La controproducente esistenza dei palestinesi

"Si può dire che tutto questo sia meno di ciò che Gaza sta subendo in questi giorni. Come su una piantagione, lavorare da schiavi per dodici ore al giorno a pane e acqua, subendo occasionali frustate, è meno di quello che ti succede quando ti ribelli. E su questo non ci piove."

La chiave per capire ciò che succede in Palestina è semplicissima.

Qualunque cosa facciano i palestinesi è sempre sbagliata.

Prendiamo la Cisgiordania.

Per oltre vent’anni, i nativi palestinesi hanno reagito pochissimo. Insomma, non hanno "provocato".

Eppure in quegli anni, circa la metà della popolazione adulta maschile è passata per le carceri israeliane.

E i palestinesi hanno subito ogni forma di esproprio. E giustamente, perché Israele non aveva nessun motivo per fermarsi di fronte a chi non reagiva.

Quindi, abbozzare è decisamente controproducente.

Poi c’è stata la prima Intifada, quella dei sassi, e dopo moltissimi morti, i palestinesi hanno ottenuto che si "negoziasse".

I "negoziati" sono stati una cosa straordinaria. I palestinesi hanno preso carta e penna e hanno scritto, in sostanza, che prima ancora di negoziare, cedevano l’80% della propria terra e si disarmavano.

Il resto si sarebbe "visto dopo". Sono passati vent’anni, e ogni tanto c’è qualche vago accenno alla possibilità di cinque stati per due popoli entro il 2092.

Quindi, negoziare è decisamente controproducente.

Quando i palestinesi hanno capito questo, c’è stata la seconda e più sanguinosa rivolta.

Che, come ben sappiamo, è stata usata per dimostrare che i palestinesi erano "terroristi", con tutto ciò che ne consegue.

E quindi è stata controproducente.

A questo punto, c’è chi ha creduto alla collaborazione.

Cioè i palestinesi, che prima erano stati disarmati, adesso venivano riarmati, con un solo scopo: arrestare e torturare i palestinesi che resistevano.

Un processo culminato nel golpe di Abu Mazen.

Ma anche questo è stato controproducente (non per la casta dirigente palestinese, certo), perché gli israeliani hanno continuato con gli espropri, con il muro, con le incursioni armate, con i posti di blocco e non hanno concesso nulla che andasse oltre gli stipendi ai poliziotti dell’ANP.

Riassumiamo.

Se i palestinesi tacciono,
se si ribellano,
se negoziano,
se combattono,
se collaborano,
peggiorano sempre e comunque la propria condizione.

Il motivo è semplice: negoziare, come abbiamo già detto, è una questione di rapporti di forza.

E qui i rapporti di forza sono quelli che sono. Tipo 99 a 1 a favore di Israele, tranne che sul piano demografico.

Perché i palestinesi possano migliorare la propria condizione, devono avere una forza tale da obbligare gli israeliani a negoziare realmente; o viceversa, gli israeliani devono avere una debolezza tale da obbligarli a negoziare realmente.

Quindi la soluzione non sta in mano ai palestinesi, ma sta in mano al resto del mondo.

Che dovrebbe togliere armi, complicità mediatica e denaro a Israele.

Cosa che ovviamente il mondo che conta – sia l’Occidente che le orrende oligarchie che comandano sul Medio Oriente – non farà mai.

Capisco che questo ci lascia con un problema non da poco, e a questo punto arriva sempre quello che chiede a questo traduttore di manuali tecnici di proporre lui una soluzione alla "questione mediorientale".

Io questa soluzione non ce l’ho. Però almeno possiamo vedere qual è realmente il problema. Che se non si inquadra bene, non si capisce assolutamente nulla.

E diventa chiarissima l’assurdità delle accuse di fare cose "controproducenti" che i buoni farisei lanciano da sempre contro i palestinesi.

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11 risposte a La controproducente esistenza dei palestinesi

  1. utente anonimo scrive:

    >> Quindi la soluzione non sta in mano ai palestinesi, ma sta in mano al resto del mondo.

    OK, dando per buono quello che scrivi, perché il resto del mondo dovrebbe farlo?

    Ciao

    Francesco

    PS: guarda che tutto sommato la tua spiegazione sulle motivazioni degli israeliani (non li vogliono i palestinesi lì in Palestina/Israele, punto e basta) mi convince abbastanza

  2. kelebek scrive:

    Per Francesco n. 1

    Incredibile. Ci sono momenti in cui siamo totalmente d’accordo.

