Il bellissimo tzinitzcān

Tre parole uccello: zacuan, tzinitzcān, quechōlli.

Non so se ho mai visto il zacuan, né se ho mai sentito il suo canto. [1]

Probabilmente no: il zacuan vive nelle profonde foreste, io quando ero piccolo stavo nell’altopiano, a guardare colibrì, scorpioni e soprattutto le lucciole pulsanti che illuminavano la mia stanza.

Il zacuan è un uccello – il Gymnostinops montezumae – ma non solo.

E’ anche il nome delle piume nere e arancione di un diverso uccello, lo zacuantōtōtl o trupiale.

Piume che entravano a far parte, una volta, del zacuantica: ne parla il frate Bernardino de Sahagún, uomo incredibile, calato dalla Spagna che avrebbe finito per raccogliere quasi tutto ciò che si sa del mondo dei Mexica.

Diceva lui, i zacuantica erano "bandiere a mano fatte con piume di quetzal che si alternavano a strisce con piume di trupiale, bandiere di piume di airone, bandiere d’oro decorate nelle punte con piume di quetzal".

Ma il zacuan forse è ancora altro se, come narrano gli Anales de Cuautitlán, il dio Quetzalcóatl viveva nella "bella casa di corallo [o di conchiglia], che si chiama Zacuan" ("no kalli, sakwan, no kallin tapach…")

Accanto al zacuan, troviamo il "bellissimo tzinitzcān".

Nei dizionari della lingua náhuatl, leggiamo che quest’ultimo sarebbe il Trogon ambiguus o Trogon mexicanus (in inglese, il Doubtful Trogon): è certo un caso, ma nella nazione in cui la frontiera tra i mondi è un solco profondo dentro ogni anima, è bello trovare insieme le parole ambiguus e mexicanus.

Ma qui di nuovo c’è qualcosa che ci sfugge: le fonti che parlano dello tzinitzcān lo indicano come un uccello acquatico dal piumaggio nero, ben diverso dal colorato e ambiguo messicano.

Come zacuan, anche questo termine si carica di altri significati: tzinitzcān indica anche le piume che provengono da una piccola parte della base dell’ala di diversi uccelli.

La terza parola uccello è quechōlli, e si riferisce alla spatola rosa [2], una sorta di fenicottero dal becco largo: "in mosakwan in mokechōl " – "Questo è il tuo zacuan, questo è il tuo quechōlli", si diceva presentando il bambino al Sole. 

roseate-spoonbill

Tutto questo lo raccontiamo, per poter affrontare sette righe di parole, che sopravvivono in un unico documento.

Questo documento risale a due secoli dopo la Conquista.

Il testo si chiama Cantares de los Mexicanos y otros opusculos, e nel fondo riservato dei libri della biblioteca nazionale del Messico, si trova in mezzo a libri di chiesa, manuali di artiglieria e disattesi regi decreti. [3]

Messicanamente, la datazione ci offre un’altra ambiguità.

Noi non sappiamo chi abbia detto, o meglio cantato quelle parole; e abbiamo solo un’idea vaga di chi le ha trascritte.

Quindi possono risalire a uno di due mondi in apparenza opposti: il cosmo azteco, oppure quello dei conquistadores e dei missionari.

Ciò che i Mexica hanno dipinto è andato in massima parte perso; ciò che rimane, è opera di chi li ha insieme distrutti e tramandati.

Sappiamo che questa canzone, di cui non possiamo nemmeno intuire la musica, era ciò che chiamavano un otoncuicatl, una canzone otomì.  Gli otomì sono un popolo doppiamente evanescente, perché sottomesso dagli stessi aztechi; e che parla una lingua distante da quella náhuatl, quanto lo è il cinese dall’italiano.

Ma la lingua di questa "canzone otomì" non è l’otomì: per nostra fortuna, è proprio náhuatl, che di tutte le lingue del Messico – il Messico non avendo lingua ufficiale, riconosce come tali tutte le centinaia di idiomi che si parlano sul suo territorio – è forse l’unica che un italiano può sperare di pronunciare. Non ci si spaventi per l’apparente lunghezza di quelle che sono in realtà parole composte.

Gli Otomì, che si dice "abitassero nelle grotte e vivessero di caccia", erano spesso i mercenari degli aztechi. Otomitl assume quindi un altro senso – il guerriero sanguinario. Non è una canzone per le penose orecchie dei cultori di Puerto Escondido, quindi.

Dell’aspetto sanguinario di questo canto, cogliamo solo le enigmatiche parole, "tra le mie mani ci sono i fiori piangenti della guerra".[4]

Il resto ci sfugge, ma certamente c’è.

