Daniel Joseph Maldonado, Tamekia Cunningham e la tomba profumata

“Que de sang dans ma mémoire !
Dans ma mémoire sont des lagunes.
Elles sont couvertes de têtes de mort.
Ma mémoire est entourée de sang.
Ma mémoire a sa ceinture de cadavres”

Aimé Cesaire, Cahier d’un retour au pays natal.

In fondo a una cella del carcere federale di Houston vive in isolamento Daniel Joseph MaldonadoTamekia Cunningham invece è da qualche parte, dove la notte si sentono le iene, sotto un arbusto aromatico, forse, o forse c’è solo sabbia.

Sarebbe facile parlare di certe persone come vittime, per provenienza e destino. Sarebbe anche un insulto, perché Daniel Joseph Maldonado e Tamekia Cunningham hanno vissuto molto più e molto più in alto di noi.

Daniel Joseph Maldonado, portoricano del bianco New Hampshire, rapper, portatore di pizze, guardia di sicurezza, operaio edile, un dito ferito mentre lavorava da macellaio.Daniel, giovanissimo, sposò una compagna di scuola e impiegata precaria in un McDonalds, Tamekia Cunningham. Dove “Cunningham” non è altro che il cognome, scozzese, di chi possedeva come schiavo qualcuno dei suoi avi. Tamekia fu la prima a sposarsi, di un’ormai lunga linea di ragazze madri.

Daniel e Tamekia ebbero, giovanissimi, due figli. Si convertirono all’Islam; poi un’organizzazione islamica diede loro un finanziamento per andare a vivere in Egitto.
Era Tamekia che voleva andare in Egitto.Tamekia non ha storia.

Cotone americano prodotto da schiavi americani, e contadini irlandesi ridotti alla fame dai geometri, affluivano insieme alle fabbriche inglesi; prodotti industriali inglesi sommergevano l’India a prezzi tali da distruggere l’artigianato locale; artigiani e contadini indiani indebitatisi per poter pagare le tasse in denaro agli occupanti venivano costretti a produrre oppio invece di cibo, e più c’era carestia, più venivano forzati; e l’oppio invadeva una Cina aperta a cannonate.
Tutto attraverso un meraviglioso gioco di proprietà, regole ordinate e libertà. Tranne per gli avi di Tamekia, le cui catene svelano l’inganno.

 

Tamekia non è nulla, non è figlia di nessuno, e quel cognome Cunningham suona come una beffa.Attraverso letture ribelli della Bibbia e le logge massoniche per soli neri, i primi convertiti all’Islam, in un mondo parallelo, scoprono e inventano il mito dell’Egitto, culla dell’Africa e della civiltà.

 

Daniel Joseph Maldonado, con una scrittura semplice ma ordinata e qualche errore, scrive su di un foglio di americanissimo legal pad:

 

“Ancora e ancora
le ritorna in mente
a lei che discende dagli schiavi.
Da dove vengo io?

Quale tribù, che nome?

Voglio andare là
da dove sono venuti.
E così andò
e trascorse i suoi giorni.
Mi disse allora:
“Ho pianto e pregato”
Per cosa, le chiesi.
“Una tomba profumata…”

maldonado

 

Tamekia, islamicamente Umm Musa, non ha volto, solo due occhi che emergono in mezzo al niqab. I giornali ci dicono che la sorella le abbia scattato una foto: era vestita di rosa, raccontano, con un fiocco rosa nei capelli, ma non fissava la macchina fotografica. La sua immagine non sarà mai posseduta dal Grande Flusso.

Daniel e Tamekia si stabiliscono ad Alessandria, Iskandariyah, l’immenso, affollato villaggio dove il vento del mare soffia su per le strade polverose. E lì nasce un terzo bambino.

In Egitto, sentono dire che sta nascendo una comunità politica africana e islamica: sono le Corti Islamiche di Mogadishu.

Daniel e Tamekia decidono di vendere casa. In un impeto, regalano quasi tutto ciò che ne ricavano ai poveri di Alessandria.

Partono per la Somalia con ottocento dollari. Aspettano tre giorni a Dubai, ma Tamekia non vuole uscire dall’aeroporto per vedere la città: “In Egitto, ho vissuto tra i poveri; in Somalia, vado a vivere tra i poveri”.

Poco dopo il loro arrivo in Somalia, ha luogo l’invasione etiope.

Daniel si trova già nel sud del paese.

Tamekia lo raggiunge con i bambini, con l’abaya impolverata: “giuro, non ti ho mai vista più bella di oggi!“, le dice il marito. Poi lei, assieme ad altre donne, parte con i bambini verso il sud, mentre Daniel rimane con gli uomini. A partecipare alla prima vana resistenza contro tutta la potenza di fuoco degli invasori.

“La pace sia su di voi, o donne del Paradiso, insha’Allah”, le saluta Daniel. “Voi, le donne dei migranti, siete certo voi le donne del Paradiso”.

