I baffi fondanti di Adolf Hitler e il falso scoop di Marco Ansaldo

Marco Ansaldo, giornalista di Repubblica, copia un articolo uscito tre anni fa in inglese su Jewish Action e lo spaccia – virgolettato compreso – per un proprio scoop, senza citare la fonte. E senza nemmeno controllare su Google: infatti, un anno fa è uscito il nome della persona citata come anonima nell’articolo di Jewish Action, ma per Marco Ansaldo è ancora un "anonimo".

Inoltre, Marco Ansaldo non sa nemmeno che la notizia stessa potrebbe essere falsa.



Il dottor Michael Mach dirige il dipartimento di filosofia ebraica dell’Università di Tel Aviv. [1]

Michael Mach si occupa di un campo di studi affascinante, anche se dubito di grande importanza in un’università che sembra piuttosto orientata verso la formazione di professionisti di successo. Le sue ricerche vertono, infatti sullo sviluppo della mistica ebraica e della credenza negli angeli nel passaggio dal giudaismo del Secondo Tempio a quello rabbinico.[2]

Un anno fa, Michael Mach è andato dal quotidiano britannico The Guardian e si è più o meno dichiarato Hitler.[3]

Vabbene, ridimensioniamo la cosa. Ha detto di essere il nipote di una signora che in seconde nozze avrebbe sposato un certo Hans Hitler, che a sua volta sarebbe stato il figlio di Alois, il fratello dimenticato del noto uomo politico austriaco Adolf Hitler.

Quasi un anno dopo, si presume girando per Google, il quotidiano Repubblica scopre  la notizia e la lancia come se fosse un proprio scoop: "l’inviato Marco Ansaldo" rivela che in Israele vivrebbe il "nipote di Hitler":

"Ha un nome e un cognome, un numero di telefono e una mail, ma non è disposto a rivelarli pubblicamente: dimostrerebbero in modo inequivocabile non solo l’origine teutonica, ma la trama della sua vita. Da tempo si è convertito. Oggi, addirittura, insegna il Talmud, il libro sacro dell’ebraismo, in una Università israeliana."

Lasciamo perdere il fantastico concetto secondo cui insegnerebbe "il Talmud, il libro sacro dell’ebraismo" e passiamo al nome, cognome, numero di telefono e mail. Fu Michael Mach a dire a The Guardian il proprio nome e cognome. Il suo numero di telefono all’università di Tel Aviv è 00972-3-6407589 e l’indirizzo e-mail è mfmach@post.tau.ac.il.

La storia è quantomeno dubbia, anche se Marco Ansaldo la presenta come un fatto.

In realtà, Michael Mach non afferma mai di essere parente di Adolf Hitler, né tantomeno di esserne il nipote.

Michael Mach afferma che la propria nonna si sarebbe chiamata Erna Patra. Solo in seguito alla nascita del padre di Michael, lei avrebbe acquisito il cognome Hitler dal secondo marito Hans Hitler, figlio illegittimo di Alois Hitler.

Il problema (per noi, non per Marco Ansaldo) è che i tre principali centri ebraici di ricerca sulla storia di quel periodo [4] dicono che non esiste alcuna traccia né di Erna Patra né di Hans Hitler; e credo che sarete d’accordo se dico che la famiglia di Hitler è stata oggetto di più ricerche, serie o demenziali, di  quella di qualunque altro personaggio della storia.

Quindi sorge il dubbio che si tratti di una bufala, anche perché lo stesso Michael Mach ammette di non avere alcun documento per dimostrare le proprie affermazioni.

In ogni caso, la parentela vera o presunta con Adolf Hitler suscita più o meno le stesse emozioni di una parentela – alla Dan Brown – con Gesù Cristo.

Adolf Hitler, infatti, sta ai nostri tempi come Gesù stava alla cristianità o Muhammad all’umma islamica: modello, pietra di paragone di ogni discorso, fondamento di ogni cavillo, oggetto di incessante imitazione, arma ultima e mortale da scagliare contro il proprio avversario, contornato da un’aureola di interessate leggende con le più varie e contraddittorie finalità moralistiche.

Il fatto curioso è che Gesù e Muhammad sono modelli positivi, Adolf Hitler è un modello negativo. Per dire, i pii musulmani si tagliano i baffi alla maniera in cui, secondo la tradizione, li avrebbe portati il Profeta; mentre oggi tutti, dall’Alaska all’Australia, eviterebbero di tagliarsi i baffi alla maniera del Fuhrer.

