Hunab ku, il prana a Firenze, teschi di cristallo e un paio di massoni avventurosi

Oggi, come segnala Paniscus, è la Quinta Giornata della Prano-Pratica indetta dalla Regione Toscana: non sappiamo se accompagnata da donazioni di Prana effettuate presso le sedi della Croce Rossa e delle ASL, come alcuni anni fa.

Per sincronicità junghiana, mentre il prana scorre per la città e qualche migliaio di fiorentini sta guardando il film 2012[1] , vedo parcheggiata sotto casa un’automobile con il cofano decorato in questa maniera:

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Si tratta del “simbolo del Hunab Ku“, segno di riconoscimento tra credenti nell’apocalisse del 2012; ed è un segno che credo che rivedremo sempre più spesso.

Il simbolo ha una vaga somiglianza con lo yin/yang cinese, ben noto all’immaginario neospiritualista; ma se giriamo un po’, troveremo che ha una serie di altri presunti significati:

HUNAB KU – Glifo Maya che rappresenta un “buco nero” nel centro della nostra galassia”   

Oppure:

Hunabku , è il Grande Sole centrale dei Maya che invia la sua energia dal centro della Galassia. Notiamo che Hunabku è contemporaneamente al centro della Galassia ed al centro di tutto ciò che esiste.

Da Hunabku ci arriva la forza forte di tutte le forze, gemma feconda d’immortalità chiamata “telesma” dagli Egiziani.[2] Un oggetto carico di questa forza Telesma è un Talismano. Gli Hindù chiamano Akasha questa stessa forza, che da accesso alla Cronaca Akashika , vale a dire a tutta la banca di memoria universale.

Hunabku l’ energia del centro della galassia invia attraverso il Sole i suoi influssi allo scopo di fecondare i cicli della Terra. E’ il Dio Unico della Federazione Intergalattica.
Il nostro corpo fisico , dotato di una banca dati genetica, è legato al Sole visibile.
Il nostro corpo di luce, dotato di una banca dati galattica, è legato a Hunabku.”

Da buco nero a Sole, insomma.

In realtà, il termine Hunab K’u significa semplicemente “Dio unico” (“unico-essente dio”), e non compare una sola volta in alcun testo Maya precristiano. Per questo, gli studioso propendono a pensare che il termine sia stato creato dai missionari cattolici.

Il simbolo che oggi accompagna questo termine compare per la prima volta nel Codex Magliabechiano. Il Codex Magliabechiano, come l’automobile dell’anonimo seguace della New Age, si trova attualmente a Firenze. E’ un testo del Cinquecento che proviene non dalle regioni Maya, ma dal Messico centrale; il simbolo compare nella descrizione di una specie di festival precolombiano del piercing.

Il Codex fu pubblicato, con illustrazioni, nel 1903 da Zelia Maria Magdalena Nuttal, autentica antropologa statunitense nella gloriosa tradizione delle viaggiatrici anglosassoni.[3]

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La statunitense Zelia Nuttall, abbigliata da messicana che si veste in stile parigino

Nel 1920, l’astutissimo generale Álvaro Obregón nominò l’idealista José Vasconcelos ministro della Pubblica Istruzione, con poteri quasi illimitati. Per tre brevi anni – prima che prevalesse il lato oscuro del regime – vi fu una straordinaria rinascita artistica in Messico, che comprendeva anche una rivalutazione romantica del mondo precolombiano. I vecchi codici – come quello pubblicato dalla Nuttal – vennero setacciati allora alla ricerca di immagini e di pattern.

Immagino che sia stato allora che il simbolo in questione entrò nell’arte popolare, che poi è finita per coincidere in buona parte con l’arte per turisti.

Un’immagine del simbolo compare, infatti, in forma rettangolare già nel 1922 nel libro di Herbert J. Spinden, Ancient Civilizations of Mexico and Central America (p.220), con la dicitura,”Coperta messicana di tessuto con un disegno che raffigura l’acqua del ragno”.

Decenni dopo, un turista statunitense comprò qualche oggetto di artigianato con questa figura, in un negozio di Oaxaca: un acquisto fatale, visto che il turista in questione era proprio José Argüelles. Argüelles, da buon artista, rielaborò il simbolo, dandogli un aspetto più, come dire, galattico, e decise arbitrariamente di associarlo al termine Hunab k’u.

José Argüelles era già fortemente influenzato dalla lettura dei libri di un ambizioso antropologo autodidatta messicano, Domingo Martínez Paredez, che nel 1964 aveva pubblicato il libro Hunab Kú: Síntesis del pensamiento filosófico maya. Martínez  credeva che Maya, Antichi Egizi e altri popoli appartenessero tutti alla Massoneria, proprio come lui.

Martínez è diventato il “maestro”, come lo definisce lo stesso Argüelles, di un signore che si presenta come Hunbatz Men, la dimostrazione vivente che la Profezia dei Maya è arrivata persino tra i Maya. Hunbatz Men (o Mena) è un socio della ditta Yantours, diretta da suo cugino César Mena Tolo, che organizza i Viaggi della Trinità Cosmica per turisti New Age nello Yucatán, dove promette che i viaggiatori, definiti “iniziati” nel programma, potranno comunicare direttamente con i teschi di cristallo.

La Yantours assicura agli “iniziati” comodi viaggi su pullman con l’aria condizionata.