Il giorno dopo, i partigiani vengono attaccati dagli elicotteri e fuggono nella foresta, dove bevono la rugiada sulle foglie. Daniel sogna Tamekia, con un hijab di seta azzurra, un lunghissimo panno. Tamekia ha il volto scoperto: la guarda negli occhi e le dice, “ti amo“, e lei gli risponde, “ti amo sessantatré volte”.

I combattenti in fuga entrano in Kenya. Li cattura l’esercito, che li bastona e li getta mezzi nudi su camion, per poi rinchiuderli tutti in una cella. E lì iniziano a cantare Ghurabâ’,  la canzone dal fondo delle carceri e dalle catene di tutto il Vicino Oriente.

Ghurabâ’ vuol dire, all’incirca, i “forestieri”, ma il termine ha molte valenze: coloro che sono strani, che si allontanano, che partono per un lungo viaggio, che sono estranei, che si nascondono… Disse il Profeta, l'”Islam è cominciato come qualcosa di straniero, e come qualcosa di straniero ritornerà. Fate quindi penitenza per gli stranieri”.

  Ghurabâ’ , Ghurabâ’

Ghurabâ’  non piegate mai la fronte davanti a qualcuno che non sia Allah
Ghurabâ’  avete scelto questa come vostra insegna per la vita
Ghurabâ’  non piegate mai la fronte davanti a qualcuno che non sia Allah
Se chiedi di noi, sappi che siamo coloro che non prestano ascolto ai tiranni
Noi siamo i soldati di Allah, il nostro è il sentiero dei padri

Ghurabâ’ , Ghurabâ’ ,

Non ci preoccupano le catene, andremo sempre avanti
Facciamo il jihad, combattiamo e lottiamo di nuovo
Ghurabâ’ , ecco come si è liberi in un mondo di schiavi
Facciamo il jihad, combattiamo e lottiamo di nuovo
Ghurabâ’ , ecco come si è liberi in un mondo di schiavi

Ghurabâ’ , Ghurabâ’ , Ghurabâ’ , Ghurabâ’

Quante volte ci siamo ricordati di un tempo in cui eravamo felici
nel libro di Allah, che recitiamo mattina e sera
Quante volte ci siamo ricordati di un tempo in cui eravamo felici
Ghurabâ’ , Ghurabâ’ , Ghurabâ’ , Ghurabâ’  [1]


غرباء … غرباء … غرباء … غرباء

غرباء ولغير الله لا نحني الجباه
غرباء وارتضيناها شعارا للحياه

غرباء ولغير الله لا نحني الجباه
غرباء وارتضيناها شعارا للحياه

إن تسل عنا فإنا لا نبالي بالطغاه
إن تسل عنا فإنا لا نبالي بالطغاه
نحن جند الله دوما دربنا درب الأباه

غرباء … غرباء … غرباء … غرباء

غرباء … غرباء … غرباء … غرباء

لن نبالي بالقيود
لن نبالي بالقيود
بل سنمضي للخلود

فلنجاهد ونناضل ونقاتل من جديد
فلنجاهد ونناضل ونقاتل من جديد
غرباءٌ هكذا الأحرار في دنيا العبيد

غرباء … غرباء … غرباء … غرباء

غرباء … غرباء … غرباء … غرباء

كم تذاكرنا زمانا يوم كنا سعداء
بكتاب الله نتلوه صباحا ومساء

كم تذاكرنا زمانا يوم كنا سعداء
بكتاب الله نتلوه صباحا ومساء

غرباء … غرباء … غرباء … غرباء

غرباء … غرباء … غرباء … غرباء

غرباء ولغير الله لا نحني الجباه
غرباء وارتضيناها شعارا للحياه

إن تسل عنا فإنا لا نبالي بالطغاه
إن تسل عنا فإنا لا نبالي بالطغاه
نحن جند الله دوما دربنا درب الأباه

غرباء … غرباء … غرباء … غرباء

غرباء … غرباء … غرباء … غرباء

Bendato e legato, Daniel Joseph Maldonado viene portato in aereo a Nairobi.In carcere, viene a sapere che Tamekia era morta di febbre durante la fuga verso il sud ed era stata sepolta all’aperto; i bambini saranno presi in consegna dagli americani. Pochi giorni dopo, Daniel viene di nuovo bendato e incatenato. Gli infilano un sacco sulla testa e gli tappano le orecchie, per consegnarlo all’FBI.

Da allora, Daniel Joseph Maldonado vive in isolamento nel carcere di Houston, scontando dieci anni per aver “ricevuto addestramento da un’organizzazione terrorista straniera”.

Nella fantastica autopercezione orwelliana dei media, ecco come un giornalista descrive la sua condanna per aver partecipato alla difesa della Somalia contro un’invasione straniera:

“Maldonado ha ammesso di aver viaggiato a dicembre a un campo terrorista in Somalia, dove gli fu insegnato l’uso delle armi da fuoco e degli esplosivi allo scopo di rovesciare il governo e instaurare uno stato islamico [..] Gli agenti dell’FBI e la pubblica accusa hanno accusato Maldonado di aver operato per trasformare la Somalia in un altro Iraq dove gli insorti avrebbero potuto entrare [come in] e terrorizzare il paese“.

