La mappa cangiante di Monte Acuto

In questo periodo, siamo molto presi dal lavoro, che in questi giorni riguarda la grande fabbrica di vestiti per imperatori, denominata Arte Contemporanea. Per cui, potendo pensare poco e scrivere meno, ci dedichiamo anche noi alla sperimentazione, di immagini e di suoni.

Siamo stati recentemente in qualche paese dell’Appennino toscano. In particolare, ve n’è uno in cui non abita più nessuno, se non contiamo la bella famiglia di tritoni che abita nel fontanile. C’è però ancora qualcuno che porta in testa i ricordi degli alberi e delle case, come la signora che si nascose per mesi nella cantina del rudere in fondo, ai tempi della guerra, che era quasi il fronte e i tedeschi cercavano spie vere e presunte.

Chi viene da fuori, in posti simili, vede uno spazio quantitativo, anche se assai irregolare – tanti metri a destra, tanti a sinistra. Chi ci è nato, si porta invece dentro una mappa completamente diversa, tutta qualitativa, dove ogni elemento del paesaggio rimanda a una storia. Una mappa che è quindi in costante divenire, assieme a ciascun elemento che la costituisce.

Daniele Poli, della Tuscae Gentes, ci disegna una notevole mappa mentale di questo tipo, nella canzone Monte Acuto, dall’album Quando il merlo canta. Aiuta a capire come si possa amare questi luoghi, con la stessa forza con cui si odiano i difensori dell’Occidente.

Questa voce è stata pubblicata in Italia, mundus imaginalis e contrassegnata con , , , , , . Contrassegna il permalink.

28 risposte a La mappa cangiante di Monte Acuto

  1. PinoMamet scrive:

    Il “mondo del passato” vero è sempre molto più interessante di quello finto.

    Purtroppo la moneta cattiva caccia quella buona!

  2. Stefano Dedalo scrive:

    Miguel, a volte penso che dovresti aprire un forum o qualcosa del genere, perché discutere nei commenti a volte diventa difficile, soprattutto magari per chi, come me, più che rispetto al nuovo materiale ha da chiedere delucidazioni in merito a qualcosa che ha letto nelle pagine successive.

    Io ad esempio dalla pagina due in cui citi Pera, sono giunto a un post del 2005 nel quale vengono riportate le sue (deliranti) affermazioni sulla strumentalità della cultura cristiana alla causa dei neo-conservatori. In quella citazione, come si suol dire, Pera “si loda e si imbroda da sé”. Insomma: è talmente delirante quello che dice, che non c’era bisogno di ulteriori commenti. Specialmente se i commenti arrivano persino a mettere in dubbio che si possa parlare di “civiltà giudaico-cristiana” (o meglio di radici giudaico-cristiane) per descrivere la civiltà occidentale. Ok: uno, magari, ateo e illuminista può non riconoscersi nella definizione, quantunque poi il tuo citare Girard potrebbe far presente a tutti che proprio il discorso di Girard spiega come mai riconoscere l’influenza del cristianesimo sulla cultura occidentale non ha niente a che vedere con la fede o con la spiritualità, ma è una mera questione antropologica (il cristianesimo rompe nettamente con i crismi della cultura pagana, come del resto riconosciuto da Nietzsche e da tanti altri – si veda “genealogia della morale”).
    Ma far presente che il cristianesimo e il giudaismo non possono andare a braccetto perché il cristianesimo potrebbe aver contenuto in sé dei germi… come definirli? antigiudaici?… be’, non si può sentire. Sia perché è una constatazione teologicamente, culturalmente e filologicamente molto superficiale, sia perché la definizione “giudaico-cristiano” non per forza indica un rapporto stretto, conseguente, armonioso tra i due filoni, ma constata semplicemente delle radici. Non so: se venisse definita “greco-cristiana”, non per forza la grecità e la cristianità dovrebbero piacersi l’un l’altra, ma sarebbe una constatazione di dove questa civiltà viene.