Ika ye ninapanao tlaokolxochikozcatlon, nomak ommanian
elsisiwilischimàlxochitlon, nik ewaya in tlaokolkwikatloo,
nikchalchiwkokawikomana yektli yankwikatl, nik
awachxochilakatzoa, yn o chalchiweweuhilwitl, itech
niktlaxilotia in nokwikatzin in nikwikani ye nikinkwilia in ilwikak
chanekeo sakwantototl, ketzaltzinitzkantototl teokechol
inon tlătoa kechol in ki sesemeltia in tloke.

 Mi adorno con i gioielli dei fiori più tristi;
tra le mie mani ci sono i fiori piangenti della guerra;
alzo la mia voce in canti tristi;
offro una nuova e degna canzone, bella e melodica;
tesso canzoni fresche come la rugiada dei fiori;
sul mio tamburo addobbato di pietre preziose e piume
io, il cantante, batto il tempo della mia canzone
mentre la traggo da coloro che vivono nei cieli,
l’uccello zacuan, il bellissimo tzinitzcān, il divino quechōlli
questi uccelli melodici che donano la gioia alla Causa di Ogni Cosa.

 Note:

[1] La pronuncia è semplicemente, "sàquan" (gli ispanofoni non cadano nella tentazione di mettere l’accento sull’ultima), e quindi preferisco premettere "il" come articolo.

[2] Il nome scientifico, e non stiamo scherzando, è Ajaia ajaja.

[3] Nel tardo Ottocento, un americano, Daniel Garrison Brinton, trova per caso una copia dei Cantares, e traduce i testi dal náhuatl. Brinton è stato un medico; è stato uno dei più grandi etnologi americani; ed è stato anche un anarchico. Ma quei grandi uomini dell’Ottocento che nella scia degli imperi si dedicarono a cercare di capire il mondo meriterebbe un discorso a parte.

Alcuni testi di Brinton sono stati pubblicati nell’ambito del benemerito progetto Gutenburg. E da lì traggo appunto questo piccolo testo. Mi limito a tradurre dall’inglese, purtroppo. Ho comunque modernizzato (e deispanicizzato) la grafia dell’originale.

[4] Elsisiwi, che traduciamo qui come "piangente", deriva da una radice con molti rimandi: interiezioni di sofferenza, lamentarsi con qualcuno, sospirare.

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21 risposte a Il bellissimo tzinitzcān

  1. utente anonimo scrive:

    Molto affascinante questo post.

    Comunque l’ultimo verso, questi uccelli melodici che donano la gioia alla Causa di Ogni Cosa, a me suona molto cristiano.

    Se la canzone è davvero frutto del mondo precolombiano forse vi sono comunque influenze ocidentali in essa.

    Chissà… Ragionare di questo mondi ridotti in macerie è al tempo stesso bellissimo e orribile.

    Stradivari

  2. utente anonimo scrive:

    Uhm…

    Ho controllato il testo di Brinton. La Causa di Ogni Cosa è proprio Dio.

    E’ scritto nella prima strofa della canzone:

    I, the singer, have entered many flower gardens, places of pleasaunce, favored spots, where the dew spread out its glittering surface, where sang various lovely birds, where the coyol birds let fall their song, and spreading far around, their voices rejoiced the Cause of All, He who is God, ohuaya! ohuaya!

    Nella versione originale in lingua náhuatl “God” è “Dios”, in spagnolo.

    Stradivari

  3. kelebek scrive:

    Per Stradivari…

    una questione complessa.

    C’è una mistificazione congiunta che potremmo definire la “leggenda bianconera”, dove ci sono “gli aztechi” da una parte, “gli spagnoli” dall’altra.

    Dove gli aztechi recitano il ruolo dei sanguinari pagani oppure delle sante vittime ecologiste da una parte; gli spagnoli quelli dei portatori di fede-e-di-civiltà, oppure di sanguinari clerico-latifondisti.

    In realtà l’interazione è stata molto più complessa, perché gli “spagnoli” erano in realtà forze diversissime:

    1) rapinatori di terra, in genere di ceto basso

    2) il re di Spagna, che aveva tutto l’interesse a frenare questi rapinatori, in funzione di uno sfruttamento più razionale della colonia

    3) la Chiesa, che a volte serviva i rapinatori, a volte il re; e a volte cercava di trasformare gli indios in una grande forza di convertiti, una sorta di progetto totalitario, ma non necessariamente “ispanico”.

    In questo contesto, i modi di interagire dei nativi messicani – quelli sopravvissuti alle tremende epidemie – erano diversi; e in genere si affiancavano alla Chiesa.