Per chi vive in isolamento, la corrispondenza diventa qualcosa di assolutamente fondamentale.

Se volete scrivergli – senza ovviamente tirare in ballo riflessioni politiche che potrebbero inguaiarlo ulteriormente – l’indirizzo è:

Daniel Joseph Maldonado 56473-179
FDC Houston
Federal Detention Center
P.O. Box 526255
Houston, TX 77052

Nota:

[1] Potete ascoltare qui una versione molto chiara di Ghuraba’.

Certamente meno musicale, ma assai più drammatica, questa versione cantata dagli imputati, militanti dei Fratelli Musulmani, dentro una gabbia durante un processo in Egitto diversi decenni fa.

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9 risposte a Daniel Joseph Maldonado, Tamekia Cunningham e la tomba profumata

  1. utente anonimo scrive:

    Alla fine lo hai reso quasi simpatico.

    Non ho capito bene perché un portoricano si converta all’Islam o perché una ragazza ossessionata dal rapimento in schiavitù dei suoi avi scelga una delle due religioni simbolo di quella stagione.

    Ma insomma non è fondamentale.

    Ciao

    Francesco

  2. tristantzara scrive:

    Ot Trabelsi : me lo ricordo questo calciatore,appena ho letto qui il cognome già mi pareva di averlo sentito.Non sapevo di ‘sto fatto xò.Per Buttafuoco ho letto il suo primo libro e seguito diverse volte a Ottoemezzo.Un mio parere ? non l’ho ancora messo a fuoco.So che è ben considerato da G.Ferrara.A proposito si sa che fine ha fatto giulianone ?

  3. utente anonimo scrive:

    Oh, si vede che c’e’ l’atmosfera natalizia!

    Finalmente Martinez ci racconta una storia a lieto fine: lei, a concimar la terra; lui, in cella con un pusher pluritatuato che se lo sodomizzera’ per il prossimo decennio, felice e contento.

    Zio Sam

  4. utente anonimo scrive:

    tristantzara,

    — me lo ricordo questo calciatore,appena ho letto qui il cognome già mi pareva di averlo sentito. —

    Beh, se segui il calcio è molto probabile. Se non ricordo male, ai mondiali del 2002 c’erano ben TRE Trabelsi nella nazionale tunisina: Nizar, Sami e non ricordo il terzo…

    Z.

  5. utente anonimo scrive:

    …e soprattutto di voi che “vivete” tra ottoemezzo, le considerazioni di Ferrara il Giulianone, i bei ricordi del mondiale 2002 ed il terrore di non porter salvare la vostra verginitá (solo quella anale, si intende).

    io

    Un mutante di cane lince gatto in potenza

    D’umana discendenza ma pi debole adatto

    a mutamenti nuovi dai lividi colori in mare in atto…

    Un mulo vecchio

    Di carichi eccessivi, di percosse

    Svezzato presto

    Non indugia a dolcezze, rotto all’incanto

    Avvezzo alla brutalit al disprezzo…

    Ahi ahi ahi ahi ahi…

    Ahi ahi ahi ahi ahi…

    Tra fremiti di bestie camion gas clacson

    Vociare di mercanti a contrattare macellai

    Fidanzati per mano famigliole festanti

    Di sguardi petulanti botte a chi non ubbidisce insulti

    Residui di carovane in viaggio orde dirette ad inseguire il sole…

    Occidente

    Occidente

    Alla guerra alla gloria alla storia…

    Ahi ahi ahi ahi ahi…

    Ahi ahi ahi ahi ahi…

    Luogo da qui non giunge suono

    Luogo perduto ormai…

    Ferretti (CCCP-csi-pgr)

  6. utente anonimo scrive:

    “Sarebbe facile parlare di certe persone come vittime, per provenienza e destino. Sarebbe anche un insulto, perché Daniel Joseph Maldonado e Tamekia Cunningham HANNO VISSUTO MOLTO PIU E MOLTO PIU IN ALTO DI NOI”

    ps: scusate, copia e incolla ed ho perso la citazione da cui iniziava il tutto…

    sempre: io

  7. utente anonimo scrive:

    Ops.. ho perso per strada la citazione alla frase di Miguel a cui seguiva il resto:

    Sarebbe facile parlare di certe persone come vittime, per provenienza e destino. Sarebbe anche un insulto, perché Daniel Joseph Maldonado e Tamekia Cunningham HANNO VISSUTO MOLTO PIU E MOLTO PIU IN ALTO DI NOI

    sempre io

  8. utente anonimo scrive:

    bella ‘sta storia

  9. Pingback: “I più estranei di tutti gli stranieri…” | Kelebek Blog

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