    Piuttosto te lo dico senza polemica: io ho aperto il blog sperando che avessi scritto qualcosa su Sakineh. Il tuo silenzio in merito ti assicuro essere un silenzio pesante.

  3. Miguel Martinez scrive:

    Per Stefano

    Grazie del commento.

    1) Un forum… hai ragione sulla difficoltà di discutere usando semplicemente il formato dei commenti, ma non so se sarei in grado tecnicamente o se avrei il tempo.

    2) Non mi ricordo il ragionamento che feci allora. Comunque ritengo, con Neusner e molti altri, che la definizione di “giudeocristiano” sia molto discutibile. Non credo che il giudaismo (uso questo termine piuttosto che il generico “ebraismo”) e il cattolicesimo compiuti del tardo Medioevo – tanto per definire cose precise e non andare sul vago – avessero molto in comune.

    Certamente, molti elementi liturgici e molti racconti sono entrati nel cristianesimo dal mondo proto-giudaico, ma a parte il fatto che hanno poco a che vedere con la “civiltà occidentale” alla Pera, hanno assunto uno status del tutto autonomo dalla matrice.

    Il cristianesimo ha fortemente influenzato lo sviluppo del giudaismo (facile dimenticare che il giudaismo post-templare nasce contemporaneamente al cristianesimo), come dimostrano ad esempio gli studi di Yuval, mentre il giudaismo non aveva semplicemente la forza per imporre la propria influenza in senso inverso.

    Diverso è il discorso delle chiese orientali, che anche per motivi linguistici sono rimasti molto più legati alle fonti giudaiche (si pensi ad esempio al ruolo del cosiddetto Antico Testamento nella cultura nestoriana); ma anche qui stiamo parlando di un non Occidente.

    Casomai è esistita una forte interazione, agli inizi e non solo, tra cultura giudaica e cultura islamica.

    3) Per quanto riguarda il caso di Sakineh, qui c’è un equivoco di fondo.

    Io non sono un editorialista di Repubblica che deve dire la propria banalità su ogni notizia che capita. Ci sono mille altre questioni su cui non mi sono espresso, tra cui la lite tra Berlusconi e Fini, ad esempio; o la dichiarazione della presunta fine della guerra in Iraq; o ciò che sta succedendo in Somalia.

    Nessuno mi paga per scrivere, anzi quando scrivo rubo tempo al mio lavoro.

    Scrivo quando ho qualcosa di originale da dire.

    Mi sarebbe piaciuto andare a leggere i media iraniani sul caso, ad esempio; ma il persiano lo leggo con molta difficoltà, e il tempo non ce l’ho adesso.

  4. Miguel Martinez scrive:

    Comunque, per essere molto banali, posto quanto scrive sul tema della lapidazione in Iran Wikipedia (voce “Stoning”), che mi sembra abbastanza dettagliato:

    Iran

    The Iranian judiciary officially placed a moratorium on stoning in 2002, although the punishment remained on the books, and there were a few cases of Judges handing down stoning sentences in 2006 and 2007 [21] In 2008, Iran’s judiciary decided to fully scrap the punishment from the books in a legislation submitted to parliament for approval.[22] As of June 2009, Iran’s parliament has been reviewing and revising the Islamic penal code to omit stoning as a form of punishment.[23]

    In Iran, stoning as a punishment did not exist until 1983, when the contemporary Islamic Penal Code was ratified. Many Muslim jurists in Iran are of the opinion that while stoning can be considered Islamic, the criteria under which it can be imposed as a sentence are stringent: Because of the large burden of proof needed to reach a guilty sentence of adultery, its penalty is hardly ever applicable.