    Miguel Martinez

  3. utente anonimo scrive:

    concordo con l’ articolo .

    Senza ” forza contattuale ” non si è assolutamente nulla , solo un soggetto passivo alla merce’ dei forti

  4. utente anonimo scrive:

    sarà una semplificazione imperdonabile ma, l’indipendenza dell’India non si è ottenuta con protesta non violenta?

    Certo Gandhi è un gigante, però…

    E’ una cosa così irripetibile in queste circostanze?

    fre.

  5. utente anonimo scrive:

    La soluzione alla disputa non sta nella pacifica convivenza tra i due popoli. Questo ormai è chiaro a tutto il mondo. La storia insegna che nazioni e popoli nascono e spariscono come effetto dei conflitti armati. Israele se vuole continuare ad esistere e radicare nel tempo la sua superiorità politico-militare nell’area, deve irrimediabilmente stravolgere l’attuale geopolitica in quel contesto con ogni mezzo a sua disposizione. Se necessario anche con l’arma nucleare.

    X-files-G

  6. kelebek scrive:

    Per fre. n. 4

    L’India era un paese abitato da numerosi milioni di persone e occupato da qualche migliaio di funzionari inglesi, per la maggior parte felici di poter tornare a casa.

    Economicamente, era diventato un peso per l’Inghilterra; e comunque l’Inghilterra era terribilmente indebolita dalla Seconda guerra mondiale.

    Non credo che si possano applicare molti insegnamenti gandhiani alla Palestina.

    Miguel Martinez

  7. utente anonimo scrive:

    Perché i palestinesi possano migliorare la propria condizione, devono avere una forza tale da obbligare gli israeliani a negoziare realmente; o viceversa, gli israeliani devono avere una debolezza tale da obbligarli a negoziare realmente.

    Quindi la soluzione non sta in mano ai palestinesi, ma sta in mano al resto del mondo.

    Che dovrebbe togliere armi, complicità mediatica e denaro a Israele.

    oppure fornire ai palestinesi armi, addstratori e mezzi per poter condurre una vera guerra, cosicchè israele scenda a piu miti consigli

    Perun

  8. utente anonimo scrive:

    I palestinesi hanno tirato sassi “per negoziare”? Hanno accettato di cedere l’80 per cento del territorio? Ma di cosa parli?

    Quanto ai famosi “5 stati”, questa è la carta della suddivisione territoriale accettata da Israele a Camp David (e rifiutata da Arafat senza controproposte!)

    La storia dei 5 stati è pura propaganda:

    http://www.washingtoninstitute.org/mapImages/41db110b8ca1f.jpg

    Stai inventando una volontà negoziale che in campo palestinese non è mai esistita, e questo per evadere alla contraddizione insanabile del tuo appoggio incondizionato a chi quel negoziato non lo vuole affatto, per nessun motivo e in nessuna forma.

    rosalux

  9. RitvanShehi scrive:

    Concordo col # 8 di rosalux.

  10. RitvanShehi scrive:

    >…oppure fornire ai palestinesi armi, addstratori e mezzi per poter condurre una vera guerra, cosicchè israele scenda a piu miti consigli Perun< Se fossi un sionista kattivo (sì, lo so, è un pleonasma, i sionisti son tutti kattivi:-) ma si fa per dire) appoggerei entusiasticamente l’idea. Così Israele potrebbe opporre con successo a una “vera guerra” un’ altrettanto “vera soluzione finale” del problema palestinese, sterminandone buona parte e cacciando come “invasori” i sopravvisuti.

  11. kelebek scrive:

    Per Rosalux n. 8.

    Tu chiedi:

    I palestinesi hanno tirato sassi “per negoziare”? Hanno accettato di cedere l’80 per cento del territorio? Ma di cosa parli?

    C’è scritto nero su bianco qui:

    http://www.palestinefacts.org/pf_1991to_now_oslo_accords.php

    Cioè:

    1) I palestinesi cedono l’80% del proprio territorio

    2) Si disarmano o meglio rivolgeranno le proprie armi solo contro altri palestinesi che non dovessero accettare la suddetta cessione.

    3) Israele, da parte sua riconosce la banda dei firmatari della resa come rappresentanti di un non meglio definito “popolo” palestinese, anche contro eventuali concorrenti, e si dichiara disposto a “negoziare”.

    Sono passati quindici anni…

    Sulla presunta proposta di Barak, un’altra volta.

    Miguel Martinez

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