Aziza Mustafa Zadeh e l’amor iliscus

Tempo fa, avevamo parlato del termine arabo, ‘ishq – al-‘ishq con l’articolo – entrato nel linguaggio latino medievale, grazie a Gerardo da Cremona, come amor iliscus: l’amore dell’assenza.

Aziza Mustafa Zadeh ce ne offre un bell’esempio. Se non la conoscete, Aziza è un’artista azera, assai nota nel mondo, che – nella scia del padre, Vagif Mustafa Zadeh – compone, suona e canta un’affascinante fusione tra jazz e musica turco-caucasica.

Aziza fa riflettere sulla divergenza tra presenza e apparenza. E’ un tema che avevamo già sfiorato, parlando qui della cantante libanese Julia Boutros e della sua sorprendente capacità di vivere in un contesto mediatico conservando un fondo di dignità e di autenticità.

Aziza opera in una nicchia minore, meno legata all’industria spettacolare; e crea lei stessa ciò che mette in atto.

Un gazzettiere potrebbe usare un arsenale di aggettivi per descrivere la presenza di Aziza: carismatica,  magnetica, ammaliante, inquietante.

Dove manca la presenza, c’è l’apparenza della Jeune-Fille: un’apparenza che si può costruire secondo precise misure – Lara Croft dimostra che non c’è nemmeno bisogno di un corpo fisico per incarnarla.

Basta guardare attentamente il profilo di Aziza, per capire che secondo i canoni della vita virtuale, verrebbe cacciata da qualunque preselezione di Miss Italia, mentre Araba Dell’Utrioltre alle tette da meravigliosa pin up ha le natiche modello Bahia“, ci informano i tecnici di queste cose.

Ma per Aziza, un innamorato darebbe la vita; per Araba Dell’Utri, darebbe un party.

Aziza ha cantato Laçin, una canzone tradizionale azera, che ci interessa qui perché offre un esempio notevole di amor iliscus. Se volete però avere un’idea della potenza creativa di Aziza, consiglio di ascoltare un altro suo lungo brano vocale. [1]

Il fiume Aras separa l’amante dall’amata, Laçin.

Ma il fiume Aras separa anche l’attuale stato dell’Azerbaigian da ciò che gli azeri chiamano l’Azerbaigian meridionale, oggi parte dell’Iran, per cui è facile cogliere il doppio significato, psicologico e politico, della canzone.

Che diventa triplice nel 1992, quando gli armeni conquistano una cittadina azera che si chiama proprio Laçin. Un groviglio non da poco, visto che gli stessi americani che si oppongono ai turcofoni in Iraq, manipolano i turcofoni in Iran. E si scivola così dall’amor iliscus al Grande Gioco: la forza di ogni cosa, anche della distruzione, è l’amore.

La traduzione la rubo (con qualche piccola modifica) da quella in inglese di un commentatore al video.

L’Araz scorre insabbiato
con mazzi e mazzi di fiori
amo la mia diletta
le parlo con lingua dolcissima
ay Laçin, anima mia Laçin,
che io sia un sacrificio per te, Laçin

I loro giardini di fiori gialli
a metà gemme, a metà fiori
presto sei fiorita, presto sfiorita,
eri di quei fori.

ay Laçin, anima mia Laçin,
che io sia un sacrificio per te, Laçin

Araz axar lil ilə,
Dəstə-dəstə gül ilə.
Mən yarımı sevirəm,
Şirin-şirin dil ilə.
Ay Laçın, Can Laçın,
Mən sənə qurban Laçın!
Bağçaları sarı gül,
Yarı qönçə, yarı gül.
Gec açıldın, tez soldun,
Olmayaydın barı gül.
Ay Laçın, Can Laçın,
Mən sənə qurban Laçın!

Nota:

[1] Aziza presenta il brano con un lungo discorso  in inglese, in stile decisamente New Age.  Un discorso discutibile, ma ben diverso da quello dei personaggi mediatici che devono avere anche un lato spirituale alla loro apparenza. Comunque potete saltare direttamente al minuto 1:50 della registrazione, quando Aziza inizia finisce di parlare.

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10 risposte a Aziza Mustafa Zadeh e l’amor iliscus

  1. mirkhond scrive:

    Sembra un mix tra una melodia napoletana e le canzoni iraniane cantate da Monica Jalili.
    Mirkhond

    • Miguel Martinez scrive:

      Alla base, c’è il Muğam caucasico, che ovviamente gli azeri oggi rivendicano come una loro creatura esclusiva.

      La madre dei cretini (e dei nazionalsettari) è sempre incinta, e quindi tra i commenti a un bell’esempio di Muğam su Youtube, qualcuno ricorre all’anglobale per dire:

      This is a Kurdish beat
      you azeri have stolen it
      fucking turks

      Comunque il brano così commentato vale la pena di essere ascoltato.