    Furthermore, while legally on the books, because of vociferous domestic and international controversy and outcry over stoning in the early years of the Islamic republic, the government placed official moratoriums on the punishment and, as a result, it was rarely practiced. Nevertheless, much of the public was outraged that such a backward and torturous ritual became instituted in the laws of their country.[24] In 2002, Iran’s judiciary indicated that stoning will no longer be practiced in Iran.[25] However, following the election of Ahmadinejad, there were reports of judges handing down stoning sentences in 2006 and 2007, and 2010. Finally, in 2008, Iran’s judiciary decided to scrap the punishment of stoning in draft legislation submitted to parliament for approval.[22] In July 2010, the Iranian judiciary spokesman Jamal Karimirad was quoted as saying “Stoning has been dropped from the penal code for a long time, and in the Islamic republic, we do not see such punishments being carried out”, further adding that if stoning sentences were passed by lower courts, they were over-ruled by higher courts and “no such verdicts have been carried out.”[26]

  5. Miguel Martinez scrive:

    Per Pino Mamet

    Come spesso succede, hai colto molto bene il punto!

  6. mirkhond scrive:

    Per Miguel Martinez

    A proposito di cialtronerie islamofobiche, consiglio di vedere su google immagini Heidi islamicamente corretta, vignetta apparsa in un forum italiano in risposta all’accusa di islamizzare l’anime giapponese, tratto dal racconto di Johanna Spyri, ad opera del “famigerato” duo Erdogan-Gul per la versione turca della storia.

  7. mirkhond scrive:

    Per Miguel Martinez

    Infatti! Nell’anime giapponese, la piccola, almeno d’inverno, copre il capo e così pure le donne del villaggio di Mayenfeld (Maiavilla in romancio) cristiane cattoliche o protestanti non lo so, dato che quella zona del Grigioni, l’antica Rezia, è un territorio di confine, linguistico e religioso.
    Ciò che presenta la vignetta invece è un Grigioni/Rezia ormai islamizzato che ricorda molto l’Afghanistan dei Talebani o la Cecenia e il Daghestan, dove le donne come la piccola Heidi e la nonna di Peter indossano il burqa, il nonno è un guerrigliero stile Shamil Basayev e il pastorello Peter, con un cinturone di tritolo stà per farsi saltare in aria davanti ad una chiesa.
    Inoltre, e qui siamo al colmo dei colmi, la nonna di Peter dice ad Heidi che grazie al sacrificio di Peter, la famiglia potrà mangiare e mostra alla bambina un’angolo della baita pieno di ogni ben di Dio, tra cui degli zamponi di…. speck!

  8. PinoMamet scrive:

    Per Miguel

    beh, ti ringrazio!

    Per Stefano Dedalo

    parlare di una società “giudaicocristiana” implica che esista un qualche “giudeocristianesimo”;
    anche solo culturale.

    Che non è mai esistito, tantomeno nell’ “Occidente” storico (qui metto una Nota 1: vedi in fondo 🙂 ; e, nonostante le ovvie somiglianze dettata anche dal rapporto diciamo di parentela, le due religioni hanno passato secoli a polemizzare e a cercare di differenziarsi (certo, ci sono state anche infgluenze reciproche, e ci mancherebbe).
    Il cristianesimo specie cattolico riteneva poi importantissima una roba chiamata Salvezza, per ottenere la quale bisognava essere cristiani cattolici, e con (spesso, ritengo, in perfetta buona fede e con le migliori intenzioni, dal loro punto di vista) si è dedicato con grande coerenza a convertire gli ebrei; riuscendoci anche, moltissime volte.
    Casomai è stata l’anima laica dell’Occidente post-Illuminismo a liberare gli ebrei e a dotarli di parità di diritti, a prescindere dalla religione.

    Nel mondo islamico: non succedeva forse la stessa cosa? Anche l’Islam condivide la spinta al proselitismo, anche nell’Islam gli ebrei sono stati “invitati” (con la stessa varietà di mezzi persuasivi) a convertirsi, e anche nel mondo islamico gli ebrei hanno dato il loro contributo a società, cultura ecc.
    Ma allora perché non si parla di società “giudaicoislamica”??