    Ecco che la Chiesa diventa liquidatore e conservatore insieme della cultura tradizionale.

    Ed ecco che in una canzone come questa, certamente non cristiana, compare il “Dios” spagnolo.

    Miguel Martinez

  4. utente anonimo scrive:

    Per Kelebek,

    Quindi il “Dios” in spagnolo è il frutto del parziale assorbimento, da parte dell’autore originale della canzone, della religiosità cristiana di importazione coloniale?

    Io però terrei perlomeno aperta anche la possibilità di una sorta di “interpolazione” da parte di qualche trascrittore europeo.

    Stradivari

  5. upuaut scrive:

    Mi piacerebbe leggerlo, il “discorso a parte” sui grandi uomini dell’Ottocento che etc etc.

    Sei un po’ troppo ottimista, secondo me: io ci ho provato, a pronunciare la canzone, ma mi si e’ attorcigliata la lingua.

    Nella parola “quetzaltzinitzcantototl”, perche’ c’e’ anche il quetzal? Che significa quetzal?

    Infine, c’entra poco, ma mi ha sempre impressionato il fatto che la radice “teo” voglia dire “dio” anche dall’altra parte del mondo.

  6. kelebek scrive:

    Per Upuaut n. 5

    Quetzalli (che si legge “kétzalli”) come sostantivo vuol dire l’uccello quetzal; ma in senso derivato “prezioso”, “eccellente”, “tesoro”, “padre”, “madre”, “signore”, “capo” ecc. Ho ripreso la traduzione di Brinton.

    Tototl è “uccello”.

    Miguel Martinez

  7. kelebek scrive:

    Per quanto riguarda la pronuncia… vedo che avevo lasciato una riga scritta alla spagnola, ho corretto.

    ch come “cena”

    x come “scena”

    tz come “zio”

    ll è proprio una doppia “ll” come in italiano, non come in spagnolo

    La tl è per noi un po’ strana, ma si legge proprio “tl”.

    L’accento cade sempre sulla penultima sillaba, aparte le parole che finiscono per lli come kétzalli.

    Insomma, è una delle poche lingue che non ha proprio suoni difficili per un italiano. In realtà uno ci sarebbe, il saltillo, la chiusura vocalica, che però in genere non si scrive.

    Miguel Martinez

  8. upuaut scrive:

    La tl è per noi un po’ strana, ma si legge proprio “tl”.

    Strana? E’ diversa dalla tl di “atlante”?

  9. kelebek scrive:

    Per Upuaut n. 8

    Volevo dire, la “tl” di atlante non è un suono che ci troviamo prezzemolato ovunque.

    Infatti, la grande maggioranza della parole nahua porta alla fine una “tl” che si stacca nei composti o quando c’è un prefisso; e molte parole iniziano anche per “tl”.

    Miguel Martinez

  10. utente anonimo scrive:

    Miguel

    il tuo commento sulla limitatezza della visione bicromatica mi ha piacevolmente stupito.

    Vale solo per il Messico o è un principio generale?

    Francesco

    PS una parola che vuol dire sia padre che madre mi lascia perplesso sulla traduzione.

  11. controlL scrive:

    C’è di bello in questi post in cui parli di bestiari “esotici” che la sensazione netta che si ricava è che il mondo non sia considerato solo come la res publica di dei e uomini, ma la res publica di dei uomini e animali. Forse qui medioevo cristiano e civiltà precolombiana si sono potuti incontrare.p

  12. Ritvanarium scrive:

    Scusate, ma come si contatta la redazione di splinder ?

    ‘Sta storia dei titoli-hyperlinkanti li rende illegibili sul mio template ! … Che mi piace troppo e non lo voglio cambiare !

    Breve, per dirla con l’ Uomo dal Berretto e dallo Spolverino ;-), quello origginale 😉 magro, non il Pingue Imitatore d’ Oltre Otranto 😉 :

    “Che fare ?” 😉

    by DavidRitvanarium

  13. Ritvanarium scrive:

    A proposito di bestie e d’ idiomi, caro Kelebek … non mi hai detto più nulla del Kangal, il potentissimo Pastore-Mastino Turco, che IMVHO probabilmente si chiamerà così perché morde stringendo come un cappio.

    by DavidRitvanarium

  14. kelebek scrive:

    Per David …

    Per quanto riguarda i titoli, in effetti sono andato sul tuo blog, boh…

    Per quanto riguarda il Kangal, non ho idea perché si chiami così.

    Magari hai ragione tu! 🙂

    Miguel

  15. kelebek scrive:

    Per Francesco n. 10

    Io non ho affatto una visione bicromatica.

