Dobbiamo perquisirvi. Svestitevi, sbrigatevi, andiamo, avanti!

Riprendo per intero un post dell’ottimo Riccardo Venturi, che parla della questione delle foibe e dell’Istria. Sembra una cosa che interessa a pochi. Ma Riccardo Venturi presenta un approccio alla questione assolutamente originale, che ci dice un’infinità di cose su temi cari a questo blog. Imperialismo, Prima guerra mondiale e le sue conseguenze, la memoria culturale e la linguistica politica.

Il pezzo è uno splendido esempio di come si possa scrivere senza ricorrere a luoghi comuni, frasi fatte, cerchiobottismi, antifascismo di maniera o buonismo e andare invece al cuore del problema.

E ditemi se questo post non ci racconta molto anche sulla strage in corso a Gaza.


I ragazzotti nella fotografia [che portano uno striscione con le parole “Onore ai martiri delle foibe … io non scordo… ], che sembra facciano parte di “Azione Giovani” di Piacenza, dicono di non “scordare”; ci sarebbe da chiedersi che cosa vogliano ricordare, dato che si tratta in generale di diciotto-ventenni tutti bellini che, probabilmente, non si ricordano nemmeno se hanno spento o meno la playstation e che proprio non vediamo a fare né i martiri” né gli “esuli”, nemmeno da un’aiuola di un giardinetto pubblico. Vorremmo con questa cosa aiutarli a ricordare anche qualche altra cosuccia, che magari ignorano.Ho in casa un discreto numero di libriccini, diciamo, piuttosto singolari. Tra di essi una rara “Grammatica teorico-pratica della lingua Slovena” ad opera del Dott. Prof. Bruno Guyon, edita da Hoepli nel 1916. Si tratta, invero, di un’opera di dimensioni ridotte, ma assai ben fatta e completa; peccato che non sia stata ristampata neppure nei “Reprint degli antichi Manuali Hoepli”, che la casa editrice Cisalpino-La Goliardica ebbe a pubblicare negli anni ’70 e ’80. C

ome tutte le opere di tal genere, la “Grammatica teorico-pratica della lingua Slovena” del dott. Guyon contiene una sezione dedicata agli immancabili “Dialoghi comuni” ad uso de’ turisti (anzi, come si diceva allora: de’ viaggiatori); vi sono i soliti treni, i consueti alberghi, le scenette di “vita quotidiana” e tutto il resto. Quel che però contraddistingue i “dialoghi comuni” di questo libriccino è il frangente storico in cui esso fu pubblicato: si era in piena Grande Guerra, e già nella prefazione l’autore avverte senza remore che “lo studio della lingua Slovena si dimostrerà particolarmente utile, poi che i popoli sloveni sottomessi entreranno presto a far parte della storica grande Madre Patria latina” (Prefazione, pag. 8).

Et voilà; in effetti, Caporetto si chiamava (e si chiama tuttora), in realtà, Kobarid, località slovena in cui la Grande Madre Patria latina ebbe qualche problemuccio.

Ma quel che più ci interessa è vedere, anzi toccare con mano, quali fossero i “dialoghi comuni” proposti dal dott. prof. Bruno Guyon nella sua utilissima grammatica, e che ci dicono molte, molte cose su quel che sarebbe poi accaduto e sui rapporti puramente linguistici tra italiani e sloveni. Siate preparati, specialmente se avete in mente analoghi dialoghi di opere contemporanee, tipo: “Mamma, ma che cazzo fanno quei signori e quelle signorine con gli scatoloni fuori dalla Lehman Brothers?” (Mom, tell me, what the heck are those gentlemen and young ladies doing with their boxes outside Lehman Brothers?”). La trascrizione dei dialoghi comuni parte da pagina 228 dell’opera originale; viene dato sia il testo italiano che la traduzione slovena.

“Quando gli esami saranno finiti, il locale delle scuole sarà libero per alloggiare le truppe”.
Kadar izpiti bojo zvršeni, šolski hram bo svoboden za nastanitev vojnikov.

“Non ti sembra una persona sospetta? Quello sloveno là mi sembra una spia, un ladro, un omicida. Non è un contrabbandiere.”
Ne zdi se ti ona oseba sumljiva? Tista Slovenec tam zdi se mi da je vohun, da je tat, da krade; da je ubivalec. Nije kontrabantar.

“Non è possibile che costui abbia ucciso quella sentinella?”
Nije mogoče da je ubil ta onega stražarja?

“Noi lo dobbiamo fermare, interrogare, arrestare, ammanettare perché non fugga, condurlo in prigione. Hanno condannato l’accusato in contumacia alla fucilazione.”
Mi ga moramo ustaviti, izprašati, zapreti, vkleniti da ne uide, ga gnati v zapor. Obsodili so zatoženca iz kontumacije da ga vstrele.

“Dicono che il governo austriaco e certi preti, austriacanti fanatici, sono i protettori e aiutano questi vagabondi.”
Pravijo da austrijanska vlada i neki duhovniki, fanatični austrijanci, so pokrovitelji i podpirajo te potepuhe.