    Nota 1 🙂
    Ora, esistono in realtà delle forme “giudaicocristiane”:
    il variegato mondo protestante di matrice statunitense, ad es.
    (so per certo che alcuni amici israeliti sono stati convocati da un gruppo evangelico di sudamericani per costruire una sukkah nella loro chiesa; loro stessi- gli ebrei, voglio dire- sono rimasti stupiti dall’interesse esagerato di questi evangelici per le loro pratiche religiose- alcune delle quali penso neppure previste nell’Antico Testamento- tanto che all’inizio avevano temuto che si trattasse di antisemiti!)

    oppure certi gruppi di “Ebrei per Gesù” o come si chiamano, che riconoscono Gesù come Messia ma non rinunciano all’identità ebraica (niente di nuovo, del resto: sia cristiani giudaizzanti, sia ebrei che accettano il Cristo ma anche gli usi ebraici, sono vecchi perlomeno quanto San Paolo, e credo entrambe le tendenze siano considerate “eretiche” sia dalla Chiesa Cattolica che dall’Ebraismo ortodosso);

    e per finire alcune delle Chiese orientali già ricordate da Miguel.

    In realtà niente che possa spingere a parlare di “radici giudaicocristiane dell’Occidente”: perchè non si tratta di radici (o non hanno attecchito, o sono troppo recenti) in un caso, e perché non si tratta di Occidente nell’altro.

    Ciao!

  9. PinoMamet scrive:

    Rileggo e noto che ho fatto un sacco di confusione sintattica;
    mi scuso e spero si capisca lo stesso!

    Ad es. le “loro” intenzioni sono quelle dei cattolici che volevano convertire gli ebrei, non degli ebrei che dovevano subire, buone o cattive che fossero, quelle intenzioni.

    😉

  10. Stefano Dedalo scrive:

    Non so se forse non si sia colto il senso del mio ragionamento, ma quello che ho scritto e intendo tuttora dire è che non è un’argomentazione valida contestare la definizione di radici “giudaico-cristiane” sostenendo che la seconda delle culture citate, magari, ha tentato teologicamente di distaccarsi dalla prima o che queste due culture la sera non andavano al cinema insieme.

    Se mia madre è cinese e mio padre è nato in finlandia, be’, le mie radici sono finnico-cinesi a prescindere dal fatto che Finlandia e Cina possano guardarsi in cagnesco.

    Capito?

    • Andrea Di Vita scrive:

      Per Stefano Dedalo

      ”finnico-cinesi”

      Le tue radici sicuramente sì. Ma soltanto le tue. Sarebbe scorretto chi presumesse -partendo dalla tua genealogia- di dimostrare un legame indissolubile fra la sauna e la danza delle ombre. Peggio ancora farebbe chi pretendesse di imporre alle scuole di Pechino lo studio obbligatorio di Sibelius (con insegnanti pagati dallo Stato cinese ma scelti senza concorso a insindacabile giudizio del locale rappresentante dei pastori di renne) sulla base della difesa delle radici sino-finniche.

      Dopo millenni passati a raccontare piacevolezze come la storielle dell’ebreo errante e di Simone di Trento, non pochi Ebrei si scompisciano dalle risate a sentire raccontare oggi l’amena boutade woytiliana e cristianista delle ‘radici giudaico-cristiane’.

      Ciao!

      Andrea Di Vita

  11. PinoMamet scrive:

    Ma sì,
    grazie per il chiarimento anche se era già chiaro prima;

    fatto sta che si parla sempre di “radici giudaico-cristiana” e “identità giudaico-cristiana”;
    di “radici giudaico-islamiche” e “identità giudaico-islamica” non sento mica parlare, eppure due dei miei amici israeliani hanno le radici in Algeria e Marocco, e un altro conoscente ce le ha in Iraq, per dire.

    Allora forse in Occidente le due culture religiose, quella dominante (in questo caso cristiana) e quella minoritaria ebraica, sono state insieme meglio che altrove?
    No, non mi pare si possa dire questo.

    Allora forse l’Occidente è in qualche misura più “giudaico” del mondo islamico?
    Non direi neanche questo; anzi, a dire il vero la cultura ebraica, aldilà dei luoghi comuni, è davvero poco conosciuta, e mentre tutti saprebbero dire nomi di filosofi, scienzati o scrittori di fede ebraica, pochissimi non ebrei saprebbero dirti chi è Rambam o cosa ha scritto Josef Karo.