    A parte i giornalisti 🙂 non ritengo che al mondo ci siano gruppi di persone collettivamente buone o malvage.

    Per farmi capire, con un esempio volutamente sciocco, facciamo finta che il 20% dell’umanità sia costituito da brava gente, il 20% da mostri e il 60% da gente così così.

    Bene, credo che queste proporzioni sono/erano uguali tra palestinesi, israeliani, musulmani, cattolici, atei, conquistadores, aztechi, partigiani, repubblichini, ricchi, poveri, elettori di destra e di sinistra.

    Il giudizio – nella misura in cui possiamo giudicare le persone – va dato in base alle funzioni che le persone, abbastanza inconsapevolmente, si trovano a coprire.

    E comunque non devono andare oltre gli orizzonti che le persone stesse erano in grado di capire: il rivoluzionario americano nel 1775 era responsabile della scelta di espropriare i nativi americani, ma non di Hiroshima.

    Poi io mi oppongo radicalmente alla doppia narrazione clericale-illuminista anche in altri contesti: ad esempio sono un falso storico sia la narrazione della Vandea come “lotta per difendere la vera fede”, sia come “feccia reazionaria che ostacola il progresso”.

    Il problema di simili narrazioni parallele è che, essendo sostenute da entrambe le parti, non lasciano mai la possibilità di una terza ipotesi.

    Miguel Martinez

  16. utente anonimo scrive:

    Mig

    io pensavo alla diade imperialisti-resistenti ….

    Francesco

  17. Ritvanarium scrive:

    x Kelebek,

    ma su cosa ci si basa per sapere la pronuncia di queste ligue morte assieme ai loro parlanti ?

    Qualche Europeo si premurò di conservarle “in presa diretta” ?

    Che io sappia, l’ unico gruppo etnico precolombiano “puro” rimasto sono i Quechua … nelle Ande però.

    La “x” come “sh” … ma è come in Catalano ! Forse per il fatto che in Castigliano “sh” non esiste ?

    Ci sono stati popoli precolombiani (minorotari ovviamente) ai quali fu imposto il Catalano, che tu sappia ?

    by DavidRitvanarium

  18. Ritvanarium scrive:

    x Upuat / tutti :

    premesso che in Cinese “Tao” NON significa affatto “Dio” … SE è vero che i PreColombiani sono di origine “Sino-Mogolica”, può esserci stata qualche traslazione di significato ? In fondo “Tao” fra gli innumerevoli significati ha quello di “Via che conduce al Vero / Bene” … Ma abbandoniamo pretese “abramitiche” 😉 !

    Qualcuno le ha già avanzate per il Buddhismo e lo Shinto [soprattuto certi Cristiani] e per il Jainismo e perfino l’ Induismo [soprattuto certi Musulmani], direi che si sufficientemente “allargato” 😉 !

    by DavidRitvanarium

    PS

    Un po’ OT ma spero stimoli il vostro interessamento:

    ** Ma i Sikh, sono “del Libro” o no ? **

    by DavidRitvanarium

  19. kelebek scrive:

    Per David n. 17

    Secondo il censimento del 2000, ci sono 1,659,029 cittadini messicani che parlano il nahuatl.

    Quindi per conoscere la pronuncia, basta andare in giro con un registratore 🙂

    Si insegna il nahuatl anche in alcune scuole; e nelle zone in cui vengono parlate, le lingue indigene (sessantadue riconosciute ufficialmente) hanno pari diritto con lo spagnolo anche ai fini legali.

    Tra le cose buone della rivoluzione messicana c’è infatti la larga autonomia concessa alle comunità indigene.http://en.wikipedia.org/wiki/Indigenous_peoples_of_Mexico

    Nessun gruppo etnico latinoamericano è “puro”, né culturalmente né geneticamente. Però in Messico più del 10% della popolazione si identifica come “indigena”.

    Miguel Martinez

  20. Santaruina scrive:

    Ecco Miguel.

    In scritti come questi sei davvero un fuoriclasse.

    A presto

  21. utente anonimo scrive:

    Per David #17

    Il fatto è che la “sh” in castigliano non esiste… oggi. 🙂 Nel 1600, quando ci furono i primi contatti – e quindi i primi tentativi di trascrivere nahuatl e compagnia – la pronuncia della x castigliana era esattamente “sh”. Solo in seguito si è assimilata alla j, divenendo di fatto identica nella lettura. Ma che nel 1600 fosse diversa è rivelato da tantissime fonti. Basta pensare al coevo Don Quixote, ancora oggi in Italia pronunciato, come nel 1600 spagnolo, Don Chisciotte… 🙂

    Manuel

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