

      • roberto scrive:

        A dire il vero non si è trovata traccia della freccia che avrebbe colpito la nipote. E non si capisce nemmeno come abbia fatto lui a uccidersi rivolgendo la balestra contro se stesso dopo essere entrato con i suoi 140 Kg di peso in una Fiat 500 vecchio modello. Nelle prime foto dell’auto si vede chiaramente un foro di proiettile. Stefano è stato ucciso!

  2. PinoMamet scrive:

    Ora che ci penso:
    quello che dice della rappresentazione della guerra del Vietnam nel cinema può essere benissimo l’effetto di pura e semplice imitazione
    (“io l’ho sempre vista rappresentata così, quindi quando è il mio turno di rappresentarla la faccio vedere così, perchè per me quello che ho visto è ormai ‘la verità’ “)
    ma non escluderei affatto che all’inizio una qualche volontà dall’alto, in effetti, ci sia stata.
    Di altre cose non so, ma il convolgimento del Pentagono in molti film è addirittura conclamato.

    Ciao!

  3. ettore scrive:

    Complimenti per l’articolo. Finalmente una disamina del problema. Senza venature complottiste dall’altra e spocchiose cavolate anticomplottiste dall’altra (ai cosiddetti anti complottisti poi bisognerebbe spiegare come fa Massimo Mazzucco che la colpa delle teorie complottiste è INNANZITUTTO di chi non si fa domande ed accetta , in malafede, versioni che sono un insulto all’intelligenza). Ho letto anch’io i libri di Kleeves ( Anelli) e devo dire che (specialmente quello più corposo Un Paese Pericoloso: storia degli Stati Uniti d’America ), possono avere si aspetti interessanti ma sono guastati da dei difetti che fanno dell’autore il PEGGIOR NEMICO DELLE TESI CHE PORTA AVANTI! Quando lei dice “Solo una sorta di sottile rabbia, un’insistenza eccessiva, una tendenza a fare troppi collegamenti forzati. Ma era solo una lieve stonatura, appena percettibile, e certamente non peggio di quanto si trovi regolarmente nei media ufficiali.” francamente mi pare un po’riduttivo ( ah le virgolette ci sono perchè sto citandoLa, spero di non avere fra le mie varie sindromi anche quella dello scribacchino fuso.)Collegamenti forzati ce ne sono a iosa: il signor Kleeves aveva un vero e proprio odio per tutto ciò che è statunitense, non aveva la, almeno per me , giustificata antipatia per il cosiddetto modo di vivere americano o american way of life che dir si voglia. Per Kleeves gli americani in quanto persone erano il MALE assoluto incarnato. Vedevo in lui, a volte, la stessa fobia che i razzisti WASP avevano per i negri, un esempio fra tutti il Dixon di The Clansman ( traslato in film con The Birth of a Nation di Griffith, film tanto bello quanto il libro è pallosissimo!) o di The Leopard Spot. Fobia come lei ben sa vuol dire sia odio che paura, sentimenti che vanno di pari passo. Dire forzature il considerare Lincoln un presidente Democratico, ovvero del Partito, per affermare che le guerre sono scatenate dai democratici in quanto rappresentanti del capitalismo insoddisfatto, mi pare alquanto riduttivo, mi scusi se mi ripeto. Come sa un qualsiasi studente dei primi corsi di storia americana, Lincoln è stato il primo presidente del Partito Repubblicano, ed il partito Repubblicano dei tempi di Lincoln , non era solo il partito delle grandi Banche el Nord Est, dei trust del New Emgland, ma il partito dei ceti medi e dei piccoli medi agricoltori del nordovest, anche loro ceti attivi ed “insoddisfatti”, di cui Lincoln stesso era espressione, erano i piantatori del Sud, storici bastioni del Partito democratico, i conservatori, Lincoln non ha mai considerato la guerra civile una guerra contro un paese straniero bensì un’operazione di polizia. Uno svarione del genere se perdonabile in un articolo che sfiori la storia americana, è imperdonabile in un libro, abbastanza corposo, che pretenda di spiegarmi la storia di un paese. Ancora peggio è il modo, anche perchè non è l’unico svarione, per squalificare degli argomenti che potrebbero essere, invece, più che validi…Un altro esempio, come si può credere che la spinta ai mercati dell’estremo oriente, quella che ha ispirato la teoria del destino Manifesto, fosse già un obiettivo dei Padri Pellegrini’ non voglio tediarla ulteriormente, e la saluto, ringraziandola per la pazienza…

  4. Miguel Martinez scrive:

    “Di altre cose non so, ma il convolgimento del Pentagono in molti film è addirittura conclamato.”

    Io divergo da Kleeves (non dico, Kleeves sbaglia) riguardo all’importanza relativa, diciamo, del pubblico e del privato; cioè l’enfasi sul ruolo attivo che Kleeves attribuisce alle agenzie governative.

    A me, istituzioni come il Pentagono sembrano spesso una sorta di Confindustria costruita per fornire servizi e mercati ai privati.

    Non sarebbe così importante questa distinzione, se non vedessi negli scritti di Kleeves la tendenza a guardare troppo collettivamente a “gli americani” come popolo, un po’ come fa con gli albanesi; e proprio per questo ad attribuire un tale ruolo alle istituzioni collettive.

    Ma ci sono molte persone con cui ho divergenze simili (a volte anche di segno opposto, come con certi marxisti che invece negano che esistano ruoli nazionali in politica): il problema con Kleeves era che una discussione sul tema sarebbe stato a senso unico.

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Martinez

      ”teoria”

      Se capisco bene, per te l’essenza degli Stati Uniti è il messianismo basato sul fondamentalismo religioso, la convinzione di essere ”la città sulla collina”, alla quale tutto il mondo non puo’ che tendere a dalla quale è lecito aspettarsi la subordinazione del mondo. Cioè lo Statunitense è tale perchè è un masticabibbie.

      ”Ed è un fatto, che dalla nostra parte, ci sarà sempre un gran numero di persone sovreccitate, rancorose, che si arrampicano sugli specchi nei ragionamenti, che si offendono per niente e che credono di essere indispensabili al mondo. E se sono indispensabili, immaginano di essere nel mirino del potere, cosa che le rende anche tremendamente sospettose.”

      Mica solo ‘dalla nostra parte’. Come avrebbe notato un Carlo Cassola, La paranoia della corsa agli armamenti e dell’equilibrio del terrore non era meno psichiatricamene rilevante della parasnoia di Kleeves. Cambiano le dimensioni. Come direbbe Orwell, il potere è l’esercizio di un solipsismo collettivo.

      Ma -come spiega bene quel bel film ‘Ipotesi di complotto’ con Mel Gibson e la Julia Roberts- la paranoia non è schermo alla verità. Si puo’ ben essere paanoici ed avere ragione. La follia del paranoico non rende false le sue convinzioni: tant’e’ vero che per screditare gli avversari, Chesterton ne ‘L’ortodossia’ si guarda bene dal confutarne le tesi,si limita a denunciarli come folli (‘il folle non è colui che ha perduto la ragione. Il folle è colui che ha perduto tutto tranne la ragione’). Se la malattia rendesse impossibile la conoscenza allora Thomas Mann non avrebbe avuto di che scrivere, e nemmeno Nietzsche.