    Poi se mi vuoi dire che in Occidente ci stanno sia ebrei che cristiani, beh, che dire, come darti torto! 😉

    Ciao!

    • Miguel Martinez scrive:

      Sul “giudaico-cristiano”… direi che la frase funziona per due motivi abbastanza diversi.

      Uno, i cattolici sanno da sempre di essere il “vero Israele”, gli eredi del patto con Dio, i figli fedeli di Abramo, eccetera, per cui nel loro sistema mitologico (in senso non dispregiativo), l’espressione ha un senso, anche se non ha nulla a che vedere né con il giudaismo, né con la “civiltà occidentale”.

      Due, gli italiani medi si sentono vagamente “cristiani”, è una parola che comunque ha un suono vagamente positivo anche se significa poco o niente.

      Allo stesso tempo, gli italiani con un minimo di cultura sanno che nei primi decenni del Novecento, ci furono tanti intellettuali di origine ebraica, che hanno fatto una discreta parte della cultura e della scienza europea. Gente che aveva pochissimo a che fare con il giudaismo, poco o nulla a che fare con il sionismo, nulla a che fare con la cultura ebraica tradizionale, ma molto a che fare con la cultura “moderna”.

      Quindi un italiano “moderno” si crede “giudeocristiano” perché mette insieme la piacevolezza della parola “cristiano” con vaghe idee sul tipo che Einstein era un genio.

      • Andrea Di Vita scrive:

        Per Martinez

        ‘genio’

        Riassumendo, si potrebbe dire che fino alla Shoah gli Ebrei erano accettati precisamente per quello che di non-Ebreo potevano vantare. Un po’ come quando oggi per dare prova di tolleranza diciamo degli immigrati cghe lavorano ‘beh, pero’ si fanno un mazzo così, niente da dire’. Non accettiamo mai il Negro, ma la laboriosità del Negro. (Fino al 1939 anche il Polacco meno antisemita non si sarebbe mai sognato di identificare l’Ebreo suo vicino di casa come un Polacco, anche se era prontissimo a riconoscere la superiorità del professore o del medico Ebreo. Persino nella ribellione contro i Nazisti, loro comune nemico, Polacchi ed Ebrei sono insorti separatamente, in luoghi e tempi diversi e sono stati sconfitti separatamente. Non per odio, ma per non averci neppure pensato, a fare fronte comune. Uomini e cani sono entrambi punti dalle pulci, ma quale uomo dice al cane di scovargli la pulce?)

        L’esempio degli Ebrei fa pensare che Zingari, Negri, Moldavi e quant’altro verranno finalmente accettati ‘come tali’ da noi solo dopo che avranno pagato il biglietto di un autentico, genuino, sanguinolento sterminio (non quella cosa goccia a goccia degli Erirei nel deserto o sui barconi. La morte per sete commuove poco, perchè non si vedono le mosche). Come per gli Ebrei, la nostra vergogna sarà il loro salvacondotto.

        In realtà noi ancora oggi non accettiamo gli Ebrei nostri contemporanei, ma la loro parentela cogli innocenti massacrati. Analogamente, non fuggiamo dallo Zingaro, ma dalla sua vera o presunta disponibilità al furto, nè dall’Islamico, ma dalla sua vera o presunta condiscendenza verso il fanatismo. Tant’e’ che non conosciamo praticamente nulla non dico della lingua, ma nemmeno della storia delle usanze di quelle genti (e parlo anche di laureati).

        Non conosciamo lo straniero, ma la funzione che esso appar svolgere nel nostro mondo. (L’atteggiamento più lontano possibile dal Buon Samaritano).

        Ciao!