L’effetto, comunque, è identico: la forma dei baffi viene determinata dalla mitologia storica.

Adolf Hitler è quindi l’indiscusso Fondatore e Padre Spirituale di tutto l’Occidente, con notevoli ricadute anche sul resto del mondo.

Ma l’Occidente, proprio per la natura plurale e competitiva del capitalismo, non può avere un fondatore positivo in cui tutti si riconoscono.

Può solo avere un capro espiatorio, di cui Adolf Hitler rappresenta l’esempio perfetto: è l’oggetto magico attorno a cui una società profondamente divisa scaglia il proprio rifiuto, unendo destra e sinistra, cristiani e non cristiani, ricchi e poveri.

E’ l’esempio assoluto del non umano, che come il caprone Azazel  appartiene a un altro regno: non è un caso che il diavolo, nell’iconografia cristiana, abbia anche lui un aspetto cornuto.

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Azazel

L’esistenza di Hitler non rientra nella vaga categoria delle "opinioni religiose", ma dei "fatti". Che in una società che finge di essere laica, finiscono per diventare l’equivalente della "Verità" religiosa e dei dogmi. I dodici anni del suo governo sono la storia, e proprio per questo fuoriescono dal campo della storiografia, per somigliare agli anni in cui visse Gesù.

Attorno alla biografia di Adolf Hitler fiorisce un vasto numero di racconti. Sono stati smantellati con grande intelligenza da Ron Rosenbaum nel suo libro, Il mistero Hitler (Mondadori), ma si ripresentano incessantemente, a dimostrazione della vanità delle critiche realmente laiche.

Adolf Hitler è l’unica figura sovrannaturale condivisa dei nostri tempi – la sua natura di Uomo Sacro, colpito da tabù, viene ribadita anche nella legislazione europea contro il cosiddetto revisionismo o negazionismo.

In presenza di una figura sovrannaturale, c’è sempre qualcuno che tende a fare il salto, a entrare in contatto.

Come Conchiglia che ha incontrato Gesù Cristo per la prima volta a spasso per Marotta di Fano (Pesaro-Urbino) il 14 gennaio 1986; oppure Ra Gohar Shahi, che ha incontrato lo stesso Gesù Cristo, invece, nel New Mexico.

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Gohar Shahi ammira la propria immagine come appare, a suo dire, sulla Luna

Mettersi in contatto con Adolf Hitler è più difficile.

A volte il conttto assume forme psicotiche: se il caso di Michael Mach è una bufala, possiamo ipotizzare qualcosa di analogo alle forme di possessione demoniaca involontaria che hanno ossessionato tanti.

Il neonazismo invece è l’autoidentificazione volontaria con ciò che l’intera società maledice.

Il nazismo reale costituiva un’identificazione positiva (in senso psicologico) in valori condivisi almeno da gran parte della società tedesca. Paradossalmente, quindi più i cosiddetti neonazisti cercano di essere nazisti, meno possono esserlo realmente.

Il loro ruolo nello spettacolo sociale è quindi assai simile a quello delle streghe nel Medioevo – la loro esistenza, vera o immaginaria, diventava la prova dell’esistenza del demonio, e quindi dell’urgente necessità che la società si unisse perché non esistessero.

Non è casuale, quindi, l’associazione che talvolta esiste tra neonazismo e satanismo. Ricordo un mio compagno di scuola, lontanissimo da ogni impegno politico, che quando non era ricoverato in clinica psichiatrica prendeva nove in tutte le materie. Rimase traumatizzato scoprendo il revisionismo storico, che avrebbe – a suo dire – smentito uno dei principali motivi del suo amore per Adolf Hitler: i sacrifici umani di massa compiuti da questa figura diabolicamente divina.

Note:

[1] Chi ha letto il libro di Shlomo Sand, Comment le peuple juif fut inventé, coglierà anche qui un riferimento alla divisione tra studi "ebraici" e "non ebraici" che caratterizza il mondo accademico israeliano.

Aggiungiamo che l’università di Tel Aviv  è nota per il fatto che un suo istituto, privatamente finanziato, giustifica la propria esistenza pubblicando ogni anno un divertentissimo rapporto annuale sull’"antisemitismo nel mondo".

[2] Su Google Libri, è disponibile in lettura parziale un suo ponderoso studio intitolato Entwicklungsstadien des jüdischen Engelglaubens in vorrabbinischer Zeit.