      ”Sarebbe splendido se uscire dall’orrore dell’asservimento e dell’obnubilazione, dal mondo della Sciampista e del Telecomandante, coincidesse con la scoperta della vita, della gioia, della verità, della leggerezza.”

      E’ compatibile la gioia con la conoscenza? E’ compatibile la felicità con la consapevolezza di come stanno realmente le cose? Certo che sì, altrimenti non si spiega perchè i suicidi siano così pochi. Basta assumersi la responsabilità di scegliere il peso da dare di volta in volta a ciascuna cosa: in linguaggio Epicureo, basta scegliere quali sono fra i tanti bisogni quelli che riteniamo davvero necessario soddisfare. Un esempio estremo lo dà Dante: ‘libertà vo cercando, ch’e’ si cara/come sa chi per lei vita rifiuta’. Pensiamo che si sacrifica per la libertà sia infelice?

      ”Ida Magli”

      Beh, definirla ‘grande mente’ mi ha fatto sorridere 🙂 E’quella stessa che qualche giorno fa su Il Giornale diceva che i Rom ce li ha portata la mondializzazione voluta dalla finzna ebraica internazionale.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  5. Francesco scrive:

    << in un’epoca dominata dall’impero statunitense

    Miguel, possiamo fare a cambio? io mi prendo la tua epoca dominata dall'impero statunitense e tu la mia, dominata dal lento crollo dello stesso e dall'emergere di un (bruttarello) disordine multipolare e multiculturale, ricco di (vecchissimi) governi oppressivi?

    dai, che ci guadagneremmo entrambi. poi vado in America a convertirli al cattolicesimo medievale (questa è per ADV)

    ciao

    Francesco

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Francesco

      ”ADV”

      Tanti auguri. Così ti rendi conto cosa significa avere a che fare con una maggioranza di Difensori dei Valori che considerano TE come l’eretico (cfr. la filippioca anticattolica del senatore complice del Ku Kux Klan in ‘Mississippi Burning’). Dio vi fa e poi vi accoppia 🙂

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        Mica ho detto che sarebbe una passeggiata. Che gusto ci sarebbe, comunque?

        E oggi i cattolici sono DENTRO il sistema americano, tranne che per quattro trogloditi di campagna. Il problema è cambiare il sistema, invero.

  6. PinoMamet scrive:

    “A me, istituzioni come il Pentagono sembrano spesso una sorta di Confindustria costruita per fornire servizi e mercati ai privati.”

    Per altre faccende industriali, mi tiro fuori, nel senso che non ne so nulla;

    per il cinema, mi pare che il Pentagono (o in alternativa i vari Stati Maggiori delle singole forze armate) facciano più o meno quello che in Italia fa il MiBAC (il Ministero dei Beni Culturali), cioè, stante che uno abbia gli agganci giusti, e che il messaggio del film valorizzi il patrimonio di bla bla bla e non sia in contrasto con bla bla bla…
    cacciano i soldi.

    Curioso che la cosa più simile all’intervento statale che ci sia negli USA sia il Pentagono, ma altre forme di finanziamento istituzionale al cinema americano non mi sovvengono (ignoranza mia, probabilissimo).

    Quindi, se uno vuol fare un film che tocchi tematiche militari, e chiede il loro aiuto, è facilissimo pensare che mandino un consulente.
    Per chiarirci, non mi immagino nessun funzionario in stile stalinista che censura le sceneggiatura con lunghe righe nere. Più facile che sia qualche ufficiale che dica “beh, le cose non sono andate proprio così…” oppure “non sarebbe più bello e più economico se invece dei carri armati vedessimo una sperduta pattuglia nella giungla?”

    Del resto, considerando:
    -la pervasività del modello;
    -la indubbia intelligenza della classe dirigente USA, perlomeno quella “dietro le quinte” (noi, antiamericanisti, non credo che si diventi una superpotenza rimanendo stupidi…) che finanzia e aiuta anche film che mandano all’apparenza un vago messaggio antimilitare (il Sergente Bilko…)

    penso che al funzionario in oggetto resti davvero poco da fare. Si concentrerà sui dettagli tecnici, facendo la gioia del regista e del pubblico.

    E il messaggio diventa sempre più pervasivo…

    Ciao!!

  7. PinoMamet scrive:

    Errata corrige:

    leggasi “no, antiamericanisti”, non “noi”. Lapsus calami e non freudiano 😉

  8. Miguel Martinez scrive:

    Per Ettore, grazie. Ti ho approvato come commentatore, per cui i tuoi commenti adesso dovrebbero apparire appena li fai.

    Sì, mi sembra un’analisi corretta.

  9. Miguel Martinez scrive:

    Per Andrea

    Tu scrivi:

    “Se capisco bene, per te l’essenza degli Stati Uniti è il messianismo basato sul fondamentalismo religioso, la convinzione di essere ”la città sulla collina”, alla quale tutto il mondo non puo’ che tendere a dalla quale è lecito aspettarsi la subordinazione del mondo. Cioè lo Statunitense è tale perchè è un masticabibbie. “

    No. Ritengo che gli Stati Uniti siano semplicemente l’espressione suprema del capitalismo.

    Ora, il capitalismo implica necessariamente l’imperialismo.

    E porta necessariamente alla creazione di un certo tipo umano. E solo a questo punto arriviamo al ruolo, certamente importante, della mentalità biblica cui accenni.

    • Peucezio scrive:

      Ma il capitalismo donde è nato?

      Che tragica fine ha fatto Ida Magli? Sono dovuto andare su Wikipedia (che in genere in queste cose è aggiornatissima) per rassicurarmi sul fatto che sia viva e vegeta.

  10. Miguel Martinez scrive:

    Sempre per Andrea

    Su Ida Magli – appunto. E’ che io faccio il confronto con quello che scriveva 30 anni fa. Con riflessioni interessantissime sul femminismo, sulla mistica, sulla cultura italiana, sul cristianesimo, ad esempio. Di segno opposto alle cose penose che scrive oggi.

  11. Francesco scrive:

    en passant

    1) Andrea, è incredibile come tu non capisca Chesterton, che pure hai letto e conosci. fai perdere la fede nella razionalità umana!

    2) la maggior fonte di controllo del Pentagono sui film era dare il permesso di riprendere veri mezzi militari, vere basi, veri soldati, da inserire nel film. Non so se avete presente in livello di spettacolarità di Top Gun (film con l’OK del Pentagono) rispetto a Ufficiale e gentiluomo (film non approvato). Solo che entrambi hanno sortito l’effetto di invogliare giovanotti e giovanotte ad arruolarsi.
    Oggi che l’elettronica ti fornisce tutti gli F15 e gli AH64 che vuoi, il Pentagono pesa meno.

    Ciao

    • PinoMamet scrive:

      Sono completamente d’accordo a metà:

      ricostruire bene (sottolineo tre volte “bene”) qualcosa in 3d, non sempre è più economico, e raramente più facile di riprenderla dal vero.
      Il gioco vale senz’altro la candela con cento carri armati; con uno, o dieci, conviene riprenderli dal vero.

      ma, più importante ancora: sarebbe bello e istruttivo leggere non solo le motivazioni sull’approvazione- non approvazione di un film.