        Andrea Di Vita

  12. Stefano Dedalo scrive:

    Quando ti ho domandato lumi sulla situazione di Sakineh, Miguel, intendevo porti una piccola sfida. Nella mia piccola visione non si tratta di commentare la penultima notizia del telegiornale, ma dare complessità e sfaccettature a un pensiero politico – il tuo – che io personalmente qualche volta apprezzerei di più se scorgessi la sensazione che sa auto-guardarsi all’interno.
    Due minuti fa altrove per fare un esempio leggevo l’intervento di un noto fondamentalista cattolico che accusava i musulmani di ostacolare la libertà di coscienza.
    Come dire…
    Ricordo che sussultai quando (era sull’altro blog?) pubblicasti un paio di interventi (uno sicuramente era un’intervista a un analista marxista) più o meno apologetici su Ahmaninejad (non imparerò mai a scriverlo).
    Non è una questione di “credibilità”, non ho intenzione di scomodare un termine così maleducato e giudicativo, è proprio – come dicevo – una questione di profondità del pensiero, di complessità e completezza. Risulta arduo, a mio avviso, che un pensiero esca dalla sua piccola nicchia e si traduca in condivisione e forse poi azione politica, se non mette tutti i tasselli a posto.
    Chissà: la mia è solo l’opinione di uno di passaggio. Sarai tu a decidere se ti sembra prezioso tenerla in considerazione o se proprio non si sintonizza con il tuo canale mentale.

    • Miguel Martinez scrive:

      Qui i temi sono parecchi.

      Intanto, non confondiamo il presidente dell’Iran, Ahmadi-nejad, con la sentenza di un tribunale di Tabriz in un caso di omicidio privato e di adulterio.

      Su questa sentenza, ci sono almeno tre considerazioni diverse: sulla pena di morte in generale, assai spesso applicata in Iran; sul fatto che un tribunale di stato intervenga nei fatti privati delle persone (mi riferisco all’adulterio, non all’omicidio); e la presunta pena, che con ogni probabilità è una bufala, visto che non esiste la lapidazione in Iran.

      La questione politica, ben più importante, riguarda invece sia la repubblica islamica iraniana, sia il ruolo di Ahmadi-nejad.

      Sulla rivoluzione islamica, fondata meritoriamente sul rovesciamento di uno dei regimi più spaventosi della storia umana, ci sono cose positive e cose negative da dire: la più negativa, a mio avviso, la creazione di una rete di potere economico-imprenditoriale-politico, in mano a esponenti del cosiddetto “clero” sciita. Tra le cose positive, aver portato l’Iran a livelli di sviluppo economico e culturale forse unici per un paese petrolifero, con tutto ciò che questo implica in termini di monopoli, di creazione di caste, di sprechi. Lasciatelo dire da me, che vengo dal Messico…

      In questi anni, c’è stato uno scontro sottile ma forte tra il sistema imprenditoriale-clericale, incarnato da Rafsanjani, e altre forze: il clero più marginale, i reduci della rivoluzione, le strutture volontarie rivoluzionarie, che hanno portato al potere Ahmadi-nejad.

      Credo che il consenso sia che le elezioni siano state molto contestate, ma che Ahmadi-nejad sia stato l’indubbio vincitore, grazie soprattutto alla sua immagine di uomo “semplice e povero”. Comunque, in un sistema complesso come quello iraniano, vincere le elezioni non vuol dire affatto avere il potere, che probabilmente resta saldamente in altre mani: le definizioni di Ahmadi-nejad come “dittatore” sono imbecillità in libertà.

      L’Iran è una nuova potenza internazionale, certamente. E ha svolto questo ruolo in una maniera che a volte condivido, a volte no.

      La politica iraniana verso il Libano è stata sicuramente un successo, forse più per merito dei referenti libanesi che della diplomazia iraniana. Verso l’Iraq e verso l’Afghanistan, è stata molto più discutibile. In entrambi i casi, l’Iran ha favorito le invasioni statunitensi, e continua a favorirle.

      Si può dire che lo abbia fatto per necessità – per difendersi contro l’influenza saudita in Afghanistan, per schiacciare filo-sauditi e nazionalisti arabi in Iraq. Ma non è una cosa facile da dire ad afghani o a iracheni non sciiti.