[3] Anzi, ne aveva parlato già nel 2006 alla rivista statunitense Jewish Action, sotto lo pseudonimo di "Daniel Brown" (evidentemente Dan Brown insegna…), dove però si fa riferimento ad altre interviste già uscite nei media israeliani. Adesso confrontate l’articolo di Marco Ansaldo con quello su Jewish Action e vedrete che Marco Ansaldo ha copiato interi brani, spacciandoli per un proprio scoop.

[4] La Wiener Library di Londra, il Museo dell’Olocausto di Washington e lo Yad Vashem di Gerusalemme.

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13 risposte a I baffi fondanti di Adolf Hitler e il falso scoop di Marco Ansaldo

  1. kelebek scrive:

    L’ultima: il finto scoop di Repubblica torna nel mondo anglosassone:

    http://aworld-news.blogspot.com/2009/04/italian-journalists-have-found-hitler.html

    Notate il titolo, con traduzione errata del già errato “nipote”:

    “Italian journalists have found Hitler’s grandson in Israel.”

    Miguel Martinez

  2. falecius scrive:

    Riguardo la tua nota 1, mi sembra del tutto normale in uno Stato-Nazione qual’è Israele (o l’Estonia, per dire). Sebbene in qualche modo meno esplicito, esiste anche da noi una divisione tra una disciplina che nelle nostre scuole ha il nome bizzarro di “italiano” e un confuso tutto il resto. E credo che tu sappia bene quanto me che tutti i fenomeni culturali esterni all’Occidente in senso stretto (grosso modo i membri della UE a 15 più USA e Canada) sono classificati a parte nell’organizzazione accademica, dove comunque anche le cose “occidentali” spesso vanno a finire sotto una facoltà di “lingue” e quelle “italiane” e “classiche” sotto “lettere” (come se il greco antico non fosse una “lingua” ma una “lettera” 🙂 )

  3. aureolo scrive:

    Considerare Hitler come il male assoluto equivale a dargli una sorta di alibi, a lavarsi la coscienza per quello che è successo.

    A questo proposito segnalo due film che lo riportano alla dimensione umana e che sono interessanti proprio per questo. Uno è un film per la tv tedesca (“La caduta”), uscito in Italia anche al cinema, con un ottimo Bruno Ganz, che racconta gli ultimi giorni di Hitler nel bunker di Berlino e lo dipinge come un nevrotico e un omuncolo pieno di piccole manie alla fine dei suoi giorni. La cosa interessante del film – che in sé non è un gran che – è appunto il riuscito tentativo di dipingere Hitler non come il frutto di una congiuntura maligna sovrannaturale, ma come un normalissimo – per quanto malato e ‘cattivo’ – uomo. Il che secondo me è stata un’operazione – consapevole o meno non lo so – piuttosto azzeccata per far riflettere sul nazismo in modo più libero e meno ideologico di quanto avvenga.

    Il secondo è un film comico che devo ancora guardare, e che da quanto ho letto anch’esso non sembra gran che, incentrato sempre su Hitler.

    Insomma, la rimozione del tabù di cui parla Miguel forse è già cominciata, almeno a livello pop; a livello di élite ed accademico non lo so, forse Falecio potrebbe aiutarmi a capirlo :).

    E questo, in ogni caso, mi sembra un passo avanti; non ovviamente verso la riabilitazione di Hitler, ma verso un’indagine storica politica e sociale più serena che porti la coscienza dell’ ‘Occidente’ un po’ oltre i concetti di Hitler-demonio e nazismo-male assoluto e li riconduca alla loro sfera umana, e proprio per questo terribile.

  4. utente anonimo scrive:

    Si può ancora citare Voltaire senza essere accusati di antisemitismo? Almeno su questo blog, direi di sì:

    “Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle”.

    Un saluto da Marcello Teofilatto

  5. falecius scrive:

    Chi, io? Non sono aggiornato sulle tendenze accademiche sul nazismo attuali, mi occupo prevalentemente d’altro.

  6. PinoMamet scrive:

    Falecius

    devo dire che sono d’accordo a metà, con il tuo commento 2.

    Trovo abbastanza assurda, e neanche tanto sottilmente razzista, la divisione tra cose “occidentali” (“nostre”) e “altre” che si riscontra in tutta l’organizzazione degli studi italiani (ma penso anche di molti altri paesi).