      Non le immagino diverse dalle motivazioni del MiBAC
      http://www.cinema.beniculturali.it/sovvenzioni/interesse_culturale/2009/ic_31_01_09_motivazioni.pdf

      Poi, per carità, si fanno anche i film non approvati, tanto qua come là, e non è detto che vadano peggio di quelli approvati;
      e scommetto che tanto là come qui l’approvazione c’entri meno con le motivazioni ufficiali che con agganci, infrociamenti e compagnia cantante.

      Rimane la differenza che qui i soldi lì caccia il Ministero Beni Culturali, là il Pentagono….
      (magari anche altri, ripeto… io non li conosco, però).

      Ciao!

      • Francesco scrive:

        Siamo sicuri che il Pentagono cacci i soldi per i film altrui? So che li caccia per farsi pubblicità (peraltro pare molto belle) e far arruolare qualcuno nelle fila delle FFAA Usane.

        Ma per i film credo conceda il permesso di accesso alle sue installazioni e di filmare esercitazioni e roba simile.

        Vabbè, Top Gun rimane uno dei massimo momenti formativi della mia vita.

        Ciao

        • PinoMamet scrive:

          Mi pare proprio (ma dovrei controllare meglio, vedo cosa posso fare) che in effetti il Pentagono cacci anche soldi, oltre naturalmente a “permessare” i film graditi.

          Da non sottovalutare anche l’apporto delle singole forze armate, magari in disaccordo tra loro (Gunny fu rifiutato dallo USArmy e appoggiato dal USMC; visto che una parte importante del background del protagonista è una battaglia nella guerra di Corea, alla quale non presero parte i marines, si dovette inserire una battuta dove lui ricordava il suo successivo trasferimento nei marines medesimi).

          Mi chiedo cosa tu abbia trovato di così formativo in Top Gun, che a me sembra identico agli stessi film che si producono negli USA da un secolo…
          ma te lo passo perché all’epoca sarai stato giovanissimo 🙂

          • Francesco scrive:

            Le scene di volo di Top Gun hanno abbondantemente sostituito qualsiasi desiderio di usare sostenze stupefacenti per un paio di decenni.
            Non ho presente altri film simili fino a Starship Troopers di Verhoven, che ha sottotesti intellettuali più “pesanti”.
            In effetti era abbastanza giovane ….

  12. Francesco scrive:

    en passant

    1) Andrea, è incredibile come tu non capisca Chesterton, che pure hai letto e conosci. fai perdere la fede nella razionalità umana!

    2) la maggior fonte di controllo del Pentagono sui film era dare il permesso di riprendere veri mezzi militari, vere basi, veri soldati, da inserire nel film. Non so se avete presente in livello di spettacolarità di Top Gun (film con l\’OK del Pentagono) rispetto a Ufficiale e gentiluomo (film non approvato). Solo che entrambi hanno sortito l\’effetto di invogliare giovanotti e giovanotte ad arruolarsi.
    Oggi che l\’elettronica ti fornisce tutti gli F15 e gli AH64 che vuoi, il Pentagono pesa meno.

    Ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Francesco

      ”razionalità”

      La razionalità non è cosa in cui si debba aver fede, così come non si ha fede nel potere febbrifugo del chinino. Come il chinino è uno strumento contro la febbre, la razionalità e’ uno strumento contro l’inutile arbitrio: la ricerca del modo più semplice di dire le cose. Non è Parola che converte, è solvente che elimina le incrostazioni; e prima bisogna sbarazzarsi di quelle se si vuole quagliare qualcosa (solve et coagula).

      Se dico che Chesterton è un intollerante furioso dai modi di finissimo umorista, non dico nulla di strano (Borges è stato molto più severo di me): lui stesso se ne fa correttamente vanto. Nè mi precludo la gioia di leggermelo e rileggermelo: basta conoscerne le controindicazioni. Vale anche per Guareschi e Montanelli.

      Una cosa che amo moltissimo di Chesterton, ad esempo, e che ha in comune con Orwell e con gli altri che ho citato è la concisione, il continuo fastidio per tutto cio’ che è ‘whimsical’. Non è prudenza, è educazione: il contrario degli azzeccagarbugli.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      • Francesco scrive:

        credevo che la razionalità fosse un modo per cercare di vivere meglio, la pulizia del discorso non è esattamente in cima alle mie priorità …

        e forse il razionalismo è proprio il perdere di vista quello da cui si parte (il vivere bene) e fare dello strumento un fine

        ciao

        • Andrea Di Vita scrive:

          Per Francesco

          Ma la razionalità è appunto un modo per vivere meglio (pensa al ‘qudtruplice farmaco’ di Epicuro).

          Lasciami dire qualcosa di sinistra, e citare Nanni Moretti in ‘Palombella rossa’: ‘chi parla male vive male’.

          Se ripulisco il linguaggio, e automaticamente parlo meglio, indi ragiono meglio e vedo meglio.

          Il processo opposto è la Neolingua orwelliana, in cui interi gruppi di pensieri sono nascosti dietro singole etichette che veicolano emozioni più che significati.

          Ciao!

          Andrea Di Vita

  13. Francesco scrive:

    Miguel,

    scherzavi parlando di come Kleeves scrive di cinema o cosa? ho letto metà recensione poi ho dovuto smettere … per non morire dal ridere.

    Va bene tutto ma qui la mancanza di senso del ridicolo e l’odio più apertamente manifestato sono l’unico elemento presente.

    E Forrest Gump non è esattamente il mio film preferito.

    va là, ciao

    • PinoMamet scrive:

      Invece secondo me ha ragione;

      lasciando perdere l’antiamericanismo acceso ecc. se avesse scritto la recensione con altre parole, credo che saresti d’accordo anche tu.
      A dopo!! 🙂

      • PinoMamet scrive:

        Ecchime 🙂

        allora, secondo me, Francesco, dovresti leggere la recensione di Kleeves lasciando da parte l’aspetto complottistico ecc. ecc.

        rimane, magari, esagerata; ma sostanzialmente vera.

        Ora, io non è che prima di trovare simpatico qualcuno (o antipatico) faccio tante analisi; lo trovo simpatico, e basta.
        Le analisi le faccio casomai dopo, per capire le ragioni della simpatia/antipatia.
        Se io ti dicessi “questa persona ha questa e quest’altra caratteristica e qualità, perciò la devo trovare simpatica”, diresti, giustamente, che sono matto;
        se ti dicessi “questo qua mi è simpatico perchè ha questa e quest’altra qualità”, allora non troveresti niente da ridire.

        Il problema è che Kleeves sembra ragionare nel primo modo, ma alla fine le cose che dice non sono tanto assurde.

        Prendi l’esempio che fa del veterano un po’ goffo (mi pare) che stacca la spina al megafono del discorso contro la guerra del Vietnam.
        Naturalmente, quando si scrive un film, non è che ti metti a dire di ogni personaggio secondario (a meno che non sia un qualche film “a tema”)
        “ecco, questo qua deve essere simpatico, quindi lo faccio così”.

        Sarebbe pura paranoia immaginarsi che tutto quello che c’è in un film (e che magari c’è perché un aiutoscenografo lo ha dimenticato e la segretaria di edizione non lo ha visto…) sia voluto e deciso, per mandare un qualche messaggio…

        ma è pura e semplice normalità immaginarsi che, se lo sceneggiatore si identifica con le ragioni del veterano che stacca la spina, senza neanche pensarci scriverà
        “un goffo VECCHIETTO in divisa mette fine alla filippica staccando con disarmante semplicità la spina del megafono”
        se invece trova simpatico l’oratore allora scriverà
        “un VECCHIO dall’aria cattiva tronca il discorso staccando la spina del megafono con fare dittatoriale”

        (naturalmente un film è sempre un’opera collettiva, quindi, se una cosa non è scritta in sceneggiatura, può essere un’invenzione del regista, del costumista, dell’attore stesso…)

        io, per capirci, non penso che Forrest Gump sia stato pensato e voluto per riscrivere la storia degli anni Sessanta e Settanta negli USA e infamare tutti i movimenti di controcultura e di opposizione.

        Penso invece che chi ha realizzato Forrest Gump avesse (e lo si nota) un’idea piuttosto negativa dei movimenti di opposizione, come di qualcosa di strumentalizzato e potenzialmente violento che solo l’estrema ingenuità (l’americanismo portato all’estremo) e lo “sguardo puro” del protagonista riesce in parte a redimere.

        Non è che qualcuno ha spinto il regista a infamare la controcultura, per intenderci;
        è che per il regista la controcultura, in fondo, non era questo granchè, e preferisce lo sguardo puro e bambinesco del protagonista.

        Idem per il finale dove il protagonista diventa ricco: nessuno avraà obbligato a scriverlo e girarlo, ma sarà stato scritto e girato perché è il lieto fine (anche economico) per il “giusto” fa semplicemente parte della mentalità di regista e sceneggiatore.

        Insomma, ripeto, nessun funzionario stalinista con matita rossa e relazione scritta ai superiori;

        ma semplicemente un modello di pensiero pervasivo e condiviso.

        Che è la fortuna e la potenza dell’America.

        Ciao!

        • Francesco scrive:

          Quella scena è interessante perchè rivela una frattura nella coscienza collettiva americana, che è data dal giudizio sulla guerra del Vietnam e sul movimento di opposizione alla stessa.
          Venne notato negli USA fin dall’uscita del film che non sappiamo cosa Forrest Gump (una specie di Socrate, così ingenuo da vedere meglio di tutti gli altri la verità) dica, e il regista venne accusato di aver svicolato vilmente.
          Non ricordo un giudizio così negativo sui movimenti di opposizione (e certo io non sono simpatetico con loro), forse è che da noi il conformismo obbliga a pensarne bene. Infatti le BR le hanno inventate la DC e la CIA.
          Una domanda: a staccare la spina del megafono non è lil tenente mutilato, che diventa il miglior amico di Gump?
          Ciao

          • PinoMamet scrive:

            Alla tua domanda non saprei rispondere, dovrei rivederlo… boh!

            Quanto ai movimenti di opposizione anni Sessanta, è vero che da noi c’è (o c’era, forse) un certo conformismo per cui bisogna “dirne bene”
            (sarebbe interessante confrontare Forrest Gump e Mio fratello è figlio unico, ma me ne mancano le forze! 😉 )

            Ciao!!

  14. Miguel Martinez scrive:

    Un punto interessante.

    Ho visto che i tanti siti e blog che sostengono che Stefano Anelli sarebbe stato assassinato, lo dipingono come vittima della Massoneria.

    Se digitate “John Kleeves massoneria” su Google, troverete ormai molti riferimenti.

    Ma nessuno che dica ciò che Kleeves avrebbe fatto per inimicarsi la Massoneria.

    Infatti, non mi risulta (correggetemi se sbaglio) si sia mai interessato alla Massoneria. Su un altro tema per certi versi analogo, mi ricordo che Kleeves difendeva gli ebrei, dicendo che venivano messi in mezzo per nascondere i veri cospiratori, che erano ovviamente gli americani.

    Forse (forse, non lo so) Kleeves faceva un ragionamento analogo sui massoni, se mai ne ha parlato.

  15. Miguel Martinez scrive:

    Ho cercato di capire perché la presenza di rose rosse sul luogo dell’uccisione della giovane avvocata dovrebbe essere significativa.

    Sembra che in certi ambienti si parli di un gruppo segreto che si chiamerebbe la “Rosa Rossa”, adducendo prove come quelle che seguono:

    Nel delitto di Erba abbiamo l’omicida che si chiama Rosa Bazzi, coniugata con Olinda Romano. Rosa Romano. RR.

    Nel delitto di Cogne scopriamo che il paese si trova proprio di fronte al monte Rosa. E non a caso la signora Franzoni viene tradotta in carcere proprio il 22 maggio, giorno di Santa Rita, la santa della Rosa Rossa.

    Piero Maso uccide il padre; e la madre si chiama Rosa.

    Erika, insieme al suo amico Omar, uccide la madre Susy Cassini. Susy, diminutivo di Susanna, che viene dall’ebraico Sosan, che significa Rosa, ma anche Giglio.

    I 2 bambini morti in tempi recenti, Ciccio e Tore, la cui madre si chiama Rosa Carlucci.

    Se la Rosa non è nel nome, la troviamo comunque nei giornali, in bella mostra; così nel delitto Meredith Repubblica e altri giornali titolano “una rosa rossa per Meredith”.Stesso titolo per Giovanna Reggiani: una rosa rossa per Giovanna Reggiani. Titoli uguali. Coincidenze, per gli anticomplottisti che irriducibilmente chiedono prove.

    • corrado (qualc1) scrive:

      La rosa dovrebbe essere una firma esoterica dei Rosa+Croce.
      C’è ad esempio Paolo Franceschetti che tira sempre in ballo quella simbologia, nelle sue ipotesi ultra-complottistiche. Lui sostiene che laRosa+Croce sia dappertutto. Anche De André, Rino Gaetano e Tarcone sarebbero stati uccisi da gruppi ad essa legata.

    • roberto scrive:

      straordinario!

      se lo ritrovo ho letto una spassosissima analisi dei volantini che rivendicavano l’omicidio del proprio d’antona, che giungeva alla conclusione che d’antona era stato ucciso dalla cia “perché un italiano non potrebbe scrivere così male”

  16. PinoMamet scrive:

    Davvero non avevo idea che esistessero persone capaci di immaginarsi roba del genere.
    Ragionando così, ogni singolo evento diventa un segno, un indizio, un simbolo, e chi non ammette deve far parte della cospirazione…

    scrivono anche:
    “Quali sono allora le prove dell’esistenza della Rosa Rossa? Le stesse che esistono per la mafia. Occorre solo avere un po’ di pazienza in più per cercarle, ma sono le stesse.”

    Naturalmente è falso (non mi risulta che la fantomatica Rosa Rossa abbia dei pentiti, per dire) ma è interessante che la Mafia sia tirata in ballo esclusivamente per dare autorità al discorso (il famoso metodo di “Hitler vegetarianao”, per intenderci).

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per PinoMamet

      ”non avevo idea”

      Questa frase potrebbe essere il riassunto di un sottovalutato romanzo di Umberto Eco, ‘Il pendolo di Foucault’: dove appunto la storia è storia di complotti di gruppi in lotta fra loro che non fanno altro che decrittare qualunque cosa. Non è molto diverso -ma letteriaramente è assai inferiore- dall’inizio dell’ Uomo che fu Giovedì’ di Chesterton (ora Francesco mi ammazza 🙂 )

      Le persone razionali usano il proprio cervello epr cercare di capure le cose. I complottisti adattano le cose al contenuto del proprio cervello. Ecco perchè le persone razionali non immaginanno neppure che possano esistere i complottisti. Non è importante che il complottista abbia ragione. E’ importante che esista. In fondo, Hitler e Stalin erano dei complottisti. La gente lo ha seguito anche perchè offrivano facili capri espiatori.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  17. Santaruina scrive:

    Ciao Miguel
    per quanto riguarda questa tragica morte, penso che nessuno abbia elementi per sostenere con certezza che si sia trattato di omicidio o suicidio.

    Per questo motivo, trovo fuori luogo ostentare sicurezza in un senso o nell’altro, magari prendendo spunto da questo avvenimento per fare la propria personale invettiva contro i “complottisti.” (qui le virgolette sono d’obbligo, e lo sarebbero ogni volta che si usa questo termine fuorviante).

    Fatto sta che un omicidio-suicidio commesso con una balestra non è sicuramente la cosa più normale del mondo, ma ovviamente questo non ci autorizza ad accusare questo o quello (a proposito, nessuno mi pare abbia parlato di CIA; hai commesso lo stesso errore che commettono i giornalisti mainstream, quando attribuiscono ai gruppi che criticano pensieri che essi mai hanno espresso).

    Detto questo, e a prescindere da questo caso: ti senti di affermare con certezza che omicidi rituali non avvengano mai, in nessun caso?
    Non pensi che possano esistere gruppi di invasati, con più o meno potere, che possano compiere delitti del genere? (e non parlo ovviamente della CIA, nemmeno necessariamente di massoneria o rosa rossa).

    Mi pare azzardato escludere a priori questa possibilità.

    Stai sempre bene.

    • Miguel Martinez scrive:

      In linea di massima, hai ragione: infatti ho scritto che non so come sono andate le cose, perché non c’ero.

      Che possano esistere omicidi rituali non è impossibile, in teoria, poi bisogna vedere di quali rituali e di chi. Che gente invasata di quel tipo abbia del potere non lo trovo molto probabile, perché il potere esige un pragmatismo di tutt’altro tipo; ma si tratta sempre di riflessioni teoriche.

      In effetti, nessuno ha parlato di CIA, tranne me: un lapsus interessante, perché Kleeves ha sicuramente scritto molto contro la CIA, mentre mi sembra che non abbia scritto nulla contro la Massoneria. Mentre gli “omicidisti” parlano solo della Massoneria e non della CIA.

  18. Ritvan scrive:

    “Gli albanesi non sono degli europei, non sono degli ” slavi ” come spesso viene detto per fuorviare ; sono una etnia turca, una delle tante, questa arrivata nel XIV secolo con l’avanzata dell’Impero Ottomano…”
    Miguel, mi hai voluto provocare con questa fiera dell’Ignoranza Storica a cura del defunto Stefano Anelli detto ‘O Balestriere Pazzo:-) e mo me te magno!:-)
    Veramente non mi piace polemizzare coi defunti (solo perché non possono replicare, mica perché ho paura dei fantasmi, eh!:-) ) e se tu me l’avessi segnalato prima gli avrei risposto per le rime quand’era ancora vivo. L’ignoranza di costui (o dovrei dire la malafede, poiché una tale ignoranza la trovo incredibile?) in materie storiche era davvero abissale: nemmeno i peggiori sciovinisti serbi e greci hanno osato proporre una castroneria di tali proporzioni cosmiche sugli albanesi e lo stesso Vladan Djordjevic ci riconosceva obtorto collo l’autoctonia nei Balcani, seppur con la coda:-):-).
    Beh, visto che parliamo di albanesi, in questi casi di morte di gentaglia simile dalle mie parti si dice (riferendosi all’interramento del feretro): “Mbuloi balta baltën” (Il fango ha ricoperto il fango). Comunque, RIP.

  19. Miguel Martinez scrive:

    Torno a Santaruina, che ha centrato alcuni problemi.

    Innanzitutto, vorrei che fosse chiaro che la mia posizione non ha nulla a che fare con le posizioni preconcette di taluni, come ad esempio Perle Complottiste: un sito dotato anche di un notevole senso dell’umorismo, ma che si tradisce quando comincia a inveire contro chi osa offendere i militari italiani in Afghanistan.

    Credo che i suoi autori abbiano una discreta intelligenza e spesso ragione, ma dietro le loro critiche ci sia il sottinteso che viviamo nel migliore dei mondi possibili.

    Io non lo penso affatto: se ho dei pregiudizi, sono di segno contrario. Quindi le mie critiche ai “complottisti” (con tutte le virgolette del caso) non partono affatto da una difesa di ciò che i “complottisti” criticano.

    Molte volte, semplicemente non sappiamo cosa sia successo. Lavoriamo per ipotesi e per plausibilità.

    Sul blog di Paniscus, qualcuno ha citato il caso di Enrico Mattei. Del caso, so poco e mi ricordo meno, ma credo che ci siano in linea di massimo due ipotesi:

    1) è morto in un incidente

    2) è morto ammazzato in un incidente.

    La seconda ipotesi la trovo assai ragionevole. Enrico Mattei aveva fatto grossi danni a grossi interessi e ne stava per fare altri: il secondo elemento è interessante, perché una persona lucida non perde tempo a vendicarsi di fatti passati – deve impedire soprattutto problemi futuri.

    Far morire qualcuno in un incidente aereo è una maniera pulita di eliminarlo, che lascia poche tracce. Un incidente voluto può sempre apparire come un incidente dovuto al caso.

    Chiaramente vale il contrario: l’esistenza di ottime motivazioni e di tanti altri fattori non significa affatto che non sia stato un incidente. Magari stavano progettando di ammazzare Mattei una settimana dopo, nel frattempo il suo aereo è caduto semplicemente perché qualcuno aveva avvitato male un bullone perché distratto da una barzelletta che qualcuno gli stava raccontando.

    Comunque, ritengo altamente probabile l’omicidio voluto.

    Invece, nel caso di John Kleeves, abbiamo un movente molto, molto debole – criticava gli Stati Uniti, come fanno migliaia di persone. E lo faceva in maniera assolutamente inefficace, un paio di libri fuori commercio, fatti con editori di nicchia, che venivano comprati solo da persone già convinte, qualche articolo su qualche rivistina “estremista”, un po’ di roba su Internet.

    L’eliminazione di Kleeves, in pieno giorno con un doppio omicidio, sarebbe molto più rischiosa e richiederebbe molte più coperture, che ad esempio sabotargli i freni della macchina.

    Quindi, movente debole e rischio di venire sorpresi molto più alto: anche gli israeliani che cercarono di uccidere Khalid Meshal furono beccati, potrebbero venire beccati anche gli assassini di Kleeves.

    Viceversa, sappiamo che Kleeves era una persona fortemente disturbata. Questo fatto di per sé non qualifica i suoi scritti (pensiamo ad Althusser, un genio che ammazzò la moglie senza nemmeno rendersene conto).

    Però rende plausibile che avesse una soglia di perdita di autocontrollo piuttosto bassa; e innumerevoli fatti di cronaca seguono la stessa dinamica.

    Chiaramente è possibile che si sia voluto coprire un omicidio proprio sfruttando questa plausibilità del raptus; come si poteva sfruttare la plausibilità dell’incidente aereo nel caso di Mattei.

    Questo non significa che lui non sia stato vittima di un omicidio. Può darsi, io che ne so? Semplicemente, non è la prima ipotesi che mi salti in mente.

    Ammettiamo comunque che si sia trattato di omicidio. C’è una persona, per quello che ne so, atea e laica, che se la prende politicamente con gli Stati Uniti (e un po’ con tutti gli americani) . Perché mai la Massoneria, di cui non gliene importava niente, avrebbe dovuto ammazzare proprio lui, con tanto di complessa messinscena esoterico-rituale?

    Non è impossibile. Come non è impossibile che sia stato ucciso da un albanese offeso per quello che aveva scritto, o da un gruppo di nigeriani che dovevano compiere un rito vudù con il primo che gli capitava, o da una setta femminista che ogni cinque anni uccide un maschio sessantaduenne…

    • ettore scrive:

      Allora una delle recensioni che era in DIVI DI STATO , era di un film anni ’60 con Peter Ustinov, e mi pare, John Astin il primo Gomez Addams, il titolo era “Riprendiamoci Forte Alamo” (viva Max). Lui dice che era stato un film voluto dall’USIA per prendere in giro i messicani,bene se c’è un film,girato da americani, non di controcultura, che prende ferocemente per il culo gli americani facendoli apparire come degli arroganti imbecilli è proprio quello. Quello aveva il vezzo, lo ripeterò sempre, di adattare i fatti alle sue teorie, il che non vuol dire che a volte non dicesse delle cose giustissime, solo che questo atteggiamento le squalificava …

    • Peucezio scrive:

      Miguel,
      già che ci siamo, così a naso:
      Haider?
      L’aereo col presidente polacco e una bella fetta di classe dirigente?
      Se dovessi dire così, per una scommessa, se secondo te sono stati incidenti puri e semplici o omicidi…?

      Per inciso, in realtà mi interessa fino a un certo punto se un certo evento è il prodotto di un piano o è meramente accidentale: ciò che conta delle cose sono le loro conseguenze più che le loro cause e se nella coscienza collettiva, compresa quella di coloro che dovrebbero essere intimoriti dall’evento o, di contro, reagirvi, esso è stato voluto da qualcuno, tanto basta: Gavrilo Princip sarà stato pure un pazzo isolato, ma la Grande Guerra è scoppiata comunque e ha fatto milioni di morti.

  20. Davide scrive:

    Salve a tutti e in particolare ai complottisti, volevo fare un’osservazione da giornalista indipendente che non deve essere letta come critica ma come consiglio: prima di parlare di rose rosse come chissà quale simbolo dovreste capire che la rosa è uno dei più bei fiori in natura, per questo si mettono sulle bare, per rendere omaggio ai deceduti.
    Ho assisito ad alcuni funerali e in tutti c’erano rose rosse e bianche e vi assicuro che nessuna di queste persone aveva contatti con massoneria o chissà quale setta esoterica.
    Anch’io ho letto tantissimi libri di controinformazione fra cui tutti quelli di David Icke e, credetemi, anche tali autori usano il subliminale per entrare in testa.
    Alla fine vedrete simboli esoterici e satanismo dovunque fino a diventare dissociati (vivere due vite), credetemi, queste cose le so perché le ho vissute.
    Non nego che ci siano stati omicidi politici e di persone scomode in passato, anche perché è una vecchia storia che risale all’alba dell’uomo, ma usate di più il rasoio di Occam e vivrete decisamente meglio.
    Il vedere nemici dappertutto non vi aiuterà molto nella vita.

  21. nico scrive:

    Pace a voi

    Signor miguel m.,
    è vero tutto e il contrario su questa morte.
    però, in definitiva: l’autopsia perchè non è stata fatta?

    è (più) lecito dunque pensar male.e usare la ragione in tal senso,semmai.(che razionalità c’è nel dire:”boh, sarà semplice invece che difficile”).
    e no, non si diventa per forza matti a pensar male e a rimuginare su certi eventi. anzi.
    a volte aiuta a non perdere la lucidità di esseri umani, individui indipendenti con una propria intelligenza.

    Grazie

  22. Miguel Martinez scrive:

    Notare lo stile con cui un’agenzia, che dovrebbe dare informazione e basta, ne parla (“strampalate”, “farneticanti”). I mostri mediatici non si trovano solo tra i titolisti.

    AVVOCATO UCCISA: SUL WEB LA DOPPIA VITA DELLO ZIO OMICIDA ALTER EGO ANTI-AMERICANO, SUI BLOG SCOPPIA TEORIA DEL COMPLOTTO (ANSA) – RIMINI, 21 SET – Stefano Anelli, l’ingegnere di 62 anni di Rimini che venerdì ha ucciso la nipote con un colpo di balestra prima di togliersi la vita, aveva una doppia identità: sulla rete si trovano infatti gli scritti farneticanti da lui firmati con lo pseudonimo di John Kleeves. Libri che hanno un comune denominatore: l’attacco duro e radicale contro gli Stati Uniti d’America, accusati di ogni nefandezza. Alcuni di questi libri sono anche stati pubblicati da editori locali, con introduzioni pure di noti autori e opinionisti, riscuotendo, sul web, anche un discreto seguito; spaziava dai dubbi sull’attentato alle torri gemelle ai sospetti sull’indottrinamento di Hollywood. E nei vari blog che riconoscevano nelle strampalate idee di John Kleeves le parole di un guru esperto di geopolitica e relazioni internazionali, ha già preso piede la teoria del complotto: quello di Stefano Anelli non sarebbe stato infatti un suicidio, ma un omicidio, ordito (in ordine sparso, a seconda delle varie fonti) da Cia, massoneria, ordine dei Rosacroce. (ANSA). NES-Y6C 21-SET-10 18:19 NNN

  23. Miguel Martinez scrive:

    AVVOCATO UCCISA:OLTRE ALLA BALESTRA,COLPI ANCHE CON COLTELLO (ANSA) – RIMINI, 21 SET – Stefano Anelli avrebbe ucciso la nipote, l’avvocato Monica Anelli, usando oltre che la balestra, anche un coltello con il quale venerdì le avrebbe inflitto vari colpi mentre la donna, 40 anni, usciva dalla sua abitazione in zona Celle a Rimini. Lo ha stabilito l’autopsia sul cadavere, effettuata ieri. Lo zio della vittima la stava aspettando già armato sul pianerottolo sul quale l’ha aggredita, e dove sono state ritrovate le borse da avvocato abbandonate. Il dardo della balestra le avrebbe perforato un polmone e non il collo come si era detto: un colpo non mortale, dopo il quale lo zio l’ha raggiunta e finita con il coltello, arma poi ritrovata nell’auto in cui l’uomo si è tolto la vita. Dall’autopsia sul corpo di Stefano Anelli sono invece emerse ferite sul dorso della mano, risultate compatibili con un tentativo di difesa della donna. (ANSA). Y6C-NES 21-SET-10 18:04 NNN

  24. Nico scrive:

    Pace a voi

    Rimango dubbioso sull’autopsia. Ferite alle mani, dardo di balestra, colpo di calibro 12 (all’inizio era spuntato un fucile dato che “amava le armi”),colpo di calibro imprecisato (fucile che “si era costruito da solo”,poi)… in macchina in un luogo isolato. macchina sul cui parabrezza c’è un evidente trauma, sembrerebbe tipico di colpo d’arma da fuoco di piccolo calibro, tra l’altro,ma va bè ognuno puo vedere la foto e pensare cio che vuole. a tutto ciò va aggiunto che aveva “lasciato una candela (?) fuori dalla porta (!)” dell’appartamento della nipote per creare un incendio col gas lasciato aperto. epilogo sventato dai vigili del fuoco accorsi sul posto non si sa chiamati da chi, dato che gli stessi giornali parlano di 3 piani di palazzina di cui 2 sfitti. il movente degli americani è fragile (anche se, ora mi ricordo, era stato un certo tempo negli States in effetti… per un giornale dovrebbe essere almeno interessante, tanto per dimostrare che gli americani non li aveva visti solo nei suoi malati incubi), così come però anche quello ufficiale: tutti tranne i giornali parlano di un uomo riservato sì, ma bonario.e che amava la nipote. gli stessi giornali cosi ben informati,poi, scoprono solo 5 giorni dopo la “doppia vita” e,guarda caso, compaiono preventivamente voci “anticomplottiste” insieme?
    Sarò diventato paranoico io, ma di cattiva propaganda ne vedo tanta, di giornalismo niente, e di indagine seria da parte della giustizia…

    Buona giornata, prometto che non disturberò più (per oggi) 🙂

  25. Miguel Martinez scrive:

    Per Nico,

    avevo approvato subito il tuo primo commento; a quel punto anche quelli tuoi successivi dovrebbero passare. Invece ho dovuto approvare anche il secondo – credo che sia cambiato l’IP per qualche motivo.

    Comunque, abbi pazienza se non vedi subito i tuoi commenti!

    • ettore scrive:

      “Stefano Anelli, l’ingegnere di 62 anni di Rimini che venerdì ha ucciso la nipote con un colpo di balestra prima di togliersi la vita, aveva una doppia identità: sulla rete si trovano infatti gli scritti farneticanti da lui firmati con lo pseudonimo di John Kleeves.” E con questo quelli che parlano di asetticità dell’informazione sono serviti!!

  26. Miguel Martinez scrive:

    Per Peucezio,

    io credo che in tutte queste riflessioni, occorra evitare una contrapposizione tra gli schieramenti di coloro che vedono mistificazioni ovunque e coloro che si rifiutano regolarmente di vederle, almeno quando i possibili colpevoli sono da cercare tra i Buoni dell’Occidente.

    Haider, il governo polacco e l’arciduca assassinato a Sarajevo sono tutti bersagli molto plausibili di complotti. La loro eliminazione sarebbe un gioco che vale la candela – perché in queste cose, il rischio che qualcosa vada storto c’è sempre, e quindi le persone astute fanno cose di questo tipo solo in quei casi in cui è davvero utile.

    Ricordiamo però che la plausibilità non costituisce di per sé una dimostrazione: i bulloni avvitati male, i sorpassi azzardati e i pazzi solitari esistono realmente, anzi sono cose che incontriamo con una certa frequenza nella vita.

    Come non costituisce mai una prova positiva di un complotto, il fatto che ci sia qualcosa di contraddittorio o di strano in un episodio. Ad esempio (invento) il controllore di volo polacco che dice una palese bugia su ciò che stava facendo quel giorno – vuol dire che era il braccio che ha compiuto il delitto per una mente che era altrove, o è solo perché quel giorno lui era ubriaco fradicio e con l’amante, e non vuole farlo sapere perché vuole salvarsi dal licenziamento e dal divorzio?

    Inoltre, le contraddizioni possono essere più nei resoconti mediatici che nei documenti ufficiali a cui non abbiamo accesso.

    Nel caso di Stefano Anelli – ne so meno di molti “complottisti” (uso questo termine per semplificare, non per offendere), che avranno studiato meticolosamente i resoconti nei media. A pelle, posso dire che uccidere uno come lui era un gioco che non valeva la candela, essendo poco più pericoloso di un Miguelmartinez o di un Peucezio qualsiasi.

    Anche i più bravi, che compiono operazioni di grande importanza, possono sbagliare clamorosamente: ricordiamo il rapimento di Abu Omar, o il tentato omicidio di Khaled Meshal.

    Visto che va di moda, non so perché, accusare la Massoneria del presunto omicidio di Stefano Anelli – faccio fatica a immaginarmi i vecchietti del Grande Oriente che si trovano a dover giustificare il proprio coinvolgimento nell’uccisione di un pensionato riminese.

    Poi è ovvio che tutto è possibile. Ma non tutto è probabile.

    • Peucezio scrive:

      Sì, mi pare un’analisi molto equilibrata e la condivido.
      Direi che si tratta dell’approccio migliore sul piano metodologico, non per un’astratta prudenza ma perché oggettivamente in queste cose c’è quasi sempre, da una parte e dall’altra, un dogmatismo preconcetto di origine ideologica.
      Ricordare la complessità dell’interazione fra gli eventi e l’imprevedibilità delle cose, che pure dovrebbe essere quasi un’ovvietà, è un’operazione che non fa quasi nessuno.

      Nello specifico, per quanto riguarda Kleeves, la cui scomparsa mi dispiace sinceramente, anch’io credo sono scettico circa le spiegazioni alternative.
      A che scopo poi ammazzare pure la nipote, dando così maggior risalto mediatico a un evento che semmai si cercherebbe di tenere in sordina?

      Per quel poco che ne posso sapere, andando più a naso che altro, l’incidente dell’aereo polacco, che pure ha conseguenze politiche gigantesche, per la Polonia ma non solo, tenderei a crederlo genuino: sono cose che possono accadere. C’è tra l’altro un buon articolo di Aldo Giannuli in merito:
      http://www.aldogiannuli.it/?p=1103
      che, senza fornire risposte definitive, mette l’accento su aspetti più generali del mondo d’oggi.

      Su Haider, sempre sapendone poco e non avendo strumenti di valutazione adeguati, a intuito tenderei a dare per plausibile un sabotaggio all’auto (anche se l’incidente resta possibilissimo). E’ vero che alle macchine di ragazzini ubriachi e impasticcati che tornano dalla discoteca alle cinque di mattina succede anche di andarsi a schiantare da sole contro un albero, ma è una cosa che a un guidatore adulto e sobrio, in pieno giorno, non accade molto comunemente: la stragrande maggioranza degli incidenti si fanno fra due veicoli.
      Ma, ripeto, sono considerazioni che lasciano il tempo che trovano.

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Peucezio

        Non solo concordo in pieno col testo del sito di Giannuli che hai ripotato, ma quoto una delle risposte a quel post:

        ‘Il fatto è che siamo in un’epoca in cui sempre meno persone sanno fare decentemente il proprio lavoro, dall’idraulico fino appunto all’uomo dei servizi segreti.
        Se nel lavoro la cifra della contemporaneità è l’approssimazione, l’improvvisazione, la negligenza, la faciloneria, la mancanza di serietà, questo si manifesta a tutti i livelli.
        Sarà un luogo comune? Sì, ma un luogo comune vero.
        E non ha cause politiche, almeno non nel senso di cause politiche contingenti. E’ semmai la conseguenza di tendenze sociali e culturali di medio (se non lungo) periodo.
        E, come dice Aldo, è un fenomeno occidentale. Non credo infatti che in Cina accade la stessa cosa. Anzi, tutto mi fa supporre che avvenga il contrario: tendenza all’aumento degli standard qualitativi, della professionalità, della precisione un po’ in tutti i settori. Il fatto è che mentre loro si stanno occidentalizzando, noi ci stiamo “terzomondizzando”.’

        Scendendo al caso Polacco, già una volta (in Georgia) Kaczynski aveva brutalmente cazziato e minacciato di licenziamento il pilota che non voleva atterrare facendogli perdere a dir suo tempo prezioso. Solo che in Georgia il pilota gli aveva risposto per le rime ed aveva ritardato l’atterraggio. Il fatto che ci fossero così tante autorità insieme a Kaczynski era dovuto alla circostanza che lui e il presidente del Sejm da tempo non si rivolgevano neanche più la parola; saputo che il collega era su un aereo, Kaczynski ha preteso di volare con un altro aereo, e molti -per riguardo se non a lui alla sua carica, che in Polonia gode comunque di un prestigio incomprensibile ad esempio in Italia- l’hanno seguito. E’ oltremodo triste che fra le vittime ci fossero anche discendenti degli assassinati di Katyn, che per decenni si erano visti negare la verità sulla morte dei loro cari e che finalmente avrebbero avuto soddisfazione. L’immediato cordoglio ufficiale di Medvedev e il fatto che Putin abbia fatto riprogrammare per l’occasione in prima serata TV il ‘Katyn’ di Wajda che precedentemente era andato in terza serata, insieme al noto caratteraccio del fu Presidente, hanno spinto la maggioranza dei Polacchi a tacitare le ipotesi di compotto, che nemmeno il fratello gemello di Kaczynskiha auto il fegato di rispolverare nella campagna elettorale che ha poi perso.

        Ciao!

        Andrea Di Vita

        • Peucezio scrive:

          Mi fa piacere che tu abbia apprezzato quell’articolo.
          Conosco personalmente Aldo (da prima di leggere il suo blog) e trovo sia una persona dall’onestà intellettuale veramente rara, oltre che dalla competenza sterminata nell’ambito di servizi segreti, misteri, mafia, stragi, terrorismo nell’Italia dal dopoguerra in poi.

  27. Miguel Martinez scrive:

    Per Mendelson

    Fammi sapere se vedi la mia risposta, anche se è qui in coda… preferisco rispondere in sequenza cronologica invece che a ogni singolo commento.

    Che ti devo dire, non hai tutti i torti. Come spiegazione (non giustificazione) posso dire:

    – della maggior parte dei casi di cronaca, non me ne accorgo nemmeno, semplicemente perché c’è un limite a quante cose riesco a seguire

    – di questo caso, me ne sono accorto solo perché coinvolgeva una persona che conoscevo

    – per cui ho visto la vicenda tutta sul versante (non “dalla parte di”) Stefano Anelli.

    Se, al contrario, avessi conosciuto Monica ma non Stefano Anelli, avrei probabilmente scritto cose totalmente diverse.

    Però il tuo commento fa riflettere sulla difficoltà di avere una visione distaccata delle cose, anche quando si cerca di averla.

    Grazie

  28. Miguel Martinez scrive:

    Sempre per Mendelson,

    Viceversa, mi sentirei ipocrita a esprimere qualche frase rituale su Monica Anelli: in Italia, infatti, se succede qualcosa di simile, si dice:

    1) “orrore! sdegno!”

    oppure

    2) “premesso il mio orrore e sdegno, vorrei però aggiungere…”

    So che ci faccio la figura del mostro, ma come ho già specificato, ignoro il 90% dei casi di cronaca che avvengono in Italia, e quelli rimanenti mi interessano poco. Per cui non posso onestamente dire di provare “orrore e sdegno” automaticamente, ogni volta che leggo che è successo un fattaccio.

    Se avessi qualcosa di intelligente da dire, o qualcosa di utile da fare a sostegno della famiglia della vittima, ad esempio, allora sì. Ma semplicemente aggiungermi al coro, non me la sento.

    E non mi piacciono soprattutto le premesse e le giustificazioni: “Anche se siamo tutti rimasti sconvolti dal delitto, vorrei anche ragionare…”

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Martinez

      ”in Italia, infatti, se succede qualcosa di simile, si dice:

      1) “orrore! sdegno!”

      oppure

      2) “premesso il mio orrore e sdegno, vorrei però aggiungere…” ”

      Questa particolare retorica secondo me non è dannosa nè inutile.

      Essa ha un motivo storico: infatti, manca completamente per esempio in De Amicis e in D’Annunzio che pure per tanti versi sono gonfi di retorica.

      L’identità nazionale Italiana si è costruita attorno al Risorgimento (storia o mito, qui non importa) ad un punto tale che cent’anni fa per diffamare qualcuno lo si accusava di ‘aver sparlato di Garibaldi’.

      Con la Seconda Guerra Mondiale la spaccatura in due del Paese ha anche significato la divisione in due di amicizie, famiglie ecc. in gruppi che si consideravano reciprocamente traditori.

      Questa ferita non si è sanata. Al contrario, rimossa, si è incancrenita durante il blocco della situazione politica nel cinquantennio successivo alla guerra, con la memoria della Resistenza da una parte e il mito dei Comunisti pedofagi dall’altra.

      Tant’e’ vero che l’accusa di Comunista (nota bene: l’accusa, non la sostanza) rimane in uso nel lessico politico Italiano odierno, caso unico forse al mondo.

      Dunque in Italia se facendo un discorso si vuole esprimere lo sdegno per qualcosa si deve doverosamente premettere che il proprio sdegno è indipendente dal contenuto del discorso.

      Un esempio banale: se sono un sostenitore della ‘guerra al terrorismo’ e ribadisco quindi la mia contrarietà alle idee di Kleeves devo premettere che questo non mi impedisce di sentire pietà per la morte di Kleeves. Altrimenti sì che sembro un mostro: sembro uno che non è capace di provare pietà per il nemico, e questa incapacità è sempre dietro l’angolo da noi in Italia.

      Quella retorica è uno dei pochi posti dove la pietà trova ancora posto.

      Infatti siamo in un mondo diviso fra tifoserie calcistiche. E (ancora Orwell) dove entra la fedeltà ad una bandiera, esce la pietà.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  29. Mendelson scrive:

    Ciao Miguel Martinez, grazie per la tua risposta,
    M

  30. Mendelson scrive:

    Ciao Miguel Martinez, ti leggo, grazie per la tua risposta.
    Sarebbe bello discorrere un po’ sulle follie, ma forse questo non è il posto più adatto!
    M

  31. mirkhond scrive:

    Per Mendelson

    E’ bello discorrere sulle follie, quando i folli non te li ritrovi in casa.
    Allora, ti assicuro, che vorresti solo farla finita, tanto è forte, immenso, DISPERATO il dolore che provi…..
    nessuno ti aiuta, non gliene frega niente a nessuno…..
    soprattutto perchè in questo caso il matto non è un complottista che riversa sul sistema, sugli usa, sui musulmani, il suo profondo malessere, i suoi demoni mentali…..

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