      Almeno per gli arabi sunniti – laici e non – la retorica anti-israeliana dell’Iran è invece semplicemente retorica, chiacchiere in libertà cui non sono quasi mai seguiti dei fatti; e anzi molti arabi sospettano una sotterranea alleanza tra Iran e Israele. L’Iran non ha particolare interesse a entrare in conflitto con Israele, e tantomeno con gli Stati Uniti. I quali infatti, anche se dichiarano da anni di voler attaccare l’Iran, non l’hanno ancora fatto.

      Per gli amici arabi e sunniti, è la prova della segreta alleanza tra Iran, Israele e Usa. A cui non credo personalmente, ma il quadro è sicuramente assai complesso.

  13. maria scrive:

    Su questa sentenza, ci sono almeno tre considerazioni diverse: sulla pena di morte in generale, assai spesso applicata in Iran; sul fatto che un tribunale di stato intervenga nei fatti privati delle persone (mi riferisco all’adulterio, non all’omicidio); e la presunta pena, che con ogni probabilità è una bufala, visto che non esiste la lapidazione in Iran.

    maria
    sono aspetti non di pari importanza, la pena di morte che io non condivido per nessun reato, nemmeno per il più abominevole, e ancora più da rigettare nel caso intervenga sulla vita privata delle persone, in questo caso un adulterio, “reato” tra l’altro , considerato con una particolare “severità” anche in italia fino ad alcuni decenni fa, e tuttavia imparagonabile alla pena di morte.

    Fin qui cose conosciute quindi anche in altre aree geografiche e culturali, quello che farebbe la differenza, enorme differenza sarebbe invece la modalità di esecuzione della pena, la lapidazione appunto, che però non esiste nella legislazione iraniana, ma allora il caso di sakine sarebbe stato manipolato visto il clamore e la mobilitazione internazionale, possibile? Io ho sempre avuto dei dubbi perché dei giornali non mi fido e perché quel paese, l’iran, è lontano e abbastanza sconosciuto ai più nel senso che della sua immagine viene veicolata un’immagine molto stereotipata, ma da qui a creare una bufala del genere ce ne corre.

  14. Francesco scrive:

    “In questi anni, c’è stato uno scontro sottile ma forte tra il sistema imprenditoriale-clericale, incarnato da Rafsanjani, e altre forze: il clero più marginale, i reduci della rivoluzione, le strutture volontarie rivoluzionarie, che hanno portato al potere Ahmadi-nejad.”

    Chiedo scusa, quindi quelli che si sono fatti rompere la testa dalle squadracce [nel senso tecnico di picchiatori di fazione] di Ahmadinejad non erano i soliti giovinastri universitari perditempo e corrotti dall’occidente ma rispettabili membri del SIC?
    Ci sono anche delle femmine nel clero imprenditoriale scita? Ritvan, era dunque una vescovessa o una suora quella che ebbe l’impudenza di crepare in TV?

    Miguel, posso accusarti di avere omesso dei fatti rilevanti nella tua ricostruzione dei fatti iraniani?

    Ciao

    Francesco

  15. Francesco scrive:

    \"In questi anni, c’è stato uno scontro sottile ma forte tra il sistema imprenditoriale-clericale, incarnato da Rafsanjani, e altre forze: il clero più marginale, i reduci della rivoluzione, le strutture volontarie rivoluzionarie, che hanno portato al potere Ahmadi-nejad.\"

    Chiedo scusa, quindi quelli che si sono fatti rompere la testa dalle squadracce [nel senso tecnico di picchiatori di fazione] di Ahmadinejad non erano i soliti giovinastri universitari perditempo e corrotti dall\’occidente ma rispettabili membri del SIC?
    Ci sono anche delle femmine nel clero imprenditoriale scita? Ritvan, era dunque una vescovessa o una suora quella che ebbe l\’impudenza di crepare in TV?

    Miguel, posso accusarti di avere omesso dei fatti rilevanti nella tua ricostruzione dei fatti iraniani?