“Siete accusato di aver rubato un portafoglio, un orologio. Siete accusato di omicidio; che avete ucciso, che avete trafitto con un coltello, con un pugnale; che avete sparato stando in agguato col revolver, come gli assassini che assaltano il viandante stando in agguato.”
Obdolžen ste da ste ukral listnico, uro. Obdolžen ste umora; da ste ubil, da ste z nozem, s bodalom prebodel; da ste s mokresom streljal iz zasede, kakor razbojniki koji potnika napadejo iz zasede.

“I vostri compagni sono bestie vigliacche sanguinarie degni di essere impiccati. Non sono degni di stare sulla terra.”
Vaši tovariši so plaha zver krvoželjena i so vredni da bili obeseni. Niso vredni da ih zemlja nosi.

“Nella campagna, gli sloveni austriacanti hanno devastato tutti i prodotti e hanno rubato il bestiame. Hanno incendiato i casali, le capanne, i fienili e le vacche; e i buoi che erano attaccati alla greppia, così sono periti miseramente.”
Na polju so so austrijanci Slovenci pogonobili vse proizvode, i so pokrali zivino. So nažgali raztresene hiša, kolibe, bajte, senike; i krave i volovi koji so bili pripeti za jasla tako so poginili revno.

“Dobbiamo perquisirvi. Svestitevi, sbrigatevi, andiamo, avanti!”
Moramo vas preiskovati. Slecite se, požurite se, pojdimo, naprej!

“Voi siete accusato di avere disertato.”
Obdolžen ste da ste pobegnili.

“Il comunicato della sera dice che aeronauti italiani hanno attaccato la città di Lubiana, e che vi hanno gettato 50 bombe.”
Večernje oznanovanje pravi da taljanski vazduhoplavci so napadali mesto Ljubljano, i da so tam vrhli 50 bomb.

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8 risposte a Dobbiamo perquisirvi. Svestitevi, sbrigatevi, andiamo, avanti!

  1. utente anonimo scrive:

    Non puoi dimostrare nulla con un testo contro gli austiacanti del 1916. Infatti l’articolo originale riporta la traduzione di in sloveno di frasi che sono odiose in qualsiasi lingua.

    Le foibe sono un fenomeno davvero esistito e tutta Trieste se ne ricorda (non centrano i 20enni).

    Con lo stesso principio gli assassini israeliani potrebbero tra 40 anni dire ai ragazzini palestinesi che non possono “ricordare” perche’ sono giovani e giocano alla play station (versione 50).

    Le memorie si tramandano e l’odio si percepisce ancora, io ho vissuto su quel confine imposto e rivedo ancora nelle faccie dei vecchi, ora piegati dall’eta’, i rapporti di rancore reciproco.

    Nessuno si ama su quel confine… possiamo parlarne all’infinito ma le ferite sono ancora aperte, grazie anche agli sbagli italiani di concedere troppo. Forse era meglio fermarsi a Londra.

    Oramai indietro non si torna ma negare le foibe e le responsabilita’ dei titini e dei triestini giuliani che collaborarono per infoibare tanti italiani (e pure fascisti diciamolo) non e’ certo la strada giusta.

    Poi se vuoi fare un accostamento tra israeliani e fascisti allora ti diro’ che (accidenti ai luoghi comuni) i fascisti italiani costuivano ospedali e strade mentre gli israeliani fanno muri.

    Mi spiace ma c’e’ differenza (anche se ovviamente gli italiani di allora erano certo una nazione coloniale e sfruttavano i popoli oppressi.

    Anche gli inglesi lo facevano ma a differenza di israele loro volevano sfruttare le risorse (persino gli schiavi erano merce) mentre qua si parla di eliminazione di un popolo.

    … e per finire… in foiba gli infoibati ci andano in 2 talvota, uno morto e l’altro vivo, incatenati per evitare di risalire.

  2. utente anonimo scrive:

    Mi rammenta un analogo, impagabile Manuale pratico della lingua Tigre del 1936, scovato nella biblioteca generale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Rammento che mi studiai a memoria una frase fantastica, che qui cito – con la favolosa trascrizione della lingua eseguita adoperando le regole d’ortografia italiane, si badi bene…

    “Entà hadaccocà. Ghis dib la sciumcà ifarrè mentà, barro!”

    “Ora ti libero. Va’ dal tuo capo e digli che non lo temo!

    Purtroppo non ricordo d’averne letto l’introduzione, ma dal contenuto… direi che siamo lì.

    Manuel

  3. kelebek scrive:

    Per n. 1

    Firmare i propri commenti, anche con uno pseudonimo.

    Intanto, cosa volesse dire Riccardo Venturi scrivendo e cosa voglia comunicare io riprendendo il suo testo sono due cose diverse.

    Per me, non è una questione di competizioni etniche, né a Trieste né a Gaza. Non esistono popoli migliori o peggiori.