Hunbatz Men è in effetti un anziano Maya, nel senso che è di origine Maya e non è più giovanissimo.

Però, come ci informa Robert K. Sitler, nel saggio collettivo The Mystery of 2012: Predictions, Prophecies, and Possibilities, Hunbatz Men ha scoperto la spiritualità a Città del Messico nel movimento “gnostico” del colombiano Víctor Manuel Gómez Rodríguez, detto “Samael Aun Weor“, che aveva inventato una propria forma di magia sessuale mescolando il pensiero della russa  Helena Petrovna Blavatsky con gli insegnamenti del tedesco Arnold Krumm-Heller, massone e rosicruciano.

Nel suo libro Secrets of Mayan Science/Religion, Hunbatz Men cita con entusiasmo il curioso libro di “Samael Aun Weor”, Magia Crística Azteca – un titolo significativo. Nello stesso libro, Hunbatz Men segnala il proprio debito verso un certo Adolfo Migoni, discepolo di Samael Aun Weor e direttore dell’Associazione Gnostica di Studi Antropologici e Culturali, di Città del Messico: non so perché, ma sembra che si ritorni sempre in Italia o tra italiani.

Dopo anni passati a Città del Messico, Hunbatz Men è vissuto a New York, dove ha lavorato come artista.

Hunbatz Men è un imprenditore dalle molte abilità: dirige ad esempio la International Maya Mysteries Schools, promuove una forma di “yoga Maya” (chiamata Yok’ha, che suona più mesoamericano) e si autodefinisce “portatore del Teschio Dropa Tibetano“.

Il riferimento è interessante, perché i “teschi Dropa” provengono dal libro Gli ultimi carri degli dèi di Erich von Däniken: sarebbero dei teschi di cristallo comparsi (e scomparsi) misteriosamente in Mongolia, simili ai teschi di cristallo – di probabile origine ottocentesca europea – trovati in Messico.[4]

L’idea che i Maya appartenessero a una “razza galattica” sembra che sia stata suggerita ad Arguelles proprio da Hunbatz Men, che indubbiamente è un Maya. Peccato che Hunbatz Men pare che abbia avuta l’idea dall’albergatore svizzero Von Däniken, a sua volta ispirato – tra l’altro – dal nostro Peter Kolosimo.

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Hunbatz Men con un teschio amico di nome Moon Light.
Martínez Paredez, invece, sembra che sia stato folgorato a suo tempo dalla lettura degli scritti di un altro avventuriero europeo, Augustus Le Plongeon.

Le Plongeon, nato sull’isola di Jersey ma vissuto in Francia, era un fotografo e archeologo dilettante, innamorato dallo Yucatán e ossessionato dalla questione delle origini della Massoneria, cui lui stesso apparteneva. Nel 1886, pubblicò I sacri misteri tra i Maya e Quiche: il loro rapporto con i sacri misteri dell’Egitto, della Grecia, della Caldea e dell’India.

Le Plongeon ebbe l’ardita idea di leggere i glifi Maya come se fossero geroglifici egizi, e in questo improbabile modo scoprì che i Maya avevano dato origine a tutte le civiltà del mondo, fondando prima Atlantide, poi l’Antico Egitto e così, alla fine, anche la Massoneria.

L’esotico piace evidentemente soprattutto nella misura in cui ci rispecchia.

Note:

[1] A dire la verità, a parte gli effetti speciali, un motivo valido per guardarlo c’è: il ruolo, forse il primo dal dopoguerra, di compartecipazione dell’Italia sulla scena.

Mi spiego meglio, quando il presidente Usa (sempre loro decidono le sorti del mondo) comunica a tutti i capi di governo l’imminente tragedia, l’Italia c’è e c’è un premier che, invece di essere il primo a rintanarsi, decide di affrontare l’estremo sacrificio, restando a pregare con il cero in mano in piazza San Pietro. E lì, giuro, è scoppiato un boato in sala.

Tutti a ridere, gente che ha sbottato: “Sì, Berlusconi sarebbe il primo a salire sull’arca” e “Macché in Vaticano, Silvio era a Palazzo Grazioli con quattro escort” e via dicendo.

Ragazzi, vi garantisco che è stato un momento di inquietante spirito patrio e di imbarazzante orgoglio italico.”

[2] In realtà, il termine telesma è greco-bizantino.

[3] Zelia Nuttall, The Book of the Life of the Ancient Mexicans, Containing an Account of Their Rites and Superstitions, an Anonymous Hispano-Mexican Manuscript Preserved at the Biblioteca Nazionale Centrale, Florence, Italy,  1903 , ripubblicato nel 1983 dalla University of California, Berkeley.

[4] Il bello del 2012 è che mette insieme tutto l’accumulo di un secolo e mezzo di neospiritualismo, per cui ci sarebbero infinite divagazioni da fare. Riguardo ai teschi di cristallo, il fatto più importante è che hanno ricevuto l’anno scorso la loro consacrazione da Steven Spielberg, il signore dell’immaginario planetario, nel film Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. Se volete farvi invitare a qualche programma tipo Voyager, nel ruolo di Scopritore del Teschio di Cristallo dei Druidi che avete trovato nel giardino del vostro villino a schiera nella Brianza, potete trovare tutto quello che vi serve qui.

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