      • mirkhond scrive:

        Per Miguel Martinez

        Non mi meraviglio, sul tubo si litiga ferocemente su una ragazza che sculetta, perchè nel video la ragazza è presentata come una pashtun che vive a Dubai, mentre i soliti nazionalsettari dicono che è una marocchina d’Olanda….
        e soprattutto le feroci critiche dei pashtun che dicono che le loro bellezze ARIANE non possono avere il sedere grosso e altre amenità del genere….
        La Muradova nel video si esibisce a Baku o in Turchia?
        Mirkhond

  2. mirkhond scrive:

    Quanto all’Azerbaigian, non credo che l’America favorirebbe il separatismo azeri, così come quello degli Arabi del Khuzistan e dei Baluci, se l’Iran non conducesse una politica antisraeliana….
    Credo che ostacoli i Turcomanni iracheni per lo stesso motivo, da quando la Turchia è governata da Erdogan e Gul….
    Mirkhond

    • Miguel Martinez scrive:

      Infatti, sono alleanze del tutto contingenti. Ogni comunità fa i propri interessi, e non condivido affatto la mentalità di certi antimperialisti che se la prendono con “gli albanesi” per via del Kosovo, o con “i curdi” per via dell’Iraq. La visione del mondo come scacchiera, in stile eurasiatico da una parte, o neocon dall’altra, non è la mia.

      Per questo non ho mai condannato Osama bin Laden per aver “preso i soldi dalla CIA”: vera o falsa che fosse l’accusa, è logico che se il suo obiettivo è liberare un paese islamico da un’invasione straniera, prende aiuti dove può.

      • harmachis scrive:

        Già ma senza l’appoggio di potenze rivali difficilmente le insurrezioni hanno successo.
        Un mondo monopolare tende ad azzerare qualsiasi possibile opposizione.

  3. valerio scrive:

    La mia conoscenza dell’Aziza risale al CD ‘Seventh Truth’, comprato dalla mia compagna una decina di anni fa. Non ho mai sopportato quell’album e neanche l’Aziza, a partire dalla copertina dove sulla fronte c’è la giovane mora, con le labbra imbronciatine, il tronco ignudo e le manine sulle tettine, mentre sul retro si possono notare dei bei capelli ricci che ricoprono una schiena dritta e una metà di culo che sembra promettere assai bene, visto il suo vitino di vespa.
    Insomma, una copertina pienamente occidentale, nella tradizione ‘coca e troie’ di fine millennio di ascendenza MTV.
    E anche la musica dell’Aziza è, a mio parere, un pastrocchio indigeribile tra suoni caucasici con scale arabeggianti e un jazz da chanteuse incontinente, tutto molto rifinito, semplice fino al midollo e insulsamente prolisso nelle parti vocali.
    Ma è soprattutto un prodotto nel vero senso della parola, da vendere presso gli occidentali con soldi da spendere e con la pretesa di essere anche mondialisti.
    Insomma, se voglio ascoltare musica etnica, ne trovo tantissima che non mi irrita come questa signora, che adesso vedo più coperta nelle foto su Internet, visto che ormai si sta avvicinando alla quarantina, ed è bene coprirsi comunque, a qualsiasi latitudine e longitudine. Questa tirata non è contro Miguel, che stimo oltre misura, ma contro un modo di fare musica e di vendere la propria immagine per venderla meglio, ossia l’esatto contrario di quello che Miguel sostiene. Ma è solo una mia opinione. Saluti a tutti.

  4. valerio scrive:

    La mia conoscenza dell\’Aziza risale al CD \’Seventh Truth\’, comprato dalla mia compagna una decina di anni fa. Non ho mai sopportato quell\’album e neanche l\’Aziza, a partire dalla copertina dove sulla fronte c\’è la giovane mora, con le labbra imbronciatine, il tronco ignudo e le manine sulle tettine, mentre sul retro si possono notare dei bei capelli ricci che ricoprono una schiena dritta e una metà di culo che sembra promettere assai bene, visto il suo vitino di vespa.
    Insomma, una copertina pienamente occidentale, nella tradizione \’coca e troie\’ di fine millennio di ascendenza MTV.
    E anche la musica dell\’Aziza è, a mio parere, un pastrocchio indigeribile tra suoni caucasici con scale arabeggianti e un jazz da chanteuse incontinente, tutto molto rifinito, semplice fino al midollo e insulsamente prolisso nelle parti vocali.
    Ma è soprattutto un prodotto nel vero senso della parola, da vendere presso gli occidentali con soldi da spendere e con la pretesa di essere anche mondialisti.
    Insomma, se voglio ascoltare musica etnica, ne trovo tantissima che non mi irrita come questa signora, che adesso vedo più coperta nelle foto su Internet, visto che ormai si sta avvicinando alla quarantina, ed è bene coprirsi comunque, a qualsiasi latitudine e longitudine. Questa tirata non è contro Miguel, che stimo oltre misura, ma contro un modo di fare musica e di vendere la propria immagine per venderla meglio, ossia l\’esatto contrario di quello che Miguel sostiene. Ma è solo una mia opinione. Saluti a tutti.

  5. Riccardo Giuliani scrive:

    Grazie Miguel per la traduzione proposta.
    Sono anni che ascolto le musiche di Aziza e purtroppo non conoscendo la sua lingua mi devo fermare alle pur ricche melodie e alle spettacolari esecuzioni.
    Oggi posso fare un passo avanti.

  6. Pingback: Laçin e la ruota dell’arcolaio | Kelebekler Blog

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