    “Ah sì, esiste anche una filosofia indiana e addirittura una cinese… se proprio volete studiarla, non mescolatevi con chi studia la filosofia ‘vera’…”

    e riguardo al greco, sconta il fatto di essere considerato fonte della cultura italiana, quindi, più che lingua e cultura a sé, “lettera”: da cui, almeno a livello scolastico, il pressoché completo disinteresse per gli sviluppi della lingua e della letteratura greca dalla fine dell’Impero Romano in poi, e anche (ma questo vale anche per il latino) l’approccio aridamente grammaticale rivolto allo studio della lingua, affrontata solo ed esclusivamente in una forma fossile facilmente etichettabile in uno schema regole-eccezioni.

    Almeno però in Italia, se si studia, come ovunque, la letteratura nazionale, non esistono, che io sappia, dipartimenti di “Filosofia Italiana” e in realtà all’italianità in sé, a chi siano gli italiani, o al problema di definire una cultura italiana in quanto distinta dalle altre, non si dedica spazio particolare, e forse, in realtà, quasi alcuno spazio.

    Non mi pare che esista un corrispettivo esatto, cioè, di “Jewish Studies”: casomai può esserci qualcosa di simile riferito alle culture “altre” (che ne so, “Studi Islamici”) ma in generale non mi pare che si senta tanto il bisogno di definire “chi siamo noi”, forse, ipotizzo, perché più o meno già lo sappiamo

    (o pensiamo di saperlo, che è uguale).

    Ciao! 🙂

  7. falecius scrive:

    Pino, beh, però l’italianità non è un sistema di pensiero.

    L’ebraicità in parte lo è, almeno in quanto pensiero religioso ebraico.

    In questo senso una “filosofia ebraica” è un sintagma sensato per ricomprendere, mettiamo, Maimonide, Spinoza e Abenezra. Anche se sarebbe difficile farci rientrare Freud e Marx, che pure erano “genealogicamente” ebrei.

    Questo non è particolarmente strano. Léopold Sédar Senghor ed Aimé Cesaire fanno parte della letteratura “francese” e al-Farabi, che era turco, è classificato nella filosofia “araba”.

    In questo senso, l’essere Israele non uno Stato nazionale qualsiasi ma lo Stato nazionale degli ebrei è rilevante.

    (P.S. il concetto di “studi islamici” esiste anche nei paesi musulmani, anche se naturalmente con uno status diverso. Ignoro come sia l’organizzazione accademica corrispondente nei paesi asiatici di tradizione culturale cinese o indiana).

  8. edmundcampion scrive:

    I miei più sinceri complimenti! Condivido in tutto e per tutto l’idea che Hitler sia l’unico “homo sacer” del mondo contemporaneo, tant’è che talvolta l’ho espressa anche a lezione. L’analisi è impeccabile anche nella lettura “mimetica” che mi pare dia del capitalismo di oggi: un sistema “para-religioso” pagano arcaico, fondato sul sacrificio di una vittima espiatoria che viene divinizzata. Mi viene in mente il film di uno dei più grandi registi cinematografici viventi:

    http://www.spietati.it/archivio/recensioni/m/moloch.htm

  9. utente anonimo scrive:

    “Il nazismo reale costituiva un’identificazione positiva (in senso psicologico) in valori condivisi almeno da gran parte della società tedesca. Paradossalmente, quindi più i cosiddetti neonazisti cercano di essere nazisti, meno possono esserlo realmente.”

    E’ per queste perle cristalline di lucidità che passo ogni tanto a leggere questo blog. Complimenti Miguel.

    Carlo

  10. valeriomele scrive:

    Resistere al Fascismo, resistere alla Democrazia…

    [..] C’è una piaga che accomuna Fascismo e Democrazia… ed è il Totalitarismo, che ai giorni nostri si sostanzia in un potere mediatico e poliziesco centralizzato. Tutti connessi, con grande diletto, al Grande Padrone. Superare i vetusti sch [..]

  11. utente anonimo scrive:

    >> Adolf Hitler è quindi l’indiscusso Fondatore e Padre Spirituale di tutto l’Occidente, con notevoli ricadute anche sul resto del mondo.

    non per essere critico ma quel QUINDI da dove nasce? ogni tanto mi pari confondere l’occidente con Fiamma Nirenstein, in questo essendo del tutto omologo a quella.

    ma non certo all’occidente intero.

    ciao

    Francesco

  12. Pingback: Resistere al Fascismo, resistere alla Democrazia… « Valerio Mele

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