    A giocare con la storia, mi sarebbe piaciuto che tutti gli abitanti di quelle parti si fossero sentiti generici austroungarici e solo in secondo luogo, e fluidamente, italiani, sloveni, ecc.

    La prima guerra mondiale è stato il più grande crimine di tutti i tempi, e ha messo in moto tutto il resto. E l’Italia e l’ideologia risorgimentoide è stata parte fondamentale in questo crimine.

    Poi sono contrario all’uso politico della memoria: la rimozione totale delle foibe per mezzo secolo sia per compiacere il partito comunista, ma anche per il motivo opposto – non offendere la Jugoslavia che era in qualche modo un cuscinetto antisovietico.

    Poi bandierine, filmine, politici in processione in base alla rivendicazione berlusconiana, “anche noi abbiamo i nostri martiri” perché le vittime del nazismo portano voti a sinistra.

    E il compromesso per cui alla fine si regala un pezzo di “memoria” a tutti e così tutti devono sentirsi parte dello stesso sistema.

    Miguel Martinez

  4. utente anonimo scrive:

    Scusa Miguel,

    ma non ho capito il senso dell’articolo.

    Me lo vuoi spiegare in poche parole ?

    Grazie,

    Nicola

  5. utente anonimo scrive:

    dal N.1

    Ok sono d’accordo con quanto dici al N.3.

    Forse il problema e’ l’incomunicabilita’ generata dalla differenza di lingua e della differente cultura: per questo elevare la conoscenza reciproca e’ l’unica ricetta per una vera pace duratura.

    Non c’e’ accettazione dell’altro, del diverso se non c’e’ davvero conoscenza di com’e’ e cosa pensa.

    Quello che voleva dire l’autore originale e’ molto piu’ abbietto: una roba del tipo: “tu non puoi manifestare” perche’ non hai l’eta’ ne provieni dalla parte giusta.

    Goffredo

    (t l’ho detto che stai migliorando dalle troie trionfali ?)

  6. kelebek scrive:

    Per Goffredo n. 5

    Beh, a prescindere dalle “parti giuste” che almeno qui non ci sono… credo che sia giusto smontare tutte le frasi retoriche, tipo “io non scordo”.

    La Memoria Storica è sempre una bufala e spesso delle peggiori.

    Chiaramente parlo a 360 gradi, poi Riccardo è anarchico e magari vede un po’ di più i difetti degli uni che quelli degli altri; ma non è affatto una persona accecata dai pregiudizi.

    Miguel Martinez

  7. utente anonimo scrive:

    Beh, a prescindere dalle “parti giuste” che almeno qui non ci sono… credo che sia giusto smontare tutte le frasi retoriche, tipo “io non scordo”.

    e su questo possiamo essere d’accordo.

    meno d’accordo sul fatto che, oggi come oggi, nessuno ricordi e quindi che la frase sia puramente retorica ovunque e comunque. io sono figlio di profughi istriani, e quindi -anche se per interposta persona- ricordo.

    poi per carità, ritengo che rivendicare oggi istria e dalmazia etc. sia al limite una simpatica romanticheria e nulla di più. nè serbo alcun rancore etnico/geopolitico. ma tecnicamente, ricordo, e tecnicamente la questione non è finita.

    sarei inoltre curioso di leggere da te quali paralleli si possono fare tra la situazione degli italiani in istria e dalmazia e quella israele/palestina.

  8. PinoMamet scrive:

    Sono stato di recente, per lavoro, in Friuli, vicino al confine con la Slovenia; tanto vicino che in effetti a volte il cellulare mi diceva “benvenuto in Slovenia”, senza che mi fossi mosso.

    Direi che al puzzle si è aggiunta anche un’identità friulana, non so quanto sentita.

    Se la gente parlava in friulano, ovviamente non capivo niente (ma mi sarebbe successo lo stesso in Sicilia o in Piemonte, per non parlare di Bergamo): ma con me han sempre tutti parlato in italiano, benissimo. In compenso ho sentito qualche telegiornale in quello che immagino sia il “friulano ufficiale”, e in pratica mi è parso un italiano friulanizzato o viceversa: capivo tranquillamente tutto quanto.

    A lavorare con noi c’era un ragazzo sloveno, cioè italiano di lingua slovena: mi ha detto che lui a scuola ha studiato italiano e sloveno (a casa in teoria parlano un dialetto sloveno) perciò quando la gente gli si rivolge in friulano non capisce niente; in compenso capisce senza grosse difficoltà quasi tutti gli slavi, basta parlar piano. Ma in Slovenia, dove come tanti va a far benzina ecc., appena apre bocca lo riconoscono dall’accento: “ahh, tu sei italiano!”

    Mi ha anche erudito sulla pronuncia di tanti cognomi friulani che finiscono in “ig”, portati tranquillamente da “italiani”, dei quali non conoscevo l’origine slava.

    Insomma, i confini sono una grandissima fregatura.

    Ciao!!

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