    Ciao

    Francesco

  16. Francesco scrive:

    PS scusate, ho dimenticato il codice di sicurezza ma mi hanno fatto passare lo stesso (!)

    Francesco

  17. PinoMamet scrive:

    “Chiedo scusa, quindi quelli che si sono fatti rompere la testa dalle squadracce [nel senso tecnico di picchiatori di fazione] di Ahmadinejad non erano i soliti giovinastri universitari perditempo e corrotti dall’occidente ma rispettabili membri del SIC?”

    Mi sa che confondi i “rivoluzionari colorati” (non ricordo che colore abbiano scelto per l’Iran, verde? Per l’Italia era il viola, mi sa. Io non lo posso portare per seri motivi di superstizione) con l’establishment religioso-politico iraniano;

    un po’ come se qualcuno confondesse i grillini con la vecchia Democrazia Cristiana, tanto per dire.

    Ciao!! 🙂

  18. Miguel Martinez scrive:

    Credo che le sommosse in Iran abbiano avuto molte cause diverse ma convergenti. Certamente, il rivale di Ahmadi-nejad era l’uomo dell’establishment – il “SIC” 🙂 – che però ha avuto anche l’appoggio dei ceti benestanti occidentalizzati di Tehran. E’ interessante la scelta del color verde, nonché di molti slogan di quei moti, che puntavano a ricreare l’atmosfera della rivoluzione islamica del ’79, anche se ovviamente contro bersagli completamente diversi.

    Comunque penso che il SIC continui a governare ancora oggi, sebbene forse con poteri ridotti.

  19. PinoMamet scrive:

    Per tornare un po’ in argomento,

    una cosa che mi ha sempre stupito e disorientato parlando con persone “appenniniche” da una certa soglia di età in su (ma sospetto che valga la stessa cosa per quelle “alpine” e forse di tutte le catene montuose) è appunto la loro maniera di dare indicazioni stradali o di descrivere i posti.

    “Sopra a”, “sotto a” (che non sempre significano ciò che fanno pensare a me), “vicino a casa di” (che magari ha tutt’altro nome e ci abita qualcuno con un nome diverso ancora), e, peggio di tutto, quando devono descrivere un luogo, “al sole” o “all’ombra” (ancora non ho capito di preciso cosa significhi, ma hanno la stessa importanza del concetto di “sopravento” e “sottovento” nella navigazione).

    Ciao!

  20. mirkhond scrive:

    Per Pino Mamet

    Il modo di dare indicazioni dei montanari è per caso legato alla diffidenza verso gli estranei?
    ciao

  21. PinoMamet scrive:

    No, non direi;

    è proprio che per qualcuno dire che la fetta di bosco di proprietà di tuo prozio è sul lato al sole o quello all’ombra- non ricordo in questo momento i termini dialettali- ha un significato chiaro e lampante (che ti spiegano gentilmente, salvo che io non ci capisco niente).
    E che non è solo un’indicazione topografica da mappa catastale, ma ha anche una somma di significati concreti, che quel qualcuno tenta di darmi, ma che vanno persi, lost in translation, quando arrivano a me.

    (Va a finire che ti ritrovi ad arrostire al Sole su quello che, ti rispiegano per l’ennesima volta, è il lato all’ombra.)

    Alcuni anni fa, parlando con uno di quelli che altri chiamano “contadini” (come saprai, odio il termine), ho scoperto per esempio (esulando dalla topografia) che esisteva un bue destro e un bue sinistro.
    Mai saputo prima.

    Ciao!!

  22. mirkhond scrive:

    Per Pino Mamet

    Ho capito. Per comprendere una mentalità e quindi un linguaggio “cifrato” devi esserci nato in certi ambienti, in certi luoghi o almeno esserci vissuto per tanto tempo, per poterne conoscere e decifrarne i “codici”.
    ciao

  23. Pingback: Cosimo Calamini, Le querce non fanno limoni: lo scontro di civiltà nella Toscana profonda (segnalazione) | Kelebekler Blog

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *