Laçin e la ruota dell’arcolaio

Tempo fa, parlammo qui della cittadina di Laçin (Lachin), coinvolta nella tremenda e dimenticata guerra tra Armenia e Azerbaigian; cittadina che porta però anche il nome della donna assente cantata dai trovatori azeri.

Il nome Laçin – che a orecchio sembra di origine persiana – lo troviamo anche nella canzone armena, Lachin u manan, “Laçin e la ruota dell’arcolaio”. Non conosco, letteralmente, una parola di armeno, e quindi mi devo fidare di un breve riassunto che trovo in rete: Laçin dà alla luce due gemelli; il suo uomo prepara due pezzi di pane da regalarle, ma se li mangia lungo la strada.

Si tratta di una storia piuttosto diversa da quella azera, evidentemente; ma il nome della protagonista ci ricorda la sottile e segreta unità dei popoli di quelle parti, che riescono a parlare lingue appartenenti a famiglie completamente diverse, usare alfabeti diversi, appartenere a religioni diverse, eppure si raccontano le stesse storie, alla faccia dei propri nazionalisti.

Lachin u manan è cantata dal trio a cappella armeno, Zulal, che dovrebbe significare “chiarezza” o “purezza”.

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8 risposte a Laçin e la ruota dell’arcolaio

  1. mirkhond scrive:

    Riguardo ai nazionalismi e agli immaginari alterati che producono, ricordo il film Ararat di Atom Egoyan, bellissima testimonianza su un genocidio considerato per troppo tempo di “serie B” rispetto alla Shoah.
    Film bellissimo appunto, ma dove gli Armeni, in quanto cristiani, vengono visti come una pericolosa avanguardia dell’occidente corruttore e distruttore della civiltà orientale-islamica, e ciò messo in bocca all’attore che interpreta il governatore ottomano di Van nel 1915.
    Persino degli armeni colti e intelligenti, cadono nella pericolosa identificazione Cristianesimo-Occidente. C’è da restarne sconfortati!

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per mirkhond

      Non ho capito una cosa. (Io non ho visto ‘Ararat’, ma ‘Il ribelle dell’Anatolia’ di Elia Kazan, e uno dei più terrificanti racconti che mia madre mi ha trasmesso è la trama di ‘I 40 giorni del Mussa Dagh’. Mi è bastato per non andare a vedere ‘La fattoria dell’allodola’). Nel film ‘Ararat, il governatore della regione di Van era Armeno, o era un Turco che stava parlando degli Armeni? Lo chiedo perchè nel fil di Kazan il governatore era un Turco che definisce gli Armeni come ‘ribelli’, ma senza alcun riferimento al ‘conflitto di civiltà’.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

      P.S. Forse non c’entra nulla, ma in ‘Mediterraneo’, con Abantatuono, l’unico cattivo è un Turco. Omaggio alla ‘location’ Ellenica?

  2. mirkhond scrive:

    Per Andrea Di Vita

    Nel film “Ararat” il governatore di Van è un turco, tra l’altro presentato come un pedofilo invaghito di un bambino armeno, anche se l’attore che lo interpreta si chiama Elias Koteas il cui cognome non mi sembra turco.
    Quindi un film stereotipato con gli armeni cristiani e perciò portatori di valori “occidentali” e i turchi, orientali e sessualmente pervertiti.
    Un mondo comune aldilà di lingue e religioni, che invece viene presentato come diviso da contrasti insanabili e ciò mi addolora, proprio ad opera di armeni (il film è stato girato da regista e attori armeni, tranne Christopher Plummer).
    Quando lo vidi, in cassetta a casa di amici, faticai molto a far capire ai miei amici che la realtà vera, come dice giustamente Pino Mamet, è molto più complessa e articolata di queste semplificazioni in bianco e nero e perciò più interessante, ma appunto faticai, in quanto nella mente dei miei amici scorreva tutto lo sciocchezzaio antislamico di socciana e fallaciana memoria (vediti la vignetta su Heidi musulmana su google immagini).
    E pensare che nel 2001 ad una conferenza sugli Armeni, un signore armeno, nato e vissuto in Albania e poi stabilitosi a Varese, questo signore, già anziano allora e figlio di genitori di Mersina in Cilicia, mi diceva che Armeni e Turchi sono antropologicamente simili, come ci ricorda Miguel Martinez e io devo molto a lui su quel poco che so sull’argomento.
    Ecco quel signore armeno d’Albania conosceva la storia, regista e sceneggiatori armeni di “Ararat” no.
    ciao

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Mirkhond

      Il bello è che è i Govani Turchi responsabili dell’eccidio stanno all’origine della laicità che è l’ideologia corrente (o almeno lo era fino a poco tempo fa) dei governi di Ankara. Il mio insegnante di storia al liceo ci fece notare come l’eccidio di una qualche minoranza sta alla base della nascita di molti Stati nazionali moderni: i Pellerosse per gli USA, gli Ugonotti per la Francia, i ‘boat people’ per il Vietnam, gli Armeni per la Turchia, gli Ebrei per la Spagna. Del resto se manzoni definisce (IMHO correttamente, per il suo tempo) la Patria come ‘una d’armi, di lingua e d’altar’ è chiaro che contro qualcuno le armi vanno usate.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  3. karakitap scrive:

    Bellissimo post (come del resto sembra essere l’abitudine su questo blog).
    Ho letto e visto qualcosa (poco purtroppo) sullo Yetz Meghern, e concordo con i post precedenti che è stata data una lettura troppo occidentalista e da “scontro di civiltà” di quell’immane tragedia (se proprio volessimo parlare di questo, i portatori della civiltà e della modernizzazione era il governo dei Giovani Turchi, che vedeva negli armeni tanto dei nemici di fede, quanto uan borghesia attaccata ai loro privilegi ed un ostacolo alla formazione della Turchia moderna. Chiaro che gli sceneggiatori di film come Ararat abbiano voluto metterla sul “armeni= martiri per la loro fede” e “turchi= feroci musulmani pervertiti”, ma come giustamente detto, le cause di quella tragedia sono state più complesse (come solitamente la storia è, purtroppo o per fortuna non si può vivere sempre immersi nei suoi meandri, altrimenti non si penserebbe al presente).
    Salutoni, Karakitap
    PS: qualche anno fa il mio paese ha celebrato la beatificazione di un proprio beato, il canonico Alfonso Maria Fusco, per uno strano scherzo del destino nella stessa cerimonia veniva portato agli onori degli altari anche il vescovo armeno- cattolico Ignazio Maloyan, al quale il governatore di Mardin avrebbe offerto salva la vita in cambio della conversione all’Islam, penso che si immagini quale risposta diede, ecco, in quel caso si fa capire come il massacro fossse anche attribuibile alla religione, cosa che comunque non credo abbia avuto un ruolo particolare.

  4. mirkhond scrive:

    Per Andrea Di Vita

    I Giovani Turchi furono la risposta ottomana alle guerre di liberazione “nazionali” condotte tra 1804 e 1913 nei Balcani ottomani da Serbi, “Greci” e Bulgari e che portarono alla nascita di monoliti cristiano-ortodossi dove per gli ex dominatori e vicini di casa musulmani (vicini di casa nel senso letterale della parola come insegna il bel racconto di Salgari, Un Soldato della Mezzaluna), vicini di casa musulmani dicevo, per i quali non c’era più posto se non a durissime condizioni da ghetto e sotto costante minaccia di massacri, espulsioni e conversioni forzate al cristianesimo ortodosso dei nuovi dominanti, come ancora per i Pomaki bulgari fino al 1989, e per Bosniaci e Albanesi kosovari fino al 1995 e 1999.
    Del resto, i regimi comunisti succedutisi a quelli nazional-ortodossi, ne seguirono ben presto la politica alla faccia dell’internazionalismo proletario come nella Bulgaria di Zivkov e nella Serbia jugoslava sotto Rankovic’ fino al 1966, quando lo sloveno-croato Tito, finalmente, rimosso il nazicomunista Rankovic’ dal governo della Serbia, avviò un programma di autonomia regionale per gli Albanesi del Kosovo, autonomia andata poi nuovamente a farsi benedire nel 1989 col neonazicomunista Milosevic’ con le conseguenze che conosciamo.
    Ne accennò lo scomparso premier turco-curdo Turgut Ozal nel 1987 quando disse che il genocidio armeno era la risposta anatolica all’eguale politica mossa dagli ex sudditi balcanici cristiani ortodossi dell’Impero Ottomano, solo che, essendo questa volta le vittime cristiane, l’Europa (ipocrita) si commuove, mentre per quelle islamiche ed europee balcaniche no.
    I classici due pesi e due misure.
    La laicizzazione degli Ottomani fu la risposta a queste tragedie risorgimental-ortodosse balcaniche.
    ciao

  5. mirkhond scrive:

    Per Karakitap

    Leggiti, ma forse li conosci già, Il Fuoco Greco di Luigi Malerba, ambientato nell’Impero Romano d’Oriente ai tempi di Niceforo Foca (963-969) e Il Mio Nome è Rosso di Orhan Pamuk, ambientato nell’Impero Ottomano ai tempi del sultano Murad III (1574-1595).
    Sono gli stessi luoghi Costantinopoli/Istanbul in contesti politici, religiosi, linguistici diversi, eppure mostrano nel fondo una realtà umana che ha più somiglianze che divergenze.
    ciao

  6. karakitap scrive:

    Per Mirkohond,
    Quello che hai detto è esatto per metà, conosco Il fuoco greco, ma non quel titolo di Pamuk, anche se è un autore di cui ho letto altro. Grazie del consiglio.
    Salutoni, Karakitap

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